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#tracce di barriera
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Alcuni scatti di Emanuele Pensavalle dal reading Tracce di Barriera di Riccardo Pumpo de Il menù della poesia allo Speakers' Corner di piazza Bottesini a Torino e dalla presentazione di Giorgia è nostra (Emergenze) a cura di Antonio Brizioli all'Amen Bar con Davide Galipò e Chiara De Cillis
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goodbearblind · 1 year
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QUATTRO STRONZI
Me lo ricordo quel pomeriggio.
Doveva essere sabato pomeriggio; un sabato pomeriggio di metà anni novanta, con noi poco più che diciottenni che facevamo cose da poco più che diciottenni degli anni novanta: stavamo a casa di chi aveva “casa libera”, bevevamo, fumavamo, cazzeggiavamo.
Non c’erano gli smatphone, né i pc. Non c’era nemmeno internet, né you tube; però in qualche modo -parrà strano- ci divertivamo lo stesso. C’erano le sigarette che facevano ridere, e c’erano le videocassette.
E quel pomeriggio P. aveva tirato fuori una videocassetta tipo “Top 20 punizioni della storia del calcio” e buttati sul divano ci godevamo una serie di prodezze balistiche in bassa definizione, o addirittura in bianco e nero, con un sottofondo di una musichetta improbabile. Ad un certo punto le immagini si fanno sgranate, e una didascalia con pixeloni enormi spiega che siamo ai mondiali del ‘74, partita Brasile – Zaire.
Punizione a favore del Brasile poco fuori area, appena decentrata sulla sinistra. Il 10 del Brasile (che scopriremo poi essere Rivellino) si appresta a calciare; di fronte a lui il muro verde della barriera dello Zaire. L’arbitro fischia, ci aspettiamo tutti l’ennesimo capolavoro che aggira la barriera e si infila nell’angolino. E invece a sorpresa un difensore si stacca dalla barriera, corre come un pazzo sulla palla, la colpisce con ignoranza e la scaglia lontanissimo. I Brasiliani sono increduli, e mentre noi impazziamo sul divano, l’arbitro lo ammonisce.
Abbiamo riso fino alle lacrime, abbiamo rivisto la scena decine di volte, avanti, indietro, a rallentatore, poi una pietosa citofonata della mamma di P. ci ha costretti ad aprire le finestre e ripulire in tuta fretta le tracce del nostro vizioso pomeriggio, per poi salutare la padrona di casa e ritirarci con la coda tra le gambe, ancora sghignazzando per la prodezza dello Zairese.
E nei mesi successivi “l’africano che non sapeva le regole” è stato un leitmotiv di battute e scherzi, poi pian piano la cosa è passata nel dimenticatoio.
Fino a qualche tempo fa, quando nel giocare a tirare le punizioni con mio figlio Fabrizio mi sono ricordato dell’episodio e gliel’ho raccontato, per farlo ridere. Naturalmente -essendo lui un nativo digitale- mi ha chiesto di vedere il video, e in effetti dopo una breve ricerca ho ritrovato su you tube quel filmato che avevo visto l’ultima volta in VHF quasi trent’anni fa.
E insieme al video ho trovato la storia.
La storia della Repubblica Democratica del Congo, che dopo un colpo di stato militare propiziato dalla Cia si è trasformata in Zaire, guidata dal Colonnello Mobutu;
La storia di Mobutu, passato alla Storia come uno dei dittatori più sanguinari e corrotti della tormentata Africa, tanto da assurgere ad emblema del tipico “dittatore africano” e da far definire per la prima volta il suo governo col poco lusinghiero epiteto di “cleptocrazia”, o governo della corruzione;
La storia della prima squadra di calcio dell’Africa nera a partecipare ad un Mondiale di calcio, partita nel 1974 dallo Zaire alla volta della Germania con aspettative propagandistiche da parte del suo dittatore, e sconfitta per 2-0 all’esordio contro la Scozia, e addirittura 9-0 alla seconda partita contro la Jugoslavia, e che alla terza ed ultima partita del girone avrebbe dovuto affrontare il Brasile;
La storia di un jet privato atterrato in Germania con a bordo le guardie private di Mobutu, che hanno preteso un incontro a porte chiuse con la squadra e hanno detto senza mezzi termini ai giocatori che le loro famiglie rimaste in Africa erano ostaggio dell’esercito, e che una sconfitta contro il Brasile per più di 3 a 0 sarebbe costata la vita ai giocatori stessi e ai loro familiari, così come qualunque tentativo di fuga o di denuncia;
La storia di undici uomini terrorizzati che hanno giocato un’intera partita contro i Campioni del Mondo uscenti del Brasile (che per qualificarsi doveva vincere con almeno tre gol di scarto) lottando su ogni palla; undici uomini che con la forza della disperazione sono riusciti a mantenere il punteggio sul tre a zero fino all’85 minuto, quando venne assegnata quella punizione dal limite a Junino;
La storia di Joseph Mwepu Ilunga, numero 2 dello Zaire, che all’85 minuto è in barriera e sa che per salvare la sua vita e quella dei suoi cari da una morte atroce deve resistere per altri cinque minuti, cinque maledetti minuti; e vede sulla palla Rivellino con la maglia del Brasile e il numero 10 sulle spalle, e sa che quel pallone può essere la sua condanna a morte, e ha paura, ha una fottuta paura, e sa che deve fare qualcosa, che Rivellino con i suoi piedini fatati quel pallone non lo deve toccare. E quando sente il fischio dell’arbitro si lancia su quel pallone e lo colpisce con tutta la forza del suo terrore e della sua disperazione, per mandarlo il più lontano possibile.
La storia dei giocatori del Brasile, che da quel gesto apparentemente folle rimangono spiazzati e, ormai qualificati, praticamente smettono di giocare fermando il risultato sul 3-0;
La storia di tutto il mondo che per anni ha riso di Mwepu, l’africano che giocava al Mondiale senza sapere le regole, e che ha celebrato il momento come “la punizione battuta al contrario”
La storia di un giornalista, che nel 2002, dopo la morte di Mobutu e la caduta della dittatura, ha ricostruito l’intera vicenda, rivelando una delle pagine più drammatiche della storia del calcio consumatasi sotto gli occhi ignari di tutto il mondo;
La storia di noi quattro, che eravamo davvero quattro stronzi.
La Storia del mondo, che è fatta dalle storie degli uomini, e in queste trova un senso e un compimento.
Storie drammatiche, ridicole, tragiche, miserabili, nel loro piccolo meravigliose.
#StorieDaCaffè
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti 
TRACCE DI MONDO
Egon Schiele (1890 - 1918) è uno dei molti artisti banalmente interpretati da una critica “patografica” che riduce la libertà d’espressione a riflesso della psiche. Così, quest’originale e geniale pittore è stato inteso alla luce delle sue presunte turbe di uomo irrisolto, ossessionato dalle pulsioni, immerso in una soggettività patologica. Ha ragione Massimo Recalcati: letta in quest’ottica, l’arte diventa misera cosa. Ma qui, la sua critica a un forzato psicologismo e la sua visione dell’inconscio dell’opera, proposta d’origine lacaniana, non è sufficiente: conduce fino a una soglia e non l’attraversa. Non può varcarla. Scrive Lacan: 
«Il reale è ciò che resiste al potere dell’interpretazione. Il reale non coincide con la realtà poiché la realtà tende a essere il velo che ricopre l’asperità scabrosa – «inemendabile» – del reale.» 
La sensibilità, estrema, di un artista, corrisponde alla sua capacità di scorgere oltre la realtà delle cose: la sua personalità altro non è che l’espressione di un’epoca intrecciata con una storia personale, crogiolo vivente di molteplici fonti, variamente assorbite, costitutive di una dimensione culturale e sentimentale, infine stagliate su una tela. Anche se l’interpretazione artistica fosse cosciente, questo non implica l’emergere di stati profondi nei quali fonti misteriose abbiano messo radici. Scrivo nel mio “Sarà dipingere!”:  
«L’urto lacaniano è un risveglio che tende ad annullare lo scenario artificioso dell’io: questo risveglio non è più una forma che riflette il soggetto ma un apparire concreto e insormontabile che in un tratto di colore o in un oggetto o in un luogo, rifondano la percezione, la svuotano per fare spazio all’imprevedibile.»
Proseguendo, nello stesso testo aggiungo:  
«La parola manca. Ma non all’arte. Che possiede il fragore di un fulmine muto. Non risponde alla domanda. Ma rende “visibile” il “pensabile”. Un pensabile vagheggiato nel processo creativo e che, poi, all’improvviso, appare. Ed ecco la ragione di un inconscio dell’opera che trascende l’autore. Di qui, il motivo per il quale un’opera d’arte, un dipinto, una poesia, è un enigma che non si lascia mai spiegare fino in fondo, ma può solo essere compreso, solo interpretato. Entro un limite invalicabile. Come il punto ombelicale di un sogno che lo stesso Freud volle risarcire di una muta barriera che nessun acume può violare.»
Se tutto questo è vero, allora neanche Schiele, pur conducendo l’osservatore sul culmine della soglia, può accompagnarlo oltre.  Ma lo lascia attonito al cospetto di una visione sostenibile per tracce: “Il cieco”, tela del 1913 (collezione privata) recupera una rappresentazione simbolica di straordinaria inventiva: la figura di un essere umano senza la vista intorno al quale sorge l’immaginario infinito della sua mente, la proiezione di forme create dal tatto, dall’odorato, dal gusto, dall’udito.  Immagini interpretate, vissute come analogia di memorie conservate, intrise di una sensualità più acuta, di una percezione più complessa. Tracce di mondo. Di un mondo nascosto.  Impetuose e tragiche per l’anelito a una visione impossibile. “Il cieco” reclina il capo.  Come ciascuno di noi di fronte alla soglia che ci separa dal mistero.
- In copertina: Maria Casalanguida, “Nulla dies sine linea”, 2010, collezione privata
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lamilanomagazine · 10 days
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Taranto, rubano merce in due supermercati: un uomo ed una donna arrestati dalla Polizia di Stato
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Taranto, rubano merce in due supermercati: un uomo ed una donna arrestati dalla Polizia di Stato. La Polizia di Stato ha arrestato un uomo ed una donna rispettivamente di 49 e 34 anni ritenuti presunti responsabili del reato di rapina impropria. I poliziotti della Squadra Volante nel primo pomeriggio di venerdì sono intervenuti in un supermercato del centro cittadino su richiesta del responsabile che aveva segnalato un furto di prodotti alimentari. Dalle prime informazioni assunte dai presenti, un uomo ed una donna sarebbero stati bloccati dai responsabili della sicurezza all’uscita del supermercato dopo aver oltrepassato la barriera delle casse, senza il pagamento della merce prelevata pochi istanti prima dagli scaffali. Dopo alcuni concitati minuti, i presunti ladri sarebbero stati accompagnati dal vigilante negli uffici del supermercato dove avrebbero svuotato la borsa, riconsegnando gli alimenti rubati. I due, approfittando di un momento di distrazione dei responsabili di quel punto vendita, sarebbero riusciti a dileguarsi, facendo perdere le loro tracce. Dopo aver accertato i fatti e raccolto ogni elemento utile al ritraccio dei responsabili del furto, i poliziotti hanno ripreso il loro normale servizio di controllo del territorio con l’intento di rintracciare la coppia. A distanza di circa mezz’ora, gli agenti della Volante sono stati  allertati per un analogo episodio questa volta avvenuto in supermercato di Viale Magna Grecia. I poliziotti sono intervenuti in soccorso di una donna - responsabile di quel supermercato - che era riuscita a bloccare una coppia riconosciuta dagli agenti come responsabile del furto precedente. I due, nell’estremo tentativo di eludere il controllo e portare a segno l’ennesimo furto, avrebbero aggredito la donna, spingendola con forza sul cancello d’ingresso del piazzale del supermercato. Dopo aver riportato la calma ed assistito la vittima dell’aggressione, gli agenti hanno bloccato la coppia. Nel corso della perquisizione sono stati recuperati nella borsa della 34enne i prodotti alimentari asportati poco prima dagli scaffali per un valore di circa 100 euro. Nelle concitate fasi, il personale delle Volanti è stato anche avvicinato da un passante che ha raccontato loro di aver riconosciuto i due come i responsabili del furto subito alcuni giorni addietro di tre paia di occhiali di valore dal suo negozio di ottica ubicato poco distante. Trasmessi gli atti all’Autorità Giudiziaria competente, l'uomo e la donna, con a carico numerosissimi precedenti penali per reati contro il patrimonio, sono stati arrestati e posti in regime degli arresti domiciliari.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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bongianimuseum · 4 months
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Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose – Retrospettiva 1961/2023
Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose
Mostra Retrospettiva
Dal 30 gennaio  al 31 marzo 2024
SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA
La mostra Retrospettiva di Giovanni Leto, organizzata dalla Collezione Bongiani Art Museum di Salerno a cura di Sandro Bongiani è costituita dalle opere “pittoriche” più rappresentative realizzate dal 1961 al 2023: dalle opere del periodo di formazione alle opere su tela degli anni successivi, dagli interventi tridimensionali alle opere dell’ultimo periodo di lavoro.
– Sandro Bongiani Arte Contemporanea  ha il piacere di presentare, martedì 30  gennaio 2024 alle ore 18.00, la retrospettiva di Giovanni Leto dal titolo “Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose”, 1961/2023, a cura di Sandro Bongiani. La mostra Retrospettiva è organizzata dalla Collezione Bongiani Art Museum di Salerno è costituita da oltre 70 opere “pittoriche” più rappresentative realizzate dal 1961 al 2023; dalle opere del periodo di formazione alle opere su tela degli anni successivi, dagli interventi tridimensionali in forma di installazione alle opere dell’ultimo periodo di lavoro.
La ricerca del giovane Giovanni Leto, dopo la breve parentesi formale figurativa iniziata nel 1961 si evolve a partire dal 1972 verso una indagine che accoglie l’utilizzo di materiali poveri di scarto comune riutilizzati e riammessi degnamente a nuova vita nella pittura. Il 1985 è l’anno in cui Leto realizza i suoi primi Orizzonti che anticipano già una propria e originale visione verso una nuova spazialità. Negli anni 90’ la sua “weltanschauung”  è già definita in modo originale con una concezione del mondo che trascende il dato meramente rappresentativo per insinuarsi tra le pieghe oscure della riflessione e della memoria, con un procedere assorto e solitario che lo ha portato fino a oggi ad essere un significativo interprete del reale e della vita.
Sono opere costituite da serrate stratificazioni orizzontali  improntate da una struttura compositiva raccordata tra essenza e materialità, che negli anni successivi hanno caratterizzato in modo personale la sua ricerca artistica votata all’ossessiva indagine dell’uso dei materiali e verso una rappresentazione volutamente aniconica del linguaggio, ricreata opportunamente utilizzando la carta di giornale stampata arrotolata a mo’ di cordone intrecciato che cela nascosti spiragli di  eventi  accaduti e storie di esistenze  divenute presenze sospese di un procedere assorto al di là di un orizzonte oscuro, incarnando di fatto la tensione imminente dell’energia come essenza dell’essere al mondo.
Come scrive Sandro Bongiani nel suo testo critico: “Il suo è decisamente un accorto evocare per tracce e intrecci di senso e di materia, con il passato pregno di nascosti umori che emerge energicamente e si riconcilia con il presente a ricreare ignote e oscure emozioni, consegnando un nuovo senso d'esistere in un divenire al di là di una dimensione logica e altresì, condensandosi  come atto finale nella trasmutazione e nel cambiamento tra presenza e spazio e  tra materialità e stesura  cromatica. Si direbbe uno strano sortilegio immaginifico rinnovato per lungo tempo e caratterizzato nella prima decade del 2000 con gli attorcigliamenti della carta divenuta corda e anche barriera, muro e persino “sudario della memoria” che ora riemerge improvvisamente dal nulla per collocarsi tra spiragli di spazio all’orizzonte e verso  un infinito ancora distante e difficile da scrutare” [...].    
Sul finire degli anni 20” vi è la realizzazione di particolari carte tridimensionali come la grande installazione “Corpus temporis” del 2019 e nel contempo, l’utilizzo in modo “essenziale” di pochi elementi di carta arrotolata e raccordata di giornale, che a partire dal 2020 hanno invaso  lo spazio vuoto della tela distendendosi e lievitando su ampie stesure di colore innestando lacerti e momenti di natura mentale che suggeriscono allo stato provvisorio l’essenza di ignoti paesaggi dell’anima, (autoritratti, larve di animali, frammenti di cose nascoste), rinati dopo una catastrofe collettiva  e consegnati ora al presentein una delicata  e sofferta sintesi creativa che solo i grandi artisti come Leto  sanno ancora ricreare. 
Il percorso espositivo, scelto appositamente dal curatore per gli spazi della Sandro Bongiani Arte Contemporanea, procede a ritroso dalla sua ultima opera trimensionale dal titolo “tappeti” del 2023 – collocato all'inizio del percorso della retrospettiva - fino a procedere al lavoro iniziale dal titolo” “Altofonte” del 1961.
Biografia
Giovanni Leto nasce a Monreale (Palermo) nel 1946. Frequenta a Palermo Decorazione Pittorica all’Istituto Statale d’Arte e Pittura all’Accademia di Belle Arti. La sua ricerca pittorica si è sempre fondata su un acuto interesse per i materiali, collocandosi dapprima in ambito informale, poi approfondendo la valenza tattile dei vari materiali impiegati. Il curriculum dell’artista è costellato da un’ampia bibliografia e da un corposo elenco di mostre personali e collettive che hanno avuto luogo in Italia e all’estero: Parigi, Berlino, Sydnei, Stoccolma, Helsingborg, Bagdad e New York. Sue opere figurano in vari musei e collezioni pubbliche e private: al Museo Renato Guttuso - Villa Cattolica a Bagheria (PA;  nella Pinacoteca d’Arte Contemporanea di Sulmona (AQ); al Museo Bargellini a Pieve di Cento (BO); alla Fondazione Orestiadi – Ludovico Corrao a Gibellina (TP) al Museo Bilotti di Roma; al Museo Riso – Polo Museale Regionale di Palermo; al Museum – Ezio Pagano a Bagheria, alla Pinacoteca Civica d’Arte Contemporanea di Marsala, alla Galleria Civica di San Felice Sul Panaro, al Museo Civico d’Arte Contemporanea di Messina, al Museo Civico “F. Carbone” a Godrano, al Museo d’Arte Contemporanea di Rende. Attualmente vive e lavora a Bagheria.
Si ringrazia l’Archivio Giovanni Leto di Bagheria, per aver permesso la realizzazione di questo  importante evento che riassume oltre 60 anni di assiduo lavoro (1961-2023). svolto  dall’artista siciliano.
Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose – Retrospettiva 1961/2023
SALERNO / Sandro Bongiani Vrspace
Opening  30 gennaio 2024  h. 18:00
EVENTO: dal 30 gennaio 2024 al 31 marzo 2024
TITOLO: Giovanni Leto, l’essenza nascosta delle cose - 1961/2023
LUOGO: Sandro Bongiani Vrspace
CURATORI:  Sandro  Bongiani
INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D - Salerno
ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225
E-MAIL INFO: [email protected]
SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/
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scontomio · 11 months
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Contraerea ucraina respinge gli attacchi russi: la barriera di fuoco traccia il cielo di Kiev
Lingue di fuoco attraversano le nuvole fino a raggiungere l’obiettivo. Il cielo sopra Kiev è stato illuminato dai sistemi di difesa aerea entrati in azione per respingere gli attacchi missilistici russi. Le tracce di fuoco sono ben visibili a occhio nudo. Non solo la capitale: per tre ore le sirene hanno annunciato raid aerei in tutta l’Ucraina. Secondo il comandante in capo delle forze armate…
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iltrombadore · 2 years
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Hermann Nitsch, lo spettacolo come profezia...
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E' morto Herman Nitsch, il discusso, turbato e inquietante protagonista dell' Azionismo viennese. Aveva 83 anni. Di lui presentai una azione a Roma nel 2009, assieme a Francesco Villari. Con un testo che ripubblico oggi:                                   Residui d’orgia, tracce  di drammi rituali e di misteri consumati per una teatralità che lascia intravedere ampie colature di sangue versato a profanare stoffe bianche come tuniche sacerdotali, tabernacoli e altari dove possono rimanere appese tanto le vesti umane quanto le viscere  di animali votati al sacrificio: così l’opera di Hermann Nitsch evoca la origine caotica del mondo (“in principio era il Caos”) e si richiama direttamente come un ebbro Sileno alle radici di religioni a carattere dionisiaco puntando a coinvolgere il pubblico in una comune esperienza mistico-estetica. Una simile messa in scena, che non ha uno scopo puramente estetico, ma punta a realizzare effetti di comprensione religiosa (nel senso di “esperienza di verità ”) usa i riferimenti alla liturgia cristiana (altari, tabernacoli, croci, eccetera) per un valore di paradosso. Il  sacrificio cristiano, con i simboli della croce, del pane e del vino, è come il pretesto o il preambolo di una vertiginosa “discesa agli inferi” dove l’immagine dolente e trascendente del Crocefisso cede il passo alla vertigine del baccanale con le sue estasi e vittime sacrificali.  
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Protagonista del Wiener Aktionismous, la corrente che negli anni Sessanta del ‘900 puntò a valorizzare il corpo umano come centro dell’operare artistico, Hermann Nitsch  mette in gioco sé stesso  assieme al pubblico in una accurata regìa di accadimenti spazio-temporali (il famoso “Teatro delle orge e dei misteri”) dove compaiono simboli esoterici, nudità, azioni cruente, processioni. L’artista sollecita l’osservatore a superare la barriera della contemplazione visiva per entrare in una  rischiosa relazione psicofisica con lo  “spettacolo” che vuole associare indissolubilmente l’arte con la vita. Comportamento fisico e manipolazione estetica si danno la mano nel tentativo di fare emergere le pulsioni primigenie della vita emotiva individuale ben oltre le  difese della razionalità cosciente. In questa azione - di cui è parte integrante lo scenario visivo drammatizzato col vivido colore del sangue – si distingue l’esperienza estetica di Hermann Nitsch come un invito religioso a volgersi verso il mondo primordiale e originario, quel misterioso e ctonio “regno delle Madri” dal quale dipende,  avrebbe detto Goethe, “tutto ciò che ha forma e vita sulla superficie della terra” . 
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Di radice schiettamente romantica e più ancora espressionista, la linea espressiva prescelta dall’artista – tessuta di dissonanze, di grida, di improvvise gestualità e di violenti cromatismi suggeriti dall’uso di liquidi e altre materie organiche- sorprende per la macabra ed efficace sintesi di forma e contenuto. L’idea di associare l’elemento sublime a quello sub-liminale giunge però per l’artista “romantico e mistico” nel momento in cui la coscienza consuma fino in fondo l’esperienza della “morte di Dio” e di ogni religiosità trascendente. E riemerge così una tentazione neo-pagana che vuol vivere in forma dionisiaca il senso della disperazione e della avventura mortale del genere umano. Anche per questo il “Teatro delle orge e dei misteri”, concepito da Hermann Nitsch, intende gareggiare  con l’ambizioso progetto wagneriano di “opera d’arte totale” e in qualche modo riesce a suscitare una emozione che mima l’esperienza del “cammino spirituale”. La messa in scena è avvalorata tra l’altro dalla esistenza di un piano di azione ripetitivo fino quasi alla ossessività che punta a fare emergere i primordiali istinti umani . “…Il colore della carne- ha scritto Nitsch- del sangue e delle interiora era diventato importante. Dominava il rosso. Il monocromatismo assunse un ruolo arcaico. Tutto si orientava verso il colore dell’estasi, della vittima del sacrificio, della passione, del sangue, della carne”: all’ascolto di queste parole si riconosce facilmente tra l’altro un gusto tedesco tanto simile a quello di un poeta  tardo decadente come Stefan George che amava associare in poesia l’immagine corrusca e splendente dell’imperatore-dio Eliogabalo con quella del sangue caldo versato sui marmi del  palazzo all’atto della sua eliminazione.
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 E non vi è chi non riconosca ancora, in questa sensuale e diretta raffigurazione, un richiamo ai residui delle grandi feste pagane mediterranee che  si ripetono evocando il culto del sangue e della promiscuità sessuale (si pensi alle feste di Valencia e Pamplona, alla rincorsa dei tori sospinti fino al “macello” della corrida, e al lancio dei pomodori sulle vesti bianche della folla dei partecipanti) . In questa inquietante e vitalistica capacità di scuotere l’emozione risiede la principale virtù espressiva di Hermann Nitsch che mira precisamente ad ottenere un effetto provocatorio sollecitando lo smarrimento dello sguardo abitudinario. C’è del truculento in questa ripetuta  “performance” dionisiaca che l’autore predilige come intenzione estetica e al tempo stesso segnala, accanto all’elemento macabro, una accurata inclinazione al più vivido cromatismo dell’immagine (il bianco delle vesti contro il rosso del sangue, i fondi neri e dorati, il grumo colorato delle materie organiche). Ma ciò che veramente conta nel progetto di Nitsch è l’esigenza di non ridurre l’arte a fattore esclusivamente decorativo per mettere invece in risalto tutta la sua potenza come fattore  spirituale e conoscitivo. La “performance” rituale intesa come “atto purificatorio” che sintonizza esperienza scenica, musica, danza, vino e sangue, è una esplosione di materialità che punta a coinvolgere tutti i sensi in un miscuglio di “idea”, “materia” e “azione”. Su questa lunghezza d’onda  si sono nel tempo tra l’altro mossi, oltre a Nitsch e i protagonisti del Wiener Aktionismous, anche i formidabili artisti del gruppo giapponese Gutai, o il francese Yves Klein, per una sintesi di arte e vita che mette in funzione il linguaggio del corpo e cerca risposte radicali al desiderio di conoscenza e creazione. 
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Rivendicando una funzione primigenia dell’Arte, il filosofo-artista Hermann Nitsch chiama all’appello i giganti dell’inconscio e con essi cerca di dar vita ad una comunità culturale arcaica esaltando una fisicità dionisiaca fino al limite dell’estasi. Così l’arte può diventare la discriminante  di esperienze più intense (al di là del bene e del male) dove le ragioni di Siegmund Freud (il principio del piacere) incontrano la catarsi sensuale di Federico Nietzsche (l’origine e la funzione della tragedia greca). In questa coinvolgente evidenza ottica e drammatica l’artista esibisce una  efficace “vocazione teatrale” in cui metafora religiosa e brutalità  quotidiana si esaltano e realizzano un monumento spettacolare  di rara efficacia barocca. Un po’ come Jospeh Beuys con la “scultura sociale”, anche Hermann Nitsch con i suoi misteri tanto simili  e tanto distanti dai misteri medioevali, vuole essere un “profeta dell’ arte” che mette assieme pittura e scenografia, scrittura, musica e drammaturgia, per effettuare catarsi collettive. Nella giostra tardo moderna delle immagini circolanti ad uso e consumo di una totale assenza di significato, ecco invece un tentativo estremo e quasi selvaggio di restituire senso alla parabola della vita umana e della morte: e nella manifestazione quasi ossessiva di questa radicale esigenza “religiosa”  Hermann Nitsch riesce a trovare le ragioni di una coerente vocazione estetica e di una notevole potenza formale ed espressiva.
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Da Starbucks con JK
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Sei nella stessa posizione da ore: gli occhi bruciano ogni volta che passi al rigo successivo, senti che il tuo collo potrebbe spezzarsi in due e cadere sul libro da un momento all’altro e le dita, seppur macchiate di ogni genere di inchiostro possibile, palesano un doloroso rossore. Non sai bene da quanto tempo te la stia prendendo con l’elastico per capelli, come se questo fosse la diretta causa del tuo stress, ma era l’unica opzione che non desse troppo fastidio al tuo compagno di studio o a chiunque altro non fosse in quella caffetteria con voi. E poi non ci tieni proprio a ricevere un’altra occhiataccia dal tipo di mezz’età tutto incravattato per bene; hai letto nel suo sguardo la voglia di infilarti la penna a scatto nella gola abbastanza chiaramente da non voler constatare se sia davvero in grado di mettere tale desiderio in atto.
Sei concentrata e nulla potrebbe distrarti dal tema che stai preparando per la classe di domani: né lo sguardo truce di un impiegato, né la porta cigolante del bagno che si apre e nè tantomeno la mosca che trova nel tuo braccio un ottimo appoggio dove riposare e riprendersi dalla giornata afosa che impazza al di fuori dello Starbucks e dalla sua benedetta aria condizionata. Ma qualcuno ci riesce. Lo stesso ‘qualcuno’ che si è alzato dal suo posto un paio di minuti fa e del quale non ti sei minimamente accorta di aver perso le tracce. Cominci a guardarti attorno e la piccola compagna alata vola via, indicandoti la via da percorrere con gli occhi per ritrovare quel idol che tanto ama andarsene in giro come se non fosse per niente conosciuto a livello mondiale. Gli avrai pur detto che il Sud Africa non è certo la Corea o l’Europa ma lui resta comunque una diamante tra un mucchio di zirconi. Perché paragonarlo ad un elefante non ti salterebbe in mente nemmeno per dar vita ad una metafora.
Ma Jungkook non riuscirebbe a passare inosservato nemmeno se lo volesse e molte volte, purtroppo, è proprio quello che succede. La sua aura sprigiona un’energia troppo forte per essere ignorata. Come ora, ad esempio. Si dirige verso il vostro tavolo reggendo entrambe le bevande con una mano ed un piattino con sfiziosi donuts iper-zuccherati con l’altra, eppure -nella banalità di quel gesto- noti il cassiere non staccargli gli occhi di dosso.
Le cannucce che regge nella bocca gli danno l’aria di un tricheco dai lunghi baffi ed è così che spieghi la curiosità dello staff ed allo stesso tempo la scomparsa delle rughe da tensione che ti si formano sulla fronte quando studi troppo.
“Si dice ‘baie dankie’, giusto?” E lo senti, il cuore, morire per due semplici paroline nella tua lingua madre che mai avresti pensato potessero farti questo effetto. Lo avrai detto trilioni di volte e sentito dire altrettante nella tua breve vita ma c’è qualcosa nel modo in cui lo pronuncia lui che lo rende speciale e gli dà un nuovo, dolce, adorabile significato. Pensare che fosse preoccupato per il modo in cui aveva risposto al dipendente dietro la cassa non rende il lavoro più facile per il tuo miocardio che con tenacia tenta di non ridursi totalmente in poltiglia.
“Baie dankie” ripeti non avvicinandoti neanche lontanamente alla sua tenerezza nel dirlo.
“Oh, l’ho detto male?”
“No, no, no! Intendevo sul serio dire ‘grazie’. A te. Per aver preso tutto questo.” Riposizioni gli occhiali da lettura sul naso, presa da un improvviso colpo di timidezza. “La tua pronuncia era impeccabile.” Come ogni qualsivoglia volta provi a fare qualcosa, da bravo Golden Maknae quale è.
“Merito della mia insegnante” replica orgoglioso spingendoti in giù gli occhiali in un gesto giocoso e che vuole andare ben oltre all’apparire un ragazzino combinaguai. “Basta studiare, su!” Traduce poi in parole concrete il messaggio subliminale. “Hai bisogno di una pausa. Mangia qualcosa.”
“Finisco soltanto questo paragra-” ma prima che tu possa continuare a sottolineare i punti salienti, ti ha già sfilato da sotto il naso l’evidenziatore per bilanciarlo sopra il suo orecchio adornato da cerchi argentati, provocatore come solo il peggior studente sarebbe. Hai smesso di minacciarlo con lo sguardo ormai da tempo; è ormai un paio di mesi che sembra esserne immune. In tutta risposta arriccia il naso per disarmarti completamente e mettere a tacere una volta per tutte ogni insorgente ribellione da parte tua. Ma, ora che ci pensi bene, hai ancora una freccia al tuo arco da scagliargli contro: carichi l’elastico tra il medio e l’indice e lo rilasci come con una fionda. La molla gli arriva sul petto e lo fa sobbalzare sulla sedia attirando come una calamita un’altra occhiataccia dell’uomo alle sue spalle che a malapena riesci a vedere per via delle spalle larghe di Jungkook.
Si strofina la maglietta nera nel punto in cui è stato colpito, massaggiandosi il pettorale come se gli avessi effettivamente fatto qualcosa. Non ci credi nemmeno per un secondo. E quella faccia sconvolta non dura più di un battito di ciglia che si trasforma ben presto in una smorfia vendicativa e diabolica. Fa eco dei tuoi gesti e carica lo stesso elastico tra le dita, puntando platealmente alla tua fronte. Non capisce quanto possa essere pericoloso: maneggiato da lui potrebbe perfino diventare pericoloso-da-pronto-soccorso. Fai perciò delle tue braccia una roccaforte e ti servi del tavolo per avere maggiore copertura, aspettando che il colpo arrivi. Perché sai quanto lui sia capace di farlo e di come non si faccia scrupoli.
Uno.
Due.
Tre.
Niente.
Arrivi fino a dieci prima di prendere coraggio per dare una sbirciatina fuori dalla barriera di muscoli che hai tirato su. Dalla breccia scorgi gli enormi occhi da cucciolo del tuo ragazzo a due centimetri dai tuoi, brillanti come una galassia di stelle calde ed eterne. Un paio di ciuffi scuri gli adornano la fronte ed il naso tocca quasi il tuo avambraccio e sebbene non riesci a vederlo, sai che si sia sporto sul tavolo per raggiungerti. Beh, che dire: sei grata che dietro di lui, a godere della vista, ci sia quel musone pinguino rompiscatole e non qualcun altro che avrebbe decisamente voluto apprezzarne meglio le rotondità.
“Non potrei mai fare del male alla mia insegnante” dice ruffiano inclinando il capo. “E poi la tua pelle è così delicata che ti resterebbe il segno fino a Natale.”
“Natale è tra due settimane” precisi con un sorrisetto che gli fai ben vedere ampliando di proposito il varco. Lo conosci abbastanza da sapere che intendesse alludere ad un periodo ben più lungo di quattordici miseri giorni per un tuo livido ben assestato.
“Aish, dimentico sempre che qui l’inverno è caldo ed il freddo arriva con l’estate!” Ruota gli occhi facendoti ridere del clima del tuo stesso Paese. “Sai cosa? Dovremmo approfittarne per fare un giro in spiaggia. É una bellissima giornata di dicembre e dovremmo passarla a bruciarci i piedi sulla sabbia e vivere nell’ansia di non scottarci sotto il sole cocente. E parlo specialmente di te.”
Ti convinci che la guerra sia finita ed esci dal tuo guscio, prendendo seriamente in considerazione quella proposta. Perfino la parte in cui torni a casa con lo stesso colore di un gambero arrostito.
“Se vai in spiaggia con quella maglia, attirerai tutta la luce del cosmo e ti verrà un’insolazione da paura.” Constati indicando il nero indumento del ragazzo, drammatizzando un tantino il tutto.
Sei genuinamente preoccupata per lui: devi riconsegnarlo alla HYBE sano e salvo. Non vuoi che ti vietino di averlo tutto per te, lì, in futuro. Non ci tieni proprio. Per questo sei sempre così severa con le lezioni d’inglese e super paranoica anche quando lui sembra non crearsi minimamente di questi tossici pensieri. Questo è un test da parte della compagnia per valutare se sia saggio fidarsi di voi e dell'anonimato che il suo nome pare ancora avere nel tuo Paese e nulla avrebbe mandato a monte i tuoi sforzi.
“Vorrà dire che me la toglierò, allora” rimbecca facendo spallucce, annientando la malizia con una falsa aria innocente. E tu in tutta risposta ti senti avvampare ma non è una battaglia che puoi lasciargli vincere.
Raccatti le tue cose dal tavolo e ficchi tutto dentro lo zaino che ti accingi a chiudere.
“Non ti stai dimenticando qualcosa?” E come se fosse anche diventato un mago professionista da tre secondi a quella parte, estrae l’evidenziatore giallo dal tuo orecchio. Non sai come abbia fatto a teletrasportarlo dal suo fino al tuo ma molti dei suoi gesti e comportamenti restano per te un mistero. E va benissimo così; alimentano l’ammirazione ed l’attrazione che provi nei suoi confronti.
Lo fa cadere all’interno e ti lascia serrare la zip, impegnandosi al meglio per ripulire anche la sua area e lasciare la superficie del tavolo pulita ed ordinata. Caricate così entrambi gli zaini sulle spalle, recuperate il cibo e le bevande con le mani libere e vi avviate verso l’esterno, lasciandovi dietro l’atipica struttura in legno chiaro che lo Starbucks di Camps Bay vi offre.
Attraversate con attenzione (tu per lo più) la strada e giungete ben presto sotto l’ombra delle palme di Camps Bay Beach, prendendo con piacere un grande respiro di aria calda e salata dopo aver nauseato il vostro olfatto con aroma di caffè e panna montata per tutta la mattina.
Passeggiate per non più di una decina di metri quando lui esordisce con un ‘Non mi piace così’ seguito da un broncio capriccioso.
Non capisci a cosa si riferisca ma ti fermi per dargli un’occhiata: magari ha davvero troppo caldo e, carico di libri sulle spalle com’è, non pensa sia la condizione l’ideale per una passeggiata di piacere. E concorderesti con lui se non fossi a conoscenza dei suoi disumani allenamenti tra prove e notti in palestra. Perciò dev’essere qualcos’altro.
Aspetti seguendo i suoi gesti con curiosità ed anche una punta di sospetto: non si può mai stare sicuri con con il signorino Jeon. L’improvvisato ingegnere approfitta della breve sosta per posare il donut sulla copertura bombata del suo americano in ghiaccio ed assicurandolo attorno alla cannuccia verde. Ti invita a fare lo stesso con lo sguardo, aiutandoti come può a sorreggere il tutto, dopodiché ti afferra la mano, un sorriso sornione stampato in faccia.
“Molto meglio” gongola compiaciuto del suo colpo di genio stringendola ancora di più e riprendendo a camminare. Quando tira su un sorso dalla cannuccia gli si appiattiscono le guance, risaltando le labbra, ed a questo punto non sei più sicura se sia più adorabile o solo sexy.
“Come dovrei fare adesso a mangiarlo, scusa?” Domandi scettica studiando la struttura zuccherina che ha ideato per voi.
“Mordi tutto intorno senza toccare il centro. Lasci quel pezzo per ultimo ed il gioco è fatto” dice da stratega. “Guarda, così!” Ti fa vedere addentando il donut e lasciando intatto il buco nel mezzo, proprio come aveva indicato qualche secondo prima. La punta del naso si ricopre della lucida patina di glassa ma non sembra curarsene e continua a masticare vistosamente, enfatizzandone la bontà. Se il suo scopo è quello di farti venire l’acquolina in bocca, bravo, ci sta riuscendo a perfezione.
Muovi la mano intrecciata alla sua per liberargli la faccia dall’appiccicume dello zucchero ma lui non ha alcuna intenzione di mollare la presa: resta aggrappato al tuo palmo aperto con le dita, permettendoti comunque, benomale, di rimediare almeno un pochino al dolce disastro che ha sul viso.
“Non te ne frega proprio niente di essere in pubblico, non è così?” Incalzi sforzandoti di non ridere e perdere credibilità. Ami il fatto che lì si senta al sicuro e così a suo agio da non preoccuparsi di probabili occhi indiscreti attorno a lui ma il tuo lato protettivo ti frena dal condividere apertamente questa sensazione.
“Non quando sono con te.”
“Non quando non siamo in Corea” lo correggi con una punta di amarezza che legge tra le tue parole come un libro aperto. “O in qualsiasi altro luogo in cui non vieni assalito ancor prima di mettere il tuo appiccicaticcio naso da donut fuori dalla porta di casa.”
“Saam met jou is my gunsteling plek om te wees” ti ammutolisce con l’esecuzione perfetta di una frase di senso compiuto nella tua lingua madre la quale, da quanto ne sai, non ha nemmeno cominciato a studiare. Ma, da straordinario studente quale è, non si ferma certo lì. “Ek is baie meer myself wanneer ek by jou is” prosegue quindi, barcollando tra le ultime parole, affidandosi alla sua memoria che di fatto non lo tradisce.
Tutto in te si ferma: dal respiro alla mano al lato del suo viso, dal processare quanto tu stia ascoltando all'assorbire il pieno significato di quanto ti stia confessando. 
Sbatti le palpebre e speri che questa sia una reazione sufficiente a fargli capire che sei viva a malapena. E vorresti con tutto il cuore che fosse sufficiente a fermarlo ma non lo è perché ciò che arriva dopo è ancora peggio e ti colpisce in pieno come un treno. E tu, povera illusa, che credevi che darti del suo posto preferito fosse il massimo che la cima del monte e che più in su non si potesse giungere.
“As ek weet wat liefde is, is dit as gevolg van jou.”
Se so cosa sia l’amore, è grazie a te.
E non appena coglie lo scintillio nei tuoi occhi, ti avvolge tempestivo tra le braccia, conoscendo la tua sensibilità come le sue tasche. Pensa tu sia così tenera quando ti emozioni che considera proteggere quella sensibilità con la propria pelle come un suo dovere e privilegio. La sicurezza che ti dà ha il sapore di labbra al kimchi, suona come dei ritornelli canticchiati al buio, ha il tepore dei biscotti al cioccolato di mezzanotte e l’odore di ammorbidente Downy.  E non riesci ad immaginarti una vita diversa da quella che hai da quando sei con lui. Il che non fa altro che farti piangere più forte.
“Scusami, credevo che l’effetto sorpresa ti avrebbe aiutata a non piangere!” Si giustifica isolando la sensazione di congelamento che avverte all’altezza dello stomaco causata dal frappuccino che gli stai involontariamente premendo addosso. Ti accarezza la testa con l’unica mano libera che ha a disposizione e ciò ti aiuta a riprendere fiato tra un singhiozzo e l’altro. Non sai cosa ti sia scattato dentro ma non sei riuscita ad evitarlo… nè tantomeno a rispondergli. Ma come si risponde ad una dichiarazione d’amore del genere? Cosa potresti mai dirgli che possa esprimere al meglio ciò che pensi?
“Avrei preparato un’altra frase ma a questo punto credo sia meglio conservarla per un’altra occasione” ironizza quel cretino del tuo ragazzo lanciandoti una fune per soccorrerti dalle sabbie mobili del pianto nelle quali sei affondata a piedi uniti. Ed aiuta. Ringrazi mentalmente la sua maglietta nera -che tanto hai criticato prima- per essersi resa utile ed aver asciugato un minimo le guance prima di tornare a volto scoperto.
“Mi hai fatto sporcare tutti gli occhiali” piagnucoli raggiungendo gli occhi al di sotto delle lenti per strofinarli. Qualsiasi cosa tu dica risulterà stupida: tanto vale giocarsi la carta dal vittimismo.
“Non volevo?” Si scusa ancora, ridendo della tua faccia rossa che, purtroppo per te, ha visto molte volte da quando state insieme. Privilegi da fidanzato.
“Oh, ma sei- sei in guai molto più grossi di- questi” dici a riprese gettando uno sguardo ai vostri bicchieri di plastica che a questo punto non racchiudono più un singolo cubetto di ghiaccio.
“Non pensavo che provare ad essere romantico mi portasse ad aver bisogno di un avvocato” scherza prima di fare un altro sorso all’americano non più ghiacciato.
“Avere una relazione amorosa con la tua insegnante potrebbe” rimbecchi.
“Non stavamo solo flirtando innocentemente?”
“Mi hai appena detto che mi ami e che ti senti più te stesso quando sei con me. Credo che questo vada un tantino oltre il semplice corteggiarmi.”
Jungkook resta ora in silenzio e storce le labbra in un’espressione pensierosa, cercando una risposta tagliente nell’aria attorno a lui.
“Se provi ad uscirtene di nuovo con qualcosa in afrikaans, giuro che ti lascio qui e torno a casa.” Piangendo. Ma questo era meglio non aggiungerlo.
“Non che io creda tu sia davvero capace di piantarmi in asso qui da solo ma… perché invece non mi dici tu qualcosa in afrikaans, mh?”
“Io?”
“Sì. È la tua lingua madre, ricordi?” E stavolta un’occhiata truce non gliela toglie nessuno.
Vorresti pensarci bene, dire qualcosa che non sia troppo scontato ma che rifletta bene cosa vorresti sapesse, una verità che magari hai fatto fatica a comunicargli apertamente fino ad ora ma che per te è sempre stata come una certezza alla base del vostro rapporto.
Passano un paio di secondi prima che tu prenda una decisione. I suoi occhi sono ancora incollati sulle tue labbra e ti piace leggerci dell’impazienza.
Dilati l’attesa prendendo il tuo (primo? Sul serio??) sorso di frappuccino e gustandoti ogni singolo granello di zucchero al suo interno prima di aprire bocca.
“As ek my lewe weer kan lewe, wil ek jou gouer vind.”
“E cosa vuol dire?”
“È la materia principale del tuo prossimo esame, faresti meglio a studiare” lo provochi prima di alzarti sulle punte per lasciargli un bacio sulle sottili e fresche labbra. E la fatica che fai per potertici allontanare è immane. Ma ci riesci, aiutata forse dal tuo senso di dignità appena rientrato da una vacanza oltreoceano.
“E tu a scappare” avverte Jungkook prima di scattare e costringerti ad affidarti allo spirito di sopravvivenza e cominciare a correre come una forsennata sulla spiaggia.
Lo zaino ti rimbalza da pazzi dietro la schiena e senti le scarpe affondare nella sabbia ad ogni passo. Proteggi il bottino di zucchero tra entrambe le mani ma questo non basta a prevenire che qualche goccia fuoriesca dal piccolo foro in alto. Ma non ti importa, continui a correre ed a ridere, cullata dalla certezza che Jungkook continuerà a guardarti le spalle e ad impegnarsi al massimo per raggiungerti come se stare con te fosse il più importante dei suoi traguardi.
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[ARTICOLO] Come i BTS sono diventati i Re indiscussi del K-Pop
“Il gruppo sudcoreano ha superato diversi limiti in fatto di musica, moda e cultura. Aspettando il loro ‘Bang Bang Con: The Live’’, concerto online che si terrà questo 14 giugno, Vogue ha provato ad esaminare nel dettaglio come RM, Jin, Suga, J-Hope, Jimin, V e Jungkook stiano incarnando il vero e proprio cambiamento attraverso la loro musica, la filantropia e i messaggi che inneggiano all’unità. 
Ad oggi, pare difficile credere che non abbiate sentito o visto almeno una volta il nome ‘BTS’, quello cioè dei Re indiscussi del K-pop. E se i piani del mondo intero non fossero dovuti cambiare per la pandemia corrente, i sette membri del gruppo si sarebbero ora trovati nel bel mezzo delle trentasette date del loro tour mondiale per celebrare l’uscita del loro quarto album coreano, ‘Map of the Soul: 7’. 
Gli scorsi 18 e 19 aprile, giorni in cui si sarebbero dovute tenere le due date d’apertura del tour al Seoul Olympic Stadium, la Big Hit Entertainment, agenzia del gruppo, ha deciso di mandare in onda il ‘Bang Bang Con’, una trasmissione live gratuita, della durata di due giorni, di materiale video di passati concerti e tour. Più di due milioni di fan (conosciuti con il nome di ‘ARMY’) si sono collegati simultaneamente all’evento per un totale di più di 50 milioni di visualizzazioni. 
Questo weekend, invece, e nello specifico domenica 14 giugno, verrà trasmesso un concerto live a pagamento della durata di 90 minuti circa, il ‘Bang Bang Con: The Live’, per cui la cifra di spettatori virtualmente attesi si aggira attorno a numeri, ancora una volta, da record. 
Le interazioni che si creano intorno alle attività sui social del gruppo sono infatti costantemente senza precedenti, basti pensare che nei primi mesi del 2020 uno dei membri, Jungkook, ha battuto il suo stesso record dopo essere riuscito a guadagnare più di 2 milioni di like su Twitter in ben cinque post diversi, superando così persino i numeri e il record precedentemente detenuto da Barack Obama. Oltre a ciò, nel 2019 è stato l’idol K-pop più cercato su Google e YouTube e i BTS sono stati il gruppo musicale più cercato del mondo. 
Nel loro percorso di crescita che li ha portati a diventare superstar dalle vendite record e che riempiono gli stadi, non c’è mai stata una singola risposta da dare al come e perché un gruppo di artisti non-anglofoni sia riuscito a fare irruzione nelle più alte sfere della scena musicale occidentale. Tanti sono i fattori che si sono mescolati per creare una irresistibile e, cosa più importante, irripetibile ricetta che ha visto i BTS trionfare con quattro album primi nelle classifiche statunitensi in meno di due anni e vendere più di 20 milioni di copie in totale. 
Che sia la vostra prima o milionesima volta con i BTS, Vogue vi racconterà come siano diventati uno dei più grandi gruppi pop di tutti i tempi. 
-Il rifiuto di essere confinati in un solo genere
Prolifici nel rilasciare nuovo materiale ogni anno, i BTS hanno saputo dare spessore narrativo alla loro estesa produzione creando trilogie o vere e proprie serie di album legati gli uni agli altri, così da poter esplorare più approfonditamente i temi da loro scelti, piuttosto che saltare frettolosamente da un concept a un altro. Dalla critica ai sistemi socio-politici in tracce come ‘No More Dream’ (nella quale ad esempio J-Hope rappa: ‘Ribellati a questa società infernale, dai ai tuoi sogni una speciale scusante’) all’esprimere, ad esempio in ‘Black Swan’, la propria paura di non essere più in grado di esibirsi, la loro profondità di pensiero, la costante esplorazione creativa e la franchezza dei testi sono sempre stati fonte di ispirazione e conforto per i milioni di fan. 
Il loro impegno per distinguersi dai loro colleghi nella scena pop sta poi nella loro propensione a mescolare la cosiddetta ‘cultura alta’ con quella, appunto, pop, basti pensare a ‘Blood Sweat & Tears’, traccia del 2016 in cui musicalmente sono combinati trap, moombahton e tropical house, mentre il barocco video è ispirato a ‘Demian’, romanzo di formazione del 1919 di Herman Hesse, profondamente impregnato di teorie junghiane poi alla base anche per la serie ‘Map of the Soul’ sviluppatasi fra il 2019 e il 2020. 
I BTS, rifiutandosi di rimanere confinati in un solo genere, riescono a passare senza sforzi da epiche ballad come ‘Spring Day’ e malinconici inni emo come ‘Fake Love’ a pazzesche canzoni capaci di mandare in visibilio la folla come ‘Fire’, per arrivare al turbo pop con ‘Boy With Luv’ (in collaborazione con Halsey), passando per ‘DNA’, una vera e propria pietra miliare nel percorso dei BTS, essendo stata la prima delle loro canzoni a debuttare in cima alle classifiche statunitensi e britanniche, il loro secondo singolo ad ottenere l’oro negli Stati Uniti, il video è stato il primo a raggiungere il miliardo di visualizzazioni e, inoltre, è stato proprio con questa canzone che, esibendosi agli ‘American Music Awards’, il gruppo ha fatto il proprio debutto televisivo statunitense. 
-Una bolla di positività 
Conosciuto come ‘Golden Maknae’ (cioè il membro più piccolo del gruppo, ma d’oro perché in grado di fare bene qualsiasi cosa), Jeon Jungkook è stato l’idol più cercato su Google nel 2019 e, con il video della sua cover di ‘Never Not’ di Lauv postato lo scorso mese, ha battuto il record per il post su Twitter più commentato, nonché il video ad aver raggiunto più velocemente il milione di visualizzazioni sul social in questione (basti pensare che ci sono voluti solo dieci minuti per questo!). Jungkook è, di solito, uno dei membri meno attivi sui social, motivo per il quale ogni sua apparizione diventa una sorta di grande evento, ma i suoi compagni non sono da meno, dal momento che ognuno di loro guadagna almeno 2 milioni di like a ogni post. 
Nel corso degli anni i BTS hanno costantemente tenuto aggiornati gli ARMY condividendo con loro i propri pensieri più spontanei, foto delle loro vacanze, battute, scherzi e selfie, usando dunque il loro account Twitter come degli amici farebbero e diventando, in questo modo, praticamente parte della quotidianità dei propri fan. 
Davanti a un’industria occidentale reclutante ad accogliere sulle scene un gruppo non-anglofono, la crescita della popolarità dei BTS a livello mondiale non è mai stata propriamente dovuta a metodi tradizionali come i passaggi in radio. Il loro vero trampolino di lancio mediatico sono state le strategie d’uso dei social media e dei contenuti su questi caricati, in particolare su piattaforme video come YouTube o VApp, ma un aiuto essenziale e prezioso è stato anche il lavoro incessante di milioni di fan-traduttori che si sono preoccupati di tradurre, appunto, testi di canzoni, post sui social e la maggior parte dei contenuti video, dando così la possibilità anche ai fan che non parlano il coreano di entrare maggiormente in sintonia con i membri. 
Dal 2017, poi, la televisione statunitense è stata un importante supporto nel far conoscere di più il gruppo al pubblico generale. Che siano i talk-show della mattina o chiacchierate nei programmi notturni, il cameratismo dei BTS riesce sempre a rendere anche la più posata delle interviste il più totale, accattivante e divertente caos. 
Pur avendo un solo membro capace di parlare fluentemente in inglese, i BTS sono abili nell’ammaliare gli spettatori, riuscendo a superare qualsiasi barriera culturale e linguistica con un fascino naturale e immediato e un umorismo schietto che hanno permesso loro di entrare senza problemi nelle case di milioni di occidentali dove, prima, non molti artisti asiatici si erano visti. 
Il conduttore James Corden, con il suo ‘The Late Late Show’, è stato tra i primi a dare visibilità al gruppo. ‘Rimango sempre colpito dalla loro etica del lavoro’, ci dice Corden per e-mail, ‘sono sempre incredibilmente rispettosi e non solo dell'ambiente in cui sul momento si trovano a lavorare, ma soprattutto gli uni degli altri. Vederli crescere dalla loro prima apparizione nel nostro show e arrivare fin dove sono ora è stato impressionante. Come gruppo, rimangono sempre così distinti, così gioiosi, che influenzano chiunque li circondi. Questo vale poi in modo particolare per i loro fan, il più incredibile insieme di persone giovani [che abbia mai visto]. É chiaro che loro vogliono solo fare qualcosa di buono, essere brave persone, mantenere tutto in questa bolla di positività che hanno creato. E al giorno d’oggi questa stessa è una delle esperienze più rare che si possano vivere’, ha concluso il presentatore. 
-Nessuna regola è la nuova regola
Molto si è scritto a riguardo dell’amore degli idol sudcoreani maschi per i costumi appariscenti e il trucco esagerato. I BTS, in modo particolare, sono considerati tra i principali esponenti della tendenza a cercare di cambiare in positivo la visione degli occidentali sugli uomini asiatici come sex symbol e allontanare l’idea di mascolinità da norme assolutamente tossiche. 
Eppure, come molti altri artisti, anche i BTS sono riusciti a fare questo imparando ed educandosi sul sessismo e le tendenze oggettificanti di alcuni dei loro primi testi e video musicali. Il percorso di crescita sviluppatosi negli anni lo si può vedere proprio nell’evoluzione dei loro testi che, ora, si focalizzano più sull’auto-realizzazione e su esperienze condivise, nelle collaborazioni con incredibili artiste (tra cui Halsey, Sia, Nicki Minaj e le regine del pop coreano, Suran e IU), nel trattare apertamente temi e problematiche più profondi da cui sono stati toccati sia personalmente che come gruppo e nell’indossare senza remora alcuna il rosa, colori pastello, lustrini, fronzoli, gonne, borsette, chocker e corsetti. 
Questa loro considerazione per il potere dell’abbigliamento e la loro influenza senza rivali li ha fatti apprezzare anche dal mondo della moda, campo nel quale, tuttavia, i membri hanno pochissimi sponsor, preferendo infatti rimanere liberi di comprare soltanto ciò che si confà al loro gusto personale. Ma è proprio per questo che, quando decidono di indossare un capo in particolare, se ne registra prontamente il tutto esaurito in tutto il mondo, la notizia si diffonde e questo permette loro di farsi conoscere ancor di più. 
Una collaborazione particolare è stata però quella con Dior che ha creato per il gruppo gli outfit per alcune esibizioni del ‘Love Yourself: Speak Yourself Tour’ tenutosi lo scorso anno. Il direttore creativo della casa di moda, Kim Jones, all’epoca disse a riguardo: ‘Amo i BTS perché sono dei ragazzi eccezionali e anche molto interessati alla moda. Ognuno dei membri ha un gusto e uno stile personalissimi, eppure funzionano tutti se messi insieme. Tutti quelli che conosco sono praticamente innamorati di loro!’. 
-Dire la verità ai potenti
In molti non avevano preso sul serio il fatto che i BTS fossero delle vere e proprie nuove icone culturali, ma tutto cambiò quando nel 2018 il gruppo venne invitato a tenere un discorso alle Nazioni Unite e, proprio in quella occasione, il messaggio di amore per la propria persona fu ascoltato forte e chiaro dai potenti del mondo in un eloquente e toccante discorso per ‘Generation Unlimited’, campagna promossa dall’UNICEF. 
‘Come molte persone, anche io ho commesso tanti errori nella mia vita. Ho molte colpe e altrettante paure, ma voglio accettarmi con tutte le mie forze per quello che sono e, così, sto iniziando a volermi bene, un passo per volta. Qual è il tuo nome? Parla con la tua voce’. disse RM in quell’occasione. 
Ma non è stata quella la prima volta in cui il gruppo ha usato la propria enorme piattaforma mediatica per educare gli altri. 
Per anni, infatti, i membri hanno singolarmente e con le proprie forze donato per mostrare il proprio supporto a varie associazione ed enti, dai rifugi per animali, ai fondi per l’istruzione, passando poi per associazioni per la lotta contro il cancro e raccolte alimentari. 
La loro collaborazione con UNICEF Korea è nata, stando a quanto riferito da Gmin Seo, esponente del team di partenariato aziendale e beneficenza dell’ente, ‘da un’ambizione condivisa a creare un mondo nel quale i bambini e i giovani siano liberi dalla violenza e dal bullismo. [I BTS] hanno portato la campagna #EndViolence dell’UNICEF in tutto il mondo. Sia personalmente che attraverso la propria musica e i canali social, il gruppo ha aiutato milioni di giovani ad aprirsi sulle proprie esperienze di violenze e bullismo subiti e li hanno incoraggiati a perseguire sempre ideali di amore e gentilezza’. 
Il loro impegno è su scala globale. Il gruppo ha infatti recentemente donato 1 milione di dollari al movimento Black Lives Matter, cifra, questa, immediatamente raggiunta anche dagli ARMY, già da tempo impegnati in attività di beneficenza, che hanno unito le forze per la campagna #MatchAMillion organizzata dall’account One in an Army, arrivando così a raccogliere, in circa ventiquattro ore, $1,026,531 (N/B: €912.401,28). 
I BTS hanno poi preso parte, insieme ai coniugi Obama, Beyoncé e Lady Gaga tra gli altri, a ‘Dear Class of 2020’, una diretta streaming di YouTube volta a celebrare i diplomandi dell’anno accademico 2019/2020 in isolamento e lockdown, occasione nella quale, rivolgendosi proprio a questi ultimi, tra le altre cose il membro Jin, ad esempio, ha detto, con parole particolarmente adatte al periodo che il mondo sta vivendo: ‘Se vi sentite persi in un vortice di dubbio e incertezza o nella pressione dovuta all’inizio di qualcosa di totalmente nuovo, non andate di fretta. Concedetevi di procedere con calma, un passo alla volta’. 
-Accendi il palco, rompi il silenzio
Uno dei fattori principali del successo dei BTS è il riuscire a immedesimarsi in loro, la loro trasparenza emotiva, cosa che è rimasta costante anche quando sono entrati nell’Olimpo delle superstar. Tutto questo è stato praticamente documentato sin dagli esordi del gruppo attraverso ad esempio vlog registrati negli studi minuscoli in cui lavoravano nei primi anni di carriera, show divertenti e leggeri come il ‘Run! BTS’ e le clip del dietro le quinte del loro lavoro, le cosiddette ‘Bangtan Bomb’. Queste ultime poi si sono evolute, in un certo senso, in vere e proprie docuserie, più curate e lunghe, come ‘Burn The Stage’, andata in onda nel 2018 su YouTube, e l’omonimo film arrivato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo che ha, per altro, battuto il record, precedentemente detenuto dai One Direction, per il più alto incasso registrato nella storia da un docu-film. 
Una terza docuserie, ‘Break The Silence’, è poi stata prodotta quest’anno e mandata in onda a partire dallo scorso maggio e, ancora una volta, ha portato gli spettatori nelle vite dei sette artisti durante il tour, scavando più a fondo, andando oltre il sipario dei loro sfavillanti show e portando alla luce le insicurezze dei sette ragazzi e le loro opinioni sull’enorme popolarità da capogiro che li ha investiti. In questa serie i BTS riflettono su chi sono, su come siano cambiati come persone e su cosa il futuro abbia in serbo per loro. Come fan, ciò che ci si aspetta dagli artisti è cambiato: piuttosto che cercare mistero ed eccentricità, si è ora più attratti da autenticità e senso di responsabilità, arrivando a pretendere queste due cose anche quando la celebrità e il benessere economico hanno ormai elevato e distinto un artista dalla condizione dell’uomo comune. 
Nonostante i riconoscimenti continuino a piovere su di loro, i BTS usano la propria fanbase e il continuo documentare le proprie vite come casse di risonanza e mezzi di messa a terra [per rimanere ancorati alla realtà]. 
In ‘Break The Silence’ RM, scortato in ristorante a cinque stelle ed esterrefatto davanti a una torreggiante parete con scaffali pieni di vini pregiati, ammette incredulo: ‘Anche quando andiamo ad esempio ai Grammy, mi viene ancora da pensare “Ma che ci faccio proprio io qui?” ’. 
Risulta quindi arduo non provare simpatia per il più grande gruppo pop del pianeta quando i suoi membri, invece che lasciarsi risucchiare dall’assurdità e dalla bizzarria della fama, ci ridono sopra”.
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©jimindipityR) | ©VogueUK
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La scimmia in tasca in collaborazione con Il Menù della Poesia Presenta
TRACCE DI BARRIERA Sabato 10 settembre 2022
H. 18 | Il Menù della Poesia
Speakers’ Corner a Ivan Fassio
Giardini di piazza Giovanni Bottesini
COME SI ASCOLTA UN QUARTIERE? COME SI RACCONTA?
Tracce di Barriera è un progetto de Il Menu della poesia in collaborazione con IDA - Itinerari D'Ascolto, Animali Guida, Radiobluenote Records, La Scimmia in tasca. Un vero e proprio itinerario d’ascolto, un percorso poetico e sonoro che racchiude alcuni testi di poeti e poetesse torinesi, che per vari versi hanno animato il quartiere Barriera di Milano, interpretati da alcuni artisti con le voci e la musica, creando così una rete di identità stratificate e sguardi differenti rivolti allo stesso luogo. I testi di  Davide Galipò, Luca Atzori, Chiara De Cillis, Daniele Cargnino, Elena Cappai Bonanni, Carlo Molinaro, Ivan Fassio e Cetty Di Forti per l’occasione verranno interpretati dall’attore Riccardo Pumpo de Il Menù della poesia allo Speakers’ Corner di piazza Bottesini, dedicato alla memoria di Ivan Fassio (1979/2020) poeta, performer e voce viva. Un’occasione per riscoprire il cuore di Barriera di Milano attraverso i versi dei suoi poeti.
Riccardo Pumpo formatosi alla scuola del “Piccolo Teatro” di Milano, ha lavorato con Enrico D’Amato, Luca Ronconi e Paola Bigatto, P. Tarantino, nel sociale con Atir-Teatro Ringhiera, e con la compagnia di Gianni e Cosetta Colla. Vincitore del concorso “Match di monologhi e dialoghi” presso SpazioLaFell, nel 2013 firma la sua prima regia per “A chip in the sugar tour” di Alan Bennett. Dal 2021 è membro attivo dell'associazione culturale "Il Menù della Poesia", progetto di audience engagement con l'obiettivo di promuovere e diffondere la cultura tramite la poesia e l'arte teatrale in contesti non convenzionali per l'offerta culturale.
Un progetto di Poetrification Festival e La scimmia in tasca con il sostegno della Fondazione CRT e il patrocinio della Città di Torino, in collaborazione con Il Menù della Poesia.
Partecipazione gratuita
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gazemoil · 5 years
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I 10 ARTISTI CHE STANNO RIDEFINENDO L’HIP-HOP
di Viviana Bonura
Sin dall’inizio l’hip-hop è un genere di protesta, nato dal disagio degli emarginati che raccontano le violenze, gli sforzi e le subordinazioni vissuti nella quotidianità. Gradualmente diventa la musica di chi non vuole rimanere incastrato nella miseria e di chi sogna una vita diversa, poi diventa il genere di chi ce l’ha fatta e può permettersi tutti i lussi più esagerati. Oggi, dai palchi dei locali e tra i vicoli che una volta ospitavano battle di freestyle, l’hip-hop si è spostato su internet. E’ su Soundcloud, su Spotify e tra i canali dei critici musicali amatoriali che gli artisti hanno la possibilità di costruirsi i propri trampolini di lancio ed ancora prima è dalle camerette e dalle sale di registrazione rudimentali che nascono le tracce più interessanti. Niente grandi etichette, niente produttori leggendari che scovano giovani prodigi, i rapper lasciano che sia il pubblico a sceglierli per primi. Le personalità che animano la scena sono più variopinte - di conseguenza lo è anche il loro background culturale - e loro per primi manifestano il bisogno di allargare i restrittivi canoni che per anni hanno costituito lo stereotipo del rapper. In questo articolo daremo spazio a chi non si conforma, a chi muove il genere nella giusta direzione capendo che per rimanere attuale la musica che da voce alle minoranze deve riflettere il presente. Questi sono dieci artisti che stanno ridefinendo l’hip-hop.
10. JPEGMAFIA
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In occasione dei 50 Migliori Album Del 2018 abbiamo definito JPEGMAFIA, per gli amici Peggy, una scheggia impazzita nelle nicchie dell’hip-hop. Pare che da quella nicchia sia destinato ad uscire, mano a mano che il suo Veteran si fa strada tra i festival statunitensi e che i nuovi singoli accendono l’entusiasmo su internet ci rendiamo conto di quanto questo soggetto strano e nebuloso stia creando fermento nella scena. Notevole per le sue produzioni sempre anticlimatiche, inafferrabili e decostruite sulle quali sfoggia un flow improbabile e flessibile che si destreggia tra glitch e campionamenti che vogliono punzecchiare di proposito gli ascoltatori di hip-hop più inquadrati o sprovveduti. Peggy ha la lingua tagliente ed ironica, morde sul palco e poi si accascia tra la folla, a forza di trotterellare senza respiro riesce a dire e a fare quello che vuole, sputando sentenze su qualsiasi cosa. Tenetelo d’occhio perché ha intenzione di sbeffeggiare stereotipi musicali ed estetici.
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TRACCE CONSIGLIATE: 1539 N. Calvert; Thug Tears; Real Nega
09. Tierra Whack
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Tierra Whack, da Philadelphia, ve la avevamo già consigliata tra le 10 Voci Femminili da Tenere d’Occhio Nel 2019. Nel settore dell’hip-hop la sua risonanza è ancora più forte, sgomitando con una personalità colorata ed ironica che già al primo album si dimostra capace di catturare le sfumature della contemporaneità, sempre più disattenta e superficiale, per sfruttarle a suo favore. Il suo punto di vista teatrale, bizzarro, distorto ed indubbiamente particolare sulla realtà che ci circonda ne coglie la velocissima mutevolezza, il tutto incorniciato da un flow che scalpita per essere messo alla prova, rime frizzanti e produzioni mai monodimensionali. Tierra Whack non ha paura di essere ingombrante, di uscire fuori dal coro per rifugiarsi nel suo mondo, un mondo che a primo impatto può sembrare infantile ed alienato, ma nel quale si celano i mostri più veri.
TRACCE CONSIGLIATE: 4 Wings; Pretty Ugly; Unemployed; MUMBO JUMBO
08. BROCKHAMPTON
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I Brockhampton hanno completamente spazzato via ciò che credevamo fosse il concetto di boy-band ambientandolo nella scena hip-hop statunitense. Già questo basterebbe per garantirgli un posto nella lista, in più questa dozzina di giovanissimi sono capaci di lavorare in totale simbiosi ed evolversi in brevissimo tempo, pensando il loro come un progetto che oltre alla musica include regia, fotografia, direzione artistica e moda. Attraverso gli occhi di chi ha appena compiuto vent’anni danno voce alle urgenze e alle problematiche del millennio dal razzismo, all’omofobia, alla famiglia, alla salute mentale fino alla cultura popolare. Un altro degli elementi fondamentali del collettivo capitanato da Kevin Abstract è quello di spingere le barriere del genere con il quale sono stati identificati e nonostante usino il rap come mezzo prediletto le loro canzoni non sono confinabili all’hip-hop. 
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TRACCE CONSIGLIATE: HEAT; SWEET; IF YOU PRAY RIGHT
07. Rico Nasty
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Rico Nasty è una delle voci più vivaci ed impertinenti del rap odierno. Anche lei giovanissima, le piace cambiare spesso cambiare aspetto, qualsiasi cosa che la distingua e non la categorizzi. L’ostilità degli altri verso questa personalità discola e ruggente non tarda a mancare, per questo Rico risponde a tono nella sua musica, sputando impettita con rabbia e dinamismo su chiunque osi oltrepassare il limite tra giudizio e discriminazione ed aprendo parentesi sulle tribolazioni dell’essere giovani adulti. Il futuro per Rico è imprevedibile ma radioso, specialmente dopo Nasty ed il mixtape Anger Management aspettiamo che altro può riservarci la rapper americana oltre a campionamenti cartoneschi, un’attitudine un pò punk e influenze trap, perché abbiamo l’impressione che abbia ancora degli assi nella manica.
TRACCE CONSIGLIATE: Countin Up; Smack A Bitch; Trust Issues
06. slowthai
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Slowthai, da Northampton, è probabilmente il rapper più promettente della scena hip-hop inglese. Nato dove fiorisce il grime e si svolgono i rave più all’avanguardia, la sua musica sta avendo una notevole risonanza dentro e fuori la sua città tanto da guadagnarsi con l’album di debutto una nomination per il Mercury Prize 2019. Thai ha sempre saputo di voler parlare di casa, offrendo osservazioni che spesso mancano in un genere centralizzato negli Stati Uniti come questo. Nei suoi testi non c’è solo la crisi dell’Inghilterra, la Brexit e l’emarginazione del ceto operaio, ma anche l’insicurezza del non essere abbastanza e la vulnerabilità assoluta che sfida le norme di genere, espressa attraverso un flow crudo ed una striatura inquietante di fondo, il tutto accompagnato da video musicali sempre stimolanti che ritraggono con cura il suo paese d’origine tanto amato ed altrettanto odiato.
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TRACCE CONSIGLIATE: Ladies; Gorgeous; T N Biscuits
05. Noname
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La cultura hip-hop può essere davvero disinibita nello sfoggiare l’assenza di pudore e nel glorificare l’attività sessuale. In un panorama del genere Noname, rapper di Chicago, è stata inizialmente molto riservata per poi parlarne con tutta la delicatezza e la vulnerabilità che caratterizzano le sue liriche nell’ultimo disco Room 25. Noname si porta dietro tutta l’esperienza della poesia per formulare il suo personale stile rap, caratterizzato da un tono pacato e particolarmente discorsivo, senza voler sorprendere a tutti i costi con testi pieni di rime esplosive ma rivelando un’intelligenza notevole e un’attitudine coscienziosa, umile ed intima. Il suo flow è sempre un’unione particolare tra un intenso sentimento di gioia ed un certo senso di malinconia, espresso tramite agili giochi di parole su sonorità delicatamente jazz e soul, mentre nei testi continua ad offrire un’analisi delle sue esperienze di vita come fanno pochi dei suoi colleghi.
TRACCE CONSIGLIATE: Diddy Bop; Reality Check; Blaxploitation; Don’t Forget About Me
04. Denzel Curry
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Con una carriera iniziata grazie a Soundcloud - è stato uno dei primi - Denzel Curry sembrava essere il nuovo predestinato alla trap, invece negli ultimi anni si è dimostrato molto di più. Non soltanto il rapper della Florida si è distinto dai colleghi trapper per la sua maturità lirica, un’attitudine genuinamente molto più aggressiva ed un solido background musicale che gli permette di affrontare qualsiasi sfida, ma ha saputo costruirsi dei personaggi da disco a disco ed aprirsi dei momenti in cui la sua creatività musicale al di fuori dell’hip-hop ha potuto esprimersi. La sua ascesa alla fama è stata rapida e adesso è uno dei rapper più apprezzati negli Stati Uniti, tuttavia nei prossimi anni potrebbe sfondare anche nel mainstream. 
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TRACCE CONSIGLIATE: BLACK BALLONS; SUMO; Psycho
03. Tyler, The Creator
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Tyler, The Creator è uno degli artisti più polarizzanti e intransigenti del decennio. La sua evoluzione nel corso degli anni è altrettanto affascinante ed è stato capace di mostrare le tantissime sfumature del suo progetto artistico che ormai ha definitivamente sconfitto l’idea del rap - e del rapper - nell’hip-hop, tanti personaggi quante sono le fasi che il musicista, produttore, designer e scopritore di talenti ha attraversato. Tyler Okonma - questo il suo vero nome - è riuscito semplicemente a rettificare la sua natura di artista in continua mutazione, mostrandosi intenzionato a non imporsi nessuna barriera per realizzare la sua visione. Per svincolarsi dalle preclusioni dell’identificarsi in qualcosa di preciso, preferisce invitarci a non avere nessuna aspettativa quando si tratta di lui, perché ogni volta sarà sempre diverso.
TRACCE CONSIGLIATE: Domo23; Answer; 911 / Mr. Lonely; EARFQUAKE
02. Kendrick Lamar
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Kendrick Lamar è un artista che non ha bisogno di tante presentazioni. Sembra ormai di parlare di un veterano dell’hip-hop, ma il rapper di Compton inizia a fare scalpore circa sette anni fa, influenzando una nuova generazione di artisti - inclusi molti dei nomi in lista - con la stessa rilevanza dei maestri degli anni ‘80 e ‘90. Grazie alla sua incredibile padronanza del flow, una penna da fuoriclasse ed un autentico gusto per le strumentali Lamar è uno di quelli che saranno senza dubbio ricordati.
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TRACCE CONSIGLIATE: Sing About Me, I’m Dying Of Thirst; i; The Heart Part 4
01. ?
Come starete notando manca il numero uno di questa lista, ma vogliamo lasciare questo posto vuoto di proposito per far in modo che rimanga aperta. Abbiamo di sicuro lasciato fuori qualcuno, forse perché non lo conosciamo o forse perché gli spazi sono davvero pochi rispetto a tutte le personalità attive all’interno dell’hip-hop. Quindi, vogliamo siate voi a scegliere l’ultimo. Chi è il vostro artista che sta ridefinendo l’hip-hop?
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti
TRACCE DI MONDO
Egon Schiele (1890 - 1918) è uno dei molti artisti banalmente interpretati da una critica “patografica” che riduce la libertà d’espressione a riflesso della psiche. Così, quest’originale e geniale pittore è stato inteso alla luce delle sue presunte turbe di uomo irrisolto, ossessionato dalle pulsioni, immerso in una soggettività patologica. Ha ragione Massimo Recalcati: letta in quest’ottica, l’arte diventa misera cosa. Ma qui, la sua critica a un forzato psicologismo e la sua visione dell’inconscio dell’opera, proposta d’origine lacaniana, non è sufficiente: conduce fino a una soglia e non l’attraversa. Non può varcarla. Scrive Lacan: 
«Il reale è ciò che resiste al potere dell’interpretazione. Il reale non coincide con la realtà poiché la realtà tende a essere il velo che ricopre l’asperità scabrosa – «inemendabile» – del reale.» 
La sensibilità, estrema, di un artista, corrisponde alla sua capacità di scorgere oltre la realtà delle cose: la sua personalità altro non è che l’espressione di un’epoca intrecciata con una storia personale, crogiolo vivente di molteplici fonti, variamente assorbite, costitutive di una dimensione culturale e sentimentale, infine stagliate su una tela. Anche se l’interpretazione artistica fosse cosciente, questo non implica l’emergere di stati profondi nei quali fonti misteriose abbiano messo radici. Scrivo nel mio “Sarà dipingere!”:  
 «L’urto lacaniano è un risveglio che tende ad annullare lo scenario artificioso dell’io: questo risveglio non è più una forma che riflette il soggetto ma un apparire concreto e insormontabile che in un tratto di colore o in un oggetto o in un luogo, rifondano la percezione, la svuotano per fare spazio all’imprevedibile.»
E, proseguendo, nello stesso testo aggiungo:  
  «La parola manca. Ma non all’arte. Che possiede il fragore di un fulmine muto. Non risponde alla domanda. Ma rende “visibile” il “pensabile”. Un pensabile vagheggiato nel processo creativo e che, poi, all’improvviso, appare. Ed ecco la ragione di un inconscio dell’opera che trascende l’autore. Di qui, il motivo per il quale un’opera d’arte, un dipinto, una poesia, è un enigma che non si lascia mai spiegare fino in fondo, ma può solo essere compreso, solo interpretato. Entro un limite invalicabile. Come il punto ombelicale di un sogno che lo stesso Freud volle risarcire di una muta barriera che nessun acume può violare.»
Se tutto questo è vero, allora neanche Schiele, pur conducendo l’osservatore sul culmine della soglia, può accompagnarlo oltre.  Ma lo lascia attonito al cospetto di una visione sostenibile per tracce: “Il cieco”, tela del 1913 (collezione privata) recupera una rappresentazione simbolica di straordinaria inventiva: la figura di un essere umano senza la vista intorno al quale sorge l’immaginario infinito della sua mente, la proiezione di forme create dal tatto, dall’odorato, dal gusto, dall’udito.  Immagini interpretate, vissute come analogia di memorie conservate, intrise di una sensualità più acuta, di una percezione più complessa. Tracce di mondo. Di un mondo nascosto.  Impetuose e tragiche per l’anelito a una visione impossibile. “Il cieco” reclina il capo.  Come ciascuno di noi di fronte alla soglia che ci separa dal mistero.
In copertina: Maria Casalanguida, “Nulla dies sine linea”, 2010, collezione privata
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viaggiatricepigra · 5 years
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Opinione: Resti Perfetti, di Helen Fields
Il primo sconvolgente caso dell’ispettore Luc Callanach
Tra le remote montagne delle Highlands, il corpo di Elaine Buxton sta bruciando. Tutto quello che rimarrà per identificare la donna, un brillante avvocato scozzese, sono i suoi denti e un frammento di vestiario. Intanto, nella stanza nascosta sul retro di una casa di Edimburgo, la vera Elaine Buxton urla nel buio. L’ispettore Luc Callanach ha appena messo piede nel suo nuovo ufficio e subito il caso di una donna scomparsa si trasforma in un’indagine per omicidio. Dopo aver lasciato una promettente carriera all’Interpol, Callanach è impaziente di mettersi alla prova con la sua nuova squadra. Ma l’indagine che lo aspetta è molto diversa da qualunque sfida abbia mai affrontato prima d’ora, perché l’assassino ha coperto le sue tracce con cura meticolosa. Quando un’altra donna di successo viene rapita, è chiaro che si tratta di una disperata corsa contro il tempo per impedire al gioco perverso di una mente criminale di mietere altre vittime.
  ADORO!
Ringrazio la Newton per avermelo fatto leggere in anteprima e spero che portino in Italia gli altri volumi di questa serie (questo è il primo di 5 volumi, per ora), che se sono simili a questo, si prospetta una serie davvero molto bella e che potrebbe conquistare anche i lettori italiani.
  
Si tratta di un thriller leggermente atipico ed in questo ha davvero molta forza. L'indagine non è proprio tradizionale, poiché il lettore sa da subito cosa stia succedendo da entrambe le parti, perché Helen da voce anche al Killer. Attraverso i suoi occhi ed i suoi pensieri scopriremo moltissimo riguardo ciò che vuole ottenere ed il percorso che sta intraprendendo per portare a termine i suoi piani. Abbiamo quindi questa voce che ci rivelerà molto, eppure non annoia mai, rimani incollato alle pagine (grazie anche alla bravura nella scrittura dell'autrice) per scoprire sia come andrà avanti il piano del Killer, sia se la polizia riuscirà a capire tutto questo ed a catturarlo. Dalla parte della polizia abbiamo la voce di Luc Callanach, appena trasferito e che ha problemi ad ambientarsi. Ha vissuto in Francia per tutta la vita, nonostante sia mezzo francese e mezzo scozzese; incorrerà le ire di parecchi colleghi che non comprendono come mai lui abbia avuto un posto così importante, quando ci sono parecchi nomi che potevano esser promossi al posto di questo estraneo. Ma rispetto ad altri romanzi (in cui viene calcata la mano e suona tutto come cliché noioso, qui) non c'è così tanta gara per mettergli i bastoni fra le ruote, molti si rivelano maturi e mettono comunque le indagini al primo posto. Ovviamente ci vorrà del tempo per creare alchimia, ma non c'è fretta per diventare amiconi fuori da lavoro. Comunque Luc non fa granché per ingraziarsi i colleghi, ha un carattere burbero, è spesso freddo ed intrattabile. Sarà grazie ad una sua collega investigatrice, Ava, che riesce a spaccare quella barriera e riusciremo a vedere oltre e comprendere come mai sia così. Una cosa interessante è che l'amicizia fra Ava e Luc si cementa molto aiutandosi a vicenda fra i loro due casi principali di cui si occupano: Luc, riguardo Elaine; Ava riguardo....non ve lo dico! Vedere i fatti da prospettive esterne permette ad entrambi di seguire piste diverse, arrivando a rivelazioni che potrebbero portarli alla soluzione dei due casi. Riguardo quello di Ava non viene svelato niente, ci sarà "vecchia" indagine e solo andando avanti nella lettura scopriremo sempre di più a riguardo. Un po' di mistero ci sta! Un romanzo davvero bello e piacevole, che ho divorato rimanendo davvero sorpresa in positivo e senza sentire lo scorrere delle pagine (Già preordinato! Lo voglio in cartaceo: Newton non deludermi e porta anche gli altri, please). Helen scrive davvero in maniera ottima, riuscendo a dare al lettore tante sfaccettature diverse senza che queste risultino superflue (e fastidiose), attraverso due POV, ovvero Luc ed il Killer. Seguiamo le indagini come proseguono, vediamo attraverso la mente del Killer, scopriamo le vite private dei due investigatori e il loro passato (e ciò li rende molto più interessanti, fornendoci spiegazioni per alcuni modi di agire). Davvero un bel thriller, attendo i prossimi, estremamente curiosa di leggere altro dell'autrice.
Non potete farvelo scappare!
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gaetaniu · 2 years
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Tracce di un antico mondo acquatico a Capitol Reef
Tracce di un antico mondo acquatico a Capitol Reef
2 maggio 2022. Il Capitol Reef National Park nello Utah centro-meridionale non ospita né una capitale, né una barriera corallina. Prende il nome invece da due caratteristiche geologiche: le prominenti cupole bianche di Navajo Sandstone, che ricordavano ai primi coloni il Capitol Building di Washington, D.C.; e una formidabile cresta di scogliere rocciose che rappresentava una barriera non…
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