Tumgik
#leggere e rileggere
latuaamicaimmaginaria · 4 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
25 notes · View notes
sasdavvero · 8 months
Text
me, writing four connected oneshots, suddenly adding a middle chapter that implies plot, going on writing the previous part and then the future part, suddenly adding the second chronological oneshots and the continuing the nth future part: parkour
7 notes · View notes
deathshallbenomore · 2 years
Text
Tumblr media
neeext non ho assolutamente idea di cosa aspettarmi, time to fuck around and find out
8 notes · View notes
somehow---here · 5 months
Text
La vecchiaia è una realtà che deve esserti comunicata, da solo non si riesce mai a intenderla, può essere scambiata per stanchezza, per noia, e anche per un raffinamento del gusto, del modo di intendere la vita: chiudersi, star soli, leggere e rileggere, sentirsi saggi.
Ennio Flaiano, "Melampus, La metamorfosi amorosa di una donna", 1970, cap. 12
76 notes · View notes
Text
Tumblr media
Ma quanto sono belle quelle rughe attorno agli occhi e alla bocca...segni d'espressione di dolori e di risate.
Segni dei prima e dei dopo.
Adoro la mia pancetta, l'abbiocco serale davanti alla Tv, le commozioni,
i ricordi, i film e quei pezzetti della mia vita trascorsi in bianco e nero.
Ed ancora...la vespa, il solito muretto, il primo bacio e...la prima volta che hai davvero pianto per amore.
Siamo quello che abbiamo imparato da mamma e papà e...quello che poi insegnamo ad essere ai nostri figli.
Da quando ti chiamano Mammina a quando poi ti dicono: “Ma quanto rompi Mà...”
Quanto cazzo siamo belli.
Ognuno con la nostra storia.
Tutti un pò aquile ed un pò conigli.
Belli da leggere…rileggere e da raccontare.
25 notes · View notes
abatelunare · 1 month
Text
Questione d'esperienza
Sto provando a rileggere ora dei libri che non sono riuscito a leggere quando ero ragazzo. Non è che una questione d'esperienza. Più vivi e più leggi, più sei in grado di capire certe scritture. A parte quelle che rimangono del tutto inarrivabili. Perché non potrai vivere né leggere abbastanza per poterle un giorno anche solo sfiorare.
19 notes · View notes
kyda · 3 months
Text
ieri ho finito di ascoltare cuore di cane, molto molto bello, tra oggi e domani penso finirò anche uova fatali. mi chiedo se non sia il momento giusto per provare a rileggere anche il maestro e margherita nei prossimi mesi. ieri sera ho continuato a leggere la commedia di fonvizin che mi piace veramente tanto, la trovo geniale e molto divertente, sono contenta di aver scelto quest'opera a occhi chiusi e anche forse un po' con le spalle al muro, ok, ma a questo punto mi dispiace solo non conoscere abbastanza bene il russo da vedere e capire a fondo la rappresentazione teatrale. oggi comunque finalmente è l'ultimo giorno di orari rigidi di studio e stress e pensare che da domani posso respirare un po' mi sembra una bugia 🤔
15 notes · View notes
girasolealtramonto · 5 months
Text
“Non sarà il primo giorno di un nuovo anno a farci ricominciare. Il tempo scorre sempre e comunque, con o senza di noi. Siamo noi a decidere quando chiudere un capitolo ed iniziarne uno nuovo, quando siamo pronti, questa è la verità. Possiamo solo sperare di essere pronti il prima possibile a ricominciare da noi stessi, di lasciarci alle spalle il capitolo che non riusciamo a finire di leggere, quello che non ce ne fa iniziare uno nuovo. Non mi auguro di finire di leggerlo oggi perché è un nuovo anno, mi auguro solo di riuscire a finire di leggerlo, quando sarò pronta, e passare a quello successivo senza tornare a rileggere le pagine vecchie, quelle che tanto pure se le rileggo non cambiano il prossimo capitolo. Questo mi auguro.”
@girasolealtramonto
17 notes · View notes
armandoandrea2 · 9 months
Text
Per me fotografo, o almeno per il tipo di fotografia che amo e che cerco di praticare, la realtà è un infinito libro da leggere e rileggere.
Ferdinando Scianna
Tumblr media
17 notes · View notes
unamacchiasulcuore · 8 months
Text
Ho provato a leggere per distrarmi un po’, ma in ogni riga c’era il tuo nome e in ogni pagina vedevo il tuo viso. Ho dovuto rileggere lo stesso foglio tre volte prima di arrendermi al tuo ricordo…
#unamacchiasulcuore
17 notes · View notes
belladecasa · 1 year
Text
L'intervista del Corriere a Michela Murgia in relazione al suo tumore mi ha dato tanti spunti di riflessione, e mi ha riportato a rileggere un diaro che scrissi tra 2018 e 2019, gli anni in cui piombai nella fobia della morte e sviluppai una fortissima ipocondria. Non vivevo più e mettevo in pratica dei comportamenti ossessivi di prevenzione e diagnosi di malattie di cui mi vergognavo e mi vergogno tutt'ora. Durò due anni, con alti e (soprattutto) bassi, che si protraevano per mesi, mesi in cui non riuscivo a dare esami, mangiare, dormire, in cui passavo anche tutta la giornata a leggere di sintomi, testimonianze di persone malate, seguivo una pagina Instagram dedicata alle storie di malati di cancro da tutto il mondo. Leggevo di certe cose sempre, anche quando uscivo, cercando di non farmi vedere. Entravo anche nei bagni pubblici per controllare le parti del mio corpo che pensavo più fragili e soggette alla malattia di turno. Ovviamente chi mi stava vicino non mi capiva, il mio ex, mia mamma, alcune mie amiche; mi dicevano che ero irrispettosa nei confronti di chi stava male davvero. Che passavo il tempo a pensare a certe cose perché non avevo un cazzo a cui pensare. Osservazioni che mi sono state sempre fatte rispetto a qualsiasi mio disagio psichico, non solo all'ipocondria, se ci penso, e che hanno innescato ulteriore senso di colpa e quindi danneggiato ulteriormente la mia autostima, aggravando così i miei sintomi e le mie fobie. Dall'ipocondria uscii, più o meno, con la terapia, dal senso di colpa e dall'autodisprezzo che la causarono, no.
13 agosto 2019
Da giorni cerco di venire a patti con l'idea della mia mortalità, senza tregua, e più sono grata alla vita per quello che mi ha donato e dona, più paradossalmente provo rabbia perché sento la precarietà di ogni minuto. Invidio chi è in grado di vivere saggiamente, come se fosse eterno pur essendo cosciente della propria mortalità, e non di meno invidio chi vive senza consapevolezza. Quanto dolore, naturale, primordiale, endemico, o solo spaventoso. Come si può vivere con un'ignota data di scadenza? O anche, come si può non vivere? Un infinito esercizio di retorica. Sono priva di difese. Oscillo di nuovo tra la perdita e il recupero del controllo; mi chiedo anche questa volta se lo perderò davvero. Sto mandando in fumo i miei progetti, lo studio, la laurea, sapendo che poi ne soffrirò ma ora non ci trovo un senso che esuli dall'automatismo. Mi sento sola anche se non lo sono. Soprattutto mi sento in colpa per questo stare male, e ciò non fa che accrescere l'autoaggressività e il rigetto di me stessa, di cui si alimenta la mia malattia in un circolo vizioso.
Una cosa sbagliavo: ero sola. Ero sola ed ero piccola, avevo 22 anni e delle parole troppo grandi dentro: mortalità, autoaggressività, rabbia, rigetto di me stessa. Ero e sono sola, volevo solo un po' di compassione e di conforto; nessuno me li ha dati. Prima di tutto non me li sono dati io. Il mio terapeuta mi ha sempre detto che questa sofferenza è l'altra faccia della mia complessità, che sono coraggiosa e che sono speciale. Non ci ho mai creduto, stasera voglio.
#s
43 notes · View notes
Text
Continuo a leggere e rileggere quei messaggi nella speranza di capire, nella speranza che tu decida improvvisamente di sbloccarmi, di poterti parlare...
Combatto costantemente contro l'impulso di scriverti da un account fake perché tanto poi mi bloccheresti anche lì e poi non voglio rifare gli errori già commessi con altre persone prima di te.
Già quello che è accaduto, non sarebbe dovuto succedere.
Mi stai mandando in panne il cervello.
3 notes · View notes
precisazioni · 11 months
Text
da quanto ne so, chi ha voglia di studiare, di solito, si siede davanti a un libro e studia. evito discorsi sull'adhd e territori adiacenti: non è quello a cui mi riferisco. fintanto mi limito a leggere libri e riviste per diletto, mi pare di assimilare ogni concetto; sono in grado di leggere un articolo di giornale, un paragrafo di un libro e spiegare abbastanza bene cosa vi è riportato. nel momento in cui l'attività si direziona verso un approccio didattico, finalizzato a un esame, si presentano un vuoto nella comprensione e una serie di insicurezze: leggo e rileggo; inizialmente credo di aver capito ma poi nell'esposizione mentale mi forzo a ripetere doverosamente ogni riga o quasi del paragrafo, che inevitabilmente mi porta a ritenere fallacea la mia immagazzinazione del testo e da lì: credevo di avere capito, ma se così non fosse? non è che ci sono significati sfuggevoli in quel che ho letto, un substrato di informazioni? perché non sento la scintilla della comprensione, un eureka! permeo di sensazione fisica, un bagliore cerebrale nel leggere un testo? non è che forse non ho capito nulla? cosa significa capire un testo? che so spiegarlo a parole mie? perché non sono capace di esprimermi con parole mie su ogni argomento che mi interessa? non è che faccio così anche per i libri, per i saggi, per le riviste che leggo? che non capisco niente e faccio finta? di fronte a un esperto, sarei in gado di reggere un confronto verbale? inizio dunque a fissare il testo, a rileggere le parole, concentrandomi su ogni frase che, dopo un po', inizia a perdere di significato, chiedendomi se tra una lettera e l'altra magari si cela, magari riesco a trovare una nuova chiave di lettura
7 notes · View notes
gregor-samsung · 1 year
Text
“ Il metodo Falcone
«Nemico numero uno della mafia», l'etichetta gli resterà attaccata per sempre. Circondato da un alone leggendario di combattente senza macchia e senza paura, il giudice Giovanni Falcone, cinquantadue anni, ne ha trascorsi undici nell'ufficio bunker del Palazzo di Giustizia di Palermo a far la guerra a Cosa Nostra. Queste pagine ne costituiscono la testimonianza. Non si tratta né di un testamento né di un tentativo di tenere la lezione e ancor meno di atteggiarsi a eroe. «Non sono Robin Hood,» commenta in tono scherzoso «né un kamikaze e tantomeno un trappista. Sono semplicemente un servitore dello Stato in terra infidelium». Si tratta dunque piuttosto di un momento di riflessione, del tentativo di fare un bilancio nell'intervallo tra vecchi e nuovi incarichi: il 13 marzo 1991 il giudice Giovanni Falcone è stato nominato direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e Giustizia a Roma.
Lontano da Palermo.
La partenza dal capoluogo siciliano, il distacco da una vita che si alternava tra auto blindate, dall'atmosfera soffocante del Palazzo di Giustizia, dalle lunghe notti a leggere e rileggere le deposizioni dei pentiti dietro le pesanti tende di una stanza superprotetta, dai tragitti tortuosi con la scorta delle auto della polizia a sirene spiegate sono forse stati una specie di sollievo. Ma Falcone non si fa illusioni, non dimentica il mancato attentato del 21 giugno 1989. cinquanta candelotti di tritolo nascosti tra gli scogli a venti metri dalla casa dove trascorre le vacanze: «È vero, non mi hanno ancora fatto fuori… ma il mio conto con Cosa Nostra resta aperto. Lo salderò solo con la mia morte, naturale o meno». Tommaso Buscetta, il superpentito della mafia, lo aveva messo in guardia fin dall'inizio delle sue confessioni: «Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verrà il suo turno. Fino a quando ci riusciranno!».
Roma è soltanto in apparenza una sede più tranquilla di Palermo; ormai da tempo i grandi boss mafiosi l'hanno eletta a loro domicilio. La feroce «famiglia» palermitana di Santa Maria di Gesù vi ha installato antenne potenti. Senza contare la rete creata dal cosiddetto «cassiere» Pippo Calò, con il suo contorno di mafiosi, gangster e uomini politici. Le ragioni per le quali Falcone ha scelto Roma come nuova sede di lavoro sono diverse: nella capitale di Cosa Nostra non poteva più disporre dei mezzi necessari alle sue inchieste e il frazionamento delle istruttorie aveva paralizzato i giudici del pool anti-mafia. Era diventato il simbolo o l'alibi di una battaglia disorganizzata. Conscio di non essere più in grado di inventare nuove strategie, l'uomo del maxiprocesso, che aveva trascinato in tribunale i grandi capimafia, non poteva rassegnarsi a rimanere inerte. Ha scelto di andarsene. Le informazioni da lui raccolte possono essere utilizzate con profitto anche lontano da Palermo. Certo, non dovrà più svolgere personalmente le indagini, dovrà invece creare condizioni tali per cui le indagini future possano essere portate a termine più rapidamente e in modo più incisivo, dando vita a stabili strutture di coordinamento tra i diversi magistrati. Il clima nel capoluogo siciliano è cambiato: è spenta l'euforia degli anni 1984-87, finita la fioritura dei pentiti, lontano il tempo del pool antimafia, dei processi contro la Cupola istruiti magistralmente. In questa città impenetrabile e misteriosa, dove il bene e il male si esprimono in modo ugualmente eccessivo, si respira un senso di stanchezza, il desiderio di ritornare alla normalità. Mafiosi regolarmente condannati sono tornati in libertà per questioni procedurali, alcune facce fin troppo note ricompaiono nei ristoranti più alla moda. Le forze dell'ordine non hanno più lo smalto di un tempo. I pool di magistrati sono ormai svuotati di potere, il fronte ha smobilitato. Cosa Nostra dal canto suo ha rinunciato all'apparente immobilità. La pax mafiosa seguita alle pesanti condanne del maxiprocesso, da un lato, e al dominio dittatoriale dei «Corleonesi» sull'organizzazione, dall'altro, non è più salda come prima. Si moltiplicano i segnali di un progetto di rivincita delle «famiglie» palermitane per riconquistare l'egemonia perduta nel 1982 a favore della «famiglia» di Corleone, i cui capi, latitanti, si chiamano Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Luciano Leggio, quest'ultimo in carcere. La mafia sta attraversando una fase critica: deve riacquistare credibilità interna e rifarsi una immagine di facciata, in quanto entrambe gravemente compromesse. «Abbiamo poco tempo per sfruttare le conoscenze acquisite,» ripete instancabilmente Falcone «poco tempo per riprendere il lavoro di gruppo e riaffermare la nostra professionalità. Dopodiché, tutto sarà dimenticato, di nuovo scenderà la nebbia. Perché le informazioni invecchiano e i metodi di lotta devono essere continuamente aggiornati.». “
Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani, Cose Di Cosa Nostra, Collana Saggi italiani, Milano, Rizzoli. Prima edizione: 13 novembre 1991.
13 notes · View notes
progvolution · 1 year
Text
Finché anch’io arrivo a un punto che certo è il culmine del racconto e mi strappa un forte: «Ah! Che splendida pensata! Com’è ben detto!» e chiudo per un momento gli occhi per ripensare a quanto ho letto, che apre un varco nella babele dei miei pensieri, mi fa scorgere prospettive del tutto nuove, fa fluire verso di me nuove idee e associazioni, sì, mi mette perfino nell’orecchio quell’eterna pulce: «Devi cambiare la tua vita!» E quasi meccanicamente allungo la mano verso la matita e penso: «Questa te la devi segnare», e «ci scriverai vicino un “Molto bene” con un grosso punto esclamativo, e con un paio di parole chiave annoterai i pensieri che questo brano ti ha fatto venire in mente, per aiutare la memoria e documentare il rispetto che provi per l’autore che ti ha così illuminato!» Ma, sorpresa! Quando porto la matita sulla pagina per scarabocchiarci il mio «Molto bene!» mi accorgo che un «Molto bene!» c’è già, e anche le parole chiave che volevo annotare il lettore che mi ha preceduto le ha già scritte, e con una calligrafia che conosco molto bene: la mia. Infatti il mio predecessore altri non era se non io stesso. Ho già letto questo libro molto tempo fa. Allora mi assale una pena indicibile. È una ricaduta dell’antico morbo: l’amnesia in litteris, la perdita totale della memoria letteraria. E mi sento travolgere da un’ondata di rassegnazione davanti all’inutilità di tutti gli sforzi di sapere e di tutti gli sforzi in genere. Perché leggere, dunque, perché rileggere questo libro ancora una volta quando so benissimo che tra poco non mi resterà più neppure l’ombra di un ricordo? Perché, mi chiedo allora, fare qualunque cosa, quando tutto alla fine si disintegra? Perché vivere, quando comunque si deve morire? E richiudo il bel libro, mi alzo e abbattuto, come un cane bastonato, torno davanti alla libreria e lo ripongo in mezzo ad una schiera di volumi altrettanto anonimi e dimenticati.
7 notes · View notes
i-am-a-polpetta · 2 years
Text
mi viene da piangere anche stasera, soprattutto perché resto sola con me stessa e sola con me stessa non ci voglio stare. mi fa male la testa come ai vecchi tempi e mi sento proprio triste. continuo e leggere e rileggere cose che mi fanno stare peggio. ha avuto ragione la mia psicologa quando oggi mi ha parlato di te, per tutto quanto. peccato che farò di testa mia e non la ascolterò. sbagliando sicuramente.
questo tempo non vuole passare e questa malinconia che mi sale dentro al cuore quando entro a casa mia è proprio difficile da sopportare.
tengo il nostro bigliettino nella cover del telefono.
se potessi esprimere un desiderio: vorrei che piovesse.
30 notes · View notes