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#Putin e la ricostruzione della grande Russia
gregor-samsung · 5 months
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“ La Guerra fredda aveva un senso. Fu una guerra ideologica in cui il vincitore, verosimilmente, avrebbe imposto al nemico sconfitto, per usare parole ormai screditate dal troppo uso, la propria filosofia e i propri valori. Può sembrare retorico, ma vi era in quello scontro fra giganti una certa nobiltà. Due grandi idee – la dittatura del proletariato e il capitalismo democratico – offrivano al mondo due strade diverse verso un futuro migliore. Le due diverse prospettive hanno creato speranze, attese, impegno e sacrifici che non sarebbe giusto ignorare. Oggi ogni traccia di nobiltà è scomparsa. Il comunismo è fallito e, come accade sempre in queste circostanze, la memoria collettiva ricorda soltanto le sue pagine peggiori: i massacri della fase rivoluzionaria, la fame ucraina, la persecuzione del clero, le purghe, i gulag, il lavoro coatto, i popoli trasferiti con la forza da una regione all’altra. La democrazia capitalista non è in migliori condizioni. Il trasferimento del potere economico dai produttori di beni ai produttori di denaro ha enormemente allargato il divario fra gli immensamente ricchi e i drammaticamente poveri. Il denaro governa le campagne elettorali. Le grandi piaghe della prima metà del Novecento – nazionalismo, militarismo, razzismo – si sono nuovamente aperte. Il linguaggio della competizione politica è diventato becero e volgare. Le convention americane sono diventate un circo equestre in cui i candidati esibiscono i muscoli della loro retorica. Il meritato riposo e un busto nel Pantheon della nazione, che attendevano gli uomini di Stato alla fine della loro carriera politica, sono stati sostituiti da posti nei consigli d’amministrazione, laute consulenze e conferenze generosamente retribuite (come i 225.000 dollari pagati da Goldman Sachs a Hillary Clinton per un dibattito dopo i suoi quattro anni al Dipartimento di Stato). Anziché affidarsi a leader saggi e prudenti, molti popoli sembrano preferire i demagoghi, i tribuni della plebe, i caudillos. Anche Putin appartiene per molti aspetti a un club frequentato da Erdoğan, Al Sisi, Orbán, Jaroslaw Kaczyński, Bibi Netanyahu, Xi Jinping, Lukašenko, per non parlare dei loro numerosi cugini in Africa e in Asia. Ma ha anche altre caratteristiche.
Deve governare un enorme spazio geografico popolato da una moltitudine di gruppi nazionali e religiosi. È il leader di un grande Paese che ha interessi legittimi e ambizioni comprensibili. È responsabile di una potenza che è anche un tassello indispensabile per l’amministrazione di un mondo caotico e pericoloso. Possiamo deplorare molti aspetti del suo carattere e della sua politica. Ma vedo sempre meno persone in Occidente che abbiano il diritto di impartirgli lezioni di democrazia. Occorrono 541 giorni per formare un governo in Belgio. Occorrono due elezioni politiche a distanza di sei mesi per formare un governo in Spagna. Occorrono tre commissioni bicamerali e due riforme costituzionali approvate dal Parlamento, ma sottoposte a referendum popolare, per cercare di modificare la costituzione in Italia. Nell’Unione Europea sono sempre più numerosi i cittadini che invocano il ritorno alle sovranità nazionali, ma in alcuni Stati nazionali (Belgio, Gran Bretagna, Spagna) la sovranità nazionale è contestata da regioni che chiedono il diritto di secessione. Mi chiedo: la democrazia è ancora un modello virtuoso che l’Europa delle democrazie malate e gli Stati Uniti delle sciagurate avventure mediorientali e del nuovo razzismo hanno il diritto di proporre alla Russia? “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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lamilanomagazine · 10 months
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Orsini: "Putin esce enormemente rafforzato. Ha fatto un test"
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Orsini: "Putin esce enormemente rafforzato. Ha fatto un test" "Putin esce enormemente rafforzato. Ha fatto un test, nessuno ha cercato di assassinarlo, nessuno ha cercato di rovesciarlo, l'esercito si è compattato attorno al presidente. Putin ha gestito la situazione con una leadership autorevolissima. Ora possono esserci conseguenze tragiche sulla guerra". Il professor Alessandro Orsini ritiene che Vladimir Putin esca rafforzato "enormemente" dalla vicenda legata alla protesta della Wagner di Evgeny Prigozhin. I mercenari hanno marciato verso Mosca prima di fermarsi a 200 km dalla capitale. "I russi, secondo la narrazione occidentale, avrebbero dovuto scendere in piazza. Non è successo. Prigozhin ha offerto ai russi un'opportunità unica di rovesciare Putin e nessuno è sceso in piazza. Questo può essere considerato un test della fiducia di cui gode Putin tra la popolazione e tra i vertici dello stato", dice Orsini, docente di sociologia del terrorismo internazionale, a Cartabianca. "Prigozhin è completamente inaffidabile, quello che dice lo dice per salvarsi la vita", aggiunge riferendosi alla versione di Prigozhin che ha derubricato l'insurrezione "protesta". "La sua ricostruzione dei fatti è che non avesse intenzione di realizzare un golpe militare. Da studioso non ho informazioni sufficienti. Sono incline a ritenere che Prigozhin abbia realizzato di essere rimasto completamente isolato, Putin aveva attorno a sé la classe dirigente compatta, nessuno ha cercato di assassinarlo, 'esercito è rimasto compatto accanto a Putin. E' possibile che Prigozhin abbia cercato di attuare un golpe militare e ora sta raccontando un'altra storia per non essere ucciso. E' possibile che Prigozhin non volesse dare vita ad un golpe, ma gli eventi hanno reso tale la sua azione. Ha sparato sui soldati russi e pare abbia abbattuto un aereo. Si è comportato come uno che ha dato vita ad un tentativo di golpe militare", dice Orsini. "Il grande conflitto non era tra Prigozhin e Putin ma tra Prigozhin e il ministro della Difesa, Shoigu. Cosa succederà al capo della Wagner? Non credo convenga a Putin assassinarlo ora, magari lo farà più avanti. L'eliminazione di Prigozhin in questo momento sarebbe un danno per la Russia, visto anche il ruolo della Wagner in Africa", aggiunge. Le vicende dell'ultima settimana "avranno conseguenze molto tragiche" sulla guerra. "Putin ha avuto la conferma che la Nato in Ucraina rappresenta una minaccia esistenziale per la Russia. Quello che abbiamo visto con Prigozhin è il pericolo di una guerra civile: Putin non può perdere la guerra in Ucraina. La guerra tra la Russia e l'Ucraina è finita dopo 3 settimane, è stata vinta dalla Russia. Poi è iniziata la guerra tra la Russia e la Nato... Ora Putin può mantenere la stessa strategia puntando sul logoramento e tutto rimane com'è. Oppure, se teme di essere rovesciato, Putin dà impulso ad una forte accelerazione con un impiego dell'aviazione militare finora sconosciuto e quindi con la devastazione definitiva dell'Ucraina".  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 10 months
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Ultime notizie sulla guerra in Ucraina
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina ci parlano di un nuovo inasprirsi del conflitto da entrambe le parti. L'Ucraina si sta impegnano nella controffensiva per riconquistare i territori perduti mentre la Russia incalza i bombardamenti. Mentre la guerra incalza, si pensa già alla dopo e alla ricostruzione dell'Ucraina. La diga Nova Kakhovka All'inizio del mese di giugno, è esplosa la diga Nova Kakhovka nella regione di Kherson, sul fiume Dnepr. Russia e Ucraina rilanciano tra loro la responsabilità dell'esplosione di questa struttura che ricopre una grande importanza. La diga, infatti, è alta 30 metri e ha un bacino d'acqua di 18 milioni di metri cubi. Per avere un'idea basti pensare che è grande quanto il Great Salt Lake dello Utah, negli USA. Fornisce non solo la centrale nucleare di Zaporizhzhia, ma anche diverse città ucraine, come Kherson, e la Crimea. La distruzione della diga, che secondo l'inchiesta condotta dal New York Time sarebbe opera della Russia, rappresenta anche un disastro ambientale. Dopo l'esplosione, infatti, sono state riversate nel fiume Dnepr, 150 tonnellate di olio idraulico delle sale macchine. Ultime notizie sulla guerra in Ucraina: Sebastopoli Per la giornata di ieri sono da registrare due notizie. La prima riguarda due potenti esplosioni avvenute a Sebastopoli, in Crimea. La seconda fa riferimento alle dichiarazioni di Putin sulla prospettiva di una guerra nucleare. Il presidente russo si è detto pronto a utilizzare nuovi missili Sarmat. Le sue dichiarazioni sono considerate fondate dal presidente americano Joe Biden che si è detto molto preoccupato. Intanto la Duma ha approvato un disegno di legge che prevede l'arruolamento dei detenuti in casi eccezionali: in momenti di mobilitazione, con la legge marziale e in tempo di guerra. Il "compenso" per l'arruolamento è l'ottenimento della grazia. La ricostruzione dell'Ucraina Se da un lato la guerra continua a incalzare e non si intravede all'orizzonte alcun barlume di pace, dall'altro si pensa anche alla ricostruzione dell'Ucraina, che potrà iniziare solo dopo la fine delle ostilità. Termina oggi, infatti, la due giorni di Conferenza sulla ripresa dell'Ucraina del 2023 (URC2023) organizzata congiuntamente da Regno Unito e Ucraina. La riunione UCR2023 rappresenta il prosieguo dei lavori iniziati lo scorso anno a Lugano durante i quali furono gettate le basi per la ricostruzione del Paese. Quest'anno, la riunione ha messo a punto ulteriori dettagli sulla ricostruzione cercando una più ampia mobilitazione dei settori pubblico e privato per garantire la stabilizzazione e la ripresa dell'Ucraina. La Banca mondiale ha stimato che la guerra tra Russia e Ucraina ha causato 135 miliardi di dollari di danni mentre la ricostruzione in 10 anni potrebbe costare 411 miliardi di dollari. In copertina foto di David Peterson da Pixabay Read the full article
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e-o-t-w · 1 year
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Eyes on the world #142
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Pronti per il ponte del 25 aprile? Anche questo mese sta volando via come se nulla fosse.
Questa settimana torno a parlare più ampiamente della guerra in Ucraina e della situazione in Italia, ma spazio anche a Sudan e Yemen, due realtà che negli ultimi giorni hanno fatto notizia per vari motivi.
Non perdiamo altro tempo, cominciamo 👇
🇺🇦 STORIE DI OPPOSITORI PERSEGUITATI, SCAMBIO DI PRIGIONIERI, SATELLITI VAGANTI: LA SETTIMANA IN BREVE
(1) Riportiamo un attimo il focus sulla guerra in #Ucraina, dato che la settimana ha lasciato qualche strascico. Partiamo innanzitutto dall’oppositore per eccellenza del presidente russo #Putin, Alexei #Navalny, le cui condizioni di salute sono peggiorate di recente per via di un avvelenamento (secondo alcuni dei suoi collaboratori). L’uomo è al momento rinchiuso nel carcere di Melekhovo, a 250 km a est di Mosca, ed è qui che sarebbe avvenuto il fatto. È dall’8 aprile che non si hanno notizie di Navalny, dopo che quella notte un’ambulanza venne chiamata per i suoi forti dolori allo stomaco. A breve potremmo avere novità in merito, ma non è stato l’unico oppositore a fare notizia questa settimana. Da un lato abbiamo avuto Vladimir Kara-Murza, 41enne giornalista e politico russo, condannato a 25 anni di carcere in Russia per alto tradimento (è accusato di aver cospirato in segreto con i governi di alcuni paesi appartenenti alla #NATO, anche se i dettagli non sono mai stati diffusi); dall’altro Ilya Yashin, il cui ricorso contro la condanna a 8 anni e mezzo di carcere è stata respinta. L’uomo è accusato di aver condiviso “informazioni false” in merito alle operazioni dell’esercito russo in Ucraina (divenne famoso nel periodo del noto massacro di Bucha). Tornando a Navalny, il mondo dell’informazione attende novità sul caso, esattamente come per lo scontro più grande in corso tra gli eserciti russo e ucraino a #Bakhmut, dove al momento è il primo a prevalere. Il tutto in attesa di un probabile contrattacco ucraino di primavera, sul quale non vi è traccia nei documenti del #Pentagono trafugati nelle scorse settimane (a differenza di altre informazioni relative all’andamento della guerra); proprio per questo motivo, gli ufficiali ucraini non sembrano particolarmente preoccupati. Nonostante la tensione tra i due schieramenti, la scorsa domenica (in occasione della Pasqua ortodossa), è avvenuto uno scambio di prigionieri: la Russia ne ha liberati circa 130, mentre non è trapelato quanti ne abbia messi in libertà l’Ucraina. Sempre nel weekend i governi di Polonia e Ungheria hanno deciso di non importare più dall’Ucraina grano e altri prodotti alimentari, dai prezzi troppo concorrenziali rispetto a quelli dei settori agricoli locali. Vista la situazione critica nel Mar Nero, Kiev ha dovuto ripiegare sui paesi dell’Est Europa, essendo impossibilitata a raggiungere i clienti abituali (paesi africani e mediorientali in primis), ma Polonia e Ungheria hanno preferito rifiutare a importare tali prodotti per non mettere in difficoltà gli agricoltori locali. Non è escluso comunque che, soprattutto con la Polonia, si possa trovare un accordo. Per la prima volta dall’inizio della guerra, è anche avvenuto l’incontro tra il presidente ucraino #Zelensky e il segretario generale della #NATO Stoltenberg. Infine una curiosità proveniente…dai cieli di Kiev. Qualche giorno fa la #NASA aveva comunicato che un suo satellite defunto (Rhessi) sarebbe precipitato sulla terra tra mercoledì e giovedì, senza dare una precisa localizzazione. La stessa agenzia spaziale ha precisato che la maggior parte del corpo si sarebbe smaterializzata nel rientrare nell’atmosfera. Ebbene, il capo dell’amministrazione militare di Kiev Serhiy Popko aveva riferito che l’allarme aereo risuonato nella capitale nella notte di mercoledì fosse dovuto proprio alla caduta del satellite, ricostruzione immediatamente smentita dalla NASA, che a sua volta ha reso noto che nulla proveniente dallo spazio si sia schiantato su Kiev.
🇮🇹 ULTIME DALL’ITALIA: VISITA DI STATO IN AFRICA, CAUSE AI MEDICI, CONCESSIONI BALNEARI E CASO COSPITO
(2) Tante notizie dall’#Italia questa settimana, con il governo in prima linea in diversi ambiti. Partiamo dalla scorsa settimana, quando tra venerdì e sabato la premier Giorgia #Meloni si è recata in Etiopia per una visita di stato. Qui ha incontrato il presidente etiope Abiy Ahmed e l’omologo somalo Hassan Sheikh Mohamud, ai quali ha parlato di un piano di aiuti per favorire le istituzioni locali e sviluppare le relazioni internazionali con alcuni paesi dell’Africa (il noto “piano Mattei per l’Africa”, che prende il nome dallo storico presidente dell’ENI Enrico Mattei e che coinvolgerebbe anche la Tunisia). Il tutto al fine di arginare il problema migratorio, dal momento che l’Etiopia è uno dei principali paesi dai quali transitano i migranti che raggiungono la Libia e – di conseguenza – il Mediterraneo. L’accordo firmato con Ahmed vede lo stanziamento di 140 milioni di euro (di cui 40 a fondo perduto), che nei prossimi mesi potrebbero alzarsi a 200. A proposito di migranti, in settimana si è parlato ripetutamente della cosiddetta “protezione speciale”, riconosciuta dalla legge italiana (mentre l’asilo politico e la “protezione sussidiaria” sono riconosciute dall’Europa) per chi giunge nel nostro paese da un territorio nel quale è a rischio di persecuzione e non solo. A differenza di quanto dichiarato da diversi membri della maggioranza, la protezione speciale – o versioni simili – è in vigore in 18 paesi dell’UE. Tuttavia, in base alle ultime dichiarazioni, sembra che possa essere abolita dal governo, anche se la sola idea ha generato parecchie polemiche. Nel frattempo è stato nominato il commissario della gestione dello stato di emergenza nazionale sui flussi migratori: si tratta di Valerio Valenti, a capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno. Altri provvedimenti della settimana hanno visto, ad esempio, la rimozione del divieto di vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti, introdotto nel 2019 per limitare le attività militari in #Yemen, dove gli EAU hanno sostenuto l’Arabia Saudita contro i ribelli houthi. I recenti sviluppi sul conflitto, che riguardano principalmente il tentativo di raggiungere un accordo di pace, hanno però spinto il governo a procedere in tal senso.
Cambiando argomento, martedì sono iniziate le riunioni della commissione creata dal ministero della Giustizia per gestire la questione delle cause giudiziarie presentate contro i medici sul tema “malasanità”. Il ministro Nordio ha spiegato che il ruolo della commissione non è depenalizzare gli errori medici, ma rivedere le norme che regolano quando e come sia possibile procedere con una causa. Il problema principale è stato rintracciato nella “medicina difensiva”, termine con il quale si identificano le prescrizioni di esami e visite in numero eccessivo per escludere eventuali rischi. In base ai dati dell’Anaao Assomed (tra i principali sindacati di medici ospedalieri) ogni anno si contano circa 35.600 cause giudiziarie contro medici e strutture, molte delle quali sono ancora in attesa nei tribunali e – in generale – solo il 2% finisce con una condanna del medico. Le attuali leggi lasciano ancora diverso spazio per fare causa, perciò sarà compito della commissione evitare di depenalizzare totalmente la categoria e, allo stesso tempo, di intasare i tribunali con cause che non hanno ragion d’essere. Una delle soluzioni sul piatto è presa dalla legislazione francese, dove il paziente riceve un risarcimento economico rinunciando a fare causa, ma anche – al contrario – introdurre provvedimenti contro i pazienti che tentano di ottenere un risarcimento anche laddove non vi sia stato errore medico. Nel frattempo, brutte notizie dalla Corte di Giustizia dell’UE, che ha ribadito come le concessioni balneari – rinnovate automaticamente, ancora una volta, dal governo Meloni – debbano essere sottoposte a una procedura imparziale e trasparente, norma mai recepita da qualsiasi governo dal 2006 in poi. In tutto ciò, Alfredo #Cospito ha sospeso lo sciopero della fame iniziato lo scorso ottobre. Il detenuto anarchico in regime di 41-bis lo ha comunicato al Tribunale di Sorveglianza di Milano, dopo che la Corte Costituzionale ha giudicato illegittimo non prendere in considerazioni delle attenuanti per un caso che lo riguarda (e che potrebbe evitargli l’ergastolo).
🇸🇩 SUDAN SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE: SCONTRO TRA ESERCITI A KHARTUM. CENTINAIA I MORTI CIVILI
(3) Il #Sudan non sta vivendo un ottimo momento. Sabato scorso sono iniziati degli scontri per il controllo del paese tra il gruppo militare #RSF (Rapid Support Forces, controllato da Mohamed Hamdan Dagalo, vice-presidente del paese e fedele al regime di Omar al Bashir caduto nel 2021) e l’esercito sudanese (comandato dall’attuale presidente Abdel Fattah al Burhan). Pur essendo alleati all’interno della giunta militare, il gruppo RSF ha sempre mantenuto una discreta autonomia, rimanendo separato dall’esercito sotto il controllo di Dagalo. L’intenzione di far tornare tutto il potere nelle mani del governo centrale e il conseguente scioglimento del gruppo ha acceso la miccia per lo scoppio del conflitto. Interessata soprattutto la capitale #Khartum, ma anche diverse altre città del paese. Il bilancio attuale è di oltre 300 morti civili e almeno 3000 feriti, ma i dati sono – purtroppo – provvisori e non contemplano i soldati caduti in battaglia. Ben nota una delle persone aggredite, comunicata lunedì dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri europei Joseph Borrell: si tratta – secondo le prime ricostruzioni – di Aidan O’Hara, a capo della delegazione diplomatica dell’UE in Sudan. Il timore è che lo scontro possa molto presto trasformarsi in guerra civile, anche perché gli scontri non sono rallentati nemmeno di fronte due tentativi di tregua di 24 ore stabiliti tra lunedì e mercoledì per assistere i civili coinvolti. Le notizie che giungono sono oltretutto molto frammentate, ma si parla di migliaia di persone in fuga dal paese con qualsiasi mezzo (dal momento che l’aeroporto della capitale è fuori uso). Proprio a Khartum sono concentrati gli scontri più violenti, e iniziano a scarseggiare viveri, elettricità e acqua, oltre che medicine.
🇾🇪 YEMEN: PRINCIPIO DI ACCORDO TRA HOUTHI E ARABIA SAUDITA. TRAGEDIA NELLA CAPITALE SANA’A
(4) Sembra poter avere un seguito l’accordo portato avanti tra Arabia Saudita e il gruppo di ribelli #houthi, che controlla parte dello Yemen. Lo scorso weekend sono stati liberati centinaia di prigionieri nell’ambito di uno scambio che coinvolgerà quasi 900 persone. Un passo importante per il raggiungimento della pace nello Yemen, che tuttavia continua a vivere un periodo di estrema povertà (si parla di 33 milioni di bisognosi, pari a circa l’80% della popolazione). La vera notizia della settimana ha del tragico, dal momento che almeno 80 persone hanno perso la vita durante un evento andato in scena mercoledì sera nella capitale Sana’a. Centinaia di abitanti si erano radunati vicino una scuola dove dei commercianti locali avrebbero distribuito somme di denaro pari a 10 euro a persona, in occasione della festività di fine Ramadan. Sembra che alcuni soldati appartenenti al gruppo Houthi abbiano sparato in aria per cercare di controllare la folla e che uno dei proiettili abbia colpito accidentalmente dei cavi elettrici, provocando un’esplosione e la conseguente fuga travolgente dei presenti. Molti sono rimasti intrappolati nel caos e sono morti schiacciati o di asfissia. I due commercianti che hanno dato vita all’evento con l’ente benefico che rappresentavano sono stati arrestati per non aver preso accordi con la polizia nell’organizzarlo. L’unica speranza che resta agli yemeniti è un accordo tra Arabia Saudita e Iran/houthi che possa mettere fine alle ostilità.
Voliamo alle brevi, oggi molto ricche 👇
🇫🇷 Adesso è ufficiale: la maggior parte della nuova riforma pensionistica francese è stata approvata dalla Corte Costituzionale, compresa la sua parte più contestata (che innalza l’età minima per andare in pensione da 62 a 64 anni). Per quest’ultima, è stata respinta la richiesta di referendum popolare promossa da diversi gruppi parlamentari di sinistra. Come prevedibile, non sono mancate le proteste, dalla capitale Parigi a numerose altre città (Rennes e Marsiglia in primis). Poche ore dopo l’ok della Corte, il presidente #Macron ha promulgato la riforma, che è stata trascritta sulla Gazzetta Nazionale.
🇯🇵 Ancora problemi durante un comizio in #Giappone. Dopo la morte dell’ex premier Shinzo Abe lo scorso anno, ucciso durante un incontro pubblico all’aperto, l’attuale primo ministro Fumio Kishida è uscito illeso dal lancio di un ordigno a bassa potenza verso di lui nel corso di un comizio lo scorso sabato (una bomba carta o un fumogeno, probabilmente). La persona responsabile è stata subito immobilizzata e arrestata, ma non è ancora chiaro il motivo del gesto. Sempre in Giappone, il giorno prima, il governo ha approvato un progetto per aprire il primo casinò del paese. È una decisione storica perché fino al 2018 erano illegali, ma poi una legge di quell’anno li ha autorizzati purché aiutassero a incentivare il turismo. Verrà costruito a Osaka e inaugurato probabilmente nel 2029.
🐄 Curioso, per quanto tragico, incidente in un’azienda casearia del #Texas, la South Fork Dairy Farm. 18 mila mucche hanno perso la vita a causa di un incendio avvenuto lunedì scorso. Anche un dipendente è rimasto ferito gravemente, ma è in condizioni stabili. Lo stato è uno dei maggiori produttori di latte di tutti gli Stati Uniti e l’incendio – in base alle prime stime – potrebbe provocare danni per decine di milioni di dollari. Ogni mucca aveva un valore di circa 2.000 dollari.
🇮🇹 A distanza di otto mesi dalla sua nascita, il cosiddetto Terzo Polo (ovvero l’unione dei partiti “Italia Viva” di Matteo Renzi e “Azione” di Carlo Calenda) ha annunciato ufficialmente lo scioglimento.
💊 Torniamo in USA per parlare di #aborto. Partiamo dalla Florida, dove il governatore repubblicano Ron DeSantis (probabile avversario di Donald Trump per le primarie del Partito Repubblicano) ha firmato una legge che vieta di abortire dopo le prime 6 settimane di gravidanza. Bisognerà attendere il parere della Corte Suprema della Florida per far sì che la legge entri in vigore. Sempre nello stesso ambito, la (Corte Suprema) statunitense ha deciso di sospendere fino a oggi, 21 aprile, le sentenze che avevano limitato l’accesso al mifepristone nelle ultime settimane (si tratta di uno dei farmaci più usati per interrompere una gravidanza, ne avevamo parlato la scorsa settimana), ma dovrà comunque esprimersi sulla sentenza di un tribunale federale del Texas che aveva deciso di togliere dal mercato il farmaco in tutti gli USA.
🚨 Sempre negli Stati Uniti, a New York, sono stati arrestati due uomini con l’accusa di aver collaborato nella creazione di una stazione di polizia segreta per conto del governo cinese (ovviamente senza alcuna autorizzazione). Pare che sia stata aperta nel 2022 a Manhattan, con l’obiettivo di identificare e tracciare attivisti pro-democrazia attivi sia a NY che sul suolo americano e – potenzialmente – intervenire per reprimere le loro critiche contro il governo cinese. Da quanto emerge, sembra che i due abbiano agito sotto la direzione di un funzionario del governo cinese. Rischiano da 5 a 20 anni di carcere.
🇲🇦 Ricordate la discussa sentenza che, in #Marocco, aveva condannato a poche decine di mesi di carcere tre uomini che avevano abusato ripetutamente di una bambina di 11 anni, poi rimasta incinta? Ebbene, la Corte d’appello di Rabat è intervenuta in secondo grado e ha trasformato la pena di 2 anni in 20 e le altre 2 di 18 mesi in 10 anni (il massimo previsto per questi reati è di 30 anni). L’avvocato della bambina sta pensando di fare ricorso in Cassazione per aumentare ulteriormente le ultime due.
🚀 È partita alle 14:14 dello scorso venerdì la missione #JUICE dell’Agenzia spaziale europea, che consentirà di raggiungere Giove nel luglio del 2031. L’obiettivo è raccogliere dati sulle sue lune ghiacciate in modo da capire come e se sia possibile la vita su altri pianeti che non siano la Terra. Non ha avuto lo stesso successo il primo lancio di #Starship, l’astronave progettata da SpaceX (fondata da Elon Musk). Il mezzo è esploso poco dopo la partenza, poco prima che la navicella si staccasse dal razzo, ma fortunatamente senza nessuno a bordo. Non è ancora chiaro il motivo dell’accaduto. Il primo tentativo di lancio era stato annullato per via di un problema tecnico lo scorso lunedì.
📲 Dopo la radio pubblica statunitense NPR, anche la PBS (la televisione pubblica statunitense) ha comunicato di aver lasciato #Twitter dopo essere stata etichettata dal social come “testata finanziata dal governo”, lasciando intendere una presunta inattendibilità del loro lavoro giornalistico. Sempre Twitter ha cominciato a rimuovere le spunte blu a chi non ha sottoscritto l’abbonamento per mantenerle. Tra questi anche moltissimi personaggi in vista, come Donald Trump, Beyoncé o persino il fondatore del social Jack Dorsey.
🇬🇧 In Regno Unito è stata aperta un’indagine per un potenziale conflitto di interessi che coinvolgerebbe il primo ministro Rishi #Sunak. In base a quanto riportato da diversi giornali britannici, sembra che la Koru Kids (azienda di servizi per l’infanzia di cui è azionista la moglie di Sunak) abbia beneficiato di finanziamenti pubblici. Dopo diverse critiche provenienti dalla stampa (successive all’aver negato potenziali conflitti di interesse) il premier ha fatto sapere di aver già reso nota tale situazione, anche se non pare esservi traccia di alcuna comunicazione in merito.
🇫🇮 Se in alcuni paesi europei le centrali nucleari vengono spente (Germania), in altre prendono vita. Nella centrale Olkiluoto, in #Finlandia, è entrato in funzione il terzo reattore, il più grande d’Europa e il primo ad acqua pressurizzata (una nuova tecnologia che garantisce efficienza e sicurezza). In base alle prime stime dovrebbe produrre circa il 14% del fabbisogno elettrico finlandese.
📺 Qualche tempo fa parlammo del caso di #FoxNews, la più famosa e influente tv di destra americana, e della crociata fatta ai tempi delle elezioni presidenziali del 2020 contro la Dominion Voting Systems, l’azienda che si occupò di fornire l’attrezzatura per il voto elettronico, spingendo la teoria supportata dall’ex presidente Donald Trump di possibili brogli elettorali. L’azienda aveva chiesto alla rete 1,6 miliardi di dollari di risarcimento per diffamazione, ma – poco prima dell’inizio del processo – le parti si sono accordate per 787,5 milioni di dollari, senza che venissero affrontate importanti valutazioni sul piano mediatico e – soprattutto – etico, visto l’enorme bacino di spettatori quotidiani.
🔫 Oltre 14 mila persone sono state arrestate nell’ambito di una gigantesca operazione dell’#Interpol sul traffico di armi in America Latina. Sono state sequestrate circa 8.000 armi, 305 mila proiettili, ma anche 203 tonnellate di cocaina e 372 tonnellate di precursori chimici (materiale utile alla produzione di droga, in estrema sintesi).
🇪🇺 Dal primo gennaio 2024 tutti i cittadini del #Kosovo potranno entrare nei paesi dell’UE senza richiedere alcun visto. È la decisione del Parlamento Europeo approvata lo scorso martedì, attesa da anni dal piccolo paese dei Balcani (l’ultimo della zona ad attendere il via libera).
🇹🇳 Continua la spinta del presidente tunisino Kais Saied verso la trasformazione della #Tunisia in un paese sempre più autoritario. Lunedì la polizia ha prelevato in casa sua l’81enne Rached Ghannouchi, leader del partito di opposizione e – di conseguenza – uno dei principali oppositori di Saied. Era accusato da tempo di reati riguardanti la gestione finanziaria del partito, ma molti ritengono essere accuse mosse politicamente.
🏳‍🌈 Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado della Florida sarà vietato parlare di temi legati al mondo #LGBT+. È stato il ministero dell’Istruzione dello stato ad approvare il provvedimento, che non richiede alcuna approvazione legislativa e quindi entra in vigore con effetto immediato. Chiunque violerà le regole, vedrà la propria licenza di insegnamento sospesa.
💻 Sapevate che #Netflix venne fondata nel 1997 per fare concorrenza a Blockbuster, consegnando a domicilio DVD a noleggio, ma senza avere uno store fisico? Ebbene, dopo 25 anni, l’azienda ha deciso di chiudere questo storico servizio (attivo solo negli Stati Uniti). Lo scorso anno ha fruttato un totale di 126 milioni di dollari, a fronte di 31,6 miliardi di ricavi. L’ultima consegna è prevista per il 29 settembre.
⚙ Decisione a suo modo storica dell’Europa che, tramite un accordo tra i rappresentanti di Consiglio e Parlamento Europeo, ha deciso di investire 43 miliardi nella produzione industriale di #microchip. L’obiettivo è raggiungere la quota del 20% della produzione mondiale entro il 2030 (attualmente è ferma al 9%), ma nello stesso tempo anche di emanciparsi dalle importazioni dall’estero di tali materiali, fondamentali per l’elettronica, ma non solo.
❌ Non dorme mai il conflitto tra Cina e Stati Uniti. Il dipartimento del Commercio americano ha multato per 300 milioni di dollari la Seagate, azienda tecnologica rea di aver fornito dischi rigidi alla cinese Huawei, violando le norme sulla vendita e le esportazioni alla stessa Huawei (volte a ostacolare lo sviluppo di tecnologie sofisticate da parte della Cina).
⌨ La sezione News di #BuzzFeed chiuderà definitivamente i battenti. Lo ha annunciato il CEO Jonah Peretti, con la forza lavoro del sito verrà ridotta del 15%. Il progetto non era più sostenibile anche per il declino di Facebook, principale social utilizzato per condividere e diffondere le notizie. La testata, nota per le sue inchieste, vinse il premio Pulitzer nel 2021 per aver documentato la vicenda dei campi di detenzione in Xinjiang.
⚽ Chiudiamo con il #calcio: ottime notizie dalle coppe europee per le italiane impegnate. Decise le semifinali di ogni competizione: in Champions League saranno Milan-Inter e Real Madrid-Manchester City a contendersi la finale, in Europa League Juventus-Siviglia e Bayer Leverkusen-Roma, mentre in Conference League West Ham-AZ e Fiorentina-Basilea.
Alla prossima 👋
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Piero Visani: Russia
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Piero Visani: Russia
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“Sono stato due volte in Russia, sempre per lavoro e mai in vacanza. Non troppo a lungo, ma in forma sufficiente a non frequentare semplicemente musei e pinacoteche. Ho vissuto in case private, non in alberghi. Ho cenato con famiglie russe, ne ho approfondito modi di vivere, visione del mondo, impressioni.
Era parecchio tempo fa (1993-96), in una situazione molto più confusa dell’attuale, ma due cose si notavano:
1) lo smarrimento per essere passati da una condizione di superpotenza a quella di sconfitti nella “Guerra fredda”;
2) la volontà di tornare grandi, potenti, importanti, non appena ciò fosse stato possibile.
Si notava altresì l’amore incondizionato per la “Rodina”, la “madrepatria”, del tutto indipendente e scisso dagli errori, orrori e malefatte del regime sovietico. Qualcosa di tellurico, di ancestrale, di bellissimo per uno straniero proveniente – come me, in fondo – da una semplice “espressione geografica”.
Quando Putin ha iniziato a sventolare il vessillo del nazionalismo e a puntare sulla ricostruzione delle potenza russa, ho capito che una parte significativa del suo popolo gli sarebbe andata dietro.
Regime certamente illiberale, il suo, ma assolutamente conforme ad una tradizione millenaria che guarda alla sostanza del potere molto più che alla forma.
Un mondo che mi affascinò, così come – in circostanze del tutto diverse ma con attaccamento tellurico non inferiore – mi affascinò l’universo dei Boeri sudafricani, gente che si sentiva maggiormente africana di Zulu e Xhosa.
Nel caso russo, l’importanza enorme di Putin consiste nell’essere colui che si oppone, giorno dopo giorno, alle derive del mondialismo, della globalizzazione, del pensiero unico demototalitario, quello per cui al mondo conta solo l’economia e tutto il resto – Patria, tradizioni, interessi nazionali, usi e costumi – debbono essere sacrificati al Moloch del dio denaro e all’internazionalismo spurio della finanza. E il modo con cui Putin reagisce è brillante, colpisce a fondo l’universo di menzogne su cui è costruito il totalitarismo occidentale, che non è IN NULLA E PER NULLA diverso da altre forme di dispotismo, di cui è forse – ma ormai sempre meno – un po’ più sofisticato.
Penso che un Paese, grande o piccolo che sia, se riesce a rimanere o a diventare una Patria, ha ancora un futuro pure nell’orribile mondo odierno. Putin è riuscito a compiere questo miracolo. Non gli chiedo “certificati di democrazia”. I voti li ha presi in misura schiacciante e, dal momento che li prendono anche certe facce patibolari del mondo occidentale, non vedo che cosa ci sia da stupirsi. Nella più probabile delle ipotesi, saranno ottimi manipolatori entrambi. E rubare il mestiere agli “unti e bisunti da Madonna Democrazia” è – già di per sé – un atto degno della massima lode…”
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hoilcollobloggato · 3 years
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la mia vita al tempo del COVID-19 (giorno 17)
Prima delle restrizioni sulla circolazione che vietano gli spostamenti esterni al comune di residenza, ero solito recarmi almeno un paio di volte a settimana, in un piccolo bar di Fosdondo, una frazione di Correggio (RE). Si tratta di un bar essenziale: caffè, alcolici, qualche pasta e due pezzi di gnocco, gestito da un anziano barista dai modi sbrigativi e rudi. È un bar che ho scovato per puro caso, un giorno che mi dovevo recare a Reggio Emilia e per evitare il traffico della SS722 decisi di percorrere delle strade basse. E non saprei scriverti il motivo, perché, ma me ne sono subito innamorato. Frequentandolo, mi sono reso conto che, se ti intrattieni per qualche ora sorbendo caffè, o bevendo due dita di gin, la tua mente viene come cannoneggiata da un’infinito sciame meteoritico di pensamenti. Domande esistenziali, di cultura generale, o semplici irresistibili curiosità.
Dopo la mia ultima visita, queste tre domande hanno funestato le mie notti, affaticando oltremodo le mie meningi in cerca di una disperata risposta, e lasciandomi puntualmente, con la sensazione soggettiva di non avere tratto dal sonno l'adeguato beneficio. Pertanto oggi vorrei occuparmene.
– Una persona può brillare come una lucciola praticando uno stile di vita sano e mangiando alimenti adeguati? – Perché dopo aver udito, in modo del tutto casuale, un riff di una canzone di Cesare Cremonini, vengo assalito da stress, disturbi della mucosa gastrica, e in certi casi irritabilità del colon?
– Perché le prospettive di vivere nello spazio, fattibilità economica e tecnica della realizzazione delle Colonie Spaziali, a parte (è meglio ricordare che l’espressione “Colonie Spaziali” è stata bandita dal Dipartimento di Stato RSA a causa dei diffusi sentimenti anticoloniali così diffusi nel mondo) ci appare così accattivante?
Direi di partire proprio da quest’ultima domanda. Da quei paradisi di vetro e acciaio cromato che ci sono così familiari dai film di fantascienza degli ultimi sessant’anni – insieme all’eccessivamente rosea idea che per allora avremo raggiunto una conoscenza tecnologica illimitata – che di sicuro soddisfano ogni infantile fantasia di potenza. Ritengo probabile che i governi futuri, di fronte ai problemi del surriscaldamento globale (causato soprattutto dalla flatulenza bovina), i problemi derivanti dal caso della sovrappopolazione e i conflitti fra nazioni e individui per il possesso di risorse scarse e vitali (cibo e acqua) di cui questi hanno bisogno, congiuntamente alle perenni proteste NOVAX e NOTAV, finiscano per cedere alle pressioni economiche e politiche per lanciarsi nello spazio, e portare così tutte le nostre paturnie e malumori sui Gradini, dell’infinitamente grande Universo. Fra un secolo tutta la popolazione del nostro pianeta inizierà gradualmente a migrare nello spazio, abbandonando per sempre questo mondo di M. Mi immagino già i grandi sistemi di stazioni orbitali che inizieranno a girare attorno alla Terra, con i soliti stati che occuperanno orbite concentriche privilegiate, in un ordine di precedenza dettato dai rispettivi PIL. Stati Uniti, Cina e Giappone occuperanno presumibilmente le orbite più esterne, quelle nell’etere chiaro e stellato, mentre Germania e resto dell’Europa, sempre più impoveriti e fiaccati dall’inflazione, gireranno più in basso, fra i detriti e gli scarichi dei cessi, insieme all’Uganda e allo Yemen. La Russia, essendo la nazione più grande del mondo potrà prendersela comoda e godersi per un po’ una sorta di Terra no soldout, fino a quando Vladimir Putin (un Putin androide) punterà direttamente a colonizzare un pianeta tutto suo. Anche l’India, se continua così, karma permettendo, molto probabilmente finirà col cacarci in testa. Regno Unito dopo un primo momento, ingaggerà una Brexit che porrà fine all’adesione del UK da qualsiasi tipo di Unione Spaziale. Sì, di certo ci saremo anche noi, con i nostri deputati, il nostro fottuto governo e la fottuta opposizione che una volta in orbita discuteranno – nella loro aula sferica in vetro di titanio – sulla trasparenza degli accordi preliminari di quando cent’anni fa, furono acquistati i vaccini contro il virus del Covid-19 o se sia il caso di far giocare a oblò chiusi la miliardesima finale tra Juve e Inter di Coppa del Nonno. Anche per quel che riguarda il panorama urbano con cui ci apparirà la Colonia Spaziale Italiana, possiamo farci un’idea guardandoci intorno già fin da adesso, qui sulla Terra: i viadotti scalcinati lungo la rete autostradale, l’edilizia post-sisma 2009 de L’Aquila e del suo territorio circostante (che come si legge su un report ufficiale messo a disposizione dall’URSA Ufficio Speciale per la Ricostruzione L’Aquila, ha subito un ulteriore rallentamento proprio in questi giorni, a causa delle restrizioni legate all’emergenza Covid-19 che “a oggi bloccano i cantieri”), che in dieci anni è costata risorse per un valore superiore a 18 miliardi di euro. E ancora: cosa pensate quando vi capita di prendere un ascensore all’interno di un palazzo di qualche anno fa, un tempo ultramoderno, e ora lento, stretto, devastato e imbrattato? O quando vi perdete nei corridoi circolari del nuovissimo Ospedale di Baggiovara (MO)? Quelli che lasceranno al fine il nostro pianeta, non lo faranno per una serie di radiose città celesti stile Le Corbusier, ma per squallidi palazzi di terz’ordine, perennemente “in fase di”: in fase di terminazione, in fase di ripristino, in fase di programmazione, in fase di progettazione, in fase di attuazione, in fase di collaudo, et cetera…
Io provo un brivido, tutte le volte che indirettamente, un governo prova a mettere piede nella mia fantasia, parlando di “futuro nello spazio”, e no, non c’entra la mia legittima previsione di poco funzionale, e squallida edilizia, ma quello che mi da il voltastomaco, è immaginarmi i futuri inquilini. Sì, i primi abitanti delle Colonie Spaziali che non saranno tipi alla buona coma Armstrong o Louell, non avranno i modi e il sorriso di Samantha Cristoforetti, ma saranno un esercito di ambiziosi cervelloni al soldo delle multinazionali, pianificatori governativi e burocrati aerospaziali. La solita minestra riscaldata ragazzi, il solito semolino per cervelli senza denti. La cultura italiana inclinerà come al solito per l’engagement e le sue molteplici bassezze, puntualmente in ritardo di decenni. L’uomo di 1000 anni fa è uguale all’uomo di oggi. L’uomo del futuro, l’inquilino delle Colonie Spaziali, profugo, infernale e grottesco attanagliato dalla fame di cazzate, che spia, che odia, anche… con l’unica differenza che le grandi Stazioni Spaziali, continueranno a girare, traendo la loro luce dal sole, e le loro tenebre dalle menti dei propri abitanti.
E ora cercherò di dare una risposta alla domanda se una persona può brillare come una lucciola praticando uno stile di vita sano e mangiando alimenti adeguati? No. La risposta è no, purtroppo! Le lucciole, creature magiche e fantastiche, emettono luce tramite una reazione chimica, un processo di bioluminescenza tra luciferina e luciferasi, rispettivamente una proteina e un enzima. I geni atti a produrre tali sostanze chimiche sono presenti in una varietà di specie bioluminescenti che vanno dai pesci degli abissi, ai batteri agli insetti. Per quanto riguarda i mammiferi, inclusi gli esseri umani, non sono provvisti di tali geni e non sono dunque in grado di produrre luce per via naturale. Perciò la risposta è no… non brilleremo nemmeno se mangiassimo chili di cibo adeguato, ossia luciferina, che tra l’altro è estremamente costosa, 200 euro al grammo. Per tanto attualmente, all'uomo non rimane altro che, scoprire e far risplendere una luce, la sua, se non vuole ricondursi al mero riflesso di questo e di quello o peggio, di se stesso.
Sì ragazzi, vi conosco, so che state fremendo che non state nelle pelle in attesa della risposta alla domanda su Cesare Cremonini e, non per un eccesso di zelo di chi scrive, ma perché si tratta di un problema che interessa una parte considerevole di voi. Per rispondere a quest'ultimo quesito dovremo fare un breve excursus in un recente passato: 1999, “la fine del millennio” come la definì a suo tempo il Profeta di Zocca in una delle sue tante lapalissiane canzoni. Ci attendeva un nuovo decennio del calendario gregoriano, la Chiesa cattolica si preparava a celebrare il Grande Giubileo del 2000, Primo gol in serie A di Cassano, muore Stanley Kubrick, la Microsoft realizza MSN Messenger Service, sempre più persone entrano in paranoia per le scie chimiche e soprattutto per Il Millennium bug (in italiano Baco del millennio), conosciuto anche come Y2K bug, è il nome che venne attribuito ad un difetto informatico (bug) che si manifestò al cambio di data della mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati. Il problema si rivelò poi di portata nettamente inferiore alle aspettative, (secondo le fonti ufficiali), grazie soprattutto alle misure di precauzione adottate nei due anni precedenti.
Musicalmente parlando la moscissima rotazione di MTV insisteva con l'intramontabile "Kiss Me" dei mai più visti Sixpence None The Richer (in effetti chi ne ha più sentito parlare?), oltre a Britney e Christina che erano agli esordi. Secondo i più, la nuova canzone di M. del Blasco era un segnale evidente che il nostro paese era sul punto di uscire finalmente dal Basso Medioevo Musicale, con un po’ di fortuna aveva l’occasione per scrollarsi finalmente dai timpani Biagio Antonacci con la tricorde "Mi Fai Stare Bene”, l’afono, rauco & roco cantautore, chitarrista, regista, scrittore, sceneggiatore e produttore discografico italiano di Correggio (RE), Luciano Ligabue detto Liga, e soprattutto il dislalico, disfasico, affetto da blesità Jovanotti con la neonata figlia a cui dedicava video in Super8 e canzoni piene di zeppole, lische, S moscie ed S sifule... Ma niente da fare… l’ira improvvisa di un Dio rancoroso e vendicativo distrusse per mano della sua stessa divinità ogni speranza e inviò sulla Terra i Lunapop. Si tratta di cinque sbarbatelli brufolosi (ricchi ma che fanno gli scoppiati su e giù per l’hinterland borghese Bolognese), capitanati da un giovane bullo con i capelli tipo Mirko dei Bee Hive di nome Cesare Cremonini. Nel loro primo e (per fortuna) unico album dal titolo ...Squérez? – che ci fa sapere Cesare: “nel linguaggio Lùnapop significa merda” – (simpatico come le tasse)… Traggono il singolo, tormentone del millennio 50 Special, che istigò una generazione di giovani all’amore per le marmitte, a risolvere i propri problemi sfiorando i 90 nei centri abitati e ogni volta che dovevano recarsi a una cazzo di festa. Rimane un mistero l’uso poetico che Cesare & CO. fecero della punteggiatura. I puntini di sospensione che anticipano il titolo, ad esempio sottintendono qualcosa che veniva, che era stato scritto prima? O, dal momento che sono attaccati alla lemma, si tratta di un maldestro tentativo di annettere …Squérez?, a quel gruppo di suoni onomatopeici da tempo sdoganato dal linguaggio dei fumetti? Tipo Bang, slam, chomp... Infine, il punto interrogativo dopo Squérez, si trova lì, per caso o perché stai ponendo una domanda a me che lo sto leggendo? In questo caso, sei serio? A me domandi se il tuo robo è una merda? Chiedo venia per questa introduzione verbosa, ma assolutamente necessaria, per dare una risposta alla nostra domanda. Una risposta relativamente semplice. Il buon Cesare che fin da piccolo (ci fa sapere) ha studiato pianoforte: Chopin e Beethoven, ma amava le canzoni dei cartoni animati, allorché adolescente prese ad annotare brevi racconti, poesie e canzoni su un quaderno, ( i cliché Cesare, i cliché…!!! Qual’è l’adolescente che non l’ha fatto?), dopo aver tentato invano, di ideare un nuovo idioma insieme a quattro butterati dediti a infrangere i limiti di velocità e alle droghe leggere, alla fine, oggi Cesare Cremonini è maturo, e piace anche alle mamme. Si tratta di uno splendido esemplare di piacione mascalzone italico, cantautore, musicista, scrittore e attore italiano, interprete di canzoni impegnate testi impegnati del tipo: “Se mi lancio in un'aiuola casco e non mi faccio…” (Ancora con questi puntini di sospensione?) “Sognavi di essere trovata/su una spiaggia di corallo una mattina/ dal figlio di un pirata/ chissà perché ti sei svegliata?” (seriamente?)… Testi che denotano un’ottima, eccellente padronanza dell’arte della versificazione, prediligendo schemi di rime alternate e soprattutto baciate. Trattandosi dell’ennesimo sottoprodotto sovraesposto e sovraprogrammato in radio, di una scena musicale, quella italiana, praticamente inesistente… Non deve meravigliarci se l’ascolto dei suoi brani, anche parziale, può causare nausea e altri sintomi a livello gastrico, meglio noti come gastrite nervosa e SCI Sindrome del Colon Irritabile.
In verità cari amici, non è colpa sua, in fondo, ha atteso una recente intervista sull’ultimo numero di Vanity Fair (di cui è direttore artistico) per parlarci della parola “vivere” e per dar sfoggio oltre che dei suoi nuovi mocassini dorati, della sua apprezzabile onestà intellettuale, definendosi l’alter ego di Roger Rabbit. Che dolce… qualcuno glielo dica per favore, che si tratta di un coniglio cartone animato. Insomma ragazzi con Cesare e non solo, è evidente che qualcosa è andato storto nella scena della musica Italiana. Quasi mezzo secolo fa, nel luglio del 1972 la RCA Records pubblica un capolavoro assoluto della musica mondiale The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie, negli stessi anni i pezzi più ascoltati in Italia erano: “Un grande amore e niente più” di Peppino di Capri, e “I giorni dell’arcobaleno” di Nicola di Bari.
P.S. L’album dei Lunapop si è aggiudicato 3 dischi di diamante ovvero oltre 1 600.000 copie vendute. Cari Cesare, Biagio, Liga, Jova, Peppino e Nicola, è proprio il caso di dire che voi ci avete messo del vostro, ma la maggioranza degli ascoltatori italiani ascolta proprio de la …Squérez?
Fine giorno17
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thenightreview · 6 years
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Le Migliori Storie del 2017
Da oltre quattro anni selezioniamo ogni giorno le migliori long read, perché pensiamo che ogni storia importante meriti di essere raccontata al lettore con il giusto livello di approfondimento e di qualità. Nel corso del 2017 abbiamo suggerito la lettura di 1.824 articoli, firmati da più di 1.000 autori e pubblicati su oltre 130 media italiani e internazionali. Come lo scorso anno, e quello precedente, abbiamo selezionato i migliori (e non i più letti). Condividili con l'hashtag #NRbestof2017
Il Team di #NightReview
Il rischio di una guerra nucleare con la Corea del Nord: potrebbero davvero Kim Jong Un e Donald Trump spingersi l'un l'altro verso uno scontro devastante? Il miglior racconto scritto finora da Pyongyang. Evan Osnos sul New Yorker
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La vita sotto la dittatura di Kim Jong-un. In sei mesi di interviste in Corea del Sud e Thailandia, Anna Fifield ha parlato con oltre 25 nordcoreani che hanno vissuto sotto il regime e sono riusciti a fuggire. Mentre la vita in Corea del Nord sta cambiando, anche le ragioni delle persone che scappano sono diverse dal passato. Non fuggono più per la fame, motivazione piuttosto comune durante i quindici anni di carestia. Ora se ne vanno perché disillusi. Sul Washington Post
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In che modo Donald Trump sta cambiando la politica estera degli Stati Uniti. La filosofia dell'America First ha guidato alcuni cambiamenti concreti. Ma ha anche lasciato scoperti altri fronti in cui gli obiettivi sono parzialmente o completamente irrealizzati. Un approfondimento grafico costantemente aggiornato di Reuben Fischer-Baum e Julie Vitkovskaya sul Washington Post
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Da Duterte nelle Filippine a Farage in Gran Bretagna, passando per Fillon in Francia e ovviamente Trump negli Stati Uniti: in che modo Vladimir Putin è diventato l'eroe ideologico dei nazionalisti in tutto il mondo. Franklin Foer sul The Atlantic
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RT, Sputnik e la nuova teoria di guerra della Russia. In che modo il Cremlino ha costruito una delle più potenti armi di informazione del ventunesimo secolo. E perché è impossibile fermarla. Jim Rutenberg sul New York Times entra nei dettagli del funzionamento e degli effetti dei mezzi di propaganda russi
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Cosa vuole davvero Putin. Come siamo arrivati al punto che molti americani sono convinti che il presidente russo sia un genio manipolatore. Una ricostruzione firmata da Julia Ioffe sul The Atlantic
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Quello realizzato da BuzzFeed News è uno dei migliori reportage dell'anno. Gli autori hanno svelato le prove che dimostrano come alcuni omicidi di spie, scienziati e di "persone che sapevano troppe cose", compiuti sul suo britannico, siano stati ordinati dal Cremlino. La storia racconta anche in che modo e perché le autorità inglesi hanno messo tutto a tacere. È una storia molto lunga, divisa in sei parti, piena di dettagli.
Parte 1: Poison in the System
Parte 2: From Russia With Blood
Parte 3: The Man Who Knew Too Much
Parte 4: The Secrets Of The Spy In The Bag
Parte 5: Everyone Thinks He Was Whacked
Parte 6: Holes In The Investigation
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Lo scrittore Emmanuel Carrère ha trascorso una settimana con Emmanuel Macron. E si chiede: il presidente francese è davvero un miracolo politico oppure è solo un miraggio che sta già svanendo? Sul Guardian (articolo tradotto in italiano da Paola Peduzzi su IL 24 Magazine)
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"Non possiamo aspettare che muoia". La sua modestia e la sua umiltà lo hanno reso una figura popolare in tutto il mondo. Ma all'interno della Chiesa, le sue riforme hanno fatto infuriare i più conservatori e hanno scatenato una rivolta. C'è una guerra in corso contro Papa Francesco. Sul Guardian
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Dietro la cosiddetta cyberguerra, tra hacker, email e violazioni di sistemi di sicurezza, c'è un'intera industria molto redditizia che finora è rimasta nell'ombra, pur avendo acquisito un potere politico fondamentale. Eccezionale approfondimento firmato da Mattathias Schwartz sul New York Times Magazine
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L'intelligenza artificiale è un'opportunità o una minaccia incombente? Elon Musk si è messo in testa di salvare l'umanità combattendo una crociata da un miliardo di dollari contro la Silicon Valley che sta sviluppando sempre di più questa tecnologia. Maureen Dowd su Vanity Fair US
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La tecnologia continua ad evolvere anche se non ce ne accorgiamo. E lo sta facendo in modo silenzioso, quasi come se stesse scomparendo. Per entrare poi nelle nostre vite già integrata nell'ambiente. Ed è per questo che c'è sempre più bisogno di rafforzare le norme sulla sicurezza e sulla privacy. L'ultimo editoriale dello storico giornalista di tecnologia Walt Mossberg su The Verge
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È in corso una nuova rivoluzione nello spazio e la stanno facendo alcune società che inviano in orbita centinaia di minuscoli satelliti a basso costo per monitorare come cambierà la vita sulla Terra. Ashlee Vance su Bloomberg Businessweek
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Globalizzazione: ascesa e caduta di un'idea che ha travolto il mondo. Non è solo un contraccolpo populista, anche molti economisti che una volta erano grandi sostenitori del libero mercato adesso hanno cambiato idea. In cosa si erano sbagliati e cosa non avevano capito di questo fenomeno? Sul Guardian
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Coca Story. Da sostanza di lusso per yuppie facoltosi, la cocaina è diventata ormai una droga performativa diffusa in ampi strati delle nostre società. Ma è possibile rileggerne la storia (e l'utilizzo) senza ricorrere a proibizionismi e semplificazioni moralisteggianti? Enrico Petrilli su PrismoMag
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Nemmeno i fatti riescono a farci cambiare idea. Nuove scoperte sulla mente umana mostrano i limiti della ragione: le nostre credenze sono talmente forti e radicate che tenderanno sempre a respingere le informazioni che le contraddicono. Una lettura fondamentale pubblicata sul New Yorker e firmata da Elizabeth Kolbert, vincitrice del Pulitzer con il saggio La sesta estinzione
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In che modo una notizia falsa, riguardante un crimine sessuale minorile e diffusa da Breitbart nei mesi precedenti alle elezioni americane del 2016, ha completamente messo sottosopra la piccola città di Twin Falls, Idaho. Che non si è ancora ripresa. Una storia incredibile. Caitlin Dickerson sul New York Times Magazine
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In che modo la statistica ha perso il proprio potere e soprattutto la capacità di raffigurare accuratamente il mondo. E dovremmo preoccuparci di questo, perché una nuova èra di big data controllati da società private può mettere in pericolo la democrazia. William Davies sul Guardian
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I media hanno un serio problema con i numeri. Da loro, che spesso vengono utilizzati come fonti, ci si aspetta sempre tanta precisione. Ma per raccontare un mondo complesso come quello in cui viviamo oggi non si può prescindere da un certo rigore statistico. Nate Silver su FiveThirtyEight
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Storia dopo storia, inchiesta dopo inchiesta, quella che stanno combattendo New York Times e Washington Post, e che sta fruttando loro un notevole aumento di lettori e abbonati, è davvero l'ultima grande guerra tra giornali? Donald Trump gli sta rendendo le cose facili. Tuttavia, i due quotidiani hanno un nemico in comune: la totale sfiducia di una parte degli americani che non credono nemmeno all'articolo più dettagliato. James Warren su Vanity Fair US
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La bolla mortale della nuova democrazia. La bolla culturale in cui siamo imprigionati elimina dalla nostra visuale punti di vista alternativi e alimenta la nascita di teorie del complotto e partiti esoterici. Come uscirne? Un saggio pubblicato su Il Foglio
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Come Internet ha contribuito a creare uno dei nazisti più pericolosi d'America. Andrew Anglin era un liberale vegano antirazzista. Oggi è uno dei troll più violenti e propagandisti dell'alt-right, oltre che fondatore del The Daily Stormer, uno dei principali siti dei suprematisti bianchi. Una grande storia. Luke O'Brien sul The Atlantic
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London Bridge is down. È venerata in tutto il mondo, è sopravvissuta a dodici presidenti americani e i suoi sudditi sono convinti che il suo regno non finirà mai: questo è il motivo per cui esiste un dettagliatissimo piano che sarà attuato quando la Regina Elisabetta II morirà tra le mura di Buckingham Palace. E Sam Knight lo ha raccontato sul Guardian
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My Family’s Slave è una storia vera e incredibile di una schiava nell'America moderna. Una lettura meravigliosa sul The Atlantic, scritta in modo impeccabile e firmata dal giornalista americano di origini filippine Alex Tizon, vincitore di un premio Pulitzer nel 1997 e morto lo scorso marzo. Parla di Eudocia Tomas Pulido, detta Lola, una donna vissuta nella famiglia di Tizon per 56 anni come schiava, una persona-oggetto regalata a sua madre quando erano entrambe bambine costretta a lavorare gratis dall’alba al tramonto, dormendo su un cumulo di stracci e subendo violenze fisiche quotidiane. L'articolo è diventato virale per diversi motivi e ha scaturito anche un dibattito
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La storia di Angelo Milazzo, il poliziotto che usa Facebook per identificare i morti nel Mediterraneo. È riuscito in due anni e mezzo a contattare le famiglie di 22 persone – quasi tutte siriane – annegate in un naufragio davanti alle coste libiche il 24 agosto del 2014. Annalisa Camilli su Internazionale
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Una ricercatrice dilettante sulle tracce della verità, una fossa comune scoperta per caso, una Casa di suore che avrebbe dovuto accogliere madri e figli, invece cacciava le madri e lasciava morire i bambini. 796 in 36 anni, uno ogni 2 settimane. Sembra un film horror ma è una storia vera, accaduta in Irlanda. La racconta Silvia Nucini su Vanity Fair Italia
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In che modo Emmanuel Carrère ha reinventato il genere nonfiction. I suoi libri sono inclassificabili perché hanno il potere di fondere insieme storie personali, reportage, filosofia e teologia. Una bellissima conversazione con l'autore francese pubblicata sul New York Times Magazine
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A casa di Bret Easton Ellis. L’America di Trump, il rapporto con Hollywood, l’idea (forse) di un nuovo libro: un incontro a Los Angeles con lo scrittore icona. Michele Masneri su Rivista Studio
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Il Tempo di Carlo Rovelli. Relatività, meccanica quantistica, filosofia, letteratura, politica. Intervista al fisico più letto del mondo. Matteo De Giuli su Il Tascabile
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Un pezzo di storia nera, estratti di saggi di sociologia, stralci di interviste: una monografia di Kendrick Lamar. Il pezzo più completo mai scritto fino ad oggi in italiano sul rapper americano l'ha firmato Francesco Abazia su Sentireascoltare
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Wonder Year. In che modo Roger Federer ha aggiornato (e portato ad un livello superiore) il suo gioco. Peter de Jonge racconta un allenamento del campione svizzero, realizzando un'analisi del suo attuale gioco. Sul New York Times Magazine
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jamariyanews · 7 years
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La Russia in Libia, per non commettere l’errore dell’Onu e dei Paesi occidentali
di Giancarlo Elia Valori - 20 marzo 2017 - 12:28
È di pochi giorni fa la notizia, di grande rilievo strategico, secondo la quale alcune dozzine di “contractors” militari russi, forniti dalla ditta RSB Group, sarebbe già operante nell’Est della Libia, per sminare le aree attorno a Bengazi, in una zona che è stata recentemente liberata dai jihadisti per mezzo delle armate di Khalifa Haftar, che appare sempre più come il perno della geopolitica russa in Libia. D’altra parte, Mosca non vuole affatto compiere l’errore primario che hanno fatto l’ONU e i Paesi occidentali, ovvero quello di scegliere fin dall’inizio il loro “cavallo” nella persona del debole Fajez al Serraj. Ed infatti il leader di Tripoli è stato invitato in Russia all’inizio del mese di Marzo 2017, e in quella occasione Vladimir Putin gli ha detto chiaramente che Mosca è presente in Libia per porre rimedio alla “barbarica aggressione” dell’ONU e della NATO del 2011, e intende aiutare tutte le parti, il GNA di Serraj come il governo di Khalifa al Gwell e le altre fazioni non jihadiste, per “ricostruire lo stato libico”. Mosca non vuole portare fantasiose “democrazie”, ma ricostruire lo stato unitario libico contro il jihad e con un rapporto favorevole, economico e strategico, con la Federazione Russa. Di certo Mosca non vuole un “protettorato occidentale” né in tutta né in una parte della Libia. Peraltro, dal punto di vista degli USA, occorre notare che il Daesh-Isis non è stato ancora sconfitto né in Libia né altrove, dato che i bombardamenti aerei di Washington o degli altri alleati occidentali degli USA hanno certamente “degradato” il potenziale offensivo del califfato nella Sirte, ma non lo hanno completamente eliminato e, in un prossimo futuro, il Daesh-Isis si alleerà certamente con la rete di Al Qaeda, ricreando le sue basi e attività militari tramite Al Qaeda nel Maghreb Islamico o le reti qaediste del Sudan e dell’Africa subsahariana. Una continuità strategica e territoriale che va dalla Sirte, appunto, fino alle reti di Boko Haram in Nigeria. Peraltro, sia gli USA che i suoi alleati hanno posto in essere una strategia, in Libia e contro l’Isis, che non può non fallire: gli occidentali hanno sostenuto, sul terreno, le fazioni libiche loro alleate e hanno tentato unicamente di eliminare i vertici dell’organizzazione terroristica con azioni mirate. I capi vanno e vengono, sono le grandi reti organizzative e militari del jihad che devono essere spezzate definitivamente, e non solo “contenute”. La guerriglia o il jihad non si basano sulla quantità della loro massa di militanti, ma sulla qualità delle loro azioni. Una logica di “containment” che non può funzionare in presenza di sistemi regionali autonomi e alleati globali, come gli altri Paesi NATO. Ognuno ha il suo progetto: gli italiani vogliono il petrolio dell’ENI, che è loro, e evitare l’immigrazione di massa che parte dalle coste libiche, i francesi vogliono il petrolio italiano e la rete militare mediterranea della vecchia Libia gheddafiana, i tedeschi non sono interessati molto alla questione, gli americani, ecco, gli USA cosa vogliono? Non lo sappiamo ancora con precisione. Non si debbono poi usare, in ogni caso, proxies, i piccoli alleati regionali, per combattere le nostre guerre e per garantire i nostri interessi. Nel caso della Libia, si tratta infine di evitare che essa divenga il punto di riferimento di tutto il jihad a poche miglia marine dall’Italia e, quindi, dall’Europa e dalle stesse basi militari dell’Alleanza Atlantica. Basta quindi che l’Isis se ne stia fermo, nel momento in cui le fazioni libiche non jihadiste si combattono tra di loro e nella fase in cui gli USA decidono di aiutare questo o quel gruppo che combatta anche l’Isis, per poi risorgere indisturbato quando l’aiuto americano cesserà e le milizie locali se ne andranno o saranno troppo deboli per reagire. Nel frattempo, la Federazione Russa, tramite Rosneft, ha siglato un accordo petrolifero con la NOC libica, dato che Mosca sa bene come il petrolio sarà, anche dopo che si sarà conclusa l’attuale fase di de-globalizzazione, il bene-chiave, la “merce assoluta”, per dirla con Karl Marx, anche in futuro. In altri termini, Mosca sta operando in Libia più o meno nel modo in cui è riuscita ad inserirsi nel grande gioco siriano: per mezzo soprattutto dei patenti e grandi errori delle potenze occidentali. In Siria, gli USA prima e poi tutti i suoi alleati, sempre meno capaci di fare davvero politica estera o di pensare strategicamente, hanno sostenuto gli “islamisti moderati”, ammesso che questa espressione abbia un senso, unicamente per destituire Bashar el Assad e ricreare, anche in Siria, il caos idiota successivo alle “primavere arabe”. L’idea che basti mandare via un “tiranno”, magari con qualche manifestazione manipolata ad arte, e che dopo tutto si risolva, è francamente ridicola. Una geopolitica da sessantottini invecchiati male. Se si destabilizzava definitivamente la Siria, l’Iran sarebbe intervenuto subito, come poi ha fatto in rapporto con i russi e gli alawiti dell’Esercito Arabo Siriano degli Assad, per non parlare di quello che sarebbe accaduto in Libano e, quindi, in Israele. Mosca ha quindi fiutato subito l’ingenuità stupida dell’Occidente ed è entrata in gioco, vincendolo. Anche in Libia sta accadendo lo stesso: la NATO e l’ONU difendono strenuamente il GNA di Serraj, che comanda appena il palazzo dove risiede il suo governo, e paga a caro prezzo (ma lo paghiamo noi) l’appoggio di alcune milizie. E Mosca sarà invece il mediatore, benvenuto e credibile, che concluderà la tensione tra Serraj e Khalifa Haftar, interagendo tra i due e ricostruendo così un’area centrale stabile per la futura ricostruzione dello Stato libico. L’Egitto, intanto, alleato della Federazione Russa, sta gestendo un accordo tra tutte le fazioni libiche, che prevede elezioni politiche da tenersi nel febbraio 2018. Se Mosca sosterrà il progetto, le probabilità che si vada al voto sono elevatissime. È probabile poi che lo stesso Haftar giochi la carta russa anche per avere un sostegno credibile dalla nuova Presidenza USA, ma il capo della “Operazione Dignità” non vuole, probabilmente, chiudere un patto con Serraj, ma solo aspettare che il leader troppo amato dagli occidentali e dagli USA si indebolisca ulteriormente. L’incontro al Cairo tra Haftar e Fajez al Serraj, previsto il 14 Febbraio scorso, non è infatti avvenuto, proprio a causa del rifiuto di Haftar di incontrare il capo del GNA. Quindi, possiamo affermare che il sostegno ad Haftar da parte di Russia e Egitto è, da un lato, inevitabile, considerando la sempre maggiore debolezza e l’evidente frazionismo del governo del GNA, ma permette nel contempo al capo della “Operazione Dignità” di credere ad una sua vittoria sul campo, che renderebbe inutile la attuale trattativa politica. E non interessa a nessuno regalare la Libia ad un altro Rais. L’Operazione che ha liberato Sirte dall’Isis, denominata “Bunyan al Marsous“, ha visto infine operare sul terreno molte fazioni, soprattutto di Misurata, e perfino alcuni salafiti in disaccordo con il califfato. Gli USA e gli alleati occidentali hanno sostenuto “Bunyan al Marsous” soprattutto con bombardamenti aerei, gli americani hanno infatti compiuto almeno 300 strikes con la loro aviazione, i britannici hanno addestrato e sostenuto le forze di Misurata, gli italiani hanno costruito un ospedale da campo per i feriti in combattimento. Ma l’obiettivo degli occidentali, in questo caso, non era tanto combattere l’Isis, che viene ritenuto un potere troppo forte e localizzato, piuttosto il fine era quello di sostenere Serraj garantendogli il controllo di una importante città come quella di Misurata. In altri termini, gli occidentali devono smetterla di giocare solo con un unico alleato libico, ma piuttosto debbono unificare il più possibile le attività belliche di tutte le fazioni libiche, sostenere lo sforzo di alcuni leader locali nel costruire uno stato unitario ma decentralizzato, per evitare di contare, in futuro, i perdenti e i vincitori della lunga guerra tra fazioni, sostenere economicamente il nuovo stato, magari con aiuti e accordi petroliferi particolarmente amichevoli, evitare infine che, in futuro, si ripeta l’asimmetria tra Tripolitania e Cirenaica, con l’Est che si ritiene, a torto o a ragione, marginalizzato. Intanto, la Russia avrà le sue basi militari in Cirenaica, che serviranno a marginalizzare la NATO e a controllare il retroterra maghrebino. Preso da: http://ift.tt/2mDrpfn http://ift.tt/2o5zBlL
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theadrianobusolin · 7 years
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L'ex ambasciatore Romano: "Ecco tutto quello che non abbiamo capito di Putin"
L’ex ambasciatore Romano: “Ecco tutto quello che non abbiamo capito di Putin”
Ha restituito alla Russia il rango di grande potenza, ma non è riuscito a farne una potenza moderna. È il giudizio su Vladimir Putin tracciato da Sergio Romano, ambasciatore a Mosca tra il 1985 e il 1989 e autore del recente Putin e la ricostruzione della grande Russia(Longanesi). Al vertice del potere dalla fine del 1999, quando Boris Elstin lo nominò primo ministro, l’ ex agente del Kgb ha…
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gregor-samsung · 1 month
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" Mentre gli oligarchi venivano costretti ad accettare le nuove regole del Cremlino, esistevano nel Paese altri boiari. Erano i governatori degli oblast e dei kraj, potenti notabili eletti localmente che avevano trasformato la loro provincia in un feudo personale e trattenevano per sé, con vari pretesti, il gettito delle imposte locali. Questo federalismo russo risaliva all'epoca di El’cin e Putin attendeva da tempo l’occasione per restaurare il potere centrale. Decise di agire dopo l’attentato alla scuola di Beslan in Ossezia. Fra i due problemi, quello del terrorismo ceceno e quello delle autonomie locali, non esisteva alcuna relazione, ma il presidente russo capì che l’eliminazione dei governatori sarebbe stata più facilmente accettata se decisa in un momento in cui la società russa si sentiva minacciata. Il potere dello Stato russo ha bisogno di un forte consenso popolare, ma il consenso è tanto più forte quanto più il leader, nei momenti cruciali, dimostra di sapere agire con autorità e fermezza. Da allora i governatori sono soltanto prefetti nominati dal governo e, beninteso, scelti dal Cremlino. L’opinione pubblica approvò la sua politica.
Quelli che rimpiangevano le garanzie del sistema sovietico assistettero con piacere alla decapitazione degli oligarchi e furono lieti di constatare che il governo faceva una politica sociale più generosa e attenta alle loro esigenze. Quelli che temevano il terrorismo islamista e la nuova criminalità videro in Putin un salutare ritorno all'ordine. Mentre la nuova intelligencija deplorava lo stile autoritario del presidente uscito dal Kgb e sognava una democrazia occidentale, la grande massa dei russi salutava con piacere il nuovo Cremlino. La Russia è troppo grande e troppo scarsamente popolata per adattarsi felicemente a un sistema in cui si discute, si litiga, si fanno battaglie civili per la conquista di nuovi diritti e si accetta volentieri, per il gusto della libertà, quel margine di litigiosità e instabilità che è quasi sempre il prezzo della democrazia. La Russia è troppo patriottica e sospettosa del mondo esterno per non apprezzare lo stile di un leader che vuole riconquistare il prestigio del suo Paese nel mondo. Si danno voti a Putin in Russia per la stessa ragione per cui Gorbacëv, il «distruttore dell'Urss», nelle elezioni presidenziali del 1996 ebbe lo 0,52% dei suffragi. "
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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gregor-samsung · 1 year
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“ Gli estoni, i lettoni e i lituani ricordano la brutalità con cui i sovietici, dopo la firma del patto tedesco-sovietico dell'agosto 1939, s’impadronirono del loro territorio, imposero nuove istituzioni, collettivizzarono la terra, spensero il dissenso, stroncarono qualsiasi forma di resistenza, trasferirono al di là degli Urali una parte della popolazione e cercarono di russificare i tre Paesi con l’arrivo di una importante immigrazione sovietica. I russi invece ricordano che la Lituania, dopo l’invasione tedesca dell'Urss nel giugno 1941, divenne un satellite tedesco, che i lituani, come avrebbe detto Daniel Goldhagen, furono nella caccia agli ebrei (erano circa 220.000) «i volenterosi carnefici di Hitler», che i loro corpi militari combatterono a fianco della Wehrmacht contro l’Armata Rossa; che gli estoni seguirono, anche se su scala minore, una stessa politica. Quello che ha maggiormente colpito nel corso degli ultimi vent’anni è stata, se mai, la prudenza di cui Mosca ha dato prova nei casi in cui i cittadini russi del Baltico erano trattati come un corpo estraneo a cui occorreva fare capire, con una certa durezza, che i padroni erano cambiati. A Mosca sembrarono rendersi conto che certi atteggiamenti anti-russi, là dove lo stalinismo era stato particolarmente tirannico, rientravano nell'ordine delle cose e dovevano essere pazientemente accettati. Non era difficile immaginare invece che le reazioni di Mosca sarebbero state molto diverse il giorno in cui il problema da affrontare fosse stato quello delle comunità russe in Crimea e nell'Ucraina orientale. Alcuni Paesi europei (quelli che volevano annettere l’Ucraina alla Nato) sembrano avere trattato la questione con superficiale leggerezza. Avrebbero dovuto chiedersi anzitutto se all'organizzazione militare dei Paesi atlantici convenisse avere fra i soci del club un Paese in cui vi sarebbe stata una quinta colonna russa forte di circa sei o sette milioni di persone. Se avessero riflettuto, si sarebbero resi conto che la migliore delle soluzioni possibili, anche e soprattutto per gli ucraini, sarebbe stata un’Ucraina neutrale, né russa né atlantica. “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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Aggressione della Russia all'Ucraina: adottato il sesto pacchetto di sanzioni
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Alla luce della continua guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina e del sostegno della Bielorussia, nonché delle atrocità riferite commesse dalle forze armate russe in Ucraina, il Consiglio Europeo ha deciso di imporre un sesto pacchetto di sanzioni economiche e individuali nei confronti sia della Russia che della Bielorussia. "Con il pacchetto di oggi, aumentiamo i limiti alla capacità del Cremlino di finanziare la guerra imponendo ulteriori sanzioni economiche. Stiamo vietando l'importazione di petrolio russo nell'UE, tagliando così un'enorme fonte di entrate per la Russia. Tagliando più delle principali banche russe dal sistema di pagamento internazionale SWIFT. Stiamo anche sanzionando i responsabili delle atrocità avvenute a Bucha e Mariupol e bandendo più attori della disinformazione che contribuiscono attivamente alla propaganda di guerra del presidente Putin" ha dichiarato Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Il pacchetto concordato include una serie di misure intese a contrastare efficacemente le capacità russe di continuare l'aggressione. Aggressione della Russia all'Ucraina e le sanzioni: Olio L'UE ha deciso di vietare l'acquisto, l'importazione o il trasferimento di petrolio greggio e determinati prodotti petroliferi dalla Russia nell'UE. L'eliminazione graduale del petrolio russo richiederà da 6 mesi per il petrolio greggio a 8 mesi per altri prodotti petroliferi raffinati . È prevista un'eccezione temporanea per le importazioni di greggio tramite oleodotto in quegli Stati membri dell'UE che, a causa della loro situazione geografica, soffrono di una specifica dipendenza dalle forniture russe e non hanno alternative valide. Inoltre, anche la Bulgaria e la Croazia beneficeranno di deroghe temporanee riguardanti rispettivamente l'importazione di petrolio greggio russo e di gasolio sotto vuoto. De-SWIFTing di ulteriori banche russe e bielorusse L'UE sta estendendo il divieto esistente sulla fornitura di servizi di messaggistica finanziaria specializzata (SWIFT) a tre ulteriori istituti di credito russi - la più grande banca russa Sberbank , la banca di credito di Mosca e la banca agricola russa - e la banca bielorussa per lo sviluppo e la ricostruzione . Trasmissione L'UE sospende le attività di trasmissione nell'UE di altri tre punti vendita statali russi: Rossiya RTR/RTR Planeta , Rossiya 24/Russia 24 e TV Center International . Queste strutture sono state utilizzate dal governo russo come strumenti per manipolare le informazioni e promuovere la disinformazione sull'invasione dell'Ucraina, compresa la propaganda, con l'obiettivo di destabilizzare i paesi vicini alla Russia, l'UE e i suoi Stati membri. In linea con la Carta dei diritti fondamentali, queste misure non impediranno ai media e al loro personale di svolgere attività nell'UE diverse dalla radiodiffusione, ad esempio ricerche e interviste. Aggressione della Russia all'Ucraina: Restrizioni all'esportazione L'UE sta ampliando l'elenco delle persone ed entità interessate da restrizioni all'esportazione di beni e tecnologie a duplice uso . Tali aggiunte all'elenco includono entità sia russe che bielorusse. Inoltre, l'UE amplierà l'elenco dei beni e delle tecnologie che possono contribuire al miglioramento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza russo. Ciò includerà 80 sostanze chimiche che possono essere utilizzate per produrre armi chimiche. Servizi di consulenza L'UE vieterà la fornitura di servizi di contabilità , pubbliche relazioni e consulenza. Inserzioni individuali Inoltre, il Consiglio ha deciso di sanzionare ulteriori individui ed entità: i responsabili delle atrocità commesse dalle truppe russe a Bucha e Mariupol, personalità che sostengono la guerra, importanti uomini d'affari e familiari di oligarchi quotati e funzionari del Cremlino, nonché società della difesa e un'organizzazione finanziaria. L'UE condanna risolutamente la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. Esorta la Russia a fermare immediatamente i suoi attacchi indiscriminati contro i civili e le infrastrutture civili e a ritirare immediatamente e incondizionatamente tutte le sue truppe e l'equipaggiamento militare dall'intero territorio dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti. Le atrocità commesse dalle forze russe e la sofferenza e la distruzione inflitte sono indicibili. L'UE invita la Russia a consentire l'accesso umanitario immediato e il passaggio sicuro di tutti i civili interessati. Chiede inoltre alla Russia di consentire immediatamente il ritorno in sicurezza degli individui ucraini trasferiti con la forza in Russia. L'Unione europea è fermo nel suo impegno ad aiutare l'Ucraina. Gli atti normativi in ​​materia saranno presto pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Read the full article
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gregor-samsung · 2 years
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“ Il presidente russo ama le arti marziali, cede spesso alla tentazione di esibire i suoi muscoli, crede che le Olimpiadi invernali, sontuosamente organizzate a Soči nel febbraio del 2014, possano dare lustro al suo Paese, è un devoto fedele della Chiesa ortodossa, un buon improvvisatore di lunghi discorsi e un compiaciuto ascoltatore di se stesso. Ma non sembra essere la persona che trascorre il suo tempo immerso nella storia culturale dello Stato russo. Eppure nel dicembre del 2012, in occasione del tradizionale discorso presidenziale all’Assemblea federale del Parlamento nella sala di San Giorgio al Cremlino, Putin disse che le sorti di un Paese, nei suoi momenti più difficili, dipendevano in ultima analisi «dalla volontà della nazione, dalla sua energia interiore», da quella che Lev Gumilëv definiva «pasionarnost»: la capacità di andare avanti e accettare il cambiamento. È molto probabile che la grande maggioranza del pubblico che riempiva la sala non avesse mai sentito parlare di Gumilëv e ignorasse l’esistenza della parola «pasionarnost». I cronisti dell’avvenimento si affrettarono a fare qualche ricerca e scoprirono che Gumilëv era un enigmatico studioso, per molto tempo ospite dei gulag sovietici e noto a una stretta cerchia di persone soprattutto come il figlio di due famosi poeti: Nikolaj Stepanovič Gumilëv e Anna Achmatova. Il padre, molto amato anche da Raisa Gorbačëva negli anni della perestrojka, era stato accusato di avere ordito un complotto contro Lenin e fu fucilato nel 1921. La madre era sopravvissuta al Terrore rosso, alle purghe degli anni Trenta, all’arresto del figlio, alle feroci campagne denigratorie di Andrej Ždanov, segretario del partito a Leningrado e zar della cultura sovietica in epoca staliniana. Fu Lev, quando Achmatova attendeva in coda di fronte al carcere di Leningrado per avere qualche avara notizia sulla sua sorte, la ragione di un poema, Requiem, che avrebbe commosso la Russia per molti anni. Una donna, nella coda, l’aveva riconosciuta e le aveva detto che soltanto lei, con i suoi versi, avrebbe potuto descrivere gli orrori di quei giorni. Nei quattordici anni passati in prigionia (molti nel cantiere dove si stava costruendo il grande canale del mar Bianco), Gumilëv aveva assistito alla morte di innumerevoli compagni di lavoro, uccisi dalla fatica, e aveva coniato la parola citata da Putin nel suo discorso. Come osserva Charles Clover, autore di un libro sulle teorie euroasiatiche nella cultura russa, «pasionarnost» evoca la passione di Cristo sulla croce e quindi una virtù del popolo russo: la sua capacità di sopportare, soffrire, sacrificarsi. “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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Piero Visani: Russia
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Piero Visani: Russia
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“Sono stato due volte in Russia, sempre per lavoro e mai in vacanza. Non troppo a lungo, ma in forma sufficiente a non frequentare semplicemente musei e pinacoteche. Ho vissuto in case private, non in alberghi. Ho cenato con famiglie russe, ne ho approfondito modi di vivere, visione del mondo, impressioni.
Era parecchio tempo fa (1993-96), in una situazione molto più confusa dell’attuale, ma due cose si notavano:
1) lo smarrimento per essere passati da una condizione di superpotenza a quella di sconfitti nella “Guerra fredda”;
2) la volontà di tornare grandi, potenti, importanti, non appena ciò fosse stato possibile.
Si notava altresì l’amore incondizionato per la “Rodina”, la “madrepatria”, del tutto indipendente e scisso dagli errori, orrori e malefatte del regime sovietico. Qualcosa di tellurico, di ancestrale, di bellissimo per uno straniero proveniente – come me, in fondo – da una semplice “espressione geografica”.
Quando Putin ha iniziato a sventolare il vessillo del nazionalismo e a puntare sulla ricostruzione delle potenza russa, ho capito che una parte significativa del suo popolo gli sarebbe andata dietro.
Regime certamente illiberale, il suo, ma assolutamente conforme ad una tradizione millenaria che guarda alla sostanza del potere molto più che alla forma.
Un mondo che mi affascinò, così come – in circostanze del tutto diverse ma con attaccamento tellurico non inferiore – mi affascinò l’universo dei Boeri sudafricani, gente che si sentiva maggiormente africana di Zulu e Xhosa.
Nel caso russo, l’importanza enorme di Putin consiste nell’essere colui che si oppone, giorno dopo giorno, alle derive del mondialismo, della globalizzazione, del pensiero unico demototalitario, quello per cui al mondo conta solo l’economia e tutto il resto – Patria, tradizioni, interessi nazionali, usi e costumi – debbono essere sacrificati al Moloch del dio denaro e all’internazionalismo spurio della finanza. E il modo con cui Putin reagisce è brillante, colpisce a fondo l’universo di menzogne su cui è costruito il totalitarismo occidentale, che non è IN NULLA E PER NULLA diverso da altre forme di dispotismo, di cui è forse – ma ormai sempre meno – un po’ più sofisticato.
Penso che un Paese, grande o piccolo che sia, se riesce a rimanere o a diventare una Patria, ha ancora un futuro pure nell’orribile mondo odierno. Putin è riuscito a compiere questo miracolo. Non gli chiedo “certificati di democrazia”. I voti li ha presi in misura schiacciante e, dal momento che li prendono anche certe facce patibolari del mondo occidentale, non vedo che cosa ci sia da stupirsi. Nella più probabile delle ipotesi, saranno ottimi manipolatori entrambi. E rubare il mestiere agli “unti e bisunti da Madonna Democrazia” è – già di per sé – un atto degno della massima lode…”
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Sono stato due volte in Russia, sempre per lavoro e mai in vacanza. Non troppo a lungo, ma in forma sufficiente a non frequentare semplicemente musei e pinacoteche. Ho vissuto in case private, non in alberghi. Ho cenato con famiglie russe, ne ho approfondito modi di vivere, visione del mondo, impressioni. Era parecchio tempo fa (1993-96), in una situazione molto più confusa dell’attuale, ma due cose si notavano: 1) lo smarrimento per essere passati da una condizione di superpotenza a quella di sconfitti nella “Guerra fredda”; 2) la volontà di tornare grandi, potenti, importanti, non appena ciò fosse stato possibile. Si notava altresì l’amore incondizionato per la “Rodina”, la “madrepatria”, del tutto indipendente e scisso dagli errori, orrori e malefatte del regime sovietico. Qualcosa di tellurico, di ancestrale, di bellissimo per uno straniero proveniente – come me, in fondo – da una semplice “espressione geografica”. Quando Putin ha iniziato a sventolare il vessillo del nazionalismo e a puntare sulla ricostruzione delle potenza russa, ho capito che una parte significativa del suo popolo gli sarebbe andata dietro. Regime certamente illiberale, il suo, ma assolutamente conforme ad una tradizione millenaria che guarda alla sostanza del potere molto più che alla forma. Un mondo che mi affascinò, così come – in circostanze del tutto diverse ma con attaccamento tellurico non inferiore – mi affascinò l’universo dei Boeri sudafricani, gente che si sentiva maggiormente africana di Zulu e Xhosa. Nel caso russo, l’importanza enorme di Putin consiste nell’essere colui che si oppone, giorno dopo giorno, alle derive del mondialismo, della globalizzazione, del pensiero unico demototalitario, quello per cui al mondo conta solo l’economia e tutto il resto – Patria, tradizioni, interessi nazionali, usi e costumi – debbono essere sacrificati al Moloch del dio denaro e all’internazionalismo spurio della finanza. E il modo con cui Putin reagisce è brillante, colpisce a fondo l’universo di menzogne su cui è costruito il totalitarismo occidentale, che non è IN NULLA E PER NULLA diverso da altre forme di dispotismo, di cui è forse – ma ormai sempre meno – un po’ meno sofisticato. Penso che un Paese, grande o piccolo che sia, se riesce a rimanere o a diventare una Patria, ha ancora un futuro pure nell’orribile mondo odierno. Putin è riuscito a compiere questo miracolo. Non gli chiedo “certificati di democrazia”. I voti gli ha presi in misura schiacciante e, dal momento che li prendono anche certe facce patibolari del mondo occidentale, non vedo che cosa ci sia da stupirsi. Nella più probabile delle ipotesi, saranno ottimi manipolatori entrambi. E rubare il mestiere agli “unti e bisunti da Madonna Democrazia” è – già di per sé – un atto degno della massima lode..
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