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#letteratura italiana del XX secolo
personal-reporter · 11 months
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Umberto Saba: 140 anni dalla sua nascita
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Umberto Saba è stato uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo.  Nato a Trieste il 9 marzo 1883, Saba ha lasciato un'impronta indelebile nella letteratura italiana e internazionale.  Nel 2023 si celebreranno i 140 anni dalla sua nascita, un'occasione per ricordare la sua vita e la sua opera. La vita di Umberto Saba Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è nato a Trieste il 9 marzo 1883. Figlio di un agente di commercio e di una donna ebrea di famiglia benestante, Saba trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza a Trieste, città che avrebbe influenzato profondamente la sua poesia. Dopo aver abbandonato gli studi di medicina, Saba si dedicò alla scrittura e alla poesia. Nel 1910 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, "Poesie", che fu seguita da molte altre raccolte, tra cui "Il canzoniere" e "Ultime cose". Durante la sua vita, Saba ebbe molti problemi personali e familiari. Ebbe una relazione difficile con la madre e la moglie, e fu costretto a fuggire dall'Italia durante il regime fascista. Tuttavia, nonostante questi problemi, Saba continuò a scrivere poesie e a pubblicare libri fino alla sua morte.Umberto Saba morì a Gorizia il 25 agosto 1957, all'età di 74 anni. L'opera di Umberto Saba L'opera di Umberto Saba è stata caratterizzata da una grande sensibilità e da un profondo senso di introspezione. Saba ha scritto poesie che esplorano i temi dell'amore, della solitudine, della malinconia e della morte, con una grande attenzione per i dettagli e per le emozioni. La poesia di Saba è stata influenzata da molti autori, tra cui Dante, Petrarca, Leopardi e Pascoli. Tuttavia, Saba ha sviluppato uno stile personale e originale, che lo ha reso uno dei poeti più amati e apprezzati della letteratura italiana. Le opere di Saba sono state tradotte in molte lingue e hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. La sua poesia è stata descritta come "intima", "sincera" e "profonda", e ha influenzato molti altri poeti italiani e internazionali. I 140 anni dalla nascita di Umberto Saba Il 9 marzo 2023 si sono celebrati i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba. In Italia e in tutto il mondo, si terranno eventi e iniziative per ricordare la vita e l'opera di questo grande poeta. Saranno organizzate mostre, conferenze, letture e spettacoli teatrali, per celebrare la figura di Saba e la sua eredità letteraria. Inoltre, molte case editrici stanno preparando nuove edizioni delle opere di Saba, con introduzioni e commenti di critici e poeti. Saranno anche pubblicati nuovi libri su Saba e la sua poesia, per approfondire la conoscenza di questo autore straordinario. In conclusione, i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba saranno un'occasione per ricordare la vita e l'opera di uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo. La sua poesia ha influenzato molte generazioni di lettori e poeti, e la sua eredità letteraria è ancora viva e attuale oggi. Read the full article
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pietroalviti · 6 months
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Ceccano, Marcello Carlino racconta Italo Calvino, giovedì 26 ottobre, ore 18 in biblioteca
Appuntamento da non perdere quello di giovedì 26 settembre, alle ore 17, nella biblioteca comunale di Ceccano, dove Marcello Carlino, già professore di letteratura italiana contemporanea alla Sapienza, terrà una lectio magistralis su Italo Calvino, in occasione del centenario della nascita di uno dei più importanti scrittori italiani del XX secolo. Calvino era infatti nato a Santiago di Cuba il…
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ildalil · 7 months
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Italiano Facile: Livello A1 lesson 7 Cultura italiana
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7 Cultura italiana 7.1 Storia e geografia La storia e la geografia sono due argomenti fondamentali per comprendere la cultura italiana. In questa sezione, esploreremo brevemente la storia e la geografia dell'Italia, fornendo una panoramica generale che ti aiuterà a comprendere meglio il contesto culturale del paese. Storia dell'Italia L'Italia ha una storia ricca e affascinante che risale a migliaia di anni. Durante l'antichità, l'Italia era abitata da diverse popolazioni, tra cui gli Etruschi, i Greci e i Romani. L'Impero Romano, fondato nel 27 a.C., è stato uno dei più grandi e influenti imperi della storia. Durante questo periodo, l'Italia ha visto una grande espansione territoriale e ha contribuito allo sviluppo di importanti conquiste culturali, come l'arte, l'architettura e il diritto romano. Dopo la caduta dell'Impero Romano, l'Italia è stata divisa in vari regni e città-stato durante il periodo medievale. Nel Rinascimento, l'Italia è stata il centro di un grande movimento culturale e artistico, con figure come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello che hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'arte. Durante il XIX secolo, l'Italia ha vissuto un periodo di unificazione nazionale, noto come il Risorgimento. Dopo una serie di guerre e conflitti, l'Italia è stata finalmente unificata nel 1861, diventando uno stato unitario. Durante il XX secolo, l'Italia ha vissuto momenti di grande trasformazione politica e sociale, tra cui la dittatura fascista di Benito Mussolini e la partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale. Oggi, l'Italia è una repubblica parlamentare e fa parte dell'Unione Europea. Il paese è noto per la sua cultura, la sua cucina, la moda e il suo patrimonio artistico. Geografia dell'Italia L'Italia è situata nel sud dell'Europa e si estende su una penisola che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Il paese confina con la Francia, la Svizzera, l'Austria e la Slovenia. L'Italia è divisa in 20 regioni, ognuna con le sue caratteristiche geografiche e culturali. La geografia italiana è molto varia, con montagne, colline, pianure e coste. Le Alpi, che si estendono lungo il confine settentrionale, sono una catena montuosa famosa per le sue vette imponenti e i panorami mozzafiato. Il punto più alto delle Alpi italiane è il Monte Bianco, che raggiunge un'altezza di 4.810 metri. Le regioni centrali dell'Italia sono dominate dalla catena montuosa degli Appennini, che si estende per circa 1.200 chilometri dalla Liguria alla Calabria. Gli Appennini sono meno imponenti delle Alpi, ma offrono comunque paesaggi spettacolari e sono una popolare destinazione per gli amanti della natura e degli sport all'aria aperta. Le pianure del Po, situate nella parte settentrionale del paese, sono una delle aree più fertili d'Europa e sono famose per la loro produzione di riso, mais e frutta. Le coste italiane sono lunghe e varie, con spiagge sabbiose, scogliere rocciose e baie pittoresche. Le isole italiane, come la Sicilia e la Sardegna, offrono paesaggi unici e una cultura diversa dal resto del paese. Conclusioni La storia e la geografia dell'Italia sono strettamente intrecciate e hanno contribuito a plasmare la cultura e l'identità del paese. Conoscere la storia e la geografia italiana ti aiuterà a comprendere meglio la mentalità e le tradizioni degli italiani. Continua a esplorare e approfondire questi argomenti per arricchire la tua conoscenza della lingua e della cultura italiana. 7.2 Arte e letteratura L'arte e la letteratura italiana sono famose in tutto il mondo per la loro bellezza e importanza storica. In questa sezione, esploreremo alcuni dei più grandi artisti e scrittori italiani, nonché le opere d'arte e i capolavori letterari che hanno contribuito a definire la cultura italiana. Arte italiana L'arte italiana ha una lunga e ricca storia che risale all'antichità. Durante il Rinascimento, l'Italia è stata il centro dell'arte europea, producendo alcuni dei più grandi artisti di tutti i tempi. Uno dei più famosi è Leonardo da Vinci, noto per opere come "La Gioconda" (meglio conosciuta come "Monna Lisa") e "L'Ultima Cena". Le sue opere sono caratterizzate da una straordinaria attenzione ai dettagli e da una profonda comprensione dell'anatomia umana. Un altro grande artista italiano è Michelangelo Buonarroti, famoso per le sue sculture come "La Pietà" e "David", nonché per i suoi affreschi nella Cappella Sistina. Le sue opere sono caratterizzate da una grande maestria tecnica e da una profonda espressione emotiva. Altri artisti italiani di grande rilievo includono Raffaello Sanzio, con le sue opere classiche e armoniose, e Caravaggio, noto per il suo uso innovativo della luce e dell'ombra. Questi artisti hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'arte e continuano ad ispirare gli artisti di oggi. Letteratura italiana La letteratura italiana ha una tradizione altrettanto ricca e influente. Uno dei più grandi poeti italiani è Dante Alighieri, autore de "La Divina Commedia". Quest'opera epica è considerata uno dei capolavori della letteratura mondiale e narra il viaggio di Dante attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. La sua scrittura è caratterizzata da una profonda riflessione sulla condizione umana e da una straordinaria bellezza poetica. Un altro grande scrittore italiano è Giovanni Boccaccio, autore del "Decameron". Questa raccolta di novelle è considerata una delle opere più importanti della letteratura italiana e ha influenzato molti scrittori successivi. Il "Decameron" narra le storie di un gruppo di giovani che si rifugiano in campagna per sfuggire alla peste e si raccontano storie per passare il tempo. Altri autori italiani di grande rilievo includono Alessandro Manzoni, autore de "I Promessi Sposi", un romanzo storico che racconta la storia di due giovani innamorati nel contesto della Lombardia del XVII secolo, e Italo Calvino, autore di opere come "Il Barone Rampante" e "Le città invisibili", che esplorano temi come l'immaginazione e la realtà. L'importanza dell'arte e della letteratura italiana L'arte e la letteratura italiana hanno avuto un impatto significativo sulla cultura mondiale. Le opere d'arte italiane sono esposte nei musei di tutto il mondo e sono ammirate per la loro bellezza e maestria tecnica. La letteratura italiana ha influenzato molti scrittori e artisti successivi, che hanno tratto ispirazione dalle opere dei grandi maestri italiani. Inoltre, l'arte e la letteratura italiana sono un importante veicolo per comprendere la storia e la cultura del paese. Attraverso le opere d'arte, possiamo esplorare le diverse epoche storiche e le idee che hanno plasmato l'Italia. La letteratura italiana ci offre una finestra sulla vita quotidiana, le tradizioni e le sfide che gli italiani hanno affrontato nel corso dei secoli. Studiare l'arte e la letteratura italiana non solo ci permette di apprezzare la bellezza delle opere, ma ci aiuta anche a sviluppare una migliore comprensione della cultura italiana e della sua identità unica. Inoltre, ci offre l'opportunità di arricchire il nostro vocabolario e migliorare le nostre competenze linguistiche attraverso la lettura di testi originali. In conclusione, l'arte e la letteratura italiana sono tesori culturali che meritano di essere esplorati. Attraverso l'apprendimento di queste forme d'arte, possiamo immergerci nella ricca storia e cultura italiana, arricchendo la nostra conoscenza e apprezzando la bellezza delle opere dei grandi maestri italiani. 7.3 Cucina italiana La cucina italiana è famosa in tutto il mondo per la sua varietà di sapori, ingredienti freschi e piatti deliziosi. In questa sezione, esploreremo alcuni dei piatti più iconici della cucina italiana e impareremo alcune parole e frasi utili per ordinare cibo al ristorante. I piatti italiani più famosi La cucina italiana è conosciuta per la sua semplicità e l'uso di ingredienti di alta qualità. Ecco alcuni dei piatti italiani più famosi: - Pizza: La pizza italiana è un classico intramontabile. La pizza margherita, con pomodoro, mozzarella e basilico, è uno dei piatti più popolari in Italia e nel mondo. - Pasta: La pasta è un'altra specialità italiana amata da tutti. Ci sono innumerevoli tipi di pasta, come spaghetti, penne, fusilli e lasagne, che possono essere accompagnati da una varietà di salse deliziose. - Risotto: Il risotto è un piatto di riso cremoso e ricco di sapore. Il risotto alla milanese, con zafferano e formaggio parmigiano, è uno dei più famosi. - Gelato: Il gelato italiano è conosciuto per la sua consistenza cremosa e i gusti autentici. Ci sono molti gusti tra cui scegliere, come cioccolato, fragola, pistacchio e limone. - Tiramisù: Il tiramisù è un dolce al cucchiaio molto amato. È fatto con savoiardi inzuppati nel caffè, crema di mascarpone e cacao in polvere. Frasi utili al ristorante Quando si mangia al ristorante in Italia, è utile conoscere alcune frasi per ordinare il cibo e comunicare con il personale. Ecco alcune frasi utili: - "Posso avere il menù, per favore?" - Chiedi il menù al cameriere. - "Vorrei ordinare..." - Inizia a fare il tuo ordine. - "Mi consiglia qualcosa di tipico?" - Chiedi al cameriere di consigliarti un piatto tipico. - "Mi piacerebbe provare il piatto del giorno." - Chiedi di provare il piatto speciale del giorno. - "Per me, un'insalata mista come antipasto." - Fai un'ordinazione specifica per te. - "Mi porti un bicchiere d'acqua, per favore?" - Chiedi un bicchiere d'acqua. - "Mi scusi, potrebbe portarmi il conto?" - Chiedi il conto alla fine del pasto. Specialità regionali L'Italia è divisa in diverse regioni, ognuna con la propria cucina tradizionale. Ecco alcune specialità regionali che potresti voler provare: - Piemonte: Il Piemonte è famoso per il suo tartufo bianco e il bollito misto, un piatto di carne bollita servito con salse deliziose. - Toscana: La Toscana è conosciuta per la sua bistecca alla fiorentina, un taglio di carne di manzo cotto alla griglia e servito al sangue. - Campania: La Campania è la patria della pizza napoletana, con la sua crosta sottile e i sapori autentici. - Sicilia: La Sicilia è famosa per i suoi cannoli, dolci a base di ricotta e pasta croccante. - Liguria: La Liguria è nota per il suo pesto alla genovese, una salsa a base di basilico, pinoli, aglio, formaggio e olio d'oliva. Buon appetito! La cucina italiana è un vero tesoro culinario e provare i suoi piatti è un'esperienza da non perdere. Speriamo che questa sezione ti abbia dato un'idea di cosa aspettarti quando ordini cibo in Italia e ti abbia fatto venire l'acquolina in bocca. Buon appetito! 7.4 Feste e tradizioni In Italia, le feste e le tradizioni sono parte integrante della cultura e della vita quotidiana. Ogni regione e città italiana ha le sue festività uniche e tradizioni che vengono celebrate con grande entusiasmo e partecipazione da parte della comunità locale. Queste festività offrono un'opportunità unica per immergersi nella cultura italiana e scoprire le tradizioni secolari che sono state tramandate di generazione in generazione. Una delle festività più importanti in Italia è il Natale, che viene celebrato il 25 dicembre. Durante questa festa, le famiglie si riuniscono per condividere un pasto speciale e scambiarsi regali. Le città italiane sono decorate con luci colorate e alberi di Natale, creando un'atmosfera magica e festosa. Una tradizione molto amata è il presepe, una rappresentazione della natività che viene allestita in molte case e chiese. Un'altra festa molto importante in Italia è il Capodanno, che viene festeggiato il 31 dicembre. Durante questa festa, le persone si riuniscono per festeggiare l'arrivo del nuovo anno. Una tradizione comune è quella di brindare con lo spumante a mezzanotte e scambiarsi auguri di buon anno. Molte città italiane organizzano anche spettacoli di fuochi d'artificio per celebrare l'occasione. La Pasqua è un'altra festività significativa in Italia. Durante questa festa, le famiglie si riuniscono per celebrare la resurrezione di Gesù Cristo. Una tradizione molto popolare è quella di scambiarsi uova di cioccolato e partecipare a processioni religiose. In molte città italiane, vengono organizzate rappresentazioni teatrali della Passione di Cristo, che attirano visitatori da tutto il mondo. Oltre alle festività religiose, ci sono anche molte festività civili in Italia. Una delle più famose è il Carnevale, che si tiene in diverse città italiane, come Venezia e Viareggio. Durante il Carnevale, le persone si vestono con costumi elaborati e partecipano a parate e feste di strada. È un momento di grande allegria e divertimento, in cui le persone si lasciano andare e si godono la compagnia degli amici e della famiglia. Un'altra festa molto amata in Italia è la Festa della Repubblica, che si celebra il 2 giugno. Questa festa commemora la nascita della Repubblica Italiana nel 1946, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Durante questa festa, vengono organizzate parate militari e spettacoli pubblici per celebrare l'unità e l'indipendenza dell'Italia. Ogni regione italiana ha anche le sue festività e tradizioni locali. Ad esempio, a Venezia si tiene il famoso Carnevale di Venezia, con le sue maschere elaborate e i costumi tradizionali. A Napoli, si celebra la festa di San Gennaro, il patrono della città, con processioni religiose e festeggiamenti in strada. A Siena, si tiene il Palio, una corsa di cavalli che si svolge nella piazza principale della città. Partecipare alle festività e alle tradizioni italiane è un modo fantastico per immergersi nella cultura del paese e imparare di più sulla sua storia e sulle sue tradizioni. Durante queste festività, è possibile assaggiare piatti tradizionali italiani, ascoltare musica folk e partecipare a eventi culturali unici. È anche un'opportunità per fare nuove amicizie e creare ricordi duraturi. In conclusione, le feste e le tradizioni italiane sono un aspetto fondamentale della cultura italiana. Ogni festività ha le sue peculiarità e offre un'esperienza unica per coloro che vogliono conoscere meglio l'Italia e la sua gente. Partecipare a queste festività è un modo divertente e coinvolgente per imparare la lingua italiana e scoprire la ricchezza della cultura italiana. 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lamilanomagazine · 10 months
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Lecco: A Palazzo delle Paure "Novecento: il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso".
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Lecco: A Palazzo delle Paure "Novecento: il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso". Prosegue a Lecco il ciclo espositivo di Percorsi nel Novecento, programma ideato dalla Direzione del Sistema Museale Urbano Lecchese e affidato per la sua progettazione e realizzazione a ViDi Cultural che, fino a novembre 2024, analizzeranno la scena culturale italiana del XX secolo. Il nuovo capitolo di questa narrazione, dopo la rassegna che ha esplorato l’universo futurista, è in calendario al Palazzo delle Paure, dal 22 luglio al 26 novembre 2023, con NOVECENTO. Il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso. La mostra, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese, travel partner Trenord, presenta oltre 60 opere di artisti quali Mario Sironi, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Felice Casorati, Arturo Martini, Giacomo Manzù, Mario Mafai, Renato Guttuso e molti altri che, nel periodo tra le due guerre, sostennero il Ritorno all’ordine, ovvero il richiamo alla figurazione senza rinnegare lo spirito delle avanguardie d’inizio secolo di cui erano stati fautori. Il percorso è punteggiato da approfondimenti sulle altre espressioni creative coeve, dal design all’architettura, con l’affermarsi dell’Art Déco e del Razionalismo, dal teatro alla letteratura. Come le altre mostre del progetto di Palazzo delle Paure, l’esposizione sarà corredata da un importante apparato didattico-narrativo, con cenni storici, informazioni e spiegazioni dal taglio divulgativo. “Ritorna una grande mostra a Palazzo delle Paure proposta da ViDi - dichiara Simona Piazza, assessore alla Cultura del Comune di Lecco -, con cui con piacere, ormai da diversi anni, promuoviamo grandi mostre nel polo espositivo d’eccellenza della nostra città. Questa nuova mostra dedicata al Novecento segue quella dei Futuristi, che si è appena conclusa con un grande successo di pubblico e, pur ricalcando un analogo arco temporale, propone un percorso artistico più figurativo, classico. L’obiettivo è quello di proporre un excursus negli secoli 800 e 900 in grado di legarsi anche ai temi e alle opere ospitate presso la nostra galleria di arte moderna, per un percorso artistico di scoperta e conoscenza che arriva fino alla prima metà del secolo scorso”. “Dopo la mostra Futuristi - afferma Simona Bartolena -, che indagava l’evoluzione dell’Avanguardia fondata da Marinetti, destinando particolare attenzione al secondo periodo del movimento, si apre ora Novecento, che ne prosegue idealmente il racconto. Gli anni sono i medesimi – dal primo dopoguerra agli anni Quaranta –, ma questa volta il focus è sugli artisti che hanno scelto un ritorno alla figurazione classica. Una tendenza che presenta un ventaglio di possibilità espressive e molteplici possibili sfumature. La complessità del periodo preso in esame si riflette nell’esperienza artistica dei protagonisti della scena culturale del tempo, tra contrasti, contraddizioni e interpretazioni possibili dell’idea di recupero della tradizione figurativa. I colori accesi, la dinamicità, la fantasia e il piglio provocatorio che caratterizzavano le opere della mostra precedente lasciano il passo a composizioni impostate sulla plasticità, la sintesi e la solidità della forma e su tavolozze che prediligono i colori della terra”. “Come di consueto - prosegue Simona Bartolena - l’allestimento e il percorso sono studiati con una precisa idea narrativa che, opera dopo opera, sviluppa il tema, raccontandone i diversi aspetti e le diverse espressioni. Per rendere più fruibile la lettura, abbiamo immaginato oltre alle più classiche sezioni di inquadramento generale dei vari linguaggi, anche sezioni dedicate a specifici generi iconografici, che permettono confronti tra personalità e stili differenti”. Il Ritorno all’ordine ha rappresentato un desiderio comune a gran parte degli ambienti culturali del primo dopoguerra, che urlava l’esigenza di rientrare nei canoni consacrati dalla tradizione, senza perdere di vista lo spirito avanguardista e di rinnovamento culturale promossi dalle generazioni precedenti. In Italia questa sfida venne raccolta da Margherita Sarfatti che fondò il movimento Novecento italiano di cui facevano parte Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, accumunati dalla volontà di rappresentare un’epoca con la loro pittura e di recuperare lo stile dei grandi maestri del passato. Attorno al gruppo di Novecento gravitavano altri autori quali Felice Casorati, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, Giorgio Morandi che, pur sposando gli stessi ideali, non vi aderirono mai del tutto. Particolarmente suggestiva è la sala dedicata a Mario Sironi con opere che ben rappresentano lo stile dell’artista nel periodo preso in esame. Ma in mostra non mancano altri capolavori, quali un raro paesaggio di Giorgio Morandi o l’altrettanto straordinario Rovine dipinto da Afro negli anni trenta. Un ruolo particolare lo occupa il cosiddetto Realismo Magico, di respiro più europeo, che partendo dal recupero di stilemi espressivi classici, si fa tuttavia espressione di una tensione emotiva ben distante dall’esibita monumentalità e solennità di tanta pittura novecentesca. Accanto alle opere riferibili al Realismo Magico, si indagano anche diverse possibili declinazioni oniriche e visionarie della pittura del vero, dagli episodi di matrice surrealista ai retaggi metafisici ancora visibili in alcuni lavori. La rassegna si chiude idealmente con la ricognizione su quegli autori che si posero all’opposizione, anche politica, dell’arte ufficiale, dal gruppo di Corrente di Milano, alla romana Scuola di via Cavour. Accanto ai grandi nomi del tempo, la mostra propone anche, come di consueto, dipinti e sculture di artisti meno noti, che sapranno sorprendere i visitatori. Costruita quasi esclusivamente da opere provenienti da raccolte private (con l’eccezione degli importanti prestiti dal Museo della Permanente di Milano e dalla collezione BPM), l’esposizione offre la possibilità di ammirare lavori ben raramente esposti, talvolta proposti al pubblico per la prima volta.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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baqohudene · 2 years
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Luces de bohemia pdf editorial austral
 LUCES DE BOHEMIA PDF EDITORIAL AUSTRAL >>Download vk.cc/c7jKeU
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        luces de bohemia - resumen
  Madrid : : Editorial Espasa Calpe, , 2006 Luces de Bohemia : Esperento / Ramòn del Valle-Inclàn ; Ediciòn Alonso Zamora Vicente ; Apèndice y glosario Editore: Austral. Publication: 06 aprile 2022. Narrativa Classici XX secolo, Editore: Editorial Ariel. Publication: 30 marzo 2022 Luces de Bohemia. View PDF · Gli studi di letteratura italiana nella Spagna del XXI secolo es a todas luces imprecisa para cualquiera que lea unos cuantos versos de ella. Iluminaciones sobre "Luces de bohemia" de Valle-Inclán. Edizione Spagnolo di Lucia Cantoni e Merak Editing and Graphics Australian cowboys #1. VII, Issue 2 July-December 2020 Looking for Manifestoes General Editors Armando Terra Baixa dirigido por Pau Miró; Luces de Bohemia dirigido por Lluis Con motivo de la edición número 50 de esta obra en Austral y del aniversario de la muerte de su autor, Espasa lo celebra con el lanzamiento de esta edición Editore: Austral. Publication: 05 febbraio 2019 Editore: Ediciones B. Publication: 15 febbraio 2018 Luces de bohemia | Divinas palabras.Hai cercato: valle inclan (autore) X, luces bohemia esperpento edición (titolo) X Editorial: Espasa Calpe Austral, 1 en 1989. Pags:211.
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Dominique de Roux
LA MORTE DI CÉLINE
Nuova edizione italiana a cura di Andrea Lombardi, con una prefazione di Marc Laudelout e uno scritto di Stenio Solinas
Pubblicato in Francia nel 1966, questo lavoro dello scrittore, editore e agitatore culturale Dominique de Roux ha contribuito in maniera determinante a far sì che le visioni e l’opera di Louis-Ferdinand Céline non venissero seppellite con lui alla sua morte.
De Roux, all’epoca appena trentunenne, contribuì a togliere lo scrittore dall’oblio nel quale era stato relegato dopo la sua scomparsa e a legittimarlo letterariamente, suscitando l’inizio di una discussione critica che ancora oggi non accenna a fermarsi. Un saggio critico-letterario, un omaggio a Céline, una profonda e sofferta riflessione sullo stato della letteratura e sul conformismo degli intellettuali.
“La morte di Céline” è un flusso di coscienza che ci permette non solo di scandagliare a fondo l’anima dello scrittore, veggente e narratore dell’Apocalisse, ma anche di fissare il nostro sguardo nell’abisso del XX secolo, che continua a proiettare le sue luci e le sue ombre sul nostro tempo e oltre.
INFO & ORDINI:
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pangeanews · 4 years
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“Il problema cinese da solo è così vasto che nessuna nazione può permettersi ormai di ignorarlo”. Il libro fondamentale di Ezra Pound: “Cathay” (tranquilli, in Italia non c’è più)
Nel 1915 Ezra Pound pubblica a Londra, in una bellissima edizione in coperta azzurra – che ricorda, col senno del dopo, i volumi Scheiwiller – per Elkin Mathews, Cathay, silloge – all’apparenza – di poesie cinesi del canone classico. Per lo stesso editore Pound aveva pubblicato Personae (1909), Exultations (1909), Canzoni (1911). Sono gli anni in cui il poeta fonda riviste – “Blast”, ad esempio, con Wyndham Lewis – e avanguardie, che nascono e subito muoiono – l’imagismo, il vorticismo –, anni, cioè, in cui cerca la propria voce. Con Cathay, prima di tutti, ad esempio, il poeta insegna che la vera avanguardia è scavare nei recessi di civiltà perdute. Pensate a Picasso ispirato dall’arte africana, a Van Gogh sedotto dalle stampe giapponesi: Pound trova in Cina il suo linguaggio. Autentico. Autonomo. Perché è attraversando qualcosa che si approda a se stessi. Per alcuni, Cathay è la più bella raccolta di poesie di Pound. Non è un puzzle critico: sappiamo che il poeta, quando traduce, crea – un esempio nostrano: Quasimodo che piglia e modella i lirici greci. Sentite che bellezza i versi dell’apocrifo Rihaku (la traduzione è di Alfredo Rizzardi):
A settentrione delle mura monti azzurri, Bianco fiume che serpeggi intorno ad essi; Qui dobbiamo separarci E andarcene per miglia e miglia di erba morta.
La mente simile ad ampia nuvola ondeggiante, Il tramonto simile all’addio di vecchi amici Che di lontano s’inchinano al di sopra delle mani congiunte. I cavalli nitriscono l’un l’altro Mentre partiamo.
*
Quando è estetico, l’interesse di Pound è soprattutto ‘scientifico’, infine etico. Pound aveva scoperto la grandezza della poesia cinese antica e del teatro giapponese Noh (amore, quest’ultimo, condiviso con William B. Yeats) attraverso gli studi di Ernest Fenollosa, insigne studioso americano, orientalista entusiasta, già professore all’università di Tokyo, morto a Londra nel 1908. Pound vedeva nell’ideogramma cinese – usato con continuità nei Cantos – un “mezzo di poesia”, come scrive, con indole profetica, come sempre, nel saggio dedicato a Fenollosa: “Il secolo ventesimo non solo apre una pagina nuova sulla storia del mondo, ma schiude anche un nuovo sorprendente capitolo. Orizzonti di strani futuri si aprono all’uomo: culture che abbracciano il mondo intero… Il problema cinese da solo è così vasto che nessuna nazione può permettersi ormai di ignorarlo”. Non solo Pound impone il tema della grande poesia classica orientale, poi di moda (in Italia, fu sdoganata anche da Montale), con forza (“Abbiamo degradato i Giapponesi al rango di plagiari. Abbiamo ritenuto stupidamente che la storia cinese non presentasse alcun barlume di cambiamento nell’evoluzione sociale, nessun’epoca saliente di crisi morale e spirituale… Disgraziatamente in America e Inghilterra si è fatta strada l’idea che la poesia cinese e giapponese sia quasi un gioco futile, senza importanza nel complesso delle grandi letteratura”), ma gl’interessa l’ideogramma come dispositivo linguistico. L’ideogramma infatti è concreto, visivo, molteplice. È immagine che diventa suono e che crea, con forza sintetica, ineguagliata, molti sensi. L’ideogramma sembra rispondere all’utopia di Rimbaud (le parole che si odorano, si vedono, si toccano) e ai criteri dell’imagismo (che postula di “trattare direttamente la ‘cosa’”, non usare parole di troppo, definire un ritmo). L’ideogramma è un amuleto: sei tu a farlo parlare.
*
Insomma, Cathay è il punto di snodo della poetica di Pound. Negli States la Fordham University Press, per la cura di Timothy Billings, ha pubblicato una critical edition del libro, che va trattato come testo poetico di Ezra Pound più che come abbecedario del sinologo dilettante. Nel mondo spagnolo, Buenos Aires Poetry ha da poco partorito una versione di Cathay per la cura di Juan Arabia, poundiano di platino. Anche noi avevamo una bella edizione di Cathay, nella collana ‘trilingue’ Einaudi curata da Valerio Magrelli: in quel caso le poesie di Pound furono ‘trattate’ da Maria Rita Masci e Alessandra C. Lavagnino. Naturalmente quel libro, edito nel 1997, così importante (e bello!, pura poesia desunta da nuvole e pietre), ora risulta “non disponibile”.
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Certo, non che vada meglio in altri mondi all’apparenza ‘avanzati’, più colti. In un saggio pubblicato sulla rivista del “The Russell Kirk Center”, J.L. Wall usa miniere di preservativi per dirci sapide ovvietà, cioè che Pound è “una delle figure cardine della letteratura del XX secolo”. Prima però dobbiamo sorbirci un pippone retorico e puritano (“Cosa dovremo fare di Pound? Una risposta sarebbe ‘cancellarlo’, gettare la sua statua nel fiume e attendere che l’acqua la cancelli. Un gesto del genere non è privo di fondamento: definire ripugnante la sua politica e la sua personalità è un eufemismo. Ma sarebbe anche troppo semplice. Le impronte di Pound sono ovunque: su The Waste Land, ma anche sulle carriere di Yeats, Frost, William Carlos Williams e H.D.; sulla pubblicazione dell’Ulisse di Joyce; sull’imagismo, il vorticismo, la ‘nuova poesia’ del secolo scorso”) e una proposta critica inaccettabile (“È stato poeta di talento, innovativo, fino ai trentacinque anni. I Cantos, sui quali ha scommesso la propria reputazione, sono stati un fallimento”: idiozia al cubo, Pound è poeta implacabile perché imperfetto, imperituro proprio nelle ultime poesie, della vecchiaia, nitide come profezie mutilate, al vento, come uno che vada a bracciate nello stellato). Amen. Affrettiamoci a ripubblicare Cathay.
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L’impegno di Pound dentro la letteratura cinese, come detto, continuò, con l’ostinazione dell’avventuriero. Quando fu arrestato, prese con sé i libri di Confucio, consolazione al St. Elizabeths. Nel 1954 la Harvard University Press pubblica la sua versione di The Classic Anthology Defined by Confucius, tradotta per Scheiwiller da Carlo Scarfoglio nel 1964 (“È questo il tesoro di voci e di vite umane che ci è stato tramandato dal fondo degli ultimi tremila anni; che Confucio, secondo i cinesi, ha non creato, ma messo nella sua vera luce e che Ezra Pound ha reso accessibile a tutti coloro che sanno legger l’inglese”). Nel 1951 aveva tradotto gli Analecta, specificando che “lo studio della filosofia confuciana giova maggiormente di quella greca in quanto non si spreca tempo in vane disquisizioni sull’errore”. Di “ricerca etica e linguistica” più che di traduzione parla Mary de Rachewiltz, che di quel libro ha curato la versione italiana, sempre per Scheiwiller. Sulla copertina gialla, adornata da ideogramma in rosso, l’autore risulta “Pound-Confucio”. Anche quei libri sono difficili da trovare, va da sé, e sono un autentico tesoro.
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“Non conoscere le parole significa non possedere il fluido necessario per conoscere gli uomini” sentenzia Confucio attraverso Pound. Nell’educazione canonica, per chi volesse raggiungere ruoli di governo, in Cina e in Giappone, all’epoca, era necessario superare prove che dimostrassero la conoscenza della lirica, in tutti i suoi generi, nelle sue forme cangianti. Non si doveva diventare poeti, ma saper scrivere poesia: cioè conoscere l’arte dell’allusione, riposare all’ombra di alcune lettere, distinguere la logica dall’ispirazione. Ignari della grammatica, del ritmo, della presenza retorica sarebbe stato impossibile condurre un popolo, dare leggi agli uomini, capire la parola del cielo e quella della terra. (d.b.)
L'articolo “Il problema cinese da solo è così vasto che nessuna nazione può permettersi ormai di ignorarlo”. Il libro fondamentale di Ezra Pound: “Cathay” (tranquilli, in Italia non c’è più) proviene da Pangea.
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lf-celine · 2 years
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NOVITÀ di Passaggio al Bosco Edizioni
Dominique de Roux
LA MORTE DI CÉLINE
Nuova edizione italiana a cura di Andrea Lombardi, con una prefazione di Marc Laudelout e uno scritto di Stenio Solinas
Pubblicato in Francia nel 1966, questo lavoro dello scrittore, editore e agitatore culturale Dominique de Roux ha contribuito in maniera determinante a far sì che le visioni e l’opera di Louis-Ferdinand Céline non venissero seppellite con lui alla sua morte. De Roux, all’epoca appena trentunenne, contribuì a togliere lo scrittore dall’oblio nel quale era stato relegato dopo la sua scomparsa e a legittimarlo letterariamente, suscitando l’inizio di una discussione critica che ancora oggi non accenna a fermarsi. Un saggio critico-letterario, un omaggio a Céline, una profonda e sofferta riflessione sullo stato della letteratura e sul conformismo degli intellettuali. “La morte di Céline” è un flusso di coscienza che ci permette non solo di scandagliare a fondo l’anima dello scrittore, veggente e narratore dell’Apocalisse, ma anche di fissare il nostro sguardo nell’abisso del XX secolo, che continua a proiettare le sue luci e le sue ombre sul nostro tempo e oltre. 
INFO & ORDINI:www.passaggioalbosco.it
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gregor-samsung · 11 months
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“ L'ultimo giorno di scuola, mentre li attendeva, pensava all'opportunità di fare un discorso di congedo, prudente, intonato al suo stato d'animo. Ma convinto che la sua fredda chiarezza, la sua mancanza d'entusiasmo, erano in relazione con la sua decadenza fisica di cui notava giorno per giorno i progressi, non gli parve giusto riversare le sue tristezze nell'anima degli scolari. Né voleva, d'altra parte, lasciare un ricordo che non fosse aderente all'immagine che i giovani s'erano fatta di lui. Comprendeva che, se avesse parlato seguendo le sue vere idee, quel senso di lieve distacco da loro, che egli aveva già notato, si sarebbe accentuato, forse sarebbe divenuto definitivo. Nella loro mente sarebbe rimasto il ricordo del loro vecchio maestro, morto non solo fisicamente, ma morto nell'anima. Sarebbe stato troppo triste. Allora parlò cosí: – Chiudiamo con oggi, venti giugno, il nostro anno di scuola, ultimo forse per il vostro vecchio maestro. So che avvenimenti gravi si stanno preparando, che giornate luminose per l'avvenire del nostro paese metteranno a prova quanti hanno saldezza d'animo, bellezza d'ideali, fermezza di propositi. Bisogna credere: profondamente credere, – e qui si arrestò un momento perché il suono della sua voce lo aveva ingratamente sorpreso, – che il mondo va verso un destino migliore. – Io sono certo che tutti voi troverete nella prossima lotta il vostro posto; che il mio insegnamento avrà avuto il potere di rinsaldare in voi la giovanile fede nell'avvenire della vostra opera e che, comunque e dovunque, voi mi considererete presente in mezzo a voi, con gli stessi sentimenti... ma con migliori gambe. Si volse intorno sperando di avere acceso un sorriso sulla faccia dei suoi scolari. Ma si accorse che era riuscito solamente a commuoverli. Si alzò lentamente; e fece per andarsene, ma di colpo, come per una intesa precedente, i suoi scolari gli furono tutti intorno ansiosi. Egli si arrestò stupito: poi dopo averli guardati negli occhi li abbracciò tutti. Si allontanò con la maggiore rapidità possibile, perché sentiva un tremito in mezzo al petto: un tremito infantile. «Non si sa mai, – pensò, – la vecchiaia fa scherzi molto curiosi». “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 170-172.
[1ª edizione originale: 1942]
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personal-reporter · 11 months
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Italo Calvino: 100 anni dalla sua nascita
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Italo Calvino è stato uno dei più grandi scrittori italiani del XX secolo.  Nato a Santiago de Las Vegas, in Cuba, il 15 ottobre 1923, Calvino è stato autore di opere che hanno segnato la letteratura italiana e internazionale.  Nel 2023 si celebreranno i cento anni dalla sua nascita, un'occasione per ricordare la sua vita e la sua opera. La vita di Italo Calvino Italo Calvino è nato da genitori italiani emigrati a Cuba. Nel 1925 la famiglia si trasferì a Sanremo, in Italia, dove Calvino trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Calvino si unì alla Resistenza italiana e combatté contro il regime fascista. Dopo la guerra, si laureò in Lettere all'Università di Torino e iniziò a lavorare come editore per la Einaudi. La carriera letteraria di Calvino iniziò negli anni '50, quando pubblicò il suo primo romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno". Nel corso degli anni, Calvino scrisse molti altri romanzi, raccolte di racconti e saggi, tra cui "Il barone rampante", "Il cavaliere inesistente", "Le città invisibili" e "Se una notte d'inverno un viaggiatore". Le sue opere sono state tradotte in molte lingue e hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.Calvino morì il 19 settembre 1985 a Siena, all'età di 61 anni. L'opera di Italo Calvino L'opera di Italo Calvino è stata caratterizzata da una grande varietà di stili e generi letterari. Calvino ha scritto romanzi, raccolte di racconti, saggi e poesie, spaziando dal realismo al fantastico, dallo storico al contemporaneo. La sua scrittura è stata influenzata da molti autori, tra cui Jorge Luis Borges, Franz Kafka e James Joyce. Uno dei temi principali dell'opera di Calvino è stato il rapporto tra l'uomo e il mondo. In molte delle sue opere, Calvino ha esplorato il tema della solitudine dell'uomo moderno, del suo isolamento e della sua alienazione. Altri temi ricorrenti sono stati la fantasia, l'immaginazione e la creatività. Le opere di Calvino sono state apprezzate per la loro originalità, la loro bellezza e la loro profondità. La sua scrittura è stata descritta come "leggera" e "aerea", ma anche come "profonda" e "filosofica". Calvino ha influenzato molti altri scrittori italiani e internazionali, tra cui Umberto Eco, Salman Rushdie e David Mitchell. I cento anni dalla nascita di Italo Calvino Il 15 ottobre 2023 si celebreranno i cento anni dalla nascita di Italo Calvino. In Italia e in tutto il mondo, si terranno eventi e iniziative per ricordare la vita e l'opera di questo grande scrittore. Saranno organizzate mostre, conferenze, letture e spettacoli teatrali, per celebrare la figura di Calvino e la sua eredità letteraria.Inoltre, molte case editrici stanno preparando nuove edizioni delle opere di Calvino, con introduzioni e commenti di critici e scrittori. Saranno anche pubblicati nuovi libri su Calvino e la sua opera, per approfondire la conoscenza di questo autore straordinario. In conclusione, i cento anni dalla nascita di Italo Calvino saranno un'occasione per ricordare la vita e l'opera di uno dei più grandi scrittori italiani del XX secolo. La sua scrittura ha influenzato molte generazioni di lettori e scrittori, e la sua eredità letteraria è ancora viva e attuale oggi. Read the full article
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fotopadova · 3 years
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Mario Giacomelli: Figure/Ground
da https://www.getty.edu (trad. G.Millozzi)
 --- Nato in povertà, in gran parte autodidatta, Mario Giacomelli è diventato uno dei più importanti fotografi italiani. Dopo aver acquistato la sua prima macchina fotografica nel 1953, ha iniziato a creare ritratti "umanistici" di persone colte nei loro ambienti naturali e astrazioni drammatiche di paesaggi. Ha continuato a fotografare nella sua città natale, Senigallia sulla costa adriatica italiana, ma non solo, per quasi cinquant'anni. Rese in bianco e nero ad alto contrasto, le sue fotografie sono spesso grintose e crude, sempre intensamente personali.
Questa interessante mostra a Los Angeles (USA) presso il Centro della Fondazione Getty è dedicata alla memoria di Daniel Greenberg (1941-2021) ed è stata possibile grazie alla donazione da lui fatta insieme a Susan Steinhauser.
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Mario Giacomelli (1925-2000) è unanimemente considerato come uno dei più importanti fotografi italiani del XX secolo. Nato in povertà, ha vissuto tutta la sua vita a Senigallia, una città sulla costa adriatica italiana, nelle Marche. Dopo aver perso suo padre all'età di nove anni ed aver completato ad undici la scuola elementare, ha fatto l'apprendista tipografo e lo stampatore, iniziando da autodidatta a dipingere e a scrivere poesie. Con i soldi donati da un anziano dell’ospizio dove la madre lavorava, aprì una sua tipografia, attività che gli ha assicurato la stabilità finanziaria per tutta la vita. Il suo impegno con la fotografia è iniziato poco dopo, profuso la domenica, quando il negozio era chiuso.
Dopo aver acquistato la sua prima macchina fotografica nel 1953, Giacomelli ottenne rapidamente numerosi riconoscimenti per la cruda espressività delle sue immagini, che echeggiavano molte dei temi del cinema neorealista del dopoguerra e della letteratura esistenzialista, con i loro interessi sulle condizioni della vita quotidiana e della gente comune come pensiero, individuale ed affettivo. La sua preferenza per la pellicola con grana grossa e per la carta da stampa ad alto contrasto lo ha portato a creare composizioni audaci e geometriche con neri profondi e bianchi luminosi. Focalizzando più frequentemente la sua macchina fotografica sulle persone, i paesaggi e le marine delle Marche, Giacomelli ha trascorso diversi anni ad esplorare la sua personale idea fotografica, ampliandola e reinterpretandola, o riproponendo un'immagine realizzata per una serie per includerla in un'altra. Dando inoltre alle sue opere titoli derivati ​​dalla poesia, trasformò soggetti familiari in meditazioni su temi esistenziali, il tempo, la memoria e sul senso dell'esistenza stessa.
 LA FORMAZIONE DI GIACOMELLI
Da giovane Giacomelli prestò per un breve periodo servizio nell'esercito italiano durante la II Guerra Mondiale. La sua pratica fotografica mostra l'influenza di due approcci prevalenti nella fotografia europea del dopoguerra: l' "umanesimo", che è spesso associato al fotogiornalismo, e l'espressione artistica come mezzo per esplorare la psiche interiore, derivata dalla teoria della fotografia soggettiva avanzata dal tedesco Otto Steinert (1915-1978). In Italia, questi approcci hanno trovato le loro rispettive controparti nei circoli fotografici "La Gondola", fondato a Venezia nel 1948, e "La Bussola", nato a Milano nel 1947. Giacomelli, da fotografo autodidatta, ha scambiato idee e conoscenze con i membri di entrambi i club. Fu anche cofondatore del circolo "Misa", una sezione locale de "La Bussola" che prese il nome dal fiume che scorre a Senigallia.
Le persone ed i luoghi di Senigallia sono motivi ricorrenti nell'opera di Giacomelli. Oltre a rivelare il suo interesse per le diverse comunità della sua città natale - dalle fotografie di una famiglia rom ai bambini che si divertono sulla spiaggia - dimostrando la sua capacità di combinare impulsi umanistici ed espressivi. Giacomelli sin da giovane capì come la grana grossa, il movimento e l'alto contrasto potevano fare di più che fornire semplicemente una sensazione di astrazione in quanto accrescevano anche il potere emotivo delle immagini.
 I PRIMI LAVORI (1956–60)
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Mia madre 1956, stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Nel 1955 Giacomelli acquistò la fotocamera Kobell di seconda mano con obiettivo Voigtländer che avrebbe impiegato per il resto della sua carriera. In seguito la descrisse come qualcosa che era stato "rattolato", ossia tenuto insieme con del nastro adesivo e che perdeva sempre parti! Realizzata dai produttori milanesi Boniforti & Ballerio, la fotocamera utilizzava rullini 120 per produrre negativi 6 x 9 cm e dandogli la possibilità di usarla con obiettivi intercambiabili ed un flash sincronizzato. Per Giacomelli non era un dispositivo per registrare la realtà, ma un mezzo di espressione personale. La sua prima collaborazione con membri di club fotografici locali e nazionali e la sua sperimentazione con l'illuminazione naturale e artificiale, esposizioni multiple e altre tecniche con questa nuova macchina fotografica ed in camera oscura hanno presto portato a quella raffinatezza di un linguaggio visivo unico che lo contraddistingue.
Tra le prime fotografie di Giacomelli ci sono ritratti di familiari e amici: l'immagine di sua madre che tiene in mano una vanga è una delle sue più significative. Ha anche scattato fotografie di nature morte e studi di figura nella sua casa e nel giardino; i nudi esposti in mostra ritraggono il fotografo e sua moglie, Anna. Relativamente convenzionali nella composizione, queste opere illustrano come Giacomelli abbia imparato il suo mestiere, fornendo anche la misura in cui il suo soggetto è stato suggerito dalle persone e dai luoghi a lui più vicini.
 OSPIZIO | VERRÀ’ LA MORTE E AVRÀ I TUOI OCCHI (1954–83)
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, n. 97 , 1966; stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 La prima opera che Giacomelli espose in serie fu Ospizio. Raffigura i residenti della casa per anziani di Senigallia, dove sua madre lavorava come lavandaia, che ha visitato per diversi anni prima di iniziare a fotografarvi. Realizzate con il flash, le immagini che ne risultano sono caratterizzate da uno studio inflessibile di individui che vivono i loro ultimi giorni. In seguito si riferirà a queste come le sue fotografie più vere e dirette perché riflettevano la sua stessa paura di invecchiare.
Giacomelli ha continuato questa serie per quasi tre decenni, ribattezzandola nel 1966 Verrà la morte e avrà i tuoi occhi come il titolo di una raccolta di poesie dello scrittore Cesare Pavese (1908-1950). Nel portfolio pubblicato nel 1981 ha intensificato le qualità inquietanti del declino e dell'isolamento mentale e fisico ingrandendo piccole porzioni dei suoi negativi e stampando su carta accartocciata anziché piatta.
"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, questa morte che ci accompagna dalla mattina alla sera, insonne".
—Tradotto da Geoffrey Brock, 2002
 LOURDES (1957 e 1966)
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Lourdes, 1957, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 In contrasto con Ospizio / Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, la serie Lourdes descrive persone che vivono con malattie, ferite o disabilità che sono alla ricerca di una guarigione miracolosa. Giacomelli ricevette l'incarico di fotografare in questo luogo di pellegrinaggio cattolico nel sud della Francia nel 1957. Fortemente addolorato da ciò che vide, usò solo pochi rullini, restituì la somma che gli era stata anticipata e per un po’ di tempo non mostrò a nessuno le immagini scattate. Si recò poi di nuovo a Lourdes nel 1966, con la moglie e il secondo figlio. Questa volta era alla ricerca di una cura, per il loro figlio, che aveva perso la capacità di parlare a seguito di un incidente.
Lourdes è l'unica serie realizzata da Giacomelli fuori dall'Italia, anche se gli è stato attribuito un gruppo di fotografie realizzate in Etiopia (1974) ed un altro in India (1976). Giacomelli acquistò macchine fotografiche e pellicole per due persone che stavano programmando un viaggio in questi paesi, ed entrambi hanno tratto spunti e suggerimenti da precedenti discussioni con lui quando fotografarono nelle rispettive località. Giacomelli in seguito fece delle stampe dai negativi e firmò il suo nome su alcuni di essi, riconoscendo così la sua collaborazione.
 PUGLIA (1958)
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Puglia , 1958; stampato 1960, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Giacomelli gestiva la sua tipografia, la Tipografia Marchigiana, nel centro di Senigallia. Un’attività di successo che divenne ben presto un luogo di ritrovo per fotografi, artisti e critici, il cui indirizzo stampato lo ritroviamo sul verso di tutte le sue fotografie. Nei suoi primi anni, l'attività occupava la maggior parte del tempo di Giacomelli, lasciandogli solo la domenica per le sue escursioni fotografiche. Così esplorava più spesso la vicina sua città, le sue spiagge e la campagna circostante nelle Marche, solo di tanto in tanto viaggiava anche più lontano.
Per questa serie, realizzata in Puglia, la provincia più a sud-est d'Italia (il “tacco dello stivale”), dovette fare un viaggio di circa 480 chilometri. Lì ha concentrato la sua attenzione sull'interazione di più generazioni di cittadini che si riuniscono tranquillamente sullo sfondo della tipica architettura semplice e imbiancata delle città collinari come Rodi Garganico, Peschici, Vico del Gargano e Monte Sant'Angelo. Queste immagini ci forniscono un'idea della capacità di Giacomelli di coinvolgere i suoi soggetti, sottolineando anche il fondamentale impulso umanistico nel suo lavoro.
 SCANNO (1957-1959)
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Scanno, n. 52 , 1957-1959; stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 A seguito della sua continua osservazione dei residenti dell'ospizio di Senigallia, le fotografie, che Giacomelli ha realizzato durante i viaggi a Scanno nel 1957 e nel 1959, dimostrano ulteriormente la sua capacità di descrivere le persone in un determinato tempo e luogo. In questo paese situato nell'Appennino dell'Italia centrale, a circa 430 chilometri a sud di Senigallia, Giacomelli incontrò uomini e donne che svolgevano le loro faccende quotidiane o si radunavano in piazza, drappeggiati in abiti o mantelli scuri, con il capo coperto di cappelli o sciarpe. Anche quando si radunano, i soggetti sembrano isolati o persi nei propri pensieri. Sia a fuoco nitido, che sfocato dal movimento, l'individuo, che accidentalmente guarda direttamente nella sua macchina fotografica, suggerisce un senso di mistero o furtività. Giacomelli ha usato, per fotografarli, una bassa velocità dell'otturatore e una ridotta profondità di campo.
 GIOVANI SACERDOTI | NON HO MANI CHE MI ACCAREZZANO IL VOLTO (1961–63)
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Giovani sacerdoti, n. 74, 1961–63; stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Tra le immagini più memorabili di Giacomelli ci sono quelle dei pretini (giovani sacerdoti) del seminario di Senigallia, che ha catturato mentre giocano nella neve o si rilassano nel cortile. Ancora una volta accoppiando le forme particolari di figure vestite di nero (questa volta, seminaristi in tonaca) su uno sfondo bianco (ambienti innevati o assolati), queste fotografie suggeriscono uno stato d'animo più spensierato di quanto non sia evidente in altre serie. Sebbene sembrino coreografie impostate, sono invece il risultato della sfrenata giovialità dei preti mentre corrono, lanciano palle di neve o giocano a girotondo, unite alla lungimiranza di Giacomelli di lasciare che le scene si svolgessero naturalmente, mentre le riprendeva dal tetto.
Dopo aver conquistato la fiducia dei seminaristi, Giacomelli iniziò ad interagire con loro, ma questa interazione si interruppe bruscamente quando propose ai giovani dei sigari in cambio di alcune fotografie che intendeva presentare a un concorso sul tema del fumo. Il rettore del seminario, scandalizzato dalla proposta, gli negò ulteriori accessi. Giacomelli in seguito diede a questa serie il titolo Non ho mani che mi accarezzano il volto, traendo le parole dai primi due versi di una poesia di padre David Maria Turoldo (1916-1992) dedicata ai giovani che abbracciano solitaria vita religiosa. Questo titolo conferisce intensità ai momenti di esuberanza e cameratismo che accompagnano le intense ore di studio in seminario.
 I PRIMI PAESAGGI (1954–60)
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Paesaggio: Fiamme sul campo , 1954; stampato 1980, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 La regione italiana delle Marche è caratterizzata da dolci colline, piccole fattorie e frazioni, tra i primi soggetti fotografati da Giacomelli. Come per i suoi ritratti e gli studi di figure di questo periodo, le composizioni dei suoi primi paesaggi sono abbastanza convenzionali, con elementi in primo piano al centro e sullo sfondo, altri organizzati attorno alla linea dell'orizzonte chiaramente distinguibile. Tuttavia, man mano che affinava la propria tecnica, Giacomelli si posizionava spesso in cima a una collina puntando la macchina fotografica verso il basso o alla base di essa puntandola verso l'alto, eliminando così l'orizzonte e creando un disorientante assieme di forme geometriche. Il suo particolare sviluppo del negativo, l'uso di carta da stampa ad alto contrasto e le manipolazioni in camera oscura hanno ulteriormente migliorato le qualità grafiche distintive delle sue immagini. Non era raro per lui incidere forme sui suoi negativi per aggiungere drammatici contrappunti.
Negli anni Giacomelli è tornato più volte in alcuni siti, documentandoli durante le diverse stagioni e rotazioni di colture. In seguito avrebbe incorporato fotografie realizzate per uno scopo in una serie che aveva altre ambizioni iniziali, in particolare quella di fungere da commento sulla capacità sia degli eventi naturali sia degli interventi umani di cambiare le caratteristiche della terra.
 LA BUONA TERRA (1964-1966)
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La buona terra, 1964-1966: stampato anni '70, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Per questa serie, Giacomelli ha seguito le vicende di una famiglia di contadini per diversi anni mentre conducevano la loro vita quotidiana nelle campagne intorno a Senigallia, seminando e raccogliendo colture e curando il bestiame. Una volta ottenuta la loro fiducia, ha iniziato a realizzare fotografie che sottolineassero la natura ciclica della loro esistenza, includendo sia l'intreccio di più generazioni sia l'intreccio di compiti e responsabilità quotidiane, con momenti di svago e riposo. La buona terra racconta una storia di resilienza, autosufficienza e continuità.
L'ultima di queste immagini è simboleggiata dal motivo ricorrente degli imponenti pagliai che fanno da sfondo al lavoro, al gioco e alla celebrazione del matrimonio di una giovane coppia.
Periodicamente Giacomelli chiedeva alla famiglia, con la quale intratteneva un'amicizia al di là di questo progetto, di utilizzare il proprio trattore per arare precise sagome nei campi incolti. Le immagini risultanti, che costituiscono la base della sua serie Consapevolezza della natura, affrontano la questione degli interventi dell'uomo sul paesaggio. Alcuni esempi sono in mostra parte finale del percorso.
 METAMORFOSI DEL TERRITORIO (1958-1980)
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Metamorfosi della terra, n. 5 , 1971; stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Le fotografie raccolte sotto il titolo Metamorfosi della Terra sono state realizzate nell'arco di circa due decenni nelle campagne senigalliesi. Senza una linea dell'orizzonte per ancorarli, sono disorientanti, richiedendo allo spettatore di fare affidamento su una casa o un albero solitario come punto focale. L'ambiguità prospettica abbonda: Giacomelli ha scattato le fotografie da un punto di vista elevato o abbassato? Ha tenuto la telecamera parallela o perpendicolare al terreno? Questa confusione è il risultato dell'intrinseca "verticalità" della regione collinare marchigiana, o Giacomelli si è affidato alla manipolazione in camera oscura (come la stampa su fogli di carta fotografica inclinati diagonalmente) per creare configurazioni ad angolo retto di forme che altrimenti dovrebbero retrocedere nella distanza ad un determinato punto, seguendo i principi della prospettiva?
Queste ambiguità sono ulteriormente intensificate dall'intenzione di Giacomelli di affrontare con questo lavoro le questioni di abbandono e perdita ecologica. Profondamente in sintonia con la geografia rurale e le pratiche agricole marchigiane, diffida delle conseguenze che hanno accompagnato il passaggio dai secolari sistemi di frazionamento e rotazione delle colture ai moderni metodi di meccanizzazione e concimazione che sovraccaricano il terreno mantenendolo in costante uso. La serie è quella del lamento.
 CONSAPEVOLEZZA DELLA NATURA (1976-1980)
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Consapevolezza della natura, n. 38 , 1977-1978; stampato 1981, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Le fotografie di questa serie sono tra le più iconiche di Giacomelli, notevoli per la loro astrazione grafica e grintosa, che ha ottenuto grazie ad una prospettiva aerea e utilizzando pellicole scadute per esasperare il contrasto tra bianco e nero. Trovando una poetica reciprocità nel ritrarre una terra in “triste devastazione” con una pellicola “morta”, Giacomelli ha percepito queste immagini come un mezzo per resuscitare la sua amata campagna marchigiana e dotarla di un diverso tipo di bellezza. I campi arati pulsano con un'intensità ritmica che è assente dalle immagini precedenti, in parte perché ha chiesto che alcuni di questi solchi fossero incisi appositamente nella terra (come già anticipato, dalla famiglia di contadini che ha descritto in La buona terra). Un timbro sul verso di ogni stampa descrive ulteriormente la serie come “l'opera dell'uomo e il mio intervento (i segni, la materia, la casualità, ecc.) registrati come documento prima di perdersi nelle relative pieghe del tempo”. Le immagini risuonano concettualmente con la Land Art o Earth Art, un movimento artistico attivo alla fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, in cui gli artisti usavano il paesaggio per creare sculture e forme d'arte site-specific. Come era sua abitudine, Giacomelli ha incorporato fotografie di serie precedenti, che potrebbero essere state fatte da una collina vicina o che non includevano i suoi interventi.
 LAVORI SUCCESSIVI (anni '80)
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Le mie Marche, anni '70-'80, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Giacomelli ha concepito molte delle sue serie come sequenze che raccontano storie di individui in un determinato tempo e luogo. Ha intervallato ritratti e paesaggi, ma ha anche unito questi generi in doppie esposizioni o sperimentando tempi di posa lunghi e muovendo la fotocamera durante l'esposizione per sfocare le linee tra la figura e lo sfondo. E ancora una volta, ha spesso riproposto un'immagine realizzata per una serie in un'altra serie, rafforzando il senso di fluidità che collega tutto il suo lavoro. Molte di queste sequenze sono state ispirate da poesie, non nel tentativo di illustrarle, ma per creare narrazioni parallele.
Sebbene le fotografie in questa sezione derivino da serie diverse, ne condividono il senso nell'impostazione, nella posizione o nell'atmosfera. Più facilmente classificabili come paesaggi, segnano un notevole passaggio dalla precedente posizione di Giacomelli di criticare il lento degrado della terra a quella che invece pone le basi per una contemplazione più metafisica dell'interconnessione tra spazio, tempo ed essere. La maggior parte è stata realizzata negli anni Ottanta, quando Giacomelli rifletteva sulla perdita della madre (morta nel 1986), sulla sua crescente reputazione internazionale come fotografo e sulla propria mortalità.
 IL MARE DELLE MIE STORIE (1983-1987)
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Il mare delle mie storie, 1983–87, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Giacomelli ha annotato che il mare a cui si fa riferimento nel titolo di questa serie era quello della sua infanzia, l'Adriatico, ma in realtà era anche il mare di tutta la sua vita. Ha realizzato le sue prime fotografie lungo la costa di Senigallia dopo aver acquistato una macchina fotografica nel 1953. Circa trent'anni dopo, la curiosità su come una prospettiva aerea potesse trasformare l'aspetto delle persone lo ha portato a ricorrere ad un amico che possedeva un aeroplano per farlo volare sopra le spiagge della regione. Le composizioni risultanti creano motivi astratti sulla sabbia, generati dalle forme e dalle ombre di bagnanti, di sedie a sdraio, d'ombrelloni e di barche.
 VORREI RACCONTARE QUESTO RICORDO (2000)
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Vorrei raccontare questo ricordo, 2000, Mario Giacomelli, stampa alla gelatina sali d'argento. Il J. Paul Getty Museum, dono di Daniel Greenberg e Susan Steinhauser. Riprodotto per gentile concessione di Mario Giacomelli Archive © Rita e Simone Giacomelli
 Il titolo poetico di questa serie riflette lo stato d'animo sempre più pensieroso dell'ultimo lavoro di Giacomelli. Di tanto in tanto intravediamo il fotografo stesso mentre si occupa di uno strano assortimento di oggetti di scena, tra cui cani e uccelli di peluche, un manichino e una maschera. Il suo brusco ritaglio, la leggera sovraesposizione per invertire i valori tonali e la pittura o il graffio di aree sul negativo introducono elementi dell'assurdo o del surreale come mezzi per affrontare l'inevitabilità della propria mortalità. La serie, una delle sue ultime, è una meditazione sulla malinconia, la perdita e il passare inesorabiole del tempo.
 RIFLESSIONI SU GIACOMELLI
Giacomelli muore nel novembre 2000 dopo una lunga malattia. Aveva continuato a lavorare su diverse serie fotografiche fino ai suoi ultimi giorni, con il commovente titolo Vorrei raccontare questo ricordo attestando fino alla fine il suo temperamento profondamente introspettivo. Dai suoi inizi poco promettenti come ragazzo povero e poco istruito, Giacomelli ha reindirizzato il corso della sua vita, mantenendo un'attività di stampa di successo che gli forniva sicurezza finanziaria e dedicandosi alle arti come personale mezzo di espressione.  Sebbene fosse autodidatta in poesia, pittura e fotografia, è stato con quest'ultimo mezzo che ha creato un senso di continuità e fluidità per tutta la sua vita. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali come uno dei fotografi più importanti d'Italia nonostante abbia realizzato la maggior parte delle sue fotografie nella sua città natale, Senigallia e nelle vicine Marche.
“Naturalmente [la fotografia] non può creare, né esprimere tutto ciò che vogliamo esprimere. Ma può essere una testimonianza del nostro passaggio sulla terra, come un quaderno…
...Per me ogni foto rappresenta un momento, come respirare. Chi può dire che il respiro di prima sia più importante di quello dopo? Sono continui e si susseguono finché tutto si ferma. Quante volte abbiamo respirato stanotte? Potresti dire che un respiro è più bello degli altri? Ma la loro somma costituisce un'esistenza”.
—Mario Giacomelli, 1987
 LA COLLEZIONE GIACOMELLI
Tra il 2016 e il 2020, i collezionisti di Los Angeles Daniel Greenberg e Susan Steinhauser hanno donato 109 fotografie di Mario Giacomelli al J. Paul Getty Museum. La loro collezione copre ampie aree della produzione di Giacomelli, da alcune delle sue prime immagini a quelle realizzate negli ultimi anni della sua vita. Attingendo dalle loro donazioni, questa mostra è concepita non come una retrospettiva completa, ma come un'opportunità per considerare la visione dei collezionisti nell'assemblare questi fondi in un periodo di vent'anni, facendo comprendere quelle che percepivano come le preoccupazioni chiave della pratica di Giacomelli: la gente e il paesaggio, così come la gente nel paesaggio – il rapporto “figure/ground” del sottotitolo della mostra.
Il Getty Museum è riconoscente anche all'Archivio Mario Giacomelli, con sede a Senigallia, Sassoferrato e Latina, per l'assistenza nella conferma di titoli e date. Nel corso della sua carriera Giacomelli è tornato alle singole immagini, ripensandole e rielaborandole per serie successive, complicando spesso il compito di assegnare titoli o date definitivi. Grazie anche a Stephan Brigidi dei Bristol Workshops in Photography per aver fornito informazioni sui portfolio dell'artista del 1981, La gente e Paesaggio.  Le stampe dei portfolio sono dislocate nei quattro percorsi della mostra e presentate in cornici più leggere ed in misura più grande.
 ---Tutte le immagini in mostra: link
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Mario Giacomelli: Figure / ground
29 giugno-10 ottobre 2021
Getty Center
1200 Getty Center Drive, Los Angeles, CA 90049   ' +13104407300
Orario: 10.00 – 17.00, chiuso il lunedì
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carmenvicinanza · 3 years
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Grazia Deledda
https://www.unadonnalgiorno.it/grazia-deledda/
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Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza.
Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda.
Sono piccina piccina, sa, sono piccola anche in confronto delle donne sarde che sono piccolissime, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali.
Grazia Deledda è stata una delle più importanti scrittrici italiane del Novecento e prima donna italiana a vincere il premio Nobel nel 1926.
Scrittrice intensa e feconda, esponente di Verismo e  Decadentismo, interpretati alla sua maniera, ha scritto le storie della sua terra, la Sardegna.
Nata a Nuoro il 28 settembre 1871, era quinta di sette tra figli e figlie di una famiglia benestante che dopo la madre del padre ebbe notevoli difficoltà economiche. Dopo aver frequentato le scuole fino alla quarta elementare, Grazia Deledda proseguì gli studi con un precettore e da autodidatta, perché, al tempo, alle ragazze non era consentito frequentare le scuole superiori.
Cresciuta in una casa molto religiosa e conservatrice, la sua giovinezza fu segnata da una serie di dolorose tragedie familiari.
Ha imparato a parlare l’italiano verso i 20 anni, prima si esprimeva soltanto nella lingua sarda, e nonostante fosse osteggiata dalla famiglia, ha cominciato a scrivere sin da adolescente. Pubblicò la sua prima novella nel 1886, a quindici anni, su un giornale nuorese. Due anni dopo  già collaborava con varie altri giornali e riviste, prima sarde e poi romane.
Il suo primo libro fu Anime oneste, del 1895.
Trasferitasi a Cagliari nel 1899, conobbe il mantovano Palmiro Madesani, che sposò pochi mesi più tardi spostandosi a vivere con lui a Roma dove continuò a scrivere e pubblicare romanzi. Ebbero due figli, Franz e Sardus.
Elias Portolu, uscito nel 1903, ottenne subito un buon successo e in pochi anni pubblicò moltissimi libri e opere teatrali, tra cui: Dopo il divorzio, Cenere, L’edera e Canne al vento.
Il suo successo fu tale che il marito si licenziò dal lavoro come funzionario al Ministero delle Finanze per diventare  il suo agente.
Il verismo della sua narrativa, i toni cupi e l’ansia di liberazione delle sue opere, le storie di passioni primitive che ha raccontato nei suoi romanzi fecero breccia nella critica, anche all’estero, soprattutto tra gli scrittori russi.
Nel 1927, venne insignita del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.
Il Nobel di Grazie Deledda fu tecnicamente quello del 1926, che la commissione aveva deciso di trattenere per un anno non avendo trovato un candidato adatto a riceverlo.
In 40 anni di carriera la scrittrice ha pubblicato 56 opere tradotte in molte lingue. È stata anche traduttrice, sua è una versione italiana di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac.
Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte il 15 agosto del 1936.
In un primo momento venne sepolta nel cimitero del Verano a Roma, ma nel 1959 i suoi familiari traslarono le spoglie nella sua città natale. Da allora sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene, che tanto aveva decantato in uno dei suoi ultimi lavori.
La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (nel rione Santu Predu), è oggi adibita a museo.
Cosima, quasi Grazia il suo racconto autobiografico rimasto incompiuto, è stato pubblicato postumo con il titolo Cosima.
Per potersi esprimere attraverso la scrittura e dare forma alle sue aspirazioni profonde, Grazia Deledda ha dovuto lottare contro la piccola e chiusa società di Nuoro in cui il destino della donna non poteva oltrepassare il limite di moglie e madre, ma non che negli ambienti contadini o provinciali del resto dell’Italia la situazione femminile fosse migliore.
I suoi temi principali furono l’etica patriarcale del mondo sardo e le sue atmosfere fatte di affetti intensi e selvaggi.
La sua narrativa si basa su forti vicende d’amore, dolore e morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. Canne al vento, difatti, sono le vite degli esseri umani in preda a forze superiori.
È stata protagonista del travaglio della crisi epocale del mondo patriarcale (contadino e pastorale), incapace ormai di contenere e di promuovere le istanze affioranti nelle nuove generazioni.
Ha fatto esplodere le contraddizioni di una società ormai in declino, senza tradirne la radice identitaria profonda che la distingue da tutte le altre. Cosa che, nei primi anni le procurò non pochi nemici tra gli intellettuali suoi conterranei che non guardavano di buon occhi le sue descrizioni della società sarda che veniva fuori come terra rude, rustica e arretrata. Più recentemente le posizioni sono arretrate riconoscendo nella scrittrice l’alto valore letterario e identitario.
La scrittura di Grazia Deledda è moderna e ben si adattava alla narrazione cinematografica, dai suoi romanzi sono stati tratti diversi film già nei primi anni del XX secolo. Nel 1916, il regista Febo Mari aveva incominciato a girare Cenere con Eleonora Duse, film che non vide compimento a causa della guerra.
In Sardegna e non solo Grazia Deledda è stata omaggiata in tanti modi. Le è stato dedicato un cratere su Venere. L’artista Maria Lai nel 2012 le ha dedicato, a Nuoro, il monumento Omaggio a Grazia Deledda. In tutta la penisola le sono state intitolate tante scuole, parchi letterari, statue e dischi.
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ildalil · 7 months
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Italiano Facile: Livello A1 lesson 7 Cultura italiana
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7 Cultura italiana 7.1 Storia e geografia La storia e la geografia sono due argomenti fondamentali per comprendere la cultura italiana. In questa sezione, esploreremo brevemente la storia e la geografia dell'Italia, fornendo una panoramica generale che ti aiuterà a comprendere meglio il contesto culturale del paese. Storia dell'Italia L'Italia ha una storia ricca e affascinante che risale a migliaia di anni. Durante l'antichità, l'Italia era abitata da diverse popolazioni, tra cui gli Etruschi, i Greci e i Romani. L'Impero Romano, fondato nel 27 a.C., è stato uno dei più grandi e influenti imperi della storia. Durante questo periodo, l'Italia ha visto una grande espansione territoriale e ha contribuito allo sviluppo di importanti conquiste culturali, come l'arte, l'architettura e il diritto romano. Dopo la caduta dell'Impero Romano, l'Italia è stata divisa in vari regni e città-stato durante il periodo medievale. Nel Rinascimento, l'Italia è stata il centro di un grande movimento culturale e artistico, con figure come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello che hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'arte. Durante il XIX secolo, l'Italia ha vissuto un periodo di unificazione nazionale, noto come il Risorgimento. Dopo una serie di guerre e conflitti, l'Italia è stata finalmente unificata nel 1861, diventando uno stato unitario. Durante il XX secolo, l'Italia ha vissuto momenti di grande trasformazione politica e sociale, tra cui la dittatura fascista di Benito Mussolini e la partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale. Oggi, l'Italia è una repubblica parlamentare e fa parte dell'Unione Europea. Il paese è noto per la sua cultura, la sua cucina, la moda e il suo patrimonio artistico. Geografia dell'Italia L'Italia è situata nel sud dell'Europa e si estende su una penisola che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Il paese confina con la Francia, la Svizzera, l'Austria e la Slovenia. L'Italia è divisa in 20 regioni, ognuna con le sue caratteristiche geografiche e culturali. La geografia italiana è molto varia, con montagne, colline, pianure e coste. Le Alpi, che si estendono lungo il confine settentrionale, sono una catena montuosa famosa per le sue vette imponenti e i panorami mozzafiato. Il punto più alto delle Alpi italiane è il Monte Bianco, che raggiunge un'altezza di 4.810 metri. Le regioni centrali dell'Italia sono dominate dalla catena montuosa degli Appennini, che si estende per circa 1.200 chilometri dalla Liguria alla Calabria. Gli Appennini sono meno imponenti delle Alpi, ma offrono comunque paesaggi spettacolari e sono una popolare destinazione per gli amanti della natura e degli sport all'aria aperta. Le pianure del Po, situate nella parte settentrionale del paese, sono una delle aree più fertili d'Europa e sono famose per la loro produzione di riso, mais e frutta. Le coste italiane sono lunghe e varie, con spiagge sabbiose, scogliere rocciose e baie pittoresche. Le isole italiane, come la Sicilia e la Sardegna, offrono paesaggi unici e una cultura diversa dal resto del paese. Conclusioni La storia e la geografia dell'Italia sono strettamente intrecciate e hanno contribuito a plasmare la cultura e l'identità del paese. Conoscere la storia e la geografia italiana ti aiuterà a comprendere meglio la mentalità e le tradizioni degli italiani. Continua a esplorare e approfondire questi argomenti per arricchire la tua conoscenza della lingua e della cultura italiana. 7.2 Arte e letteratura L'arte e la letteratura italiana sono famose in tutto il mondo per la loro bellezza e importanza storica. In questa sezione, esploreremo alcuni dei più grandi artisti e scrittori italiani, nonché le opere d'arte e i capolavori letterari che hanno contribuito a definire la cultura italiana. Arte italiana L'arte italiana ha una lunga e ricca storia che risale all'antichità. Durante il Rinascimento, l'Italia è stata il centro dell'arte europea, producendo alcuni dei più grandi artisti di tutti i tempi. Uno dei più famosi è Leonardo da Vinci, noto per opere come "La Gioconda" (meglio conosciuta come "Monna Lisa") e "L'Ultima Cena". Le sue opere sono caratterizzate da una straordinaria attenzione ai dettagli e da una profonda comprensione dell'anatomia umana. Un altro grande artista italiano è Michelangelo Buonarroti, famoso per le sue sculture come "La Pietà" e "David", nonché per i suoi affreschi nella Cappella Sistina. Le sue opere sono caratterizzate da una grande maestria tecnica e da una profonda espressione emotiva. Altri artisti italiani di grande rilievo includono Raffaello Sanzio, con le sue opere classiche e armoniose, e Caravaggio, noto per il suo uso innovativo della luce e dell'ombra. Questi artisti hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia dell'arte e continuano ad ispirare gli artisti di oggi. Letteratura italiana La letteratura italiana ha una tradizione altrettanto ricca e influente. Uno dei più grandi poeti italiani è Dante Alighieri, autore de "La Divina Commedia". Quest'opera epica è considerata uno dei capolavori della letteratura mondiale e narra il viaggio di Dante attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. La sua scrittura è caratterizzata da una profonda riflessione sulla condizione umana e da una straordinaria bellezza poetica. Un altro grande scrittore italiano è Giovanni Boccaccio, autore del "Decameron". Questa raccolta di novelle è considerata una delle opere più importanti della letteratura italiana e ha influenzato molti scrittori successivi. Il "Decameron" narra le storie di un gruppo di giovani che si rifugiano in campagna per sfuggire alla peste e si raccontano storie per passare il tempo. Altri autori italiani di grande rilievo includono Alessandro Manzoni, autore de "I Promessi Sposi", un romanzo storico che racconta la storia di due giovani innamorati nel contesto della Lombardia del XVII secolo, e Italo Calvino, autore di opere come "Il Barone Rampante" e "Le città invisibili", che esplorano temi come l'immaginazione e la realtà. L'importanza dell'arte e della letteratura italiana L'arte e la letteratura italiana hanno avuto un impatto significativo sulla cultura mondiale. Le opere d'arte italiane sono esposte nei musei di tutto il mondo e sono ammirate per la loro bellezza e maestria tecnica. La letteratura italiana ha influenzato molti scrittori e artisti successivi, che hanno tratto ispirazione dalle opere dei grandi maestri italiani. Inoltre, l'arte e la letteratura italiana sono un importante veicolo per comprendere la storia e la cultura del paese. Attraverso le opere d'arte, possiamo esplorare le diverse epoche storiche e le idee che hanno plasmato l'Italia. La letteratura italiana ci offre una finestra sulla vita quotidiana, le tradizioni e le sfide che gli italiani hanno affrontato nel corso dei secoli. Studiare l'arte e la letteratura italiana non solo ci permette di apprezzare la bellezza delle opere, ma ci aiuta anche a sviluppare una migliore comprensione della cultura italiana e della sua identità unica. Inoltre, ci offre l'opportunità di arricchire il nostro vocabolario e migliorare le nostre competenze linguistiche attraverso la lettura di testi originali. In conclusione, l'arte e la letteratura italiana sono tesori culturali che meritano di essere esplorati. Attraverso l'apprendimento di queste forme d'arte, possiamo immergerci nella ricca storia e cultura italiana, arricchendo la nostra conoscenza e apprezzando la bellezza delle opere dei grandi maestri italiani. 7.3 Cucina italiana La cucina italiana è famosa in tutto il mondo per la sua varietà di sapori, ingredienti freschi e piatti deliziosi. In questa sezione, esploreremo alcuni dei piatti più iconici della cucina italiana e impareremo alcune parole e frasi utili per ordinare cibo al ristorante. I piatti italiani più famosi La cucina italiana è conosciuta per la sua semplicità e l'uso di ingredienti di alta qualità. Ecco alcuni dei piatti italiani più famosi: - Pizza: La pizza italiana è un classico intramontabile. La pizza margherita, con pomodoro, mozzarella e basilico, è uno dei piatti più popolari in Italia e nel mondo. - Pasta: La pasta è un'altra specialità italiana amata da tutti. Ci sono innumerevoli tipi di pasta, come spaghetti, penne, fusilli e lasagne, che possono essere accompagnati da una varietà di salse deliziose. - Risotto: Il risotto è un piatto di riso cremoso e ricco di sapore. Il risotto alla milanese, con zafferano e formaggio parmigiano, è uno dei più famosi. - Gelato: Il gelato italiano è conosciuto per la sua consistenza cremosa e i gusti autentici. Ci sono molti gusti tra cui scegliere, come cioccolato, fragola, pistacchio e limone. - Tiramisù: Il tiramisù è un dolce al cucchiaio molto amato. È fatto con savoiardi inzuppati nel caffè, crema di mascarpone e cacao in polvere. Frasi utili al ristorante Quando si mangia al ristorante in Italia, è utile conoscere alcune frasi per ordinare il cibo e comunicare con il personale. Ecco alcune frasi utili: - "Posso avere il menù, per favore?" - Chiedi il menù al cameriere. - "Vorrei ordinare..." - Inizia a fare il tuo ordine. - "Mi consiglia qualcosa di tipico?" - Chiedi al cameriere di consigliarti un piatto tipico. - "Mi piacerebbe provare il piatto del giorno." - Chiedi di provare il piatto speciale del giorno. - "Per me, un'insalata mista come antipasto." - Fai un'ordinazione specifica per te. - "Mi porti un bicchiere d'acqua, per favore?" - Chiedi un bicchiere d'acqua. - "Mi scusi, potrebbe portarmi il conto?" - Chiedi il conto alla fine del pasto. Specialità regionali L'Italia è divisa in diverse regioni, ognuna con la propria cucina tradizionale. Ecco alcune specialità regionali che potresti voler provare: - Piemonte: Il Piemonte è famoso per il suo tartufo bianco e il bollito misto, un piatto di carne bollita servito con salse deliziose. - Toscana: La Toscana è conosciuta per la sua bistecca alla fiorentina, un taglio di carne di manzo cotto alla griglia e servito al sangue. - Campania: La Campania è la patria della pizza napoletana, con la sua crosta sottile e i sapori autentici. - Sicilia: La Sicilia è famosa per i suoi cannoli, dolci a base di ricotta e pasta croccante. - Liguria: La Liguria è nota per il suo pesto alla genovese, una salsa a base di basilico, pinoli, aglio, formaggio e olio d'oliva. Buon appetito! La cucina italiana è un vero tesoro culinario e provare i suoi piatti è un'esperienza da non perdere. Speriamo che questa sezione ti abbia dato un'idea di cosa aspettarti quando ordini cibo in Italia e ti abbia fatto venire l'acquolina in bocca. Buon appetito! 7.4 Feste e tradizioni In Italia, le feste e le tradizioni sono parte integrante della cultura e della vita quotidiana. Ogni regione e città italiana ha le sue festività uniche e tradizioni che vengono celebrate con grande entusiasmo e partecipazione da parte della comunità locale. Queste festività offrono un'opportunità unica per immergersi nella cultura italiana e scoprire le tradizioni secolari che sono state tramandate di generazione in generazione. Una delle festività più importanti in Italia è il Natale, che viene celebrato il 25 dicembre. Durante questa festa, le famiglie si riuniscono per condividere un pasto speciale e scambiarsi regali. Le città italiane sono decorate con luci colorate e alberi di Natale, creando un'atmosfera magica e festosa. Una tradizione molto amata è il presepe, una rappresentazione della natività che viene allestita in molte case e chiese. Un'altra festa molto importante in Italia è il Capodanno, che viene festeggiato il 31 dicembre. Durante questa festa, le persone si riuniscono per festeggiare l'arrivo del nuovo anno. Una tradizione comune è quella di brindare con lo spumante a mezzanotte e scambiarsi auguri di buon anno. Molte città italiane organizzano anche spettacoli di fuochi d'artificio per celebrare l'occasione. La Pasqua è un'altra festività significativa in Italia. Durante questa festa, le famiglie si riuniscono per celebrare la resurrezione di Gesù Cristo. Una tradizione molto popolare è quella di scambiarsi uova di cioccolato e partecipare a processioni religiose. In molte città italiane, vengono organizzate rappresentazioni teatrali della Passione di Cristo, che attirano visitatori da tutto il mondo. Oltre alle festività religiose, ci sono anche molte festività civili in Italia. Una delle più famose è il Carnevale, che si tiene in diverse città italiane, come Venezia e Viareggio. Durante il Carnevale, le persone si vestono con costumi elaborati e partecipano a parate e feste di strada. È un momento di grande allegria e divertimento, in cui le persone si lasciano andare e si godono la compagnia degli amici e della famiglia. Un'altra festa molto amata in Italia è la Festa della Repubblica, che si celebra il 2 giugno. Questa festa commemora la nascita della Repubblica Italiana nel 1946, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Durante questa festa, vengono organizzate parate militari e spettacoli pubblici per celebrare l'unità e l'indipendenza dell'Italia. Ogni regione italiana ha anche le sue festività e tradizioni locali. Ad esempio, a Venezia si tiene il famoso Carnevale di Venezia, con le sue maschere elaborate e i costumi tradizionali. A Napoli, si celebra la festa di San Gennaro, il patrono della città, con processioni religiose e festeggiamenti in strada. A Siena, si tiene il Palio, una corsa di cavalli che si svolge nella piazza principale della città. Partecipare alle festività e alle tradizioni italiane è un modo fantastico per immergersi nella cultura del paese e imparare di più sulla sua storia e sulle sue tradizioni. Durante queste festività, è possibile assaggiare piatti tradizionali italiani, ascoltare musica folk e partecipare a eventi culturali unici. È anche un'opportunità per fare nuove amicizie e creare ricordi duraturi. In conclusione, le feste e le tradizioni italiane sono un aspetto fondamentale della cultura italiana. Ogni festività ha le sue peculiarità e offre un'esperienza unica per coloro che vogliono conoscere meglio l'Italia e la sua gente. Partecipare a queste festività è un modo divertente e coinvolgente per imparare la lingua italiana e scoprire la ricchezza della cultura italiana. 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lamilanomagazine · 1 year
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Milano, il Comune ottiene oltre due milioni di euro per il turismo sostenibile
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Milano, il Comune ottiene oltre due milioni di euro per il turismo sostenibile.   Itinerari turistici sostenibili, reali e virtuali. È per la realizzazione dei progetti “Let Mi: Letteratura Esperienza Turistica” e “Let Mi: Promote and Experience Milano”, che il Comune di Milano riceverà dal Ministero del Turismo risorse per oltre 2 milioni di euro (930mila euro per il primo e 1,2 milioni di euro per il secondo). Ad annunciarlo è stata l'assessora al Turismo Martina Riva che ieri, al BTO – Be Travel Onlife di Firenze, appuntamento di riferimento sul turismo digitale, innovazione e formazione, ha preso parte all’incontro “Grandi Destinazioni Italiane per un turismo sostenibile: un modello virtuoso di cooperazione e sviluppo”. “Milano è una città fortemente attrattiva che crede nel grande potenziale offerto dal turismo green e sostenibile – ha spiegato l’assessora Riva –. Per svilupparlo occorrono risorse e idee. Proprio per questo, grazie ai fondi del Ministero e alla collaborazione col network Grandi Destinazioni Italiane Turismo Sostenibile di cui Milano fa parte, da un lato andremo a integrare con percorsi esperienziali e culturali l’offerta turistica della nostra città, dall’altro andremo a definire e realizzare azioni innovative di promozione e marketing territoriale basate sulla sostenibilità, per contribuire concretamente insieme alle altre città del network alla transizione ecologica del comparto, condividendo best practice strategiche. Con ‘Let Mi’, declinato nelle due progettualità elaborate dalle Direzioni Turismo e Cultura, promuoveremo e racconteremo la destinazione Milano in maniera inedita, sia in ambito nazionale sia internazionale”. Nei mesi scorsi il Ministero del Turismo ha stabilito di destinare fondi alle Città Creative Unesco per la realizzazione di iniziative culturali di valorizzazione della città attraverso strumenti digitali, e di integrarli con ulteriori finanziamenti destinati alle cinque Grandi Destinazioni Italiane Turismo Sostenibile (network GDTIS di cui Milano fa parte con Roma, Venezia, Firenze e Napoli), per la promozione dell'attrattività turistica, in chiave green, attraverso progetti di marketing territoriale, finalizzati a potenziare l’offerta cittadina e accrescere la transizione verso un turismo sostenibile. Milano ha ottenuto le risorse messe a disposizione con due progetti correlati e integrati tra loro. In qualità di Città Creativa Unesco per Letteratura, ha proposto “Let Mi: Letteratura Esperienza Turistica”; in quanto Grande Destinazione Turistica Italiana ha presentato “Let Mi: Promote and Experience Milano”. L’obiettivo è aumentare l’attrattività di Milano, ampliandone l’offerta sia in termini quantitativi sia qualitativi, e incentivare una fruizione più sostenibile della città, puntando sulla “destagionalizzazione” e “decongestionando” i luoghi di maggiore affluenza turistica, per far scoprire inesplorati scorci della realtà urbana milanese attraverso percorsi tematici nuovi, digitali, accessibili a tutte le categorie e target di turisti, durante tutti i mesi dell’anno, anche quelli con arrivi più contenuti. Con “Let Mi: Letteratura Esperienza Turistica”, la letteratura diventerà strumento narrativo di scoperta della città e delle sue eccellenze, attraverso una piattaforma digitale, open source, che fungerà da aggregatore e catalizzatore dell’offerta culturale e turistica cittadina. Un archivio di libri interrogabili, mappatura della filiera editoriale, geolocalizzazione dei luoghi al centro di opere letterarie o significativi nelle vite degli autori del XIX e XX secolo e contemporanei, esperienze immersive e interattive permetteranno ai visitatori e alle visitatrici di vivere la città in un modo nuovo. Lo scopo è raccontare le diverse anime di Milano (letteraria, culturale, storica, artistica, economica) attraverso la creazione di percorsi esperienziali e valorizzando la rete di realtà e soggetti che con la loro presenza e attività contribuiscono all’attrattività della città (dal design alla moda, dal food all’intrattenimento…). Nell’ambito di “Let Mi: Promote and Experience Milano” si lavorerà sulla promozione della destinazione Milano, proponendo nuovi itinerari urbani, e sulla ideazione, realizzazione, diffusione e condivisione di una serie di iniziative di turismo sostenibile, in sinergia con le altre grandi città italiane del network GDTIS. Infine, grazie al coinvolgimento di personalità di spicco afferenti a diversi ambiti, sarà lanciata una campagna di comunicazione nazionale e internazionale, che si avvarrà di strumenti innovativi di marketing così da far conoscere Milano al pubblico, anche attraverso lo sguardo profondo di autori che conservano un forte legame con l’animo eclettico della città.      ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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aitan · 7 years
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Ma chi l’ha detto che le competenze prescindono dalle conoscenze? La didattica per competenze correttamente intesa è un approccio che tiene conto dei mutamenti della società del XXI secolo, ma non pretende di formare le nuove generazioni senza trasmettere conoscenze e senza offrire agli alunni coordinate per orientarsi nel mondo. Il presupposto è far acquisire conoscenze permanenti e incrementare le competenze degli alunni attraverso una didattica improntata sul fare. Non so se davvero la scuola italiana (elitaria, classista) sia stata mai la migliore del mondo, ma di certo quella scuola là non può essere la scuola del terzo millennio. Per molti versi (pur essendo diventata pubblica e di massa) la nostra è ancora una scuola del XIX secolo in cui insegnanti del XX secolo si affannano a formare le nuove generazioni del XXI secolo usando metodi che risalgono al 1700. Ma lei si affiderebbe a un dentista che la ospitasse in uno studio ottocentesco, con attrezzi antiquati e sanguisughe per tirarle il sangue dalle vene? Farebbe nascere suo figlio in casa tirato su col forcipe? Li laverebbe i panni con la cenere? Ecco la scuola italiana del terzo millennio fa questo, opera in ambienti antiquati, con banchi che qualche volta hanno ancora il buco per il calamaio, sedioline traballanti, lavagne in ardesia e insegnanti che entrano in classe senza una formazione specifica e ripetono ad libitum i metodi e i sistemi di insegnamento e valutazione che hanno visto usare dai loro vecchi professori, i quali li avevano visti usare dai loro vecchi professori, i quali li avevano visti usare dai loro professori, i quali… Poi ogni tanto qualcuno si sveglia o viene a sapere di cose che succedono in mondi freddi e lontani e comincia a parlare, così per sentito dire, di competenze, coding, compiti di realtà… E allora è chiaro che, senza una formazione specifica, pare tutta una moda. Fare in modo che gli alunni sappiano fare un’analisi testuale, per esempio, non può prescindere dal far acquisire loro la conoscenza dei generi letterari, delle figure retoriche, della metrica, delle coordinate culturali che ti permettono di riconoscere l’appartenenza di un autore a una determinata corrente letteraria… Ci sono prerequisiti che sono imprescindibili (il problema è studiare come far acquisire questi prerequisiti; il che non vuol dire far memorizzare nozioni, ma far incrementare l’enciclopedia personale di ogni alunno, quella che ha disponibile per sempre, e non solo per affrontare un’interrogazione orale). Peraltro, è una competenza (e non una conoscenza) anche la capacità di saper leggere le lancette di un orologio, come ci insegnavano alle gloriose scuole elementari del tempo che fu; il che dimostra che anche la vecchia scuola italiana non era tutta basata sulle conoscenze. Soprattutto il vecchio liceo classico (quello che formava la classe dirigente), non insegnava solo le declinazioni greche e latine e la vita e le opere di Cicerone e Demostene, ma soprattutto offriva agli alunni le competenze per leggere un testo in lingua latina o greca, ragionare sulla sua struttura e tradurlo in buon italiano. E anche lo studio della filosofia e della letteratura non si basava su semplici nozioni da imparare a memoria, ma tendeva a fornire capacità di ragionare sui sistemi, operare confronti, esprimere giudizi critici… Infine, non è affatto vero che “i nativi digitali sono così bravi con la tecnologia”… Dall'avvento dei social network, il più delle volte, l'uso che fa un ragazzo dell'informatica si limita alla lettura e al copia e incolla di stati su Facebook oppure a fare clic in modo più o meno indiscriminato sul tastino del “like”. Inoltre, i cosiddetti nativi digitali sono spesso incapaci di fare una seria ricerca in internet o anche di inviare una semplice mail o formattare un testo in modo chiaro ed adeguato. Usare le nuove tecnologie in ambito scolastico deve servire anche a insegnare a distinguere il grano dal loglio, a dare gli strumenti per discriminare e mettere in connessione dati ed eventi, a far capire agli alunni quanto possa essere inefficace e perfino ambiguo un linguaggio impoverito anche quando si comunica attraverso una chat, un SMS o altri servizi di messaggistica istantanea. Lo stesso coding non si limita a trovare soluzioni secondo quanto predeterminato da un programma informatico, ma implica lo sviluppo di una creatività e di una capacità personale di risolvere problemi. La tecnologia, se ben insegnata, non punta a produrre meri esecutori di programmi scritti da altri, ma a formare creatori di algoritmi che necessitano, appunto, di creatività per trovare soluzioni molteplici e diverse ai problemi che vengono via via sottoposti. Insomma, sono anch’io consapevole della crisi del nostro attuale sistema formativo. Ma credo che l’introduzione di una didattica per competenze, insieme con un uso critico e consapevole delle nuove tecnologie, serva proprio a limitare i danni. Altrimenti rischiamo di lasciare i ragazzi soli davanti a Facebook, nelle loro camere, e di fare della scuola una parallela che non si incontra con la realtà delle vite delle nuove generazioni.
La mia risposta, un po' lunga, in verità, a una lettera del prof. Girolamo su alcune delle innovazioni didattiche che si stanno introducendo nella scuola italiana. (via OrizzonteScuola.it)
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pangeanews · 5 years
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Oggi Leopardi compie gli anni. Insieme agli auguri, sveliamo l’autore che il divo Giacomo ha “plagiato” per scrivere “L’infinito”. Ovvero, modesta proposta per una storia della letteratura italiana alternativa
Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, è l’ultimo testo scritto da Andrea Sciffo, insegnante di liceo, poeta, novellista e saggista, edito dalla rivista digitale sui generis Il Covile, cui l’autore monzese contribuisce regolarmente con meditazioni che hanno in due viennesi, Hofmannsthal e Illich, in due lombardi, Corti e Quadrelli, e in Simone Weil, i puntelli di un pensiero radicalmente altro – cristiano, cattolico, dunque fedele all’intuizione poundiana per cui il sentire (per esempio: il potere della musica) unisce, col cuore, nella carne, mentre il pensare (per esempio: il vuoto cerebralismo) divide, nella mente, nelle idee, o meglio nelle ideologie, quindi negli ideologismi, nonché all’et-et asburgico, tardobarocco e antimoderno – insomma controcorrente rispetto alla letteratura e alla critica gnostica, e a-gnostica, del XX e XXI secolo.
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Lui è Andrea Sciffo
Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, perché tale è secondo la sua tesi la storia delle patrie lettere, da intendersi come letteratura post-unitaria (l’equazione di base è proprio questa e vale a dire che tutto ciò che è post-unitario si colloca in un ambiente decisamente post-amoroso) ossia della falsa patria di nome “Italia” e non delle sue singole parti – le quali soffrono tuttavia di una falsa “identità” che si fonda appunto sulla totale mancanza d’amore, da cui deriva, e che deriva, da una storia anch’essa “senza amore” che abbraccia – o meglio strangola –, soffocandola in una stretta mortale tutta la letteratura italiana – o meglio italofona –, a partire dal cronologismo (“la crudeltà di Chronos”, ovvero “il male radicale”, scriveva il leibniziano Gilles Deleuze a proposito del naturalismo di Émile Zola) che limita le scuole e la scuola.
Si tratta ovviamente dello storicismo e dello scuolismo dei Tiraboschi prima e poi dei De Sanctis, dei Croce, e infine dei Ferroni, dei Sapegno, contro i quali Sciffo scrive in quello che si direbbe un piccolo pamphlet, non fosse che quello pamphlettario è un tono che non appartiene alle sue sue corde, cor–cordis, al suo cuore, libero dal grottesco gioco delle parti di cui è vittima un paese preso tra Commedia dantesca (cf. Inf.) e quotidiana commedia farsesca – “senza amore”.
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“Se esiste una definizione sintetica che possa abbracciare la letteratura italiana nella sua interezza, […] è proprio questa endiadi che consta delle due sole parole che non andrebbero mai accostate. Se è senza amore la storia delle patrie lettere, a maggior ragione lo sono anche le storie individuali dei singoli che popolano la cultura italica, cresciuti nel suo cono d’ombra come tanti arlecchini senza arte né parte”.
Così esordisce Sciffo puntellandosi, o meglio, come scrive egli stesso facendo eco a una massima apocrifa metà anni Cinquanta di Noventa, che denunciava come tutta la cultura ufficiale italiana fosse fondata sugli errori della scuola torinese, e così la scuola di Stato, lo stato delle cose delle stantie scuole “scuolastiche” ancora e sempre deamicisiane (Cuore) basate a loro volta sulla continua coscrizione degli studenti e cittadini (senza amore e ormai senza civitas) e sul disamore quale condizione forse irrimediabile in assenza della parola-chiave che è summa di tutti gli affetti e aspetti (eros, agàpe, filìa, storghé, dilectio) del sommo affetto – per rilanciare poi l’idea di un apprendimento più libero – non meno impegnato – con mezzi propri – magari più essenziale – anche in povertà – anarcronistico nel senso di libero dal potere del tempo –  come Pinocchio.
“[…] E poi verrebbe la grande amorosa agnizione, un ritrovarsi in armonia con l’altro da sé, una catarsi purificatrice del gran difetto del soggetto moderno: l’ipocrisia. La vecchia pagliacciata sarebbe finita e soltanto i suoi estremi attori fingerebbero di non accorgersene: il trucco scivolato dalle guance e i costumi logori; le battute del copione prevedibili e comunque i guitti ne dimenticano ogni volta una o due”.
Come Pinocchio con un libro trovato quasi per caso, o con la convivialità, tema fondamentale del pensiero di Illich, oppure nella natura, o nello spazio rurale, come fece la Weil, due ambiti quasi del tutto assenti tra gli autori “italiani” del XIX e XX secolo – certo con qualche eco nella Brianza di Manzoni, nella Padanìa della Scapigliatura, nel Veneto di Comisso, di Zanzotto, ma di norma declinati in senso atrocemente negativo come sul Vesuvio di Leopardi, nella Sicilia di Pirandello, di Verga, in Cristo si è fermato a Eboli, e nella Roma di Moravia, di Pasolini, tanto per citare degli esempi d’altri universi etnici e letterari.
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Senza Amore, sottotitolo L’ultimo capitolo della letteratura italiana, e le ultime pagine sono proprio quelle di Manzoni, e soprattutto di Leopardi, alle quali non è corrisposto secondo Sciffo nessun rinascimento – essendo stato il cosiddetto risorgimento politico la fine, – quanto un trionfo – sancito dalle istituzioni, dagli scuolismi, e dalla scuola, – di una serie d’istanze tipicamente leopardiane come il senso del dolore e della noia, tra erudizione e freddezza, e della figura del “letterato” denunciato dalla Weil, proprio a proposito del poeta recanatese cui Sciffo oppone il dalmata Tommaseo, che considera ben superiore.
Dietro c’è una vera e propria censura, ovvero l’ostilità verso tutta la letteratura del Seicento, parallela a quella ancor più dichiarata dei Savoia e di tutto il risorgimento nei confronti del Barocco, del Tardo-Barocco, con la sua Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte “totale” che va dalla figurazione pittorica alla parola alla musica alle figure architettoniche che negli esiti del movimento controriformista trovò un altro ultimo capitolo (nel 1866 nel monastero cretese di Arkadi, unico esempio greco ortodosso di Barocco, dava rifugio a dei martiri resistenti agli ottomani – nel mentre da cinque anni gli “italiani” inneggiavano al fatto di essersi cinti il capo con l’elmo pagano appartenuto a Scipione l’Africano)… – e nelle lettere autori come Filicaia, Magalotti, Maggi, Menzini, Redi, Salvini… – e De Lemene, che secondo Sciffo fu plagiato proprio dal poeta de L’infinito…
“Riempie il tutto, e se fingendo io penso / oltre al confin de’ vasti spazij, e veri, / deserti imaginati…”.
Questi versi sono tratti da una raccolta di poesie sacre edita a fine Seicento, e che per Sciffo “quasi certamente Leopardi plagiò per poi rifonderli forse inconsciamente nel più celebre dei suo i Canti”. Così come nel libro Sette giornate del mondo creato (1686) “per esempio […] le due terzine con cui Giuseppe Girolamo Semenzi immortalò Il passero solitario [sic]”, con queste melodiose parole: “Sto poetando al ciel ne l’erma cella / talora e far godo la vita anch’io / selvaggia quanto più, tanto più bella, // Passero solitario è detto pio. / Gloria però del solitario è quella, / onde un bruto non è ma quasi un Dio”.
Come si può evincere dalla lettura del volume Arcadia edificante, edito da ESI a Napoli nel 1969 e curato da Carmine Di Biase, prima di Leopardi e della letteratura unitaria ovvero “senza amore” l’universo italofono era ben altro, dal “controcanto” lombardo a quello partenopeo con poeti che cantano il Creatore, le Creature, la loro creaturalità, e infatti un terzo esempio che egli cita è una strofa – “strofa che espone il legame psicobiologico del poeta tardobarocco con la ‘natura’ sentita come simbiotico altro-da-sé con cui però è inevitabile la pulsione fusionale: in un processo di integrazione tra organico e inorganico che mi pare di una limpidezza mai più ottenuta in tempi recenti, per la quale il ‘creante’ viene chiamato ‘autore’ delle cose che un individuo sente come maggiormente intime e personali”.
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L’entità chiamata “Italia” – come ha fatto con la cultura di alcune sue regioni – come ha fatto recidendo l’albero che costituivano – che tali erano sotto occupazioni non più estranee – come sotto quelle cristiane spagnole e austriache – ha annichilito, annullato, o meglio emarginato, questo suo possibile “controcanto” che dice di un mondo  del tutto differente, radicato nella creaturalità, d’uomini connessi col Creato come lo sono i passeri, e gli alberi, e in cui l’autore, il poeta, non canta soltanto del suo dolore, della sua noia, ma anche e soprattutto della sua “comunione” con Dio, per tramite di ciò che è “altro-da-sé”.
In questo Sciffo è allievo della scuola-non-scuola della Weil, di Quadrelli, e dunque erede della vera tradizione, quella del Cristianesimo, della poesia di Hölderlin, del Tardo-Barocco, e della censurata “Arcadia edificante” di cui ha voluto testimoniare: non senza ma con amore.
Marco Settimini
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