Tumgik
#dittatura del proletariato
gregor-samsung · 5 months
Text
“ La Guerra fredda aveva un senso. Fu una guerra ideologica in cui il vincitore, verosimilmente, avrebbe imposto al nemico sconfitto, per usare parole ormai screditate dal troppo uso, la propria filosofia e i propri valori. Può sembrare retorico, ma vi era in quello scontro fra giganti una certa nobiltà. Due grandi idee – la dittatura del proletariato e il capitalismo democratico – offrivano al mondo due strade diverse verso un futuro migliore. Le due diverse prospettive hanno creato speranze, attese, impegno e sacrifici che non sarebbe giusto ignorare. Oggi ogni traccia di nobiltà è scomparsa. Il comunismo è fallito e, come accade sempre in queste circostanze, la memoria collettiva ricorda soltanto le sue pagine peggiori: i massacri della fase rivoluzionaria, la fame ucraina, la persecuzione del clero, le purghe, i gulag, il lavoro coatto, i popoli trasferiti con la forza da una regione all’altra. La democrazia capitalista non è in migliori condizioni. Il trasferimento del potere economico dai produttori di beni ai produttori di denaro ha enormemente allargato il divario fra gli immensamente ricchi e i drammaticamente poveri. Il denaro governa le campagne elettorali. Le grandi piaghe della prima metà del Novecento – nazionalismo, militarismo, razzismo – si sono nuovamente aperte. Il linguaggio della competizione politica è diventato becero e volgare. Le convention americane sono diventate un circo equestre in cui i candidati esibiscono i muscoli della loro retorica. Il meritato riposo e un busto nel Pantheon della nazione, che attendevano gli uomini di Stato alla fine della loro carriera politica, sono stati sostituiti da posti nei consigli d’amministrazione, laute consulenze e conferenze generosamente retribuite (come i 225.000 dollari pagati da Goldman Sachs a Hillary Clinton per un dibattito dopo i suoi quattro anni al Dipartimento di Stato). Anziché affidarsi a leader saggi e prudenti, molti popoli sembrano preferire i demagoghi, i tribuni della plebe, i caudillos. Anche Putin appartiene per molti aspetti a un club frequentato da Erdoğan, Al Sisi, Orbán, Jaroslaw Kaczyński, Bibi Netanyahu, Xi Jinping, Lukašenko, per non parlare dei loro numerosi cugini in Africa e in Asia. Ma ha anche altre caratteristiche.
Deve governare un enorme spazio geografico popolato da una moltitudine di gruppi nazionali e religiosi. È il leader di un grande Paese che ha interessi legittimi e ambizioni comprensibili. È responsabile di una potenza che è anche un tassello indispensabile per l’amministrazione di un mondo caotico e pericoloso. Possiamo deplorare molti aspetti del suo carattere e della sua politica. Ma vedo sempre meno persone in Occidente che abbiano il diritto di impartirgli lezioni di democrazia. Occorrono 541 giorni per formare un governo in Belgio. Occorrono due elezioni politiche a distanza di sei mesi per formare un governo in Spagna. Occorrono tre commissioni bicamerali e due riforme costituzionali approvate dal Parlamento, ma sottoposte a referendum popolare, per cercare di modificare la costituzione in Italia. Nell’Unione Europea sono sempre più numerosi i cittadini che invocano il ritorno alle sovranità nazionali, ma in alcuni Stati nazionali (Belgio, Gran Bretagna, Spagna) la sovranità nazionale è contestata da regioni che chiedono il diritto di secessione. Mi chiedo: la democrazia è ancora un modello virtuoso che l’Europa delle democrazie malate e gli Stati Uniti delle sciagurate avventure mediorientali e del nuovo razzismo hanno il diritto di proporre alla Russia? “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
25 notes · View notes
deathshallbenomore · 2 months
Text
gli accademici figli o parenti di altri accademici sono la risposta dell’età contemporanea alla nobiltà figlia di consanguinei e pertanto debole e decadente. la butto lì
20 notes · View notes
abr · 12 days
Text
Lo statalista sociale ogni tanto paragona il liberismo al suo primo cuggino, lo statalista bolscevico. Come i figli del cuggino, i sessantottini, comparano ancor oggi liberismo ("selvaggio") e fascismo. Tra parenti prima di parlare mettetevi d'accordo, su.
Diamo un servizio:
a) le ideologie social stataliste nazi o mao differiscono nella teoria e nelle prassi assassine, quanto il dna di gemelli omozigoti;
b) storicamente, nazional-socialismo o fascismo e internazional-socialismo o (bene-)comunismo, son mostri fatti sgravare nel reale dai gas iprite della "inutile strage" (cit.), la I Guerra Mondiale, evento che ha annichilito l'Europa ma per fortuna non solo nostra, di tutto il mondo, non il suo refugium che come tutti i bambini sani che han giocato ai cowboy sanno, è l'America;
c) i perdenti ce l'hanno col liberismo perché li ha sconfitti, a loro e ai cugini loro, trattandoli per quel che sono: carcinomi degenerati;
d) l'Occidente è tornato a salvare se stesso dalle metastasi più e più volte - la citata I guerra, la II, la Guerra Fredda; oggi l'Occidente difende se stesso dalle degenerazioni woke e Dems, così come da bravi fradei difende gli Avamposti di Civiltà come Israele contro le superstizioni barbariche circostanti (i veri liberisti come i veri Cristiani non forzano nessuno ad adottare la Civiltà: puntiamo sulle Best Practices e sul parlar dolcemente ma con un grosso bastone a portata di mano); ben diverso è il discorso Ucraina, dove il più pulito ci ha la rogna;
e) Dulcis in fundo, dalla nuda cronaca alla pars construens: il liberismo è l'unico autentico erede di quel grande filo storico filosofico che parte dall'antica Grecia e dall'ebraismo e si radica a Roma, assieme si fanno Cristianesimo, poi Scienza, Rinascimento mercantilista e capitalismo: la Civiltà, ovvero le radici dell'Occidente Cristiano, dominante e vincente su ogni idealismo degenere, su ogni statalismo sia esso satrapia, caciccato, ortodossia, fondamentalismo, dittatura del proletariato o confucianesimo. Spiaze.
27 notes · View notes
crazy-so-na-sega · 3 days
Text
In realtà, dai combattenti comunisti, non fu mai accettata l'idea che la lotta partigiana dovesse essere combattuta solo per tornare alla "democrazia parlamentare borghese" prefascista. L'obiettivo ultimo del Pci, fino alla fine, rimase la "democrazia popolare" o
Tumblr media
come si preferì chiamarla nella versione italiana, la "democrazia progressiva", fondata sull'unità della Resistenza intesa come fase di passaggio verso il mito irrinunciabile della dittatura del proletariato.
-Renzo De Felice (Rosso e Nero)
6 notes · View notes
libriaco · 10 months
Text
Come erravamo - 4
Tumblr media
L'elemento essenziale della dottrina di Marx è la lotta di classe. Così si dice e si scrive molto spesso. Ma questo non è vero e da questa affermazione errata deriva, di regola, una deformazione opportunista del marxismo, un travestimento del marxismo nel senso di renderlo accettabile alla borghesia, Perché la dottrina della lotta di classe non è stata creata da Marx, ma dalla borghesia prima di Marx, e può, in generale, essere accettata dalla borghesia.
Colui che si accontenta di riconoscere la lotta delle classi non è ancora un marxista, e può darsi benissimo ch'egli non esca dai limiti del pensiero borghese e della politica borghese. Ridurre il marxismo alla dottrina della lotta delle classi, vuol dire mutilare il marxismo, deformarlo, ridurlo a ciò che la borghesia può accettare. Marxista è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato. In questo consiste la differenza più profonda tra il marxista e il piccolo (e anche il grande) borghese di dozzina.
Da: Lenin, [Государство и революция, Gosudarstvo i revoljucija, 1917], Stato e rivoluzione in: Lenin, Stato e rivoluzione / Marx, Critica del programma di Gotha, Milano, Feltrinelli, 1976 [Questa traduzione è conforme a quella delle Edizioni in lingue estere di Mosca].
9 notes · View notes
sputiamosuhegel · 1 year
Text
Perché Carla Lonzi sputa su Hegel?
Riflessione su filosofia hegeliana, teoria marxista e femminismo, ovvero perché la liberazione femminile non è conciliabile con le teorie politiche maschili.
“Il marxismo-leninismo ha bisogno di equiparare i due sessi, ma la regolazione di conti tra collettivi di uomini non può che produrre una elargizione paternalistica dei propri valori alla donna. E si chiede il suo aiuto più di quanto si è disposti ad aiutarla”.
Questo è ciò che denuncia Carla Lonzi, teorica dell’autocoscienza e della differenza sessuale, già nelle prime pagine del suo saggio “Sputiamo su Hegel”, pubblicato nel 1970 a seguito del suo lavoro all'interno del collettivo femminista "Rivolta Femminile". All’interno di tale scritto, l’autrice analizza la condizione femminile nella storia, evidenziando come essa sia sempre dipesa dalla relazione della stessa con l’uomo.
Nella premessa, Lonzi chiarisce come abbia scritto “Sputiamo su Hegel" perché “rimasta molto turbata constatando che quasi la totalità delle femministe italiane dava più credito alla lotta di classe che alla loro stessa oppressione.” Infatti, all’inizio del testo evidenzia chiaramente l’esistenza di strutture patriarcali all’interno degli stessi presupposti, risultati e obiettivi dei movimenti rivoluzionari.
Nel trattare il comunismo nello specifico, Lonzi parte dall’analisi della dialettica servo-padrone hegeliana. Il filosofo, da cui Marx riprenderà la sua teoria dell’alienazione all’interno dei “Manoscritti economico-filosofici del 1844”, introduce la suddetta dialettica nella sua “Fenomenologia dello spirito”, definendo la stessa come una delle figure tramite la quale la coscienza si esprime nel suo realizzarsi attraverso la storia. Una volta che la coscienza diviene autocoscienza, si scontra con altre autocoscienze per ottenere il riconoscimento di sé stessa. Da questa lotta originano i ruoli di padrone, il vincitore, è servo, colui che per paura della morte si sottomette. Eppure è in virtù della sua condizione di lavoratore alle dipendenze del padrone, che il servo si rende conto della propria indipendenza. È il lavoro che permette al servo di riconoscersi in quanto autocoscienza, di operare tramite la ragione.
Il padrone, secondo Hegel, non opera questo riconoscimento, vivendo solo attraverso il lavoro del servo ed essendone quindi dipendente più di quanto il secondo non lo sia da lui. È grazie a questa presa di coscienza che il rovesciamento dei ruoli si pone come inevitabile.
È qui che troviamo la fonte di ispirazione più forte per la teoria marxista: la spinta alla lotta del proletario sottomesso, che dopo essersi alienato nel proprio lavoro ne trae la spinta per riconoscersi come coscienza attiva.
La conclusione marxiana del processo dialettico si espleta nella lotta di classe e nell’instaurazione della dittatura del proletariato, fase transitoria tramite la quale giungere a una società egualitaria priva di sfruttamento, oppressori e oppressi.
Da questi presupposti, Lonzi introduce la sua critica alla filosofia hegeliana e alla conseguente ispirazione marxista da essa tratta. La teorica femminista mostra alla lettrice ciò che resterà una costante nella sua spiegazione delle filosofie e delle ideologie nel corso della storia: i rapporti espressi al loro interno appartengono puramente al mondo maschile.
La dialettica servo-padrone non è applicabile alla liberazione femminile in primis perché il patriarcato non concepisce la condizione femminile come una problematica umana. Per la stessa storia, la stessa cultura di cui sono figli filosofi e teorici politici, l’oppressione femminile è un dato naturale. Hegel non considera la donna una serva e l’uomo un padrone.
Egli stesso ha posto in essere una dialettica che definisse la differenza tra i sessi secondo due “principi”: il principio divino femminile e il principio umano maschile, spiegando tramite i suddetti il ruolo delle donne relegato al “presiedere la famiglia”, e non la comunità come invece è competenza dell’uomo. Lonzi inoltre spiega come, anche se il filosofo avesse voluto inserire la donna nella dinamica del servo e del padrone, avrebbe riscontrato diversi problemi dati dalla natura stessa della condizione femminile, la quale non risale a un semplice ruolo sociale che può essere abbandonato, tramite una presa di potere del servo che diventa padrone, in quanto non è possibile operare un ribaltamento del fattore su cui l’oppressione femminile si basa, ossia il sesso.
Il fattore biologico, e quindi non circostanziale, ha operato come giustificazione della sottomissione delle donne sin dagli albori della storia, per via dell’incapacità maschile di concepire che un altro individuo potesse partecipare della natura umana e possedere la ragione pur essendo differente da lui. L’autrice chiarisce poi il rapporto tra patriarcato e capitalismo, rettificando il modello riduttivo del suddetto presentato dal comunismo.
La scrittrice definisce il patriarcato un’eredità che la storia ha tramandato al capitalismo, piuttosto che un figlio dello stesso modello economico, ribaltamento presentato dal materialismo storico, il quale ignora che l’affermazione del potere di tutti gli uomini su tutte le donne abbia origini diverse da quella che riguarda alcuni uomini contro altri uomini. Che gli uomini, progressisti come conservatori, abbiano ignorato tutto ciò che non si concili con condizioni a loro vicine risulta lampante. Ed è questa mancanza che “Sputiamo su Hegel” denuncia, l’incapacità delle lotte rivoluzionarie precedenti di riconoscere l’unicità femminile, la quale invece è stata trascurata a favore di una ricomprensione nel modello maschile. I nostri obiettivi sono stati sacrificati anche da coloro che si ponevano in antitesi all’uomo “borghese”, in virtù della comunanza che caratterizza gli uomini in quanto tali nella loro contrapposizione con il sesso femminile. “In questo nuovo stadio di consapevolezza- scrive Lonzi - la donna rifiuta sia il piano dell’ uguaglianza che quello della differenza” con il sesso maschile, dimostratosi incapace di riconoscere la natura femminile non come giustificazione di un ruolo sottomesso, ma come autocoscienza parallela a quella maschile, che non necessita di essere definita in base all’altra, né come inferiore che eguale, ma autonoma nella sua natura.
10 notes · View notes
goodbearblind · 2 years
Text
Tumblr media
“Comunque si travestano linguisticamente il fascismo e la democrazia o la dittatura del proletariato, il nemico capitale resta l'apparato amministrativo, poliziesco e militare; un nemico non identificabile con quello che ci sta di fronte, identificabile perché si presenta come nemico dei nostri fratelli, bensì è il nemico che dice di essere il nostro difensore, mentre ci rende schiavi. In qualunque circostanza il peggiore tradimento possibile consiste sempre nell'accettare la subordinazione a questo apparato e nel calpestare in se stessi e negli altri, per servirlo, tutti i valori umani”. [Simone Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) Riflessioni sulla guerra, in Incontri libertari, traduzione di Maurizio Zani, Elèuthera, Milano, 2001)]
Fonte: mopos
18 notes · View notes
carmenvicinanza · 2 years
Text
Käthe Kollwitz. Arte e politica
https://www.unadonnalgiorno.it/larte-a-servizio-degli-ultimi/
Tumblr media
Non ho difficoltà a ammettere che la mia arte si pone degli obiettivi. Io voglio agire nella mia epoca. La mia formazione d’artista ha coinciso con la nascita del socialismo.
Certo, a quel tempo non svolgevo un’attività militante vera e propria, ma di sicuro capivo che l‘idea della bellezza per me era il proletariato, nelle sue tipiche espressioni di lotta e di sofferenza, che mi spronavano a dipingere.
Più tardi, quando ho conosciuto gli operai più da vicino, al primo sentimento che avevo provato per loro s’aggiunse quello di dover mettere la mia arte al loro servizio.
Käthe Kollwitz, pittrice, scultrice, stampatrice, litografa e xilografa espressionista, impegnata soprattutto nella rappresentazione degli ultimi e le ultime.
Socialista e pacifista, seppe dare espressione e dignità alle persone vittime di povertà, fame e guerra.
Nata a Königsberg, nella vecchia Prussia, l’8 luglio 1867, con il cognome Schmidts, i suoi primi disegni, risalgono a quando aveva 16 anni, ritraeva operai, marinai e contadini che vedeva nell’ufficio di suo padre. Studiò in una scuola femminile d’arte a Berlino e poi a Monaco. Nel 1891 sposò Karl Kollwitzs, da cui ebbe due figli.
Tra i suoi lavori più apprezzati c’è un ciclo di litografie (Povertà, Morte, Cospirazione) e dipinti (Marcia dei tessitori, Rivolta, La fine) esposti pubblicamente nel 1896.
Un’altra serie di litografie, create tra il 1902 e il 1908, raffigura la guerra dei contadini tedeschi. In quegli anni ebbe modo di frequentare l’Académie Julian di Parigi, dove imparò a scolpire e, una delle litografie del ciclo, dal titolo Scoppio, vinse il premio Villa Romana che le garantì per un anno, il 1907, la permanenza in uno studio di Firenze.
Nel 1914, durante la prima guerra mondiale perse il figlio Peter sul campo, avvenimento che le causò una lunga depressione. Successivamente progettò per lui e i suoi compagni morti un memoriale scultoreo, I genitori addolorati, distrutto e poi rifatto, venne terminato solo nel 1932.
Nel 1917, al suo cinquantesimo compleanno, la galleria di Paul Cassirer espose 150 suoi dipinti.
Nel 1924, Käthe Kollwitz, disegnò il manifesto dal titolo Mai più guerra! che esprime la sua protesta contro il militarismo.
Attiva nel partito socialista, fece parte del movimento artistico Secessione di Berlino.
Con l’ascesa del nazismo, nel 1933, a causa delle sue manifeste idee politiche, venne costretta a dimettersi dall’Accademia delle Arti e le fu vietata qualunque attività artistica.
Riuscì a sfuggire alla deportazione in un campo di concentramento, restando a Berlino, fino a quando fu sfollata dai bombardamenti, nel 1943.
Non si fece scoraggiare dalla dittatura e rimase fedele ai suoi ideali progressisti. Malgrado malattia, età e persecuzioni, continuò a lavorare e a portare avanti i propri ideali nelle sue opere.
È morta a Moritzburg, vicino Dresda, il 22 aprile 1945.
In Germania viene ricordata in tanti modi, le sono state dedicate strade, piazze, monumenti, un francobollo e un museo.
10 notes · View notes
Note
Ma che cos'è realmente per te questo blog ?
Buongiorno realista anonimo.
Un blog.
Questo blog, per me, è un blog.
Un luogo dove dare rifugio ai miei goffi tentativi poetici e prosaici, avere modo di leggere e confrontarmi con altri prosatori, poeti, aforisti, trovare ennesime ragioni per convincermi che noi esseri umani meriteremmo l'estinzione e che l'unica soluzione plausibile per un futuro senza guerre e con un sufficiente livello di benessere comune sarebbe la dittatura del proletariato di leninista memoria.
Nulla di più e nulla di meno.
5 notes · View notes
Text
Guardando il panorama politico italiano, leggendo i programmi e le dichiarazioni di tutti i partiti dentro e fuori il Parlamento, risulta chiara una cosa: nessuna forza in campo vuole l'abolizione di uno stato etico che impone con la forza la propria visione del mondo.
EXIT è l'unica eccezione, nonostante l'alleanza con chi vorrebbe abolire divorzio e aborto (inutile dire che queste proposte, sì, sono l'aborto di una mente che ci vorrebbe riportare nel medioevo).
Da chi vuole imporre un controllo digitale sui cittadini ed educarli a suon di credito sociale, a chi vorrebbe una dittatura del proletariato, passando per chi vorrebbe una dittatura dei mercati, fino ad arrivare a chi vuole una dittatura ordine e disciplina, tutti vogliono una dittatura in cui siano loro i dittatori.
1 note · View note
alephsblog · 25 days
Text
Tumblr media
È una tragica verità che in troppi si rifiutano di accettare, lo stato più vasto del mondo e potenzialmente tra i più ricchi di risorse naturali vive in una sorta di medioevo arretrato e miserevole, grazie a secoli di oppressione, prima da parte della monarchia assoluta degli zar, poi per lo stalinismo sovietico e la dittatura del proletariato, in realtà delle gerarchie di partito, e negli ultimi decenni del regime nazistalinista e mafioso di Putin.
0 notes
guattarianbitch · 2 months
Text
«Perché non chiamarla "vera democrazia", o più semplicemente "il potere del proletariato"? Perché in questo contesto "dittatura" non significa l'opposto di "democrazia"', ma proprio il modo di funzionare intrinseco della democrazia, il suo modello soggiacente. Sin dall'inizio, la tesi della "dittatura del proletariato" implicava il presupposto che quest'ultima non fosse altro che l'opposto di altre forme di dittatura, visto che non esiste alcun potere statale che non sia, di per sé, una dittatura. Quando Lenin e Trockij dicevano che la democrazia liberale è una forma di dittatura borghese, non intendevano tanto esprimere l'idea un po' semplicistica che la democrazia è fondamentalmente una questione di facciata, perché è sempre sottoposta a manipolazione, perché il potere, dietro questa facciata, è esercitato in realtà da una cricca nascosta che controlla ogni cosa, pronta a mostrare il suo vero volto e ad assumere apertamente il potere ogni volta che rischia di perderlo in elezioni libere. No, essi intendevano che è proprio la forma dello stato democratico-borghese a incarnare una logica “borghese”. In altri termini, il termine "dittatura" dovrebbe essere usato nel senso preciso per cui anche la democrazia è una forma di dittatura, perché è una determinazione puramente formale. Molti ci tengono a sottolineare quanto sia essenziale e costitutivo della democrazia il rimettere in questione se stessa, quanto la stessa democrazia consenta, addirittura solleciti, a mettere in dubbio le sue caratteristiche. Ma a un certo punto quest’autoreferenzialità deve fermarsi, non può continuare all'infinito. Neppure le elezioni più "libere" possono mettere in discussione le procedure legali che le rendono legittime e consentono di organizzarle, o gli apparati dello stato che garantiscono (se necessario, con la forza) il processo elettorale, etc. Nei suoi aspetti istituzionali, lo stato è una presenza così massiccia che non può essere giustificata soltanto in termini della rappresentazione di interessi - l'illusione democratica è proprio che ciò sia possibile; Alain Badiou ha concettualizzato quest'eccesso come l'eccesso della rappresentazione dello stato rispetto a ciò che rappresenta. Potremmo esprimere la stessa cosa nei termini di Benjamin: mentre la democrazia può sempre eliminare (più o meno) la violenza costituita, deve invece continuamente fondarsi sulla violenza costituente.»
-Slavoj Zizek, Zizek presenta Trockij. «Terrorismo e comunismo»
1 note · View note
crossroad1960 · 9 months
Text
“Comunque si travestano linguisticamente il fascismo e la democrazia o la dittatura del proletariato, il nemico capitale resta l'apparato amministrativo, poliziesco e militare; un nemico non identificabile con quello che ci sta di fronte, identificabile perché si presenta come nemico dei nostri fratelli, bensì è il nemico che dice di essere il nostro difensore, mentre ci rende schiavi. In qualunque circostanza il peggiore tradimento possibile consiste sempre nell'accettare la subordinazione a questo apparato e nel calpestare in se stessi e negli altri, per servirlo, tutti i valori umani.” (Simone Weil, Riflessioni sulla guerra, 1933)
0 notes
samdelpapa · 1 year
Photo
Tumblr media
Interesse nazionale senza elezioni = dittatura dei poveri e semi benestanti Discorso del compagno Stalin, pronunciato al Secondo Congresso dei Soviet dell'URSS, dopo la morte del compagno Lenin. 26 gennaio 1924 - Parte IV La dittatura del proletariato è stata creata nel nostro paese sulla base dell'alleanza tra operai e contadini. È la base prima e fondamentale della Repubblica dei Soviet. Gli operai ei contadini non sarebbero stati in grado di sconfiggere i capitalisti ei proprietari terrieri senza questa alleanza. Gli operai non avrebbero potuto sconfiggere i capitalisti se non fossero stati in grado di sconfiggere i proprietari terrieri, se non fossero stati guidati dai contadini. Ogni storia della guerra civile nel nostro paese lo attesta. Ma la lotta per rafforzare la Repubblica dei Soviet è tutt'altro che conclusa, ma ha solo assunto una nuova forma. Prima, l'alleanza di operai e contadini consisteva in un'alleanza militare, perché era diretta contro Kolchak e Denikin. Ora l'alleanza degli operai e dei contadini deve assumere la forma di una collaborazione economica tra città e campagna, tra operai e contadini, perché questa alleanza è diretta contro il mercante e il kulak, perché il suo scopo è il mutuo rifornimento tra contadini e contadini. qualunque cosaA ogni costo. Sai che nessuno come il compagno Lenin ha perseguito questo compito con una vendetta. Lasciandoci, il compagno Lenin ci ha affidato il compito di assicurare con tutte le nostre forze l'alleanza degli operai e dei contadini. Ti giuriamo, compagno Lenin, che anche noi eseguiremo con onore questo mandato! https://www.instagram.com/p/Cog9wFDNQty/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
dominousworld · 2 years
Text
LA MISTIFICAZIONE DELLA DEMOCRAZIA
di Vincenzo Di Maio La democrazia è uno dei tanti feticci ideologici privi di fondamento, un ideale inconsistente basato sulla adeguata significazione di un corpo, ossia il demos ovvero il popolo, che governa sè stesso, un autogoverno di pura anarchia privo di un fondamento realistico, una concezione che ricorda un’altra mistificazione politica che è la dittatura del proletariato, un moto…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
deathshallbenomore · 2 years
Text
giorno 5: i confini della realtà si sono completamente annullati. al posto della sveglia stamattina ho sentito il megafono di giusy ferreri. fiorello può esserci o non esserci, il mio terzo occhio ormai vede le sue gag durante i momenti morti. dargen mi sta offrendo della c0ca perché sa che sarà una serata impegnativa, si siede con me e mi illustra il suo punto di vista sui profili di incostituzionalità della rielezione di mattarella. nel frattempo i compagni truppi e lrdl mi parlano dell’alternativa alla politica attuale: la dittatura del proletariato. ci resta una sola speranza: la morte e resurrezione in eurovisione di nostro signore achille lauro mentre il vaticano brucia e l’osservatore romano, impassibile, ribadisce che anche questa è roba già vista.
226 notes · View notes