Tumgik
#e ancora uno dei miei album preferiti
gcorvetti · 5 months
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Ma anche no.
Leggo su Louder, sito di notizie musicali, che nel 2024 (data da confermare) uscirà il quarto album solista di David Gilmour, fino a qua niente di strano un musicista storico che come tanti è ancora attivo, il problema è che personalmente non ho gradito il suo lavoro precedente, Rattle that Lock del 2015. Il suo stile è innegabilmente legato ai Pink Floyd, oppure si potrebbe anche scrivere che nei Pink lui ha impresso il suo stile ed è difficile che un suo lavoro da solista suoni differente da un album dei PF, ma non è proprio così. Il suono di un chitarrista è l'evoluzione di una ricerca nel tempo che porta ad avere una serie di effetti che sono attinenti con lo stile che si suona, questo in linea di massima, poi lui ha apportato nel tempo anche nuove idee e su questo non ci piove, come il resto della band ha sempre cercato di creare qualcosa che sia più di una semplice canzoncina, e su questo nulla da dire, anzi tanto di cappello. Però da solo non lo trovo incisivo, spesso ripetitivo nelle melodie rispolverando quelle sonorità bagaglio di una band storica. David a me piace molto come chitarrista, poi va bè che ve lo dico a fare i Pink Floyd per me sono una band di altissimo livello, ma non mi calano questi suoi lavori da solista, li trovo cheap, certo c'è sempre il valore artistico ma non proprio come quando era con la band, che vi ricordo non esiste più dopo la morte di Richard. Poi va bè i testi bisognerebbe analizzarli e comprenderli ben benino visto che li scrive la compagna che è una scrittrice professionista, ci può anche stare.
Per restare in tema, musicale, e gironzolando nelle varie notizie del sito, mi sono reso conto che come tanti altri portali si parla sempre di musicisti oramai arrivati, di quelli 'famosi' che bene o male conoscono tutti, e non fa una piega perché se vuoi monetizzare è logico che devi parlare del mainstream, però pochi, o quasi nessuno, scrive di band emergenti e se lo sono è semplicemente perché hanno firmato un contratto con qualche major, che poi magari ci sia una mossa di marketing dove la major paga l'editore per pubblicare un bell'articolo sulla nuova band su cui stanno investendo è oramai normale amministrazione, come i passaggi in radio ecc ecc. Non c'è molta alternativa e nessuno si occupa delle band senza contratto, certo posso capire che è un lavoraccio trovare qualcosa di valido ascoltare e magari prendere informazioni che spesso sono latenti o obsolete, magari da pagine social delle band che non aggiornano mai, e posso anche capire che al pubblico di massa non interessa la band di sconosciuti, ma visto che già monetizzate perché non cercare di portare a galla qualcosa di nuovo, ma non per fare un favore alla band XY ma per dare ai lettori qualcosa che difficilmente trovano se non spulciando la rete per benino e perdendo tempo a cercare quella band sconosciuta che ha fatto magari un album validissimo, sarebbe anche parte del lavoro del giornalista musicale, almeno ai miei tempi era così. Da parte mia sto scrivendo, se la cosa vi interessa, non è semplice trovare una strada diversa da quello che si batteva prima (tanto per riprendere un pò il discorso Gilmour-Pink) ma penso di essere sulla strada giusta, spero di potervi fare ascoltare qualcosa al più presto.
Vi lascio con uno dei miei brani preferiti della band nominata in questo post
youtube
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danzameccanica · 6 years
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Ci fu una mattina di ottobre del 1999 nella quale noi ragazzi di Marsciano, neo-liceali al primo mese del primo anno, facemmo salina (o sega, a secondo delle regioni) a scuola per andare in giro in centro a Perugia. Ci univa ancora quell’amicizia infantile reduce degli anni della scuola media, della squadra di basket, dei pomeriggi all’oratorio; ci univa quella consapevolezza di essere diventati più grandi ma ci vestivamo ancora da mocciosi. Una delle tappe fu il negozio Musica Musica dove tutti comprammo qualcosa; avevamo chi 14 e chi 15 anni ma quella mattina di ottobre sembrava che tutti volessimo diventare metallari. Io comprai the Trooper degli Iron Maiden, Alessio Alunni il singolo Heading the Call degli Hammerfall, Fede l’intero album Legacy of Kings, Federico Tiberi il live a Tokyo dei Children of Bodom e pure Mattia Alessandri prese qualcosa (mi pare sempre degli Hammerfall). Questa voglia di metal si esaurì in tutti tranne che in me e Fede (che era già bello navigato con questa musica). Legacy of Kings mi entrò terribilmente in testa, con i suoi riff veloci e le sue linee vocali pazzesche e incredibilmente facili da ricordare. Ancora oggi, a ventitré anni di distanza, ogni volta che parte “Heeding the Call” o la title track, io ritorno indietro a quell’ottobre, a quei pomeriggi a premere e ripremere il tasto play ogni volta che il CD finiva. Ricordo il sole di quel mese, il freddo che arrivava, la finestra aperta della mia camera. Un brano a caso di Legacy of Kings probabilmente finirebbe in un’ipotetica colonna sonora della mia prima adolescenza collegandosi a spina di pesce a tutti i ricordi di quel periodo. I primi due brani dell’album sono perfetti, di un epic unico, dove chitarre e voci fanno le stesse note, garantendoti adrenalina pura. Ho perso il conto di quante volte me lo sono ascoltato in cassetta mentre andavo in giro col motorino fra Perugia, Fratta Todina e le varie sagre paesane. 
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“Let the Hammer Falls” ha degli alti e bassi mentre “Dreamland” è sempre stato uno dei miei brani preferiti che mi riporta immediatamente alla mia cottarella per l’Arianna di Fratta, i suoi tentativi di de-metallizzazione nei miei confronti, e il mio aver capito dopo pochissimo che era meglio rimanere amici, troppo eravamo distanti come fidanzatini, anche solo per passare insieme mezza giornata.
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Le cavalcate di “Dreamland”, assieme ai brani di Manson e dei Nirvana mi ricordano quando le gemelle mi truccavano sul loro divano, mi ricordano i nostri sabati pomeriggio a bere birre sotto al distributore dei profilattici di Marsciano. “Remember Yesterday” è una ballad perfetta che alimenta quei piccoli mali d’amore che durano una settimana, che fanno da collante perfetto per la formazione caratteriale di quegli anni. “At the End of the Rainbow” è il primo brano che ascoltai perché Fede mi disse “senti senti, hanno rifatto l’inno dell’Unione Sovietica”, il suo easy-listening fu immediato. I brani del disco continuano uno migliore dell’altro con “Back to Black” e le sue ponderate cavalcate. Il power metal degli Hammerfall mi è sempre piaciuto perché non era spinto e kitsch come quello degli Helloween, non aveva quelle voci stridule ma una voce alta ma allo stesso tempo calda; il timbro di Joacim Cans è moderato anche quando spara in alo, senza mai diventare una gallina strozzata. Con “Stronger than All” e “Warriors of Faith” continuano a cavalcare i mieri ricordi a quegli anni, volando sulle scale di Via Oberdan, sul centro di Perugia alle 8 del mattino per entrare a scuola, ai viaggi in treno e cercare di ricordare tutte quelle persone che facevano parte della mia quotidianità.
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queerbaitesque · 4 years
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E comunque a me piero pelù piace proprio tanto
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de-preoundis · 3 years
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Kilgore trout
Mi sento come Kilgore Trout, nel senso che nessuno leggerà sta roba ma scriverò lo stesso perché Dio Asimov se mi piace da matti scrivere sta roba. Mi piace scrivere un sacco in generale (andate sul mio Wattpaaaaaaaaaaad) e scrivere questo blog disagiato mi sta aiutando molto; sento di star trovando il mio stile pian piano. E poi scrivere questo crimine contro l'umanità mi risulta molto semplice, è una diarrea di coscienza continua. Per riprendere il racconto precedente: dove aver bevuto i nostri succhi zuccherati ci catapultiamo aaaaaaa aspetta non ricordo bene ok ok un attimo cazzo non mi ricordo aspettate un secondo, intanto: https://www.youtube.com/watch?v=VBlFHuCzPgY Ecco ci sono arrivato, siamo andati vicino ai portici di Don Bosco dove c'è una specie di uhmmmm veramente non so come definirlo, avete presenti quei P A R A L L E L E P I P I D I dove vengono messi i tubi dell'acqua, tubature, fili e quant'altro? Uno dei quelli. E quello era perfetto: un tavolini urbano perfetto per mettersi comodamente a bere con gli amici, tanto che c'è anche un basso muretto davanti dove sedersi.Avevamo delle birre che abbiamo comprato da uno dei bangla disseminati per tutta Roma che vendono alcol a tutti, e con tutti intendo i giovani, i sfaccendati e i tossici. Simpatico, spesso nelle periferie queste categorie convergono. Ohnehin, ad un certo punto arriva Vitto ed apprendo come stappare le bottiglie di birra con gli accendini, ed in quanto semi studente di fisica mi sento di doverlo spiegare: stringere la mano intorno al collo della bottiglia, creare un piccolo spazio tra il tappo e l'indice e infilarci l'estremità inferiore dell'accendino, che adesso funzionerà da leva. Quindi, applicare la forza adeguata all'estremità superiore dell'accendino compiendo un movimento dal basso verso l'alto con l'accendino, e questo stapperà la bottiglia. Ora andate a fare colpo sui vostri amici con le vostre conoscenze in fisica della strada applicata. Ad essere sincero io non bevvi, almeno non in quel momento, ma mi ero messo ad intrattenere il gruppo con le mie esperienza burocratiche, tutte fallimentari perché il mio cervello finisce sotto il lavandino ogni volta che mi trovo davanti la burocrazia. Con gran successo, il mio ritardo ha fatto ridere tutti. Mi ritengo soddisfatto. Dann andiamo al parchetto di Cinecittà, posto magico per la grande varietà di fauna urbana che si può osservare in quei luoghi; ma non c'era nessuno di particolare quel giorno.Beviamo altra birra, giochiamo a carte, cosa in cui sono pessimo, infatti giocavo o seguendo la via dei chakra oppure Vitto giocava al posto mio. In ogni caso perdevo sempre.Arriva anche Fra, grande Fra, e mette la cassa con la musica: cerco di far sentire a Vitto "To Pimp A Butterfly" di Kendrick Lamar, uno dei miei album preferiti, ma prima che io ci riesca la cassa si scarica.Viene ricaricata e Fra spara con la forza di 69x69 decibel musica disco russa, allora io prendo la situazione in mano e salto sopra il tavolo di legno ammuffito su cui stavamo giocando a carte e  comincio a ballare e a twerkare come un folle, sbattendo il culo in faccia a Polentone.Fortunatamente Fra incominciò a fare la stessa cosa e quindi non fui da solo nella mia impresa, che venne anche ripresa e ora la mia vergogna si trova spiaccicata sulla memoria del cellulare di Giulia, e ne sono contento perché "Le imprese dei Greci e dei Barbari non vadano dimenticate".Andiamo a prendere altra birra, beviamo altra birra, arriva altra gente che ancora non aveva bevuto birra (per poco ancora), e ci comportiamo come persone con birra in corpo.Capisco che è ora di andare e poi capisco anche che avevo ormai voglia di rimanere da solo e scorrazzare un po' per le vie di via Tuscolana, Subaugusta e  Giulia Agricola di notte e vedere la gente che si diverte in un luogo che è periferia, ma neanche troppo.Non c'è nulla di particolare in quelle zone, se non la mia infanzia e i suoi ricordi, e quindi è per me un luogo bellissimo. Niente di più, niente di meno.E così, finisce la giornata.
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rebelontheroad · 3 years
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Senza dubbio The Beatles sono il gruppo più importante della storia della musica pop/rock. Ci hanno regalato brani indimenticabili nel corso della loro carriera iniziata negli anni '60 dando inizio a un vero e proprio fenomeno internazionale.
Proprio in questo mese di Novembre, i Fab Four hanno pubblicato due dei loro album in studio più memorabili: nel 1963 esce With The Beatles, che compare nel volume dei 1001 album da ascoltare prima di morire, e nel 1968, invece, uno dei miei preferiti... il White Album, che occupa anche la decima posizione nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi.
The Beatles sono una vera e propria istituzione: il loro mantra era comporre e sperimentare... hanno tessuto melodie mai sentite prima, creato armonie vocali che hanno ispirato milioni di persone.
Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e Ringo Star sono stati abili a divulgare un concetto di fare musica che duri nel tempo e che dopo tanti anni riesce ancora ad emozionare.
E come dimenticare John Lennon, un artista geniale e carismatico, cui omicidio negli anni ottanta ha gettato nello sconforto milioni di fan in tutto il mondo.
Chissà quanti altri capolavori ci avrebbero donato...
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a---fire---inside · 4 years
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Non sono interessata a creare drammi, davvero, ma solo a conversare finalmente con qualcuno che mi capisce e che è libero da fanatismi. x'D Detto ciò, senza bisogno di paragonarlo a Battiato che secondo me è proprio irraggiungibile e su un altro livello... basterebbe aspirare, che so, al livello di un Cremonini, che fa un pop sempre molto ricercato a livello di testi imho. Riguardo a NAA sono della stessa opinione, nel senso: credo che il disco migliore di Ermal finora rimanga Umano. (1/2)
2/2 La stessa title track del suo primo lavoro penso sia uno dei suoi pezzi migliori in assoluto, il mio desiderio per il futuro (sperare non fa mai male hahah) sarebbe più canzoni come Umano e meno come 9 primavere, Il vento della vita, Non abbiamo armi ecc. Certo se invece stesse davvero esaurendo la vena creativa già dopo il… terzo (!!) disco? Sarebbe strano, se consideri che c'è chi invece la esaurisce all'ottavo, decimo, dodicesimo album, per dire. 
                                                        *
Lo so Anon, tranquilla! E nel mio blog i fanatismi non sono bene accetti e purtroppo c’è sempre in giro qualche mente malata che invece di evitare quello che le dà fastidio ci sguazza dentro, noi ne prendiamo atto e continuiamo per la nostra strada👊
Hai ragione, Battiato è su altri livelli, mi è venuto in mente perché mia madre ha comprato la sua ultima raccolta…e sinceramente Cremonini lo conosco poco ma concordo con te sul fatto che il suo è un pop ricercato sia come arrangiamenti che come testi. E’ difficile fare pop perchè nonostante si possa sperimentare con differenti influenze e generi (molto più liberamente che nel rock o nell’indie che oltre una certa misura non vanno per non ‘scadere’ nel pop, ad esempio), certi artisti nemmeno ci provano, risultando banali.
Concordo anche su Umano: anche secondo me è il suo disco più riuscito. Ci sono solo 2 pezzi che non mi piacciono (Pezzi di Paradiso, Bionda), per il resto si sente ancora l’influenza de LFDC, e sia a livello di testi che di brani, arrangiamenti e composizione, è un disco davvero bello, originale, vario come sonorità e dai testi molto più interessanti e profondi di gran parte dei successivi brani. Gravita Con Me è uno dei miei pezzi preferiti ancora adesso, Volevo Dirti, per restare sul synthpop, Lettera a Mio Padre, e poi Umano sui cui concordo ancora, è uno dei suoi pezzi meglio riusciti, mi ricorda i migliori Depeche Mode, e Schegge, con quel finale cupo e psichedelico allo stesso tempo. 
Già con Vietato Morire (a parte la title-track, Rien Ne Va Plus e Voce Del Verbo, e volendo Piccola Anima anche se mi annoia un po’) il livello scende tantissimo e in NAA mi fa sempre ridere che il mio pezzo preferito (Dall’Alba Al TRamonto) sia stato scritto nel 2014 a quanto pare, e si vede lol. Ovviamente non ho calcolato NMAFN che da sola alza la media del disco…tra l’altro 9 Primavere mi piaceva anche come pezzo, così come Le Luci Di Roma e anche Io Mi Innamoro Ancora..perché ho cercato di farmi piacere sto disco così tanto che per un po’ c’ero anche riuscita, infatti il testo di NAA mi piaceva per la parte sull’abbraccio, e anche Io Mi Innamoro Ancora mi piaceva per il testo, non perché fosse un capolavoro, ma perché mi sembrava interessante e/o significativo in un certo contesto che non ti sto a menzionare se no arrivano le guardie ma tanto hai capito. Ma le altre…no grazie. 
Infatti quando è uscita UAVDR ho finalmente tirato un sospiro di sollievo perché il testo mi è piaciuto molto essendo semplice ma non scontato, e anche il duetto con J-AX mi è sembrato interessante, sicuramente diverso e sicuramente ha dato ‘brio’ ad un pezzo che forse da solo non mi avrebbe entusiasmato tanto.
Però si, per come stanno le cose sembra che la sua vena creativa si sia esaurita, considerando anche LFDC sono più di 3 dischi ma comunque sono pochi…e il fatto è che lui mi sembra come quegli studenti a cui il prof dice ‘è bravo ma non si applica’…lui è bravo cacchio, ma o è furbo e ha capito che gli basta fare il minimo sindacale, un po’ di mare e stelle e ammmore ed è subito soldi, o ha deciso volontariamente di abbassare il proprio livello per una maggiore visibilità, e poi ha deciso di uniformarsi a quella parte di pubblico che è arrivata ‘dopo’, appunto con la grande visibilità, e che non lo apprezzerebbe se si distaccasse da quella semplicità che a loro sembra il dolce stil novo lol
(come al solito questa è un’opinione personale e soggettiva, che non si trova nemmeno nel tag o nella pagina di ricerca, se dovesse finire in blog bloccati o simili beh io non ho certo fatto in modo che lo vedessero)
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Musica, Indie, Concerti, Afterhours ed i Miei
Quando avevo quindici anni ho iniziato ad ascoltare la musica indie e la musica alternative, partendo da gruppi stranieri famosi come gli Arctic Monkeys e i The Strokes (oggi probabilmente i miei due gruppi preferiti con i Baustelle) fino ad arrivare alla musica italiana dello stesso genere, i Verdena, gli Afterhours e così via fino ad arrivare a cose sconosciute che adesso faccio fatica a ricordare come La Fame di Camilla, L'Orso (che bello dio mio il loro primo album ne ero veramente innamorato, peccato per dopo) L'Officina della Camomilla ed i Kutso (che conoscevo da prima del loro debutto a San Remo, per la bellissima cover che fecero di De André). Diciamo che fino ai diciannove anni ero fissato col dover scoprire sempre gruppi nuovi, conoscere nuovi dischi ed anche se facevano cagare li consideravo fighi perché non mainstream (e non mi accorgevo nel mentre che l'indie stava diventando mainstream, vedi Lo Stato Sociale e i The Giornalisti che DIO MIO RICORDATE IO NON ESISTO?).
Diciamo che mi sono fatto un numero esagerato di concerti grazie a tutti questi gruppi, ho visto lo stato sociale, brunori sas, the zen circus, i marlene, i verdena due volte e così via: il concerto più bello però fu al PummaRock festival nel 2014 con gli Afterhours e Giorgio Canali, io credo che sia stato uno dei giorni più belli della mia vita per cui ringrazio sempre di essere vivo: ve lo giuro un concerto realmente infinito, una scaletta lunghissima ed io che lacrimavo durante Nuvole Senza Messico. Il concerto fu bellissimo anche per la foto con M. Agnelli ma soprattutto perché ci andai da solo, con due cellulari, senza pullman perché il giorno dopo era festa ed io abito dalla parte opposta della città: io sono al centro, il concerto era a Sant'Antonio Abate e per prendere la metro avevo bisogno di arrivare a Castellammare, quindi mi feci tutta la città a piedi al ritorno con mamma a telefono che voleva uccidermi come giusto che sia.
Mi mancano quei giorni che senza mezzi di trasporto (i miei non guidano, io nemmeno) zaino in spalla facevo scampagnate senza chiedere l'autostop: mi piaceva proprio fare cose simili, oggi le camminate le faccio ancora in solitario ma non hanno distanza abissali.
Il mio entusiasmo è andato perduto col tempo ma ammetto che forse la gioia maggiore che ho ora è la fiducia dei miei che hanno ancora in me: non importa la distanza, si fidano di me e mi lasciano andare anche a piedi dove voglio. Talvolta mi dispiace quando altre persone parlano male dei loro genitori, semplicemente perché io non riesco: non hanno mai avuto peli sulla lingua con me ed io con loro lo stesso: a me viene spontaneo anche parlare di sesso con loro! Sapete Rory e Lorelai? Ecco, una cosa simile (ed io e mamma vediamo Shameless insieme, con tanto di battutine su Fiona e Lip quando scopano ad inizio puntata). Spero solo di diventare un giorno come loro
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pleaseanotherbook · 2 years
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I PREFERITI DEL MESE #30: Giugno
Giugno è stato un mese strano, incredibilmente ricco di eventi e allo stesso momento sospeso in una qualche misura. Da un lato riprendermi dopo essere stata male, dall'altro vivere appieno ogni giornata con le mie amiche e finalmente poter ascoltare nuove canzoni di uno dei miei gruppi preferiti. Ho un nodo che mi porto dietro a distanza di mesi per la perdita e la mancanza e sul fondo del mio cervello macinano sempre le preoccupazioni, però sto cercando di godermi quanto più possibile questo tempo strano, di recupero e allo stesso tempo di inconsistenza. Il primo weekend di giugno sono andata a Bologna a trovare la mia adorata Lorena di Petrichor che mi manca già immensamente, dopo aver saputo l'ammontare delle tasse che quest'anno devo allo stato e che mi hanno lasciato a schifare completamente la vita adulta. Ma ehi cambiare lavoro è anche questo. Tra un cocktail e una cena sono arrivata a pensare che sia semplicemente una presa di coscienza sapere che le quattro mura di casa mia mi stanno troppo strette, che rimanere chiusa in una stanza mi toglie il fiato e le energie e che ormai cercare di cogliere al volo ogni occasione per uscire e stare insieme. Godermi l'estate diventa la priorità.
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Comunque, per cambiare le carte in tavola e dare una rinfrescata a questo blog, da inizio anno ho deciso di portare qui su questo spazio di web una delle rubriche che più mi piace guardare su Youtube e che sostanzialmente dimostra che non mi so inventare niente, ma che amo inglobare nel mio modo di essere espressioni, modi e idee che mi colpiscono l’immaginario. “I preferiti del mese” è un format che forse non si presta molto alla parola scritta ma ci proviamo, che tanto se non funziona lo facciamo funzionare a modo nostro.
Enjoy!
MUSICA
Qualche tempo fa mi sono accorta che l’8 agosto 2019 ho aggiunto alla mia storia playlist “Epiphany” dei BTS cantata dal mio bias Jin (ancora oggi se penso ad una canzone, penso a questa). Avevo già sentito parlare dei BTS dalle mie amiche ma non mi ero mai concentrata del tutto. Un gruppo di sette persone che apparentemente sembrano tutti uguali e che cambiano colore di capelli alla velocità del fulmine (quanta strada che ho fatto visto che ora riesco a ricostruire timeline basandomi solo dal colore dei capelli). Ad agosto 2019 però ho accompagnato le mie amiche al cinema a vedere Bring the Soul e da lì mi sono innamorata.
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Tre anni dopo sono ancora qui completamente ossessionata. E il 10 giugno è finalmente uscito Proof dei BTS un album antologico che ripercorre la loro storia dal debutto fino alle ultime canzoni uscite, con in più tre nuovi singoli: il main singolo Yet to come, che racconta della loro voglia di tornare alle origini, Run BTS che ha il sound rock e molto ritmato, e poi For Youth una ballad dedicata alle Army che lusingano il loro amore. Gli album dei BTS sono sempre degli oggetti da collezione che racchiudono delle meraviglie da ammirare continuamente. La chicca dell’album è sicuramente stata Born Singer che il produttore ha gentilmente concesso di includerlo nell’album. Ed è una canzone che io adoro e che non vedevo l’ora di averla su Spotify. Se il primo CD ripercorre la loro storia con tutti i singoli degli album (WE) il secondo CD ha le canzoni che più li rappresentano (ME) mentre il terzo CD è un regalo per le ARMY (YOU) con alcune iconiche demo, tra cui ovviamente la mia preferita, la demo di Jin di Epiphany in inglese (così da chiudere il giro iniziale), canzone di cui siamo stati derubati. Se la melodia è la stessa della versione finale, il testo, struggente e completamente Jin colpisce dritto al cuore. E se la versione di Bang PD sicuramente ricalca appieno il concetto di Love Yourself ed è davvero la “Answer” di tutto il progetto, la versione di Jin è una piccola meraviglia. Mentre ero dalla Lorena mi ha fatto ascoltare Crazy Love di Marracash che mi ha molto colpito.
LIBRI
Il libro del mese di giugno è La Torre di Bae Myung-Hoon edito in italiano da Add Editore, un libro di fantascienza coreano recentemente riportato in libreria e che mi ha colpito fin da quando l’ho visto allo stand della casa editrice al Salone del Libro di Torino. Una cover pazzesca, una trama super interessante e l’incontro dal vivo con l’autore mi hanno subito irretito e una volta letto non sono riuscita a staccarmene fino a quando non ho raggiunto l’ultima riga. Lo scorso due giugno ho avuto l’incredibile opportunità di ascoltare dal vivo Bae Myung-Hoon parlare del suo libro e della fantascienza in generale, in coreano con una bravissima traduttrice al suo fianco e mi sono lasciata incantare dalle atmosfere che ha evocato con le sue parole. Bae Myung-Hoon è un tipo consapevole che ha dalla sua la consapevolezza di sapere il suo posto nel mondo. Questa la trama: In un grattacielo di 674 piani chiamato Beanstalk si svolgono le sei storie interconnesse che compongono La torre. Il grattacielo è uno Stato sovrano che si impone sulle esistenze degli abitanti che al suo interno nascono, vivono e muoiono. Per uscire è necessario superare gli stretti controlli alle frontiere, sistemate tra il livello 22 e il 25, e non soffrire di “terrafobia”, l’intensa e divorante paura di mettere piede sul terreno solido sotto il grattacielo. Allo stesso tempo divertente e oscura, ogni linea narrativa contribuisce a creare una visione sfaccettata di come i cittadini del grattacielo ipermoderno affrontano il rapporto con il potere, e quanto questo influenzi le loro vite.
FILM & SERIE TV
Il prodotto audiovisivo del mese è sicuramente il kdrama Business Proposal che trovate su Netflix. Mamma mia quante risate che mi sono fatta con questo drama (grazie Alaisse per avermi convinto).
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Si tratta di un office romance molto breve, tratto da un webtoon, pieno di cliché, con tutte le situazioni più tipiche che vi può capitare di trovare nei Drama del genere con una trama chiamata al minuto uno ma che è riuscito a intrattenermi come poche cose. D'altronde c'era Ann scritto sopra. Da un lato una ricercatrice in un'azienda produttrice di cibo confezionato, figlia maggiore di una coppia proprietaria di un ristorante di pollo, che per aiutare una sua carissima amica si presenta al posto suo ad un appuntamento al buio per dissuadere l'aspirante pretendente. Peccato che non solo fa colpo ma scopre che l'appuntamento non era altro che il presidente per cui lavora. Mentre l'amica incontra e si innamora a prima vista del segretario, lei si barcamena in questa relazione più o meno finta cercando di nascondere la sua vera identità. Tra scene comiche al limite dell'assurdo, compresa la domanda "come fanno a non riconoscerla?", le due coppie si conoscono meglio e tra un fraintendimento e l'altro può nascere qualcosa... Il ritmo serrato e la scrittura veloce si uniscono a scelte stilistiche molto onomatopeiche e grafiche disegnate che rendono il Drama molto scanzonato. Anche la soundtrack interessante. Veramente molto carino, proprio la commedia che cercavo.
BEAUTY
Ho ceduto ad un’offerta e mi sono comprata un boccione di acqua termale di Avène che serve per lenire, idratare e riequilibrare. Io generalmente la applico dopo essermi struccata o depilata, oppure quando fa super caldo come questi giorni sul viso per rinfrescarmi. Ma serve anche per gli eritemi e in tutte quelle situazioni in cui c’è bisogno di un po’ di sollievo. Super consigliata.
CIBO
Ho mangiato tantissime cose strabuone a giugno a partire dai tortelli pieni di mortadella con crema di parmigiano la prima sera a Bologna con Lorena. Quando il proprietario dell’osteria dove abbiamo cenato si è presentato con la tenerina e un’intera scodella di crema al mascarpone appena fatta volevo dichiarargli il mio amore eterno.
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Quando con le ragazze siamo andate in esplorazione di Torino e abbiamo preso tre pizze diverse e ce le siamo spartite per assaggiarle tutte.
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Oppure il polpo più buono che abbia mangiato a Torino de La società dei Carbonari mangiato in una cena super bella con Alaisse.
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Oppure l’hamburger vegano di Tauer che abbiamo mangiato con N. in una serata organizzata dalla torteria con l’intrattenimento offerto da due drag queen, una serata divertentissima. E potrei andare avanti…
RANDOM
Con le ragazze siamo andate a visitare la mostra Capolavori della fotografia moderna 1900-1940. La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York alla Camera di Torino in cui erano esposte foto iconiche che raccontavano una storia e diverse tecniche di sviluppo. Una selezione di oltre 230 opere fotografiche della prima metà del XX secolo, capolavori assoluti della storia della fotografia realizzati dai grandi maestri dell’obiettivo, le cui immagini appaiono innovative ancora oggi. Veramente molto bella.
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Anche quest’anno siamo riuscite a partecipare a Open House 2022: un evento che apre le porte di palazzi privati o difficilmente visitabili ai visitatori. Quest’anno siamo andate a vedere un villino liberty Villino Raby, e la casa di Carlotta Oddone una designer che si è fatta consigliare da un amico architetto nella ristrutturazione di un appartamento di inizio Novecento e ne ha tirato qualcosa di davvero unico e incredibile.
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E sono riuscita anche a visitare le Gallerie d’Italia qui a Torino da poco riaperte dopo la ristrutturazione in cui è stato allestito un incredibile museo dedicato alla fotografia con il patrimonio in possesso di Intesa Sanpaolo.
E voi che avete combinato a giugno?
Raccontatemelo in un commento.
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pangeanews · 6 years
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“Le persone troppo virtuose mi fanno paura. E Sylvia Plath è la mia sorella maggiore”: Matteo Fais dialoga con Maria Antonietta, la cantautrice ispirata dai poeti
Ci sono molti cantautori, probabilmente tanti quanti sono gli scrittori e i poeti. Selezionare diviene una questione di legittima difesa. Per fortuna, internet e Facebook – con buona pace dei detrattori dello strumento informatico – forniscono loro almeno la remota possibilità di farsi notare. Un buon numero di contatti, perlopiù fantasma, in tal senso, può tornare utile. Se non altro può accadere, tra le centinaia di post deficienti e petalosi, di trovare segnalato qualcosa di diverso. Da qualche tempo, per esempio, sta circolando il link Spotify del nuovo album di Maria Antonietta (al secolo Letizia Cesarini), Deluderti. Si tratta di un disco che potrebbe certamente interessare chiunque non condivida una visione della canzone come semplice strumento di intrattenimento e motivo per balli dalla discutibile gradevolezza estetica. La cantautrice che l’ha composto è, peraltro, una ragazza con una preparazione letteraria di tutto rispetto. Era quindi inevitabile, per noi di Pangea, andare a bussare alla sua porta con un’intervista atipica per una musicista, ma che potrebbe tranquillamente essere rivolta a un poeta o a uno scrittore.
Cominciamo dal primo verso con cui si apre l’album, “Io non ho intenzione di deluderti”. Ascoltandolo pensavo che, quasi tutte le volte in cui ho conosciuto i miei miti letterari, sono rimasto talmente deluso da sperare di poter tornare indietro nel tempo e rimuovere quell’incontro dalla storia della mia vita. Cerca di capirmi ma, quando penso a un grande scrittore, immagino sempre che sia prima di tutto un grande, invece… Ti andrebbe di dirmi qualcosa che possa veramente deludere i lettori e i tuoi fan?
(Ride) Ciò che dici rispetto ai miti e alle mitologie che ci creiamo nella vita, tra autori, poeti, scrittori e musicisti, è molto vero. Forse è per questo che, tendenzialmente, riesco a sviluppare questa forma di adorazione solo nei confronti degli artisti morti. Sarà per difendermi dal pericolo di una potenziale delusione. O, magari, è perché ho l’abitudine a vivere così, in differita. Questo è il mio grande limite. Per quanto riguarda, invece, il rapporto con le persone che ascoltano la mia musica, ho la presunzione di non riuscire a fare, o dire, nulla che possa deluderli. Qualsiasi tipo di relazione, se reale e vera (non importa che sia fisica, concreta, ma casomai che sia quotidiana, anche se a distanza), va avanti e fiorisce malgrado accadano fatti o si dicano parole che possono dispiacere. In un rapporto, quale quello di cui parlo, la delusione non è niente di distruttivo. Anzi, non è nemmeno una delusione, ma giusto un momento di frizione, di tensione, che però io percepisco come positivo. Forse mi illudo, ma sono convinta di aver costruito nel tempo un legame vero con le persone che mi seguono. E, quindi, sono anche persuasa di non riuscire davvero a deluderli.
Eppure, in una tua intervista, parlando della canzone Quanto eri bello, dici che nessuno sembrava aver compreso a suo tempo la portata drammatica del testo. Ti viene mai il sospetto che il pubblico, tutto sommato, non capisca un cazzo?
(Ride) Non nego che la domanda sia pertinente. Quando fai qualcosa di creativo, il rischio del fraintendimento, come della mistificazione, è da mettere in conto, per quanta sofferenza possa causare. Il meccanismo che si mette in moto è quello per cui, non riuscendo a gestire la complessità, la si semplifica travisando. E ciò avviene non solo con le opere, ma anche con i nostri simili. Io, poi, sono una persona molto ironica e autoironica, ma probabilmente, talvolta, questa ironia non passa o viene mal compresa. Purtroppo, questa è la sfida della scrittura. In generale però, sono molto fiduciosa e nutro un’estrema speranza nel pubblico. Anzi, penso che spesso venga sottovalutato e, con questa scusa, gli si dia in pasto il peggio, nella convinzione che non sia pronto a recepire e comprendere qualcosa di più. La colpa di tutto ciò però non è sua, ma bensì dall’industria culturale.
Come componi una canzone? Vorrei conoscere il processo di gestazione.
Il punto di partenza sicuramente è il testo, in particolare per quel che riguarda l’ultimo disco. Spesso in principio c’è un verso, una parola, un’immagine trovata in una poesia che leggo. Naturalmente, il discorso è molto personale e mi riguarda profondamente, diciamo che ingloba un’esperienza della mia vita, che è ciò da cui tendenzialmente muovo. Le parole altrui mi danno la scintilla. Solo successivamente si presenta la necessità della costruzione musicale, dell’arrangiamento e della produzione. L’inizio, però, come dicevo, è letterario. La dimensione testuale è sempre stata prioritaria, dato che, fin da piccola, ho scritto poesie, affascinata dalla parola e dal ritmo della lingua.
Nelle tue interviste citi spesso delle poetesse. Quanto è importante avere una preparazione letteraria per poter comporre i testi di una canzone?
Credo che, in generale, una cultura letteraria non possa che dare profondità a quello che si fa, a qualsiasi ricerca, sia essa musicale, pittorica, scultorea, o teatrale. E la profondità che se ne ricava sta nel fatto che leggere libri, in fondo, non significa altro che potersi permettere il lusso di vivere molte vite alternative alla propria, consentendo così di ampliare la prospettiva – aspetto fondamentale per svolgere un’attività creativa, senza divenire troppo autoreferenziali.
A proposito, mi piacerebbe sapere quali sono i tuoi poeti preferiti e, nello specifico, cosa ami di ognuno di loro.
Certamente Sylvia Plath mi ha conquistata. Trovo che in tutto quello che scrive ci sia una spigolosità, un’onestà veramente spietata. Lei è una di quelle che non fa sconti a nessuno e prima di tutto a sé stessa. Questo tipo di approccio è sempre stato particolarmente ispirante per me. Ho amato molto anche i diari e tutta quella parte della sua produzione non strettamente poetica, come La campana di vetro. Mi sono sempre sentita molto vicina a lei, anche umanamente, fino a percepirla in qualche modo come una sorella maggiore. Poi, apprezzo tantissimo Emily Dickinson. Trovo che il suo discorso su Dio e la Natura sia molto radicale, come la sua solitudine assunta come scelta e non come ripiego. È interessante, inoltre, il modo in cui ha portato avanti la propria personale ricerca, al di là di qualsiasi riscontro che potesse venire dal mondo esterno. Pensa come potrebbe essere percepito di questi tempi un simile atteggiamento, oggi che quello che pensiamo e costruiamo sembra avere un valore solo se viene conosciuto. Adoro queste figure così estreme. Poi, per carità, non è che legga solo poesia al femminile. Non credo neppure in una differenza sostanziale tra scrittura maschile e femminile. Semplicemente, mi piace costruirmi una specie di genealogia di antenate con le quali poter dialogare a distanza.
Qual è la differenza tra un poeta e un cantautore? E, soprattutto, se è certo che un poeta difficilmente è un cantautore, un cantautore è anche un poeta? Perdona la formulazione marzulliana della domanda.
(Ride) Onestamente, se si tratta di un buon cantautore, per me costui è anche un poeta. Non ho mai percepito un’eccessiva distanza tra i due mondi. Il punto di partenza è il medesimo: la ricerca all’interno della lingua di un ritmo, di una musicalità. Quindi, in realtà, è la musica il filo conduttore di tutto. Se sei un bravo cantautore sei anche un bravo poeta e, se un poeta sapesse suonare un qualche strumento, sarebbe anche un bravo cantautore.
Nel pezzo intitolato Con gli occhiali da sole, tu dici “io sono quella che scrive canzoni, perché credevo rendesse in qualche modo migliori”. Tu ci credi davvero che fare letteratura, scrivere canzoni, diciamo fare arte in generale, richieda una superiorità morale, etica? In due parole, un artista deve essere un esempio?
Non necessariamente. Quella frase simboleggia una tensione, quella per cui probabilmente ho iniziato a scrivere, ovvero il fatto che mi sentissi molto timida, inadatta, come spesso mi sento ancora. Cimentarsi in una simile attività riesce non di rado ad avere un valore terapeutico e a renderti in qualche modo migliore. Poi, questo “essere migliore”, non saprei bene come definirlo. Non credo concerna la dimensione morale. Ritengo, piuttosto, che sia da intendersi come un sinonimo di “vasto”. Ecco, lo scrivere accresce la tua vastità, che può essere di molti tipi, e che certamente io concepisco come un valore.
Devo dire la verità, forse ho volutamente frainteso il tuo testo per proporti la domanda e tu hai risposto molto bene riportandomi al punto. Però, mi interesserebbe realmente comprendere se per te un artista debba essere anche un esempio. Sai, molte volte, leggendo raccolte poetiche, mi rendo conto che c’è gente che confonde l’essere poeti con l’esprimere semplicemente dei buoni sentimenti. Vorrei sapere se, a tuo avviso, vi sia poi la necessità di costituire un esempio morale, per essere degli artisti?
Prima di tutto, direi che la coincidenza fra bontà e moralità non è così scontata. Il nesso è discutibile. Ci sono persone che non sono simpatiche, gentili, concilianti, o dotate di grandi sentimenti, ma hanno una dimensione morale molto salda. Perciò ti dico, non credo che per essere grandi artisti si debba necessariamente essere anche buoni, affatto. Anzi, ritengo ci si debba sporcare il più possibile con tutta una serie di cose e situazioni per niente piacevoli, né sentimentalmente alte. Nutro una certa diffidenza verso le persone troppo virtuose, penso sempre che nascondano qualcosa di pericoloso. Più che altro, credo che un artista dovrebbe condurre la sua ricerca con onestà intellettuale e che ciò non debba riguardare necessariamente quello che accade nella sua vita. Spesso, i grandi autori sono delle persone più che discutibili, e per fortuna! Siccome, poi, conoscendoli si rischierebbe di non trovarli simpatici, finendo così per non riuscire a empatizzare con la loro opera, il mio consiglio è di non incontrarli mai di persona.
Letizia, tu faresti quello che fai per il resto della tua vita, anche se non ti dovesse fruttare un euro che uno? Immagina di dover andare in giro per locali sfigati, senza ricevere alcuna retribuzione, anzi dovendo pregare per suonare in pubblico. Molti scrittori hanno fatto qualcosa di simile e anche di peggio, seppur in un contesto differente. Sono andati avanti malgrado tutto e tutti. Tu lo faresti? Io credo che in questa risposta stia il senso della differenza tra un artista dotato della vocazione e uno da classifica. Come la vedi?
Credimi, ho sempre condotto, negli anni passati e tuttora, una vita molto sobria. Non ti nasconderò che quello che faccio ha alla sua base anche un sostrato di egoismo, dato dall’emozione che genera scrivere un qualcosa di significativo. È una sensazione impagabile, che non ha nulla a che fare con i soldi, con la gente che viene a vederti e con le possibilità che ovviamente nessuno disdegna, perché poter fare ciò che fai avendo delle risorse ti permette di farlo al massimo. Però, il motore primo è quella sensazione, quando scrivi, poi cancelli e riprovi, e alla fine riesci. È stupendo e non ha prezzo. Non può essere quantificato in nulla di materiale.
Di recente, Philippe Vilain, un noto autore francese, mi ha detto questo durante un’intervista: “Quasi tutti vogliono scrivere o hanno bisogno di esprimersi, attraverso la scrittura, in un determinato momento della propria esistenza, ma la differenza tra uno scrittore comune e uno autentico, che dedica la maggior parte del suo tempo alla scrittura e allo studio della letteratura, è che il primo ha semplicemente bisogno di scrivere, mentre il secondo, l’autentico, ne ha la necessità”. Condividi questa affermazione? Tu la senti questa necessità per la musica?
Sì, assolutamente. Certo, anche io penso che vi sia un bisogno umano di esprimere sé stessi e che più o meno tutti possono averlo. Anzi, direi che si tratta di un indice di buona salute e umanità. La necessità, però, è quella cosa per la quale, molto spesso, anche a me è capitato di pormi delle domande e di dirmi che avrei potuto prendere un’altra strada, però poi tutte le volte mi sono dovuta scontrare con essa. Mi ritrovavo lì e mi dicevo che non sarei riuscita a fare a meno di scrivere e, se non potevo fare altrimenti, dovevo insistere, senza pormi troppe domande. Alla fine, diventa un modus vivendi, una forza di fronte a cui capitolare, se non esiste un’altra possibilità. Mi rendo conto che sarebbe più razionale fare qualcos’altro, anche più opportuno e sensato. Ma è un qualcosa che si sente nel profondo del corpo, qualcosa di fisico che, prima si accetta, prima si comincia ad apprezzarne la necessità.
Credi di aver dato un contributo fondamentale alla musica italiana con le tue canzoni? Vorrei una risposta onesta, che se ne fotta di questa disgustosa mania della modestia. E, se non sei convinta di aver apportato alcun contributo significativo, vorrei capire perché, allora, ti sei gettata nell’arena.
Onestamente credo di aver dato un contributo. Se non lo pensassi, non farei quello che faccio, perché sarebbe totalmente inutile e autoreferenziale. Non so però se userei l’aggettivo “fondamentale”. Già il semplice riconoscere di dare un contributo mi sembra abbastanza presuntuoso. In ultimo, attribuire un valore al proprio operato spetta agli altri, a chi eventualmente ne beneficia. Resta, però, da parte mia, la convinzione di quello che sto portando avanti, per quanto la fiducia in me stessa non sia sempre strabordante.
In cosa credi risieda la cifra fondamentale della tua scrittura come cantautrice? Nel senso, un determinato scrittore potrebbe pensare di aver innovato sul piano formale, quell’altro di aver portato all’attenzione del pubblico un certo tipo di contenuti di cui non si era mai discusso prima. Ecco, io vorrei chiederti quale pensi sia la tua peculiarità.
Credo che, in un panorama quale quello del cantautorato femminile italiano, nel momento in cui io ho realizzato il primo disco, nel 2012, in cui c’erano tante altre donne, il linguaggio che ho scelto e che continuo a cercare di sviluppare fosse – e seguiti a essere – caratterizzato da una peculiare onestà. Illustra, da quella particolare prospettiva spazio-temporale, il punto di vista di una femmina giovane che ha dei desideri, dei pensieri, un certo modo di relazionarsi con il reale. Trovo che spesso, purtroppo, le donne che scrivono lo facciano autocensurandosi ed edulcorando quelli che sono i propri contenuti, assecondando più o meno coscientemente un cliché, uno stereotipo. Invece, io ho cercato di essere molto diretta, per certi versi spigolosa, e credo che il mio disco sia arrivato in un momento in cui si sentiva la necessità, da parte di una femmina, di questa crudezza.
Tu, giustamente, parli di un punto di vista femminile. Vorrei capire se, secondo te, nella prospettiva e nella fattispecie della scrittura della donna, esista un qualcosa di irriducibile, che l’uomo non riuscirà mai a dire con una chitarra in mano. Per quel che mi riguarda, sono convinto che la scrittura femminile sia altra da quella maschile e i due piani risultino inconciliabili. Quando qualcuno mi dice che uno scrittore può tranquillamente parlare per la donna, io rispondo sempre che, nei libri che ho letto, lì dove una scrittrice cercava di raccontare il punto di vista maschile, falliva miseramente, attribuendo all’uomo pensieri che non gli appartengono.
Come ti dicevo, non credo in una differenza ontologica tra la scrittura di un’autrice e un autore. È innegabile, però, che entrambi parlano e partono da una prospettiva molto specifica. Come diceva qualcuno, “il pensiero è un frutto del corpo”. Noi continuiamo a ritenere che sia qualcosa di astratto rispetto alla materia, che possa procedere autonomamente. Invece, si parte sempre da uno sguardo particolare. Inoltre, questa prospettiva e questo sguardo si orientano anche in virtù di una tradizione, nella quale siamo per forza di cose inseriti e da cui sarebbe una follia cercare di svincolarsi. Quindi, per questo aspetto, ti do ragione. Però non arriverei a postulare l’esistenza di una scrittura diversa. Mi sembra un po’ svilente nei confronti delle donne, come degli uomini. In realtà, penso che gli esseri umani siano incredibilmente complessi e possano arrivare a esplorare tutto con la stessa profondità, ma in una forma diversa.
Per spiegarmi meglio: io non riuscirei mai a descrivere, che ti posso dire, la gravidanza, non foss’altro perché è un qualcosa di talmente estraneo a me, al mio corpo, per tornare a quanto affermavi un secondo fa. Non la so pensare, concepire. Se dovessi provarci, sono certo che inventerei un personaggio femminile filtrandolo attraverso il testosterone e il modo in cui questo lo concepisce. Ma venendo a questioni più leggere: ho letto delle tue influenze musicali e vedo che citi le Babies in Toyland, le Hole, le Bikini Kill. Però, devo ammettere che non sono proprio quelle che io avrei menzionato, dopo aver ascoltato il tuo disco.
Questi gruppi femminili sono stati il punto di partenza, quando ho scoperto la musica, perché si esprimono senza censure. Successivamente, i miei ascolti sono molto cambiati, con autori estremamente diversi tra loro e ciò è confluito in quello che ho scritto, seppur in forma sotterranea. Sono passata attraverso i migliori gruppi degli anni ’50 e ’60: The Shirelles, The Shangri-Las, The Ronettes, The Gladiators, The Abyssinians, e il genere del Reggae Roots. Nel corso degli anni, alcune band, che in principio erano i miei ascolti fondamentali, sono diventate più che altro un punto di riferimento affettivo, un ricordo e niente di più. E tra gli italiani?
Stimo molto i Bluvertigo e Morgan. Ma non ho mai avuto troppa empatia con gli autori italiani. Tra di loro, non ho alcun grande eroe o eroina.
Matteo Fais
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Se volete scoprire qualcosa di più su Maria Antonietta andate qui.
L'articolo “Le persone troppo virtuose mi fanno paura. E Sylvia Plath è la mia sorella maggiore”: Matteo Fais dialoga con Maria Antonietta, la cantautrice ispirata dai poeti proviene da Pangea.
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dearzoemrphy · 4 years
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Il tempo è bello, il sole splende, i fiori sono in fiore, e sei pronto a mettere le finestre e la manovella di brani a 11. E di essere la stagione della rinascita e rinnovamento, a volte avete bisogno di gettare nuova musica nella vostra libreria per mantenere le cose fresche. Questo non significa che devi cacciare le ultime uscite o Top 40 hits (infatti, il musicista, mi implora di non) – ma scavando in alcuni album che si potrebbe non avere familiarità con e dare loro un colpo è un ottimo modo per scuotere le cose e trovare una nuova stagione colonna sonora. Quindi sono venuta a voi con il mio (abbastanza parziale) elenco di cinque grandi record per la città di beardsman la pena di verificare e giocando forte in primavera playlist di quest'anno.
1. Great Western Valkyrie da Rival Sons
RivalSons.com
Il chitarrista Scott Holiday è noto per il suo crazy-cool manubrio baffi, il bassista Dave Beste è di solito sfoggia una barba, e il cantante Jay Buchanan ha preso a lasciare il suo uomo mane a crescere. È questa tempesta perfetta di peli sul viso il motivo dietro uno dei più kickass rock and roll nella memoria recente? Noi non lo esclude.
Il Long Beach, in California, il quartetto è stato record per gli ultimi sette anni, e a mio parere questo è il loro più forte ancora. Con evidenti radici nei classici del rock e del blues, e tirando ispirazione da atti come Led Zeppelin, Free, le Porte, e una sfilza di abiti da l'Età dell'Oro del rock and roll, Rival Sons sono pieno zeppo di riff pesanti, bellissima voce, e dritto in avanti del rock che sono garantiti per ottenere il vostro dito del piede toccando e la testa bobbing. Buchanan potenza voce e di Vacanza fuzz-inzuppato di lavoro di chitarra ricordano l'uno-due-punch di Connessione del cantante Paul Rodgers e il chitarrista Paul Kossoff nonché dei Led Zeppelin Robert Plant e Jimmy Page, leader di un gioco non si può smettere di ascoltare. Questi tizi assolutamente soffiano le porte fuori la maggior parte della corrente di rock band.
Personale Faves: “Electric Man”, “Segreto”, “Aprire gli Occhi”, “Dove sono Stato”
2. Continuano a Tornare da Marc BroussardMarcBroussard.com
Un tizio che ho ascoltato per oltre un decennio, Marc Broussard non può sbagliare nei miei occhi. Con una barba maestoso come vengono, e una roca e voce soul che promette di scaldare il centro come un bicchiere di whisky, il nativo della Louisiana è in continuo movimento senza sforzo tra soul, rock, blues, folk e musica, spesso di fonderle tutte insieme per creare quello che in molti hanno soprannominato – bayou anima. Continuano a Tornare è la sua incursione nel vintage '60 e' 70 in stile soul music, completare con un killer sezione di fiati e una fessurazione della sezione ritmica che si trova stretto in tasca. Ma per tutto il vasto e ampio modalità e strumentazione, Broussard non perde mai di vista ciò che viene in prima linea della sua musica, la sua stellare voce e songwriting.
Personale Faves: “Hard Knocks”, “Keep Coming Back”, “l'Uomo Per la Vita”, “il Potere Del Popolo”
3. White Lies for Dark Times " di Ben Harper and Relentless7
BenHarper.com
Ben Harper ha cambiato il suo stile personale quante volte ha cambiato musicisti in diverse band nel corso degli anni. Iniziando la sua carriera con una band di supporto chiamato “Innocente Criminali”, Harper ha rotto sulla scena musicale dei primi anni ' 90 con il suo disco di esordio di Benvenuto per il Mondo Crudele e da allora ha lavorato con una rotazione della lineup stellare di musicisti, ma nel 2009 è riemersa con la neonata Relentless7 e rilasciato – a mio parere – uno dei migliori album della sua discografia. I fan di lunga data di Harper sa che è un versatile e di talento, far scorrere il chitarrista con la passione per dilettarsi in vari stili, dal funk e blues al folk e alla musica acustica. White Lies for Dark Times vede Harper e la banda di alzare gli amplificatori e lasciate tutto appendere fuori per un record che è parti uguali ass-calci blues-rock (“Numero Senza Nome”, “Tenere Insieme (in Modo da poter Cadere a pezzi”) e cupo, lento-bruciatori (“La Parola Suicidio”, “Volare Una sola Volta”).
Personale Faves: “Numero Senza Nome”, “La Parola Suicidio”, “Shimmer and Shine”, “Tenere Insieme (in Modo da poter Cadere a pezzi)”
4. Maggiore/Minore di tre Volte
Thrice.net
Tre volte l'evoluzione e la crescita negli anni, potrebbe essere uno dei più sorprendenti e creativo impressionante, cose che non ho mai visto come un musicista. Per ascoltare in ordine cronologico dai loro primi album hardcore come L'Illusione della Sicurezza e Dell'Artista in Ambulanza per le loro opere successive, come L'Alchimia Indice e Mendicanti, è ascoltare una band letteralmente maturare, crescere, e migliorare continuamente e di produrre incredibilmente diversificata di lavoro davanti ai vostri occhi (o le orecchie). Non si può andare male con qualsiasi tre Volte il record, ma di Maggiore/Minore era la loro ultima release prima della loro pausa nel 2012 (che si è conclusa ufficialmente nel 2015, quando riemerse per alcuni spettacoli, e ora sono in procinto di rilasciare un nuovo record di quest'anno) ed era l'epitome di uscire con un botto. Cantante/chitarrista Dustin Kensrue è un colosso paroliere e cantautore con un potente set di tubi per l'avvio. La complessità della canzone accordi e ricco di sfumature strumentazione elevare Tre canzoni al di sopra di loro contemporanei, e Maggiori/Minori è un solido che offre dall'inizio alla fine.
Personale Faves: “Ventre Giallo”, “Calpestare l'Carta”, “Parole in Acqua”, “Antologia”
Bonus: Portare Il Fuoco da Dustin Kensrue
DustinKensrue.com
Sarei negligente se non ho detto tre Volte frontman Dustin Kensrue solo record. La prima volta fu nel 2006, si Prega di Venire a Casa ed è uno dei miei album preferiti di tutti i tempi – più acustica e folk-driven, è spogliato di offerta da parte di un ragazzo, di solito, cinghie muro di scuotere le note davanti a un pezzo di quattro hardcore rock. Il suo secondo sforzo di Portare Il Fuoco è interessante, che colpisce un buon equilibrio tra i suoni più pesanti di tre Volte e il più scarno il cantante/compositore di suoni, si Prega di Venire a Casa.
Personale Faves: “Back to Back”, “Corvi e corona”, “Forca”, “Death or Glory”
5. Fuoco e Acqua Gratis
FreeTheBand.co.regno unito
Essere un cantante, Paul Rodgers è uno dei miei eroi. Essendo un chitarrista, Paul Kossoff è uno dei miei idoli. Fortunato di me, erano nella stessa band. Uno dei la più grande del regno UNITO, le esportazioni, al momento, è esploso sulla scena nel 1970 con l'uscita del loro terzo disco in studio il Fuoco e l'Acqua, con i membri della band appena uscita dall'adolescenza, quando il singolo “All Right Now”, tiro su le classifiche internazionali. Il vero gioiello di questo record è il raw livello tecnico ed emotivo, cantare, giocare di Rodgers e Kossoff, rispettivamente. La sezione ritmica – composto di Simon Kirke, batteria e Andy Fraser bass – sono bloccati e imbottitura in fondo la musica, lasciando spazio per Rodgers’ soulful e muscoloso voce e Kossoff mostro di curve e vibrato per tagliare e trasportare le canzoni. Un record che ha influenzato artisti da Joe Bonamassa a Jason Isbell, Libero il Fuoco e l'Acqua è un classico album.
Personale Faves: “Fuoco e Acqua”, “Mr. Big”, “All Right Now”, “Carico Pesante”
Vuoi vedere più album raccomandazioni? Un album devo controllare per la prossima puntata? Fammi sapere su Twitter – @zachcaruso
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realta-aumentata · 4 years
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Una finestra sul mondo
Nascere nel nuovo millennio ha i suoi pregi e i suoi difetti e, per certi versi, i primi sono meno dei secondi,ma come si suol dire “meglio pochi ma buoni”. Ironia a parte, io come i miei coetanei possiamo considerarci l’ultima generazione che può vantarsi di aver assistito al decollo dell’era tecnologica.
Ricordo ancora la prima volta che in casa mia, sulla scrivania di mio padre, vidi un aggeggio che destò la mia curiosità. Papà mi disse che era un “computer” ed, entusiasta del suo nuovo acquisto,mi sedette sulle sue gambe per mostrarmi come funzionava (in realtà non lo sapeva nemmeno lui). Si accese. Apparve uno sfondo blu sgargiante come una scritta enorme “windows”, finestre. Li ancora non lo sapevo, ma per la prima volta stavo guardando attraverso quella che sarebbe diventata la finestra che ad oggi muove il mondo: la rete. Probabilmente non facciamo mai abbastanza caso a quanto le cose in pochissimo tempo siano cambiate, eppure nel giro di una decina di anni il mondo è stato globalizzato dal digitale. Quella finestra che a me aveva tanto colpito per i colori sgargianti, oggi ha quasi cancellato i confini del globo e ha annullato letteralmente il concetto della lontananza al punto che,quasi, si potrebbe spiegare a un bambino che, nel muovere la terra, la tettonica delle placche è decisamente meno efficace di internet.
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Forse può sembrare un esagerazione, ma il nostro mondo sta diventando il pasto preferito della rete al punto che quasi non si capisce più se siamo noi o lei a tenere le redini del gioco, se siamo noi le pedine o le mani che le spostano.
Aldilà di ciò internet si mostra straordinariamente poliedrico ed è in grado di cambiare il mondo, ma io l’ho conosciuto come il luogo dove poter rivedere gli highlights delle partite di calcio o ascoltare i nuovi album dei miei cantanti preferiti. Così per me, come immagino per tanti altri, fino ai dodici anni Internet voleva dire solo YouTube, la sua utilità si “limitava” a quello e a qualche videogioco installato sul computer di casa.
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A pensarci risulta veramente incredibile e strano come fino a meno di dieci anni fa non avevo la più pallida idea dell’esistenza di un mondo che ora so essere così vasto e dalle infinite possibilità, ma sono sicuro che tra dieci anni rileggendo questo blog e in particolare questo post mi accorgerò che anche la mia visione di Internet ad oggi è limitata. Questo perché stiamo parlando di un colosso virtuale che anno dopo anno aumenterà le possibilità e le utilità che può offrire, e nessuno di noi può dire o prevedere se questa crescita avrà mai un limite o una fine.
Daniele Bigotti
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oppureno · 6 years
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Classifiche 2017
Di nuovo post di bilanci. 
I migliori libri letti:
We should all be feminists, di Chimamanda Ngozi Adichie. Che, a mio parere, è una lettura per molti versi un po’ banalotta, ma alquanto utile se si vuole iniziare a indirizzare qualcuno verso la causa femminista, attraverso piccoli semplici esempi;
Un anno senza te, di Giopota e Luca Vanzella. Quel Giopotino insieme a Luca Vanzella mi hanno fatto piangere sul lutto di una storia d’amore finita come non facevo da anni. Mettici anche degli elementi magici e un personaggio orsacchiotto, e ciao;
Gli affatturati, di Livia de Stefani. Un’altra autrice (meridionale) fantastica e talentuosa di cui i manuali di letteratura non parleranno. Che novità;
Accabadora, di Michela Murgia. Mi ha fatto rischiare di perdere la mia fermata del bus molte volte. Nella seconda parte si perde un pochino, ma resta un bellissimo romanzo sardo;
A good man is hard to find and other stories, di Flannery O’Connor. È un’autrice di cui, almeno in patria, si scrive abbastanza, ma che secondo me resta incompresa da una parte per l’utilizzo funzionalista che fa della religione cattolica. Finora è una delle autrici che ho letto più brave ad aver fatto leva sull’etica religiosa, sottraendola al criterio bianco(bene)/nero(male) con cui l’uomo la esercita. 
Bene, donne e gay. Giuro che il 2018 lo inizio con Hemingway.
Anche quest’anno ho ascoltato di più musica di merda. Nessun ordine particolare, la numerazione è orientativa, però Liberato sta comunque al primo posto:
Tu t’e scurdat’ ‘e me - Liberato; un estate di nostalgia, Mergellina e comunisti. Comunque per questo pezzo ringrazio Hamsik;
It’s been awhile - Staind; non l’ho ascoltata fino allo sfinimento perché mi piace lui, no :)))))))))));
Occidentali’s karma - Francesco Gabbani; all’inizio mi faceva cagare (in realtà ancora), però è stata la canzone del mio Erasmus, legata ai ricordi belli con le amiche torinesi e mi commuove riascoltarla. E poi sarà la canzone di guerra contro il Portogallo e San Marino. Poi c’è quel riff supercarino;
La nostra pelle - Ex-otago; mi sono abbuffato della loro discografia. Ma questa canzone... ♥ A volte vorrei lasciarmi, ma non saprei con chi altri andare, a volte mi innamoro di me e ritorno a giocare;
Statte zitta - Mannarino; grazie Dio;
Guarda che luna - Fred Buscaglione; a volte sono troppo romantico;
Casta diva - Maria Callas; eh vabbe’;
Hengstin - Jennifer Rostock; quest’anno ho avuto una brutta fase di rap/rap tedesco. Poi ho scoperto questo pezzo rap femminista. Kaboom;
Roulette - Max Giesinger; pop dimmerda ma ce l’ho in testa praticamente dall’inizio dell’anno -_-;
Wohin du gehst + Oft gefragt - AnnenMayKantereit; in Crucconia esiste anche l’indie un po’ folk ed è bello. Poi ucciderei per un ragazzo con quella voce;
Schizzechea - Pino Daniele; ♥♥♥;
Io sono il vento - Mina; penso che ci sia sempre un pezzo di Mina nelle mie classifiche;
Starz in their eyes - Just Jack; un pezzo che all’epoca odiai come la morte. Invece l’album intero è diventato uno dei miei preferiti. Emphasize the rise but not the fall;
Don’t wanna dance -  MØ; album CONSUMATO;
Ya salam - KURDO; più vado a fondo nell’universo turco-curdo, più questa canzone ne fa da colonna sonora. Metti un cafone fissato col calcio che scrive una cosettina molto catchy, ma non è Liberato. È Kurdo;
No roots - Alice Merton; che ossessione;
Automatic - Amy Macdonald; soundtrack della vita;
The Louvre - Lorde; altro album consumato;
Something to tell you - HAIM; amorine ♥;
Closer than this - St. Lucia; tanti battiti del cuoricino.
Highlights di quest’anno lunghissimo:
Silvia che mi viene a trovare;
Berlino;
Liberato;
I due pride + san Marco;
I miei nuovi hobby;
La serata ESC con Valentina e Federica;
L’aver trovato una nuova amica + un nuovo amico;
Federica che mi viene a trovare e il nostro bonding attraverso i video di Carlitadolce;
Il mio amore per Amburgo scoppiato all’improvviso ma diventato come quello per Bisanzio (cit.);
IL MUSEO DI THOMAS MANN;
Le nuove esperienze di formazione;
Londra + Maria + quello che ne è seguito;
Il paese che diviene meno ostile;
Il mio coming out a fratello;
Il bookstagram;
Il concerto di Lorde per cui amica ha vinto i biglietti e siamo passati davanti alla fila chilometrica perché i biglietti erano vip.
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tulipsletter · 4 years
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𝐓𝐇𝐄 𝐒𝐎𝐋𝐃𝐈𝐄𝐑 𝐖𝐇𝐎 𝐅𝐎𝐔𝐍𝐃 𝐀 𝐖𝐀𝐓𝐄𝐑𝐋𝐈𝐋𝐘
( 𝐀𝐮𝐠𝐮𝐬𝐭 𝟐𝟑𝐫𝐝, 𝟐𝟎𝟎𝟑 / 𝐋𝐨𝐬 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐞𝐬, 𝐂𝐀, 𝐔𝐒𝐀 )   𝙲𝙷𝙰𝙿𝚃𝙴𝚁 𝟸
Se si potesse dare un verbo che caratterizzi l’infanzia di Kalipso sarebbe “forgiarsi”, un continuo limarsi a seconda dei giorni che le scorrevano sulla pelle e la scalfivano, modellandola in modo da rispondere a quelli futuri senza sgretolarsi. Una cosa che le ho insegnato appena ho potuto fu: mai lasciare che i secondi, i minuti, le ore ed i giorni scivolino invano, perché poi non li riavrai indietro ed il tempo perso leva spazio alle occasioni future. 
Alcuni dissero che era il figlio che non ebbi mai avuto, questo solo perché era più incline a seguire le orme del padre che l’eleganza sofisticata ed innata della madre. Altri direbbero che abbia preso proprio quest’ultima e l’abbia maturata, incanalandola nella saggezza del padre. Io direi che ho visto mia figlia crescere semplicemente con due genitori che l’hanno tutelata dai mali del mondo, creando in lei una naturale purezza d’animo. Le prime sere fu strabiliante come Carla, mia moglie, avesse instaurato un rapporto solido con la piccola dagli occhi azzurri; tanto che per dei momenti sembrava spaventarsi al solo poggiarla altrove, se non tra le proprie braccia. Il clima in quella casa era cambiato, le stanze erano cambiate ed avevano acquisito colori diversi. Il sogno di una vita era tra quelle mura, mura che erano pronte a sopportare ogni genere di bombardamento pur di non crollare e coltivare quel fiore che era sbocciato con tanta tenerezza nelle nostre mani.
C’è qualcosa che mi sorprende ancora in mia figlia. Diamine, è stupendo poterla chiamare così anche dopo anni. La cosa che mi lascia perennemente sconvolto è quanto quel nome sia azzeccato per lei, come se ne fossi stato ispirato nell’istante in cui l’ho trovata in quel madido lenzuolo. Kalipso è cresciuta in salute, seppur le condizioni in cui venne trovata furono stomachevoli, ma nonostante ciò è la sua tenacia a caratterizzarla. La bellezza di una ninfa delle acque azzurre come i suoi occhi, acque cristalline di una Grecia che ho imparato ad amare, solo per avermela fatta trovare in quell’isola in cui lei era dannata, intrappolata per tirannia immeritata. Ma ha resistito ed ora risplende di giorno in giorno, impara ogni cosa che le viene dato tra le mani, è affamata di conoscenza quanto di spensieratezza. Così come la ninfa amava suo padre, io sento che lei ami me, incondizionatamente. Ormai aveva sei anni e, seppur casa nostra possa essere una villa labirintica, la vedevi camminare decisa su e giù per le scale sempre indaffarata in qualcosa che le passasse per la testa. Era ordinata e composta, ma un perenne uragano di ilarità e voglia di fare.  Quel giorno però mi sorprese, nonostante non fosse il primo e di certo non sarebbe stato l’ultimo. Lavoravo nel mio studio, anche se sarei dovuto partire per Fort Irwin la sera stessa. Non che mi entusiasmasse l’idea di dover presenziare all’addestramento di nuovi cadetti pronti ad arruolarsi, chi per motivi ben validi chi per altri.  Sentii bussare tre volte, così lasciai le scartoffie che mi rigiravo tra le mani ed osservai la porta aprirsi. Kalipso, sempre con passo deciso, venne verso di me con un libro tra le mani – o perlomeno qualcosa che somigliasse ad un ammasso di fogli intrecciati da uno spago rosso – e si sedette sulla sedia di fronte alla mia scrivania con un’aria esasperata. Tanto piccola quanto drammatica.
« Ho scelto cosa farò da grande » disse dopo aver emesso un sonoro sospiro. Il tono di voce fu così solenne, come se volesse convincere più me che sé stessa con quelle spalle dritte e la sfrontata sicurezza. Così mi limitai a poggiarmi sullo schienale della poltrona ed incrociai le braccia in modo da poterla ascoltare. Ammetto che fui sorpreso da quella sua uscita così improvvisa. « Ho fatto un libro per poterti spiegare tutto, così lo fai vedere anche a mamma. » Prese quel cumulo di fogli e scese dalla propria sedia, fece il giro della scrivania e mi raggiunse con la decisione di chi non aveva bisogno di un invito per sedersi sulle ginocchia del padre. Fu lì che mi lasciò senza parole. Aveva fatto un album di disegni con tutti gli aspetti della propria vita che le piacessero, ogni cosa che lei sognasse di fare partendo dalla prima fino all’ultima. « Io e Pearl andiamo sempre a cavallo insieme da quando siamo piccole, amo i cavalli però non posso cavalcare sempre sempre. Anche perché, quando morirà il mio cavallo, io non cavalcherò più » spiegò indicando il disegno del piccolo puledro con cui era cresciuta, Rain. Era vero, per certi versi non era immaturo da parte sua e proprio per questo ne rimasi piacevolmente sorpreso. Io sono cresciuto in campagna e mio padre possedeva un ippodromo in Virginia, di conseguenza la passione per i cavalli è sempre scorsa nelle venne di chiunque che portasse il mio cognome da decenni. Ma farne un lavoro non era di certo qualcosa che potesse costringerla se ne era legata solo per l’amore verso il suo di cavallo. « Così ho pensato al pianoforte, però non posso diventare una pianista. Perché io ho sempre suonato con te, poi quando non lo faccio con te aspetto che tu torni da lavoro. Anche perché la mia insegnante è tanto falsa, infatti fa la voce carina solo quando ti vede nella stanza o vede mamma. »  Volli davvero ridere per quelle parole e per il suo imitare la maestra con un gesto delle mani, quasi volesse farla sembrare un’oca starnazzante. Mi focalizzai però sulle parole riferite a me, trovando in quest’ultime un regalo che nemmeno lei sapeva di avermi fatto.  Sapere che lei fosse grata di suonare con me al pianoforte era la consapevolezza più dolce che potessero darmi. Era come quando hai paura, sei terrorizzato ed agonizzante ma quella mano delicata – che solo una madre può avere – ti rassicura e ti ricorda quanto creda in te. Solo che non era mia madre, era mia figlia. « Papà, mi ascolti? » chiese la piccola bionda trotterellando sulle mie ginocchia, così tornai con l’attenzione ai suoi disegni. Non potei non sorridere nel vedere come avesse rappresentato noi due dall’alto mentre suonavamo a pianoforte, più per la prospettiva insolita che aveva utilizzato.  « Comunque, poi ho pensato alla scrittrice. Anche perché non mi ci vedo a fare la maestra, però posso scrivere le storie che piacciono a me, così possono leggere quello che io penso e potrò avere le mie storie. Questo lo prendo ancora in considerazione. Però poi mi sono ricordata che i miei cartoni preferiti sono Balto, Spirit e Robin Hood… anche Raperonzolo ma solo perché dipinge. Quindi, voglio imparare a tirare con l’arco come Robin, così posso salvare vite come fai tu. Ho chiesto a mamma se posso diventare un soldato come te, ma non vuole ed ha detto una parola. Categoricamente. »   Il suo discorso sfociò come un fiume, inebriata all’idea di immedesimarsi nei panni di ognuna di quelle posizioni. Sarà che sono suo padre, ma io la vedevo in ognuna di esse; anche se in quel momento fui colpito all’attenzione per i dettagli e all’immenso talento che aveva nel disegnare, talento di cui non mi ero mai accorto. Era stata capace di rappresentare l’uniforme militare su un piccolo corpicino quasi minuziosamente, anche se scommisi tutte le mie medaglie che l’avesse fatta osservando la propria tutina. L’aveva amata fin dal primo istante. Un mio collega del National Training Center, Jeffrey Broadwater, l’aveva fatta fare su misura. Nonostante fosse diventata più alta, continuava ad indossarla di tanto in tanto. Era quasi ironico vederla in salotto con camicetta e jeans azzurri, poche ore dopo con l’uniforme a leggere i libri sotto al tavolo della sala pranzo. « Vorrei tanto fare quello che fai tu, perché so che lo fai per proteggere me. Però io voglio proteggere te. Quindi se non posso essere un soldato, sarò un’arciera che scrive libri sulle storie dei soldati. Disegnerò anche le copertine, sai? »  Non riuscii a parlare, non dopo quelle semplici ma logoranti rivelazioni. In quell’istane ero rigido per quanto fossi fiero di quella piccola donna. Sentii un nodo alla gola ed una sensazione in petto perforarmi, uno squarcio che però era stato curato da delle mani così piccole ed ingenue.  Cosa mi avesse dimostrato? Che non era capace di abbandonare Rain dopo che aveva imparato ad amare, allevare con tempo e con dedizione, tanto che cavalcarne un altro per lei sarebbe stato come tradire l’affetto che provava per il suo cavallo. Che non temeva di esprimere il proprio giudizio, metterlo su carta e lasciarlo alle mani altrui, fiduciosa del proprio lavoro come di quello che in quel momento aveva tra le mani. Che era pronta ad essere l’eroe di molti, ma che sarebbe pur sempre restata il mio ed io il suo.  Non replicai, lei nemmeno proferì ulteriori parole ma mi scrutò inizialmente perplessa. Lo stesso sguardo dal primo giorno in cui lasciai che entrasse nella mia vita, lo sguardo di un angelo che aveva portato i miei di demoni ad una redenzione purificativa, in un cammino che mi portava ad essere migliore di giorno in giorno. Le sistemai le treccine bionde dietro le spalle, la presi in braccio e mi sollevai dalla sedia con lei aggrappata al mio collo. Eppure, temevo che avrei perso momenti come quelli da un momento all’altro, che sarebbe cresciuta e me li sarei dimenticati. Il tutto venne scacciato quando mi venne stampato un bacio sonoro sulla guancia. « Andiamo a cercare un istruttore di tiro con l’arco, non penso che mamma sarebbe contraria. Poi quando torno la settimana prossima inizierò ad allenare il mio piccolo cadetto, un po’ di difesa corpo a corpo. Tu che ne dici, soldato? » le chiesi prima di chiudere la porta alle nostre spalle.  Il suo sorriso fu così radioso da sopraffarmi, come se quello le avesse migliorato la giornata ed avesse realizzato il suo più grande desiderio.  « Signor sì, capitano » rispose seria, portandosi rapidamente e rigidamente alla fronte la mano destra. Tanta ingenuità quanta fierezza. Ed io cosa avevo fatto per meritare quella immensa stima da parte di una bambina nei miei confronti? Sì, alcuni potrebbero dire che io possa averle salvato la vita ma lei non ne era al corrente. Eppure mi guardava come se fossi una montagna a cui aggrapparsi per non lasciarsi travolgere dalla valanga, fiduciosa che l’avrei retta come facevo in quel momento. Strettamente e senza la minima intenzione di lasciarla scivolar via.  « Sul saluto militare sembri allenata ma non siamo pirati, soldato. » Le baciai la tempia, percorrendo i corridoi illuminati della villa con lei. Non so per cosa lei fosse fiera di me, ma da quell’istante seppi che ogni azione di mia figlia mi avrebbe reso fiero di lei.
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                        𝙻𝚘𝚜 𝙰𝚗𝚐𝚎𝚕𝚎𝚜, 𝟸𝟺𝚝𝚑 𝚂𝚎𝚙𝚝𝚎𝚖𝚋𝚎𝚛 𝟸00𝟿
Ed eccomi qui, sugli spalti ad osservare Pearl giocare la sua ennesima partita di pallavolo mentre tutti esultano ad ogni schiacciata che va in porto, muro scampato o battuta. Questa è la prima pagina che utilizzo di questo diario e ad essere sincera mi spaventa. Non sono mai stata il tipo da diario, però ho bisogno di scrivere costantemente e penso che in questo momento liberare i pensieri sia il mio unico scopo. Perché? Beh, non penso che scoprire per puro caso che tuo padre ti ha trovata come un cerbiatto in una grotta sia proprio il massimo delle story development. Poi ad ognuno il suo giudizio. Non ho nulla da rimproverare ai miei genitori, nonostante saperne i dettagli non è stato per niente facile. Immaginate di avere un palazzo di ferro, vedere qualcuno ai piani bassi martellare per farvi traballare, nel mentre voi vi aggrappate a quelle che per anni erano certezze. Se sono grata che mi abbia salvato la vita? Ovviamente, mi sono sentita il cuore strozzarsi con le proprie mani all’idea di cosa sarebbe potuto succedermi in caso non fosse tornato indietro. Se voglio sapere chi sia mia madre? No, assolutamente. Io ho il mio equilibrio, la mia casa e la mia stabilità. Mio padre e mia madre si sono fatti valere in ogni singolo istante, facendomi sentire una ragazza unica per loro e rara per il mondo. Poetico? Affatto, perché è stato proprio così.
Perla di tanto in tanto mi guarda prima di schiacciare. Io fingo di non notarla ma vedo la sua preoccupazione, la sento a dirla tutta. Io e lei siamo cresciute insieme, seppur ci separi un solo anno di differenza. Le nostre madri sono state grandi amiche fin dai tempi del liceo, i nostri padri vanno a cavallo insieme quando possono, mentre noi sembriamo appartenere a due famiglie congiunte; ecco la ragione per cui ho iniziato la scuola un anno in anticipo, lei. Avrò passato metà della mia vita a casa sua e vice versa, ma ciò non implica che il nostro rapporto sia stato condizionato da questo. In lei ho ritrovato la sorella che non ho mai cercato ma che mi è stata donata dal tempo, non dalle condizioni. Il tempo ha sottolineato di gesto in gesto quanto io non avessi bisogno di avere il suo sangue per sentirla una parte di me, condizionandomi ad ogni sua scelta giusta o sbagliata che fosse. Perla è sempre stata una persona molto caparbia; sa quello che vuole e segue molto la logica, tanto che quando fa prevaricare i sentimenti esce totalmente fuori rotta, nonostante ce la metta tutta per limitare i danni. Ha però un istinto naturale che in dei momenti la farebbe sembrare perfino lunatica.
Io? Beh, io mi pongo sempre il doppio delle sue domande prima di agire. Diciamo che se lei sta più attenta alla sostanza delle cose io tento a delinearne il contorno e le fattezze, i dettagli che nessuno ama vedere. Come il fatto che prima di battere lei debba sempre far rimbalzare la palla tre volte, spostarla sei volte scattante da una mano all’altra e poi colpire secca verso il proprio obbiettivo. Invece, quando è nervosa perlomeno, cambia tattica: quattro rimbalzi, quattro scatti di mano in mano, un ultimo rimbalzo a terra e poi schiaccia di polso. Da un lato mi dispiace aver rinunciato ad entrare in squadra con lei, ma devo ammettere che non mi ha mai entusiasmato questo genere di sport. Ad esser totalmente franca, ci sono un paio di persone che non tollero per via della loro immonda ipocrisia. Io mi sono concentrata sulla pratica del Wing Chun e Jeet Kune Do dopo che papà me lo propose quando ero piccola, anche perché l’idea del potermi difendere da sola era qualcosa che mi ha sempre affascinata da quando lo vedevo allenarsi in casa.  Quindi, ecco come sto passando la mia prima settimana di liceo, con la voglia di correre a casa e seguire gli insegnamenti morali e la disciplina che qui vedo davvero scarseggiare. La verità è anche un’altra. Nulla mi fa sentire più viva che tornare a casa la sera e tirare d’arco con papà quando so che posso ritrovarlo lì, con mamma che legge per poi offrirci da bere di tanto in tanto. Non ho tempo da sprecare dietro a persone che dopo anni nemmeno guarderò più in volto per via di scelte differenti dalle mie. Piuttosto preferisco scoccare frecce in fibre di carbonio con l’uomo che ha imparato a farlo con me. La sensazione che provi in una frazione di attimo, in cui la corda si sottende, il vibrare dell’aria a contatto col tuo orecchio che ti percuote fin dentro le budella, l’istante di apnea nel mentre l’asta si conficca nel punto in cui la immaginavi ed il rumore della tela che si lacera. Il tutto si ripete instancabilmente come un’eterna poesia. Cambiare il passato sarebbe snaturare il mio presente, cosa che non posso permettere a nessuno. Nemmeno a me stessa. 
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brunonianscoves · 7 years
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MUSICALLY INTERESTING SONGS: devozione e rispetto della musica.
Il racconto di Blaine Anderson Harris: la giovinezza smarrita e solitaria, il matrimonio, la paternità e i suoi progetti per il futuro. 
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E' un giorno molto importante per il panorama musicale contemporaneo: Blaine Anderson Harris, noto compositore e cantautore mette momentaneamente da parte le colonne sonore per le grandi industrie cinematografiche e lascia nuovamente che i riflettori brillino su di lui. Quest'oggi Blaine Anderson Harris dà ufficialmente vita alla sua casa discografica, la Musically Interesting Songs il cui scopo, come ribadisce a più riprese, è dare voce al talento e alla dedizione sincera e rispettosa della musica.
In occasione del lieto evento ci concede una lunga intervista in cui ci parla in anteprima del suo prossimo progetto musicale autonomo: un ritorno alla composizione e al canto che i suoi fan hanno atteso trepidanti per molto, moltissimo tempo. Anderson Harris parla con la tipica esuberanza e tranquillità, ammicca alle telecamere con la consueta sicurezza, talvolta ricorrendo a termini espliciti e senza alcun pelo sulla lingua nel formulare le sue opinioni ben ferme su cosa significhi davvero essere un artista e un amante della musica. "La musica è stata la mia salvezza nei momenti peggiori, si può dire che mi abbia guidato verso il mio destino, o non sarei qui quest'oggi. Io le devo tanto ed era giunto il momento che cominciassi a ricambiare il favore e impegnarmi a dare voce a coloro che condividono la mia visione delle cose. Non è solo un hobby a cui dedicare del tempo sottratto al lavoro o alla famiglia: è una passione che deve scuotere nel profondo. Bisogna essere disposti a riversare se stessi, anche e soprattutto i lati scomodi, più intimi e anche i lati oscuri di ognuno di noi e farlo senza pentimento. Bisogna mettersi a nudo. Il mio motto è molto semplice: «più emozioni, introspezione e verità e meno culi, toraci palestrati e tette in esibizione [risata]». "Non che io sia un puritano - ammette l'attimo dopo con un'altra fragorosa risata - ma è un lavoro che va preso molto seriamente. E' fin troppo facile promuovere un artista di bell'aspetto, chiedergli di sedurre l'obiettivo e i fan. Ma il vero artista è quello le cui parole valicano il tempo e lo spazio e universalmente colpiscono l'uomo di qualsiasi cultura, età, orientamento sessuale ed estrazione sociale. La musica deve abbattere barriere e confini ed entrare nella mente, nell'anima e nel sangue di chi l'ascolta e la interiorizza".
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Anderson Harris non ha alcun timore di aprirsi al proprio pubblico, anche raccontando i suoi trascorsi personali e indugiando nei momenti più difficili. "Non ho avuto un'adolescenza serena. Non ho mai avuto un vero legame con mio padre,  non ho mai conosciuto mia madre e mi sono sentito a lungo abbandonato da mio fratello, l'unica persona che potessi definire "la mia famiglia". Mi limitavo a sopravvivere ai tempi del liceo, continuando a domandarmi a quale pro mia madre avesse scelto la mia vita anziché la sua, condannandomi a vivere senza un padre e una matrigna che si prendessero cura di me, senza alcuna prospettiva certa per il futuro e apparentemente incapace di legarmi realmente a qualcuno. La mia unica «ora d'aria» era al rientro da scuola, quando ero solo in quella villa e mi sedevo al pianoforte. E' stata la mia governante a insegnarmi i primi accordi, quando ero bambino e a mostrarmi gli spartiti preferiti di mia madre e in quelle ore sentivo che quella rabbia e quell'arsura si placavano. Avevo persino la sensazione che fosse al mio fianco. Smaniavo di imparare e di trovare le note più dolci che mi facessero pensare a lei. Cominciai a prendere lezioni di chitarra e di violino e a comporre le prime melodie. E' così ancora oggi. Quando l'ispirazione langue o devo riflettere su un problema, torno a suonare quelle melodie e ritrovo quella serenità interiore che mi dà la forza di affrontare ogni cosa".
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Giungiamo a conoscere le circostanze più delicate e tormentate dei primi amori e del distacco definitivo con la famiglia d'origine. E' in quei momenti che lo sguardo ambrato si fa più fosco e sembra perdere momentaneamente quello scintillio più brioso. "Nei momenti che trascorrevo lontano dalla musica e nelle prolungate assenze di mio fratello a causa dei suoi studi di economia... sì, lo so, è incredibile, ha frequentato un semestre a Yale, ma ha superato a malapena due esami e lì ha incontrato il suo futuro mentore che lo ha spinto alla recitazione [...] Mi sentivo pieno di rabbia e irrequieto, ero insoddisfatto, mi sentivo un estraneo nella mia stessa casa e dannatamente solo e sperduto, fino a quando non sono giunto al punto di rottura. Quando mio padre non ha accettato la mia vera natura e l'idea che mia madre avesse sacrificato la sua vita per un figlio malato e difettoso. Scappai di casa, vendetti la mia amatissima Porsche e mi trasferii a New York e successivamente a Providence. E lì cambiò tutto", mormora alla fine del lungo discorso e lo scintillio dello sguardo torna a brillare, persino più intensamente.
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Il primo singolo del suo prossimo album, "Lost Boys Life" non è una mera o banale canzone d'amore, ma già nei primi versi che ci concede di sbirciare, si riesce a cogliere la sua verità, la sua stessa vita e la consapevolezza che la musica e l'amore gli abbiano salvato la vita. "Every night in a different bed", recitano i primi versi e ancora una volta Anderson Harris si confessa senza remore. "Ho fatto cose di cui non sono particolarmente fiero. Dopo essermi allontanato da Washington e avere tagliato i ponti con la mia vita precedente, per molto tempo ho transitato da un'avventura all'altra, da un letto all'altro. Rapporti occasionali, alcol e festini e alla fine della settimana neppure ricordavo il nome, tanto meno lo sguardo dell'ultimo ragazzo con cui avevo passato la notte. Oh, è stato un racconto tutt'altro che banale quando è arrivato il momento di fare il 'discorsetto' ai miei figli [risata] Non avrebbe avuto senso nascondere loro la verità e il mio obiettivo era permettere loro di imparare dai miei sbagli e non replicare gli stessi,ma farne altri. Anche più interessanti magari [risata]".
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Giungiamo quindi a scavare ulteriormente nella sfera intima di Anderson Harris e se ha raccontato con aria quasi spavalda e sfrontata delle sue avventure giovanili, nella nostra conversazione c'è un repentino cambiamento di tono e di espressione, quando giunge il momento in cui gli chiedo di raccontarmi del primo incontro con il ragazzo che è stato il suo compagno di vita da quel momento in poi. Lo sguardo si addolcisce e così la voce si fa più soffusa, il sorriso è meno sfrontato ma più devoto. "Kay era il miglior amico di Greengrass [Greengrass Masterson, noto attore] che disprezzavo di più al mondo [risata] e devo ammettere che se inizialmente il nostro flirt telematico (sì ci scambiammo messaggi ai limiti della censura prima che arrivasse in America) era in parte legato anche alla mera soddisfazione di dar fastidio a Greengrass, le cose hanno preso una piega differente. Mi ritrovai letteralmente intrappolato in una rete: io che volevo semplicemente sedurre ed essere sedotto, mi ritrovai fin da subito avvinto da quell'empatia e quella sintonia. E non sto parlando soltanto di quella sessuale, anche se so bene che nessuno la potrebbe mettere in dubbio [ammiccamento] Era come se quella parte più temuta e celata, quella più fragile e delicata, tornasse a risvegliarsi. Ero ossessionato da lui, dal suo respiro, dal battito del suo cuore, da quei riccioli che ricadevano scomposti sul cuscino, da quell'accento inglese, dal luccichio complice del suo sguardo e da quel sorrisetto impudente. Anche a distanza di ore ricordavo il suo tocco, il calore della sua pelle, la morbidezza dei suoi capelli, e avrei saputo disegnare la linea della mascella o delle clavicole. Stavo perdendo il controllo e mi sembrava qualcosa di intollerabile. Poco contava che cercassi di cacciarlo dalla mia mente, che mi sforzassi di andare nuovamente per locali, alla ricerca di un altro paio di occhi azzurri che potessero rimpiazzare i suoi. Tutto ciò che volevo era lui e che lui volesse me, anche se per entrambi significava rinunciare a quella libertà e gettarsi in qualcosa di dannatamente serio e pericoloso. Fu il più grande rischio che corremmo e non me ne sono pentito un solo secondo. In breve tempo è diventato la famiglia che non solo non avevo mai avuto, ma che neppure avevo mai avuto il coraggio di sognare. Ci incontrammo il 31 Ottobre del 2012 e tre anni dopo ci sposammo", conclude con un sorriso più dolce. E proprio il 31 Ottobre di quest'anno, in occasione dell'anniversario, uscirà il suo singolo: un racconto autobiografico e una dedica d'amore.
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A questo punto cerco di estrapolargli altre notizie sulla sua famiglia e sulla paternità e ancora una volta ci concede qualche delizioso sprazzo di famiglia, con la consueta vivacità e uno scintillio più dolce dello sguardo. "Diventare padre è stata la mia seconda più grande avventura. Fin da ragazzino mi ero sempre detto che se mai un giorno avessi costruito la mia famiglia, avrei dato tutto me stesso a mio figlio, perché si sentisse protetto, amato e accolto qualunque fossero le sue inclinazioni, i suoi desideri e i suoi sogni per il futuro. Non avrei mai permesso che si sentisse solo, abbandonato e indesiderato. Al contempo vivevo nel terrore che qualche gene di mio padre con il tempo prendesse il sopravvento e fallissi miseramente. Ma la prima volta che tenni tra le braccia un bambino - Ryan, il mio figlioccio - seppi che era ciò che più desideravo al mondo. Un bambino che mi guardasse con lo stesso amore incondizionato e la stessa purezza. Volevo il bambino dell'uomo che amavo", commenta e al ricordo la voce sembra affievolirsi prima che un sorriso ne increspi nuovamente le labbra. "E fu davvero interessante scoprire che lui guardandomi con Ryan avesse desiderato lo stesso. Non soltanto stavamo ponderando l'idea di diventare genitori, ma volevamo entrambi amare e crescere il bambino dell'uomo che amavamo. Fu chiaro fin dall’inizio di quella conversazione che desideravamo due bambini". Sposto quindi la conversazione sui due figli. Si comincia dal primogenito, un altro volto pubblico e amatissimo: Darren Harris Anderson noto per il ruolo di Connor Walsh nella serie tv con l'attrice Premio Oscar Viola Davis, How to Get Away With Murder. "Che posso dire? Interpretare così bene un assassino deve averlo preso da me [risata]", allude alla sua partecipazione ad American Crime Story di cui il regista che aveva già conosciuto ai tempi di Glee, lo scelse per interpretare uno dei serial killer più famosi,  l'affascinante e scaltro Andrew Cunanan. "Se sarà poi vero che la Coliver giungerà al matrimonio, allora mi sembrerà di tornare ai tempi di Glee e della CrissColfer [risata] Darren è letteralmente cresciuto in un set cinematografico. All'epoca io recitavo in Glee e mio fratello si vedeva rinnovato l'ennesima stagione di White Collar. Ricordo ancora quanto si divertisse a gironzolare sul set, guardandosi attorno e osservando affascinato la cinepresa e il modo in cui uno script prendesse letteralmente vita di fronte ai suoi occhi. Credo che fin da quei momenti sia nata la sua passione e quando la maestra gli chiese di mettere su carta i suoi sogni sul futuro, non ebbe alcuna esitazione. Naturalmente mio marito e io lo incoraggiammo, ma cercammo di fornirgli altri stimoli, affinché capisse con il tempo quale era davvero la sua strada. Ad esempio lo portavo spesso con me nel mio studio di registrazione, ho ancora le registrazioni delle sue prime filastrocche imparate a memoria e ha voluto imparare a suonare la chitarra. Assistendo alle sue performance teatrali ai tempi del liceo, divenne sempre più evidente che non solo avesse serbato quella passione, ma che, come nel caso di mio fratello, quello era indubbiamente il suo destino. Temetti segretamente che si sarebbe trasferito alla UCLA ma decise di continuare gli studi alla Tisch Academy e potei trattenere il fiato ancora per qualche anno, prima che diventasse Mr Hollywood".
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Quando gli chiedo se in famiglia guardano regolarmente gli episodi delle serie tv di cui è protagonista annuisce con vigore. "Non ci perdiamo un episodio, ma spesso dobbiamo guardarlo più di una volta. Una per seguire attentamente la trama e la prima per commentare ogni sua espressione. Dobbiamo ancora riprenderci da quell'inquadratura di Connor dopo la proposta di matrimonio di Oliver [risata]. Mi piace il personaggio di Connor, per certi versi mi ricorda quel me stesso di cui non sono particolarmente fiero. Ma è cresciuto incredibilmente in quest'ultima stagione, dalla puntata in cui sembra prendersi a cuore il destino di una prigioniera accusata di aver ucciso il marito violento fino alla scena del dialogo tra lui e Viola Davis. A mio modesto e del tutto parziale punto di vista, è stata una delle scene migliori non solo dell'ultima stagione ma dall'intera serie. Puro talento. Dovrebbero girare più scene insieme, ca*** [risata]".
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Sposto la conversazione sul secondo figlio che per molto tempo ha brillato di luce riflessa per suo stesso volere, conosciuto principalmente come "il figlio di" o "il fratello minore di" o persino: "il fidanzato della stilista di successo", Luke Anderson Harris. "Mr Writer?", lo appella con una nota ironica e scherzosa che sembra contraddistinguere il loro rapporto. "Oltre ad essere full time il mio nutrizionista e dietologo indesiderato ma devoto [risata] ha sempre avuto una natura molto pacata, incredibilmente paziente e silenziosa. Ancora non so da chi abbia ereditato questi tratti. E' un ragazzo fottutamente intelligente e riflessivo, pondera ogni questione fino allo sfinimento per essere certo di prendere la decisione più giusta. Non ama molto essere al centro dell'attenzione, è quel tipo di persona che sa ascoltare come pochi altri, quindi quella a cui ti rivolgi quando sei in affanno e non sai cosa fare. Anche se poi sei consapevole che metà di quello che dici diventerà un ingranaggio delle sue sinapsi letterarie. Sarei stato fiero di me stesso se in passato gli fossi somigliato anche solo in parte... ma sono fiero comunque che abbia ereditato il mio bel fondoschiena e il gancio destro [risata]. Ha sempre avuto la passione per la scrittura, seconda solo a quella per la sua fidanzata storica, e la sua ambizione più grande era vedere realizzato sullo schermo ciò che era nato nella sua mente da romanziere amante dell'epoca vittoriana, dei gialli e dei thriller”.
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Sembra tuttavia che anche il più piccolo di casa Harris Anderson stia meditando di sorprenderci nell’immediato futuro. “Nelle ultime settimane, SPOILER ALERT, si sta preparando con mio marito a un'audizione che potrebbe portarlo sui palchi di Broadway. Ebbene sì, sta ponderando di darsi anche alla recitazione e devo dirmi molto sorpreso ma interessato alla prospettiva. Saremo in prima fila ovviamente".
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Quando gli chiedo, un po' provocatoria, se lui e suo marito non si sono mai pentiti di non aver avuto una figlia, non ha alcuna esitazione. "Assolutamente no. Onestamente eravamo terrorizzati all'idea di avere a che fare con una bambina che avesse i nostri geni, soprattutto nel periodo della pubertà con il ciclo mestruale e la "chiacchierata"... eww, rabbrividisco al solo pensiero", commenta con una smorfia dall'effetto comico. "Ma posso ringraziare di molte cose la mia interessantissima nipote, Beth. Credo che mio fratello e la mia meravigliosa cognata non avrebbero potuto renderla un esemplare Anderson al femminile più perfetto neppure se l'avessero programmata in laboratorio", commenta ridendo. " Mio marito ed io ci siamo sempre prestati volentieri a ospitarla a casa nostra e permetterle di organizzare qualche pigiama party o serate tra ragazze con trucco, parrucco, pulizie del viso, ciance sui ragazzi e via dicendo. Inoltre le sono grato perché è la dimostrazione vivente che anche con un paio di tette e la voce femminile, sarei stato davvero un bell'esemplare di interesse", aggiunge con aria più scherzosa.
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L'ultima parte della nostra intervista verte nuovamente sul fronte professionale e gli chiedo se abbia già in mente qualche artista da corteggiare per l'esordio della sua etichetta. La risposta è repentina, come se una parte di sé l'avesse sempre saputo, da quando il progetto della casa discografica ha avuto il via. "Il mio spietato corteggiamento non è ancora in atto. Ho sondato indirettamente il terreno parlando con la sua manager e, a titolo informale, con la sua famiglia durante le vacanze estive, ma non tarderò la mia chiacchierata con la Mini Berry”.  Stella St. James, così scherzosamente appellata, ex membro delle Fifth Harmony è figlia della nota cantante di Broadway ed ex collega di Anderson Harris in Glee, Rachel Berry. “Intendo metterle sul piatto la mia proposta e chiarire fin da subito quali sono i miei suggerimenti per il suo primo album e i progetti di lungo periodo per la mia etichetta cui potremmo collaborare. Spero che le mie idee possano collimare con le sue e viceversa. Sono molto curioso di leggere le bozze che sta preparando in via non ufficiale. Sono pronto a offrirle la mia esperienza, la mia fiducia e il mio supporto, i miei studi di registrazione, i migliori collaboratori sulla piazza e sono pronto a conoscere e confrontarmi con le sue idee per garantirle un preludio molto, molto interessante nella sua carriera da solista e cantautrice". 
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Non posso fare a meno a quel punto, soprattutto alla luce delle ultime pagine di cronaca rosa che l'hanno riguardata da vicino, di chiedergli provocatoriamente se questa decisione sia legata ai risvolti della relazione con il primogenito e se non teme che ciò possa creare un conflitto di interesse.  Ancora una volta spazza via ogni mia possibile obiezione con il suo parlare diretto e conciso, dimostrando anche di conoscere profondamente la giovane artista. "Stronz***. Conosco la MIni Berry praticamente dal giorno in cui è stata concepita [risata] e posso garantirvi che la sua nascita è la congiunzione di due talenti sopraffini: ha la presenza scenica e la passione di sua madre e l'ispirazione di suo padre. Era ora che si decidesse a fare questo passo verso la sua carriera da solista. Ho avuto modo di testare personalmente il suo talento ai tempi di Anastasia [musical liceale al quale la St. James partecipò nei panni della protagonista accanto a Darren Harris Anderson] quando ancora la sua voce non aveva raggiunto l'estensione vocale odierna. Offrii a mio figlio Darren e a lei il mio studio di registrazione per potersi concentrare al meglio e un giorno le chiesi di cantare un brano che avevo scritto per un film che sarebbe uscito nelle sale cinematografiche da lì ad un anno. Non dimenticai quella performance, credetemi. Certo, aveva ancora del lavoro da fare e non parlo soltanto della sua voce, perché, come le dissi allora, aveva letteralmente bisogno di sverginarsi. Musicalmente parlando ovviamente. Non vorrei ricevere una denuncia da sua madre prima della fine dell'intervista [risata]. L'ingresso nel gruppo delle 5H è stata una svolta importante che le ha permesso di crescere, acquisire maggiore sicurezza e scioltezza di fronte a un pubblico, ma non ho potuto che sentirmi sollevato, quando ha deciso di intraprendere la carriera da solista per dare voce alle sue idee e ai suoi sentimenti. Per molti lasciare un gruppo così noto e acclamato è stato un rischio, una follia e una mossa poco saggia. Io credo sia solo l'inizio della sua vera carriera". 
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Quando gli chiedo di parlarci della sua reazione al singolo della St. James, non può che reagire con la consueta energia. "Caz**. Ci pensate che è solo il suo primo singolo e ha iniziato a scriverlo quando era solo una ragazzina? Quella canzone è il simbolo della sua rinascita e del ricongiungersi della sua anima da artista con quella della ragazza che per tanto, troppo tempo forse, si è sentita inadeguata e poco visibile. Milioni di ragazze in tutto il mondo si sono riconosciute, si riconoscono e continueranno a riconoscersi in quel sentimento perché è autentico e finalmente ha cominciato a sverginarsi. Musicalmente parlando, di nuovo [risata] Ascoltando quel brano, ho avuto la conferma che il suo modo di scrivere è esattamente ciò che cerco e mi aspetto da un artista con cui sarei felice di lavorare: sentimento, emozione e introspezione.  E sono certo che sia solo il primo passo ma abbia ancora molto altro da offrirci. Le farò un'offerta che non potrà rifiutare. O ricorrerò al ricatto. Ma vorrei davvero lavorare con lei e aiutarla a realizzare questo progetto [annuisce con vigore]. Le dedicherò tutto il tempo necessario perché la sua carriera da solista e la mia casa discografica esordiscano nel miglior modo possibile.".
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Purtropppo il nostro tempo a disposizione volge quasi al termine e gli chiedo quali sono le previsioni per i prossimi mesi. "Lavorerò assiduamente al mio nuovo album. Ho quasi finito di comporre la sesta canzone, ma c'è ancora del lavoro da compiere, per cui credo che potrò offrire qualcosa di molto interessante per il prossimo anno. Andrò alla caccia di nuovi talenti da corteggiare estenuamene e... credo proprio che lavorerò alle loro canzoni e ai loro album. Sarà una totale immersione nella musica, quindi non mi rivedrete presto in tv. Ma potrete consolarvi con il mio primogenito o respirare un po' di teatro per incoraggiare il mio secondogenito e farvi sedurre come sempre da un accento inglese di nostra conoscenza. Sì, ho anche intenzione di mangiare molto, alla faccia dei miei consulenti nutrizionisti [risata]".
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Non ci resta che attendere trepidanti il prossimo 30 Ottobre per lasciarci incantare sulle note di "Lost Boys Life", un'anteprima del prossimo cd di questo straordinario cantautore. E aspetteremo trepidanti di conoscere gli artisti che entreranno a far parte della "Musically Interesting Songs".
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uds · 7 years
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i miei concerti saltati all'ultimo (un post di aneddotica sui cazzi miei, che tanto ormai la giornata è buttata)
oggi sarei dovuto andare all'home festival, manifestazione musicale nostrana che sta tentando di fare, encomiabilmente, il salto di qualità. a causa del maltempo della nottata e dei danni causati da questo, la giornata di esibizioni di oggi è stata cancellata. posto che sono comprensibilissime le improperie di chi si era organizzato il viaggio da lontano con tanto di pernottamenti e scazzi vari (non io, fortunatamente, che abito ad un’oretta da lì) o anche solo la delusione di chi voleva vedere un concerto che magari aspettava da sempre, dando la giusta misura anche all'ovvia ironia dei messaggi dell'organizzazione che fino a ieri si diceva attrezzata anche in caso di nubifragio, è ovvio che, una volta che l'area viene dichiarata inagibile per la giornata, non è che ci sia molto da fare. vi consiglio comunque di andare sulla pagina facebook dell'home festival, o su quella twitter di liam gallagher, per godervi il putiferio che solo la internet sa scatenare. c'è maleducazione, buon senso, sarcasmo pesante, analfabetismo funzionale e tanto, tanto, tanto altro in un migliaio e passa di commenti sotto l'annuncio della cancellazione della data.
di mio sono ovviamente scazzato, anche per la giornata buttata, però bon, amen. non è che ci si possa far molto. il biglietto almeno è rimborsabile. sarà per la prossima, se ci sarà e si riesce*.
ciò detto, ecco una carrellata delle altre volte in cui è stato cancellato un concerto a cui sarei dovuto andare:
-la prima occasione del genere è stata all'independent days festival di bologna del 2005. line up notevolissima, ma io ci andavo essenzialmente per i bloc party, che avevano appena pubblicato il loro debutto, silent alarm, album tuttora tra i miei preferiti in assoluto (sui seguenti dischi della band, invece, diciamo che preferisco non soffermarmi)(ma silent alarm dovreste ascoltarlo tutti, almeno una volta nella vita)(poi se non vi piace non vi rimborso il tempo perduto, però vi do un abbraccione di consolazione quando ci troviamo). arrivo prestissimo, carico a molla, tutto contento -nei miei acerbi 22 anni di smilzo col ciuffone e le magliette dei gruppi roghenrol- perché sto per vedere una band che adoro. giracchio fischiettante per il festival a cancelli appena aperti, camminando a un metro da terra (sto per vedere i bloc party!), ripassando mentalmente i testi delle canzoni. arrivo al banco del merchandising e c'è un foglio a4 spiegazzato appeso al tendone che spiega che i bloc party hanno annullato l'esibizione per problemi alla gola del cantante. lato positivo: la line up era comunque effettivamente della madonna (per dirne una, alle due e mezza di pomeriggio suonò un gruppetto inglese piuttosto sconosciuto -saremmo stati più o meno in quaranta a guardare sotto al palco- che mi piacque moltissimo: erano gli editors), e un paio di mesi dopo i bloc party vennero a suonare al new age**. li incontrammo anche, prima e dopo il concerto. persone di un'educazione encomiabile, nonostante provenissero da un paese privo di bidet. faceva un freddo cane e si premurarono che quelli del locale ci tenessero al caldo. ho ancora il cd autografato e la scaletta. le soddisfazioni di gioventù.
-sempre parlando di festival, avevo i biglietti per l'heineken jammin’ festival del 2007 a venezia, parco san giuliano. smashing pumpkins e aerosmith. che i secondi bon, li avrei ascoltati volentieri eh, però a essere onesti a me interessava essenzialmente il pelatone. che io aspettavo solo il momento in cui sarebbe partita, che ne so, bullet with butterly wings, sapendo che in quei momenti sarebbe venuto giù tutto. e invece a venire giù fu tipo un tifone, il giorno prima del concerto. lato positivo: nessuno. non ho avuto altre occasioni fattibili per vederli, e ora come ora non so se mi accollerei le chilometrate per farlo. di nuovo, capita, che ci vuoi fare? se non altro ora billy corgan pesa duecento chili, se arriva un tifone lo allontana con un rutto e il concerto si fa.
-radiohead, 2012, codroipo. questa è triste, perché il concerto è stato rinviato a causa della morte di uno della loro crew a seguito di un incidente nella preparazione di una data di poco precedente. l'hanno recuperato pochi mesi dopo, ed è stato anche un bel concerto (grazie al cazzo), ma non sono così merda da considerarlo un lato positivo.
ma soprattutto:
-non ricordo neanche la data o l'anno, ma c'è stata una volta in cui riccardo sinigallia doveva suonare al new age (era prima dell'onnipresenza dei social, ci tengo a specificare, altrimenti la cosa non sarebbe potuta accadere, per ovvi motivi). avevamo proprio un volantino del new age con la data segnata, preso nel locale poco tempo prima, ad un altro concerto. arriviamo al locale. all’esterno non c'è nessuno. soprattutto, non c'è neanche mezzo poster indicante il concerto. mah, magari sinigallia non si mette a fare manifesti, ci diciamo. buttiamo un occhio dentro il locale: ci sono tre persone di numero.  e sono le bariste. mah, sarà ancora presto, ci diciamo. ci avviciniamo alla cassa e chiediamo a un tizio (enorme) notizie del concerto. la conversazione è più o meno stata la seguente: "buonasera. mi scusi, ma stasera non c'è il concerto di sinigallia?" "il concerto di?" (nello sguardo il vuoto di un mcdonald aperto in una comune no global) "sinigallia." "..." "..." "..." mostriamo il volantino ufficiale. "..." indichiamo col dito. "vede? la data di oggi? c'è scritto 'riccardo sinigallia'." "..." "..." "un attimo." il tizio enorme (sembrava uno di quei biker da telefilm tipo walker texas ranger: rasato, con la barba, i tatuaggioni) si alza e se ne va. passa un tempo indefinito, poi torna, senza alcuna espressione sul volto. "non lo fanno." "ah. come mai?" "..." "..." passano dieci secondi buoni. ci guarda nel modo in cui guardo il vassoio del pandoro al pistacchio dopo che è finita anche l’ultima fetta. "si... è... sentito male." (col ben noto tono di chi dice qualcosa solo perché non gli si rompano più le scatole, tipo la mamma che spiega ai bambini che se babbo natale ha sbagliato modello di astronave degli exogini è per colpa delle traduttrici italofinlandesi sottopagate che assume per aiutarlo con le letterine) “chi?” “eh?” “chi si è sentito male?” "..." "..." altri dieci secondi di nulla. "il... bassista."  (palesemente a caso, avrebbe potuto anche recitare la formazione della ternana dell’85/86 e avrebbe avuto lo stesso grado di plausibilità) "..." "..." "ah. ok. buona sera."
e io ancora oggi mi chiedo: ma il concerto c'era veramente? è stato annullato? se lo sono dimenticato tutti? qualcun altro sarà pur andato a chiedere informazioni a parte noi, o no? lato positivo: siamo stati parte di una commedia di ionesco (e comunque qualche tempo dopo sinigallia l'ho comunque visto, per cui bon). *non è che io sia un monaco zen, è che ho già assistito in altre circostanze a concerti di chi mi interessava maggiormente tra gli artisti della line-up odierna. fosse successo altrimenti starei prendendo a testate la maniglia dell’armadio da tre ore. **locale nel trevigiano che nella seconda metà degli anni zero aveva una programmazione meravigliosa per quanto riguarda il rock alternativo e il cantautorato indipendente. poi, forse perché si sono accorti che il pubblico per quel genere nel trevigiano non abbondava (io boh, davvero, la tristezza infinita nel vedere concerti di gente anche piuttosto famosa come, che ne so, i perturbazione, con un pubblico di poche decine di persone), negli ultimi anni hanno virato abbondantemente sul metal, decidendo sostanzialmente di poter fare a meno di me, brutto pelato quattrocchi che non sono altro. ma io non porto rancore e ti voglio bene lo stesso, amico new age.
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Ieri mattina mi sono svegliata e ho riaperto dopo parecchi anni il mio quaderno in cui mettevo i miei vecchi disegni e sono capitata in questa pagina, mi ricordo ancora quando ricopiai il disegno in alto, la copertina di un album di uno dei miei musicisti preferiti all epoca
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