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#criminalità organizzata
spadotto-ottodespade · 9 months
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Firmate e fate girare🩵
Che la RAI trasmetta il programma di Saviano, Insider2
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unita2org · 4 months
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LA GRAVE SITUAZIONE DELL'ARGENTINA E DELL'ECUADOR
Radiograd.it- Radiosonar https://gemininetwork.it/caffecornetto-argentina-ed-ecuador-cosa-accade/ L’economista Francesco Schettino e dal minuto 17:00 circa Osvaldo Coggiola, argentino di origini italiane, docente all’Università di San Paolo (Brasile) ci offrono un’analisi informata sull’esplosiva situazione argentina dopo la presentazione da parte del neo presidente Milei della ley omnibus, la…
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gregor-samsung · 4 months
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“ Due cosche di mafia sono in faida da lungo tempo. Una media di due morti al mese. E ogni volta, tutto il paese sa da quale parte è venuta la lupara e a chi toccherà la lupara di risposta. E lo sanno anche i carabinieri. Quasi un giuoco, e con le regole di un giuoco. I giovani mafiosi che vogliono salire, i vecchi che difendono le loro posizioni. Un gregario cade da una parte, un gregario cade dall'altra. I capi stanno sicuri: aspettano di venire a patti. Se mai, uno dei due, il capo dei vecchi o il capo dei giovani, cadrà dopo il patto, dopo la pacificazione: nel succhio dell'amicizia. Ma ecco che ad un punto la faida si accelera, sale per i rami della gerarchia. Di solito, l'accelerazione ed ascesa della faida manifesta, da parte di chi la promuove, una volontà di pace: ed è il momento in cui, dai paesi vicini, si muovono i patriarchi a intervistare le due parti, a riunirle, a convincere i giovani che non possono aver tutto e i vecchi che tutto non possono tenere. L'armistizio, il trattato. E poi, ad unificazione avvenuta, e col tacito e totale assenso degli unificati, l'eliminazione di uno dei due capi: emigrazione o giubilazione o morte. Ma stavolta non è così.
I patriarchi arrivano, i delegati delle due cosche si incontrano: ma intanto, contro ogni consuetudine e aspettativa, il ritmo delle esecuzioni continua, più concitato, anzi, e implacabile. Le due parti si accusano, di fronte ai patriarchi, reciprocamente di slealtà. Il paese non capisce più niente, di quel che sta succedendo. E anche i carabinieri. Per fortuna i patriarchi sono di mente fredda, di sereno giudizio. Riuniscono ancora una volta le due delegazioni, fanno un elenco delle vittime degli ultimi sei mesi e «questo l'abbiamo ammazzato noi», «questo noi», «questo noi no» e «noi nemmeno, arrivano alla sconcertante conclusione che i due terzi sono stati fatti fuori da mano estranea all'una e all'altra cosca. C’è dunque una terza cosca segreta, invisibile, dedita allo sterminio di entrambe le cosche quasi ufficialmente esistenti? O c’è un vendicatore isolato, un lupo solitario, un pazzo che si dedica allo sport di ammazzare mafiosi dell'una e dell’altra parte? Lo smarrimento è grande. Anche tra i carabinieri i quali, pur raccogliendo i caduti con una certa soddisfazione (inchiodati lupara quei delinquenti che mai avrebbero potuto inchiodare con prove), a quel punto, con tutto il da fare coi disertori, aspettavano e desideravano che la faida cittadina si spegnesse.
I patriarchi, impostato il problema nei giusti termini, ne fecero consegna alle due cosche perché se la sbrigassero a risolverlo: e se la svignarono, poiché ormai nessuna delle due parti, né tutte e due assieme, erano in grado di garantire la loro immunità. I mafiosi del paese si diedero indagare; ma la paura, il sentirsi oggetto di una imperscrutabile vendetta o di un micidiale capriccio, il trovarsi improvvisamente nella condizione in cui le persone oneste si erano sempre trovate di fronte a loro, li confondeva e intorpidiva. Non trovarono di meglio che sollecitare i loro uomini politici a sollecitare i carabinieri a un’indagine seria, rigorosa, efficiente pur nutrendo il dubbio che appunto i carabinieri, non riuscendo ad estirparli con la legge, si fossero dati a quella caccia più tenebrosa e sicura. Se il governo, ad evitare la sovrappopolazione, ogni tanto faceva spargere il colera, perché non pensare che i carabinieri si dedicassero ad una segreta eliminazione dei mafiosi? Il tiro a bersaglio dell'ignoto, o degli ignoti, continuava. Cade anche il capo della vecchia cosca. Nel paese è un senso di liberazione e insieme di sgomento. I carabinieri non sanno dove battere la testa. I mafiosi sono atterriti. Ma subito dopo il solenne funerale del capo, cui fingendo compianto il paese intero aveva partecipato, i mafiosi perdono quell'aria di smarrimento, di paura. Si capisce che ormai sanno da chi vengono i colpi e che i giorni di costui sono contati. Un capo è un capo anche nella morte: non si sa come, il vecchio morendo era riuscito a trasmettere un segno, un indizio, e i suoi amici sono arrivati a scoprire l'identità dell'assassino. Si tratta di una persona insospettabile: un professionista serio, stimato; di carattere un po' cupo, di vita solitaria; ma nessuno nel paese, al di fuori dei mafiosi che ormai sapevano, l'avrebbe mai creduto capace di quella caccia lunga, spietata e precisa che fino a quel momento aveva consegnato alle necroscopie tante di quelle persone che i carabinieri non riuscivano a tenere in arresto per più di qualche ora. E i mafiosi si erano anche ricordati della ragione per cui, dopo tanti anni, l'odio di quell'uomo contro di loro era esploso freddamente, con lucido calcolo e sicura esecuzione. C'entrava, manco a dirlo, la donna. “
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Leonardo Sciascia, Western di cose nostre, racconto contenuto in:
Id., Il mare colore del vino, Einaudi (collana Nuovi Coralli, n° 82), 1980⁵; pp. 132-35.
 NOTA: La terza raccolta di scritti brevi dell'autore siciliano comparve dapprima nel 1966 col titolo Racconti siciliani, pubblicata in appena 150 copie impreziosite da una acquaforte di Emilio Greco, edite dall’ Istituto statale d'arte per la decorazione e la illustrazione del libro di Urbino. Nel 1973 Einaudi ripropose l’opera ampliata e commentata da una nota dello stesso Sciascia che la considerò quasi un sommario della propria attività letteraria.
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nicolacostanzo · 6 months
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omarfor-orchestra · 1 year
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I can't unsee it
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osappleobeneduci · 11 months
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Operazione antidroga Carcere di Salerno: 52 arresti per spaccio droga e introduzione cellulari
Nella prima mattinata di oggi, giovedì 25 maggio, gli Agenti della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria hanno avviato un’importante operazione nel carcere di Salerno. Sono state eseguite ben 56 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti, tutti accusati di gravi reati legati al traffico di droga e all’introduzione di telefoni cellulari all’interno dell’istituto…
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sauolasa · 1 year
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Mafia sul litorale romano: malavita locale e criminalità organizzata vanno a braccetto
Un altro omicidio, ieri sera a Ostia: probabilmente un regolamento di conti nel traffico di stupefacenti. Il litorale romano e, in particolare Ostia, si conferma una zona nevralgica della criminalità in Italia, dedita soprattutto al traffico di droga, ma non solo
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soldan56 · 4 months
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"Chi racconta la criminalità organizzata vive sapendo che la diffamazione è una compagna di viaggio. Però che una presidente del Consiglio attacchi ripetutamente uno scrittore, che lo porti in tribunale, è qualcosa che dovrebbe far tremare i polsi a voi più che a me": Roberto Saviano risponde all'attacco di Giorgia Meloni, che ad Atreju lo ha accusato di essersi arricchito parlando di mafia.
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blogitalianissimo · 7 months
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capisci che dentro la chiesa è molto peggio di quello che sembra quando nemmeno matteo messina denaro vuole il funerale religioso
Devo essere sincera, sono rimasta molto sorpresa perché di solito chi è coinvolto con la criminalità organizzata dice di essere mooolto devoto
Comunque sì, la chiesa è putridume
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marcoleopa · 10 months
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19 07 23
Corte d’Appello di Caltanissetta, sentenza sul depistaggio del 12 luglio 2022: «il più grande depistaggio della storia d’Italia», «partecipazione morale e materiale di altri soggetti (diversi da Cosa nostra)». E c’erano anche «gruppi di potere interessati all’eliminazione» del magistrato». «Tra amnesia generalizzate di molti soggetti appartenenti alle istituzioni (...) e dichiarazioni testimoniali palesemente smentite da risultanze oggettive e da inspiegabili incongruenze logiche, l’accertamento istruttorio sconta gli inevitabili limiti derivanti dal velo di reticenza cucito da diverse fonti dichiarative»
Salvatore Borsellino: «Non vogliamo che ci siano avvoltoi in via D’Amelio, ipocriti che portino corone e onori fasulli, ho promesso che non avrei più permesso simboli di morte laddove c’è l’Albero della pace voluto da mia madre e dove intendo realizzare un Giardino della pace». «Le sue esternazioni (Min.Nordio), al di là del loro esito, hanno mostrato la volontà di demolire la legislazione pensata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dare gli strumenti necessari a combattere la criminalità organizzata. E se avrò modo di incontrare il premier Meloni - aggiunge - le vorrei chiedere come si concilia il suo entrare in politica dopo la strage di via D’Amelio e la morte di Paolo Borsellino e le esternazioni di un suo ministro che promette di smantellare la legislazione antimafia attaccando proprio l’articolo del concorso esterno in associazione mafiosa eliminando il quale la quasi totalità dei processi per mafia verrebbero ad essere annullati. Io da Giorgia Meloni non mi aspetto parole ma fatti. Lo censuri o lo faccia uscire dal governo come si merita». «Questa volta non ci saranno problemi: sarò io ad accogliere i giovani del corteo delle associazioni e insieme entreremo in via D’Amelio. Forse all’albero Falcone è mancato questo».«L’antimafia non si è spaccata oggi, le varie organizzazioni non hanno lavorato all’unisono anche perché si occupano di cose diverse. Libera di beni confiscati, le Agende rosse di giustizia e verità. Purtroppo quello che mi ha addolorato in questo ultimo anniversario è chi ha trovato la maniera di attaccare i movimento delle Agende rosse, predicando che non ci siano divisioni»
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useless-rambling · 4 months
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Previsioni campate per aria per il finale di stagione da chi non ha manco letto le anticipazioni:
1. Manuel viene a sapere che Dante sia gravemente malato, rinuncia alla fuga a Parigi e l'onerosa questione del rapimento di minore viene risolta come se non fosse mai accaduta (son sciocchezze, qualcuno direbbe pure ragazzate - come le aggressioni a sfondo omofobo, del resto). Raggiunge Simone in ospedale e gli chiede scusa per non essere stato più presente; segue scena strappalacrime per porre le basi alla loro relazione nella s3. Mimmo? Non pervenuto. È tornato in carcere? Molosso ha comprato la sua fiducia a suon di panini al prosciutto e merendine? Er Pantera ha trovato un modo per nasconderlo e proteggerlo? Non ci è dato saperlo, sparirà come i compianti Monica Aureliano Pin Giulio Chicca - un apostrofo napoletano tra le parole Sim e Uel.
Oppure:
2. Manuel è ormai completamente rincoglionito perso andato partito per la tangente. Parte alla volta di Parigi assieme a Nina e alla pargoletta, il cui rapimento ha più tracce e indizi della caccia al tesoro organizzata dalla parrocchia del mio paesino per i bambinetti dell'asilo. Viene arrestato e, per uno strano scherzo del destino, finisce al fresco con Sbarra e Mimmo. La convivenza forzata con quest'ultimo gli fa realizzare che abbiano più cose in comune di quanto pensasse (un genitore assente, le pezze al culo, la criminalità come ultima spiaggia ai problemi economici, la bisessualità). Mimmuel endgame. Sbarra tiene la cerimonia. Fine.
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curiositasmundi · 9 months
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Un personaggio sempre sullo sfondo di vicende misteriose, che appare e scompare, di quelli che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma il cui nome affiora più volte negli atti giudiziari degli ultimi trent’anni. A volte perché accostato alla mafia siciliana, più di recente alla ‘ndrangheta. L’uomo di cui parliamo ha quasi ottant’anni, è nato in Libia ma vive a Catania.
Si chiama Francesco Rapisarda e nel corso della vita ha stretto relazioni pericolose che – seppure non abbiano mai portato a imputazioni per associazione mafiosa – hanno contribuito ad alimentare sul suo conto ombre e misteri. Alcuni dei quali intrecciati con la massoneria. Ora che è al centro di inchieste dell’antimafia, il modo migliore per conoscerlo è risalire la linea del tempo.
Per ultimo il suo nome è comparso nell’inchiesta della procura di Catanzaro che, a inizio luglio, ha riacceso i riflettori sul villaggio Sayonara di Nicotera (Vibo Valentia), passato alla storia per avere ospitato, nell’estate ’92, uno dei summit in cui le ‘ndrine decisero di aderire alla strategia stragista inaugurata da Cosa nostra con le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che, l’anno dopo, avrebbe portato le bombe a Firenze, Roma e Milano.
Per i magistrati, tre decenni dopo quella riunione, il Sayonara era ancora in mano alla ‘ndrangheta. E a dimostrarlo sarebbe proprio la presenza al suo interno di Rapisarda. Sayonara simbolo di un’alleanza duratura tra le organizzazioni mafiose divise dallo Stretto di Messina.
[...]
Per gli inquirenti, Rapisarda sarebbe arrivato al Sayonara forte di alcune referenze mafiose. In particolar modo da parte della famiglia Santapaola-Ercolano, che a Catania rappresenta Cosa nostra.
A sostegno di questa ipotesi, citano i fatti che nel 2016, l’anno prima di prendere la conduzione del lido, avevano portato Rapisarda e il fratello ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Brotherood. Al centro dell’indagine erano finiti i punti di contatto tra esponenti della famiglia Ercolano e alcuni appartenenti a una loggia massonica di cui proprio Francesco Rapisarda era il sovrano.
Grazie a tali convergenze l’uomo, che è anche rappresentante di un’associazione che rimanda all’organo di governo del Rito Scozzese Antico ed Accettato, sarebbe riuscito a turbare un’asta giudiziaria e rientrare in possesso di un complesso industriale. Vicende per le quali Rapisarda è stato condannato a due anni e otto mesi in appello, dopo essere stato assolto in primo grado.
Per spiegare perché la vicinanza agli Ercolano avrebbe rappresentato un buon biglietto da visita agli occhi di Mancuso, i magistrati ricordano invece l’amicizia che lega il boss di Limbadi ad Aldo Ercolano, nipote del capomafia Nitto Santapaola e condannato all’ergastolo per diversi omicidi, tra cui quello del giornalista Giuseppe Fava.
[...]
l capitolo più misterioso della biografia di Francesco Rapisarda risale, però, a tempi più remoti. Si tratta di una vicenda in cui, in prima battuta, venne tirato in ballo insieme al fratello Carmelo, per poi uscire di scena: il duplice delitto della Megara.
È il 30 ottobre 1990 quando, nella zona industriale di Catania, l’auto su cui viaggiavano Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio – amministratore e dirigente della più grande acciaieria di Sicilia – viene crivellata di colpi da un commando che, per gli investigatori dell’epoca, agì con «tecniche quasi militari».
Ad oggi non esistono colpevoli e l’indagine per tre volte è finita sul binario morto della richiesta di archiviazione. L’ultima attende il responso del gip, chiamato a valutare l’opposizione dei parenti delle vittime, convinti che non tutto il possibile sia stato fatto.
Sullo sfondo di questa storia c’è posto non solo la criminalità organizzata. Il 5 novembre 1990 una telefonata all’Ansa di Torino annunciò l’esecuzione di Rovetta e Vecchio per conto della Falange Armata, la sigla che ha accompagnato parte dei misteri italiani dagli anni Novanta in poi – dai delitti della Uno Bianca alle stragi – e che sarebbe sorta all’interno della settima divisione del Sismi, il servizio segreto militare. Di fatto, il duplice omicidio della Megara fu la seconda rivendicazione nella storia della Falange.
A mancare finora è stato anche il movente. L’acciaieria da tempo era nella morsa del racket e, con all’orizzonte una ristrutturazione miliardaria, Cosa nostra avrebbe avuto tutto l’interesse a evitare il clamore di un delitto eccellente.
È tra questi punti interrogativi che, a metà anni Novanta, compaiono sulla scena i fratelli Rapisarda: entrambi attivi nell’indotto della Megara, a citarli è il collaboratore di giustizia Giuseppe Ferone. Secondo il quale, Vecchio sarebbe stato ritenuto colpevole della riduzione di commesse a favore di una delle loro ditte e per questo destinatario di un’estorsione da parte degli emissari di un clan locale, a loro volta vicini ai Rapisarda.
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superfuji · 1 year
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Il rapporto spiega che la tratta, la riduzione in schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione e il traffico di migranti vulnerabili hanno generato entrate significative per individui, gruppi e istituzioni statali e hanno incentivato la continuazione delle violazioni. Ci sono ragionevoli motivi per ritenere che i migranti siano stati ridotti in schiavitù in centri di detenzione ufficiali così come in “prigioni segrete” e che lo stupro sia stato commesso come crimine contro l’umanità. Nel contesto della detenzione, le autorità statali e le entità affiliate – tra cui l’Apparato di deterrenza della Libia per la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo (Dacot), le Forze armate arabe libiche (Laaf), l’Agenzia per la sicurezza interna (Isa) e l’Apparato di supporto alla stabilità (Ssa) e la loro leadership – sono stati ripetutamente trovati coinvolti in violazioni e abusi. I detenuti sono stati regolarmente sottoposti a tortura, isolamento, detenzione in isolamento e negato un adeguato accesso ad acqua, cibo, servizi igienici, luce, esercizio fisico, cure mediche, consulenza legale e comunicazione con i familiari. La missione ha invitato il Consiglio per i diritti umani a istituire un meccanismo di indagine internazionale indipendente dotato di risorse sufficienti e ha esortato l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) a istituire un meccanismo distinto e autonomo con un mandato permanente per monitorare e riferire in merito gravi violazioni dei diritti umani «al fine di sostenere gli sforzi di riconciliazione libici e assistere le autorità libiche nel raggiungimento della giustizia e della responsabilità di transizione». E la cosiddetta Guardia costiera libica? «Il sostegno fornito dall’Ue alla Guardia costiera libica in termini di allontanamenti, respingimenti e intercettazioni ha portato a violazioni di alcuni diritti umani», ha dichiarato uno degli investigatori incaricati dal Consiglio per i diritti umani sotto l’egida dell’Onu, Chaloka Beyani. «Non si possono respingere le persone in aree non sicure, e le acque libiche non sono sicure per l’imbarco dei migranti», ha proseguito, precisando che l’Ue e i suoi Stati membri non sono stati ritenuti responsabili di crimini, ma «il sostegno fornito ha aiutato e favorito la commissione dei crimini» stessi.
Signori, ecco cos’è “a casa loro”. Lo scrive l’Onu
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diceriadelluntore · 11 months
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Il quadro realistico dell'impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall'impressione suscitata da un dato crimine o dall'effetto che una particolare iniziativa governativa può esercitare sull'opinione pubblica.
Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra, 1991
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crossroad1960 · 10 months
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È pericoloso quando la magistratura si vuole sostituire alla politica, ma anche l’inverso, soprattutto se è una politica mediocre, ottusa e intrisa di demagogia qualunquista come l’attuale🤡
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sauolasa · 1 year
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Messina Denaro, i pubblici ministeri: "Lotta alla criminalità organizzata tutt'altro che chiusa"
I residenti si sono riuniti per mostrare il loro apprezzamento a Carabinieri e Procura della Repubblica per la brilante operazione portata a compimento
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