Al tuo percorso.
Purché tortuoso, a volte avvilente, deludente, arduo, amaro.
Ai giorni in cui ti ripeti che non ce la farai e a quelli in cui poi alla fine ce la fai, senza neanche sapere come.
Alla fine di un capitolo, che si aggiunge al mio libro.
Ai passi consapevoli e a quelli inconsapevoli.
Alle scelte prese la notte, che la mattina dopo sembrano tutto fuorché geniali, ma che qualche ora prima sembravano poter risolvere una vita intera.
E alle scelte di pancia, poche, inconsce, determinanti, sbagliate.
A tutte le volte che pensavo che non avrei mai potuto.
A tutte le volte che mi sono sentita sbagliata, inadatta, sgradevole, indesiderata, fuori luogo.
E a tutte le volte che ho reso il mio essere invisibile, qualcosa per cui valesse la pena rimanere esattamente così.
Così come non lo so, qualcosa di diverso.
A tutte le volte che ho pensato a cosa avrei fatto, se non ce l'avessi fatta davvero.
A tutte le volte in cui poi alla fine non ce l'ho fatta.
E a tutte le volte che mi sono ripetuta che "capita", perché le magre consolazioni a volte aiutano a volersi più bene.
Al veleno che mi ha strangolata da dentro, ma che non mi ha uccisa.
Alla capacità di sopravvivere al male e di convivere con uno scheletro che contiene un'anima fatta di spine.
A tutti i miei sguardi impositivi, al mio essere "troppo dura con me stessa", cervellotica, al mio dare il tutto per tutto, senza risparmiare niente per me.
E al mio rimanere vuota. Vuota e invisibile.
Ed infine, a tutte le volte in cui continuerò a credere di non farcela, dimenticandomi dei passi che mi sono lasciata indietro fino ad ora. A me, che cammino con la testa voltata sempre dietro, perché i ricordi sono la cosa per cui vivo così forte.
Alla vita, che a riguardarla sembra un film, di cui quasi mai so essere protagonista.
Alla paura che mi incute camminare in avanti e alla dolcezza che mi mantiene fragile.
E alle parole, tante, troppe parole, che mi scorrono dentro come acqua e che scavano il mio percorso.
- Michela Schiera
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Andando imparo dove devo andare. (Theodore Roethke)
L'arte non è possibile senza una danza con la morte. (Erika Ostrovsky)
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Ne ho passate tante nell’arco della mia breve vita , eppure nonostante la mia tenera età , per un lungo periodo sono stat risucchiata in un vortice di malinconia ed oscurità. Una cosa non causata da me, ma da tutto quello che avevo attorno, non do colpe a nessuno , sono una persona che ci tiene. Questo lungo periodo però è finito. Ho ripreso a vivere davvero, anche se non ho mai perso la mia persona; ne il mio essere solare , ne il mio essere espansiva, sole e e premurosa con tutti. Beh se ve lo state chiedendo si io sono una di quelle poche persone su questa faccia della terra che pur non conoscendo chi ha davanti gli da il 200% dell’appoggio e della felicità. Ma comunque si ne sono uscita un po’ lesa non lo nego, ma ho imparato che io valgo tanto ed ora la gente deve lottare per ottenere il mio 200%
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Ho passato una vita ad amare i colori netti. A cercare di classificare le cose e le persone a dividere, separare, aggiustare, chiarire, controllare. Ho passato anni a chiedermi se amassi il freddo oppure il caldo, la pioggia oppure il sole, la sabbia oppure il vento, il rumore oppure il silenzio. Ho passato una vita a definirmi, perché è definirti che vuole il mondo e pensavo di voler essere ciò che il mondo vuole. Prima ho dissentito, poi ho indietreggiato, poi mi sono ribellata, poi mi sono conformata, poi di nuovo ribellata e poi,poi mi sono semplicemente amata. Prima ho pensato di non valere, poi ho pensato di dover dimostrare, poi ho creduto di non essere abbastanza, poi ho capito che ciò che mi importava era semplicemente "essere". Essere, io volevo "essere". Ho assaporato così il sapore delle sfumature, ho toccato così il calore del tra le righe, ho respirato l'amore per ciò che non vedevo, per ciò che non capivo , per ciò che non parlava, per ciò che non urlava , per ciò che non chiedeva, per ciò che non pretendeva, ma soprattutto per ciò che non si definiva. Ho ascoltato i brividi dell'incertezza , incespicato i passi della non meta, sentito il gelo dell'assenza e il timore della mancanza. Ho sentito forte l'eco della solitudine. Ho trovato luce, luce nell'ombra, ombra nella luce. Bene nel male e male nel bene. Ho capito che il buio non esiste, che è solo mancanza di luce. Ho compreso il valore della lentezza e ascoltato le parole del silenzio. Ho ritardato spesso, ho lasciato che per il mio ritardare mi rimproverassero spesso. Ritardavo perché non sapevo, perché non capivo, perché non volevo, perché incespicavo , perché io ...io non ero. Poi il miracolo, finalmente sei,finalmente del mondo non ti importa il giudizio. Essere non è diventare, essere è ritornare. Sulla via del ritorno ho ritrovato i miei passi, ho ritrovato i miei cocci, mi sono chinata sulla via del ritorno , ho osservato ciò che di me restava e l'ho raccolto. Ho ricomposto il mio puzzle, un puzzle pieno di crepe e ho cominciato a scoprire l'amore per l'imperfezione che ero, per ognuna di quelle crepe tanto visibili ma che tanto mi caratterizzavano e che tanto mi hanno portata a prendere per mano me, il senso e il mondo.
Ora accompagno gli altri, laggiù, fino in fondo a se stessi, a ritrovarsi dove si sono persi, smarriti, perduti e mai più trovati. Li accompagno a riprendersi, a tornare in superficie per mano a se stessi e finalmente più interi, più forti e mai più soli.
Tiziana Cerra
tizianacerra.com
Repost 22 dicembre 2016
(Foto Shifaaz Shamoon, unsplash)
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