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#Bianca Einaudi
marcogiovenale · 7 months
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poesia italiana 2017-18. una rassegna / vincenzo ostuni. 2018
Passati in rassegna i libri di poesia e prosa breve italiana usciti fra il settembre ’17 e l’agosto ’18, occorre intensificare quel che scrive Gianluigi Simonetti nel suo recente La letteratura circostante: non solo pubblicare per la «Bianca» Einaudi o lo «Specchio» Mondadori «non significa più nulla di per sé»: pubblicarvi si avvicina ad essere un chiaro predittore negativo, per lo meno di certe…
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lafrusta · 2 years
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Aldo 9 ridotto al lumicino, ai sonetti....
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@Einaudieditore
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garadinervi · 1 year
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Bertolt Brecht, (1975), Diari 1920-1922. Appunti autobiografici 1920-1954, Edited by Herta Ramthun, Foreword by Luciano Zagari, Translation by Bianca Zagari, «Gli Struzzi» 278, Einaudi, Torino, 1983
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gregor-samsung · 5 months
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" Per tutta la vita fino al 1914 Kozyr' era stato maestro di villaggio. Nel '14 era andato alla guerra in un reggimento di dragoni e verso il 1917 era stato fatto ufficiale. L'alba del 14 dicembre '18 lo trovò colonnello dell'armata di Petljura, e nessuno al mondo (lui meno degli altri) avrebbe saputo dire come ciò fosse accaduto. Era accaduto perché la guerra per lui era una vocazione, mentre la professione di maestro era stata soltanto un lungo e grosso errore. Del resto, così capita molto spesso nella nostra vita. Per una ventina d'anni, uno si occupa di qualche cosa, per esempio, di diritto romano, e il ventunesimo anno, ad un tratto, si accorge che il diritto romano non c'entra, che egli non lo capisce e non lo ama neppure, perché è un bravo floricultore e arde d'amore per i fiori. Ciò dipende, bisogna supporre, dall'imperfezione del nostro ordinamento sociale, per cui gli uomini il più delle volte trovano il proprio posto soltanto verso la fine della vita. Kozyr' lo aveva trovato verso i quarantacinque anni. E fino a quel tempo era stato un cattivo maestro, crudele e noioso.
- Dite ai ragazzi che escano fuori e montino a cavallo, - disse Kozyr', e si strinse sulla pancia la cinta che scricchiolò. Fumigavano le bianche case del villaggio di Popeljucha, e le quattrocento sciabole di Kozyr' uscirono in ordine di battaglia. Nelle file della colonna ondeggiava il fumo delle machorka e il massiccio stallone baio di Kozyr' si moveva nervosamente sotto il suo cavaliere. Le slitte della salmeria cigolavano e si snodavano per mezzo chilometro dietro il reggimento. Il reggimento dondolava sulle selle, e subito dopo Popeljucha alla testa della colonna sventolò sull'asta la bandiera a due colori: una striscia azzurra e una striscia gialla. Kozyr' non poteva sopportare il té, e a qualunque altra cosa la mattina preferiva un sorso di vodka. Amava la vodka imperiale. Per quattro anni non ce n'era stata, ma sotto l'etmano essa era ricomparsa in tutta l'Ucraina. Dalla borraccia grigia la vodka passò come una fiamma allegra nelle vene di Kozyr' e passò anche nelle file dei soldati dalle fiaschette prese nel deposito di Belaja Cerkov'. "
Michail Bulgakov, La guardia bianca, traduzione di Ettore Lo Gatto, Einaudi, 1967; p. 116.
Nota: la prima pubblicazione incompleta di Belaja gvardija [Белая гвардия] avvenne a puntate sulla rivista letteraria sovietica Rossija nel 1925 e l'opera teatrale ricavata dall'autore sulla base delle prime due parti riscosse subito un enorme successo (si dice che lo stesso Stalin vi assistette almeno una ventina di volte). Nel 1927 l'opera completa fu stampata a Parigi mentre una edizione censurata venne diffusa in Urss solo 1966. Come molte opere sgradite al regime La guardia bianca fu conosciuta nella sua interezza dai cittadini sovietici solo nel 1989.
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duca-66 · 1 year
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Oggi, 25 Aprile, festa della liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo. Per questa ricorrenza, vorrei ricordare la "Resistenza taciuta", quella fatta da donne, che non esitarono a prendere le armi per contribuire alla liberazione del paese. Il loro contributo è stato sottovalutato, relegato in secondo piano rispetto agli omologhi maschili.
55mila le donne partigiane tra combattenti e con funzioni di supporto
70mila le donne inserite nei "Gruppi di difesa della donna e per l'assistenza ai combattenti per la libertà"
4500 le donne che furono arrestate, torturate, condannate e uccise dai tribunali fascisti
2750 le donne deportate nei lager nazisti
623 quelle cadute in combattimento o fucilate
512 le donne che ricoprirono il ruolo di commissario di guerra
37 le medaglie d'oro e d'argento date a delle donne per il loro ruolo nella resistenza
Donne di grande valore nella nostra storia della liberazione come Gina Capponi, una partigiana di via Rasella, medaglia d'oro; Irma Bandiera torturata e trucidata dai fascisti, ma che non tradì i suoi compagni pagandone il prezzo con la vita, anch'essa medaglia d'oro; Nilde Iotti, Stefania Moro, Bianca Guidetti Serra, Marisa Ombra, e tante altre. Nacquero interi battaglioni, composte da sole donne, come la brigata Nedo, costituitasi nel biellese.
"L'8 settembre è il momento in cui le donne smettono di essere gli angeli del focolare e diventano persone consapevoli dell'esistenza del mondo"
Marisa Ombra, partigiana, decorata e dirigente dell'Unione Donne Italiane.
Fonte "La resistenza delle donne", di Benedetta Tobagi, Einaudi editore.
A loro e al loro sacrificio eterna gratitudine.
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I. Un giorno di settembre, il mese azzurro, tranquillo sotto un giovane susino io tenni l'amor mio pallido e quieto tra le mie braccia come un dolce sogno. E su di noi nel bel cielo d'estate c'era una nube ch'io mirai a lungo: bianchissima nell'alto si perdeva e quando riguardai era sparita. 2. E da quel giorno molte lune trascorsero nuotando per il cielo. Forse i susini ormai sono abbattuti: Tu chiedi che ne è di quell'amore? Questo ti dico: più non lo ricordo. E pure certo, so il tuo pensiero. Pure il suo volto più non lo rammento, questo rammento: l'ho baciato un giorno. 3. Ed anche il bacio avrei dimenticato senza la nube apparsa su nel cielo. Questa ricordo e non potrò scordare: era bianca e scendeva giù dall'alto. Forse i susini fioriscono ancora e quella donna ha forse sette figli, la nuvola fiorì solo un istante e quando riguardai sparì nel vento. Bertolt Brecht, Libro di devozioni domestiche, Ricordo di Maria A., trad. it. di Roberto Fertonani, Einaudi, 1964
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letteratitudine · 8 days
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Prima tappa nazionale dello Strega Tour all’ex Monastero dei Benedettini di Catania. Pienone di pubblico per la “dozzina” del più importante premio letterario
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Sullo sfondo il manifesto del premio Strega 2024 firmato da Andrea Tarella: dalla testa di una strega occhiuta emergono creature care all’immaginario letterario, come incantate da una magia. E le oltre 400 persone che stamattina hanno riempito l’auditorium del DISUM all’ex Monastero dei Benedettini, hanno vissuto la fascinazione delle storie partecipando alla prima tappa nazionale del più prestigioso premio letterario italiano.
Per il secondo anno di fila è stata Catania a ospitare la dozzina semifinalista dello Strega, grazie ancora una volta al Catania Book Festival, l’evento ideato e organizzato da Simone Dei Pieri e da un instancabile staff di giovanissimi ma già navigati promotori culturali. A intervistare le autrici e gli autori nell’ambito dei titoli proposti dagli “Amici della domenica” al Premio Strega 2024, sono stati Mattia Insolia e Lorena Spampinato, entrambi giovani scrittori già affermati.
Quest’appuntamento ha incontrato anche la collaborazione dell’ Università di Catania, della Fondazione Federico II- Regione Siciliana, del Comune di Catania e della società di consulenza Balena Bianca, rappresentati sul palco dalla direttrice DISUM, Marina Paino, che ha aperto l’incontro, da Giuseppe D’Ippolito, in rappresentanza della Fondazione e dall’assessore comunale alla Pubblica Istruzione, Andrea Guzzardi.
I saluti sono arrivati anche da Valerio Valzelli per Bper Banca, lo sponsor nazionale del Premio Strega.
Simone Dei Pieri ha ricordato che, “oltre a vantare una storia secolare, purtroppo Catania è anche una città con percentuali spaventose di abbandono scolastico, in cui metà delle biblioteche locali sono chiuse mentre in Sicilia oltre 4 milioni di persone non hanno letto un libro durante lo scorso anno”.
Di contro, però, “se i libri servono a qualcosa, allora servono a comprendere, a immaginare e soprattutto a cambiare la realtà, se questa non ci piace. - ha sottolineato il direttore del Catania Book Festival- Per questo motivo dopo la grande festa di oggi, serve rimettere al centro chi non ha accesso alla lettura, ma anche chi, nonostante anni di studio alle spalle, vede vanificati i propri sforzi”.
E di consapevolezza, soprattutto letteraria, hanno parlato anche gli undici semifinalisti presenti a Catania (Paolo Di Paolo, autore di “Romanzo senza umani”, edito da Feltrinelli e proposto da Gianni Amelio, non è potuto intervenire), ciascuno custode di una storia.
Sonia Aggio, autrice di “Nella stanza dell’imperatore” (Fazi), proposto da Simona Cives, offre ai lettori un romanzo storico che mostra il volto segreto dell’Impero romano d’Oriente alla corte dei Basileus di Bisanzio e racconta l'ascesa al trono dell'imperatore bizantino Giovanni Zimisce. “Ho pensato alla situazione sovrannaturale, alle streghe, per creare una situazione d'incertezza e dare umanità a una persona esistita più di mille anni fa”.
In “Adelaida” (Nutrimenti) di Adrián N. Bravi, romanzo proposto da Romana Petri, la protagonista è Adelaida Gigli, una delle figure femminili più sorprendenti dell'Argentina del secolo scorso. Pronta a nascondere armi e dissidenti nella sua casa, a ridere in faccia al potere, la donna “era una di quelle figure che hanno segnato la mia vita dopo che lho conosciuta. - dice Bravi- Frequentare lei era per me come riscoprire le mie radici. Mai avrei pensato di poterlo fare a Recanati”.
Donatella Di Pietrantonio con “L’età fragile” (Einaudi), proposto da Vittorio Lingiardi, richiama un episodio di cronaca che risale agli anni Novanta, accaduto nel cuore dell'Abruzzo appenninico, e si occupa proprio della vulnerabilità quale compagna di tutti i personaggi: “Non avevo mai pensato di scrivere sulla violenza di genere perché temevo che potesse diventare un’operazione programmatica. L’avevo escluso”.
Tommaso Giartosio in “Autobiogrammatica” (minimum fax), proposto da Emanuele Trevi, narra di un’esistenza – unica e comune – intrecciata con la sacralità del linguaggio del lessico famigliare. “Ginzburg racconta benissimo il lessico famigliare da cui ciascuno di noi può riconoscersi. Il rapporto con i genitori è solo accoglienza ma anche conflitto. I genitori, e i genitori dei nostri genitori, ci consegnano un mondo al quale ci possiamo riconoscerci anche no. L’unico modo per raccontare la propria vita senza cadere nell’auto referenza per me è stato proprio passare dal linguaggio”.
Antonella Lattanzi con “Cose che non si raccontano” (Einaudi), proposto da Valeria Parrella, racconta il desiderio di essere madre in un romanzo autobiografico molto intenso dove il corpo e il dolore sono protagonisti. “Le donne non parlano mai di aborto anche quando hai cercato di una gravidanza . Ho pensato a tutti i corpi medicalizzati devono avere una voce e ho pensato che dalla rabbia poteva nascere un romanzo”.
Valentina Mira è autrice del romanzo “Dalla stessa parte mi troverai” (SEM), proposto da Franco Di Mare, e riesamina la storia di Mario Scrocca, un giovane ingiustamente arrestato per due omicidi nell’ambito della strage di Acca Larentia e che venne trovato morto impiccato in una cella del carcere di Regina Coeli. Il romanzo è stato al centro di molte polemiche da parte del centro destra italiano. “La pacificazione può esserci ma solo se c’è una presa di responsabilità. - ha detto- C’è differenza tra essere state vittime e fare del vittimismo, e legittimare posture aggressive che portano ad essere carnefici”.
Melissa Panarello in “Storia dei miei soldi” (Bompiani), proposto da Nadia Terranova, racconta sé stessa ma con la creazione di un doppio letterario. Nel romanzo la protagonista è appunto Melissa che dopo anni incontra Clara, l’attrice che la interpretò nella trasposizione cinematografica del suo romanzo (Panarello è autrice del bestseller datato 2003 “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”). “I soldi rivelano quello che tu sei e raccontano la tua storia; così come il sesso sono trattati come un tabù, come fossero qualcosa di sporco”.
Daniele Rielli è l’autore del romanzo a più voci “Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale” (Rizzoli), proposto da Antonio Pascale, e illustra con l’approccio letterario un dramma ecologico e sociale partendo dalla Xylella, il batterio che nel mondo ha causato la più grave epidemia delle piante e che in Puglia ha distrutto ettari di ulivi, con tutta la storia che racchiudono, compresa quella della famiglie locali. “Mio padre e mio nonno sono salentini; la xylella è una normale malattia delle piante ma da questa si scatena una caccia alle streghe, con tanto negazionismo. Negazionismo che funziona perché offre ingredienti semplici ma ben scritti: il cattivo straniero, e gli ulivi, creature molto simboliche”.
Con “Aggiustare l’universo” (Mondadori), proposto da Lia Levi, la scrittrice Raffaella Romagnolo descrive l’Italia del dopoguerra dove regnano le macerie e narra di una giovane insegnante, Gilla, che ripara oggetti segnati dal tempo e vite segnate dal dolore. E poi c’è Francesca, che proviene dall’orfanotrofio e che non parla mai. Il suo vero nome è Ester ed è una “vittima della difesa della razza”.
“Genova fu la città più bombardata dalla seconda guerra mondiale e partecipò in massa alla Resistenza. Per la protagonista passare di lì non ha nulla di eroico, semmai è doloroso”.
Chiara Valerio in “Chi dice e chi tace” (Sellerio), proposto da Matteo Motolese, offre un ritratto di donne in costante mutazione, un’indagine tra silenzi e dicerie di provincia ambientata a Scauri, sul Tirreno. La protagonista si muove lungo un percorso di auto scoperta e in un ambiente dove la diversità non è ben vista. “Non si fa la gradazione degli amori. L’amore non è buono né cattivo anche se misuriamo la lunghezza dei matrimonio come misura dell’amore. Ebbene la mia protagonista, Lea Russo, mi sta simpaticissima perché lei non ci sta”.
Dario Voltolini in Invernale (La nave di Teseo), romanzo proposto da Sandro Veronesi, rievoca l’immagine del padre di mestiere macellaio nel mercato torinese di Porta Palazzo; un padre scomparso prematuramente che ispira una preghiera nata dal ricordo e dall’amore filiale. La malattia diventa trasformazione del corpo ma anche l’occasione per fare esperienza di un nuovo linguaggio. “Ho impiegato 40 anni a scrivere questo libro, perché volevo essere certo di poter maneggiare lo strumento della scrittura per raccontare mio padre” .
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lamilanomagazine · 6 months
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Alla Tenda una settimana tra cinema, musica e letteratura
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Alla Tenda una settimana tra cinema, musica e letteratura. Modena. Musica rock dal vivo, cineforum e letteratura sono al centro della programmazione della Tenda inserita nell’ambito delle attività proposte dall’assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Modena. Le iniziative sono tutte a ingresso libero e gratuito. La settimana si apre giovedì 16 novembre, alle ore 20.15, con il secondo appuntamento della rassegna cinematografica “Follia e dintorni”, a cura dell’associazione La Rosa Bianca in collaborazione con Unimore, incentrata su tematiche legate al rispetto dell’essere umano. Il film proiettato è “Il buio oltre la siepe” (Robert Mulligan, 1962); presentano la pellicola e introducono il dibattito Lillo Venezia ed Eleonora Bertacchini. Come nelle precedenti 13 edizioni, obiettivo del cineforum è di aprire una discussione al termine della proiezione, offrendo dunque ai presenti la possibilità di esprimere una propria riflessione scaturita dalla visione del film. Venerdì 17 spazio invece alla musica dal vivo di band modenesi curata da associazione Intendiamoci e Superbia Music Group. Sul palco di viale Monte Kosica, dalle ore 21, sale infatti il gruppo rock sperimentale “Pandorea”. Per l’occasione, la band, tutta al femminile, presenta il nuovo singolo “Mare in tempesta”, che segna una nuova fase di ricerca delle cinque musiciste, orientata alla fusione di linee vocali pulite e sonorità distorte di chitarre e basso, incalzate da ritmi di batteria precisi e potenti. Prima dell’esibizione di Pandorea, gli amplificatori verranno “surriscaldati” dal rock di altre due band del territorio, ovvero Not my grave e La convalescenza. Il programma settimanale si chiude sabato 18, alle ore 18, con un nuovo appuntamento di “Dialogo con l’autore”, rassegna di libri e scrittori curata dall’associazione culturale L’Asino che vola. Per l’occasione, Pierpaolo Ascari intervisterà Sandro Campani, autore del libro “Alzarsi presto. Il libro dei funghi (e di mio fratello)”, edito quest’anno da Einaudi editore. “Il libro – spiegano gli organizzatori – offre pagine dense di gratitudine e nostalgia verso gli affetti familiari e i posti del cuore dello scrittore, tra Reggio Emilia e Modena, in cui l’immersione nella natura è una forma di benedizione”.   Il calendario completo di tutte le iniziative e le modalità di prenotazione sono consultabili sui canali social e sul sito web de La Tenda all’indirizzo www.comune.modena.it/latenda. Per informazioni:mail [email protected], telefono 059 2034810.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Perché scrive? Per esempio è appena uscito un libro, per la collana bianca di Einaudi, in cui sono raccolte le poesie di Nino Pedretti, poesie nel dialetto di Santarcangelo di Romagna, che dev’esser un paese, Guerra, Baldini, Pedretti, che son dei poeti, eccezionali, non so, ne leggo una, di Perdetti, in una traduzione un po’ rimaneggiata:
Non ditemi che il mondo è brutto, malato, ridotto in merda, il mondo ha bisogno di esser bello, anche se ti urla il cuore, anche se ti strappano le dita.
Ecco questa poesia qua, secondo me, quando ti chiedono, delle volte te lo chiedono, Perché scrive? Che è una domanda che non è tanto bella, sentirsela fare, che potrebbe sottendere un’altra domanda Perché non fa magari dell’altro, io quando mi chiedon così gli rispondo Per disperazione, che non è una gran bella riposta però è vero, io mi son messo a scrivere per disperazione, Luigi Malerba una volta quando gliel’han chiesto lui ha risposto Per capire quello che penso, che è una bella risposta, ma secondo me, a pensarci, una risposta ancora più bella sarebbe questa qua, Perché scive? Non ditemi che il mondo è brutto, malato, ridotto in merda, il mondo ha bisogno di esser bello, anche se ti urla il cuore, anche se ti strappano le dita.
[Paolo Nori - La matematica è scolpita nel granito, cit., pp. 65-66]
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occhidibimbo · 1 year
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[vc_row][vc_column][vc_column_text]Da dove arriva la chiavetta USB che Marcy vede spuntare dall’imbottitura del divano del salotto? Chi l’ha nascosta e perché è saltata fuori proprio nel giorno del suo compleanno? Incuriosita dallo strano ritrovamento e impaurita per quello che la chiavetta potrebbe contenere, Marcy si precipita a casa di Leo, amico fidato ed esperto informatico, per provare ad aprirla: i due amici vi troveranno una lettera misteriosa che propone un gioco costituito da una serie di enigmi matematici. Sullo sfondo del loro percorso, tra ipotesi e teoremi, sconfitte e soluzioni, si rivelano le vicende personali dei due protagonisti, il rapporto con i compagni di scuola, i genitori e il mondo degli adulti. Un romanzo d’esordio originale e avvincente. Una storia moderna e coinvolgente.[/vc_column_text][thb_gap height="20"][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width="1/3"][thb_image full_width="true" alignment="center" image="1983"][/vc_column][vc_column width="2/3"][vc_column_text]Casa editrice: Einaudi Ragazzi Collana: Carta Bianca Autore: Turlo Donata Età: 12+ Numero pagine: 192 Formato: 14 x 19,5 cm Prezzo: 11,00 Euro Codice: 9788866563624 Data di pubblicazione: 14 Febbraio 2017[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
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marcogiovenale · 9 months
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pod al popolo, #15_ poesia riconoscibile, poesia ri-conosciuta, e postpoesia
Su Snaporaz il 20 luglio è comparso questo articolo di Gilda Policastro: “Siamo in troppi a farmi schifo”: i poeti e il loro pubblico https://www.snaporaz.online/siamo-in-troppi-a-farmi-schifo-i-poeti-e-il-loro-pubblico/ Il 3 agosto Fahrenheit (RadioTre) invita lei a parlarne, insieme a Elisa Donzelli e Maurizio Cucchi (il link che segue è già predisposto per far iniziare la trasmissione nel…
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carmenvicinanza · 2 years
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Sabrina Efionayi
https://www.unadonnalgiorno.it/sabrina-efionayi/
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Sabrina Efionayi è una giovane scrittrice e attivista per i diritti umani che si è raccontata intensamente nel suo ultimo libro ‘Addio, a domani. La mia incredibile storia vera‘.
È nata a Castel Volturno, degradata zona balneare in provincia di Caserta, il 18 agosto 1999, da Gladys, una giovane nigeriana vittima di tratta il cui nome di battesimo era Esosa e un padre che non ha voluto riconoscerla.
Il nome le è stato dato per omaggiare la figlia della maman di cui Gladys era schiava, mentre il cognome le proviene da un conoscente della madre. È cresciuta tra Castel Volturno e Secondigliano in una allargata famiglia italiana a cui è stata affidata quando aveva soltanto 11 giorni.
Di fatto ha due madri: quella biologica, che vedeva soltanto nelle vacanze estive, perché era riuscita a scappare in Toscana e condurre un’altra vita, e quella italiana, Antonietta Orsino, che l’ha allevata e cresciuta con immenso amore, anche se, di fatto, non è mai stato attuato l’affido legale.
A scuola, dove brillava, nonostante fosse molto timida e riservata, non le sono stati risparmiati i commenti razzisti, il bullismo e lo stigma di essere l’unica bambina nera in un mondo di bianchi.
Durante gli anni del liceo, per combattere le sue inquietudini e rifugiarsi in mondi fantastici, ha cominciato a scrivere, con lo pseudonimo di Sabrinex, su una piattaforma letteraria online grazie alla quale ha avuto un successo inatteso e milioni di visualizzazioni. A sedici anni è stata notata dalla casa editrice Rizzoli che le ha pubblicato il suo primo libro, Over a cui sono seguiti altri due romanzi romanzi young adult, Over 2 e #Tbt indietro non si torna in cui le sue protagoniste erano tutte giovani con la pelle bianca.
Sabrina Efionayi ha fatto un lungo percorso per ritrovarsi, per definirsi, per accettarsi, in una realtà che la considerava bianca per come era dentro, quando andava in vacanza in Nigeria, paese di cui non conosceva la lingua e le abitudini; e nera, per come era fuori quando attraversava le strade della sua città in cui veniva importunata, sessualizzata, come accade a tante donne, peggio se sono nere.
Una condizione esistenziale non facile da definire se la non si porta addosso, così come il peso della verità sulle sue origini che la sua madre biologica le ha raccontato, quando aveva soltanto 11 anni.
È nata e cresciuta in Italia, ha fatto la scuola nel nostro paese, frequentato l’università, eppure, per una strana legge che fatichiamo a cambiare, ha potuto avere la cittadinanza italiana soltanto a 19 anni.
Quando, grazie a un percorso di ricerca e consapevolezza, si è sentita pronta per scrivere la sua storia vera, troppo dolorosa per essere narrata in prima persona, ha cominciato a lavorare a quello che è diventato un caso editoriale che l’ha portata alla ribalta nazionale: Addio, a domani. La mia incredibile storia vera, (Einaudi, 2022).
Da cui è stato anche tratto, Storia del mio nome, straziante e bellissimo podcast in cinque puntate ascoltabile su Spotify.
Ha aperto i cassetti della memoria e ha preso il coraggio di scrivere la sua autobiografia, con una narrazione asciutta, precisa, quasi cinematografica, che ci porta nel mondo di Sabrina, figlia di Gladys, giunta in Italia vestita di sogni infranti dall’obbligo di mettere in vendita il proprio corpo e che, appena nata, l’ha consegnata nelle mani della vicina che è diventata la sua madre affidataria.
Troppo italiana per la famiglia di origine, troppo nigeriana per tanti italiani, per tutta la vita Sabrina Efionayi è stata alla ricerca di un’identità che ha trovato nell’attivismo e scrivendo il suo libro.
Sabrina Efionayi, bella e fiera, con le sue parole chiare, semplici, che arrivano al cuore come stilettate, fa parte delle cosiddette ‘seconde generazioni’, figlie e figli di persone di origine straniera che nel nostro paese sono nate o cresciute che si trovano quotidianamente a fare i conti con lo straniamento e le contraddizioni della vita in casa e quella fuori, in un mondo ancora ostile che rifiuta di riconoscerle. In un mondo in cui ancora esistono confini geografici e culturali, dove le persone non sono riconosciute e rispettate in quanto tali. Un mondo in cui si pensa che alcune vite valgano meno delle altre.
Ma Sabrina Efionayi sta diventando una guerriera che ha imparato anche a lasciarsi andare alla fragilità, cosa che, come le diceva sua madre, alle donne nere non è consentita.
Fatevi un regalo, leggete il suo libro, ascoltate il suo podcast e diffondete il suo nome, la sua storia, il suo esempio, non potrà che generare consapevolezza e dignità.
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garadinervi · 1 year
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Torino, 11-13 marzo 1945
Gaspare Arduino (29 aprile 1901 – 11/12 marzo 1945) operaio, organizzatore SAP 4° settore Vera Arduino (15 gennaio 1926 – 12/13 marzo 1945) operaia, appartenente ai Gruppi di Difesa della Donna XX Brigata Garibaldi SAP Libera Arduino (13 settembre 1929 – 12/13 marzo 1945) operaia, appartenente ai Gruppi di Difesa della Donna XX Brigata Garibaldi SAP Rosa Ghizzoni Montarolo, "Gina" (12 maggio 1920 – 8 maggio 1946) appartenente ai Gruppi di Difesa della Donna XX Brigata Garibaldi SAP Pierino Montarolo (6 agosto 1914 – 11/13 marzo 1945) appartenente alla XX Brigata Garibaldi SAP Aldo De Carli (29 maggio 1922 – 11/13 marzo 1945) appartenente ai GAP, Brigata "Dante Di Nanni"
«Alla vigilia del funerale delle Arduino alla sera alle cinque siamo state convocate in corso Oporto, dicendo: – Raggruppate più donne possibile, domani mattina alle dieci ci sono i funerali delle sorelle Arduino. [...] E noi ci eravamo trovate ed eravamo in tante, forse la riunione più numerosa che c'è stata. C'erano moltissimi giovani e moltissime donne; c'eravamo trovate lì ed eravamo sparse per il piazzale davanti all'ingresso principale. Abbiamo aspettato molto a lungo. Tutti avevamo qualcosa di rosso, chi un fazzolettino rosso nel taschino e l'ha tirato fuori all'occasione, chi aveva la cravattina, ma tutti avevano qualcosa di rosso e tutti avevamo i fiori, perché ci avevano detto di trovarci coi fiori. La maggior parte ci eravamo procurati uno o due garofani rossi, ognuno di noi ce l'aveva.» (Giuseppina Scotti vedova Valsasna) – in Bianca Guidetti Serra, Compagne. Testimonianze di partecipazione politica femminile, Vol. I, «Gli Struzzi» 150, Einaudi, Torino, 1977
«Il processo è stato fatto... due o tre anni dopo... C’era ancora la pena di morte. Di fatti il tenente che comandava questa gente è stato condannato alla pena di morte, si chiamava Aldo De Chiffre. Gli altri non ricordo... È stato condannato alla pena di morte, questa pena è stata tramutata in ergastolo, l’ergastolo in venticinque anni e dopo venti anni io l’ho visto fuori per un caso molto particolare.
Questo giovane, aveva ventun anni allora, studiava da dottore. All’interno del carcere ha continuato gli studi; uscito fuori si è laureato. Era dottore al Mauriziano quando l’ho conosciuto. Ero andato al Mauriziano a fare una trasfusione di sangue e... in quel momento il dottore si presenta e io ho riconosciuto il nome. E allora ho detto alla suora: – Guardi che io faccio la trasfusione di sangue, però non da questo dottore.
– Perché? – mi fa.
Ho preso il tesserino l’ho messo davanti al dottore e ho detto: — Si ricorda di questo nome?
È diventato rosso ed è andato via. Allora ho detto alla suora perché non mi lasciavo togliere il sangue da quel dottore...»
– 'Vera e Libera Arduino, trucidate dai fascisti nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1945. Ne parla il fratello Antonio', in Bianca Guidetti Serra, Compagne. Testimonianze di partecipazione politica femminile, Vol. I, «Gli Struzzi» 150, Einaudi, Torino, 1977
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punti-disutura · 3 years
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Non ci sono più sono andata via silenziosissima. La mia vita è spoglia di me. E tutto brilla.
Chandra Livia Candiani, da “Dov’è mondo”, “Fatti vivo”, Einaudi, 2017.
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gregor-samsung · 1 year
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La fuga di Pulcinella
Pulcinella era la marionetta più irrequieta di tutto il vecchio teatrino. Aveva sempre da protestare, o perché all'ora della recita avrebbe preferito andare a spasso, o perché il burattinaio gli assegnava una parte buffa, mentre lui avrebbe preferito una parte drammatica. - Un giorno o l'altro, - egli confidava ad Arlecchino, - taglio la corda. E così fece, ma non fu di giorno. Una notte egli riuscì a impadronirsi di un paio di forbici dimenticate dal burattinaio, tagliò uno dopo l'altro i fili che gli legavano la testa, le mani e i piedi, e propose ad Arlecchino: - Vieni con me. Arlecchino non voleva saperne di separarsi da Colombina, ma Pulcinella non aveva intenzione di portarsi dietro anche quella smorfiosa, che in teatro gli aveva giocato centomila tiri. - Andrò da solo, - decise. Si gettò coraggiosamente a terra e via, gambe in spalla. «Che bellezza, - pensava correndo, - non sentirsi più tirare da tutte le parti da quei maledetti fili. Che bellezza mettere il piede proprio nel punto dove si vuole». Il mondo, per una marionetta solitaria, è grande e terribile, e abitato, specialmente di notte, da gatti feroci, pronti a scambiare qualsiasi cosa che fugge per un topo cui dare la caccia. Pulcinella riuscì a convincere i gatti che avevano a che fare con un vero artista, ma ad ogni buon conto si rifugiò in un giardino, si acquattò contro un muricciolo e si addormentò. Allo spuntare del sole si destò e aveva fame. Ma intorno a lui, a perdita d'occhio, non c'erano che garofani, tulipani, zinnie e ortensie. - Pazienza, - si disse Pulcinella e colto un garofano cominciò a mordicchiarne i petali con una certa diffidenza. Non era come mangiare una bistecca ai ferri o un filetto di pesce persico: i fiori hanno molto profumo e poco sapore. Ma a Pulcinella quello parve il sapore della libertà, e al secondo boccone era sicuro di non aver mai gustato cibo più delizioso. Decise di rimanere per sempre in quel giardino, e così fece. Dormiva al riparo di una grande magnolia le cui dure foglie non temevano pioggia né grandine e si nutriva di fiori: oggi un garofano, domani una rosa. Pulcinella sognava montagne di spaghetti e pianure di mozzarella, ma non si arrendeva. Era diventato secco secco, ma così profumato che qualche volta le api si posavano su di lui per suggere il nettare, e si allontanavano deluse solo dopo aver tentato invano di affondare il pungiglione nella sua testa di legno. Venne l'inverno, il giardino sfiorito aspettava la prima neve e la povera marionetta non aveva più nulla da mangiare. Non dite che avrebbe potuto riprendere il viaggio: le sue povere gambe di legno non lo avrebbero portato lontano. «Pazienza, - si disse Pulcinella, - morirò qui. Non è un brutto posto per morire. Inoltre, morirò libero: nessuno potrà più legare un filo alla mia testa, per farmi dire di sì o di no». La prima neve lo seppellì sotto una morbida coperta bianca. In primavera, proprio in quel punto, crebbe un garofano. Sottoterra, calmo e felice, Pulcinella pensava: «Ecco, sulla mia testa è cresciuto un fiore. C'è qualcuno più felice di me?» Ma non era morto, perché le marionette di legno non possono morire. È ancora là sotto e nessuna lo sa. Se sarete voi a trovarlo, non attaccategli un filo in testa: ai re e alle regine del teatrino quel filo non dà fastidio, ma lui non lo può proprio soffrire.
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Gianni Rodari, Favole al telefono, Einaudi (collana Gli struzzi n°14), 1973⁷; pp. 107-108. [Prima edizione: 1962]
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Confesso con tutta umiltà che sono uno che sbaglia sempre tutto.
Elias Canetti, La commedia della vanità, trad. it. di Bianca Zagari, Einaudi, 1975
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