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#istruzione
aitan · 3 months
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Nel 2012 Margherita Hack – astronoma, astrofisica, simpatica e magnifica divulgatrice scientifica con marcato accento toscano e prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico – in un’intervista a L’Espresso, in risposta all’aziendalizzazione della scuola promossa dall’allora ministro Profumo, dichiarò, tra le altre cose:
“La scuola non è un’impresa, deve formare delle persone, non è solo il luogo dove imparare più o meno bene certi concetti.”
“Dovrebbe privilegiare e promuovere quelli che vengono dalle classi più povere, perché è naturale che un ragazzo che nasce in una famiglia di operai, dove vede pochi libri, si trovi più a disagio di uno che nasce in una famiglia di professori. Dovremmo invece creare scuole a tempo pieno in cui si dedica molto tempo proprio ai giovani che vengono dalle classi più disagiate. Premiare il merito è giusto, certo, però bisogna tener conto delle condizioni di partenza.”
“Il merito non si può valutare solo in base al rendimento, ma occorre valutarlo tenendo conto del punto di partenza, dall’impegno di una persona nel superare le difficoltà. E le difficoltà sono diverse a seconda dell’ambiente in cui uno è nato. Merito vuol dire impegno, costanza, forza di affrontare le difficoltà.”
Tratto da aitanblog.wordpress.com/2024/01/19/entro-nel-merito/
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scogito · 1 year
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Piovono lacrime in realtà.
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ginogirolimoni · 1 month
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Foto: UNICEF. Bambina in una scuola di Gaza preoccupata che non le arrivino bombe dall'alto.
Nell’era del Covid eravamo tutti preoccupati per la salute mentale, la socializzazione e l’acculturazione dei nostri frugoletti, e ce la prendevamo con Conte, con Speranza e con la Azzolina che chiudevano le scuole e istituivano la DAD.
Oggi non gliene frega niente a nessuno dei bambini palestinesi che, quando non muoiono o sono feriti dall’esercito israeliano, fanno scuola su edifici bombardati e senza tetto e sono più occupati a schivare bombe, pallottole e a procurarsi del cibo se non vogliono morire di fame per sapere quanto fa 7 x 8.
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fragilityisavirtue · 2 months
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gregor-samsung · 1 year
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“ Nella Repubblica di Platone vi è un passo assai divertente sull'origine del mercato, che il mio allievo Jacques Brunschwig di recente mi ricordava: chi è che si limita al mercato? L'uomo che non è abbastanza forte per correre, e si siede dunque nella agorà, aspettando che i clienti vadano da lui. Comportarsi cosí va bene per chi non è capace di attività fisica. Ed è grande, in Platone, il disprezzo per l'economia delle persone sedute. Occorre tener conto di sentimenti piuttosto complessi, per comprendere la posizione di Socrate, nella quale, secondo Senofonte, si trovano due atteggiamenti che paiono contraddirsi. A un concittadino presso il quale erano venute a rifugiarsi, durante l'assedio di Atene, una gran quantità di cugine e di zie che abitavano al di là delle mura, bocche inutili ch'egli non sapeva come sfamare, Socrate consigliava di aprire bottega e farvi lavorare le donne, citando l'esempio di un certo numero di persone stimate che, per mantenere la famiglia, fanno chi tuniche, chi mantelli, chi pane. Socrate trova dunque cosa del tutto normale che si commercializzi un'attività domestica del genere, mentre si adombra quando vede che i sofisti, personaggi prestigiosi e itineranti come i grandi artigiani del passato, tentano di commercializzare un'attività spirituale con l'insegnamento retribuito. È questa una contrapposizione che è stata sottolineata di recente dal spio collega ed amico Raymond Ruyer * in un articolo dove mostra la differenza esistente fra quella ch'egli chiama la nutrizione fisica e la nutrizione psichica: i beni che riguardano la nutrizione fisica possono essere fatti oggetto di commercio, ma le idee sono gratuitamente prodotte, trasmesse e condivise, e considerate tali da non doversi fare oggetto di traffico. “
* La nutrition psychique et l'économie, in «Cahiers de l'Institut de science économique appliquée», 55, serie M, n. I, maggio-dicembre 1957, pp. 4-15.
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Brano tratto dall’articolo di Pierre-Maxime Schuhl Perché l’antichità classica non ha conosciuto il « macchinismo »? pubblicato nel 1962 sulla rivista «De Homine» (fasc. 2-3), quindi raccolto in appendice al saggio:
Alexandre Koyré, Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione. Tecniche, strumenti e filosofia dal mondo classico alla rivoluzione scientifica, introduzione e traduzione di Paola Zambelli, Einaudi (collana Nuovo Politecnico n° 12), 1967.
[1ª Edizione originale: Parigi, 1961]
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dedoholistic · 3 months
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TU e il tuo alunno - Tutta la verità sulla scuola
di Horst Költze e Maria Teresa De Donato
Recensione di Eleonora Davide, Direttore Editoriale e Giornalista
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È tempo di esami …
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"Non è mai troppo tardi" 🎒📚
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I banchi di una volta...
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rideretremando · 9 months
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"Non è vero che ognuno può pensare quello che vuole. Si pensa per gli altri e si spera per gli altri. C'è gente che ancora litiga coi Francesi! Siamo ancora ai tempi della Grande Guerra! Il Frontex è uno dei grandi abomini di questo tempo! Questo mondo è un cesso, la guardia costiera fa delle cose immonde! Possiamo sopportare certe cose solo perché siamo trincerati dietro muri altissimi. Per non parlare della scuola. I nostri ragazzi sanno distinguere 50 tipi di loghi della moda e non cinquanta tipi di animali o 50 tipi di piante!"
Leonardo Caffo
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xelestesuniverse · 1 year
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Sarei davvero grata a chiunque potrebbe contribuire a questo progetto 🥺🥺🙏🙏🙏
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aitan · 3 months
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📝Do uno sguardo ai dati ufficiali delle iscrizioni alle scuole superiori.
📈Il classico va scomparendo (e un po' mi dispiace), il liceo delle scienze umane fa il doppio dei suoi numeri; crescono i tecnici e i professionali; ma non decollano né la formula 4+2 (e forse è meglio così) né il "Made in Italy", con sole 375 iscrizioni (e certamente è meglio così).📉
Qui tutti i dettagli ▶️
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ninocom5786 · 10 months
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Promossi? Andrebbero direttamente deportati nei campi di lavoro forzati, ossia lavorare 9 ore consecutivamente la terra sotto i 40 gradi, o lavorare nelle miniere o nelle fabbriche sempre 9 ore consecutive.
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ragazzoarcano · 2 years
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“I pregiudizi, è ben noto, sono più difficili da sradicare dal cuore il cui terreno non è mai stato dissodato o fertilizzato dall’istruzione; essi crescono là, fermi come erbacce tra le rocce.”
— Charlotte Brontë
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estiqatsi · 2 years
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silviaaquilini · 2 years
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gregor-samsung · 1 year
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A GIORGIO PECORINI - MILANO.
Barbiana, 7.4.1967.
Caro Giorgio, stiamo ora correggendo le bozze della Lettera a una professoressa. L’autore è Scuola di Barbiana. L’editore Libreria Editrice Fiorentina. Il prezzo circa 500 lire. Te ne mando una copia dattiloscritta perché tu la legga se puoi e tu la faccia leggere a chiunque ti possa parere utile per il lancio pubblicitario. La destinataria è all’apparenza una professoressa, ma il libro è inteso per i genitori dei ragazzi bocciati e vuol essere un invito a organizzarsi. […] Mi ero fatto fare una prefazione dall’architetto Michelucci (stazione di Firenze, chiesa dell’Autostrada ecc.) che è come me un maniaco dell’arte anonima e del lavoro d’équipe. Parlava per es. dei maestri comacini, dei mosaicisti cristiani, delle cattedrali gotiche, delle ferrovie e dell’Autostrada (ponti ecc.), tutte opere di scuola e non di autore. E poi del cinema in cui tutti sono abituati a vedere decine e decine di nomi di cui nessuno riesce esattamente a scindere cosa ha fatto ognuno (registi, soggettisti, dialogo, fotografia, musica, costumi, attori…): in conclusione si ricorda forse il nome del regista, ma è per esempio pacifico che il soggetto cioè il contenuto cioè talvolta il più non è suo. Ora la prefazione di Michelucci è risultata troppo difficile per i lettori che noi vogliamo e così ho chiesto a quel sant’uomo se potevo non metterla. Resta però il problema che per me è fondamentale. Io sono in pessime condizioni. Non solo sono a letto da un anno, ma da mesi sono disteso orizzontale e dormicchiante. Stamani colgo un raro momento in cui riesco a star su per scriverti. Se i lettori maliziosi potessero vedermi capirebbero subito che anche in letteratura si può lavorare in équipe come in cinema e in architettura. Ma non possiamo insistere sul patetico. Mi occorre dunque che un giornale o due diano per scontato che questo è un lavoro dei ragazzi. Che è un modo nuovo di scrivere e che è l’unico vero e serio. Quello che sembra lo stile personalissimo di don Milani è solo lo stare per mesi su una frase sola togliendo via via tutto quello che si può togliere. Tutti sanno scrivere così purché lo vogliano. È solo un problema di non pigrizia. Su questo libro potevamo stare ancora dei mesi e farlo diventare opera d’arte fino in fondo, ma son cose che invecchiano troppo presto e così abbiamo deciso di buttarlo fuori così. Se vuoi maggiori chiarimenti sulle tecniche del lavoro d’équipe dimmelo. Ma devi far qualcosa per me. Prima di tutto perché è vero quello che ti dico cioè che il lavoro è tutto dei ragazzi salvo la mia regia (ma regia da povero vecchio moribondo). Poi perché non voglio morire signore cioè autore di libro, ma con la gioia che qualcuno ha capito che per scrivere non occorre né genio né personalità perché ci sono regole oggettive che valgono per tutti e per sempre e l’opera è tanto più arte quanto più le segue e s’avvicina al vero. Così la classe operaia saprà scrivere meglio di quella borghese. È per questo che io ho speso la mia vita e non per farmi incensare dai borghesi come uno di loro. O peggio per far dire ai maliziosi che ho fatto firmare ai ragazzi per evitare le complicazioni dell‘imprimatur. Insomma io non so se son riuscito a spiegarti cosa voglio perché come ti dicevo sono addormentato dalla mattina alla mattina, ma se puoi fare qualcosa per me in questo senso te ne sarò grato. Se non hai capito bene vieni per piacere a rifartelo spiegare a voce. Ci tengo sopra a ogni cosa. È un dovere che ho verso i ragazzi. Un abbraccio, tuo
Lorenzo
[Il libro esce i primi di maggio o poco dopo.]
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Testo tratto da:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 273-275. (Corsivi dell’Autore)
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