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#Luciano Leggio
gregor-samsung · 11 months
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“ Il metodo Falcone
«Nemico numero uno della mafia», l'etichetta gli resterà attaccata per sempre. Circondato da un alone leggendario di combattente senza macchia e senza paura, il giudice Giovanni Falcone, cinquantadue anni, ne ha trascorsi undici nell'ufficio bunker del Palazzo di Giustizia di Palermo a far la guerra a Cosa Nostra. Queste pagine ne costituiscono la testimonianza. Non si tratta né di un testamento né di un tentativo di tenere la lezione e ancor meno di atteggiarsi a eroe. «Non sono Robin Hood,» commenta in tono scherzoso «né un kamikaze e tantomeno un trappista. Sono semplicemente un servitore dello Stato in terra infidelium». Si tratta dunque piuttosto di un momento di riflessione, del tentativo di fare un bilancio nell'intervallo tra vecchi e nuovi incarichi: il 13 marzo 1991 il giudice Giovanni Falcone è stato nominato direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e Giustizia a Roma.
Lontano da Palermo.
La partenza dal capoluogo siciliano, il distacco da una vita che si alternava tra auto blindate, dall'atmosfera soffocante del Palazzo di Giustizia, dalle lunghe notti a leggere e rileggere le deposizioni dei pentiti dietro le pesanti tende di una stanza superprotetta, dai tragitti tortuosi con la scorta delle auto della polizia a sirene spiegate sono forse stati una specie di sollievo. Ma Falcone non si fa illusioni, non dimentica il mancato attentato del 21 giugno 1989. cinquanta candelotti di tritolo nascosti tra gli scogli a venti metri dalla casa dove trascorre le vacanze: «È vero, non mi hanno ancora fatto fuori… ma il mio conto con Cosa Nostra resta aperto. Lo salderò solo con la mia morte, naturale o meno». Tommaso Buscetta, il superpentito della mafia, lo aveva messo in guardia fin dall'inizio delle sue confessioni: «Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verrà il suo turno. Fino a quando ci riusciranno!».
Roma è soltanto in apparenza una sede più tranquilla di Palermo; ormai da tempo i grandi boss mafiosi l'hanno eletta a loro domicilio. La feroce «famiglia» palermitana di Santa Maria di Gesù vi ha installato antenne potenti. Senza contare la rete creata dal cosiddetto «cassiere» Pippo Calò, con il suo contorno di mafiosi, gangster e uomini politici. Le ragioni per le quali Falcone ha scelto Roma come nuova sede di lavoro sono diverse: nella capitale di Cosa Nostra non poteva più disporre dei mezzi necessari alle sue inchieste e il frazionamento delle istruttorie aveva paralizzato i giudici del pool anti-mafia. Era diventato il simbolo o l'alibi di una battaglia disorganizzata. Conscio di non essere più in grado di inventare nuove strategie, l'uomo del maxiprocesso, che aveva trascinato in tribunale i grandi capimafia, non poteva rassegnarsi a rimanere inerte. Ha scelto di andarsene. Le informazioni da lui raccolte possono essere utilizzate con profitto anche lontano da Palermo. Certo, non dovrà più svolgere personalmente le indagini, dovrà invece creare condizioni tali per cui le indagini future possano essere portate a termine più rapidamente e in modo più incisivo, dando vita a stabili strutture di coordinamento tra i diversi magistrati. Il clima nel capoluogo siciliano è cambiato: è spenta l'euforia degli anni 1984-87, finita la fioritura dei pentiti, lontano il tempo del pool antimafia, dei processi contro la Cupola istruiti magistralmente. In questa città impenetrabile e misteriosa, dove il bene e il male si esprimono in modo ugualmente eccessivo, si respira un senso di stanchezza, il desiderio di ritornare alla normalità. Mafiosi regolarmente condannati sono tornati in libertà per questioni procedurali, alcune facce fin troppo note ricompaiono nei ristoranti più alla moda. Le forze dell'ordine non hanno più lo smalto di un tempo. I pool di magistrati sono ormai svuotati di potere, il fronte ha smobilitato. Cosa Nostra dal canto suo ha rinunciato all'apparente immobilità. La pax mafiosa seguita alle pesanti condanne del maxiprocesso, da un lato, e al dominio dittatoriale dei «Corleonesi» sull'organizzazione, dall'altro, non è più salda come prima. Si moltiplicano i segnali di un progetto di rivincita delle «famiglie» palermitane per riconquistare l'egemonia perduta nel 1982 a favore della «famiglia» di Corleone, i cui capi, latitanti, si chiamano Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Luciano Leggio, quest'ultimo in carcere. La mafia sta attraversando una fase critica: deve riacquistare credibilità interna e rifarsi una immagine di facciata, in quanto entrambe gravemente compromesse. «Abbiamo poco tempo per sfruttare le conoscenze acquisite,» ripete instancabilmente Falcone «poco tempo per riprendere il lavoro di gruppo e riaffermare la nostra professionalità. Dopodiché, tutto sarà dimenticato, di nuovo scenderà la nebbia. Perché le informazioni invecchiano e i metodi di lotta devono essere continuamente aggiornati.». “
Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani, Cose Di Cosa Nostra, Collana Saggi italiani, Milano, Rizzoli. Prima edizione: 13 novembre 1991.
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adrianomaini · 1 year
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Il 1979, l'anno che porterà la Sicilia a fermarsi dalla sua estenuante fuga dalla realtà
La mafia non ha mai risparmiato alcun individuo, si è formata e si è incuneata all’interno della Sicilia senza abbandonare nessuno, anzi, accogliendo come figli tutti i siciliani. L’omertà era il denominatore comune, il costume che i siciliani – quasi convintamente e fieramente – indossavano, abbandonando la ragione e rinchiudendola in un sonno profondo. La mente del siciliano era ipnotizzata,…
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bagnabraghe · 1 year
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Il 1979, l'anno che porterà la Sicilia a fermarsi dalla sua estenuante fuga dalla realtà
La mafia non ha mai risparmiato alcun individuo, si è formata e si è incuneata all’interno della Sicilia senza abbandonare nessuno, anzi, accogliendo come figli tutti i siciliani. L’omertà era il denominatore comune, il costume che i siciliani – quasi convintamente e fieramente – indossavano, abbandonando la ragione e rinchiudendola in un sonno profondo. La mente del siciliano era ipnotizzata,…
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exploreworldwithme · 1 year
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Leggio the head of mafia | Stealing wheat with a mule | Dana Truppiana
Luciano Leggio was an Italian criminal and leading figure of the Sicilian Mafia. He was the head of the Corleonesi, the Mafia faction that originated in the town of Corleone.
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respektnloyalty9 · 3 years
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Salvatore Totò  Riina - Palermo (Corleone) - Mafia Siciliana
Totò 'u Curtu (Sicilian for '"Totò the Short"', Totò being the diminutive of Salvatore), was an Italian mobster and chief of the Sicilian Mafia, known for a ruthless murder campaign that reached a peak in the early 1990s with the assassinations of Antimafia Commission prosecutors Giovanni Falcone and Paolo Borsellino, resulting in widespread public outcry and a major crackdown by the authorities. He was also known by the nicknames la belva ("the beast") and il capo dei capi (Sicilian: 'u capu di 'i capi, "the boss of bosses").
Riina succeeded Luciano Leggio as head of the Corleonesi criminal organisation in the mid 1970s and achieved dominance through a campaign of violence, which caused police to target his rivals. Riina had been a fugitive since the late 1960s after he was indicted on a murder charge. He was less vulnerable to law enforcement's reaction to his methods, as the policing removed many of the established chiefs who had traditionally sought influence through bribery. In violation of established Mafia codes, Riina advocated the killing of women and children, and killed blameless members of the public solely to distract law enforcement agencies. Hit man Giovanni Brusca estimated he murdered between 100 and 200 people on behalf of Riina. Although this scorched-earth policy neutralized any internal threat to Riina's position, he increasingly showed a lack of his earlier guile by bringing his organisation into open confrontation with the state. As part of the Maxi Trial of 1986, Riina was sentenced to life imprisonment in absentia for Mafia association and multiple murder. After 23 years living as a fugitive, he was captured in 1993, provoking a series of indiscriminate bombings of art galleries and churches by his organisation. His lack of repentance subjected him to the stringent Article 41-bis prison regime until his death on 17 November 2017.
ESPAÑOL
Fue un mafioso italiano y uno de los más famosos miembros de la Cosa Nostra siciliana. Apodado la Bestia (la Belva), el Jefe de Jefes ('U Capu di 'i Capi en siciliano), o a veces el Corto ('U Curtu en siciliano) debido a su pequeña estatura. Nunca nadie se atrevió a nombrar ante él ninguno de sus apodos, solo los muy cercanos le podían decir Totò. Se dice que durante su larga carrera criminal asesinó personalmente a unas 40 personas y se cree que ordenó la muerte de otras 110.
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pollicinor · 6 years
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«Teresi disse che stava facendo due palazzi a Palermo, Berlusconi rispose che lui stava costruendo una città intera e che amministrativamente non c’è molta differenza: ci ha fatto una specie di lezione economica. Poi sono andati nel discorso di garanzia, che “Milano oggi è preoccupante perché succedono un sacco di rapimenti”... Io sapevo che Luciano Leggio, quando era ancora libero, diceva che voleva portarsi tutti i soldi del Nord a Corleone... Stefano Bontate aveva la parola, perché era il capomandamento, io c’ero solo per l’intimità con lui. Berlusconi ha spiegato che aveva dei bambini e non stava tranquillo, per cui avrebbe voluto una garanzia, e qua gli dice: “Marcello mi ha detto che lei è una persona che mi può garantire questo e altro”. Allora Stefano Bontate fa il modesto, ma poi lo rassicura: “Può stare tranquillo, deve dormire tranquillo, perché lei avrà vicino delle persone che qualsiasi cosa chiede avrà fatto. Poi lei ha Marcello qua vicino, per qualsiasi cosa si rivolge a Marcello...”. E poi aggiunge: “Le mando qualcuno”.» Di Carlo chiarisce la frase del boss spiegando che per garantire una piena protezione mafiosa a Berlusconi «ci voleva qualcuno di Cosa nostra», perché Dell’Utri non era affiliato come uomo d’onore. E aggiunge che, appena Bontate ha pronunciato quelle parole, «Cinà e Dell’Utri si sono guardati». Una volta usciti dagli uffici di Berlusconi, prosegue il pentito, «Cinà ha detto a Bontate e Teresi: “Ma qui c’è già Vittorio Mangano, che è amico anche di Dell’Utri”». Di Carlo ricorda che «Stefano non ci teneva particolarmente, però Mangano era della famiglia di Porta nuova con a capo Pippo Calò, quindi era nel mandamento di Bontate. Per cui Bontate ha detto: “Ah, lasciateci Vittorio”».
Dall’articolo "Silvio Berlusconi e la mafia: vent'anni di soldi in nero (ma nessuno ne parla)" di Paolo Biondani
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gregarnott · 3 years
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Sicilian mafia boss Luciano Leggio
The ruthless and cunning leader of the Corleonesi clan in Corleone, Sicilia
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"Take a look around" . . 💻✍Graphic Artist: @absolutte_adrian Other profile: @_absolutte_ 📍City: Mantova (IT🇮🇹) . . . ℹ🇮🇹Oggi (17 Nov. 2017) muore Totò Riina. Tòtò u curtu, all'anagrafe Salvatore Riina, superboss della mafia, numero due di Luciano Liggio e poi capo indiscusso della cupola è morto a Parma. In carcere stava scontando 26 ergastoli al regime di 41 bis – il carcere duro – e da ieri, giorno del suo 87esimo compleanno, era in coma farmacologico. Dal carcere milanese di massima sicurezza di Opera era stato trasferito presso il reparto detenuti dell'ospedale di Parma. L’indiscusso boss di Cosa Nostra si è spento nella notte tra giovedì e venerdì. . ℹ🇬🇧Riina succeeded Luciano Leggio as head of the Corleonesi criminal organisation in the mid 1970s and achieved dominance through a campaign of violence, which caused police to target his rivals. Riina had been a fugitive since the late 1960s after he was indicted on a murder charge. He was less vulnerable to law enforcement's reaction to his methods, as the policing removed many of the established chiefs who had traditionally sought influence through bribery. In violation of established Mafia codes, Riina advocated the killing of women and children, and killed blameless members of the public solely to distract law enforcement agencies.[1] Hit man Giovanni Brusca estimated he murdered between 100 and 200 people on behalf of Riina. Although this scorched-earth policy neutralized any internal threat to Riina's position, he increasingly showed a lack of his earlier guile by bringing his organisation into open confrontation with the state. As part of the Maxi Trial of 1986, Riina was sentenced to life imprisonment in absentia for Mafia association and multiple murder. After 23 years living as a fugitive, he was captured in 1993, provoking a series of indiscriminate bombings of art galleries and churches by his organisation. His lack of repentance subjected him to the stringent Article 41-bis prison regime until his death on 17 November 2017. (presso Parma Centro) https://www.instagram.com/p/CHsI6cUFH3l/?igshid=4xroe6t5qfwm
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wmfredrickson · 4 years
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I hope that, if God exists, we have to look for him inside ourselves and live simply, to seek a balance between the material and the spiritual side that exists within all of us. To experience each moment in an integral form, never denying the evil that exists in each of us or exalting the good that is in each of us.
Luciano Leggio
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ibidemfavs · 5 years
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No OCIDENTE? Totó Riina, Bernardo Provenzano, Lucky Luciano, Stefano Bontade, Gaetano Badalamenti, Luciano Leggio, Salvatore Inzerillo, Michele Greco. (pra ficar só nos citados no meu livro e que lembro de cabeça enquanto como um cachorro quente no aeroporto) https://t.co/AXWxsfeuOV
— Leandro Demori (@demori) August 29, 2019
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jamariyanews · 7 years
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MAFIA ESERCITO DELLA C.I.A., SPUNTANO LE PROVE
di   Giuseppe Barcellona 22 marzo 2017 Nel 1942 la guerra pendeva dalla parte dei nazifascisti, il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt non dormiva sogni tranquilli; i sottomarini di Hitler erano appostati poco fuori la baia di Hudson pronti a silurare qualunque convoglio che dall’America partisse a sostegno degli alleati d’oltreoceano, i cittadini della grande mela osservavano preoccupati l’ammasso di ferraglia e residui oleosi che si estendeva lungo tutta la baia, testimonianza dell’efficacia militare dei nazisti probabilmente supportati da un’efficace rete di spionaggio di immigrati tedeschi e soprattutto italiani, specie quelli di origine siciliana che avevano in mano la flottiglia di pescatori del porto. Quando venne appiccato un incendio all’interno della baia al transatlantico Normandie (foto), il presidente andò su tutte le furie, convocò il comandante della Marina Militare Haffenden e fu categorico: “A qualunque costo dobbiamo cambiare il corso della guerra”. Haffenden convocò gli informatori dei servizi segreti i quali all’unisono gli indicarono i mangia spaghetti quali responsabili dei recenti eventi bellici, erano loro a rifornire gli U-Boot nazisti appostati poco fuori le acque territoriali americane ed i pescatori quasi tutti siciliani a fornire indicazioni sulla data di partenza dei vari convogli. Il porto di New York era tutto in mano alla mafia siciliana, Lucky Luciano (foto apertura), il capo dei mammasantissima, era stato arrestato ed erano stati presi provvedimenti durissimi verso l’organizzazione criminale che poteva vantare centinaia di migliaia di affiliati e fiancheggiatori in tutto il Nord America; questa era la vendetta dei siculo americani verso il governo degli Stati Uniti. Haffenden aprì immediatamente un canale con Lucky Luciano e si pervenne ad un accordo segreto; immediatamente fu smantellata la rete di spionaggio e nessun sommergibile tedesco si avvicinò più alla rada del fiume Hudson; in cambio la mano nera americana vide allentarsi il cappio del governo centrale. Mafia made in USACominciò così il connubio mafia-servizi segreti americani e quando l’estate successiva si dovette pianificare lo sbarco alleato in Europa i vertici militari americani non ebbero dubbi sulla scelta; in Sicilia le famiglie mafiose avevano radici solide ed attendevano con ansia la fine del fascismo per tornare ai fasti di un tempo; quando Lucky Luciano chiamò a raccolta tutte le famiglie d’America e di Sicilia fu un plebiscito di consensi e lo sbarco, pianificato dagli Yankee con l’ausilio di migliaia di picciotti fu un successo. In cambio di questo appoggio il governo americano promise il governo dell’isola, la nomina di sindaci, funzionari, amministratori appartenenti alle famiglie mafiose; un segno di riconoscenza verso i padrini ma anche la costituzione di un avamposto americano nel mediterraneo in previsione della disputa con l’Unione Sovietica di Stalin. Erano i tempi in cui il braccio destro di Winston Churchill definì il maresciallo Tito “Un mascalzone, ma il nostro mascalzone” ed il leader britannico liquidò le rimostranze di un suo funzionario sul futuro dei Balcani così “Ha per caso intenzione di trasferirsi in Jugoslavia nei prossimi anni?” Insomma a qualunque costo si doveva fermare l’avanzata rossa in Europa, così nacque in Italia il connubio Democrazia Cristiana-mafia, un progetto anticomunista costantemente supportato dai vari governi stelle e strisce che sarebbe durato fino alla caduta del muro di Berlino; in questa operazione segreta (ma non tanto) che durò quasi quarant’anni gli americani hanno sperimentato le tecniche di infiltrazione in un paese straniero, concetto poi esteso ad altre nazioni dove gli americani hanno esteso la loro influenza, spesso con azioni militari più eclatanti. In Italia grazie alla mafia sono riusciti ad arrivare alla politica, ancora oggi molti si chiedono come è stato possibile un così stretto connubio tra due realtà che in teoria avrebbero dovuto essere antitetiche, a distanza di anni sono arrivate le ammissioni da parte degli uomini della C.I.A., ed in una certa parte sono spuntati i documenti che comprovano questa scottante verità. William Colby ex capo della C.I.A. in una intervista rilasciata a Gianni Bisiach ha riconosciuto l’incredibile errore del governo americano che ha stretto rapporti troppo stretti con l’organizzazione criminale italiana condizionando in negativo la storia del paese, segnatamente della Sicilia. “Noi abbiamo avuto rapporti con la mafia, questo è stato un terribile errore”, la clamorosa ammissione dell’ex capo C.I.A. riscrive la storia, il potere enorme concesso alla mafia nell’immediato dopoguerra è stato il terreno di coltura di una pletora di criminali che hanno insanguinato l’isola del mediterraneo condizionandone in negativo lo sviluppo e la storia, i Bontate, i Riina, i Provenzano, i Badalamenti, i Leggio, si formano in quegli anni di impunità garantita per legge dallo stato italiano. Si, per legge, oggi possiamo affermarlo. Sepolta tra cumuli di polvere, dimenticata (volutamente) negli archivi segreti, riaffiora dal passato il documento incriminante, quello che ha condannato a morte la Sicilia e con essa l’Italia ad un quarantennio di mafia e di connubio tra istituzioni e malavita e del quale ancora oggi non riusciamo a liberarci, perché dopo la Democrazia Cristiana venne un imprenditore milanese ed i successori di costui coinvolti in scandali di corruzione infinita sembrano gli ideali continuatori di una storia che cominciò tanti anni fa. Ne parlò il presidente della Commissione Antimafia Carraro il 20 giungo 1974 rivolgendosi al ministro degli esteri Aldo Moro: “La commissione è stata informata dell’esistenza di un documento, fino ad ora non reso pubblico, che sarebbe allegato all’articolo 16 del trattato di armistizio (l’armistizio lungo) stipulato nel 1943 tra l’Italia e le potenze alleate. Poiché detto documento- che conterrebbe l’indicazione di numerosi elementi mafiosi cui sarebbe stata assicurata l’impunità- si rivela di enorme interesse ai fini della ricostruzione del fenomeno mafioso in Sicilia …, la Commissione ha deliberato di acquisirlo agli atti”. Si fa riferimento all’armistizio siglato da Badoglio ed Eisenhower il 29 settembre 1943 a Malta, ma dalla ricerca negli archivi che ne susseguì si scoprì la strana mancanza di questa postilla, ovviamente da allora non se ne parlò più, la carriera di Carraro venne stroncata all’istante. Ma nel trattato di pace stipulato a Parigi nel febbraio 1947 l’articolo 16 imposto dagli Stati Uniti recita così: “L’Italia non perseguirà, ne disturberà i cittadini italiani, particolarmente i componenti delle Forze Armate, per il solo fatto di avere, nel corso del periodo compreso tra il 10 giungo 1940 e la data dell’entrata in vigore del presente Trattato, espresso la loro simpatia per la causa delle potenze Alleate ed Associate od avere condotto un’azione a favore di detta causa”. Il riferimento ai civili e non ai soli militari non lascia dubbi, si tratta dei mafiosi e di tutta la pletora di massoni, ex-fascisti ed anticomunisti riuniti dai servizi segreti americani nel complotto anticomunista. L’impunità di cui ha goduto la mafia è presto spiegata, quella stessa impunità che oggi hanno ereditato i politici italiani, specie quelli coinvolti negli scandali legati alla corruzione; dunque non deve sorprendere l’andazzo delle cose italiche, in Italia l’impunità è legge, il nostro paese è una vasta area criminale dove gli americani in mezzo secolo e le multinazionali oggi imperversano indisturbate. Negli anni che seguirono il dopoguerra la C.I.A. (costituita daTruman nel 1947, riformando l’Office of Strategic Services, ndr) fidelizzò i picciotti della mafia anche in altre operazioni militari e paramilitari, celeberrima l’operazione Mongoose nota anche come The Cuban Project dove è provato il coinvolgimento di un piccolo esercito di picciotti che avrebbero dovuto spazzare via Fidel Castro; l’operazione fallì miseramente e John Fitzgerald Kennedy abbandonò sull’isola i siculo americani che vennero successivamente rimpatriati in cambio di viveri, trattori e medicine. La mafia se la legò al dito. Nella ricostruzione di Gianni Bisiach nel suo libro “Il presidente, la lunga storia di una breve vita” sono evidentissime le prove che collegano l’assassinio di tutti e due i Kennedy alla mala siciliana, segnatamente nelle figure dei boss Sam Giancana e Charles Nicoletti; si tratta di personaggi legati a doppio filo alla C.I.A. opportunamente tolti di mezzo assieme ad un’infinità di testimoni morti in circostanze strane poco prima di deporre nelle aule dei tribunali. Si arriva al Golpe Borghese in Italia nel 1970, vi sono prove certe del coinvolgimento della mafia nelle operazione militari del golpe fallito, prove innegabili nel libro di Camillo Arcuri, Colpo di Stato; si parla di migliaia di picciotti armati di tutto punto; da chi? Si arriva alle stragi del 92, due magistrati siciliani stavano arrivando alle alte sfere del connubio stato mafia, l’esplosivo utilizzato in ambedue le stragi era di tipo militare e di produzione americana o inglese; un’altra incredibile coincidenza. Fonte: Difesa On Line Preso da: http://ift.tt/2o68PJh
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respektnloyalty9 · 3 years
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Gerlando Alberti - Palermo City - Porta Nuova - Mafia Siciliana
Nicknamed 'u Paccarè ("the imperturbable one"), was a member of the Sicilian Mafia. He belonged to the Porta Nuova family in Palermo headed by Giuseppe Calò.
Alberti was involved in numerous notorious Mafia events, such as the Ciaculli massacre in 1963, the Viale Lazio massacre in 1969, the disappearance of journalist Mauro De Mauro in 1970, and the killing of Chief Prosecutor Pietro Scaglione in 1971. He was one of the top mafiosi involved in cigarette smuggling and heroin trafficking in the 1970s. He once said of the Mafia: "Mafia! What is that? A kind of cheese?".
Alberti was one of the rising stars of the Mafia in the 1970s. He had a luxurious lifestyle with apartments in Milan and Naples, he owned a green Maserati and he and his men spent their evenings at nightclubs with expensive women. His position was confirmed on June 17, 1970, when the traffic police in Milan stopped an Alfa Romeo for speeding. In the car were Alberti, Tommaso Buscetta, Salvatore "Ciaschiteddu" Greco, Gaetano Badalamenti and Giuseppe Calderone. Unaware of the identity of the men in the car the police let them continue their journey. At the time, they were involved in a series of meetings about the future of Cosa Nostra. They decided to set up a new Sicilian Mafia Commission (the first one was dissolved after the Ciaculli massacre) – initially headed by a triumvirate consisting of Gaetano Badalamenti, Stefano Bontade and the Corleonesi boss Luciano Leggio.
On May 5, 1971, Pietro Scaglione, Chief Prosecutor of Palermo, was killed with his driver Antonino Lo Russo. It was the first time since the end of World War II that the Mafia had carried out a hit on an Italian magistrate. The police rounded up 114 mafiosi who would be tried in the second "Trial of the 114". Scaglione was killed in the district under Alberti’s command. Alberti had arrived from Naples just before the attack and left immediately afterwards. A barman who had confirmed to the police that Alberti was in Palermo while Scaglione’s murder was taking place was kidnapped and killed.
ESPAÑOL
También conocido como "U Paccarè" fue un miembro de la Mafia Siciliana.​ Pertenecía a la familia Porta Nuova en Palermo dirigida por Giuseppe Calò. Su sobrenombre fue "u Paccarè", el imperturbable.​
Alberti estuvo involucrado en varios eventos de la Mafia, como la Masacre de Ciaculli en 1963, la Masacre de Viale Lazio en 1969, la desaparición del periodista Mauro De Mauro en 1970, y el asesinato de Pietro Scaglione en 1971.  Fue uno de los mafiosos involucrados en el tráfico de cigarrillos y heroína en 1970. Una vez dijo sobre la Mafia: "¡Mafia! ¿Qué es eso? ¿Un tipo de queso?".​
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respektnloyalty9 · 3 years
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Gaspare Mutolo - Palermo CIty - Partanna Mondello - Mafia Siciliana
In 1992 he became a pentito (state witness against the Mafia). He was the first mafioso who spoke about the connections between Cosa Nostra and Italian politicians. Mutolo’s declarations contributed to the indictment of Italy’s former Prime Minister Giulio Andreotti and to an understanding of the context of the 1992 Mafia murders of the politician Salvo Lima and the magistrates Giovanni Falcone and Paolo Borsellino.
In 1965 he ended up in prison for the first time. In the Ucciardone prison in Palermo he shared a cell with Totò Riina, the future boss of the Corleonesi. Noticing the deference with which Riina was treated, Mutolo realised that his cellmate had to be someone important and ingratiated himself with Riina by letting him win at cards. When they both had left prison, Mutolo was Riina’s personal driver for a while – a position of great trust.
In 1973, Mutolo was initiated into the Partanna-Mondello family headed by Rosario Riccobono. "When I became a member, it was for me a new life, with new rules. For me only Cosa Nostra existed," he later recalled.  He became the right-hand man of Riccobono and Riina’s trusted man for delicate missions. In 1976 and 1982, Mutolo was arrested again, and during one of his sojourns in prison, he became the cellmate of the old boss of the Corleonesi, Luciano Leggio (later he claimed that he had painted the pictures that are attributed to Leggio).
Thanks to his close ties with the Corleonesi, he survived the massacre that wiped out the old guard including former Corleonesi ally Riccobono of the Partanna-Mondello Mafia family at the end of 1982, in the midst of the Second Mafia War.
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 Michele Navarra - Palermo (Corleone) - Mafia Siciliana
Was an Italian member of the Sicilian Mafia. He was a qualified physician and headed the Mafia family from the town of Corleone in Sicily. He was known as 'u patri nostru (our father).
Navarra was born in the Sicilian town of Corleone in a middle class family; his father was a small landowner, a land surveyor and teacher at the local agrarian school.His uncle from his mother’s side, Angelo Gagliano, had been a member of the Fratuzzi, as the local Mafia was known at the time and which consisted mainly of gabellotti, local power brokers that leased large estates from absentee landlords, and subleased plots to peasants at excessive or abusive rates. He was killed in 1930.
Navarra studied at the University of Palermo, first engineering and later medicine, getting his degree in 1929. He served in the Royal Italian Army until 1942, reaching the rank of captain. He became the boss of Corleone in 1943, succeeding Calogero Lo Bue.
Navarra was the old fashioned type of Mafia boss: genteel, well dressed, but ferocious. He did not murder people himself, but delegated the work. From 1944-48, when he took over command of the Mafia in town, there had been 57 murders in Corleone.By skilful manipulation of the Mafia network of mutual aid and graft, he occupied several key positions in the establishment of Corleone, had powerful political connections and enjoyed a high status. He became the official medical adviser to the Ferrovie dello Stato (Italian State Railways), which was offered to him when, in public competition, he was the only candidate.
ESPAÑOL
Mientras trabajaba como médico en Corleone, Michele Navarra se convirtió en el líder indiscutible de la familia de la mafia local; comenzó a aparecer regularmente en público en compañía de algunos agricultores jóvenes que habían sido reclutados, como Luciano Leggio (más conocido como Luciano Liggio y llamado "Lucianeddu"), Calogero Bagarella, Bernardo Provenzano y Salvatore Riina. Navarra y su hermano formaron una empresa de autobuses para la recogida de vehículos militares abandonados de el Allied Military Government of Occupied Territories, el gobierno aliado militar: esta empresa fue adquirida en 1947 por la Región de Sicilia y absorbida por la Empresa Siciliana de los Transportes. 
Navarra en ese momento también controlaba el sector político y económico a través de los votos: en un principio se unió al movimiento separatista, y luego al Partido Liberal.
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Luciano Leggio - Palermo (Corleone) - Mafia Siciliana
Was an Italian criminal and leading figure of the Sicilian Mafia. He was the head of the Corleonesi, the Mafia faction that originated in the town of Corleone. He is universally known with the surname Liggio, a result of a misspelling in court documents in the 1960s.
As well as setting the Corleonesi on track to become the dominant Mafia clan in Sicily, he became infamous for avoiding convictions for a multitude of crimes, including homicide, before he was finally imprisoned for life in 1974.
Leggio was one of ten children raised in extreme poverty on a small farm. He turned to crime in his teens. His first conviction was when he was aged 18 for stealing corn; as soon as he completed a six-month sentence for this crime, he murdered the man who had reported him to the police. In 1945 he was recruited by the Mafia boss of Corleone, Michele Navarra, to work as an enforcer and hitman. That same year Leggio shot dead a farm-hand in order to take his job, then immediately took over the farm by demanding the owner sign it over to him at gunpoint.
While behind bars in the late 1940s he met Salvatore Riina, who was then aged 19 and starting a six-year sentence for manslaughter. The two eventually became accomplices in crime after Riina's release, as did two other young local criminals, Calogero Bagarella and Bernardo Provenzano.
ESPAÑOL
Fue un poderoso criminal y mafioso siciliano. Era el jefe de los Corleonesi, la facción mafiosa que se originó en el pueblo de Corleone. Algunas fuentes le llamaban de forma incorrecta Liggio, resultado de un error de transcripción en los documentos judiciales en la década de 1960.1También es conocido como "La primula rossa di Corleone".
Además del intento de establecer a los corleonesi como el clan mafioso dominante en Sicilia, se hizo tristemente célebre por evitar condenas por una multitud de crímenes, incluyendo homicidio, antes de ser encarcelado de por vida por fin en 1974.
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Leoluca Bagarella - Palermo (Corleone) - Mafia Siciliana
Is an Italian criminal and member of the Sicilian Mafia. He is from the town of Corleone. Following Salvatore Riina's arrest in early 1993, Bagarella had taken over as il capo dei capi (boss of bosses) of the Corleonesi, rivalling Riina's putative successor, Bernardo Provenzano. Bagarella was captured in 1995, having been a fugitive for four years, and sentenced to life imprisonment for Mafia association and multiple murder.
Bagarella was born in Corleone on 3 February 1942. Bagarella sided with Luciano Leggio of the Corleonesi in the late 1950s. Bagarella became the brother-in-law of Salvatore Riina in 1974 when he married Bagarella's sister, Antonia. Two of Bagarella's brothers were also Mafiosi; his elder brother, Calogero Bagarella, was shot dead on December 10, 1969, in the Viale Lazio in Palermo, during a shootout with rival mafioso Michele Cavataio and his men, known as the Viale Lazio massacre. A second brother, Giuseppe, was murdered in prison in 1972.
On 21 July 1979, Bagarella killed police chief Boris Giuliano. Giuliano was shot dead in the Lux Bar in Palermo having a cappuccino while waiting for his car to take him to work early in the morning. Bagarella shot Giuliano in the neck three times and, standing over the body, fired four bullets into Giuliano's back before making his escape.
ESPAÑOL
es un criminal italiano y miembro de la mafia siciliana. Tras el arresto de Salvatore Riina a principios de 1993, se cree que Bagarella se hizo cargo de una sección de los Corleonesi, rivalizando con el sucesor putativo de Riina, Bernardo Provenzano. Bagarella fue arrestado el 24 de junio de 1995, luego de haber estado fugitivo durante cuatro años, fue condenado a cadena perpetua.
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