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#Fiume delle Perle
gregor-samsung · 6 months
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" Canton e Hong Kong sono situate nella regione del delta del Fiume delle Perle (Zhu), con metropoli come Macao, Shenzhen (città dallo sviluppo molto recente), Foshan, Zhongshan e altre ancora. Il 16 novembre 2002 un quarantaseienne di Foshan fu colpito da febbre e difficoltà respiratorie. Secondo quanto hanno stabilito i segugi dell'epidemiologia, spetta a lui il titolo di primo paziente di questa nuova malattìa. Non si sono conservati campioni del suo sangue o del suo muco, ma un forte indizio di SARS è il fatto che l’uomo contagiò a catena un bel po’ di persone (la moglie, una zia che gli fece visita in ospedale, il marito e la figlia della stessa zia). Il suo nome non è stato tramandato ai posteri; di lui si sa soltanto che era un «impiegato del governo locale». Un dato interessante del suo profilo, col senno di poi, è il fatto che avesse cucinato in precedenza piatti che prevedevano come ingredienti pollo, gatto e serpente. Mangiare serpenti non è insolito nel Guangdong, una provincia abitata da carnivori impenitenti e non schizzinosi, dove i menù potrebbero essere scambiati per la lista degli ospiti di uno zoo o di un negozio di animali.
Tre settimane dopo, all'inizio di dicembre, un cuoco di Shenzhen accusò gli stessi sintomi. Lavorava in una friggitoria e non si occupava direttamente di uccidere e preparare gli animali, ma ne manipolava le carni pulite e tagliate. Andò a farsi curare fuori da Shenzhen, allo Heyuan City People’s Hospital, dove trasmise la malattia ad almeno sei tra medici e infermieri, prima di essere trasferito a Canton, a duecento chilometri di distanza. Il giovane dottore che lo accompagnò in ambulanza si ammalò a sua volta. Non molto tempo dopo, tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, casi analoghi iniziarono a presentarsi a Zhongshan, città portuale situata un centinaio di chilometri a sud di Canton e poco distante da Hong Kong, che è dall'altra parte del Fiume delle Perle. Nel giro di poche settimane si registrarono ventotto casi. I sintomi comprendevano emicrania, febbre alta, brividi, dolore alle ossa, tosse forte e persistente con sangue nell'espettorato e progressiva compromissione dei polmoni, che si indurivano e si riempivano di liquido. La conseguente scarsa ossigenazione nei casi più gravi poteva portare alla morte. Tredici pazienti tra quelli di Zhongshan lavoravano nel settore sanitario e almeno uno era un cuoco, anche lui dedito alla preparazione di piatti a base di serpenti, volpi, zibetti (mammiferi di piccola taglia parenti alla lontana delle manguste) e ratti. Gli ufficiali sanitari della provincia si accorsero della concentrazione di casi a Zhongshan e spedirono in loco vari team di «esperti» che si occupassero di cura e prevenzione, ma in realtà nessuno di loro sapeva nulla di questa misteriosa e ingannevole malattia. Uno di questi gruppi produsse un documento ufficiale in cui il nuovo morbo era definito «polmonite atipica» (feidian in cantonese). La stessa formulazione di uso generico fu ripresa qualche settimana più tardi dall'OMS nel suo primo bollettino. Una polmonite atipica è una qualsiasi affezione polmonare non attribuibile ai classici patogeni, come ad esempio il batterio Streptococcus pneumoniae. Utilizzare questa espressione ben nota in medicina fu un modo per stemperare e non accentuare la stranezza e la potenziale pericolosità dei casi di Zhongshan. In realtà quella specie di polmonite non era solo atipica, ma anomala, feroce e spaventosa. Il bollettino ufficiale fu inviato agli ospedali e agli uffici sanitari della provincia (ma non fu reso pubblico). Conteneva anche una lista di sintomi tipici della malattia e una serie di raccomandazioni per arginarne la diffusione, che si rivelarono timide e tardive. A fine gennaio, un commerciante all'ingrosso di prodotti ittici, reduce da un viaggio a Zhongshan, fu ricoverato in un ospedale di Canton, da dove partì la serie di contagi a catena che di lì a poco avrebbe fatto il giro del mondo. "
David Quammen, Spillover. L’evoluzione delle pandemie, (Traduzione di Luigi Civalleri; collana La collana dei casi), Edizioni Adelphi, 2014. [Libro elettronico]
[ Edizione originale: Spillover. Animal Infections and the Next Human Pandemic, W.W. Norton & Company, Inc., 2012 ]
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habibaaabdelhamed · 2 months
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Fjord Bay a Taba Un rifugio tranquillo per gli appassionati di immersioni in Egitto
Taba, una pittoresca città del Governatorato del Sinai del Sud dell'Egitto, ospita la mozzafiato Fiord Bay, una vera meraviglia per i subacquei. Questa baia naturale offre panorami maestosi ed è spesso descritta come un "miracolo" per via dei suoi incantevoli monumenti che trasudano serenità e tranquillità. Immerso all'interno Taba, Fiord Bay vanta un'abbondanza di barriere coralline e una vita marina diversificata, che la rendono una destinazione irresistibile per gli appassionati di immersioni di tutto il mondo.
Per i viaggiatori che desiderano esplorare le meraviglie dell'Egitto, varie Tour in Egitto e sono disponibili pacchetti turistici. Questi itinerari accuratamente realizzati consentono ai visitatori di vivere la ricca storia del paese, i monumenti antichi e i paesaggi accattivanti. Inoltre,Tour giornalieri in Egitto offrire l'opportunità di approfondire destinazioni o attrazioni specifiche, offrendo un modo conveniente per immergersi nella cultura e nella bellezza dell'Egitto in un periodo di tempo più breve.
Sia che tu scelga un pacchetto completo Pacchetto turistico in Egitto o un'escursione giornaliera mirata, l'Egitto offre una moltitudine di esperienze per soddisfare gli interessi di ogni viaggiatore. Dal meravigliarsi del Giro in cammello o a cavallo intorno alle Piramidi di Giza alla crociera lungo il fiume Nilo, le diverse offerte dell'Egitto promettono un viaggio indimenticabile pieno di meraviglie storiche e meraviglie naturali.
Fiord Bay, rinomata per la sua affascinante miscela di tonalità blu e verdi che ricordano le perle marine, si distingue come un'importante destinazione turistica lungo la Taba Road. Situata in una posizione geografica unica, questa straordinaria baia funge da punto di collegamento per quattro paesi. Spesso definito il fiordo, Fiord Bay affascina i visitatori con i suoi paesaggi mozzafiato e il suo fascino naturale.
Mentre Fiord Bay è un gioiello da visitare nella regione di Taba, l'Egitto offre una serie di altre destinazioni accattivanti che vale la pena esplorare. Ad esempio,Tour giornalieri di Luxor offrire l'opportunità di immergersi nelle maestose meraviglie di Luxor, tra cui il grande complesso del tempio di Karnak, l'incantevole Valle dei Re e l'affascinante Tempio di Luxor.
Tour giornalieri del Cairo, d'altra parte, offrono la possibilità di scoprire la vivace capitale dell'Egitto. Dalla meraviglia delle iconiche Piramidi di Giza e dell'enigmatica Sfinge all'esplorazione dell'affascinante Museo Egizio, il Cairo immerge i visitatori in un ricco arazzo di storia e cultura.
Per un viaggio sereno lungo il Nilo,Tour di un giorno ad Assuan presenta l'occasione perfetta. Assuan mette in mostra notevoli attrazioni come il maestoso Tempio di Philae, l'imponente Diga Alta e la possibilità di godersi un tranquillo giro in barca sul fiume Nilo.
Mentre Fjord Bay offre un'incredibile esperienza subacquea, l'Egitto vanta altre straordinarie destinazioni da esplorare.Escursioni a Sharm El Sheikh offrono l'opportunità di scoprire la straordinaria bellezza di questa città costiera, con opzioni come lo snorkeling o le immersioni nel Mar Rosso, l'esplorazione della vita marina del Parco Nazionale di Ras Mohammed o l'imbarcarsi in un emozionante safari nel deserto.
Per chi visita Hurghada, una famosa località turistica,Tour giornalieri di Hurghada offre una vasta gamma di attività e attrazioni da godere. Questi possono includere avventure di snorkeling o immersioni nelle acque incontaminate del Mar Rosso, visitare l'isola di Giftun per relax ed esplorazione o provare il brivido di un'escursione nel deserto su un quad o un giro in cammello.
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samsurr028 · 1 year
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jaoxs0163 · 1 year
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scienza-magia · 2 years
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Ritrovato in Sardegna un antichissimo tesoro sottomarino
Scoperta senza eguali, dopo 2500 anni riscoperto un preziosissimo tesoro marino. Un pozzo che restituisce un tesoro di valore inestimabile. Un intervallo di tempo durato 2500 anni. Siamo in Sardegna, dove un pozzo sacro ha svelato le antiche perle conservate dalla civiltà nuragica. La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna durante l’età del bronzo, tra il 2300 e il 1800 a.C.
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Tesori in mare – viaggi.nanopress.it I Nuragi occuparono i territori sardi per molto tempo e crearono varie costruzioni come quelle destinate alle attività religiose: si trattava di pozzi sacri e fontane sacre, monumenti tra i più elaborati nella zona e legati al culto animistico (per animismo si intende la volontà di accomunare l’insieme di religioni e/o culti in cui viene attribuita una qualità divina o soprannaturale a oggetti, luoghi, esseri materiali) dell’acqua, edificati con tecnica megalitica. Ed è proprio all’interno di uno di questi pozzi sacri che è avvenuta la scoperta stupefacente. Sardegna nuragica: i ritrovamenti Un tesoro nuragico fatto di perle, cristalli e ambra: durante gli scavi di Sos Muros e Buddusò sono emerse tantissime perle di vari colori che dimostrano quanto fossero vivaci gli scambi, i commerci e i viaggi via mare in quell’epoca lontanissima.
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Vago nuragico – viaggi.nanopress.it Scavando in un pozzo sacro di Buddusò (Sassari) sono emerse tantissime perline trasparenti, celesti, verdi, gialle e color ambra per un totale di 160 perle di collana di epoca nuragica: si tratta del più grande ritrovamento di questo tipo in Sardegna. Le perle ritrovate sono sicuramente di importazione, almeno secondo il parere degli archeologi; per conoscerne la provenienza bisognerà però attendere i risultati delle analisi di laboratorio.
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Scavi Sos Muros – viaggi.nanopress.it Gli scavi che hanno portato alla luce questo meraviglioso tesoro sono diretti dalle archeologhe Anna Depalmas e Giovanna Fundoni, in collaborazione con Matteo Pischedda: essi stanno coordinando il tirocinio degli studenti di archeologia di varie università, italiane e straniere. Non solo perle tra i ritrovamenti: anche un ciondolo a forma di cuore Ha catalizzato l’attenzione di tutti coloro presenti durante il ritrovamento: stiamo parlando di un pendente in cristallo a forma di cuore. Gioielli di questo tipo non sono sconosciuti agli studiosi degli insediamenti cultuali nuragici anzi, erano abbastanza diffusi come offerte votive; eppure, il sito archeologico di Sos Muros merita un riconoscimento speciale, stando al parere delle archeologhe che stanno dirigendo gli scavi più recenti ma non solo. Di fatti, si tratta del sito che detiene il più grande numero e varietà di vaghi di collana rinvenuti in un solo contesto. Il significato dei ritrovamenti a Sos Muros La quantità e la varietà di ciò che è stato rinvenuto a Sos Muros dimostra in maniera inequivocabile l’importanza dell’insediamento della zona e del territorio in generale nel ruolo di recettore di manufatti pregiati di provenienza esterna. Questo è sicuramente dovuto alla posizione strategica che si affaccia su vie di comunicazione naturali importanti, come il fiume Tirso. Ma non solo: questi ritrovamenti sono anche una chiara conferma del ruolo che avevano i luoghi di culto della civiltà nuragica.
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Perlina nuragica – viaggi.nanopress.it Questi, infatti, ricoprivano un ruolo di fondamentale importanza nella circolazione e nella distribuzione dei beni di lusso anche di provenienza esterna all’isola. Infine, i tesori ritrovati sono anche una dimostrazione della prolificità e della frequenza degli scambi, dei commerci e dei viaggi via mare di quel tempo. Read the full article
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rithbytirh · 3 years
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L'usignolo e la rosa - Oscar Wilde
«Ha detto che ballerà con me se le porterò delle rose rosse» si angosciava il giovane studente, «ma in tutto il mio giardino non c’è nemmeno una rosa rossa.»
L’usignolo lo sentì dal suo nido nella quercia, guardò tra le foglie e si stupì.
«Neanche una rosa rossa in tutto il mio giardino!» si angosciava, e i suoi begli occhi si riempirono di lacrime.
«Ah, da che piccole cose dipende la felicità! Ho letto tutto quello che i saggi hanno scritto e la filosofia non ha segreti per me, ma la mia vita è rovinata dalla mancanza di una rosa rossa.»
«Ecco finalmente uno che ama davvero» disse l’usignolo. «Notte dopo notte ho cantato di lui, anche se non lo conoscevo: notte dopo notte ho raccontato la sua storia alle stelle e adesso lo vedo. I suoi capelli sono scuri come i giacinti in fiore e le sue labbra sono rosse come la rosa del suo desiderio, ma la passione ha reso il suo viso come pallido avorio e la sofferenza gli ha posto il suo sigillo sulla fronte.»
«Il principe dà un ballo domani sera» mormorava il giovane studente, «e il mio amore sarà tra gli invitati. Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba. Se le porterò una rosa rossa la terrò tra le braccia, lei appoggerà la testa sulla mia spalla e stringerò la sua mano nella mia. Ma non c’è nessuna rosa rossa nel mio giardino, così io siederò da solo e lei mi passerà accanto. Non mi presterà attenzione e il mio cuore si spezzerà.»
«Ecco proprio uno che ama davvero» disse l’usignolo. «Di quello che io canto, lui soffre; ciò che è gioia per me, per lui è dolore. Certo l’amore è una cosa meravigliosa. È più prezioso degli smeraldi e dei pregiati opali. Perle e granati non possono comprarlo, non è nemmeno in vendita al mercato. Non può essere acquistato dai mercanti, né pesato sulla bilancia per l’oro.»
«I musicisti siederanno nella loro tribuna» diceva il giovane studente, «e suoneranno gli archi, e il mio amore ballerà al suono dell’arpa e del violino. Ballerà così leggera che i suoi piedi non toccheranno terra e i cortigiani nei loro abiti splendenti le si affolleranno attorno. Ma con me non ballerà, perché io non ho una rosa rossa da darle»; e si gettò nell’erba, nascose il viso tra le mani e pianse.
«Perché sta piangendo?» chiese una piccola lucertola verde mentre gli sfrecciava davanti con la coda in aria.
«Già, perché?» disse una farfalla che volteggiava inseguendo un raggio di sole.
«Già, perché?» sussurrò una margherita alla sua vicina, con un filo di voce.
«Piange per una rosa rossa» disse l’usignolo.
«Per una rosa rossa?» esclamarono, «Che assurdità!» e la piccola lucertola, che era una vera cinica, gli rise in faccia.
Ma l’usignolo capiva il segreto della sofferenza dello studente e restando in silenzio nella quercia pensava al mistero dell’amore. All’improvviso spiegò le sue ali brune e si librò nell’aria. Oltrepassò il boschetto come un’ombra e come un’ombra attraversò il giardino. Al centro dell’aiola si ergeva un bel roseto e, quando lo vide, lo raggiunse in volo e si posò su un ramoscello.
«Dammi una rosa rossa» implorò, «e io ti canterò la mia canzone più dolce.»
Ma il roseto scosse la testa.
«Le mie rose sono bianche» rispose, «bianche come la schiuma del mare e più bianche della neve sulla montagna. Ma va’ da mio fratello che cresce attorno alla vecchia meridiana e forse ti darà quello che vuoi.»
Così l’usignolo raggiunse in volo il roseto che cresceva attorno alla vecchia meridiana.
«Dammi una rosa rossa» implorò, «e io ti canterò la mia canzone più dolce.»
Ma il roseto scosse la testa.
«Le mie rose sono gialle» rispose, «gialle come i capelli della sirena che siede su un trono d’ambra e più gialle del narciso che fiorisce nel prato prima che il mietitore arrivi con la falce. Ma va’ da mio fratello che cresce sotto la finestra dello studente e forse ti darà quello che vuoi.»
Così l’usignolo raggiunse in volo il roseto che cresceva sotto la finestra dello studente.
«Dammi una rosa rossa» implorò, «e io ti canterò la mia canzone più dolce.»
Ma il roseto scosse la testa.
«Le mie rose sono rosse» rispose, «rosse come le zampe della colomba e più rosse dei grandi ventagli di corallo che ondeggiano nell’antro dell’oceano. Ma l’inverno mi ha ghiacciato le vene, il gelo ha bruciato i miei boccioli e la tempesta ha spezzato i miei rami e io non avrò per niente rose quest’anno.
«Un’unica rosa rossa è tutto ciò che voglio» implorò l’usignolo, «solo una rosa rossa! Non c’è modo per averla?»
«Un modo c’è» rispose il roseto, «ma è così terribile che non oso spiegartelo.»
«Spiegamelo» disse l’usignolo, «io non ho paura.»
«Se vuoi una rosa rossa» disse il roseto, «devi costruirla con la musica al chiaro di luna e colorarla con il sangue del tuo cuore. Devi cantare per me con il tuo petto contro una spina. Devi cantare per me tutta la notte, la spina deve trafiggere il tuo cuore e il tuo sangue vitale deve scorrere nelle mie vene e diventare mio.»
«La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa» si angosciava l’usignolo, «e la vita è molto cara a tutti. È piacevole sedersi in un bosco verde e guardare il sole nel suo cocchio d’oro e la luna nel suo cocchio di perla. Dolce è il profumo del biancospino e dolci sono le campanule che si nascondono nella valle e l’erica che ondeggia sulla collina. Eppure l’amore vale più della vita e che cos’è il cuore di un uccello in confronto al cuore di un uomo?»
Così spiegò le sue ali brune e si librò nell’aria. Percorse il giardino come un’ombra e come un’ombra attraversò il boschetto.
Il giovane studente era ancora steso sull’erba, dove l’aveva lasciato, e le lacrime non si erano ancora asciugate nei suoi begli occhi.
«Stai sereno» esclamò l’usignolo, «stai sereno; avrai la tua rosa rossa. Io la costruirò con la musica al chiaro di luna e la colorerò con il sangue del mio cuore. Tutto ciò che ti chiedo in cambio è che tu ami davvero, perché l’amore è più saggio della filosofia, che pure è saggia, e più potente del potere, che pure è potente. Del colore della fiamma sono le sue ali e colore della fiamma è il suo corpo. Le sue labbra sono dolci come miele e il suo alito è come incenso.»
Lo studente alzò lo sguardo dall’erba e ascoltò, ma non riuscì a capire quello che l’usignolo gli stava dicendo perché sapeva solo le cose che sono scritte nei libri.
Ma la quercia capì e si sentì triste, perché era molto affezionata al piccolo usignolo che aveva costruito il nido tra i suoi rami.
«Cantami un’ultima canzone» sussurrò, «mi sentirò molto sola quando te ne sarai andato.»
Così l’usignolo cantò per la quercia e la sua voce era come acqua che sgorga da un vaso d’argento. Quando la canzone fu finita lo studente si alzò e tirò fuori dalla tasca un taccuino e una matita.
«Ha tecnica» disse tra sé mentre si allontanava attraverso il boschetto, «non si può negare, ma ha anche sentimento? Temo di no. In realtà è come la maggior parte degli artisti; è tutto stile, senza alcuna sincerità. Non si sacrificherebbe per gli altri. Pensa solo alla musica e tutti sanno che le arti sono egoiste. Però bisogna ammettere che ha dei bei suoni nella voce. Che peccato che non significhino niente, o che non producano alcun bene concreto.»
E andò nella sua stanza, si stese sul suo giaciglio e cominciò a pensare al suo amore; e dopo un momento si addormentò.
E quando la luna brillò nel cielo l’usignolo volò al roseto e pose il petto contro la spina. Per tutta la notte cantò con il petto contro la spina e la fredda luna di cristallo si sporse ad ascoltare.
Per tutta la notte cantò, la spina entrò sempre più in profondità nel suo petto e ne scaturì il sangue vitale. Cantò prima della nascita dell’amore nel cuore di un ragazzo e di una ragazza. E sul ramoscello più alto del roseto fiorì una stupenda rosa, petalo dopo petalo, mentre una canzone seguiva l’altra.
All’inizio era pallida come la foschia che aleggia sul fiume: pallida come i piedi del mattino e argentea come le ali dell’alba. Come l’ombra di una rosa in uno specchio d’argento, come l’ombra di una rosa in una pozza d��acqua, così era la rosa che fioriva sul ramoscello più alto del roseto. Ma il roseto gridava all’usignolo di premere di più contro la spina.
«Premi di più, piccolo usignolo» gridava il roseto, «o il giorno arriverà prima che la rosa sia finita.»
Così l’usignolo premeva di più contro la spina e il suo canto diventava sempre più intenso, perché cantava della nascita della passione nell’anima di un uomo e di una donna.
E un tenue rossore si diffuse nei petali della rosa, come il rossore sul viso dello sposo quando bacia le labbra della sposa. Ma la spina non aveva ancora raggiunto il suo cuore, così il cuore della rosa rimaneva bianco, perché solo il sangue del cuore dell’usignolo può rendere rosso il cuore di una rosa. E il roseto gridava all’usignolo di premere di più contro la spina.
«Premi di più, piccolo usignolo» gridava il roseto, «o il giorno arriverà prima che la rosa sia finita.»
Così l’Usignolo premette di più contro la spina, la spina gli toccò il cuore e una violenta fitta di dolore lo trafisse. Più feroce era il dolore, più impetuoso diventava il suo canto, perché cantava dell’amore che è reso perfetto dalla morte, dell’amore che non muore nella tomba. E la stupenda rosa divenne rossa, come il rosa del cielo a oriente. Rossa era la cintura di petali e rosso come un rubino era il cuore.
Ma la voce dell’usignolo diventava più debole, le sue piccole ali cominciarono a sbattere e un velo gli calò sugli occhi. Il suo canto diventava sempre più debole e sentiva in gola qualcosa che lo soffocava.
Allora donò un’ultima esplosione di musica. La bianca luna la sentì, dimenticò l’alba e indugiò nel cielo. La rosa rossa la sentì, tppremò tutta per l’estasi e aprì i petali all’aria fredda del mattino. L’eco la portò nel suo antro purpureo tra le colline e svegliò dai loro sogni i pastori che dormivano. Fluttuò tra le canne del fiume e loro portarono il suo messaggio al mare.
«Guarda, guarda!» esclamò il roseto, «la rosa è finita ora»; ma l’usignolo non diede risposta perché giaceva morto nell’erba alta, con la spina nel cuore.
E a mezzogiorno lo studente aprì la finestra e guardò fuori.
«Ma guarda, che splendido colpo di fortuna!» esclamò, «ecco una rosa rossa! Non ho mai visto una rosa come questa in tutta la mia vita. È così bella che sono sicuro abbia un lungo nome latino»; e, sporgendosi, la colse. Poi si mise il cappello e corse alla casa del professore con la rosa in mano.
La figlia del professore sedeva sulla soglia e avvolgeva della seta blu su un arcolaio, con il cagnolino disteso ai suoi piedi.
«Avete detto che avreste ballato con me se vi avessi portato una rosa rossa» esclamò lo studente. «Ecco la rosa più rossa del mondo. La porterete stasera vicino al cuore e mentre balleremo insieme vi dirà quanto vi amo.»
Ma la ragazza si accigliò.
«Temo che non si intoni col mio vestito» rispose, «e, inoltre, il nipote del ciambellano mi ha mandato dei gioielli autentici e tutti sanno che i gioielli valgono molto più dei fiori.»
«Be’, in fede mia, siete proprio ingrata» disse lo Studente con rabbia, e gettò la rosa in strada, dove cadde in un rigagnolo e fu schiacciata dalla ruota di un carro.
«Ingrata!» disse la ragazza. «Vi dirò, voi siete proprio scortese; e, dopotutto, chi siete voi? Solo uno studente. Be’, non credo abbiate neanche fibbie d’argento alle scarpe come il nipote del ciambellano» e si alzò dalla sedia ed entrò in casa.
«Che cosa sciocca è l’amore» disse lo studente mentre se ne andava.
«Non è utile nemmeno la metà della logica perché non prova niente, ci parla sempre di cose che non accadranno e ci fa credere in cose che non sono vere. In realtà non è proprio pratico e, dato che in questa epoca essere pratici è tutto, tornerò alla filosofia e studierò metafisica.»
Così ritornò nella sua stanza, tirò fuori un grosso libro polveroso e cominciò a leggere.
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vefa321 · 4 years
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Nove schegge di diamanti...
Sono gli anni del dopo guerra, della ricostruzione, del ricominciare per i più adulti, dell'iniziare a vivere per una gioventù che non ha passato né memoria.
Solo passi in avanti sopra alle fresche macerie.
Lei, bella e austera, mora, alta, una voglia di vita che non sa di aspettare, quelli ventunno anni di un tempo.
Lei dal nome strano, preso in un romanzo che nessuno ricorda, lei di famiglia umile, ma dal cognome a particella.
Quelli delle famiglie nobile d'antan, che vendettetero titoli e tenute per un gioco d'azzardo.
Un portamento rettagio di un lignaggio di Contessa,rimasa a piedi scalza nel fango di campagna.
Figlia di una generazione prestata alla guerra. Mai stornata del tutto, alcuni hanno perso il resto, lasciato nei campi che non si potevano arare ma solo sperare di attraversare.
Una giovane donna, troppo bella anche all'ora.
E se l'amore è sempre quello dei tempi migliori, lei conobbi lui, un giovane ricco solo dell'essere bello.
Nacque così, fuori del matrimonio, in una casa di suore, per ragazze sperdute, il primo dei diamanti.
Forse il più bello, grezzo ed unico.
Tristezza e malinconia. Luci dei suoi occhi scuri.
Vent'anni tra di loro, una madre ed un figlio.
Vent'anni che non poté compiere, destino beffardo e tragico.
Come tutte le storie di vita vissute nell'impazienza delle attese, in una strada buia, sotto una pioggia fredda, fini la corsa che non aveva meta, solo un tratto di percorso.
Ma i diamanti sono immortali, carbone fossile, memoria di cristalli.
Il primo delle schegge, scheggiò, la miniera, nulla fu più come prima, solo un corso di riviera, nel letto di un fiume.
La vita di una donna, che non voleva perle, lacrime di madre.
Lei, una Roccia, un diamante scheggiato.
Lei, che porta nelle sue rughe, le sofferenze scavate come per ricordarsi che è nel profondo delle cose, che si trovano le pietre più preziose.
Ormai, la sua età, la rende venerabile quanto fragile, da diamante di cristallo a vetro soffiato e leggero.
Lei, che ci chiama Diamanti e figli unici.
Mia madre che non sa di essere, il carato più bello, il suo carattere forte, la sua bellezza riflessa nei nostri occhi.
La fonte, la vena mai prosciugata di una sorgente d'amore preziosa come le pietre più belle.
@vefa321
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diceriadelluntore · 5 years
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Storia Di Musica #88 - Bruce Springsteen, The River, 1980
Quando uscì questo doppio album, qualcuno ipotizzò fosse zeppo di riempitivi. Invece quello che stava passando era un periodo di profonda ed intensa creatività. Bruce Springsteen è un mito della musica anche per questo. Dopo quel capolavoro che fu Darkness On the Edge Of Town (1978, uscito tre anni dopo il mitico Born To Run anche per problemi legali con il suo vecchio management) Springsteen insieme alla sua banda di amici musicali, la E-Street  Band (in quel periodo così composta: Roy Bittan alle tastiere, Clarence Clemons al sax, Danny Federici all’organo, Garry Tallent al basso, Steve Van Zandt alla chitarra, Max Weinberg alla batteria) scrive canzoni su canzoni, che suona dal vivo durante le date del tour che segui la pubblicazione di Darkness On the Edge Of Town. Per dire The Ties That Bind, quella che suonerà più spesso, avrebbe dovuto essere anche il titolo del suo nuovo disco. Ma Bruce e i suoi compari capirono che il momento era delicato, le persone vivevano uno scontento e una paura notevoli, l’economia era in recessione. Pensa quindi di raccontare le storie a lui tanto care di coloro che hanno problemi al lavoro, che vivono con angoscia il futuro e sono “dimenticati” dal sogno americano. Per loro c’è un solo teatro possibile, la strada, poco importa che sia una highway o una strada di periferia, basta che li porti in un posto altro, un altrove dove le promesse e la speranza hanno ancora un senso nuovo. Quello che importa è di parlare a loro, delle loro paure e tuffarsi nell’amore, nella comunità, nel senso di appartenenza, che qualche volta non bastano nemmeno. The River proprio per questo è un viaggio in quell’America, fatta di piccole cose e di sogni sbilenchi. The Ties That Bind è proprio quel richiamo all'amicizia e alla comunità, una comunità che si finge ricca per una macchina e che cerca di far sentire ognuno unico (la stupenda Out In The Street, famosa per il leggendario verso I walk the way I wanna walk). Il disco è pienamente rock, dal rockabilly alle ballate, e molte canzoni rispecchiano quest’atmosfera di provincia, tra Sherry Darling e gli amori di Two Hearts (che però battono come uno solo). Springsteen è ironico, come nella stupenda Ramrod, che diventerà un comedy clou dei concerti, racconta di incidenti (Wreck On The Highway), in alcune canzoni, come le tenebrose Stolen Car, Point Black o nella languida e dolente Indipendence Day anticipa quel viaggio nella solitudine e nella riflessione che sarà Nebraska (che uscirà nel 1982). Nel disco ci sono delle perle leggendarie: Hungry Hearts, che richiama lo stile e la musica del rock primordiale, fu scritta da Springsteen per i Ramones, ma alla fine Jon Landau lo convinse a inserirla in scaletta; Cadillac Ranch, in omaggio alle auto sculture nel deserto texano, ad Amarillo, sono una metafora che spiega bene il destino delle cose, anche le più appariscenti e costose. Ma una canzone svetta su tutte le altre, quella che dà il titolo a questo storico disco. The River fu suonata per la prima volta al Madison Square Garden di New York per il concerto contro la proliferazione nucleare, concerto che verrà filmato e proposto come film dal titolo No Nuke, che esce addirittura tre mesi prima di The River inteso come disco. La storia della canzone, confermata da Springsteen in interviste e nella sua autobiografia, è la storia di sua sorella Ginny e del marito Mickey. Due giovani di provincia che si incontrano alle scuole superiori. e lui racconta che poi “Mary rimase incinta” e per il 19° compleanno  ebbi “la tessera del sindacato e un abito da sposo”. Eppure la vita è grama, si perde il lavoro “per la crisi economica” , “E ora tutte quelle cose che sembravano così importanti\beh, signore, adesso sono svanite nell’aria.\Io mi comporto come se non ricordassi,\Mary come se non gliene importasse”. Nemmeno i ricordi bastano a frenare la delusione e il disagio “Un sogno che non si realizza è solo una menzogna? O forse è qualcosa di peggio”. E non resta che andare al fiume per purificarsi sia fisicamente che spiritualmente, e in questo Springsteen tesse un filo rosso che parte dai grandi del romanticismo americano, Whitman, Thoreau, Emerson, e nel loro rapporto simbiotico e sciamanico con la natura. In un saggio stupendo, Note Americane, un grande americanista (e fan di Springsteen), Alessandro Portelli, si chiede:”Quando mai nel rock si è parlato di una cosa del genere, di uffici di collocamento, di una normale quotidianità di gente che lavora invece di pensare solo a ballare e ai rapporti sentimentali, quando mai nei rapporti sentimentali c’entrano i rapporti di lavoro?”. Lo si è parlato con la lingua e la voce, straordinaria, di questo ometto del New Jersey, che quando fu scovato da Tom Wilson della Columbia fu presentato come il nuovo Dylan (Wilson fu davvero colui che scoprì Bob Dylan, e che produsse il primo disco dei Velvet Underground) e che invece è diventato un “working class hero” per la dedizione e la forza con cui ha sempre cantato delle crepe del mito americano e di coloro che, per parafrasare una sua celeberrima canzone, hanno “un paradiso che li attende sulla strada”.
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samsurr028 · 1 year
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Come scegliere i giusti fornitori di perline online?
Sono passati secoli e secoli da quando gli umani hanno usato perline per creare gioielli per adornarsi. I gioielli di perline risalgono ai tempi antichi quando lo stesso veniva indossato da reali, re e regine. Tuttavia, negli ultimi tempi, i gioielli con perline sono ora indossati dai cittadini comuni e hanno guadagnato un'enorme popolarità, grazie al loro design e aspetto unici. Puoi acquistare una fantastica varietà di gioielli come la collana Jadau online per le donne.
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• Plastica
• Vetro
• acrilico
• Metallo
• Perle artificiali
• Semi
• Legno
Avendo deciso le perle giuste per le tue esigenze, ora puoi facilitare le tue opzioni di ricerca, che sono disponibili in abbondanza. Esistono varie fonti in cui è possibile acquistare le perle desiderate per la creazione di gioielli. Alcune delle fonti sono menzionate nel presente documento:
Negozi online
• Plastica
• Vetro
• Acrilico
• Metallo
• Perle di fiume coltivate
• Semi
• Legno
Avendo deciso le perle giuste per le tue esigenze, ora puoi facilitare le tue opzioni di ricerca, che sono disponibili in abbondanza. Esistono varie fonti in cui è possibile acquistare perline per la progettazione di gioielli. Alcune delle fonti sono come menzionate nel presente documento:
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Negozio Online
I negozi online sono una delle opzioni più ideali e convenienti, quando si tratta di acquistare perline, grazie ai numerosi vantaggi legati allo vendita online di perline. Rispetto ai negozi in tempo reale, i negozi online offrono di più in termini di varietà e gamma, a parte i prezzi più economici possibili. La maggior parte dei negozi online che commerciano in perle hanno offerte promozionali e offerte in corso durante tutto l'anno.
Esposizione di perline
Si possono trovare mostre di perle o spettacoli ospitati nella loro città o paese in una parte dell'anno o altro. L'acquisto di perline da queste fiere ed esposizioni ti assicura di ottenere un buon affare e prezzi più bassi.
Negozi Di Artigianato
Sebbene si possano trovare prezzi delle perle un po 'alti nei negozi di artigianato, la gamma e le varietà offerte dai negozi di artigianato non hanno eguali. Inoltre, si potrebbe essere fortunati a fare un sacco, nel caso in cui ci sia una vendita in corso di perline che si svolgono presso l'outlet. Indipendentemente da quale fonte tu stia optando, assicurati che le perle siano di alta qualità e autentiche. Inoltre, assicurati di verificare le credenziali del fornitore di perline online, in modo da evitare brutte sorprese. Mentre, ogni singolo tallone online
il fornitore dichiarerà di essere il migliore nel settore, non tutti sono abbastanza affidabili quando si tratta di offrire perline autentiche e genuine per il tuo progetto di gioielleria.
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jaoxs0163 · 1 year
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Vendita Perline Online | pietreeminuterie
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alemicheli76 · 2 years
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Il blog presenta "Il drago di sua maestà" di Daniele Cellamare, Les Flaneurs edizioni. Da non perdere!
Il blog presenta “Il drago di sua maestà” di Daniele Cellamare, Les Flaneurs edizioni. Da non perdere!
«Ormai Charles Elliot aveva capito che il Celeste Impero era soltanto una tigre senza artigli, capace solo di ruggire senza incutere alcun timore». Un tuffo in una delle pagine più epiche dell’impero coloniale britannico Febbraio 1839. Un drappello di soldati cinesi marcia nel quartiere per stranieri di Canton e sulla riva del Fiume delle Perle pianta un palo di legno e impicca un prigioniero…
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isa33sstuff · 3 years
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Madrigale triste
Che m'importa che tu sia savia. Sii bella e triste! Le lacrime danno nuovo incanto al tuo viso, come un fiume al paesaggio : il temporale dà vita ai fiori.
T'amo soprattutto quando la gioia fugge dalla tua fronte abbattuta : quando il tuo cuore naufraga nell'orrore, quando sul tuo presente si dispiega la paurosa nube del passato;
quando dal tuo grande occhio scorre un'acqua calda come il sangue e malgrado la mia mano che ti culla, la tua angoscia, con tutto il suo peso, strazia come rantolo agonizzante.
Aspiro, voluttà divina, inno profondo e delizioso, tutti i singhiozzi del tuo petto : e mi pare che il tuo cuore s'illumini delle perle che versano i tuoi occhi!
So che il tuo cuore, traboccante d'antichi amori sradicati, fiammeggia ancora come una fucina, e che tu covi in seno qualcosa della superbia dei dannati,
ma intanto, mia cara, che i tuoi sogni non saranno il riflesso dell'inferno, e che in un incubo incessante, sognando di veleni e di spade, innamorata di polvere e di ferro,
non aprendo che con timore a tutti, vedendo ovunque sventura, spasimando al sonare dell'ora, non avrai sentito la stretta del Disgusto irresistibile.
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persointraduzione · 3 years
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Facciamoci una camminata
Facciamoci una camminata
Il pomeriggio era stato caldo, lo avevo passato passeggiando svagato per le strade di quella città che sin dal primo attimo mi aveva stregato. La breve passeggiata lungo il fiume e poi sotto i platani, verso la chiesa a raccogliermi in un ambiente cattolico straniero e poi il supermercato ed il mio curiosare tra cibi tipici, libri, dischi, bevande. Senza sapere dove andare osservai le Poste Centrali, una gelateria italiana trapiantata, una pasticceria criminalmente attentatrice al gusto del più goloso.
Lasciai che il mio girovagare mi conducesse a quella meraviglia dell'umanità che è la Alhambra. Mi persi nei suoi giardini profumati, ombrosi, rigogliosi e gorgoglianti di fontane. Stucchi e finestre, colori e forme a frastornare lo sguardo in una estasi che si vorrebbe non finisse mai e poi a ridiscendere verso il palazzo di Carlo V ed un altro stralcio di parco dove incontrai, seduta su un muretto una splendida tedesca di Kiel intenta nello studio della lingua spagnola.
Ancora camminai lungo strade del centro, lontane dal transito dei turisti, tra cittadini in pigra attività, veicoli demodé e salite e discese fino a sbucare davanti alla facoltà di Lingue dove trascorrevo ore tutti i giorni e da lì imboccai strada conosciute verso il Genil, verso l'appartamento che condividevo con altri due studenti e con una amabile famiglia locale.
Determinato a percorrere il giorno seguente ogni angolo dell'Albaicìn, mi riposai sul divano, frugando tra gli lp del padrone di casa. Una curiosa selezione la sua, dai Clash ai Dire Straits, passando per Mike Oldfield e strane glorie del pià abrasivo punk spagnolo..quasi nulla di quello che sentii mi impressionava.
Me ne andai in camera e sedetti a quella finestra che si affacciava dall'ottavo piano e spalancava la vista sulla città nuova e sulle scabre montagne delle Alpujarras, punteggiate di paesini bianchi come neve. Di sotto, piccole, le persone e le macchine, nel loro flusso, tra sirene di polizia ed ambulanze, così diverse da quelle di casa.
Indossai le cuffie, accesi il walkman e le mie orecchie furono inondate di pop anni '80. Sospirai leggero mentre i miei occhi vagavano sui tetti e sugli alberi. Trascorsi un po' di tempo così e poi mi stesi sul letto a sfogliare vecchie riviste di automobilismo, sorrisi a trovare una recensione entusiastica della Fiat Tipo, una delle mie macchine di neopatentato. Non che si potesse gioire di quell'usato. Faceva letteralmente acqua da tutte le parti, ma tant'è.
Si fece quasi ora di cena e decisi di chiamare la mia fidanzata via internet (ah, l'epoca delle prime chat). Si chiamava Liliana e viveva in un sobborgo per ricchi di Caracas. Ci chiamavamo con tessere telefoniche internazionali. Dalle cabine o dal telefono di casa. Cosa molto tenera, ma surreale.
A tavola sedevamo in tanti. La padrona di casa, una castigliana prestata all'Andalusia, il figlio pompiere (di cui non ricordo il nome, tizio taciturno), la figlia commessa (di nome Maite), lo studente Alfredo (mi pare originario di Badajoz, ma non ci giurerei), un altissimo ed allampanato bancario londinese (Charles) ed il sottoscritto.
Consumammo una eccellente cena con tortilla di patate e cipolle, verdure, una specie di crema catalana, uno stranissimo frutto andaluso dalla polpa vanigliata e distillati prodotti
in casa.
Dopo il pasto vi fu un surreale interludio televisivo. Io e Charles non eravamo abituati ai ritmi televisivi spagnoli e trovammo tedioso assistere a una sorta di incomprensibile versione trash di Striscia La Notizia (sempre che questo fosse possibile). Quando la luce cominciò a calare, in quella fine di anni '90 in cui la dittatura dei telefonini era lungi dal manifestarsi, io e l'albionico giraffo ci recammo al nostro appuntamento.
Davanti alle Poste Centrali si era nel frattempo radunato una sorta di summit internazionale dei più improbabili personaggi. Io ed un tizio portoghese eravamo gli unici latini in un consesso altrimenti germanico scandinavo e britannico. Forti della nostra padronanza dell'idioma indigeno, comunque non ci sentivamo spauriti.
Un amabile svedese di nome Jasper o qualcosa del genere, con un sorriso d'avorio sotto i suoi capelli biondo scuro, nella penombra cospirativa propose di raggiungere una sorta di paradiso in terra. La curiosità del consesso fu unanime e seguimmo lo scandinavo condottiero attraverso strade, stradine, vicoli e budelli di una città sempre meno illuminata. La stanchezza per il lungo camminare ed l'apparente vuoto siderale in cui ci spingevamo senza scorgere luce, minarono progressivamente il morale della truppa e la fiducia nell'uomo che guidava i nostri destini.
Dopo un tempo incalcolabile, tuttavia, approdammo in un luogo che avrebbe potuto definirsi, con molta fantasia, una piazzetta. Una forte luce emanava da un locale sgangherato davanti al quale erano radunati in una improbabile fratellanza, scandinavi, anglosassoni e spagnoli. Senza quasi insegna e con pochissimi sgabelli, il locale non era definibile, sino a quando ci avvicinammo.
Una birreria, ma non una birreria qualunque, no. Era gestita da un norvegese che spacciava la VERA birra, quella oltre il baltico. Io e Charles con un sorriso maligno ci avventammo verso il bancone ed ordinammo una birra più nera del petrolio. Il padrone chiese quanta ne volevamo. Ridemmo ed indicammo il boccale più grande che un essere umano possa immaginare. Dopo aver pagato un giusto prezzo ci allontanammo. Ricordo come fosse ieri come i mei occhi luccicanti si soffermassero sulle goccioline di quel vetro gelato. Presi un sorso, sorrisi e poi un altro ed ancora. Charles stava entrando in uno stadio estatico simile al mio. Dopo dieci minuti la nostra percezione di appartenenza ad un gruppo di nostri pari (o presunti tali, ma la cosa non rileva ai fini di questa narrazione) si fece sempre più rarefatta. Trascorse un tempo che ne io né il britannico avremmo potuto calcolare, ma ci rendemmo conto, con quel che restava della nostra coscienza che il locale stava chiudendo e che Jasper e gli altri accoliti erano svaniti.
Il potere della fermentazione fece si che non temessimo in alcun modo l'idea dello smarrimento geografico, quindi ci avviammo verso quella che ritenemmo la via del ritorno. Percorremmo una infinita serie di strade, un labirinto male illuminato. Senza il filo di Arianna divenimmo argonauti verso la soglia dell'alba (che di per se non vuol dire nulla ma mi piace come suona) e durante quella infinita peregrinazione attraversammo la seconda fase dell'ubriachezza da birra: la sudorazione immotivata. I radi e biondi capelli di Charles lasciavano intravvedere (si fa per dire perchè ero più basso) perle di sudore e comunque io pure avevo capelli radi per cui perchè dileggiare quel povero sventurato?
La nostra odissea ebbe fine poco prima delle quattro del mattino ci trovammo chissà
come ad imboccare un sudicio vicoletto che portava alla via principale su cui si affacciava il condominio dove eravamo di casa, anzi proprio terminava a pochi passi dal portone. Quando fummo dinnanzi alla serratura, contemporaneamente entrammo nella successiva fase da ubriachezza da birra: una impellente necessità di minzione.
Mi frugai nelle tasche alla ricerca della chiave e non la trovai, chiesi a Charles, ma la cosa non produsse risultati. Opporcaputtanaeadessocomesifachemelafaccioaddosso? Cerca meglio Charles, cerca meglio!! Dopo un po' di incertezza il fidato biondo estrasse la chiave, anch'egli incapace di gestire la vescica per molto ancora. Ci fiondammo all'ascensore che, con la fortuna che avemmo, scese da uno dei piani più altri. Dovemmo salire fino all'ottavo.
Entrammo in casa e feci per accendere la luce. No ma sei matto? Disturbiamo tutti, dormono, sono quasi le quattro! Maledetta educazione inglese!! Forza, andiamo. Problema: occupavamo il secondo piano dell'appartamento, per accedere al quale occorreva salire una meravigliosa scala a chiocciola, la quale aveva la clemenza di possedere gradini larghi ed ampie volute, si trovava al centro del soggiorno, in una zona lontana da qualsivoglia fonte di luce.
Tentoni, avanzando in una oscurità esteriore quanto interiore, ci avvicinammo in quello che percepivamo come un accettabile silenzio (ma nessuno accese luci o disse nulla, per cui...) e inevitabilmente inciampammo nel primo gradino imprecando in un coro angloitaliano che tentammo di sussurrare a quelle fottute assi di legno. Afferrato il corrimano riducemmo il numero di inciampi e riuscimmo a guadagnare l'altitudine per poi fiondarci alla toilette dimostrando una capacità di controllo che forse non ci saremmo aspettati.
Andammo a letto e come sempre mi succede quando bevo, non riuscii a dormire veramente. Fluttuai in uno stato seminarcotico con la gola secca, gli occhi vitrei una stanchezza impossibile da recuperare.
Il mattino seguente, a colazione io e Charles eravamo seduti vicini e la padrona di casa ci guardava strana. Con una voce incerta il commensale chiese “puedo?” La donna non capiva, io lo guardai interrogativo “Puedes que?” “Puedo..” indico chiaramente il pane. “Ah si, puedo tomar el pan? Si, claro” risposi.
Con sorriso incerto e simpatico il ragazzone mi ringraziò. Ma per così poco? Era domenica e comunicai con Maite la mia intenzione di visitare il quartiere gitano. “Stai attento se ti guardano male fai finta di nulla, non parlare se ti provocano, nascondi i soldi...” Temendo un tuffo in un angolo di Colombia trapiantato in città, mi recai alla salita che conduceva a quel pittoresco quartiere. In effetti mentre salivo, un gitano taurino che stava con la fidanzata su una Vespa bianca mi guardò e mi disse qualcosa in un dialetto che non compresi. Proseguii la mia esplorazione e non accadde nulla. Fu piacevole.
Quella sera tutto fu normale ed ordinario. Mi guardai uno stralcio di Every Given Sunday doppiato in spagnolo (strano come sentire doppiaggi in lingue straniere sembri sempre surreale). Il fatto che il film fosse cominciato alle 22 e passa e che andasse su La Cinco non aiutò. La pubblicità non solo era frequente, ma addirittura soverchiante. Stufo, dopo
una sola ora di film spensi quella meravigliosa tv anni '80 e me ne andai a dormire.
Il giorno successivo, dopo le lezioni, non ricordo chi, ma uno dei ragazzi locali, invitò me ed altri stranieri ad un tour a suo dire imprescindibile. Avrei in seguito concordato, ma a priori non potevo saperlo.
Ci recammo dopo cena in una zona che conoscevo poco, una piazza di cui, criminalmente, non ricordo il nome. Da quella piazza si saliva ad uno degli ingressi dell'Alhambra, per cui non ricordarsi come si chiama mi fa davvero girare gli ammennicoli, ma tant'è. La prima tappa fu un caffè dove prendemmo churros con chocolate. Ora, per chi non lo sapesse i churros sono una specie di dolci spagnoli che in qualche modo ricordano da lontano i bomboloni come tipo di impasto, hanno forma longitudinale, estrusi a stella per lo più, sono belli unti e coperti da tanto zucchero quanto se ne possa immaginare. E a cosa li abbinano i spimatici “Spaniards”? Al cioccolato in tazza. Inutile dire che sia una libidine, ma a leggerezza lasciamo un po' a desiderare, specie dopo cena.
Dopo questa meraviglia ci spostammo verso un bar davvero carino a poca distanza. Eravamo tipo sei o sette e ci accomodammo ad un paio di tavolini. La nostra guida ordinò per tutti un giro di Tinto De Verano, un vino rosso freddo, molto vagamente imparentato con la Sangria. Il giro si protrasse ad un altra ripassata e poi uscimmo nella piazza caratterizzata da una vaghissima struttura ad anfiteatro. Qua e là si stavano formando gruppi di indigeni che ridevano e urlavano. Al nostro sguardo interrogativo la guida ci disse “Esto se llama Botellòn”. Cosaaa???
In buona sostanza la meglio gioventù cittadina si ritrovava con bottiglie di vino, sangria e simili e si ubriacava all'aperto. La cosa non suonava poi così male, ma non prendemmo parte a quel baccanale open air..nè allora né mai.
I miei giorni trascorsero tra assaggi di tapas il cui sapore ancora ricordo, come per esempio patatas bravas, patatas alioli, chorizo en caldo, queso manchego, vino, birra e via dicendo e poi quelle specie di canestrelli di frolla con datteri e miele...Dio mio! Camminai verso negozi di musica, tra decadenza di tossicodipendenza, locali brasiliani, cocktail e nomi di ragazze andaluse
Fu con grande malinconia che dopo un mese e mezzo dovetti lasciare quel posto. Salii sull'autobus per l'aeroporto ascoltando per radio Cadena Cuarenta e un trittico di Luis Miguel, Miguel Bosè e Shakira mi accompagno nel primo tratto. Dal finestrino guardavo le macchine, percorrevo i viali che tutti i giorni percorrevo a piedi.
Nessun posto era bello come quello. Certo c'era altro dentro di me, altri luoghi ed altri odori, altri sapori. Ma anche quella solitudine tra la folla, anche quelle parole superficiali con altri viaggiatori, sì, anche tutto quello era bello, anzi bellissimo.
Quando l'aereo decollò e si allontanò dalla città, pensai che Granada era stata una storia d'amore. Mi ripromisi che ci sarei tornato, ma questa è un'altra storia.
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