Tumgik
#e quel cane??? il più bello che abbia mai visto!!!
gelatinatremolante · 2 years
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La brutta notizia è che su novantadue giorni di estate ne sono passati soltanto ventisei, tra l'altro passati tutti in modo molto divertente studiando e ancora studiando.
La buona notizia invece è che in un o modo o nell'altro stiamo riuscendo a sopravvivere, pronti ad affrontare anche gli altri sessantasei giorni con la stessa grande vitalità.
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weirdesplinder · 3 years
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I miei dieci romance preferiti
Me l’avete chiesta ed eccola qui, la classifica dei miei 10 romance storici preferiti di sempre:
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1. Un'estate da ricordare, di Mary Balogh 
Titolo originale: A summer to remember
Link acquisto: https://amzn.to/384ka6q
Trama: Kit, conte di Ravensberg, non è certo quello che la buona società londinese di inizio Ottocento definirebbe un gentiluomo: dopo aver abbandonato la carriera militare si è trasferito nella capitale e passa le giornate dedicandosi alla sua attività preferita, scandalizzare i benpensanti. Dal canto suo Lauren, dopo essere stata abbandonata sull'altare, è decisa a non commettere mai più l'ingenuità di donare il proprio cuore a un uomo. I due desiderano più di tutto evitare un matrimonio, ma un fidanzamento può far comodo a entrambi: Kit non dovrà subire le candidate proposte dalla sua famiglia, in particolare Freya Bedwyn, e Lauren potrà agire in piena libertà. Nessuno dei due ha però fatto i conti con un ospite inatteso: l'amore vero. La mia opinione: Uno dei romanzi che più amo e che consiglio veramente a tutti. Stupendo, non ci sono altre parole per descriverlo. Personaggi profondi, dettagliati e costruiti in modo magistrale, reali come noi, feriti come noi. Non potrete non amarlo.
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2. E infine la baciò, di Laura Leea Guhrke
Titolo originale: And then he kissed her
Link: https://amzn.to/2MbN4Zu
Trama: Inghilterra. Fine 1800. Emmaline è la segretaria di un famoso editore. Seria, pacata e controllata, vive secondo le ferree regole dell'etichetta. Il suo datoro di lavoro, invece, scandalosamente divorziato se ne infischia delle regole della società. Emma si accorge che la sua vita non è quella che vorrebbe solo dopo l'ennesimo rifiuto a far pubblicare il suo libro, proprio il giorno del suo compleanno. Ormai trentenne ha passato la giovinezza sprecandola, così decide di dare una svolta alla sua vita. Si licenzia, trova un nuvo editore e pubblica il suo libro. Il suo ex datore di lavoro però non intende lasciarla andare, senza di lei il suo ufficio sembra crollare. Quello che non si aspetta però è di essere attratto dalla nuova Emma. Per la prima volta la vede veramente…
La mia opinione: Questo è sicuramente il mio preferito fra i quattro libri che nomino in questo post. Scritto in uno stile meraviglioso. I due protagonisti non sono preda di equivoci o spinti l'uno verso l'altro da elementi esterno o da altri personaggi, è semplicemente un lavoro interiore che li avvicina. Emma per la prima volta agisce impulsivamente e da quel momento cambia agli occhi del suo ex datore datore di lavoro Lord Marlowe. Egli crede, dopo un divorzio disastroso e doloroso, di essere immune all'amore e nemmeno riconosce ciò che prova per Emma, sa solo che deve aiutarla a liberarsi dalla prigione di regole che la soffoca. Un libro stupendo, romantico, ma con una vena di tristezza e gioia che ammalia il lettore. Da leggere assolutamente.
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3. Incontrarsi e poi…, di Mary Jo Putney
Titolo originale: The Rake and the Reformer or The rake
Link: https://amzn.to/2KwNqJT
Trama: Alys è una nobile dama che dopo una delusione d'amore è fuggita daklla sua famiglia e dalla società per rifugiarsi in campagna e diventare, sotto mentite spoglie, amministratore di una proprietà terriera per conto di un nobile, un lavoro di solito maschile. Reginald invece è un nobile libertino, che ha passato la vita immergendosi in ogni vizio, fino a cadere vittima dell'alcolismo, e solo ora rendendosi conto delle bassezze cui è arrivato ha deciso di redimersi, assumendosi le sue responsabilità e partendo appunto con l'amministrare le terra che il cugino gli ha donato. Le stesse terre che fino ad ora erano dominio di Alys.E fu così che i due si incontrarono. Due caratteri forti ma feriti due persone veramente diverse ma anche complementari. Lei ha un gatto odioso e dominante, lui un cane pastore pauroso e fifone, eppure i due vanno d'accordo, come i loro padroni almeno finchè la vera identità di Alys non viene fuori e Reginald che per tutta la vita non ha mai fatto la cosa giusta, decide di farla stupidamente nel momento più sbagliato lasciandola andare via.
La mia opinione: bellissimo, uno dei miei romance preferiti in assoluto, con personaggi super affascinanti pieni di difetti reali e difficili al punto giusto. Imperdibile. Ottimo uso degli animali all'interno di un romanzo senza umanizzarli. Sublime.
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4. Il lord della seduzione, di Loretta Chase
Titolo originale: Lord Of Scoundrels
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Trama: Jessica Trent prima ha tentato e quindi ha avvinto Sebastian Ballister, marchese di Dain, in un bacio appassionato. E ora spetta a lui salvarle la reputazione. Mai Jessica avrebbe immaginato di desiderare quell’uomo arrogante e immorale. I suoi intenti erano ben altri. Eppure il fuoco dello scandalo è nulla al confronto dell’ardore della loro passione...
La mia opinione:
Sebastian è un marchese irresistibile in quanto non è bello, non ha delle belle maniere a volte risulta rude o rozzo, e lui stesso è più che consapevole di tutte le sue mancanze. Siccome la gente pensa già il peggio di lui, ha deciso di non deluderli e di comportarsi il peggio possibile, ma in realtà dentro è un cucciolone, ha solo bisogno di amore e di qualcuno che veda oltre le apparenze e per fortuna lo trova in Jessica.
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5. Vento dell’est, di M. M. Kaye
Titolo originale: Trade wind
Link: https://amzn.to/39SD8wa
Trama: Un romanzo ricco di emozioni, magia e passione sullo sfondo pittoresco e suggestivo di Zanzibar, l'isola dei chiodi di garofano e, nell'800,dominio inglese e massimo centro commerciale d'oriente, oltre che principale centro di commercio degli schiavi. I due protagonisti della storia sono Hero, una donna inglese piena di opinioni sempre pronta a moralizzare, e un pirata inglese, che adotta i costumi arabi e rinnega le sue radici. Hero ha sempre saputo che il suo destino l'aspettava su quell'isola, fin da quando da bambina una vecchia le aveva pronosticato un nfuturo misterioso e pieno di avventura. Le parole della vecchia si erano impresse a fuoco nella sua mente: “Farai vela intorno al mondo per trovare il lavoro che ti è stato destinato e colui che ti aiuterà a compierlo…contribuirai a far morire anime in quantità e molte di più a vivere, riceverai parole dure per questo e nessuno ringraziamento per quello. Metterai le mani su una smisurata fortuna in oro e non ne riceverai nessun bene. E per tutta la vita farai ciò che deve fare, ti farai il letto con le tue mani…e vi giacerai.” Ma mai si sarebbe immaginata che colui che l'avrebbe aiutata sarebbe stato un pirata e mercante di schiavi, il peggiore individuo mai nato, per lei che detesta tutto ciò che contribuisca allo schiavismo. Hero non sa che le cose che ignora sono tante, troppe….che le apparenze ingannano, e che il suo credersi superiore la porterà a commettere terribili errori a cui poi cercherà di rimediare. Così come Frost, pirata, uomo senza radici e fiero di esserlo, non sa che quella ragazza cambierà per sempre la sua vita. Ognuno deve sempe pagare per le proprie azioni, così quando deciderà di diventare Pigmalione e risvegliare Galatea….dovrà pagarne le conseguenze poichè colui che risveglia una statua alla vita poi si rende conto di non potere vivere senza di lei….
La mia opinione: Imperdibile.
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6. Courting miss Hattie di Pamela Morsi
Link: https://amzn.to/2LDXku1
Trama: 1800. America. Hattie ha ormai più di trenta anni, e non ha mai avuto un corteggiatore. Non è bella ma ha della terra sua e finalmente uno spasimante si fa avanti. Non è bello, è vedovo e non è simpatico, ma è sempre meglio che rimanere zitella. Hattie accetta il corteggiamento e pensa proprio di sposarlo…..ma non sa che qualcuno è molto geloso delle sue attenzioni.
La mia opinione:  Un bellissimo libro. I due protagonisti, amici da anni, solo grazie ad un terzo incomodo scoprono di amarsi. Lei è bruttina, lui è bello e più giovane di lei, ma innamoratto cotto di lei. Tra scazzottate, raccolti, lavoro duro, equivoci e risate, il libro scorre via che è un piacere.Courting Miss Hettie Pamela Morsi
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7. Scandalo, di Amanda Quick
Titolo originale: Scandal
Link: https://amzn.to/39QYsSS
Trama: Da che la sua reputazione è stata irrimediabilmente compromessa da una sconsideratezza giovanile — “il disgraziato incidente” per dirla come la gente del luogo — l’incantevole Emily Faringdon si è rassegnata a trascorrere nubile il resto dei suoi giorni. Ne d’altronde, a cinque anni dal “fattaccio”, si può dire che la cosa la rattristi più di tanto. L’ottocentesca campagna inglese può offrire, infatti, molteplici interessi: ci sono la grande tenuta di famiglia da amministrare, le rendite del padre e dei fratelli da gestire, come pure le finanze delle vecchie signore del paese; per non parlare della grande passione letteraria che la spinge a comporre versi. Un esistenza piena e appagante, nonostante tutto…Finchè Emily non si ritrova coinvolta in una fitta corrispondenza, scoprendosi perdutamente innamorata. Sensibile, colto, intelligente, il prezioso amico di penna sembra incarnare tutto ciò che la giovane ha sempre desiderato in un uomo. Ma Simon Augustus Traherne, il misterioso conte di Blade, non è affatto come sembra… Mosso da oscure passioni e da un tragico segreto profondamente inciso nell’anima, Blade riesce a incantare e soggiogare tutta Londra… Tutta tranne Emily.Perchè Emily, benchè ammaliata dal seducente fascino di Simon, conosce la vera ragione delle profferte amorose dell’uomo. E sa anche di dovere ad ogni costo conquistare il suo gelido cuore prima che i vendicativi demoni del passato distruggano l’unico grande amore in cui lei abbia mai creduto. 
La mia opinione: Scegliere tra tutti i libri di Amanda Quick che io adoro è sempre difficile, questo è tra i più divertenti per me, ma mi piace moltissimo anche Batticuore. Di Scandalo preferisco le scene d’amore e di Batticuore la trama, e visto che qui si parla di romance alla fine ho scelto Scandalo.
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8. The Brides of Praire gold di Maggie Osborne
Trama: Cody Snow non sa cosa l’abbia spinto ad accettare l’incarico di guidare una carovana di dodici spose per corrispondenza dal Missouri fino a Clampet Falls, Oregon, ma già prima di partire si è pentito di averlo fatto. Non solo dovrà sorbirsi le loro innumerevoli lamentele e proteggerle dai pericoli del viaggio, ma dovrà anche combattere contro l’attrazione che prova verso una di loro, Perrin Waverly, poiché lei è promessa ad un altro, e lui ha giurato a se stesso dopo la morte della moglie, che non si sarebbe mai più sposato.
La mia opinione: Il mio libro preferito di questa autrice al momento. Un romanzo corale, uno sguardo su un momento storico ben preciso e su due tipi di viaggi tipici del periodo: la corsa verso ovest in carovana, e i viaggi delle mogli per corrispondenza, che causarono infiniti dolori, ma anche molte gioie.
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9. Il segreto di Miranda, di Julia Quinn
Titolo originale: The secret diaries of Miranda Cheever
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Trama: Londra, epoca vittoriana. Miranda Cheever si è innamorata del fratello maggiore della sua migliore amica a nove anni e non ha mai smesso di amarlo. Lui non l’ha mai notata, e un matrimonio sbagliato lo ha reso freddo e cinico. Eppure solo ora si accorge di lei
La mia opinione:  romanzo veramente dolcissimo e struggente, che con il suo amore non corrisposto mi spezza il cuore ogni volta  e poi lo ricostruisce con il lieto fine, fortunatamente. Quando rileggo questo libro di solito dopo rileggo anche il suo seguito intitolato Quella volta a Londra che vede protagonista la migliore amica di Miranda, e che è molto meno struggende, ma molto carino e ironico.
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10. Mio Duca, di Julie Ann Long
Titolo originale: What I Did For a Duke
Link acquisto: https://amzn.to/3nfdFlv
Trama: Per anni Alexander Moncrieffe, duca di Falconbridge, ha suscitato paura e al contempo fascino, ma di tutto ciò che si mormora una cosa è certa: solo un pazzo oserebbe mettersi contro di lui. E quando Ian Eversea ignora questa cautela, Moncrieffe sa come vendicarsi: sedurre l’innocente sorella Genevieve per poi abbandonarla, rovinandole così la vita per sempre. Tuttavia la giovane lo sorprende per la passione e il temperamento, anche sapendo che Moncrieffe nasconde un passato oscuro. Così come sa che cedere al desiderio che lui ha risvegliato significa giocare col fuoco. Ma quando a comandare è il cuore…
La mia opinione: Non è un caso se l’ho messo in cima alla lista. Il Duca di Falconbridge forse non sarà il Duca più affascinante di tutti, ma il modo in cui scopre cosa significhi essere innamorati nonostante si creda troppo esperto e troppo maturo e troppo cinico è veramente dolcissimo e realistico. Questo è uno di quei romanzi in cui già solo un bacio tra i due protagonisti è in grado di trasmetterti più emozioni di latri 10 romanzi messi insieme.
Ed ora ecco anche La mia top dieci delle autrici di romance storici.
Come autrici romance Top three per me sono: Mary Balogh, Amanda Quick e poi se la giocano tipo parimerito Gurhke e Julia Quinn perchè conto la quantità dei loro romanzi che mi è piaciuta. Di loro ho letto e mi sono piaciuti veramente tanti ma tanti romanzi. Mary jo è più altalenante. Pamela Morsi la adoro, ma oggettivamente non è all'altezza stlisticamente parlando di altre autrici perciò nemmeno lei è top tre. E M. M. Kaye non è presente in classifica perchè non la ritengo una autrice romance, ma una autrice a 360 gradi.
1. Mary Balogh
2. Amanda Quick
3. Julia Quinn
4. Laura Lee Guhrke
5. Mary Jo Putney
6. Loretta Chase
7. Pamela Morsi
8.Maggie Osborne
9.Lisa Klypas
10.Patricia Cabot /Connie Brockway a parimerito
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k-erelle · 3 years
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THE LAST SLOW SONG
- l'avevo detto io che c'era qualcosa che non andava in quel nuovo vaso rosso sopra il comodino. E guarda dove siamo adesso! Dentro un sacco dell'immondizia. Almeno tu l'hai avuta una vita e poi sei vecchio e brutto, pieno di toppe . Pure l'imbottitura che scappa fuori dalle cuciture ! Insomma te lo meriti, ma io sono ancora dentro la confezione di plastica e , ammettiamolo , sono bellissimo.
- eh sì , sei proprio uno splendore di uomo pipistrello. Saremmo potuti essere buoni amici. Con un po' di fortuna al centro di smistamento un operaio noterà che sei nuovo , ti salverà e anche tu avrai un bambino .
- e tu che fine farai?
- in mille pezzi dentro una macchina o bruciato tra le fiamme di un forno. Ma che importa. Sono vecchio e solo ormai. Ho dieci natali sulle spalle mentre per te è solo il primo. Spero che tu abbia fortuna come me. Il mio bambino era molto speciale.
- almeno mi avesse liberato da questa prigione di plastica in tempo , sono un eroe io , mica un orsacchiotto ! Sarei entrato dentro quel maledetto vaso rosso e avrei annientato tutti gli spiriti malefici.
- nessun spirito malefico. Nel vaso c'è solo una canzone.
- una canzone?
- ricordo la prima volta che l' ho sentita. Mi avevano preso dal mio scaffale e chiuso dentro un pacco con un bel fiocco giallo. Ero bello e tutto profumato. Il mio primo Natale. Poi una dolce mano morbida mi ha tirato fuori e messo dentro una culla. Il bambino mi guardò con due grandi occhi neri, mi tirò un orecchio con la sua piccola mano e sorrise. Ci sono nato dentro quel sorriso. Fu allora che sentii la canzone.
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- siete così sentimentali voi orsi.
- sono soltanto triste. Triste e stanco. Voi eroi siete fortunati , siete tutti uguali. Se un giorno cadrai a terra e ti romperai , il tuo bambino potrà comprare un nuovo eroe uguale a te. Io sono unico , questa è stata la mia sventura.
- sventura?
- quanto meglio sarebbe esser stato gettato via tra i rifiuti fin dal primo braccio rotto! E invece la vecchia signora dagli occhi verdi che mi ha comprato sempre mi cuciva pazientemente le ferite. Quando persi un occhio al suo posto mi ci mise una perla di vetro, un bottone quando il cane mi mangiò il naso. Sono stato fatto a pezzi e rimesso insieme così tante volte che se mi avessi visto quando ero nuovo ora non mi riconosceresti.
- in effetti sei proprio conciato male. Ci mancava solo quella stupida mascherina sul muso. Che ti credevi di fare l' eroe mascherato come me?
- ah , la mascherina ! L'ultimo regalo. E prima maglioncini , guanti ,scarpe, cappelli. Tutto a maglia . Tutto con le sue piccole mani. Non è che vivo di ricordi. Io sono fatto di ricordi.
- quel dannato vaso rosso. È colpa sua. Guardati, il male ha scimunito pure te.
- la follia dei sogni. Non lo scordare mai. Proteggi il tuo bambino dalla follia dei sogni.
- non so manco cosa è la paura io. Ci fanno uscire dalla fabbrica coraggiosi e vincenti a noi eroi.
- per un orso di pezza è più dura. La tua forza è il tuo mito , una storia che continuerà ad essere raccontata ad altri bambini anche quando non sarai che fumo nel vento. Io sono fatto di risa e lacrime, di sogni e incubi , di sole e pioggia , di cadute e speranze. Io sono nato per restare vicino. Io sono il mio bambino.
- mi sta facendo qualcosa dentro la tua tristezza , orso pezzente. Sto provando una sensazione sconosciuta. Sono confuso.
- è sta colpa mia. Ho fallito.
- che colpa?
- quella canzone , quella voce e poi i sogni.
- hai fatto quello che hai potuto. Sei solo un orso di stracci.
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- avrei dovuto capire. Non era normale che il bambino stesse sempre con me. E i lunghi giorni, la porta socchiusa ,una mano che posa un vassoio di cibo sul pavimento , e un uomo misterioso con il volto coperto e una tuta bianca che dice devi avere pazienza, non puoi uscire ancora. Prima di cantare la voce al telefono gli disse ricorda, non è colpa tua , ricorda la nostra canzone, somewhere over the rainbow e perdonami. Dentro il vaso rosso c'è solo una canzone. Mi hanno fatto sanguinare i suoi sogni. Eppure sono vuoto dentro , senza sangue , sono un orso di pezza. Quando la voce uscì dal vaso non ho potuto fare niente. Era la sua canzone , la mia canzone. Potevamo solo ascoltarla. Il corpo del bambino si trasformò. Braccia e gambe ricoperte di squame lucenti, azzurre , come i pesci che vivono nel mare lontano, il petto splendeva di un fuoco rosso ardente e il volto illuminato da un sorriso di rose. Ero nato in quel sorriso. Volando attraverso la stanza , disegnava creature di luce , luce lui stesso abbracciato a una voce , una danza di tremenda bellezza e non ho avuto la forza di fermarla. Quando mi svegliai sentivo una cosa nuova , sentivo freddo. Non era per la finestra aperta. Cosa è questo freddo? Sono solo un orso di pezza , non dovrei sentire niente. Ma cosa stai facendo uomo pipistrello?
- nulla. Mi sto strappando una gamba. Poi passerò alla testa e infine staccherò pure un braccio. Non voglio più fare l'eroe ,non voglio appartenere a nessuno. Voglio venire con te. Andiamo , palla di stracci , stammi vicino , dritti fin dentro fiamme. Dovrà pur finire questo freddo. Canta ancora la tua canzone , amico, cantala per me.
Kerelle
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minebreakdown · 4 years
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MICHAEL CLIFFORD ITALIAN FANFICTION.
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-Coma; 0| prologue
A volte la vita è proprio ingiusta
Non pensavo che un mal di pancia mi avrebbe fatta finire in ospedale, eppure eccomi qua, seduta nella sala d'attesa dell'ospedale di Sidney aspettando un medico mentre mi contorco in una di queste stupide poltrone scomode.
Accanto a me c'è mia madre che legge una rivista come se nulla fosse. Solo ogni tanto si degna di guardarmi, e questo solo quando gemo dal dolore. Si gira e  «tra poco arriva, tranquilla».
Tranquilla un cazzo, c'è un demone nella mia pancia.
Siamo qui da circa un'ora e in tutto questo tempo ho osservato gli infermieri correre da una parte all'altra dell'edificio con una cartellina in mano, sono arrivata a tredici, anche se penso che uno l'abbia visto più di tre volte.
Ultimamente sono stata male di stomaco, in entrambi i sensi. Manca solo un mese all'inizio del college e se non fossi venuta il più presto possibile me lo sarei portata fino al matrimonio, anche se nessuno sposerebbe mai qualcuna che si lamenta per il mal di pancia ogni secondo.
Quando la porta si apre io sono la prima ad alzare lo sguardo. Ne esce una signora sulla cinquantina con i capelli legati con una molletta e si intravedono delle occhiaie anche sotto il trucco.
«numero 45» alza lo sguardo e in una frazione di secondo sono in piedi «accomodatevi» vedo con la coda dell'occhio lei che chiude la porta alle spalle di mia madre.
Sembra l'inizio di un film horror, uno di quelli in cui i dottori rinchiudono i pazienti nei contenitori con quel liquido verde e gli studiano per formare i loro cloni, che però si dimostrano pericolosi e uccidono la razza umana.
Mi definisco una persona sognatrice, e ultimamente lo sono il doppio, forse per colpa del mal di testa, o forse perché mi deve arrivare il ciclo. Santo cielo. Non quello.
Mentre cammino faccio qualche smorfia per il dolore, ho la nausea e tanta voglia di vomitare addosso all'infermiera.
Entriamo in una stanza e mentre mi stendo sul lettino guardo mia madre, che mi sorride per incoraggiarmi. Ho sempre avuto paura degli ospedali, dovrebbero trasmettere conforto, ma l'idea che danno è completamente diversa da quella di una casa.
Faccio due respiri profondi prima dell'arrivo del dottore. «Ciao!» per essere calvo sembra euforico «Ciao» lo saluto a mia volta. «Come ti chiami?» ti prego, non quella domanda
«Ivy»
«Evil?»
«No» lo sapevo «Ivy»
«Evil» stupido accento australiano
«No, I-V-Y» lui ridacchia, io rimango impassibile.
«Capito, scusami, dimmi cos'hai, Ivy» mi chiede gentilmente. Prima anche io ero molto gentile e disponibile, poi la gente ha iniziato ad usarmi, adesso cerco di essere più fredda possibile, almeno con quelli della mia età. Mi chiedo perché la gente debba essere così meschina, ho sempre dato il meglio di me e loro mi rispondono così. Sarà per questo che ho pochi amici.
Quando vede che esito ci pensa mia madre a spiegargli il mio malessere, non la ascolto neanche, mi gira la testa.
Potrò sembrare noiosa e apatica, ma tutto quello che in questo momento voglio fare è dormire.
È passato mezz'ora da quando ho fatto la pipì, e il medico sta osservando attentamente tutte le cellule che la compongono. Ecco perché non ho intenzione di fare la dottoressa: non studierò mai così duramente per poi guardare la pipì delle persone al microscopio.
Quando torna mister mastro lindo sono ad un passo dall'addormentarmi.
«Sei disidratata» mi dice «È una conseguenza del virus intestinale, dovremmo tenerti ricoverata qua in ospedale per circa 2 mesi con la flebo, in modo da ridarti tutte le sostanze di cui hai bisogno»
Un'inferniera entra nella stanza e porge una tazza fumante al dottore, che poi la passa a me «è una camomilla con una goccia di sonnifero, ti addormenterai più facilmente e ti passerà per qualche ora il mal di pancia» ne bevo un sorso annuendo, e piano piano continuo.
Si gira verso mia madre «se in questi giorni diceva cose insensate è per la carenza di queste sostanze» ah, ora si spiegano tante cose.
«Probabilmete prima di addormentarsi sarà un po stordita, è un effetto del sonnifero. Raramente si comportano in modo strano, ma quando capita muoio sempre dal ridere» dice sorridendo, nei suoi occhi c'è un luccichio
Siamo in silenzio da circa un minuto nella stanza mentre sia io che il dottore - ma soprattutto mastro lindo- contempliamo la faccia di mia madre dopo le sue parole. Credo che le uniche cose che abbia sentito siano "ricoverata" e "2 mesi". Mastro mi guarda.
«Mi chiamo Ivy»
***
Il signor pelato ci ha accompagnate nella resempion, e sono sempre più convinta di essere in un hotel. C'è troppo bianco in questo ospedale. Manca il nero, voglio il nero. Così chiudo gli ochhi.
«Devo registrare mia figlia, dev'essere ricoverata, il dottore sta già preparando una flebo» dice mia madre, Jocelyn.
«Certo, mi dica il nome di sua figlia» sono mezza morta sul bancone.
«Ivy Ryan»
«Evil Ryan?»
«No-» «Mi chiamo I-V-Y» grugnisco sopra la puperficie di legno
"Oh cielo, scusami cara. Vuoi mangiare quslcosa prima che arrivi il dottore?» non dico niente.
L'hostess guarda mia madre, la sento mente le dice di aspettare un minuto o due o quattro, poi torna con dei fogli di carta e una penna nera. «Compili questi, io cerco un posto libero, oggi abbiamo avuto diverse visite e molti anziani sono qui». Jocelyn, anche detta da me mamma, scrive sui fogli compilando domanda per domanda. -allergie? No-
-causa del ricovero? Disidratazione-. Poi non riesco a leggere più niente.
Sento il rumore dei stasti del computer, così alzo lo sguardo, l'hostess sembra preoccupata. Cerca ancora e ancora e le trema il mouse sotto la mano abbronzata.
«Abbiamo finito le camere, non ci posso credere!» dice con gli occhi sgranati «come sarebbe a dire scusi?» la barista guarda mia madre e dalla sua faccia sembra che abbia visto un cane alato con le corna.
«Aspetti, c'è un letto libero, ma dovrà stare nella stessa camera di un ragazzo, che è in coma, mi dispiace ma non abbiamo altre alternative»
Mia madre prova a dire qualcosa ma nello stesso momento arriva mastro lindo con un lettino e flebo, che sta portando una suora dietro di lui.
«Vieni Ivy, ti aiuto a salire sul lettino» mi dice dolcemente la suora «Grazie sorella, ma ce la faccio da sola» metto una gamba sopra il letto. Cazzo, ha le rotelle.
Per sbaglio spingo via il carrello della spesa, no aspetta... Sono confusa. Mi giro verso mastro lindo e scoppio a piangere. «Perché il carrello non mi vuole bene?!» «Ma certo che ti vuole bene, è solo timido, forza fatti aiutare»
Sento la voce della hostess che si rivolge a mia madre «forse dovrebbe portarla in qualche clinica» bisbiglio un "non prenderò mai più questo aereo" prima che mi prendano in braccio e mi stendano sopra il carrello, spero di essere una scatola di cereali.
«Andrà tutto bene, ok?» mi dice la suora. «Ti piacciono i cereali?» alza lo sguardo verso mastro lindo che annuisce come per dire "assecondala e non fare domande".
"Si, tantissimo» la guardo, lei mi guarda, sembra spaventata, io corrugo la forte, poi realizzo.
«AAAAAAAHHHH»
«Cosa c'è Ivy?!» mi chiede mia madre spaventata. Mi fa male la testa, voglio morire. Ma nessuno sposa le ragazze morte, appare il tipo umano che deve sposare la tipa morta nel film "la sposa cadavere". Ricordo di essere scoppiata a piangere
«Mamma» «Si, sono qui» dice preoccupata «La suora mi vuole mangiare» mi guarda come se fossi pazza ed io mi metto a ridere «Sono piena di grassi e calorie, ma shhhh»
Alza lo sguardo verso la stronza hostess «Non mi interessa con chi è in camera, basta che ve ne prendiate cura»
Mastro lindo guarda la hostess a sua volta, mentre io sto ancora ridendo. Sento le lacrime agli occhi. «Quindi?» trattengo il respiro «Stanza 489».
Mastro lindo la guarda. «Ma c'è già-» «Siamo pieni. Stanza 489, con Michael Gordon Clifford»
Che bello, immagino già le nostre avvincenti conversazioni. Chissà se a lui piacciono i cereali...
È la prima volta che posto una mia fanfiction qua su Tumblr, spero possa piacere...?
-rae
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veronica-nardi · 4 years
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You Are Beautiful Commento Finale
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La prima cosa che mi tornerà alla mente quando ripenserò a questa serie sarà "porconiglio", diventato per me il simbolo di You are beautiful e che porterò sempre nel cuore.
Questa serie mi è stata consigliata da... chi può avermela consigliata? Ah già. Sempre lei: @dilebe06. Mia segretaria personale in fatto di serie tv, mia compagna di visione e ascoltatrice di tutti i miei scleri. So che ti sei salvata tutti i miei audio in cui rido come una scema, ammettilo.
Quando ho iniziato la visione, mi disse "questa serie devi guardarla senza farti domande". E così ho fatto. Ho pulito la mente, staccato il cervello e mi sono lasciata andare. Ho effettivamente visto tutta la serie senza pormi grosse domande, e mi sono fatta delle grandissime risate.
Jemma è una ragazza che è cresciuta in un orfanotrofio e ha sempre vissuto in un convento, circondata da suore e da preghiere quotidiane. Non ha mai conosciuto altro. Un giorno si ritrova a vestire i panni di suo fratello gemello ed entra a far parte di una band famosissima.
Band formata da:
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Hwang Tae-kyung, detto Tronky perché è duro fuori e morbido dentro (adoro). Presenta una personalità irascibile, distaccata e facilmente irritabile, ma fin dai primi episodi si può chiaramente capire che nasconde un cuore d'oro.
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Kang Shin-woo è un ragazzo gentile e pacato (anche troppo), quello che spicca di meno tra i membri della band in quanto a personalità.
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Jeremy ha un carattere giocoso, semplice ed infantile. È il "bimbo" del gruppo, sempre pronto a sorridere e a divertirsi. Ha un cane a cui è molto affezionato di nome Jolie (ADORO). Se ho amato profondamente Tronky, Jeremy è stato una vera chicca per me.
Parlando della protagonista, Go Mi-nyu è una ragazza ingenua, goffa ed impacciata, una vera combinaguai (non comincio neanche a fare la lista di tutto quello che ha combinato). Sono però riuscita ad apprezzarla: quando vuole è determinata, è spontanea e genuina, e questo la porta a essere anche molto sincera.
Jemma ha un rapporto differente con ognuno dei membri della band.
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Tronky scopre quasi subito che lei è in realtà una ragazza, e nonostante minacci di dirlo a tutti e si mostri sempre molto irritato in sua presenza, alla fine finisce sempre per coprirla e aiutarla. Chi se lo scorda il momento in cui si sacrifica comprando il silenzio della Finta Fata iniziando una relazione con lei? Piano piano Jemma entra sempre di più a far parte della sua vita, con la sua personalità gli tira su il morale, lo distrae quando soffre a causa della madre (stronza), con lei vive momenti tranquilli e spensierati come se fosse un ragazzo normale, e non una star internazionale. Alla fine la ragazza fa breccia nel suo cuore e Tronky si innamora di lei, e lei di lui. Lui diventa la sua stella, la stella più luminosa e preziosa che Jemma abbia mai avuto.
I due vivono alcuni momenti difficili perché c'è un momento in cui si crede (non so per quale motivo) che a Jemma piaccia Shin Woo, ma la vera batosta arriva a causa della madre di Tronky, innamorata da giovane del padre di Jemma. È una donna che ha passato tutti questi anni ancorata al suo amore perduto, convincendosi che l'uomo amasse solo lei e che le abbia dedicato una struggente canzone d'amore. Per il suo amore, lei ha abbandonato suo figlio, con cui ora c'è un difficile rapporto.
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Quando la verità viene a galla, i due ragazzi coinvolti rimangono sconvolti, ed essendo la situazione troppo pesante da gestire, si allontanano momentaneamente. Tronky avrà bisogno di qualche spinta da parte degli amici (il "stronzo egocentrico" di Jeremy rimarrà sempre nel mio cuore) per capire non solo di amare Jemma, ma anche che Jemma ama lui e lo porta sempre nei suoi pensieri.
Concentrato solo su se stesso e al proprio dolore, cieco a quello di Jemma, si lascia finalmente andare e durante il concerto finale canta la canzone della mamma di lei, per poi chiamarla, chiedendole di venire fuori, di dargli il permesso di poterla vedere. Quando le luci si accendono, corre da lei e la abbraccia confessandole il suo amore.
La coppia ha collezionato diversi momenti davvero carini e divertenti nel corso della serie. Non dimenticherò MAI Jemma che rimane intrappolata sul tetto di un camion e Tronky che le corre dietro. Giuro che in quella scena avevo le lacrime. Carinissima la scena di quando Jemma riesce a trovare Tronky nei boschi perché dimostra di conoscerlo e prende tutti i sentieri giusti. Bellissimo poi il test che Tronky rifila a Jemma perché lei è talmente ingenua da non capire che si tratta di una burla. Quando le chiede quanto le piaccia Tronky da 1 a 10, questo è quello che succede:
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FOTTUTAMENTE ADORABILE.
E di momenti così ce ne sono molti altri. A parte il finale, l'unica scena in cui mi sono commossa in tutta la serie è stato quando Jemma canta il suo singolo dedicandolo a Tronky.
(Ps. ricorderò sempre Tronky come "l'uomo delle smorfie", con quel suo tipico broncio che fa sempre con la bocca)
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Tra Jemma e Shin Woo la questione è differente. Pensavo che Jorah Mormont fosse il personaggio più friendzonato della storia, ma probabilmente Shin Woo lo batte. Perché Shin Woo viene anche umiliato. E sinceramente, lo dico senza vergogna, la cosa non mi è mai dispiaciuta troppo. Per me Shin Woo è sempre stato TROPPO gentile, calmo, pacato, tranquillo, educato. A una certa, annoia. Non nascondo di non aver mai fatto il tifo per lui (#teamtronky tutta la vita), anche se non posso dire che non ci abbia provato. Ma devo anche dire che le ha tirate troppo per le lunghe, con tutte quelle pippe riguardo una "certa ragazza" che gli piace, e Jemma che naturalmente non capisce perché se non le dici davanti agli occhi "tu mi piaci", lei non ci arriva.
Con Jeremy il rapporto è differente ancora. Personalmente li ho sempre visti come fratello e sorella, o come grandi amici giocherelloni, per questo ho un po' storto il naso quando il ragazzo rivela di essere innamorato di lei. Senza contare che è una ripetizione: abbiamo già due personaggi innamorati della protagonista, c'era bisogno di un terzo? Innamoramento poi che scompare nel giro di un episodio, visto che una puntata Jemery piange disperato, e la puntata successiva si chiede preoccupato se tra Jemma e Tronky c'è qualcosa che non va. E allora questo amore mi sembra un po' buttato lì e piuttosto inutile. L'ho però gradito perché in tal modo hanno regalato a Jeremy una certa profondità emotiva di cui era povero, facendo sempre la parte del pazzerello del gruppo.
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La "villain" della serie è stata la Finta Fata nazionale, un'attrice all'apparenza dolce e gentile, ma in realtà arrogante, falsa, capricciosa, immatura. La sua maschera non regge però con Tronky (ovviamente), che le tiene testa in modo incredibile. Ci sono stati momenti in cui l'ho davvero odiata e avrei voluto entrare nella scena per prenderla a sberle, prima su tutte la scena in cui fa mettere a Jemma le scarpe che Shin Woo ha preso per lei, facendo soffrire crudelmente prima Shin Woo, poi Jemma, poi Tronky. Diventa dispettosa da fare schifo, ma il bello è che si auto illude. Tenta in tutti i modi di avvicinarsi a Tronky, quando sa benissimo che il ragazzo non la sopporta, la caccia non appena la vede, ed è innamorato di Jemma. Perché sprecarsi tanto? Fattene una ragione e basta. Perché far soffrire anche altre persone? Questa è cattiveria gratuita.
È finito come mi aspettavo, la ship tra Jemma e Tronky era telefonata fin dai primi episodi, ma me la sono lo stesso goduta tantissimo. Il finale nel complesso è molto semplice e alla "vissero per sempre felici e contenti". Sarebbe stato interessante vedere i tre ragazzi, e soprattutto Tronky e Shin Woo, litigare per via della stessa ragazza. Non dico che dovevano pestarsi a sangue o sciogliere la band, ma anche solo una piccola discussione l'avrei vista volentieri. Mi sembra abbastanza favolistico che questi sono innamorati della stessa ragazza e rimangono amici/colleghi come se nulla fosse.
Finisce "bene" anche tra Tronky e sua madre, ma qui ho apprezzato l'assenza di una scena strappalacrime con i due che si abbracciano dimenticando in un attimo tutto il dolore. Tronky è stato onesto e realistico: DOPO che la madre gli chiede perdono perché capisce di essere stata egoista e ingiusta, il ragazzo è pronto a riaprire i rapporti, ma ci vorrà del tempo.
Mi è piaciuta TANTISSIMO la colonna sonora, che per me è sempre molto importante quando vedo un film/serie tv. Non è un caso che io abbia pianto durante la scena della canzone di Jemma.
In conclusione, nonostante qualche pecca e difettuccio, rimane una serie estremamente godibile, carina, molto divertente (ho appena ricordato la scena del maiale che insegue Tronky nel campo di grano stile Gladiatore) e rilassante, adatta per quando si vuole guardare qualcosa senza troppe pretese.
Consigliata? Certo che sì.
Voto: 8+ (il + è per il porconiglio, lo ammetto).
Ps. SENTO ANCORA I PUGNI NEGLI OCCHI PER COLPA DI QUESTO:
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(Ho fatto un commento veloce ma tornerò con immagini e gif della serie per ricordare i momenti più belli)
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isegnideiricordi · 5 years
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TAG 100 DOMANDE
1. Nome? Giulia 2. Soprannome? Stella 3. Altezza? 1.63 (la misura perfetta ;;) ) 4. Colore occhi? azzurro/grigio strano 5. Colore capelli? castano brutto  6. Hobby? Cantare 7. Lavoro dei sogni? Vorrei fare la psicologa o l’attrice! 8. Sogno nel cassetto? Saper scrivere canzoni  9. Hai degli animali domestici? Certo, un cane e 5 gatti 10. Che genere di musica ascolti? Qualsiasi cosa che abbia un bel significato e non sia troppo lamentosa... 11. Mai stato innamorato/a? Si 12. Relazione più lunga mai avuta? 9 mesi 13. Hai mai pianto per amore? Chi non ha? 14. Piercing? Nei miei sogni sono sempre piena!  15. Tatuaggi? 0 su 0 16. Fumi? NO. 17. Ti sei mai ubriacato/a! Si, una volta!! 18. Ti piace cantare? Tantissimo. 19 . Serie TV preferita? Orphan black, Il trono di spade 20. Cibo preferito? ////// ci penso e vi rispondo dopo 21. Canzone a cui sei legato/a? Comethru, Knees e Lie to me. 22. Pizza o pasta? Pizza 23. Che genere di persone odi? Quelle che si organizzano all’ultimo e che cambiano idea completamente un’ora prima dell’appuntamento. Quelle che dicono di fare una cosa e non la fanno MAI neanche sotto tortura, e po si LAMENTANO. Le persone che non fanno niente e si lamentano in generale. 24. Che genere di persona sei? In teoria dovrebbero rispondere gli altri… credo? In ogni caso sono molto timida all’inizio. 25. Meglio rimorsi o rimpianti? Rimorsi. 26. Preferisci i baci o gli abbracci? Abbracci^^ 27. Delusione più grande?  28. Si è avverato il tuo sogno? No, non so ancora scrivere canzoni xD 29. Difetto più grande? Non mi piace quando mi dicono cosa devo fare 30. Pregio migliore? Ehmmm, la buona volontà? 31. Ti piaci? Si, devo solo perdere quei 5 chili di troppo 32. Mare o montagna? Montagna 33. Segno zodiacale? Scorpione eheheh 34. Di cosa hai paura? Non mi viene in mente nulla… fino a poco tempo fa avevo paura della solitudine durante il momento del bisogno. 35. Hai un amico/a a cui tieni molto? Perché? Si, ne ho 2. Il primo mi sta accanto da quando avevo 13 anni, l’altro mi ha davvero cambiato la vita in meglio. 36. Cosa ti attrae in una persona? Le spalle, le labbra e poi LA VOCE. 37. Che qualità credi di avere? eHM…..passo 38. Credi nell'amore a distanza? Dipende 39. Credi al “per sempre”? No. 40. Hai mai dato un bacio a qualcuno del tuo stesso sesso? No, ma ho “rischiato”! ahahahah 41. Se potessi cambiare qualcosa del tuo passato, cosa cambieresti? Niente. Ora sono esattamente dove devo stare. 42. Ricordo più bello? Troppo 43. Ricordo più brutto? Difficile 44. Quando hai dato il tuo primo bacio? giugno dell’anno scorso 45. A che età la prima volta? La MIA a 17 anni 46. Di cosa ti sei pentito/a? Di essere andata contro le mie volontà, a volte 47. Che scuola frequenti/hai frequentato? Il liceo linguistico, a settembre faccio il 5 48. Sei felice? Si 49. Cosa cambieresti di te? Il fisico  50. Ti piace viaggiare? Si 51. Cosa conta in una relazione? Fiducia, condivisione, affinità, RISPETTO 52. Come mai su Tumblr? Il posto dove ci sono le cose scritte più belle di internet del 200′? 53. Credi in Dio? no.. 54. Hai mai rubato qualcosa? Si, ma NON è STATO FATTO INTENZIONALMENTE  55. Blog preferiti? Sono qui da un giorno…. nessuno ancora 56. Da quanto hai Tumblr? Un giorno AHAHHAHAHA 57. Hai fatto amicizia con qualcuno qui su Tumblr? Non ancora 58. Ultimo messaggio inviato? “quanto ci mettete a scrivere le canzoni?” 59. Ti manca qualcuno? Ora come ora, no 60. Di cosa vai fiero/a? di essere una persona solitaria 61. Cosa non rifaresti mai? lo stage in germania 62. Desiderio più grande? Riuscire davvero ad aiutare le persone 63. Hai mai tinto i capelli? No purtroppo 64. Film preferito? Io prima di te 65. Attore preferito? Will smith/ Emilia clark  66. Qual è la più grande pazzia che hai fatto? Ho chiesto di uscire ad uno lol, vita noiosa 67. Hai perso un amico/a di recente? No 68. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Canto e netflix? 69. Disegni? NO non sono capace ma mi rilassa  70. Estate o inverno? inverno tutta la vita 71. Libro preferito? La coscienza di zeno 72. Citazione preferita? “It’s alright to not be fine on your own” 73. Hai un posto speciale? No 74. Sai mantenere i segreti? Si dai 75. L'ultima volta che hai pianto? 3 giorni fa YOOOO 76. Pratichi qualche sport? No 77. Sei mai stato/a ad un concerto? Sono stato a vedere Rancore quel genio cazzo. (e Michele bravi) 78. Che genere di persone detesti?  Sempre quelle di prima… XD 79. Preferisci stare da solo/a o in compagnia? Dipende… la maggior parte delle volte da sola 80. estroverso/a o introverso/a? introversa  81. Oggetto importante per te? Non so 82. Qual è la persona a cui tieni di più? Podrik 83. Persona ideale? Muscolosa o comunque con un fisico “Possente”(?) xD, con la voce profonda più che si può e che sia disposta ad ascoltarmi e a farmi ridere tanto. 84. Credi in te? Si. 85. Cosa credi che pensino gli altri di te? Non capiscono che sono cambiata.  86. Ti ritieni fortunato/a?  Si 87. Ti ritieni soddisfatto/a della tua vita? Lo sarò tra poco, per ora… al 70% 88. Posto più bello mai visto? IL PARCO DI DUBLINO 89. Parli un'altra lingua? francese, inglese e ci provo col tedesco 90. A cosa pensi in questo momento? A podrik xD 91. Suoni qualche strumento? Suonavo il pianoforte e il flauto, ora non ho più pratica 92. hai fratelli/sorelle? Vai d'accordo con loro? Ho una sorella e ho iniziato ad andarci d’accordo da poco 93. Ti vorresti sposare? Si 94. Tipo di persona che ami? Gentile, per niente ossessiva e gelosa il giusto, con il quale si può parlare senza litigare furiosamente e alla quale posso dire tutto 95. Ti sei mai dichiarato/a a qualcuno? Si…. se un obbligo vale. 96. Hai mai scritto una lettera a qualcuno? No 97. Hai mai mentito a qualcuno per il suo bene?  Si 98. Hai mai tradito? No 99. Sei mai stato/a tradito/a? No 100. Scrivi la prima cosa che ti viene in mente. Queste domande erano più difficili del previsto
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gloriabourne · 5 years
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The one with the jacket
Gli erano sempre piaciuti i matrimoni.
Non che fosse il tipo di persona che sognava di sposarsi, anzi aveva sempre preferito la convivenza al matrimonio, ma gli piaceva vedere le persone felici di iniziare una nuova fase della vita insieme.
E se la persona in questione era uno dei suoi più cari amici, tanto meglio.
Quindi, ormai a ricevimento inoltrato, Ermal iniziava a sentire le guance tirare per quanto aveva sorriso. Ma proprio non aveva potuto farne a meno, perché Dino era felice e la felicità di Dino era un po' anche la sua.
Si avvicinò al bancone del bar e ordinò una birra - una Tennent's, perché ormai era così abituato a sentirne il sapore sulle labbra di Fabrizio che aveva iniziato ad apprezzarla anche lui - mentre scorreva rapidamente le home dei social sul suo cellulare.
Rimase per un attimo impietrito vedendo una foto di Fabrizio - che quel pomeriggio si trovava all'instore a Torino - con addosso una sua giacca.
Una giacca che Ermal non ricordava nemmeno di avergli prestato.
E come se non bastasse, ovviamente tutti si erano accorti che quella giacca era la stessa che Ermal aveva indossato l'anno precedente nel periodo di Sanremo.
Ermal sorrise tra sé e sé rendendosi conto che, anche non vivendo la loro relazione alla luce del sole, tutti sembravano essersene accorti.
Ancora completamente assorto nei suoi pensieri - e nella contemplazione del suo fidanzato con addosso una sua giacca - non si era minimamente accorto che Silvia si era avvicinata a lui.
Le cose con Silvia erano state strane da quando si erano lasciati.
Per un po' non si erano sentiti, entrambi troppo scottati dalla fine di una relazione che credevano sarebbe durata per sempre. Poi avevano ripreso a parlarsi, a vedersi ogni tanto.
Erano riusciti a recuperare quel rapporto amichevole che era sempre stato la parte migliore della loro relazione.
Poi però si erano allontanati di nuovo. Un po' per i loro impegni, un po' forse perché a entrambi faceva ancora male ripensare a come fosse finita la loro storia, avevano smesso di vedersi e poi anche di sentirsi.
L'ultima volta che avevano parlato risaliva a Capodanno.
E ora erano lì, al matrimonio di amici, quegli stessi amici che più di una volta avevano insinuato che sicuramente i primi del gruppo a sposarsi sarebbero stati proprio Ermal e Silvia.
"Ciao" disse lei sorridendo.
Ermal sollevò lo sguardo di scatto, bloccando il cellulare e rimettendolo in tasca. "Ehi, ciao."
"Ti trovo bene" disse lei, mentre faceva scorrere lo sguardo lungo il corpo di quello che una volta era stato l'amore della sua vita. "Più magro, ma bene."
"In realtà, vado molto fiero dei chili che ho perso" scherzò Ermal.
Silvia sorrise per la battuta e spostò lo sguardo verso destra, osservando per un attimo gli sposi intenti a chiacchierare con alcuni invitati.
Sarebbe stata bugiarda a dire di non aver mai sperato quel futuro anche per lei ed Ermal.
"E tu come stai?" chiese lui ad un certo punto.
Silvia si voltò nuovamente verso di lui continuando a sorridere. "Bene."
"Ho visto che hai preso un cane."
"Sì, Nike. È un terremoto" rispose lei sorridendo.
Ermal ricambiò il sorriso e abbassò lo sguardo.
Come era successo? Come erano passati dall'essere il confidente l'uno dell'altra, al parlare di argomenti futili pur di riuscire a dire mezza parola?
Ermal non credeva che sarebbe successo. Era sempre stato convinto che, anche dopo la loro rottura, sarebbero rimasti amici. E invece...
Il cameriere interruppe i suoi pensieri lasciando davanti a lui la bottiglia di birra che aveva ordinato poco prima.
Ermal lo ringraziò - non solo per avergli portato la birra, ma anche per aver interrotto la conversazione con Silvia - e si portò immediatamente la bottiglia alle labbra.
Silvia lo guardò per un attimo, studiandolo attentamente.
Aveva notato qualcosa di diverso in lui fin dal primo momento in cui l'aveva visto, quel giorno.
I capelli scompigliati, la camicia sbottonata... Non erano da lui, soprattutto in un'occasione come quella.
Quelli erano tratti distintivi di qualcun altro, qualcuno che era così vicino a Ermal da fare in modo che lui facesse suoi quei piccoli dettagli che prima di quel momento non lo avevano mai caratterizzato.
E c'era solo un nome a cui Silvia riusciva a pensare.
Fabrizio Moro.
Aveva il sospetto che tra loro ci fosse qualcosa da mesi ormai. Da quando si erano visti in occasione del compleanno di un'amica in comune ed Ermal non si era staccato un attimo dal cellulare e, in un momento in cui erano casualmente seduti vicini, Silvia aveva gettato un'occhiata sullo schermo leggendo il nome di Fabrizio - o meglio, Bizio - mentre Ermal rispondeva a un messaggio.
Ma fino a quel momento era stato solo un sospetto infondato.
Eppure, quel giorno, c'era qualcosa di diverso in Ermal. Qualcosa che le faceva pensare che il suo sospetto non fosse poi così infondato.
  Ermal appoggiò la bottiglia vuota sul bancone - la seconda Tennent's della serata - mentre Silvia continuava a osservarlo curiosa.
Avevano parlato un po', di tutto e niente, aggiornandosi su cosa era successo nelle loro vite, sul lavoro, su come stavano le rispettive famiglie. Ma Silvia non aveva smesso di studiarlo nemmeno per un momento, ed Ermal ovviamente se n'era accorto.
"Ok, avanti, dimmi che c'è" disse a un certo punto, stanco dello sguardo inquisitore della sua ex.
Silvia si strinse nelle spalle e disse: "Niente. Pensavo al fatto che quella birra non ti è mai piaciuta."
Ermal spostò lo sguardo sulla bottiglia che aveva finito poco prima, constatando che Silvia aveva ragione.
A lui, la Tennent's non era mai piaciuta. Aveva iniziato a berla solo dopo essersi messo con Fabrizio e solo quando restavano separati per tanto tempo. E non perché gli piacesse, ma semplicemente perché gli ricordava il sapore dei suoi baci.
"Sai, quando si sta tanto a contatto con qualcuno, si tende a prendere alcune delle sue abitudini" disse Silvia.
"Che vuoi dire?"
"Solo che oggi ho notato tante cose che non sembrano far parte di te, dettagli che sembra siano diventati tuoi solo perché te li ha trasmessi la vicinanza con qualcun altro. Un po' come quando stavi con me e ti mettevi quelle collane."
"Le metto ancora!" si difese Ermal, infastidito dal fatto che Silvia stesse insinuando che il contatto prolungato con qualcuno gli facesse cambiare abitudini.
"Non così tanto. Ma guarda che non è una cosa negativa! Anzi, è bello che tu abbia fatto entrare qualcuno nella tua vita così tanto da far diventare le sue abitudini anche tue" disse Silvia sorridendo.
Ermal aggrottò la fronte senza capire di cosa - o di chi - stesse parlando. Ma appena fece per chiedere spiegazioni, il cellulare nella sua tasca iniziò a vibrare segnalando una chiamata in arrivo.
Ermal prese il telefono e, dopo essersi scusato con Silvia, si allontanò mentre accettava la chiamata.
Silvia lo sentì dire: "Ciao, Bizio" mentre si allontanava e lo osservò mentre chiacchierava al telefono con un enorme sorriso stampato sulle labbra e gli occhi che brillavano.
E quella fu la conferma di tutto.
Tutti i segnali che aveva colto, sommati a quel sorriso che aveva solo mentre parlava con Fabrizio, erano la prova che tra loro non c'era solo un'amicizia. C'era molto di più.
Quando Ermal tornò al bancone, finita la telefonata, Silvia non disse nulla. Si limitò a fissarlo sorridendo.
"Era Fabrizio" disse Ermal, in realtà senza nemmeno sapere per quale ragione perché non aveva nessun motivo per giustificarsi con Silvia.
"Sì, l'avevo capito."
Ermal rimase un momento in silenzio, lo sguardo puntato sull'etichetta mezza staccata sulla bottiglia di birra, poi disse: "E avevi ragione sulla birra. Ho preso l'abitudine da lui."
"Avevo capito anche questo."
Ermal sorrise, per niente sorpreso dal fatto che Silvia fosse stata in grado di leggergli dentro senza che lui parlasse. In fondo, erano stati insieme per nove anni e forse lei davvero lo conosceva meglio di chiunque altro.
"E che altro hai capito?" chiese Ermal curioso.
"Credo che anche la camicia sbottonata sia merito suo" rispose lei.
"Beccato" commentò Ermal sorridendo. Poi aggiunse: "Però non sono l'unico che ha preso abitudini da qualcun altro."
"Ti prego, non dirmi che Fabrizio ha iniziato a mettersi le tue camicie" disse Silvia fingendosi inorridita.
"Quelle no, ma le giacche sì."
"Va beh, quelle vanno bene."
Rimasero per qualche secondo in silenzio, semplicemente sorridendosi a vicenda.
"Sai, sono contento che abbiamo parlato. A volte mi manca parlare con te" disse Ermal.
"Manca anche a me. Ma possiamo ancora farlo. Nonostante tutto, io sono ancora tua amica" disse Silvia. Ed era sincera, Ermal glielo leggeva negli occhi.
"Magari possiamo prendere un caffè, qualche volta. Chiacchierare un po'..." propose Ermal.
"Certo. Quando vuoi."
"Nei prossimi giorni vado a trovare mia cugina a Creta. Ti chiamo quando torno" disse Ermal, aggiustandosi la giacca e preparandosi ad andare via.
"E ora dove vai?" chiese Silvia curiosa.
Ermal si morse il labbro inferiore, sentendosi un po' in imbarazzo. "Da Fabrizio. Ha finito da poco l'instore. Giusto il tempo di mangiare qualcosa e poi mi raggiunge a Milano."
Silvia sorrise vedendo negli occhi di Ermal quello sguardo innamorato che una volta era stato per lei.
Provava un po' di nostalgia per quei giorni, ma era felice che Ermal avesse trovato qualcuno in grado di farlo stare bene.
"Sembri felice" commentò lei.
"Lo sono, Silvia. Da morire."
  Avevano deciso di incontrarsi a casa di Ermal, a metà strada tra Torino e il luogo in cui si era svolto il matrimonio.
E poi, Fabrizio considerava quell'appartamento un po' la sua seconda casa, quindi era sempre felice di tornarci.
Quando entrò nell'appartamento - usando la copia delle chiavi che Ermal gli aveva dato una delle prime volte in cui Fabrizio era stato lì - Ermal lo stava aspettando accasciato sul divano.
Aveva ancora addosso i vestiti del matrimonio, giacca compresa, segno che non era arrivato da molto.
Si sedette sul divano accanto a lui ed Ermal sospirò mentre appoggiava la testa sulla sua spalla, sentendo finalmente il profumo di Fabrizio riempirgli i polmoni.
"Finalmente sei arrivato" mormorò chiudendo gli occhi e rilassandosi contro di lui.
"Ti sono mancato?" chiese Fabrizio circondandogli le spalle con un braccio e stringendoselo addosso.
Ermal annuì. "Mi manchi sempre quando non siamo insieme."
Poi sollevò lo sguardo verso di lui e, solo in quell'istante, notò il segno rosso sul collo di Fabrizio.
Cercò di soffocare una risata, mentre Fabrizio si girava a guardarlo con la fronte aggrottata.
"Che hai da ridere?"
"Ti sei guardato allo specchio questa mattina?" chiese Ermal, senza riuscire a trattenere un sorriso.
"In realtà, no. Ero di fretta. Perché?"
"Perché se lo avessi fatto ti saresti accorto di questo" disse Ermal premendo il dito sul suo collo, in corrispondenza della u della parola nessuno tatuata sulla sua pelle.
Fabrizio spalancò gli occhi, ricordando immediatamente cosa fosse successo appena qualche giorno prima, quando si era fermato a casa di Ermal dopo l'instore in Friuli.
"Mi hai lasciato i segni!" disse Fabrizio.
"Ci credi se ti dico che non me ne ero accorto?" disse Ermal mordendosi il labbro con fare colpevole.
Gli dispiaceva davvero avergli lasciato un succhiotto così vistoso, e sapeva che nella loro situazione - mentre cercavano il più possibile di mantenere segreto ciò che c'era tra loro - non era il massimo avere il collo ridotto in quel modo.
Ermal per primo se l'era presa a morte quando Fabrizio gli aveva riempito il collo di segni rossi qualche mese prima, quando si erano visti a Sanremo per la serata dei duetti.
Il fatto era che non si era davvero reso conto di ciò che aveva combinato.
Quando Fabrizio lo aveva chiamato, dopo l'instore a Villesse, dicendogli che sarebbe rimasto a Milano per un paio di giorni - ufficialmente perché gli era comodo, visto che l'instore successivo sarebbe stato a Torino; in realtà perché voleva passare del tempo con il suo fidanzato - Ermal aveva accolto la notizia con entusiasmo. E poco dopo aveva accolto anche Fabrizio con lo stesso entusiasmo.
E forse l'entusiasmo era stato un po' troppo, visti i risultati.
"Ma si vede tanto?" chiese Fabrizio, massaggiandosi il collo come se servisse a cancellare le tracce lasciate da Ermal.
"Un po'. Se vuoi ho del fondotinta in bagno. Sabina l'ha dimenticato qui l'ultima volta che è venuta a trovarmi."
Fabrizio ci pensò per qualche secondo, poi disse: "No, lascia stare. Non mi dispiace poi così tanto che la gente sappia che sono impegnato."
  Svegliarsi accanto a Fabrizio, era una di quelle cose a cui Ermal faceva ancora fatica ad abituarsi.
Ogni volta che succedeva - purtroppo non così spesso come entrambi avrebbero voluto - Ermal impiegava sempre qualche secondo di troppo a rendersi conto di non essere solo e che quel peso sul petto tutt'altro che fastidioso, non era altro che la testa di Fabrizio.
Anche quella mattina, svegliandosi con Fabrizio quasi completamente sdraiato addosso a lui, Ermal impiegò qualche attimo per realizzare che non era solo e che il suo fidanzato dormiva placidamente nel suo letto.
Buttò un'occhiata alla sveglia sul comodino per controllare che ora fosse, poi prese ad accarezzare lentamente la schiena nuda di Fabrizio e a sussurrare il suo nome cercando di svegliarlo.
"Lasciami dormire" mormorò Fabrizio dopo qualche attimo, rannicchiandosi maggiormente contro il corpo di Ermal.
"Non posso, Bizio. Tu devi andare a un instore, e anch'io ho degli impegni. Dobbiamo alzarci."
Fabrizio sbuffò mentre si sfregava gli occhi ed Ermal sorrise vedendo sul volto di un quarantaquattrenne i capricci di un bambino.
"Dai, vado a preparare la colazione. Tu intanto cerca di svegliarti" disse Ermal alzandosi dal letto e lanciandogli un'occhiata divertita mentre usciva dalla stanza.
Avrebbe voluto svegliarsi così ogni mattina: con Fabrizio che faceva storie perché non voleva alzarsi, lui che lo convinceva promettendogli in cambio la colazione. E poi magari le discussioni perché uno dei due occupava per troppo tempo il bagno e l'altro rischiava di fare tardi. Discussioni che poi sarebbero terminate con un bacio prima di uscire di casa.
Sarebbe stato bello, ma per il momento avrebbero dovuto accontentarsi di ciò che avevano.
"Ti ho lasciato la giacca sul letto" disse Fabrizio entrando in cucina qualche minuto più tardi.
Ermal sollevò lo sguardo e si perse a fissarlo.
Si era infilato i pantaloni che aveva indossato il giorno precedente e una maglietta che aveva lasciato tempo prima nel suo armadio. Nulla di speciale, eppure Ermal lo vedeva comunque bellissimo.
"Ehm, quale giacca?" chiese, cercando di recuperare un minimo di dignità.
Fabrizio era il suo compagno, ma questo non voleva dire che poteva permettersi di fare la figura dell'idiota ogni volta che se lo trovava davanti.
"Quella che ho messo ieri. È tua."
"Ah, sì, quella con le paillettes sul colletto. A proposito, quando me l'hai fregata?" chiese Ermal versando il caffè in una tazzina e sedendosi a tavola.
Fabrizio si sedette accanto e a lui e sorrise vedendo che Ermal gli aveva preparato una tazza di tè e aveva messo a tavola i suoi biscotti preferiti.
"Ieri mattina, prima di partire per Torino. In realtà cercavo una felpa, ma quando ho aperto l'armadio e ho visto quella giacca ho pensato che forse non stava tanto male sulla mia maglietta."
Ermal sorrise. "Potresti metterti addosso un sacco dell'immondizia e staresti bene comunque."
Fabrizio sorrise coprendosi la bocca con la mano, come faceva sempre quando si sentiva in imbarazzo.
"Comunque stavo pensando che potresti tenerla tu" disse Ermal qualche attimo dopo.
Fabrizio si voltò verso di lui. "Parli della giacca?"
Ermal annuì con un cenno della testa, poi aggiunse: "Sta meglio a te che a me. Soprattutto ora che, come mi è stato fatto notare, sono dimagrito."
"Chi te l'ha detto?" chiese Fabrizio curioso.
Lo aveva notato anche lui, anche se non glielo aveva mai fatto notare, e ora era curioso di sapere chi altro avesse avuto la sua stessa impressione.
"Silvia."
"Ah."
"L'ho incontrata al matrimonio. Abbiamo parlato un po'."
"E lei ne ha approfittato per dirti che sei dimagrito? Simpatica" disse Fabrizio.
Ermal ignorò la battuta, ma non poté impedire che un sorrisetto compiaciuto gli illuminasse il volto. Adorava vedere Fabrizio così geloso.
"Sa di noi."
Fabrizio lo fissò con gli occhi sgranati. "Gliel'hai detto?"
Di certo non si aspettava che, tra tutte le persone che conosceva, Ermal andasse a raccontare i fatti suoi proprio alla sua ex fidanzata. Non che gli dispiacesse, anzi egoisticamente era felice che finalmente Silvia sapesse che Ermal stava con qualcuno.
"In realtà, l'ha capito da sola. Credo lo sospettasse da un po'. Ha detto che è felice per noi."
"E tu le credi?"
"Non dovrei?"
Fabrizio non rispose.
Silvia aveva sempre avuto a cuore il benessere di Ermal, era normale che fosse felice se anche lui lo era. Eppure restava sempre la sua ex e un po' di timore che tra loro ci fosse ancora qualcosa, c'era sempre.
D'altra parte però, si fidava di Ermal e sapeva che se aveva deciso di stare con lui era perché lo amava, quindi non aveva nulla di cui preoccuparsi.
"Comunque, visto che sono dimagrito, quella giacca sta sicuramente meglio a te" disse Ermal, riprendendo l'argomento di poco prima.
"Non voglio tenermi le tue cose, era solo un prestito."
"Il mio giubbotto di pelle te lo sei tenuto" gli fece notare Ermal.
"Appunto, mi sentirei in colpa a fregarti un'altra giacca."
"Non me la stai fregando. Te la sto regalando."
Fabrizio sorrise e non disse altro.
Non poteva negare che indossare i vestiti di Ermal lo rendesse felice. Lo faceva sentire vicino a lui anche quando erano lontani.
E quella giacca, Ermal l'aveva indossata nel periodo di Sanremo, il periodo che aveva segnato l'inizio di tutto. Quindi, a maggior ragione, era felice di indossarla.
Ed Ermal era felice di vederla addosso a lui, piuttosto che abbandonata nell'armadio.
Quando circa un'ora più tardi, Fabrizio si avviò verso la porta di ingresso con la giacca tra le mani, Ermal sorrise e disse: "La metti anche oggi?"
Fabrizio si strinse nelle spalle. "Hai detto che mi sta bene. E poi adesso è mia, giusto?"
Ermal annuì sorridendo.
Sì, era sua. Come ogni piccola parte di Ermal, ormai.
A conti fatti, se Ermal era stato in grado di donargli prima il suo cuore e poi tutto sé stesso, una giacca non faceva poi molta differenza.
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Recensione Skam Italia 2x03
Tremate, tremate.. le streghe sono tornate ! Cioè una strega, cioè io. Va beh insomma volevo fare un’entrata d’effetto. In ogni caso, sono tornata !! 
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Mi dispiace essere rimasta così assente a lungo, ma come ho accennato su Instagram (se non mi seguite mi chiamo @farfallabianca_) la mia vita è VERAMENTE FRENETICA. Senza a starvela troppo a raccontare sono una studentessa, pendolare, lavoratrice e ho anche appena adottato un cane. Bene scusate ma lo sto dicendo a tutti, mi sembrava giusto dare un quadro sincero e generale sul perché fossi sparita nella nebbia lol. 
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Un altro motivo per cui sono stata M.I.A. è anche il fatto che mi sembra di scrivere queste rece solo per me, e ci metto tanto impegno nel farle (magari non sembra ma è cosi) e ho avuto un attimo di sconforto. Stavo per cancellare tutto quando una ragazza che legge le mie recensioni dall’inizio inizio inizio mi ha chiesto se fossi ancora viva e dove fossero finite le mie recensioni (cioè secondo me a leggerle siamo io, lei, mia cugina e il mio fidanzato che onestamente è il mio più grande fan e cheerleader). Ѐ stata il motivo principale per cui non ho cancellato tutto. So if stai leggendo, grazie. È probabile che rimarremo io e te a leggere quello che scrivo, ma sapere che anche solo una persona apprezza davvero, mi basta. 
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Finito il momento non richiesto di #gettoknowme, #q&a e #postadelcuore direi che possiamo cominciare. SO HERE WE ARE, FIRMATO
- la vostra Recensionista di quartiere, I know u love me XOXO
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ALLORA PARTIAMO DA UN SEMPLICE PRESUPPOSTO. Vi parlo dal futuro,o meglio, da Recensionista onnisciente perché se prima mentre scrivevo era tutto un “beh vedremo come andrà” “chi lo sa” “ma boh” “andiamo avanti e scopriremo solo vivendo”, ora sarebbe un poco senza senso farlo visto che so tutto, avendo già guardato tutta la seconda stagione no? Quindi partiamo dalle basi per essere sempre amici durante queste recensioni e per sempre :
1.       Luchino sei il mio eroe, io ti voglio bene e nun te se deve tocca #toopureforthisworld
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2.       Lo volevo mettere per ultimo questo punto ma non posso, le persone adulte ammettono i propri sbagli, se cambiano idea.
LO AMMETTO OK? OK LO AMMETTO. HO RIVALUTATO GIOVANNI IL SIMPATICO. Gli voglio bene come se fosse un figlio. Mannaggia a Garau con la u perché è sardo. ANZI SE PROPRIO VOGLIAMO DIRLA TUTTA NON è CHE ABBIA CAMBIATO IDEA è che secondo me si sono accorti di avere un po’ cagato fuori dal vaso in certi pezzi della prima stagione col suo personaggio e finalmente in questa hanno aggiustato la rotta, migliorando il personaggio (lo ammetto, lo preferisco a JONAS dell’OG e se non lo sapete vi dico questo : io adoravo Jonas, tanto è che era uno dei miei personaggi prefe). Quindi niente tolgo ufficialmente il nomignolo a giovanni di “il simpatico” e lo rinomino in via non ufficiosa “il mago dell’amore”. Tutti saprete il perché, diciamo che tra affezionati ci si capisce.
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3.        Il soprannome di Niccolò rimane NiccolòSmirk e qua non voglio sentire ragioni, I mean :
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4.       Elia me lo dovete fare presidente, basta grazie prego ciao.
5.       Filippo Sava grazie per essere il miglior eskild-remake che potessimo desiderare. Sei il supereroe di cui l’italia ha bisogno. Ti si vuole bene,tanto.
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Fatte queste piccole ma doverose precisazioni ecco i miei pensieri riguardo ai punti SALIENTI dell’episodio:
- La nostra puntata inizia con un Martino molto scosso. L’ultima volta che lo abbiamo visto Bambi (ditemi che avete capito il cit) ha appena scoperto che Niccolò è fidanzato. Quindi è confuso, anche amareggiato credo, in più la Covitti non gli dà tregua con i messaggi e come se non bastasse Elia e Giovanni per punizione lo prendono a pallonate. 
P.s. Come non parlare però di Elia Santini che per rimorchiare l’Argentina le  racconta la storia di come hanno conosciuto Luchino, dando anche una dimostrazione tecnica di come sono riusciti a fare entrare Luchi in una valigia. 
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- Tornando seri vorrei parlare della clip con la mamma di Martino. Vedremo il loro rapporto crescere ed evolversi in questa stagione. La tenerezza e la tristezza negli occhi di Martino e della mamma però sono un pugno allo stomaco ogni volta per me. Fanno riflettere perché sono sguardi reali, quotidiani e specchio di uno stato d’animo che per entrambi non è dei migliori. Di nuovo tanto di cappello sia agli attori che a Ludo Besse e tutto il team.
- Inutile dire che nonostante la clip sia seria quando ho visto il risultato del gay test di Martino : 0% gay interamente eterosessuale (sapendo cosa sarebbe successo poi) un po’ ho riso. Marti, insomma ma non lo sai che queste cose dei quiz su internet sono delle cavolate??? Insomma già il fatto che tu abbia fatto questo test la dice lunga, secondo fidati l’ho provato sulla mia pelle. Una volta ho fatto un quiz che non fosse di Pottermore e ho avuto come risultato che sarei una SERPEVERDE. E IO SONO GRIFONDORO. Insomma questa è la prova concreta dai.
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 - La scena del bigliardino. Adororoooh. Saranno scene semplici ma sono forse quelle che mi piacciono di più. Credo perché è nelle piccole cose che si vedono e percepiscono le tradizioni di un paese, il modo di fare delle persone che vi abitano. Ѐ quello che mi incuriosisce di più dei remake non italiani, proprio perché mi immergono in una realtà che non conosco e che non è la mia, ma comunque interessante. Quindi IL SUNTO è : scene biliardino/baretto sono le mie prefe e mi scaldano tanto il cuoricino.
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- Martino che con grande chaaarme si fa perdonare dalla Covitti. Io ogni volta penso a quanto sia sottone e mi spezzo dalle risate. Sei molto ammiccante, ma come direbbe Noora Amalie Sætre, role model della life : “I KNOOOOW I KNOWWW WHAT U PLAYING OTHER THAAAAN GIRLSSS”.
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- NO VA BEH LA SCENA DELLA PALESTRA. Io ho perso un polmone. To sum up le facce dei ragazzi che guardano la partita :
Elia, Luchino, Giovanni :
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 Martino :
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- Comunque DIESCI al prof di ginnastica che con quei “scendi subito deficiente”, “si vede quanto vi piace la pallavolo, durante le mie ore siete sempre al bar” e “guarda qua che budino, alle sportive piacciono gli uomini in forma” ha ereditato un posto nel mio cuore per sempre.
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- Shout out però (chi lo avrebbe mai detto eh) a Giovanni perché quando RIPRENDE Martino sul fatto che stereotipare sia sbagliato mi ha resa una mamma proud. 10 PUNTI A GRIFONDORO PER GIOVA.
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  - Ah Martino quando Niccolò gli riporta le cuffiette in palestra comunque è un misto tra ciaotiamosposami e un ehmochecazzofaccio.
 - La faccia del mago dell’amore, che già comincia a capire, è la seguente
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 - La clip della festa a casa di silvia. Ammazza troppe cose da dire. Breve sum up a punti dei momenti più belli della storia :
- Le ragazze che cantano bello e impossibile (senza Ele però, UFFA ci manchiii)
- I vestiti anni ottanta
- Martino e il karaoke meme della vita
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- Martino che bacia Emma appena è sicuro che Niccolò lo stia guardando e Niccolò che letteralmente li divide piazzandosi in mezzo mentre stanno pomiciando. RAGA IO VI GIURO NON CE LA FACCIO.
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- Dico solo,e cito letteralmente Niccolò, “forse perché hai paura di far uscire la tua omosessualità latente”.
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- Martino e Niccolò che limonano le rispettive fidanzate fissandosi intensamente negli occhi EVVABBEH
- I GENITORI DI SILVIA CHE STANNO PER TORNARE A CASA E TUTTI CHE LA AIUTANO A METTERE A POSTO PER NON FARSI SGAMARE DIRIGE L’ORCHESTRA EVA BRIGHI IO SONO MORTA “RAGA CHE CAZZO MI GUARDATE DAIIII DAIIII DAIII TOGLIAMO TUTTOOOOOOOOO”.
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- MARTI E NICCO che si appartano per parlare, un tripudio di flirt, heart-eyes, prese per i fondelli (la storia che racconta su Maddalena mi fa sempre piegare dal ridere) e QUELLA SFIORATA DI MANO FINALE CON QUEL MEZZO BACIO LASCIATO Lì PER ARIA  E NOI MUTI A SOFFRIRE PERCHÈ MANCA ANCORA TANTO SUDORE TANTO DOLORE TANTE LACRIME PRIMA DI QUEL BACIO. I MEAN THAT HURTS BUT IT’S WORTH THE WAITING RIGHT?
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- La corsa finale verso la libertà. Ma che poi dopo tutta ‘sta fatica manco mi ricordo se l’hanno beccata o no Silvia.
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CHE DIRE RAGA, questo è quanto.
Spero che questa recensione vi sia piaciuta. In quel caso, ci rivediamo la settimana prossima con una nuova recensione. Come sempre mi farebbe super piacere sapere come la pensate o in generale sapere che apprezzate quello che scrivo.. Quindi vi aspetto qui su tumbrl, su instagram sul mio profilo @farfallabianca_ o anche su twitter sempre su @farfallabianca_
Baci stellari.
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ducadibaionette · 5 years
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Adrian di Celentano è un’opera strana. Ero un po’ combattuto se parlarne o meno perché non c’è niente da imparare, e i motivi di cui ridere sono stati ampiamente discussi in giro. In più l’intera esperienza è “cringe”, ovvero stimola una forma di empatia particolare in cui si prova talmente tanto imbarazzo per l’autore da stare male noi stessi.
Non è bello provare disagio per la figura pietosa che il vecchio Celentano sta facendo con questo Adrian. Un anziano che manifesta una paura insensata per tutto ciò che è moderno, e si rifugia in una fantasia adolescenziale di eroismo e ormoni impazziti, in cui sopravvive un angolo di Milano ferma agli anni ’60.
Un luogo ideale in cui le donne sono tutte bellissime e sessualmente iperattive, e le vecchiette sembrano una versione più colorata delle anziane vedove calabresi di un secolo fa. Vecchiette che preparano il caffè e probabilmente pure la pasta fatta in casa, visto che Celentano si ha risparmiato le loro scopate.
Un viaggio nella fantasia megalomane di un rinfanciullito, che mai avrei pensato potesse scaturire da Celentano. Ma, come vedremo alla fine dell’articolo, potevo benissimo aspettarmi qualcosa di simile…
Adrian: lo spot girato in bagno (?!)
Il nostro disagio iniziava ben prima del primo episodio, fin dallo spot, grazie alla CG plasticosa degna di quello schifo che era stato fatto nel 2016 per l’anime di Berserk. Una CG così brutta, e così sottolineata apposta in modo che la notiamo, che perfino gli inserti CG di Goblin Slayer sembrano decenti (ok, forse no).
Di buono su questo spot si può dire che la qualità della CG e del cringe nella serie è esattamente questo. Grazie Celentano, non hai cercato di ingannarci!
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Citando un commento su YouTube:
Celentano che playbacka male nel cesso di casa sua e animazioni dei tempi di movie maker. Siamo al top.
L’esperienza è straniante, assurda. Adrian è fatto come un film d’animazione, ma non lo è per come ce lo potremmo aspettare: animazioni che di colpo possono essere a scatti o fluide, disegni e bozzetti a caso buttati dentro le scene, CG plasticosa, dialoghi brutti (che i bravi doppiatori non possono salvare) ecc.
Però fermiamoci qui con animazioni e col doppiaggio (Celentano sembra leggere male le battute, non sembra recitare). Queste cose non le voglio commentare, lo sapete. Non è il mio settore. Però, anche se non sono uno chef, fino al livello di dire che lo stronzo di cane sopra la pizza margherita ne rovina l’armonia dei gusti ci arrivo pure io, ed è questo il livello di schifo che troviamo in Adrian. Poi magari non so dire se aggiungerci due foglie di salvia al posto del basilico peggiori o meno la situazione, ma fino allo stronzo ci arrivo.
Tre immagini scelte dall’introduzione “storica” del primo episodio, perché dopo tali perle grafiche, in fondo, è tutto in discesa. Discesa nell’abisso.
Adrian, ovvero l’orrore ingiudicabile.
Adrian è una serie d’animazione che dice di essere una graphic novel animata che sembra fatto da una civiltà aliena con solo una vaga idea di come siano fatti gli umani.
Un po’ come se gli alieni ci studiassero per produrre una nuova tragedia di Shakespeare e il risultato fosse uno spettacolo ambientata in Cile mostrato dall’inquadratura della webcam dimenticata accesa, senza tagli, di 96 ore, su un giapponese di nome Rossi Brambilla che scopre di avere un gabinetto installato sul soffitto del salotto, e ha per coinquilino un piatto di carbonara che fa “tzè tzè” come Bombolo e vomita di continuo insulti in svedese contro chi mette l’ananas sulla torta Sacher.
Ho deciso di dire qualcosa su Adrian giusto per portare un esempio di schifo al di là del comune schifo. Schifo che trascende i limiti e innova, come giustamente Celentano è stato un innovatore ai suoi tempi, lo schifo.
Abbiamo già parlato di diversi film su Baionette Librarie:
Arma Letale: onesto film, semplice, un po’ scemotto, con qualche difetto di sceneggiatura.
Macchine Mortali: sceneggiatura di merda e situazioni molto stupide, ma con diversi dettagli commentabili in modo utile e costruttivo per quanto concerne i problemi di coerenza e di realismo.
Bumblebee: qualche incertezza di sceneggiatura, ma nell’insieme un discreto film.
Ralph spacca Internet: eccellenti scelte nel costruire una tragedia mancata, con un ottimo controllo della sceneggiatura che richiede un autore davvero competente e fantasioso.
Con Adrian abbiamo qualcosa di completamente diverso. Un orrore ingiudicabile, da cui non si può trarre nulla di buono da imparare. Quest’obbrobrio che trascende lo schifo e lo porta a un nuovo livello, da qualsiasi punto di vista tecnico lo si prenda, è difficile da giudicare “come un film” come lo sarebbe giudicare un salame del contadino con i criteri architettonici del classicismo socialista.
Uno scontro epocale: chi vincerà?
Userò questo articolo per fornire degli spunti di riflessione, ma siamo lontani dal lavoro sul pezzo e interessante che è stato possibile realizzare con Macchine Mortali.
Adriano Celentano, il problema di Adrian.
La prima impressione forte che ho avuto è che Adriano Celentano fosse invidioso di Loris Del Santo per The Lady, e abbia deciso di rispondere con qualcosa nel proprio stile, pieno di narcisismo celentaniano e di luoghi comuni frutto del suo famoso populismo da pochi spiccioli. La lontananza dalla televisione ce lo ha fatto un po’ dimenticare, ma i contenuti banalizzati per cui vengono accusati in questi anni i Cinque Stelle era l’essenza della comunicazione di Celentano. Un vero precursore.
Chi non è nato ieri si ricorderà quanto spesso le sparate di Celentano venivano accolte con inviti a limitarsi a cantare ed evitare di parlare di cose che non capiva. Nel 1992 gli dedicarono pure una celebre canzone. Bei tempi. Adesso bisognerebbe ripetere l’invito, ma estendendolo anche all’evitare di concepire storie, scrivere sceneggiature e fare il montaggio.
È inutile avere Vincenzo Cerami come consulente alle sceneggiature, se poi è tutto una merda. Magari Cerami la doveva scrivere da zero la sceneggiatura, senza alcuna influenza demenziale di Celentano. E non serve a niente avere Nicola Piovani alle musiche, se poi veniamo bombardati da brani di Celentano (e una canzone dei Negramaro, che i giovani del 2068 adorano…). Forse doveva occuparsi di tutto Piovani.
E pure i personaggi che variano dall’avere il character design di Milo Manara ad avere design a caso di altri, molto diversi. Mistero. Senza contare i personaggi dalle “ispirazioni” possibili più bizzarre: chi non ha apprezzato Zangief (o forse Kratos in God of War 4) in edizione guardia giurata e Samuel L. Jackson che interpreta letteralmente “un ritardato scappato dalle fogne”? E Mauro Corona mentre fa il barbone pestato a morte dagli scagnozzi della Mafia International? Secondo alcuni c’è pure uno che ricorda Fabrizio Frizzi, quello che fa il discorso nel locale…
Qualche delizia mista prima di procedere.
Come detto prima, l’insensatezza di questi due episodi è totale. Ci sono dettagli così profondamente sbagliati in ogni punto che è inutile pensare di correggerli. Questa cosa sembra una serie di animazione, ma lo è come è una “tragedia di Shakespeare” quella roba concepita dagli alieni di cui ho parlato prima.
Cominciamo col concerto di capodanno, evento in cui si esibisce una celebre band amica del governo e adorata dal popolo. Il problema di questa band dal look particolare, aggressivo, che farebbe pensare a qualcosa di “forte”, aggressivo, si esibisce con un pezzo dei Negramaro.
Adrian e la band che fa cover dei Negramaro.
Sì, se avete il coraggio provate a combinare nella vostra testa Mentre tutto scorre con i quattro membri della band (escluso Adrian) nell’immagine. No, non fermatevi a chiedervi come mai nel 2068 i giovani vadano pazzi per i Negramaro o come sia possibile che una band del futuro canti i loro brani (un’epidemia di follia cover vintage?). Pensate solo a quelli là, quei cugini poverissimi di una band visual kei, mentre si esibiscono con quel pezzo dei Negramaro.
Io non riesco a collegare quei musicisti con quella canzone. La mia impressione è che ai nordcoreani di Studio SEK abbiano detto: “Qui mettiamo il tizio che canta una cosa rock. Uno forte, perché sono Celentano, mi piace il rock. Una cosa come i Queen, ma più rock. Perché sono Celentano e sono rock.” E quelli di Studio SEK si siano impegnati a creare una band figa e gio-gio-giovane, senza avere idea che sotto ci sarebbe finito Mentre tutto scorre…
Cercare di spiegare a parole la parte successiva, in cui Adrian canta I want to know, è ancora più difficile. Si fa prima a vederlo per crederci. Scusate la registrazione dallo schermo, ma è il meglio che ho trovato subito online.
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Ammirate le coriste e il gruppo, tutti che riescono a seguire Adrian senza difficoltà sulla sua canzone di cui non sanno niente. Gustate i violinisti apparsi dal nulla, che non credo servissero al brano precedente (ma magari sì: visto che fanno cover de Negramaro, c’è qualcosa di loro a cui sarebbero potuti servire?). Deliziatevi prima con gli sguardi di disagio (verità svelate!) e poi con l’entusiasmo dei giovani,ormai indifferenti alla vita per colpa del consumismo, mentre la miracolosa canzone li tocca nel cuore…
Fatto tutto? Bravih.
Allora siete pronti per il nuovo palazzo che il malvagissimo governo sta realizzando a Milano. Come degna fortezza dell’Evil Overlord di turno, indovinate che nome avrà?
Il Nuovo Palazzo del Potere, ora con il 40% di malvagità in più!
Adesso il palazzo di Mafia International a Napoli sembra in buona compagnia, nevvero?
Ancora due cosette prima di passare alle mie riflessioni su Adrian. Una cosa che mi ha lasciato davvero perplesso, anche digerendo e accettando il sessimo, i due tentativi di stupro usati come meccanismo narrativo cliché, Gilda sempre nuda e le scopate random, è stata l’infermiera sexy.
Una normalissima infermiera da film porno, fuori da un film porno.
Posso accettare tutto il resto, ma perché diamine un’infermiera, una normalissima infermiera di un normalissimo ospedale, debba vestirsi con un costumino da Sexy Shop davvero non lo capisco.
Ma forse è una delle cose meno incomprensibili di tutto Adrian. Di sicuro lo è meno di pensare che nel 2068 sia da giovani ribelli esporre in camera un poster di Barack Obama.
Barack Obama, dal 2068 con furore.
Adesso mi sento anche io gio-gio-giovane e ribelle con le mie stampe di Carlomagno, Carlo V e Massimiliano I incorniciate sopra il letto…
Per concludere le delizie miste, aggiungo il pensiero di un mio amico: il fatto che una serie che parla di libertà, amore e pace venga sviluppata da uno studio della Corea del Nord (Studio SEK) è di sicuro parte dell’esperienza Adrian.
Adrian: una fantasia adolescenziale…
Sto usando “adolescenziale” a essere buoni, visto che è davvero bambinesca. Giusto un bambino concepirebbe una storia e un protagonista così, come appare nei primi due episodi. I personaggi che immaginavo in quarta elementare o alle medie, che ricordo ancora bene, erano tutt’altro che perfetti e fighissimi: avevano sempre qualche grave difetto, di solito mentale (avidità, alcolismo, arroganza, disprezzo della vita altrui, fanatismo, codardia ecc.). E non erano dei fighi, anzi.
Il grosso problema di Adrian è che è perfetto. Supercompetente, privo di difetti al momento noti. E non soffre, mai: perfino quando la polizia lo tiene a terra, durante l’irruzione del primo episodio, lui viene lasciato andare senza conseguenze. Non c’è alcuna sofferenza, men che meno una ingiusta. Qualsiasi cosa fa Adrian va per il meglio, e lui sa sempre trovarsi al momento giusto nel posto giusto.
Anzi, volendo un difetto ce l’ha, ma dubito che Celentano lo abbia visto come tale (non appare essere tale negli episodi). Qualsiasi cosa succeda, anche di fronte a dei soprusi come a inizio storia, Adrian ha sempre quel sorrisetto strafottente stampato in faccia. Come se non gliene fregasse un cazzo di niente, o fosse addirittura divertito dalle tribolazioni degli umani. Cos’è: uno degli elfi di La spada spezzata di Poul Anderson? Sorrisetto odioso, per lo spettatore, che l’altrettanto odiosa e inutile voce narrante definisce uno sguardo:
con aria disincantata e alquanto divertita
Il perenne sorrisetto da faccia di cazzo di Adrian.
Adrian è talmente figo in tutto che perfino avere la faccia di Adriano Celentano non sembra essere un problema: col suo fascino può sedurre qualsiasi donna senza fatica.
Anche il vero, grosso, difetto di Adriano Celentano è ininfluente: l’ammasso di banalità che formano il suo pensiero, come espresse anche dalla canzone I want to know con cui “apre la mente” degli ascoltatori al concerto, sono qui viste come importanti perle di saggezza…
In questo Adrian è profondamente adolescenziale perché nulla della concezione della vita sempliciotta e ridicola che Celentano trasporta nel cartone viene visto come sbagliato: il mondo si piega e si costruisce attorno a quella visione, rendendola giusta anche quando non lo è. Celentano non affronta criticamente il proprio pensiero nello scontrarsi col mondo reale, ma nega il mondo reale e lo ricrea per adattarsi al suo pensiero. E non lo fa nemmeno granché bene.
Perché alla fin fine in quel regime che vediamo abbiamo una Milano con pochissimo traffico e gente che sta bene e ha una vita “guidata” ma soddisfacente. Non vediamo oppressi, a parte gli oppositori del regime arrestati. Se si voleva rappresentare un regime autenticamente schifoso, e non una specie “dittatura illuminata”, siamo parecchio lontani. È pieno di paesi oggi che sono molto peggio di quello lì. Anche senza avere le magiche granate che fanno sparire i mobili (sigh, spero che questa cosa abbia un senso più avanti).
La faccia reale di Adriano Celentano. Per non dimenticare.
… piena di stereotipi e sesso.
Al di là delle scopate inutili al fine della storia, e del continuo mostrarci il culo di Gilda (la compagna di Adrian), ciò che mi ha lasciato perplesso sono gli stereotipi. Capirei benissimo gli stereotipi su Napoli e la sua Mafia International (ma poi perché Mafia e non Camorra?), o quelli sui “negri anni ’80” che fanno la voce buffa e sembrano deficienti… ma in un’opera di umorismo. In una satira. In qualsiasi posto che non fosse una serie che vorrebbe fare denuncia sociale (sigh).
Come viene rappresentato il ragazzo musulmano di pelle nera che finalmente può abbandonare le fogne in cui viveva perché ora ha il permesso di soggiorno? Come un ritardato con la voce da macchietta negra. Sul serio. E non è solo un ritardato che blatera della sua torta così buona, ma è anche lo stereotipo del vucumprà che al primo approccio con qualcuno mostra subito gli orologi che ha da vendere. Qui abbiamo alla lettera un ritardato fuggito dalle fogne, citando un articolo del 2013 di Gamberetta.
Da brava fantasia adolescenziale, Adrian include bellissime ragazze che stanno per subire uno stupro e vengono salvate. Perché sì, tra centinaia di possibili motivi di conflitto che si possono inventare ancora sembra ovvio scegliere in automatico lo “stupro” se la vittima è donna.
E indovinate che aspetto ha uno dei due aspiranti stupratori del primo episodio? Naso camuso, capelli ricci, pelle scura e labbroni vi dicono niente? E se lo arricchiamo con uno sguardo laido e l’aggiunta di un orecchino perché Signora mia i giovani d’oggi… ?
Adrian: apprezzate il molestatore nero con la stessa espressione riciclata in più momenti della scena (qui inizio e fine).
Perfino il gruppo di esperti di arti marziali (sottinteso orientali, quindi straniere), che sembrano usciti da Hokuto no Ken o da Double Dragon, hanno la testa rasata e il lungo codino che evoca la minaccia gialla dei cinesi.
Con Adrian non si riesce a capire se Celentano voglia criticare la visione salviniana del pericolo portato dagli immigrati (ciò che a parole sta “raccontando”) o se la abbracci completamente in un tripudio geriatrico di xenofobia da vecchia incazzata che danza con Calderoli (ciò che ci “mostra” davvero).
Sesso random e tentativi di stupro in cui è l’eroe a intervenire per salvare indifese fanciulle ecc. sono parte delle tipiche fantasie adolescenziali di bassa lega. Adrian è palestratissimo, agilissimo, coordinatissimo e sa fare a pezzi i cattivi senza fatica. E si scopa una superfiga ninfomane che sembra letteralmente uscita da una fantasia di Manara (ops!) e che pur di chiavare non lo lascia nemmeno lavorare!
Questa è una roba da ragazzino con gli ormoni impazziti, ma ancorato nella visione del mondo antiquata di un anziano. E non un anziano qualunque: uno a cui sono sfuggiti gli ultimi 40 anni di storia e si è estraniato dal presente, come una versione perversa del protagonista di Up. Robe da rinfanciullito che mai, mai, MAI avrei immaginato di abbinare a Celentano.
Con contenuti così profondi e pregnanti, chi ha bisogno del Macbeth quando c’è Adrian?
Grazie a Celentano il celebre “ritardato fuggito dalle fogne”, ipotizzato da Gamberetta nel 2013, ha finalmente un volto. Un evento da ricordare, come quando il CERN rilevò il bosone di Higgs.
Extra: Due parole sui predatori “di risorse”.
L’equazione “donna + criminali = stupro” non è neanche sempre valida dal punto criminale: le donne, essendo bersagli minuti e considerati meno capaci di difendersi, sono maggiormente idonee alla predazione criminale anche da parte dei semplici rapinatori senza alcun intento sessuale.
Il fatto che le ragazze abbiano la vagina, nonostante le fantasie di film e romanzi, è qualcosa che importa molto poco ai criminali “di risorse” a cui della ragazza importa solo l’aspetto inoffensivo e i soldi da portarle via. Un criminale “di procedimenti”, a cui importa l’atto criminale in sé, è un altro discorso: stupratori e serial killer ricadono in questa classifica e godono nel commettere l’azione in sé, non per ottenere un beneficio monetario spendibile. Non ruota tutto attorno al sesso, insomma: per moltissimi delinquenti è il denaro a importare e affrontano il loro lavoro come altri affrontano quello di broker in Borsa.
Rory Miller in Violence (da cui ho tratto le distinzioni dei predatori di “risorse” e “procedimenti”) citava un caso famoso avvenuto in Russia, di cui gira ancora il video online, in cui l’aggressore sbatte al suolo una ragazza per rubarle il borsellino e la prende a calci in faccia. Lei fa l’errore di resistere e gridare, nonostante non possa vincere, e il criminale le deve dedicare altre scariche di calci fino a quando riesce a farla tacere. Le testimonianze di grida fortissime vennero riportate dai media russi dell’epoca, dice Miller. Alla fine la ragazza finì in coma e morì mesi dopo.
Lui non era lì per ucciderla, era lì solo per i soldi, ma nel momento in cui la detentrice della “risorsa” si è dimostrata un ostacolo non si è fatto problemi a eliminarla per interrompere il problema. Non è un femminicidio, come non lo è in molti altri casi spacciati per tali: lei non viene uccisa in quanto femmina, ma in quanto preda che con le proprie urla sta mettendo in pericolo il predatore. E visto che nel mondo reale (e legale) le vittime si colpevolizzano, andiamo fino in fondo: se uno si comporta come un antifurto umano, può solo aspettarsi che il delinquente di professione lo “stacchi” visto che per lui può non esserci una differenza così netta tra una persona e un oggetto.
D’altronde se i leoni si bloccassero all’idea di far soffrire le gazzelle, morirebbero di fame. Un discorso simile si applica anche ai comportamenti “disumani” usati dalle aziende per difendere i propri profitti: d’altronde non è così raro che gli amministratori delegati siano psicopatici. L’essenza di un predatore è saper concepire l’altro solo come un oggetto di cui avvantaggiarsi, senza provare empatia.
Concepire questo modo di pensare nei soggetti criminali, e le contromisure per non farlo scattare, è parte della comprensione del linguaggio della violenza che Miller cerca di diffondere tra le persone “normali” coi suoi libri. Non sarebbe male smetterla di blaterare che non bisogna colpevolizzare le vittime, e iniziare a ragionare che ognuno di noi, come potenziale vittima, è tenuto a studiare il linguaggio della violenza per poter “comunicare” con i predatori ed evitare di farsi ammazzare quando potrebbe evitarlo. Anche capire i predatori è empatia, e bisogna svilupparla o non si è tanto meglio di loro.
Nell’ottica di un criminale “di risorse”, che vuole denaro, come ben comprensibile dal testo di Miller, la questione non è “maschio” o “femmina”: non è il pene o la vagina della preda a interessare, è solo la facilità o meno di predare il bersaglio, di norma stimata dall’aspetto aggressivo e dalla mole fisica. Le donne sono più piccole e spesso hanno un aspetto meno aggressivo, ma non bisogna fare l’errore di pensare che sia “l’essere donna” la questione: un predatore abituato a simili azioni punterebbe un maschio di 55 kg con gli occhiali, non una donna di 80 kg di muscoli con la faccia di Zangief (ne conosco una così, sul serio, che frequenta la mia palestra).
Torneremo a parlare di comunicazione della violenza in futuro, ma i testi del sergente Miller, molto in voga tra i poliziotti e tra chi si occupa di sicurezza, sono il genere di cose che fanno salire la bava alla bocca alle femministe farlocche, quelle col cervello impermeabile ai fatti reali e la fobia delle colpevolizzazioni. E dire che proprio nell’accogliere certe teorie, e spingere su quelle senza infilarci stronzate ideologiche, si potrebbe fare moltissimo per la causa femminista…
La combo Celentano-Manara ci offre delle ragazze che ovviamente appena fanno due passi di corsa per scappare inciampano nei propri piedi. Giusto per non essere scontati. Come nei migliori anime.
Adrian e gli orrori del presente.
In Adrian è mostrato un futuro distopico dal punto di vista di un vecchietto decrepito (lo ha notato anche Synergo). Tutto ciò che riguarda la tecnologia e infastidisce i vecchi più acidi, come tablet o smartphone, è il “brutto” della distopia. In Adrian il mondo del bene e della bellezza è quello dei vecchi, con gli edifici decrepiti della via Gluck, mentre i nemici sono i giovinastri e le loro tecnologie.
Ma sopratutto i giovinastri e i loro cattivi comportamenti: o tempora, o mores! E così in questo mondo bellissimo incontriamo un gruppo di giovinasti con la cresta, muscolosi, che tirano fori la lingua come i predoni-maniaci di Hokuto no Ken, e ovviamente bevono e si drogano (in combo: nel secondo episodio sciolgono delle pillole sospette nelle loro birre). Mancavano solo le scimitarre e le asce da leccare: essendo esperti di arti marziali qui si sarebbero dovuti leccare le nocche, ma Celentano ci ha risparmiati…
Il sesso è permesso, perché anche i vecchi lo capiscono come accettabile, ma i pari diritti nei comportamenti no. E infatti nonostante i nostri predoni-maniaci abbiano molestato fin dall’inizio della sequenza le due ragazze, la colpa dell’accaduto per il tentato stupro sarà delle due… e non per il motivo “giusto” (vedremo dopo il comportamento suicida attuato), ma per uno totalmente disconnesso con la vicenda.
Analisi del secondo tentato stupro in Adrian.
Riepiloghiamo la questione.
Nel bar in cui si tiene l’incontro per gli “amici di Adrian” ci sono due ragazze a un tavolino, sobrie, che vengono guardate e riempite di apprezzamenti volgari. Le ragazze hanno davanti a sé delle tazzine, non bottiglie vuote, bicchierini e boccali, eh. Sembrano tazze da caffè. C’è solo un contenitore che sembra avere un cocktail, ma è pieno per metà. E, come detto, loro sembrano perfettamente sobrie (ridacchiano un po’ per l’emozione e basta). Controllate l’episodio.
Ragazze al bar: notare le due tazze. Non ci sono bicchierini di vodka vuoti. Non ci sono boccali o bottiglie. E loro si comportano nella scena come se fossero totalmente sobrie.
Gli apprezzamenti molesti dei predoni di Hokuto no Ken diventano sempre maggiori (palpano il culo della brunetta) e le ragazze decidono di lasciare il locale. Nota: questo comportamento è perfettamente corretto e sicuro, e chi ha letto Facing Violence: Preparing for the Unexpected di Rory Miller sa anche che negli USA, per esempio, è obbligo di legge che i cittadini si allontanino da un locale al minimo segno di pericolo (il rimanere in un luogo potenzialmente pericoloso fa decadere il diritto alla legittima difesa).
Il problema è che i predoni seguono le ragazze subito, incollati al loro culo, e queste non se ne accorgono. A questo punto è palese cosa sta accadendo e dovrebbero andare dal proprietario del locale, avvisarlo del problema e chiamare la polizia.
Fino a questo punto, a parte essere incapaci di accorgersi di quattro energumeni a due metri di distanza che le seguono sulle scale, le ragazze si sono comportate in modo esemplare. Una comprensione perfetta del pericolo rappresentato dai luoghi in cui si consumano alcolici: sono sobrie, sono in coppia, si allontanano dal pericolo. Il problema arriva dopo quando dicono, nel vicolo, di aver scelto la strada più breve per fare prima (ma così si sono isolate dalla sicurezza delle vie trafficate). Questo è un comportamento molto pericoloso per chiunque, non solo per una donna.
Chi mai si accorgerebbe di essere seguita?
Se ben quattro energumeni ti hanno appena molestato NON vai in una stradina isolata nemmeno se sei un uomo, pesi 100 kg di muscoli, sei un pugile e hai una pistola carica. Se lo fai stai aumentando il tuo pericolo di venire aggredito. Punto. Queste sono nozioni basilari di sicurezza urbana. E quattro tizi così, palesemente su di giri e che potrebbero lanciarsi addosso di peso con dei coltelli, non li fermi da solo senza essere davvero un personaggio “romanzesco”.
Non è cultura dello stupro: è razionalità e sopravvivenza, e vale per gli uomini quanto per le donne. Qualche chilogrammo di muscoli in più non protegge da un predatore affamato di risorse: rende solo più facile che scelga una preda diversa. Tant’è che nel mondo della giustizia degli USA, come spiegato da Miller, cacciarsi apposta in situazioni che aumentano il proprio rischio comporta la rinuncia di potersi avvalere della legittima difesa.
I cittadini (negli USA, rimaniamo su quest’esempio) hanno l’obbligo di legge di allontanarsi da ogni potenziale pericolo se è appena appena possibile. Non hanno diritto di “scegliere” se farlo o meno. Chi non lo fa e poi si caccia nei guai, cazzi suoi. In futuro torneremo a parlare del “mito” provincialotto che abbiamo in Italia di cosa sia la legittima difesa negli USA (e non solo). Un autentico incubo legale.
Detto questo, rimane assurda e sessista la frase che pronuncia Adrian dopo aver salvato le fanciulle:
Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l’increscioso approccio con quei tipi loschi.
Assurda per diversi motivi.
Se sei a priori contro la colpevolizzazione delle vittime (ovvero credi che “nessun comportamento che incrementa le possibilità che avvenga un reato può essere considerato capace di aumentare le possibilità che avvenga un reato”, perché la razionalità è una cosa per pagliacci) quella frase è oscena per ovvi motivi.
Se sei un essere umano dotato di raziocinio (e quindi pensi che se una cosa aumenta una possibilità, allora la possibilità aumenta) quella frase è ancora più oscena. Perché è una colossale stronzata. Non erano ubriache, non è quello il problema.
Non hanno intrapreso alcun comportamento pericoloso nel bar: sono state encomiabili! E Adrian ha visto tutto, LO SA. L’errore è stato solo scegliere delle stradine secondarie di notte, in cui anche uno col fisico di Zangief sarebbe finito accoltellato e rapinato da una gang di bruti psicopatici come quelli.
Lo studio della scena a cura di Manara. Una cosa raffinatissima…
L’episodio cerca di correggere il problema del fatto che palesemente non abbiano bevuto, dando una voce leggermente impastata alle ragazze nel vicolo e facendo dir loro che hanno bevuto troppo (ma noi abbiamo visto che prima stavano bene).
Se anche avessero bevuto un po’, non è quello il problema: camminano dritte, ragionano in modo chiaro e prima hanno preso una decisione lucida. Non hanno seguito i tizi della gang in un luogo appartato perché erano su di giri a causa dello stordimento e sragionavano: sono state aggredite come sarebbe potuto accadere anche a Zangief da sobrio. Punto. L’alcol non c’entra un cazzo!
Che cazzo ha nel cervello Celentano per poter concepire una scena simile, con simili battute illogiche e cariche di sessismo ottuagenario?
Adrian: un personaggio sovrannaturale?
Di questo ha parlato anche Victorlaszlo88 ed è una cosa su cui riflettere. Dopo il concerto, in cui migliaia di persone hanno visto per parecchi minuti Adrian sui maxischermi e sul palco, nessuno riesce a ricordare il suo volto. Tutte le registrazioni fatte falliscono, i dispositivi smettono di funzionare… quindi il suo superpotere è pure selettivo visto che i maxischermi e le telecamere necessari allo spettacolo funzionano, e tutti gli altri vicini no. Ci aspettiamo implicazioni future, se ha un potere cosciente così formidabile.
I due fedelissimi scagnozzi, che a me piace chiamare Agente Smith e Pinotto, pur avendo fissato a lungo e per bene Adrian, non riescono a ricordarlo. Lo hanno anche interrogato chiedendogli dove abita e lui ha risposto indicando la via Gluck, prima di scomparire misteriosamente, ma non riescono a ricordarla.
Adrian ha capacità incredibili che gli permettono anche di combattere come se danzasse, contro gli stupratori col codino. E ricordiamo che nella scena in cui lotta danzando al ritmo della musica, con la maschera della volpe (“zorro”, in spagnolo), la sua ombra affronta i nemici in modo indipendente da lui. Magia autentica.
L’ombra lottatrice della Volpe!
Successivamente affronta lo pseudo Zangief/Kratos con uno stile di combattimento diverso degno della serie Street Fighter. Frantuma addirittura il braccio del signore di mezza età, con una mossa di gratuita brutalità (che poteva benissimo evitare di compiere), e scaglia via la signora con un megacazzottone. D’altronde la signora era brutta e cattiva quindi si può menare: ad Adrian piacciono le ragazze belle (e quindi buone, sigh).
Ci sono altri accenni più difficili da decifrare, come quando lui dice di conoscere da quando erano piccole le due anziane signore che abitano vicino a lui. Ma in un altro momento loro due dicono di averlo addestrato, quando c’è la discesa (senza alcun scopo di trama noto, al momento) nel mondo sotterraneo delle fogne.
La stessa via Gluck, infilata in una piccola area circondata dai grattacieli, sembra fermata nel tempo agli anni 1960. Un secolo prima. Non è normale. Deve esserci qualcosa sotto di strano, di fantastico…
Via Gluck, ferma nel tempo nel mezzo di una Milano futuristica.
Adrian: tanto rumore per nulla.
Alla fine questo progettone di spettacolo dal vivo con annesso cartone animato da, si dice, 20-28 milioni di euro come è andato nelle prime due serate? Male. Citando Liberoquotidiano.it:
Aspettando Adrian ha totalizzato 5,997 milioni di telespettatori, con share del 21,9%, mentre Adrian vero e proprio è crollato a 4,544 milioni e 19,1% di share.
La seconda sera lo share di chi guardava l’episodio animato era scesa al 13,3%. Non fa schifo in assoluto, ma lo fa per il progetto e la sua fastidiosa e invasiva campagna pubblicitaria che ci ha rotto le palle a lungo. Con perfino gli spot spaccatimpani sparati con 10 decibel extra rispetto ai programmi. Un concentrato di tutto ciò che bisognava fare per attirare astio gratuito e preconcetti contro una serie che si è rivelata peggio delle aspettative.
Sapete cos’altro si può fare con 20 milioni di euro, rimanendo a tema supereroi? Glass, che in due fine settimana ne ha incassati più di 160. Soldi ben spesi questo Adrian, nevvero?
Adrian: un orrore inatteso?
Un orrore di questo livello sì, era imprevedibile, ma che sarebbe stato un ammasso di banalità, idiozia e deliri narcisisti di Celentano potevamo aspettarcelo. D’altronde c’è un celebre precedente, anche se rispetto a questa serie ci può sembrare un capolavoro (e dato il tempo passato, perfino un piccolo classico), ovvero Joan Lui.
Liberoquotidiano.it, tra un articolo in cui collega nel titolo il calo del fatturato delle aziende con l’aumento degli omosessuali e gli altri deliri random per cui abbiamo imparato ad amarlo, fa qualcosa di utile proponendoci dei commenti a Joan Lui estratti da alcuni dizionari del cinema:
Baldini e Castoldi: «Celentano mette in scena il proprio delirio di onnipotenza. Il film, con assoluta mancanza di ogni misura e pudore, riesce solo a elencare, banalmente, i peggiori luoghi comuni del qualunquismo».
Newton Compton: «Delirante apologo sui mille mali della società. Ma per fortuna arriva Joan Lui, nei panni del nuovo redentore ad aprire gli occhi e i cuori della gente. Frutto della megalomania del cantante attore. E Celentano dimostra come i tempi per dar vita in tv allo scandaloso “Fantastico” fossero ormai maturi».
Insomma, potevamo aspettarcelo. Eppure l’Orrore sa essere sempre, comunque, inatteso.
Se solo avessimo bevuto qualche bicchierino di ottimismo in meno, non ci saremmo fatti cogliere impreparati…
Buona visione, se troverete il coraggio per proseguire… e tenete affilata la vostra mente, contro perbenismi e teorie di comportamento suicide. 😉
  Adrian: Celentano e gli ormoni impazziti da rinfanciullito Adrian di Celentano è un'opera strana. Ero un po' combattuto se parlarne o meno perché non c'è niente da imparare, e i motivi di cui ridere sono stati ampiamente discussi in giro.
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lyokotears · 3 years
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𝐌𝐈𝐒𝐀̈𝐑
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𝐍𝐎𝐌𝐄
↳Misär
Misar significa letteralmente "Miseria" in lussemburghese, sua lingua madre;
Miseria fa riferimento alla dea Oizys, dea della sventura, ansia e depressione, di cui il nome romano è "Miseria"
𝐒𝐎𝐏𝐑𝐀𝐍𝐍𝐎𝐌𝐄
↳Misu, spilungone depresso
𝐃𝐀𝐓𝐀 𝐃𝐈 𝐍𝐀𝐒𝐂𝐈𝐓𝐀
↳10/10/???
Giornata mondiale dei disturbi mentali.
𝐋𝐔𝐎𝐆𝐎 𝐃𝐈 𝐍𝐀𝐒𝐂𝐈𝐓𝐀
↳???
𝐎𝐑𝐈𝐆𝐈𝐍𝐈
↳Lussemburghesi
𝐆𝐄𝐍𝐄𝐑𝐄
↳Androgeno (qualunque pronuncia)
𝐎𝐑𝐈𝐄𝐍𝐓𝐀𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎
↳pansessuale
𝐇𝐎𝐁𝐁𝐘
↳Studiare la mente umana, parlare di ciò che ha studiato, lavorare ai disturbi mentali
𝐒𝐄𝐆𝐍𝐎 𝐙𝐎𝐃𝐈𝐀𝐂𝐀𝐋𝐄
↳Bilancia
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𝑨𝑺𝑷𝑬𝑻𝑻𝑶
𝐒𝐏𝐄𝐂𝐈𝐄
↳Iena e cane
𝐀𝐋𝐓𝐄𝐙𝐙𝐀 𝐄 𝐏𝐄𝐒𝐎
↳3,00x40kg
Dato che non posside quasi per niente spessore muscolare, conta solo il peso delle sue ossa e dei suoi organi interni, se avesse posseduto massa corporea e muscolare sarebbe pesato 190kg circa
Tumblr media
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𝑷𝑬𝑹𝑺𝑶𝑵𝑨𝑳𝑰𝑻𝑨��
↳INFP
La personalità di Misar è la personificazione dell'insicurezza ed emotività.
Non è molto bravo nella socializzazione, preferisce che siano gli altri a parlargli per primi, e si sente molto in ansia quando è lui costretto a farlo.
Ha una paura abbastanza giustificata per il giudizio, infatti puntualmente, ogni persona che incontra fa qualche battuta sul suo aspetto fisico, lo guarda male o con aria spaventata;
Lui stesso ammette che è una reazine giustificata che riceve da milioni di anni, ma allo stesso tempo non riesce a fare a meno di sentirsi male ogni volta che qualcuno la ha, e si stupisce abbastanza qualdo qualcuno non ha quel tipo di reazione ed è idifferente a lui o addirittura è attratto dal suo aspetto.
Per il discorso di prima, Misar ha paura di uscire di casa, ha paura di se stesso e di non essere abbastanza per gli altri, ha molta ansia nei modi di fare, e inoltre è la persona più insicura che si piò trovare in circolazione.
Misar quando prende confidenza mostra molto della sua "vera" personalità, e sembra molto più sicuro di se nei suoi discorsi, diventa entusiasta e addirittura cambia tono di voce;
Questo si presenta quando deve spiegare la sua visione del cervello, quando deve illustrare le sue malattie mentali, o quando deve parlare di psicologia generale, oppure quando si sente al sicuro al 100%, altrimenti, se non si sentirà al sicuro, parlando normalmente, avrà sempre il suo modo timido e insicuro.
Non sempre ha la possibilità di dimostrarlo, ma Misar è una persona molto gentile e disponibile, si capsce anche abbia un istinto paterno, dato che con determinate persone diventa protettivo, oppure comincia a dare consigli per come gestire i propri problemi o stati d'animo, a volte anche con le persone che non si comportano gentilmente con lui ma che sa non lo scaccerebbero, per il solo gusto di aiutare.
Nonostante le sue insicurezze, come gia accennato, l'unica cosa su cui ha il 100% di autostima sono la sua intelligenza e soprattutto le sue "opere d'arte", ovvero le malattie che crea e i suoi sforzi sullo studio della mente, tanto che appunto è entusiasta quando ne parla, e si dimentica totalmente di tutti i suoi problemi quando studia o crea, per questo riduce al minimo le sue interazioni sociali e fa solo quello.
Nonostante il suo temperamento calmo, e la quasi impossibilità di arrabbiarsi, Misar è una di quelle persone che non si tiene proprio tutto, infatti se si esagera anche lui inizia a insultare e rispondere, e divneta anche molto acido.
E' affettuoso se prende quel tipo di confidenza, abbraccia e coccola chiunque lo fa entrare nel mood coccole, anche se spessissimo si sente insicuro quando gli fanno le coccole, perchè pensa che non ci sia niente di bello da accarezzare ;;
E' UN PATATO, PUNTO.
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𝑩𝑨𝑪𝑲𝑺𝑻𝑶𝑹𝒀
↳Misar nasce come divinità in un tempo indistinto, ma non aveva particolari compiti dato che si dovevano ancora stabilire, quindi decise di darsi da solo il titolo di “dio scienziato”, per via del fatto che dal secondo esatto della sua nascita cominciò a studiare ogni forma di vita sull'universo, in particolar modo era affascinato dal cervello degli esseri intelligenti.
Perdeva anni interi a capirne la struttura e le funzioni, non importandosene di una vita sociale o di cosa le persone pensassero di ciò che stesse facendo, dato che la sua vita dipendeva da ciò.
Purtroppo, dato che non aveva un aspetto carino, molte abilità comunicative e non aveva neanche un ruolo quindi essendo “vuoto", secondo l'opinione delle divinità qualcuno come lui non meritava neanche di stare al mondo, perciò gran parte decise di rendergli la vita impossibile, arrivando a distruggere ogni cosa che riusciva a creare nel corso degli anni, compromettendo gli studi, facendo addirittura estinguere popolazioni intere pur di non lasciargliele studiare.
La goccia che fece traboccare il vaso fu quando gli fu assegnato un universo, e dopo che riuscì a creare delle forme di vita intelligenti che amava e curava come se fossero suoi stessi figli, le divinità che lo tormentavano decisero di uccidere ogni essere che si trovasse in quell'universo, non lasciando in vita anima viva, se non una sola persona che si salvò solo perché apparentemente immortale.
Misar tentò di togliersi la vita innumerevoli volte, dato che non riusciva a sostenere lo stress e i sensi di colpa per non essere riuscito a fermare la strage, ma si fermò ogni volta per una sola ragione, quella ragazzina che rimase in vita, Diana.
Inizialmente non andavano molto d'accordo, dato che anche la ragazzina aveva pregiudizi su di lui, ma mano mano che si conoscevano il loro legame divenne profondo, tanto che potevano considerarsi a tutti gli effetti padre e figlia.
Diana era l'unica che gli dava supporto durante i suoi studi, e che ebbe il coraggio di ribellarsi alle divinità che si scagliavano contro il padre, e Misar in cambio le dava cure e affetto.
Un giorno però Misar venne a conoscenza del fatto che la figlia si fidanzò con un demonio giovane, e che essendo ormai grande voleva sposarsi e mettere su famiglia con suddetto demone, e ciò lo portò a diventare paranoico sotto ogni punto di vista, fino al punto che e impedì alla figlia di uscire di casa e di frequentare il ragazzo, tutto per paura di essere abbandonato, e in compenso per provare a non far sentire sola la figlia anche lui smise di uscire di casa per concentarsi al 100% su di lei e sugli studi.
Col tempo però si accorse degli effetti che la situazione stava avendo sulla psiche della figlia, si accorse di quanto la figlia perse vitalità, perse voglia di fare, e andando avanti col tempo era impossibile parlarle, dato che non usciva più da camera sua, neanche per mangiare.
Misar non riusciva a spiegarsi il motivo, in anni che studiava le forme di vita intelligenti non era mai capitata una cosa simile, perciò un giorno decise di studiare il cervello della figlia senza che lei lo sapesse;
Non aveva mai visto nulla di simile, ciò che la figlia aveva era uno stato mentale che stava alterando le funzioni cognitive, una forma di depressione, il primo disturbo che lui mai vide in vita sua.
Decise di dare priorità alla figlia piuttosto che alle sue paranoie, quindi di lasciarla uscire di casa è ricongiungersi con il demone, ma nonostante ciò non notò miglioramenti;
Provava disperazione perché non riusciva a curarla, ma non si arrese mai, e decise di indirizzare tutte le sue ricerche sul cervello, alla sola cura della malattia.
Durante la ricerca, per pura curiosità, decise di alterare altre funzioni cognitive su delle cavie senzienti, creando altri disturbi ancora, uno diverso dall’altro ma in qualche modo simili e affascinanti;
Facendo così, Misar fece qualcosa di cui si pentirà per tutta la vita, si distrasse dalla sua missione.
Ogni giorno si concentrava poco sulla cura e più sulla creazione di disturbi, fobie o traumi, ormai il suo mondo era composto solo di quello, proprio come tempo addietro, per tentare di distrarsi dalla disperazione che stava provando, si ossessionò con le sue pratiche.
Mandò per l’universo le sue cavie con i geni “infetti”, e pian piano fece espandere i suoi disturbi ovunque, e sostiene ancora oggi di aver fatto bene dato che facendo così la vita ha più significato;
Dato che ormai tutti erano a conoscenza di ciò che stava succedendo, e dato che stava avendo un impatto universale, i piani alti decisero che finalmente, il suo ruolo era “dio dei disturbi mentali”.
Dato che  aveva ricevuto il suo titolo, la creazione di malattie non era più un “antistress”, ma una specie di obbligo morale, e ciò gli fece dimenticare totalmente sia di sua figlia che addirittura di se stesso, come se si fosse dissociato dal suo corpo.
Tornò in sé solo il giorno in cui la figlia si suicidò.
Era vuoto e distrutto, non riusciva a vivere con quel peso sulle spalle, senza contare il fatto che ormai era più solo che mai, e così che si lasciò “morire”.
Il suo corpo era vivo, ma la sua mente era completamente andata, ormai era solo un guscio che studiava e creava malattie senza sosta, senza fare assolutamente nient’altro.
Passarono secoli, e lui si trovava ancora in stato catatonico, quando sentì una scossa fortissima al suo cervello, e improvvisamente si riprese dal suo “sonno”.
Non sapeva assolutamente cosa fosse successo, ma sapeva che non doveva riprendere in mano la sua vita, doveva ricrearla daccapo.
Cambiò modo di vivere, si decise ad uscire di casa, decise a provare a farsi una vita sociale e ricreare il suo universo daccapo, ma stranamente si sentiva attratto dalla terra.
Il motivo gli fu chiaro dal momento esatto in cui mise piede per la prima volta sulla terra dopo 22 anni e lo vide;
Era uguale a lui, aveva i suoi stessi occhi e aveva l’impressione di conoscerlo da tutta la vita;
Poi realizzò che mentre nel Regno dei Morti, dove viveva da sempre, erano passati secoli dalla morte di Diana, sulla terra erano passati solo 22 anni.
Quello era suo nipote, Elibi.
Voleva sapere tutto di quel ragazzino, ma lui allo stesso tempo non aiutava, scacciandolo sempre o scappando senza dire una parola.
Ancora oggi non riesce a ricevere informazioni, quindi attualmente sta tentando di approcciarlo-
E allo stesso tempo continua a tentare di creare una vita daccapo.
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𝑺𝑨𝑳𝑼𝑻𝑬
↳𝐅𝐈𝐒𝐈𝐂𝐀
Essendo molto alto più di un normale essere umano, e essendo letteralmente pelle e ossa, ha parecchi problemi di fragilità delle ossa e soprattutto degli organi interni, anche solo essere stretto più del dovuto potrebbe metterlo in pericolo di vita, e portare abiti pesanti gli reca fastidio e scarsa mobilità, per questo non espone mai il suo corpo data la giacca, ma allo stesso tempo sotto la giacca è molto esposto esposto.
Inoltre fatica amuoversi e a camminare, non può alzare le braccia più di un tot, gli è impossibile saltare e alzare le gambe.
↳𝐀𝐋𝐋𝐄𝐑𝐆𝐈𝐄
E' allergico al grano lol-
↳𝐌𝐄𝐍𝐓𝐀𝐋𝐄
Quando crea una nuova malattia mentale la testa su se stesso, quindi finchè il suo cervello non se ne libera automaticamente, quindi spesso sono cose temporanee.
Soffre "ufficialmente" del disturbo bipolare, dominante lo steto depressivo, e costanti esaurimenti nervosi.
↳𝐅𝐎𝐁𝐈𝐄
Sitofobìa (solo alcuni cibi, tra cui quelli contenenti grano)
Agorafobia
Tripofobia
Atelofobia
Yusshfobia™️
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𝐈𝐍𝐅𝐎𝐑𝐌𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐈 𝐂𝐀𝐒𝐔𝐀𝐋𝐈
𝐜𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞
↳Blu e tutte le sue tonalità
𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚𝐥𝐞
↳Quelli di piccole dimensioni
𝐛𝐞𝐯𝐚𝐧𝐝𝐚
↳Milkshake
𝐜𝐢𝐛𝐨
↳Torte di ogni tipo
𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚
↳Non ascolta musica
𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐦𝐦𝐢𝐫𝐚
↳Chiunque che non sia lui o Youth-
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𝑪𝑼𝑹𝑰𝑶𝑺𝑰𝑻𝑨̀
↳A quanro dice, l'esperienza più avvincente della sua vita è stata quando ha messo per la prima volta piede fuori casa, la migliore è quando ha visto per la prima volta Diana ed Elibi, la peggiore è la sua vita stessa-
↳È sordo e sente attraverso le vibrazioni, inoltre ha problemi di vista.
↳Non ha mai avuto amici né una relazione, e non sa proprio come si fa😭😭
↳Il suo QI è di circa 120.
↳In una vita alternativa vorrebbe fare lo stilista🥰
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gazemoil · 6 years
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RECENSIONE: Calcutta - Evergreen (Bomba Dischi, 2018)
Edoardo d'Erme, in arte Calcutta, è uscito fuori dal bozzolo di strimpellatore da cameretta con il primo album Mainstream - senza contare l’autoprodotto Forse… del 2012 - un titolo a cavallo tra ironia e intenzione che grazie a canzoni come Cosa mi manchi a fare, Gaetano e Frosinone è diventato un classico dell'indie italiano, quello che urli in macchina con gli amici a Pasquetta, Ferragosto e per tutte le feste, mentre coi finestrini abbassati sei bloccato nel traffico e dalle macchine vicine si sente l'eco di Despacito. Tastiere pop, un pò di auto-tune, richiami al vecchio cantautorato italiano e attitudine da sempliciotto impacciato si sono uniti ai classici ingredienti chitarra scordata e voce stonata, formulando l'accoppiata vincente per un nuovo tipo di hit. Mainstream ha sovvertito la tradizionale avversione indie del tenersi lontano dalla radio perché sarebbe uguale a sputtanamento - e perciò a qualcosa di negativo. Calcutta non si è mai preso sul serio e di essere anticonformista non gli è mai fregato. O lo detesti o lo ami, in ogni caso sfido a trovare qualcuno consapevole della sua esistenza che non abbia mai cantato, neanche sottovoce, “e non m'importa se non mi ami più, e non m'importa se non mi vuoi beneee”
Tre anni dopo arriva Evergreen, un album che per forza maggiore si porta dietro tante responsabilità, tra le quali la più grande è reggere bene il peso del tempo come sta facendo il predecessore e per farlo Calcutta ha dovuto dosare i compromessi. Per certi aspetti Evergreen prosegue sulla falsariga di Mainstream, ma per altri è un concetto superato per mirare idealmente alla dimensione del classico vecchio stile, non più quello dell'indie per giovanissimi. Facendo attenzione a certe sfumature si coglie la maturazione artistica che parte innanzitutto da un'intenzione diversa, poi da composizioni occasionalmente atipiche rispetto alle sue solite produzioni e dalla scelta volontaria di non riempire il disco di altre Cosa mi manchi a fare - e giudicando dai singoli ne è ancora capace - per costruirlo più come un album che ascoltandolo suona come tale e non come una raccolta di hit.
A dimostrare tutto questo c'è la traccia d'apertura Briciole che parte riportandoci indietro con quel “Ti ricordi?” e prosegue sorniona e senza un ritornello, guidata da una tastiera e qualche sonaglio retrò, ma che arrivata a metà cambia arrangiamento per accompagnarci dentro una specie di sigla conclusiva di un film anni 70′, talmente orecchiabile che verrebbe da somministrarsela fino all'intossicazione: “E il mondo è un tavolo, noi siamo le briciole”. Paracetamolo e Pesto ormai sono entrate nella nostra memoria, quella “Tachipirina 500 che se ne prendi due diventa 1000” e il “Ue deficiente, negli occhi ho una botte che perde” non vediamo l'ora di urlarle al concerto. 
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L'arrangiamento di Kiwi è il più bello dell'album: piano ammiccante, bassi profondi e ancora quei sonagli e gingilli vari che vanno ad aggiungersi ad una delle trame sonore più ricche della discografia di Calcutta. La voce, invece, esplode nel liberatorio “mondo cane, fatti gli affari tuoi” del ritornello. Neanche Hübner coi suoi riferimenti obliqui e i cori dolcissimi riesce a superarla. Saliva è una traccia che avrebbe potuto adattarsi anche ai suoi lavori degli esordi, se non fosse che il semplicissimo giro di chitarra va ad arricchirsi con tocchi più sperimentali e meno lineari che continuano in Dateo, l'interessantissimo interludio in cui l'elettronica la fa da padrona, creando tutto uno spazio per riflettere ed andare, ancora, a scavare nel passato. Da Nuda Nudissima in poi inizia la parte strana dell'album e a dirla tutta, salvo Orgasmo, non è che piaccia così tanto. Sentire Calcutta così rock è proprio strano, ma bisogna ammettere che l'anomalia di Rai un sorriso lo strappa.
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Calcutta prende in giro l'originalità ed è colui che nella musica italiana riesce a farlo tirando fuori brani originali, un pop tascabile e sbilenco alla portata di tutti. Dimostra di conoscere il modo migliore per fare perno su storie d’amore problematico, il topos assoluto della canzone, così da mettere in piedi il circo dell’età disagiata, dell’età fratturata, delle speranze dimesse o – meglio – rimosse, di una quotidianità che non ha sbocchi se non, appunto, nell'immaginare. Calcutta potrebbe averci visto lungo, riconfermandosi un gigante del nuovo pop italiano che incuriosisce ad ogni uscita e che stavolta potrebbe riuscire a far passare qualche canzone davvero inusuale come fosse acqua naturale. 
TRACCE MIGLIORI: Briciole; Paracetamolo; Pesto; Kiwi; Hübner
TRACCE PEGGIORI: Rai
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pangeanews · 6 years
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Intervista con il vampiro. “Preferisco fantasticare. Nel mio mondo interiore non ho limiti morali”
AVVERTENZA. L’intervista che segue ha carattere profondamente disturbante e potrebbe turbare la sensibilità del lettore. Nelle intenzioni di chi l’ha realizzata questa intende unicamente fornire uno spaccato della vita di un personaggio controverso e socialmente disadattato. Quanto da lui sostenuto, in un flusso di coscienza che l’intervistatore si è appena limitato a guidare con delle semplici domande, non corrisponde in alcun modo al pensiero di chi ha raccolto la sua testimonianza. È bene che chi legge rammenti che il giornalista deve, nella sua attività, evitare quanto più possibile il ruolo di censore e moralista. Si consideri, pertanto, quanto riportato come un documento che vuole aiutare il lettore a comprendere un universo sotterraneo, che rappresenta comunque una porzione della realtà che ci circonda ed entro cui ci troviamo a vivere.
L’uomo mi accoglie in casa sua, in principio, come se niente fosse. Mi trovo in una città che non conosco. Chiaramente, non posso rivelare chi mi abbia fornito il suo contatto. Lui mi fissa a lungo, dopo avermi fatto entrare. Pur avendo accettato di farsi intervistare, la presenza di un estraneo in casa lo inquieta, anche perché io so di lui. Mi dice: “Quando riporterai l’intervista non citare mai il mio nome. Puoi chiamarmi Pluto. Non fare fotografie. Non hai macchine fotografiche con te, o microcamere nascoste, vero? Se vedo da qualche parte il mio viso sono cazzi. Non citare i nomi dei miei familiari, se dovessero sfuggirmi. Non scrivere niente che possa ricondurre in qualche modo a me”.
Nonostante le mie rassicurazioni, vedo che ancora non si sente a suo agio. “Aspetta un attimo che chiudo le finestre. Fuori non devono sentire nulla”. A maggior cautela, abbassa pure le serrande. Se non fosse mezzogiorno, direi che la notte sembra essere calata prematuramente. “Non mi importunano”, spiega Pluto, “ma non mi salutano nemmeno. Sono un fantasma. Ed è la condizione che ho sempre cercato. I primi tempi, dopo il rilascio, sono stato aggredito parecchie volte. Non ho mai reagito, non ho mai aperto bocca. Prendevo le botte e zitto, non mi lasciavo sfuggire manco un “ahi”. Così hanno smesso. Ogni tanto mi insultano, ma è acqua fresca. Hai incontrato qualcuno del palazzo mentre salivi qui da me?”
“No.”
“Magari ti avranno visto dallo spioncino. Ma, comunque, non è un problema. Solo un cieco potrebbe scambiarti per un bambino.”
Ci sediamo nel salotto di casa sua.
PLUTO: Non è una visita di piacere la tua, quindi non perdiamoci in chiacchiere. Tu sei qui perché sai, o almeno credi di sapere, chi sono.  Quindi non devo introdurti niente. Parti con le domande. Quante sono in tutto?
GG: Non ho domande. Chiacchieriamo. Senza preconcetti e imbarazzi. L’ideale sarebbe che tu parlassi a ruota libera di te, della tua vita, dei tuoi trascorsi. Senza domande.
PLUTO: No, allora, non ci siamo capiti. Al telefono, stamattina, mi hai parlato di un’intervista per un giornale culturale o quello che è, una roba sociale. Un’intervista presuppone delle domande – altrimenti è una chiacchierata. Ma io perché dovrei chiacchierare con te? Chi sei?
GG: Non mi sono preparato niente. Per la mia esperienza posso dirti che è molto più imbarazzante svolgerla per domande, un’intervista. Le domande mettono a disagio intervistato e intervistatore. Però, se proprio insisti: perché vuoi che nell’intervista ti chiami Pluto? Partiamo da qui.
PLUTO: Pluto, mi è venuto in mente così. Mi è sempre piaciuto come cartone. Forse perché aveva la lingua lunga. Perché era un cane giallo. Perché amava incondizionatamente un topo, un essere molto più piccolo di lui.
GG: Senti particolarmente tue queste caratteristiche? Senza ironia, sia chiaro.
PLUTO: Chi non vorrebbe avere una lingua lunga come Pluto? Con una leccata prendeva tutto il corpo di Topolino, dai piedi alle orecchie.
GG: Farebbe comodo a tutti, immagino.
PLUTO: A tutti, già.
La conversazione, a questo punto, sembra arenarsi prematuramente. A me non viene altro da dire e Pluto sembra innervosito. Mi chiede più volte se sono della polizia. I miei dinieghi non lo convincono. Si chiude ancora di più.
“Ora vado a dormire”, mi dice, ma non si muove dalla sedia a dondolo.
PLUTO: Non ne verrà niente di buono, da questa roba. Più la rimesti, la merda, e più puzza.
GG: Mi sembri infastidito. Stai tranquillo, il tuo nome non uscirà in alcun modo, ripeto. Non uscirà niente che possa ricondurre a te. Su questo puoi stare sereno al cento per cento.
Un’altra lunga pausa. Stavolta Pluto ne approfitta per aprire una bottiglia che nel buio non riesco a identificare. Si attacca e beve. Ma ci vuole almeno un’altra mezz’ora prima che il nostro incontro ingrani la marcia.
PLUTO: Un pedofilo è un colpo grosso per una piccola rivista, vero? Uno scoop.
GG: Non è questo l’obiettivo. Tu ti consideri un pedofilo?
PLUTO: Un pedofilo è qualcuno attratto sessualmente dai bambini, no? Neppure a mia madre l’ho mai negato. È stata la prima persona a saperlo. E gliel’ho detto io.
GG: Tua madre come l’ha presa?
PLUTO: Ero ragazzo, abitavamo ancora in campagna. Certe cose non erano così diffuse, negli anni settanta. Specie nei piccoli centri. Come la prese mia madre… mi disse di non parlarne con nessuno, di pensare al lavoro e di “limitarmi a guardare”. Che poi è quello che ho sempre fatto. Guardato e basta.
GG: C’è stata, se lo ricordi, una prima manifestazione del desiderio?
PLUTO: Sì. A quindici anni.
GG: Cosa è successo?
PLUTO: La comunità della chiesa doveva allestire il presepe vivente. Mancava un neonato per fare Gesù Bambino. Non nascevano bambini da sette anni, in paese – e il bambino più piccolo aveva appunto sette anni. A lui perciò assegnarono, per quanto poco realistico fosse, il ruolo di Gesù appena nato. Io mi occupavo dei costumi e, poco prima della messa in scena, chiesero a me di truccare il ragazzino per nascondere l’età. Gli ricoprii tutto il corpo di cerone. Ci misi due ore, non volevo finire più. Non lasciai scoperto nemmeno mezzo millimetro di pelle… Un impegno così, oggi, farebbe insospettire chiunque. All’epoca non ci pensò nessuno.
GG: Avevi una qualche consapevolezza del tuo desiderio?
PLUTO: Certo. Sapevo di desiderare quel bambino.
GG: Facesti qualcosa con lui nelle due ore di preparazione?
PLUTO: No. Gli applicai il cerone anche sui genitali – ma il ragazzino doveva apparire nudo sulla paglia, perciò faceva parte del mio compito. Non andai mai oltre.
GG: E dopo questo?
PLUTO: Pensai che una volta cresciuto di età anche il mio desiderio sarebbe maturato. Non più i bambini ma gli uomini. L’idea mi faceva paura – essere attratto da un coetaneo peloso e che, come me, iniziava a puzzare di sudore.
GG: Storie sentimentali? Relazioni?
PLUTO: Stavo per parlarne. Guarda come a volte la fortuna viene incontro agli onesti. Mi fidanzai qualche tempo dopo con una ragazza. Questa aveva due fratellini piccoli, due gemelli. D’estate giocavano senza vestiti nel giardino della loro casa. Nessuno si vergognava di niente, una cosa molto tranquilla, naturale. Era bello vederli schiacciare a piedi nudi gli insetti del prato, sedersi per togliere le spine, ripulirsi dalla terra prima di rientrare in casa. Una volta fecero a gara a chi calpestava più vermi. La mia ragazza era uscita per una commissione e, alla fine dei giochi, mi offrii io di pulirli. Fu bellissimo – e quanto abbiamo riso! Quei due mi adoravano.
GG: Quanto durò con la ragazza?
PLUTO: Un paio d’anni. Poi mi trasferii qui e la lasciai. Mi dispiacque soprattutto per i due gemelli. Per lei relativamente… non è che avessimo combinato o progettato granché nel frattempo. Siamo agli inizi degli anni ’80. Con due anni di ritardo avevo deciso di iscrivermi all’università. Di questa città mi piaceva l’anonimato. Non c’era, come al mio paese, obbligo di rapporti sociali. Infatti, i primi mesi, non frequentavo praticamente nessuno, a parte i miei colleghi di corso.
GG: Cosa studiavi?
PLUTO: Scienze Politiche. Di solito, quelli come me si iscrivono a Lettere per cercare nella letteratura un modo per giustificare a sé stessi la natura dei loro impulsi. Oppure a Psicologia, per ovvi motivi. O anche a Medicina, così da arrivare poi alla specializzazione psichiatrica o alla professione pediatrica. Dico questo sulla base della mia esperienza. Ho conosciuto centinaia di persone con passioni identiche o simili alle mie. Scienze Politiche mi piaceva perché era estranea, nuova, senza l’obbligo della passione e perciò più stimolante. Se qualcosa non mi piace lavoro meglio. Cerco di sbrigarmela il più in fretta possibile e sono più efficiente. Mi dispiace, comunque, di non essermi laureato.
GG: Come mai?
PLUTO: Alla morte di mia madre mi ritrovai in possesso di molte proprietà immobiliari. Non ritenni più utile studiare. Peccai di pigrizia, di comodità.
GG: Ok. E sull’altro versante? Quello del privato, dell’intimo.
PLUTO: Il periodo migliore della mia vita. Un via vai di persone e contatti. Noi amanti dei bambini ci mischiavamo alla comunità LGBT. Era una festa continua e non sempre i ruoli e le passioni erano chiare. Non era difficile che un omosessuale semplice o risolto abbordasse un ragazzino per scoparci. Checché ne possano dire oggi, non esisteva la sacra inviolabilità del preadolescente. Chiedevamo l’abbassamento dell’età del consenso, si parlava di nuove identità, di inedite e mai esplorate forme d’amore. In tutto questo, te lo ripeto per l’ennesima volta, io non facevo niente di fisico. Ma arrivai a mettere insieme una discreta collezione di riviste e vhs. Oggi, se la possedessi ancora, varrebbe una fortuna.
GG: Cosa si vedeva in questi video e nelle immagini che ti sono capitati per le mani?
PLUTO: C’era un po’ di tutto, dalle scene più soft a quelle più estreme come stupri e pestaggi. Ogni tanto capitava di vedere qualche omicidio. Ricordo una cassetta in cui un bambino molto grasso veniva picchiato a morte da alcuni coetanei. Poi facevano finta di coccolare il cadavere, lo truccavano e gli schiacciavano i testicoli.
GG: Ricordi anche se ti eccitò?
PLUTO: Sì, mi eccitò. La guardai qualche altra volta e poi la diedi via. Troppo senso di colpa.
GG: Il resto del decennio?
PLUTO: Dopo i fuochi iniziali tutto si spense lentamente. La paura dell’AIDS minò tantissimo la vita pubblica. A ogni serata vedevi persone che si tastavano di nascosto i linfonodi, gente che si chiudeva in bagno e vomitava per l’ansia. Chi prima aveva sbandierato la propria omosessualità, ora taceva e negava per paura di essere associato alla malattia. Questa angoscia si rifletteva anche nel nostro immaginario. Non c’erano più figure sorridenti, la felicità aveva smesso di essere sexy. Comparvero foto di ragazzini emaciati, pallidi, pieni di lividi. La volgarità e la violenza divennero categorie commerciali a sé. Per un periodo furono molto popolari delle videocassette, in cui dei giovanissimi bestemmiavano e gridavano ogni sorta di oscenità su uno sfondo bianco – solo questo per tutta la durata del video.
GG: Una specie di anticamera infernale, sembra.
PLUTO: Ma l’uomo si abitua a tutto. Io mi abituai, figurati. Ero giovane, benestante e potevo permettermi di non fare niente tutto il giorno. A fine mese ricavavo sempre una bella somma dagli affitti. Giocai persino in borsa, fomentato dal mito di Wall Street. Ero uno yuppie all’italiana. E, poi, a me il problema dell’AIDS non toccava minimamente. Non ero frocio e, quando dovevo scopare, mi accontentavo di qualche ragazza amica di amici. A occhi chiusi e con molta fantasia, certo, ma una donna è più vicina a un bambino di quanto non lo sia un maschio adulto. È anche una questione di pelle…
GG: Tu hai ripetuto diverse volte di non aver mai toccato un bambino, di non aver mai abusato di qualcuno. È stata una remora morale, la tua? Lo hai fatto per paura delle conseguenze? Per umanità?
PLUTO: Non l’ho mai fatto perché credo che, se lo facessi, i ragazzini non mi attrarrebbero più. Non li troverei più interessanti. E davvero, senza la mia attrazione per loro, non saprei dove sbattere la testa. Preferisco fantasticare oppure guardare. Nel mio mondo interiore non ho limiti morali. Posso immaginare ciò che voglio. Non ci sono vittime e il sangue, come posso dire, è finto. Questo non toglie che, se ti raccontassi ciò che mi passa per la testa, scapperesti sicuramente via. Il fatto che io parli con tanta lucidità, però, dovrebbe fugare ogni dubbio riguardo la mia pericolosità. Non sono pericoloso. Non agisco, non ho mai agito.
GG: Acquistando o diffondendo materiale pedopornografico, però, contribuisci a fomentare gli abusi e il mercato delle violenze.
PLUTO: Qua ti sbagli. Il mercato delle violenze, come lo chiami tu, esisterebbe anche senza di me. Siamo milioni. Che una goccia d’acqua faccia un oceano è una bugia per stronzi. E, comunque, non ho più niente a che fare con prodotti simili, da quando mi hanno rilasciato, quindi questi discorsi non mi riguardano in alcun modo.
GG: Com’è stata la vita in carcere? Girano molte storie su come venga trattato un pedofilo dietro le sbarre.
PLUTO: Non c’è stato molto clamore mediatico a precedere l’arrivo in carcere, dopo il mio arresto, perché, a conti fatti, nessuno aveva toccato nessuno. Perciò i primi giorni sembrava facile. Poi le voci iniziarono a girare ed ebbi non pochi problemi. Sì, in parte è tutto vero quello che si dice. È chiaro che lì dentro siamo reietti, proprio l’ultimo gradino. Un rapinatore si sentirà sempre e comunque superiore a un pedofilo.
GG: Sei mai stato aggredito?
PLUTO: Certo. Diverse volte. Anche da alcune guardie, durante gli spostamenti da una parte all’altra. La sera, quando mi mettevo a letto, immaginavo che a picchiarmi fossero stati dei bambini. Questa è un’immagine che ritorna spesso.
GG: Ritorna spesso. In che modo?
PLUTO: Non voglio parlare di questo. Continuiamo con la mia vita esteriore, piuttosto. Invece di sei anni, ne feci cinque. Uscii nel 2014. Decisi di non trasferirmi altrove. Ritornai qui, nel mio quartiere. Una scelta che qualcun altro avrebbe interpretato come una zappata sui piedi. Tutti sapevano quello che avevo fatto e, sicuro, non mi aspettavo comprensione o vicinanza dai minus habens. La vecchia portiera del palazzo disse che volentieri mi avrebbe strappato il cuore dalla bocca, se avesse potuto. Molti mi sputavano dietro. Le botte fanno male, ovvio. C’è il rischio di danni perenni, di rimanerci. Sono stato picchiato molte volte, dopo il mio ritorno qui. Te lo avevo già accennato prima. Non reagivo. Non bisogna reagire. Solo così si stufano. E, infatti, alla fine si sono stufati, sono anni che nessuno mi tocca. Mi picchiavano perché li facevo sentire vigliacchi, codardi, incapaci di accettare le fantasie e le voglie più comuni che tutti rinnegano per paura della felicità. L’ordine sociale ha paura della felicità umana. Io sono venuto al mondo per scuotere le coscienze.
GG: Pretesa eccessiva.
PLUTO: Perché?
GG: Perché, a parte la gente del quartiere, nessuno ti conosce, Pluto. Magari qualche psicologo, qualche tuo vecchio amico o gli archivi delle forze dell’ordine. Il tuo crimine non è stato niente di eclatante o radicale. Ridimensionati.
PLUTO: Io ho avuto il coraggio di stare dall’altra parte, di espormi pubblicamente. Ti pare poco? Io non rinnego niente. E, tra tanti, ci sono anche io. Quando sarà sdoganata la felicità, in futuro, citeranno anche il mio nome insieme a tutti gli altri.
GG: Ma non era una cazzata la storia della goccia che fa un oceano? E poi: di quale felicità da sdoganare stai parlando?
PLUTO: Quella del corpo, dell’essere liberi. Anche i bambini hanno dei desideri e provano piacere come noi. Abbiamo paura di questo. Temiamo i loro desideri perché sappiamo che sono più grandi e incontrollabili dei nostri. Non hanno forma. I desideri dei bambini possono travolgerci. Godono più di noi. Ti sei mai chiesto quanto possa godere un neonato, se stimolato a dovere?
GG: Prima di una certa età non si può provare piacere, è fisiologico.
PLUTO: E chi lo dice? Il neonato? Un po’ presuntuoso parlare per qualcuno che non ha capacità di esprimersi.
GG: Ti stai arrogando anche tu lo stesso diritto.
PLUTO: Sì. Con la differenza che voi parlate dalla parte dei censori, dei castratori. Io parlo dalla parte dell’amore e della condivisione. Amare un bambino non significa fargli violenza per forza. Crescete: questo è un pensiero primitivo, da Medioevo. Ogni età ha i suoi orgasmi e i suoi godimenti. Un neonato è tutto erogeno, puro piacere. “Dove lo tocchi suona”, come si dice. Gli basta una carezza, un bacino. Crescendo, il corpo predispone al piacere soltanto alcune zone. Crescendo, il corpo smarrisce l’innocenza e l’orgasmo si ridimensiona, si riduce al cazzo, alle palle, allo schizzo di sborra. Ma l’età è una cazzata. Siamo tutti uguali, dalla nascita fino alla morte. E a ogni età abbiamo diritto al piacere.
GG: Se, come hai detto, l’aspetto fisico è escluso dai tuoi desideri, perché accalorarsi tanto?
PLUTO: Perché è una questione di principio.
GG: Se avessi la possibilità di tornare indietro e cancellare per sempre, dall’inizio, le tue fantasie – lo faresti?
PLUTO: No. Assolutamente no. Le mie fantasie non hanno mai danneggiato nessuno. E alla vita non chiedo altro che questo. Di immaginare, di sognare. Poi si vedrà.   
Gabriele Galloni            
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len-scrive · 6 years
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Questa serie di storie brevi che non ha fine, nel senso che ogni tanto ne esce qualcuna ancora oggi, trae la sua origine dalla necessità di cambiare alcune scene del telefilm.
Non perché le scene già esistenti non mi piacessero, ovvio, ma perché alcune avevano del potenziale in termini di Hannibal e Will si amano e facciamolo notare un po’ di più, per favore che andava esplorato.
Così ho cominciato a piegare al mio volere alcuni dei momenti in cui durante la visione del telefilm mi ero ritrovata a pensare che sarebbe stato bello se…
E parte di queste storie, siccome brevi, sono state anche tradotte da Ashley tra un capitolo di A Cooperative Patient e l’altro.
Alternatively
Quando scrivo, ormai da anni, accade che scrivo in italiano ma penso in inglese. Nel senso che penso a come suonerebbe ogni frase tradotta in inglese.
Non conosco l’inglese così bene da scrivere, ma so molto della cultura dietro. Quindi se devo usare detti, modi di dire, espressioni particolari, prima mi accerto che di quello italiano ne esista un corrispettivo uguale se non identico in inglese.
Non lo faccio perché penso che ciò che scriverò sarà tradotto, vorrei essere chiara su questo punto. Lo faccio come esercizio mio personale, perché ho trascorso la mia vita a leggere Stephen King tradotto e quando ho cominciato a leggerlo in inglese ho scoperto che chi consideravo un maestro dell’arte dello scrivere è in realtà una divinità.
La traduzione cambia tutto, perciò se si parte con l’idea che qualcosa sarà tradotto e si cerca di facilitare la cosa fin dall’inizio il lavoro sarà mille volte più scorrevole. È qualcosa a cui nessuno che scrive in inglese penserà mai, che sia giusto o meno, perché l’inglese è la lingua conosciuta per eccellenza; in quel caso a nessuno importa il gioco di parole intraducibile o il modo di dire che in italiano non significa nulla.
Però io continuo a pensare alle traduzioni di Harry Potter e mi viene male. A Tom Orvoloson Riddle e a tutte quelle cose che necessariamente devono subire un drastico cambio. E non mi piace così come non mi piace sentir cambiare i nomi di paesi e città. È Venezia, non Venice. Ed è Wales, non Galles.
Comunque tutto ciò per dire che tra l’altro qui si tratta di Hannibal e Will, quindi di due creature che non solo parlano in modo fuori dal comune, ma in modo fuori dal comune in inglese.
Cerco sempre di stare attenta a che le espressioni siano molto poco italiane. Come quelle dialettali o tipiche di certe zone. Mi viene in mente il pirla che io dico costantemente, ma che non ha traduzione, e in bocca ad un personaggio che non è italiano non funziona.
E le frasi su cui rimango per ore a riflettere perché devo tradurle dall’inglese in un italiano che abbia senso non si contano. Ricordo un Buon Appetito in La Seduta è Finita, Will che era inteso come Have your meal ma che in italiano non si poteva tradurre letteralmente perché sarebbe stato ridicolo.  
O tutte le dannate S di Hannibal frutto della meravigliosa pronuncia (e meravigliosa bocca) di Mads e che mi tocca controllare ci siano nelle frasi dall’italiano tradotte in inglese, altrimenti non ha senso. Perché io scrivo i dialoghi in italiano, ma i personaggi stanno parlando in inglese.
Quindi Hannibal può dire tutte parole italiane che non hanno la S, ma se in inglese ce l’hanno Will le sentirà in inglese. Macchinoso, spero abbia senso.
Poi non è che mi riesce sempre; certe volte il botta e risposta è più importante di qualsiasi altra cosa, per dare musicalità ad una frase o per dare un bel ritmo al paragrafo, che anche se l’espressione non risulta in inglese la lascio ugualmente.
Tipo l’italianissimo Che ti ridi? della prima storia della serie; sono quasi certa che non sia la vera traduzione italiana di quella frase di Will. Ma mi serviva così per dare quell’accenno indisponente che non avrebbe avuto se l’avessi tradotta con Perché stai sorridendo?
  Che ti ridi?
What are you smiling at?
Questa è nata in particolare per il divertente gioco che si faceva nel fandom all’epoca sul far dichiarare Hannibal la mattina in cui portava la colazione a Will in motel.
A dire il vero in quel periodo si scrivevano intere fic in proposito, ed io mi cimentavo nei miei edit scemi sui Marriage Problems, addirittura con Hannibal che gli faceva una proposta di matrimonio.
Qui mi sono limitata a fargli solo dichiarare i suoi intenti.
Che poi se Will stesse attento è proprio quello che Hannibal fa nella serie.  
  Adorabile Molesto
Adorably Maddening
Perdonatemi i leitmotiv, ve lo chiedo per favore, ma io Will ubriaco e disinibito non lo lascerò mai andare. Ne ho ancora di fic con lui così, me le sto tenendo perché sono monotematiche, ma non posso farne a meno. Lo amo soprattutto quando fa cose idiote da moccioso e Hannibal non lo ammazza perché Will è adorabile, punto.
  Contatto con la realtà
Anchor to Reality
Quella scena l’ho riscritta quante volte? Forse venticinque. Sì, perché a Hannibal sta sulle palle che Will ha baciato Alana, c’è poco da fare. Si vede dalla sua faccia in quella scena, da come gira indispettito la crema nella scodella, dalle frasi che dice. Solo che nella serie l’hanno dovuto contenere per amore della pace.
Che poi Hannibal si è contenuto così tanto che ha spedito Will da Tobias.
Baci Alana?
Ed io ti indirizzo verso un altro serial killer, così impari.
Sto facendo dell’ironia, chiaramente, non un meta della serie. Passatemela.
  Non mi mancherai
I’m not going to miss you
  Anche qui. Digestivo è la mia morte. Ancora più che Mizumono.
Digestivo è Will che prende il cuore di Hannibal, gli dà una strizzata, lo sbatacchia contro un sasso e poi  lo scartavetra contro una grattugia.
Ed io volevo cambiare questa cosa, volevo che Will avesse la sua giustissima soddisfazione nel pestargli il cuore, ma che poi andasse a riprenderselo perché era quello che voleva fare fin da quando è partito per l’Italia.
Oh, insomma, se non erano quelle le intenzioni di Will doveva essere più chiaro in proposito.
  Reazione immediata
Immediate Reaction
Credo che ucciderò Jack ancora così tante e tante volte nelle mie storie che il povero personaggio finirà per chiedermi che cosa mi ha fatto di male.
Ed io gli risponderò “Me lo chiedi anche?”
No, davvero, per me il primo da cercare una volta emersi dalle acque è lui, non Bedelia.
  Visita inattesa
Altro leitmotiv, Hannibal che si prende cura di cani per far contento Will.
Tra l’altro nasce dalla necessità di rendere Hannibal accomodante e pronto ad assecondare l’amore della sua vita, ma in realtà Hannibal ama da morire gli animali, cosa che emerge da Hannibal Rising, e quindi forse sarebbe più propenso di Will a tenere cani in casa. Non lo fa nella serie perché ha troppe cose a cui badare e lui sa che se ti prendi un cane devi esserci per lui.
Non è che ne prendi sette e poi finisce che ti arrestano e i cani rimangono lì come degli stronzi.
O non è che torni dal tuo marito serial killer e lasci i cani con Molly che chiaramente se ne frega e non solo fa loro mangiare merda, ma poi si mette d’accordo col figlio per non dirti niente, mica che te la prendi.
Molly è riuscita a darmi più fastidio di Francis in quella puntata. E sì che era stato Francis ad avvelenare i cani.
  La seduta è finita, Will
La scena della scala.
Vi dico solo che è in assoluto il primo screenshot che ho visto del telefilm nel 2013 quando ho pensato Aspetta che adesso questo telefilm lo guardo.
E poi ho aspettato sì, tre anni.
Questa storia è altrimenti detta: cos’ho comprato questa scrivania a fare, Will? E perché credi che ti lascio come ultimo appuntamento ogni volta? Rifletti.
  Scomoda Indulgenza
Altro esempio di come è difficile tradurre le tipiche frasi di Hannibal in italiano. E di come mai voglio rifarmi alla vera traduzione italiana, perché è importante per me dare la mia interpretazione; mentre scrivo voglio che emerga come io vedo la serie.
Ecco, qui volevo che fosse Hannibal a pentirsi amaramente di ciò che aveva fatto. Un altro dei momenti salienti che avrei tanto voluto vedere sviluppato in altri modi.
  Contrattempo
Tra un affare urgente da sbrigare e Will in distress a cosa sceglierà di dare attenzione Hannibal? La mia risposta in questa storiella.
Storia altrimenti detta: se al posto di ammazzare qualcuno posso mettere le mani addosso a Will…
  Perdono
Storia che nasce da uno dei primi suggerimenti che mi è stato dato da una lettrice. Amo avere una linea da seguire e stare lì a vedere cosa suggeriscono i personaggi per approfondire l’argomento.
E questa è un’altra delle scene che è bello poter cambiare. Hannibal e Will che si ritrovano dopo mesi, nei sotterranei della Cappella, soli…
  Invito a cena
Anche questo gran bel suggerimento che ha prodotto una storia.
La meravigliosa scena a cui pensa Will dopo Mizumono, la scena mai accaduta in cui lui e Hannibal uccidono Jack. Qui accade.
No, non è che se vedete Jack nelle mie storie è certo che morirà, non succede sempre.
Succede.
Storia altrimenti detta: siediti qui, Jack, qui. Controlla se la lampada ti illumina bene che serve a me e Will per vederti meglio… Will? Ce la fai ad accoltellarlo da lì? Cosa? No, Jack, non ce l’avevo con te, non ti immischiare sempre in cose che non ti riguardano.
  Sapere che ci sei
Quei due erano preoccupati l’uno per l’altro dopo l’attacco di Tobias nello studio di Hannibal.
Quei due si sono guardati ringraziando il cielo che l’altro fosse vivo.
Certo uno dei due aveva anche mandato l’altro a morire, d’accordo, ma si sa che Hannibal con Will fa le cose e poi dopo le pensa.
  Interessante
Altro suggerimento e altra versione di
Hai baciato Alana? Ma sei scemo? Ed io cosa sono qui a fare?
  Il corso degli eventi
Sia questa che quella dopo sono le storie più recenti scritte per questa serie e sono diventata mano a mano più esigente. Se cambio, cambio in grande. Qui ho usato quel mio costante pensiero di sottofondo che ho quando guardo e riguardo la serie.
Che è questo: Will, ma davvero non capisci un cazzo di quello che sta succedendo?
E qui ho cercato di far rispondere a Will: no, no, ho capito, lasciami fare…
  È tutto molto semplice
Il Mason della seconda serie alle prese con Hannibal e Will ma nel contesto del loro ultimo incontro, a tavola, nella terza serie, a fare battute a sfondo sessuale di dubbio gusto.
Offerta di pace
Perché chi non avrebbe voluto piazzare Will al posto di Bedelia in ogni singola scena dell’inizio della terza serie? Io ovviamente avrei fatto scappare Will e Hannibal in Italia senza né se e né ma.
Ma in particolare questa cena avrei voluto vederla con Will a tavola.
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edenlyeden · 3 years
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.       📽️  𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞           𝗁𝗈𝗀𝗐𝖺𝗋𝗍𝗌           𝗌𝖾𝗉𝗍𝖾𝗆𝖻𝖾𝗋 𝟤𝟪, 𝟤𝟢𝟤𝟥           #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀                     ⤸    𝐋𝐲𝐬𝐢𝐬𝐭𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚  𝖠𝗍𝗍𝗂𝗏𝗈/𝖺 𝗈𝗋𝖺 ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––                   📱 Ti senti un cane             ›   Il tuo partner ideale è un delfino             ›   L'immensità e il rumore delle onde            è la tua concezione dell'amore             ›   Il silenzio quella della morte            📱 Fila tutto.. Ti dicevo che sono un cane. Tu sei     zozza come i delfini, ogni tanto spruzzi pure.     Sull'amore sono confusa ma sono sempre     confusa sull'amore. Però beh l'amore immenso     è bello, no? IL SILENZIO È LA MORTE?     VOGLIO MORIRE, GRAZIE                   📱 ma magari lo fossi, pare che il            delfino abbia una sessualità più            soddisfacente delle umane perché            la posizione del suo clitoride rende            più facile la stimolazione             ›   Però hai appena detto che sono il            tuo partner ideale 🐬            📱 Uhm                   📱 Uhm cosa            📱 Lo sei da mesi, lo sai                   📱 "Partner ideale" è qualcosa un po'            più ad ampio respiro, secondo me             ›   Nel senso, qualcosa tipo            "la persona che voglio accanto            nella vita dovrebbe essere così"            📱 In questo momento sei la. Persona che ho     e voglio accanto                   📱 La tua ragazza, quindi            📱 Se ti va di definirti così                   📱 Se Ti Va Di DeFiNiRtI cosÌ            📱 Ti va o no?                   📱 Che cos'è, il corrispettivo            del bigliettino?            📱 Più o meno   ›   Sarebbe romantico, però                                 ・・・                Lasciare l'aula di Pozioni per poter andare al bagno è sempre un'impresa abbastanza titanica ("perdete la concentrazione", "saltate i passaggi!!!!!"), ma se sei Eden Ambrose e hai l'abitudine di uscire spesso un po' di più: Norwood è titubante, quando glielo chiede, e si capisce ad occhio nudo che la sta scrutando per constatare se se la stia davvero o meno facendo sotto come dice, così attentamente che pare quasi che tramite quegli occhi glaciali possa misurare l'esatto quantitativo di urina che ha nella vescica. Ballonzola un po', lei, e dopo un po' di scena riesce finalmente a ottenere il permesso di allontanarsi per mAsSiMo CiNqUe MiNuTi, PeRò.  Sgattaiola rapida verso le serre di Erbologia, dove i ragazzi del sesto anno stanno seguendo la lezione, e una volta arrivata controlla la situazione da fuori per prepararsi un piano — Paciock sembra non esserci, tanto meglio. Muovendosi da ninja (perlomeno nella sua testa) si sposta fino a raggiungere una delle poche finestre aperte e soltanto allora estrae dal taschino del pigiama un foglio, che accartoccia e lancia in direzione della testa di Lysistrate, in quel momento di spalle.  Non riesce a credere di averlo fatto per davvero, di averla appena colpita con un classico bigliettino da asilo: "ti vuoi mettere con me? sì, no, forse". Ride del suo misfatto, però, la mano premuta sulle labbra e le ginocchia piegate per non farsi notare troppo. Dovrebbe fare più squat, ché cominciano a fare male sin da subito.  La grifondoro, avvolta dal suo pigiama, è appoggiata ad uno dei grossi tavoli delle serre, è svogliata eppure il professor Paciock attira sempre la sua attenzione, dopotutto è stato l'oggetto della sua prima cotta. Sussulta all'improvviso sentendo qualcosa colpirle la testa, si volta veloce e ai suoi piedi trova un bigliettino. Aprendolo, un enorme sorriso si forma sulle sue labbra e quasi ne accarezza la carta. Non esita un secondo a barrare la casella del sì, poi, vedendo il professore tornare, domanda di poter uscire per andare in bagno e raggiunge rapidamente il ciuffo biondo che aveva visto dalla finestra, porgendole il bigliettino.  « Credo tu stia cercando questo. »  L'ha vista uscire con la coda dell'occhio, Eden, ed è rimasta comunque abbassata perché, ormai al limite, si è proprio seduta sull'erba. Appena la raggiunge, prende il biglietto avendo cura di sfiorarle eloquentemente la mano e lo custodisce in un pugno, per poi mettersi a gattonare fino ad un grosso larice, sicuramente utile per non farsi sgamare dai presenti nella serra.  « Mi sento una bond girl. » esordisce, finalmente di nuovo in piedi. « Commenti prima che lo apra? »  Ride divertita portandosi una mano sulla bocca, la minore, che poi segue la serpeverde fino alle radici del grosso albero. La guarda inclinando lievemente il capo, è quasi imbarazzata, Lysistrate.  « No, solo che sei una bellissima bond girl. Ora aprilo. »  « Non se n'è mai vista una in pigiama natalizio, dopotutto. » srotola la pallina di carta, lo sguardo tuttavia ancora puntato sul viso di Lysistrate, ché quella punta di imbarazzo che vede le fa percepire un leggero formicolio al cuore. Finalmente gli occhi si spostano sul foglietto, rapidi fino al segno apposto dall'altra. Sì. E non è una sorpresa che sia un sì, non seguendo la logica dei loro messaggi o dei sentimenti che la grifondoro emana (si è concessa una sbirciatina e ha abbassato la barriera, non giudichiamola), eppure Eden è sorpresa. Da se stessa, dal loro rapporto, dal modo in cui nessuna delle due avrebbe scommesso su questo finale che, in realtà, è un altro inizio — nulla di eccezionale, gli adolescenti si impegnano in relazioni che probabilmente non vedranno nemmeno il mese di vita, 𝘦𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦.  Sorride, porta il bigliettino al petto e lo tiene lì pure mentre si sporge, le labbra che vanno a toccare quelle altrui in un delicato bacio a stampo. « Però non è stato un gesto romantico, il mio: è stato audace e coraggioso. » non ci crede neppure lei.  « Sai sempre come essere innovativa, dopotutto, Ambrose Bugatti Grosvenor Liebowitz de la Vega. », prununciare i suoi cognomi è una sorta di mantra, calma e rilassa la grifondoro, tanto che, quando la finta bionda le insegnava le pronunce corrette, spesso la lupa se le ripeteva nella mente durante le notti di luna piena. Osserva come le dita della maggiore si appoggiano sulla carta e sorride verso di lei, finché le sue labbra non premono contro le proprie. « Estremamente coraggioso, dopotutto sei la mia eroina. »
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thebigbrohill · 4 years
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[ Blake & Shoto _ 21/07/20 _ Night _ #Ravenfirerpg ] 
* È un putiferio. Simile al girone dei condannati per non si sa quale grave peccato, Blake sente dentro di sé un tormento ben più profondo di quello che aveva sentito in altre occasioni alquanto gravi, un tormento che lo sta spingendo a disperarsi, ma soltanto interiormente. Non ha parlato per tutta la serata, o meglio ha pronunciato qualche sillaba per dirmostrare che quel suo stato di confusione e tormento non fosse dovuto a Shoto. Ha cercato, così, disperatamente di evitare di litigare senza un vero motivo. Lo ama profondamente, ma vorrebbe vomitare al sol pensiero di quello che ha fatto il giorno prima e della parola della commessa. È difficile, così tanto difficile che il ragazzo dai capelli corvini ha taciuto per ore, ammirando Shoto e accarezzando i suoi capelli. In verità, lo sta ancora facendo. È proprio lì, con le mani guantate, mentre gli accarezza un ciuffo. In quel vortice di pensieri e di piccoli gesti per tranquillizzare se stesso e per proteggere Shoto da se stesso, il pantalone di Blake viene tirato da Palla Di Pelo. * « Cagnolino, che c’è? Ares sarebbe a nanna a quest’ora. » * Pronuncia in modo pacato. Lo sguardo non si stacca da quello dell’animale che, se avesse il dono della parola, gli racconterebbe di tutto. Al contrario di come pensava, quel cane sembra voler avere un legame con Edward e lui ne è pressoché felice. Pressoché, per l’appunto. * Shoto Ryuck *il mutismo di Blake si nota, soprattutto dal momento che Shoto sa perfettamente cosa lo provoca. Se non lo sapesse forse avrebbe chiesto e insistito affinché parlasse, ma dato che lo sa già, si limita ad abbracciarlo, a stringersi a lui e tranquillizzarlo, si spera, con il proprio amore. Si stava addormentando mentre lui gli accarezza i capelli, quando lo sente parlare con il cane e sorride* Forse ha avuto in incubo, vuole stare in braccio a te, gli piace il tuo odore, di solito si infila nelle tue maglie e ci dorme. Insomma...non posso dargli torto *Shoto stesso dorme meglii da quando c'è Blake nel suo letto, è gigante, quindi può abbracciarselo tutto e poggiare la testa sul suo petto come una mogliettina, che termine infelice. Probabilmente ha avuto davvero un incubo, il cane, visto lo spavento che si è preso quando ha visto Shoto usareno i poteri* Blake Edward Hill * Non può far altro se non scegliere di stare in silenzio, lì, fra i suoi pensieri e i suoi desideri, fra l’incudine ed il martello di una preoccupazione, di un passato che non andrà mai davvero via nella sua mente. In tutto quel caos mentale l’unico santo consolatore è proprio il silenzio. Quel silenzio. Edward, il dooddrear più fragile dell’universo, invece di aggredire il mondo, ha scelto di rimanere in silenzio, ha scelto di provare paura invece che di nutrirsene. Blake potrebbe essere il colmo della sua razza, dovrebbe ammetterlo a se stesso. Nonostante i suoi pensieri e quel mutismo, la figura di Shoto appare come una vera e propria guida alla sua vita, una luce splendida che, al solo tocco, lo guarisce. Al suono della voce divina di Shoto, il cuore di Blake palpita, lo invita a parlare, ovviamente non solo con il cane. * « Un incubo? » *”Basta incubi”, sussurra usando soltanto il labiale, cercando di evitare di trasferire la sua negatività a Shoto. Alla fine sorride, lo fa perché dolcemente immagina quel cagnolino infilarsi ovunque, ma non immagina altro, perché, nel profondo, ha una certa paura che quel cagnolino gli abbia rubato un po’ d’affetto del suo ragazzo. * « Insomma... Ci dormiresti davvero con quelle mie maglie che ti vanno super giganti? » * Alza il sopracciglio, imitando quell’ “insomma” proprio di Shoto. Per un attimo il ventisettenne dai capelli corvini ha dimenticato il caos della sua testa, ma forse è per un attimo, forse è irreversibile... * Shoto Ryuck *Shoto allunga un braccio e lo aiuta a salire sulle gambe di Blake, il cucciolo vi si accoccola facendosi piccino piccino e solamente così riesce a calmarsi* So che non ti piace...ma fallo restare un po'...si è preso uno spavento e lui ti ama davvero tanto, lo ha imparato da me *gli sorride, facendogli gli occhi dolci. Gli dispiace tremendamente di aver sottoposto il suo cucciolo a tale spettacolo, non ci aveva pensato che si sarebbe spaventato...eppure è davvero intelligente, gli ha immediatamente tolto gli oggetti da mano anche se ha pianto per tutto il tempo che Shoto è rimasto svenuto sul pavimento. Ci mette un secondo a far sparire il senso di colpa, affinchè non stuzzichi l'appetito di Blake e lo faccia star male, anzi lo bacia sulla guancia a quella domanda* Amore lo faccio già...come credi che sopravviva quando non dormi con me? Indosso le tue maglie e Blake si ci infila dentro, beato fra i nostri odori Blake Edward Hill * Quando il ragazzo si trova sulle proprie gambe il piccolo cane, inevitabilmente gli tremano le mani. Non riuscirebbe mai a comprendere come fanno le persone a custodire quegli animali così troppo sensibili e fedeli. Ama i gatti anche per questo motivo, perché, a suo parere, riescono ad essere più testardi. Nonostante quei pensieri gli occhi cerulei del dooddrear riescono a comprendere che la sua vicinanza fa bene al cane e così allunga una mano verso il suo pelo. Alza lo sguardo, quasi fulmineo, quando Shoto parla di uno spavento. * « Cosa vuol dire che ha preso uno spavento? » * La voce trema, l’ansia lo corrode dentro. Non vuole che entrambi si spaventino, che stiano male, nonostante non è fatto per i cani. Il sorriso di Shoto lo rasserena per un secondo, probabilmente non è una cosa da preoccuparsi. Blake di fida ciecamente, ma forse non dovrebbe farlo, perché Shoto deve e merita solo il bene del mondo e la benedizione del Signore. È a quella confessione che gli si blocca l’anima, il respiro, il cuore. Spalanca appena gli occhi e deglutisce. * « E... Non è pericoloso?.. I guanti..? » Shoto Ryuck *ama guardarli vicini, sono entrambi così piccoli e dolci ai suoi occhi...da proteggere. Ed è proprio dalle risposte a quelle domande che vorrebbe proteggerlo. Non vuole mentirgli, quindi cerca di rispondergli in modo vago, sperando basti ad esaudire i suoi dubbi e non indaghi oltre, anche se forse può sentire il suo disagio, seppur flebile e trattenuto* Mi ha visto avere una visione per la prima volta...non lo sapeva ovviamente, quindi si è spaventato, anche se si è preso cura di me egregiamente *ovviamente Blake ha capito subito, è troppo attento e innamorato di lui per non accorgersi che Shoto tocca anche le sue cose con i guanti, perchè altrimenti avrebbe delle visioni. Anche se questa cosa mette in pericolo il suo "segreto", o meglio i suoi segreti, Shoto non può fare a meno di sorridere, perchè è bello essere amati tanto e avere tutte queste attenzioni da lui* Preferisco dormire con i guanti, tenerli anche in casa, piuttosto che stare senza almeno il tuo odore Blake Edward Hill * Lo sguardo di Blake è lontano da quello che possa esistere in un innamorato, piuttosto freme d’amore, piuttosto scapperebbe anche da quel momento, perché, beh si vede, minuto dopo minuto, la faccenda sembra essere seria. E lo è. Quello sguardo ceruleo si congela d’ansia quando Shoto gli risponde in quel modo, sente andare in frantumi. Shoto si è fatto male, per vedere il cane in quel modo e lui così vago... c’è nettamente qualcosa che non va. Deglutisce, guardando altrove per un decimo di secondo, poi ritorna su Shoto e, spudoratamente, finge di essere rilassato. * « Vuoi comprargli una medaglia d’oro? Era... una visione che ti ha fatto star male? » * E la seconda domanda è lecita, forse fin troppo, dopo aver visto il cane /Blake/ in quel modo. Distrattamente, appoggia la mano guantata sul ginocchio dell’altro e gli dà un colpetto, stile pacca sulla spalla. * « Non dimenticartene. » * Conclude, quasi come una raccomandazione, fingendo che sia per Shoto tutta quella preoccupazione quando, invece, nella sua mente il problema è uno: Shoto che tocca le sue cose senza guanti. Saprebbe troppe cose, saprebbe di Johanna e potrebbe lasciarlo seduta stante, perché, a suo parere, nessuno dei due è pronto a quella merda. * Shoto Ryuck *Blake è proprio sulla strada per capirlo, o meglio per costringere Shoto a spiattellargli tutto, lo capisce dalla sua domanda. A prenderlo in contropiede però è il colpetto sul ginocchio, Non è così forte ma inaspettato e, a causa dei lividi causati dalla caduta durante la visione, il veggente non riesce a trattenere una smorfia di dolore. Sa che questo scatenerà l'inferno, che Blake la noterà in un secondo e inizierà ad indagare* Sei tu la sua medaglia, gli ho promesso he sarebbe stato in braccio a te ed eccolo...già dorme, tu fai bene Blake. Si....è successo per sbaglio ma niente di chè, si è solo spaventato perchè non lo sapeva *gli dice la verità, nella speranza che si distragga dal dolore che gli ha sentito provare alle ginocchia, i lividi che gli sono usciti sono piuttosto grandi anche se non c'è frattura o niente di grave, ha preso solo una brutta botta quando è svenuto...ma Blake non deve assolutamente sapere che si è spinto talmente tanto in là da svenire solamente con un oggetto. Non può raccontargli ciò che ha visto o lo spaventerà più del giorno in gioielleria* Non li dimentico....ero solo distratto....speravo di...non averne Blake Edward Hill * Blake non è sulla strada per capire tutto, Blake è diventato LA strada per fargli cacciare il rospo, o forse meglio ancora il colpetto innocuo delle sue dita sul ginocchio di Shoto. Non c’è niente di più letale del dolore di un veggente, non c’è niente di più negativamente strabiliante per Blake di quella smorfia di dolore. Corruga la fronte, senza emettere alcun suono, alcuna parola. Gli occhi dannatamente ghiacciati d’ansia del momento prima diventano ancor più solidi, immobili. Sta fissando Shoto, lo sta facendo in un immobilismo e in un silenzio che farebbe paura a chiunque, mentre le sue orecchie ascoltano le parole del ragazzo. Per sbaglio. Non c’è niente che coincide con un “per sbaglio” ed una smorfia di dolore. È un cittadino medio Blake, gli hanno regalato il diploma, ma ciò non vuol dire che è stupido. * « E per sbaglio... vorresti alzare il pantalone fino al ginocchio? » * La voce è agghiacciante quanto gli occhi e la domanda non è nient’altro che il prodotto tra il voler essere freddo e tranquillo e il sentire il suo senso di protezione toccare i limiti dell’inverosimile. * « Di non averne... cosa? Bisogno? Sì che ne hai. Ne hai. » * Si sta scaldando, era inevitabile forse. Non può permettersi che Shoto si faccia male, che Shoto rischi... Non più il suo cuore più umano degli umani può permettersi lo stesso spettacolo ottenuto con Johanna. Deglutisce, guarda altrove, afflitto ma anche piuttosto determinato. * « Non è optional. Tu non sei un optional. Tu servi vivo a questo mondo di merda. » * Ha gli occhi sciolti, ricolmi di lacrime. Si sente colpevole di qualsiasi sbaglio abbia potuto commettere. In fondo, nella vita si sbaglia sempre. *
Shoto Ryuck Ok... Ti faccio vedere... Però non impanicare ok? *alza il pantalone fino alle ginocchia, rivelando due enormi lividi violacei a ricoprirle completamente, si è fatto visitare e non sono rotte ne niente, deve solo applicare una pomata due volte al giorno* Sono caduto sulle ginocchia e poi svenuto... Ma sto bene, mi sono fatto dare un'occhiata e devo solo mettere una pomata per qualche giorni, spariranno. Sono solo due brutti lividi, te lo giuro *gli poggia una mano guantata sulla guancia per cercare di tranquillizzarlo e baciargli le labbra* Lo so che ne ho bisogno.. Ma io... Volevo solo provare se con qualche vestiro, come con piccolo Blake, avrebbe funzionato... Sono stato sciocco *sospira, prendendogli il viso fra entrambe le mani, preoccupato nel vederlo così sconvolto, così fuori di sé.... Sta per piangere* Blake Hill io ti amo. E hl intenzione di rompere le scatole a te e a questo mondo di merda per tanto. Non morirò, non ti lascerò mai
IN CORSO
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faxmacallister · 4 years
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                               AMORE AL MACELLO
                                   di Fax Mac Allister
La prima volta non si scorda mai, purtroppo. La mia prima volta con Liam, il pattinatore dai glutei stellati, la volevo dimenticare. Per questo, matricola al college in Sudafrica, creai un profilo su una chat gay. La necessità di essere amati spinge a commettere delle scelte confuse. Dovevo essere davvero confuso per cercare l’amore in un sito che misurava le probabilità di trovarlo sui centimetri in dotazione. L'amore passava poi da un questionario che chiedeva se fossi attivo, passivo, versatile nelle gang bang, all’aperto o da interni, disponibile al pissing, bukkake, fisting, quanto amassi masticare i capezzoli o pressare i miei con le pinze, farmi legare, appendere, impalare, sostare al crepuscolo nella piazzola dei tir davanti al fast food per camionisti di Edemburg, frustarmi i testicoli con un fascio di ortiche del Limpopo o con un rovo del Karoo...Decine di varianti per tracciare il profilo della vacca ideale, pronta a condividere le sue carni, PER AMORE. Sembrava che tutti gli utenti collegati cercassero il principe azzurro, ma in attesa di riconoscere lo strepito degli zoccoli del cavallo bianco non disdegnassero rovistare l’arsenale di qualche arciere di passaggio. Aprii un profilo moderato e funzionò. La parvenza del pudico ventenne da alfabetizzare all'eros suscitava una fila di pulsioni hardcore quanto quelle dichiarate platealmente. Districandomi nell'umida giungla di erezioni rigogliose giunsi al profilo di "ForEverHard". Una brillante strategia di emancipazione dal superficiale pattinatore tatuato. Dietro al sempre duro nickname si celava Joshua, 35 anni da Sandton, azionista nel settore minerario, spesso in trasferta nel Free State, sicuro di sé, realizzato professionalmente, gli occhi azzurro algidi, una fantastica fossetta sul mento e quella voce virile dalle proprietà orgasmiche. C’era qualcosa di nuovo nel gioco dei ruoli che si era creato fra me e Joshua. Lui esperto e fascinoso, io acerbo in fase di collaudo. L’idea di frequentare un uomo più grande di quindici anni, sfidare la mia immaturità sessuale facendo di lui un mentore, mi poneva nel costante bilico tra il timore e l’eccitazione per il rischio. Da neofita del sesso assumeva un’aurea trasgressiva anche quello che non lo era, ma riponevo in Joshua la fiducia nel farmi guidare dove prima avrei dubitato di giungere. Fiducia che si stemperò alla sua richiesta di sesso senza preservativo. Declinai. Fu il primo “NO” e i turgori svigorirono. Avevo infranto il gioco di accondiscendenza, l'ombra di un mio rifiuto rendeva per lui meno eccitante il nostro rapporto. Affrontai la questione apertamente. Avrei accettato se entrambi ci fossimo sottoposti al test hiv e mi avesse garantito che escludeva amplessi con altre persone. Mi accusò di essere diffidente, si dichiarò deluso e tradito. Mi chiedevo come un sudafricano potesse concepire la leggerezza meditata del sesso non protetto. Come poteva essere certo che io fossi a posto? Ero iscritto in un ateneo internazionale dove frequentavo il Drama Department e abitavo nel residence del campus, tutti i requisiti per una cittadinanza onoraria a Sodoma. I dati sulla diffusione di Aids e Hiv nell’Africa australe raccontano uno sterminio silenzioso che si compie per effetto di una guerra senza deflagrazioni. Luther, il mio compagno di corso namibiano, confermava che il business delle pompe funebri aveva reso suo padre uno degli uomini più facoltosi di Mariental. Il sagace patriarca aveva però seppellito due dei suoi figli sieropositivi. Nonostante l'hiv sia diffuso gli africani provano molta vergogna a parlarne. Nelson Mandela, sulle pagine del Sunday Times condivise la scomparsa del suo secondogenito “Lo dico pubblicamente, perché il virus non sia un tabù, mio figlio è morto di Aids". Il nostro maestro di danza contemporanea biasimava la molliccia campagna di prevenzione sessuale programmata dal College. Preferiva condurci la Domenica mattina nel reparto di malattie infettive dell'ospedale civile e imporci come aiutanti agli infermieri. Un confronto pratico con le conseguenze delle scopate disinvolte. Ma è anche una realtà che milioni di persone hiv+ in Sudafrica e nel mondo conducono vite longeve e prive di limitazioni. Appena giunto nel luminoso Free State dal fosco Colinshire ero uno straniero diffidente tormentato dall'ombra dell'epidemia. Dopo sette giorni le ombre diventarono persone, nomi, storie, amici, compagni di corso, vita. Detestavo ammetterlo, ma per la faccenda del bareback con Joshua avevo bisogno della valutazione di uno scopatore seriale...LIAM, il pattinatore dai glutei stellati che mi aveva tradito con il barista del Romeo nei cessi del locale.
Sono le 8.10 del mattino. Liam è in ritardo. Seduto al dehor di una tavola calda boera fingo di memorizzare le battute di un monologo per conferire all'attesa un distacco disinteressato. La cameriera indossa un costume tradizionale afrikaner rabberciato. È irritata perché occupo il tavolino senza ordinare, io quanto lei perché comincio a temere l'umiliazione di un bidone all'appuntamento. Dal pergolato pendono i glicini che disperdono petali viola sul mio copione. Un polveroso pick-up con il cassone carico di pecore lamentose inchioda davanti al locale. Sgusciano dall'abitacolo due giovani farmer con fucile a tracolla seguiti da un cane. Distraggono la cameriera con lusinghe ruvide che lei non disprezza. Ordinano frittata di funghi saltati, speck e birre. Poi lo scorgo librare sui roller appena svoltata la collina dei girasoli. Plana sull'aria sfiorando il lastricato con il portamento di un atleta ellenico in slim shorts e canotta fluo. Mi odio perché lo penso, ma penso che non ricordassi quanto fosse bello. Incurante della panoramica luminosa che sembra studiata da un team pubblicitario per celebrare il suo ingresso, Liam frena davanti al dehor. Ha colorato con striature smeraldo i capelli biondi. Il cane lo circuisce con latrati rabbiosi. Gli allevatori lo richiamano severi ma fissano Liam sprezzanti.
Guardo il cane ringhiare mentre lui si accomoda -"È il comitato di accoglienza che ti meriti..."-
Sorride smagliante -"Sono in ritardo!"-
Io, nervoso -"Certo che lo sei, ti avevo scritto che ho lezione alle nove."-
-"Scusa! Ma lasciami parlare prima che mi spieghi perché siamo qui, ho pensato a un discorso. Farei qualunque cosa per farmi perdonare Fax. Sono stato pessimo, tutte le bugie, il tradimento. So di aver fatto sanguinare il tuo cuore."-
-"Beh mica solo quello, visto che ti sei preso la mia verginità!"-
I due farmer ci osservano dal loro tavolo. Io mi schiarisco la gola e modero il tono della voce, ma continuo ad aggredire Liam -"E poi piantala di parlare come in una soap opera."-
-"Volevo dare un tocco teatrale al discorso, pensavo ti facesse piacere."
-"Non è teatrale, mi dà sui nervi! Sembri la caricatura di un episodio di Egoli."- Una tensione fastidiosa si concentra sulla mia epiglottide, respiro per combattere il reflusso di rancori e ammetto -"Però un tocco teatrale c'è ..."- Gli mostro la coincidenza nel titolo del copione che sto memorizzando, "Il ragazzo dai capelli verdi" di Betsy Beaton. Lui, divertito lisciandosi il ciuffo smeraldo con la mano -"Wow! Sono già diventato leggenda!"-
-"Sicuro, se i cessi del Romeo potessero parlare..."-
-"Comunque Fax sono contento del tuo messaggio, non pensavo di risentirti."-
-"Neanche io, ma ho un secondo fine."-
-"Spara!"-
-"Prima ordiniamo, rischio due ore di training a stomaco vuoto con quell'invasato di Kosta."-
-"Quel tipo balcanico che vi addestra come militari?"-
-"Lui!"-
La cameriera ci porge caffè e waffel con i bricchi di sciroppo d'acero e cioccolata fusa. Dal tavolo dei farmer si leva un rutto, lei sghignazza complice.
Mentre annego il mio pasto sotto una colata iperglicemica dico a Liam -"Ho visto il tuo profilo sulla chat Gayza, scrivi che cerchi l'amore."-
-"Beh, è la verità!"-
-"E come mai le pose della tua gallery sembrano la fase preparatoria di una colonscopia?"-
-"Per mostrare le stelle! Che senso ha tatuarsi il culo se nessuno può vederlo?"-
-"Sei una vittima dell'altruismo. Ma non temere, in quelle foto si vedono le stelle, i pianeti  e un buco nero."-
-"Cosa avrei dovuto fare? Non hai più voluto saperne di me."-
-"Devi prestarmi il tuo culo Liam, ecco cosa devi fare!"-
-"Non credevo lo volessi ancora!"-
-"Non voglio scopare con te, idiota!" (Mentivo, volevo eccome). "Devi contattare un tipo che frequento dal tuo profilo Gayza, per capire che intenzioni abbia."-
-"Sei fuori? Scordatelo!"-
-"Oh, ma dai! Hai detto che faresti qualunque cosa per farti perdonare. Mi trovo in una situazione spiacevole e in parte sei responsabile."-
-"Io?"-
-"Dovevo dimenticarti e forse nella fretta sono riuscito a trovare un soggetto peggiore di te."-
-"Ti tradisce?"-
-"No! Non lo so. Mi ha proposto sesso condom free."-
-"Non lo hai fatto?"-
-No. Gli ho chiesto il test hiv e si è offeso."-
-"È un idiota!"-
-"Capisci perché ho bisogno di te?"-
-"Ma non puoi aprire un profilo fake con la foto di un concorrente del Big Brother svedese come fanno tutti?"-
-"Io non rubo le foto di uno svedese, e poi nessun reality ha mostrato il culo come fai tu in quella gallery."-
-"Mi descrivi come una puttana senza morale!"-
-"Liam, non costringermi a essere amaro...Da quando hai le stelle sul didietro ricevi più visite del planetarium di Naval. Provocalo un po' online e fai qualche domanda su di lui, i tuoi amici del Romeo sono un comitato di comari del gossip."-
I due allevatori si dirigono al pick up seguiti dal cane, uno di loro sputa per terra nella nostra traiettoria, l'altro mugugna -"moffie."- (frocio in afrikaans). Liam ha le labbra lucide di sciroppo, le ripulisce con un giro di lingua, mi diventa duro. Accetta la missione -"Va bene, ti aggiorno fra una settimana."-
-"Ti dò quattro giorni. Devo rivederlo nel week end!"-
Aspetto che passi l'erezione, mollo conto, mancia e fuggo via verso il campus. Kosta mi farà vomitare il waffel di corsa a salti e piegamenti in serie da 20, secondo uno schema di allenamento che chiama "suicidio".
Quello che succede quando Liam Van Heerden è online su Gayza è la metafora di ciò che era accaduto giorni prima nel vicino Zimbabwe, teatro di un tracollo economico-finanziario epocale. Nel Paese, definito fino al 2000 "Granaio d'Africa" o "Svizzera del Sud", un camion carico di bestiame si ribalta per una manovra distratta. Un gruppo di affamati spettatori sulla strada assalta le vacche e le scuoia vive a pugni e mazzate contendendosi le carni macellate a mani nude. Uno scenario splatter degno di un b-movie, di una tragedia greca o di una chat per incontri fra allupati. Nella tragica, metaforica calca di affamati di carne di vacca, si identifica un conoscente...
Lo attendo in pausa pranzo sul prato della facoltà di discipline sportive. I rugbisti del college si allenano al sole regalandomi una panoramica notevole. Liam arriva a piedi reggendo i roller con le mani. Si siede sull'erba e accenna un sorriso vacuo.
Io sospiro intuitivo -"Lo sapevo...spara."-
-"Avevi ragione, sei riuscito a trovare un soggetto peggiore di me."-
-"Quanto peggiore?"-
-"Si chiama Isak, non Joshua. Ha 42 anni. Non è di Sandton, vive a Kymberly con sua moglie, hanno una figlia di dieci anni. Si sbatte un biondino minorenne che va al liceo di Fichardt Park. Tira coca e non è nuovo al bareback. L’unica cosa vera è il suo lavoro, i diamanti."-
-"Però! Quanto chiacchierate al Romeo..."-
-"Mi dispiace Fax."-
-"Mi ha detto ti amo al secondo appuntamento, dovevo immaginarlo."-
-"Già, non credere mai alle parole di un maschio sulla soglia dell' orgasmo. Io Sabato ho ansimato una proposta di matrimonio al fattorino della pizzeria."-
-"E non lo sposerai?"-
-"Per ora no, si è arrabbiato."-
-"Perché?"-
-"Credo c'entri il fatto che Lunedì ho scopato il tipo che dà i volantini per la promozione quattro formaggi."-
Scuoto il capo. Liam incalza -"Fottitene Fax, fatti un giro su uno di quei rugbisti. Ti presento io qualcuno."-
-"Si fa un biondino del liceo? E vuole convincermi a cavalcarmi a pelo!"-
-"Se vuoi lo faccio pestare. Conosco un ex carcerato sempre pronto ad aiutarmi..."-
-"Sei dolce, però no, devo affrontarlo io."-
Stavo da schifo, una latta di carne in gelatina, così mi sentivo. Uno scarto di macello in lattina sottoprezzo esposto sugli scaffali di un discount, mentre un accattivante fast food offre hamburger, patatine dorate e gadget. Mi tormentavo immaginando Joshua (ora Isak) scoparsi quell'adolescente, odiandomi per non essere biondo e per essere tutto quello che ero. La richiesta del sesso non protetto poi, accompagnata da un'infilata di stronzate sul completamento di un sentimento mai provato prima, che avrebbe consolidato il nostro rapporto da un vincolo di complicità... Izak ignorava fosse caduta la maschera di Joshua, ma ignorava soprattutto quanto pericoloso e vendicativo fosse un ventenne umiliato che indossa la maschera dell'ingenuo, rassicurante, bravo ragazzo.
"Una serata memorabile", questo gli avevo promesso. Dall'anta dell'armadio nel dormitorio lo specchio mi riflette sobrio ed elegante. Prelevo i due biglietti dalla cassettiera alla testa del letto. Li custodisco separati, uno nella tasca destra dei pantaloni, l'altro nella sinistra. Quei cartoncini riveleranno "qualcosa" nel memorabile appuntamento. Ho scelto io il ristorante esclusivo in Brand Street, dove, casualmente (?) quella sera si riuniscono le Dame Boere della Carità Afrikaner, una congrega di borghesi razziste che alterna l'hobby della filantropia alle kermesse stagionali. Joshua mi preleva con il suo coupé fuori dal campus. Commenta quanto i pantaloni mi disegnino bene il culo. Mentre guida preme la mia mano sul suo pacco per farmi sentire quanto sia duro all'idea di scoparmi dopo cena (finalmente senza guaine di lattice). Dice che sarà come una nuova prima volta, liberi, pelle contro pelle. Schiocca le dita sul ritmo della musica pop in un patetico eccesso di giovanilismo ostentato. È sensuale, spavaldo, di ottimo umore, solo mi domanda perché abbia scelto un locale così pretenzioso. Imbocchiamo il viale alberato di Brand Street. Mi imbarazza quando nel parcheggio lancia le chiavi dell'auto al posteggiatore armato di mitra -"Ti affido la bambina!"- Il parcheggiatore in divisa non può saperlo, ma dentro di me gli prometto -"Tranquillo, lo distruggo prima del dessert."-
Il ristorante è un edificio nederlandese di fine 1800, con soffitti alti dai pannelli dipinti e pavimentazione in legno, un ampio camino in arenaria e un proverbiale utilizzo delle luci soffuse. Alle pareti, sequenze di dipinti del Great Trek e scene di vita nell' Oranje Vrijstaat. Un presidio della resistenza segregazionista che non si è arresa alle trasformazioni occorse al di là delle siepi potate chirurgicamente. Gli unici "non bianchi" presenti sono dei subalterni relegati alle mansioni meno esposte. Il pianista suona qualche inno, probabilmente tratto dal repertorio della Banda nazionalsocialista. Joshua si incupisce un poco quando il maître ci conduce al tavolo centrale nella sala. A pochi metri da noi la moglie del sindaco, adorna di una parure sufficiente a sanare il debito pubblico del Malawi, pronuncia un'arringa al convivio delle Dame Boere della Carità Afrikaner.
Ci accomodiamo. Lui, scruta la sala diffidente -"Avrei preferito un posto più intimo..."-
Io, ingenuo -"Non ti piace?"-
-"Certo, è carino, ma è lo stile formale che frequento per i meeting di lavoro."-
-"Scusa, non lo sapevo..."-
-"Quante cose devo insegnarti."-
Io, malizioso -"Che ne sai? Magari stasera scopri che ho imparato qualcosa di nuovo...e che so fartelo bene."-
Geme sommesso -"Mmmh, non fare così o ti porto via subito...Ti va? Saltiamo la cena!"-
-"Scordatelo! Sulla carta dei dolci c'è il pudding alla malva e lo voglio!"-
Gioca sui doppi sensi tra il dolce e le farciture che mi offrirebbe al posto del pudding. Nuovi avventori occupano i tavoli circostanti. Controlla il tono della voce sussurrando. Gli sferro il primo colpo quando il sommelier versa l'assaggio dello Château d'Yquem. Mentre lui sorseggia il vino io incalzo -"Allora, IZAK, com'è?"-
Esplode un colpo di tosse nervoso, nebulizza il vino dalle narici e si tampona con il tovagliolo. Il sommelier, preoccupato -"Qualcosa non va signore?"-
Lui si ricompone e lo congeda.
-"Perché mi hai chiamato così?"-
Io, candido -"Così come? Ti ho chiamato col tuo nome..."- E tracanno il primo calice.
Sembra sospettoso. Dissipo i suoi dubbi avviando una vivace conversazione di aneddoti sulla vita al college, lui parla della frenesia di Johannesburg e delle ingerenze capitaliste di un magnate cinese nel settore minerario locale. Monopolizzo la bottiglia da cui attingo generose porzioni. Prima di assaggiare l'agnello glassato allo zenzero la mia lingua è sufficientemente sciolta da schioccare le sferzate -"Quell'industriale pechinese dovrebbe sapere che non si può prendere tutto senza riguardi. Digli che se trovasse il cadavere di una balena nel Colinshire, sarebbe obbligato a consegnare la testa e la coda ai Sovrani di Buckingham."-
-"Ah, ah, sul serio?"-
-"Certo! Spesso ignoriamo la legge senza saperlo. Ci pensi mai? È importante conoscere le consuetudini del posto in cui vivi. Per esempio, tu sapevi che in Kenya è vietato fumare tabacco per le strade?"-
-"No, non lo sapevo."-
-"Ecco, vedi? E magari non sai che l’età minima per un rapporto sessuale in Sudafrica è 16 anni per gli etero mentre 19 per i gay. Non si capisce perché i gay debbano pensarci tre anni più degli etero prima di darlo via! Ma è questa è la legge.”-
-“Perché parliamo di questo?”-
Io, pacato -“Perché forse ti sei distratto, forse non sai che scoparsi un quindicenne in questo Paese è un reato!"-
Lui, gelido -"Ma cosa dici?"-
Dimentico di sussurrare -"Dico che tu, fottuto bastardo, vuoi montarmi senza sella quando raccatti chiunque in chat e fuori dai licei!"-
-"Cristo di un Dio, vuoi abbassare la voce? Ti sentono!"-
-"E allora? Tu sei un protagonista dominante, però ti dò una notizia, a volte i ruoli secondari ti sorprendono e ti fottono la scena! Nelle tasche dei miei pantaloni ci sono due biglietti, in uno c'è il numero di tua moglie a Kimberly, nell'altro quello della famiglia del biondino che ti sbatti. Chi chiamerò prima?"-
Isak si alza dalla sedia  -"Tu hai dei problemi!"-
-"Forse, ma i tuoi Isak Malan di Kimberly, sono molto più grossi! I miei voti in impostazione della voce sono ottimi questo mese, se provi a fare un passo urlo alla sala che sei un pedofilo e faccio chiamare la polizia. Siediti."-
Alcune adamantine signore della carità ci osservano.
Isak si mette seduto -"Fax ti prego, abbassa la voce..."- Il maître ci raggiunge -"È tutto a posto signori?"-
Io -"Sì, bene! A parte lui che mi tradisce con uno studente molto giovane…Ci porta un'altra bottiglia per favore?”-
Il maître si dilegua sgomento.
Isak allenta il nodo della cravatta -"Va bene, cosa vuoi?"-
Scuoto il capo -"Isak, Isak, Isak, non puoi comprare tutto con la carta business. Beh, a parte questa cena...il vino costa quanto un semestre al college."-
-"Allora che intenzioni hai?"-
-"Ahh, non mettermi fretta! Ti ho promesso una serata memorabile. La avrai. Mangia il coniglio affumicato e asciugati il sudore dalla fronte. Un po' di eleganza."-  
Mi servo un altro calice di bianco e infierisco -" Quindi tua figlia ha 10 anni? Che gioia essere padre! Però crescono così in fretta. La cartella, la merenda... Poi ti distrai, cinque anni volano e all'uscita di scuola al tuo posto la carica un tipo con un'auto sportiva cromata, e quella frega di brutto quando sei al liceo. Lei magari nell'astuccio delle matite conserva un profilattico, ma quel figo col pistone biturbo le promette l'amore oltre il lattice, e te la carica senza sella sul cofano in un parcheggio o, se fortunata, in una camera d'albergo. Adesso tu mi racconti sinceramente chi sei e perché volevi scoparmi senza preservativo come un untore mitomane. So una quantità di cose su di te, ancora un'altra bugia e ti prometto che la prossima festa del papà la celebri con i tuoi compagni di cella a Grootvlei."-
E Isak, parla. Svaniscono le proprietà orgasmiche della sua voce nelle parole farfugliate, il mento con la fossetta trema, niente più sicumera. Emerge il vuoto di un quarantenne incapace al confronto maturo, ammorbato da un contesto socio famigliare ultra conservatore e capitalista. Mette compassione un uomo adulto che implora un ventenne di non distruggergli la vita, come se non fosse già a pezzi, con una moglie parcheggiata fra le cristallerie esibita nelle ricorrenze ufficiali.
Nel parcheggio del ristorante il sorvegliante armato guarda impassibile con un grugno verso l'orizzonte. Prima di salire sul taxi che ho chiamato per tornare indietro Isak mi domanda -"Cosa hai deciso di fare?"-
-"Non lo so, sono ubriaco e arrabbiato, è meglio non decida stasera. Tu comportati bene. E se ancora vai a letto con tua moglie, infilati un cazzo di preservativo in trasferta."-
Monto sul taxi. Abbasso il cristallo scorrevole del finestrino -"Ah, un'altra cosa, mentire sull'età per ringiovanire è roba da...come le chiami tu? Vere checche...Addio, JOSHUA."- L'imperturbabile grugno del sorvegliante cede a un ghigno. Sprofondato nel sedile posteriore dell'auto decomprimo la tensione, i nostalgici edifici coloniali di Brand Street scorrono fuori, l'aggressività lascia posto a una solitudine malinconica. Estraggo i due biglietti dalle tasche dei pantaloni, sono completamente bianchi, nessun numero annotato. Conosco molte meno informazioni di quante ne abbia millantate per spaventarlo. Ciondolo dentro il campus, le rose emanano un profumo intenso dall'aiuola che disegna l'emblema dell'Ateneo. Gruppi di studenti sostano tranquilli sul prato alla luce dei lampioni. Il cielo terso vibra tempestato di astri come un abito di Cher al Superbowl. Osservo quel luccichio confortato dalla distanza che mi separa dal Colinshire, dove le stelle non si vedevano. Che uomo sarei diventato se fossi intrappolato ancora in quella nebbia disperante? Forse anch'io commetterei torbide nefandezze e mentirei a tutti in una vita accettabilmente esponibile. Nelle vene e nei reni mi scorrono 10.000 rand di vino pregiato. Sono sufficientemente ebbro da rischiare un pugno in faccia. Supero di un piano il mio alloggio nel dormitorio e busso a una porta. Enoch, l'erculeo studente nigeriano, apre a torso nudo in pantaloncini bianchi. Una cafona croce metallica gli pende dal collo fra i pettorali gonfi. Dallo stereo della camera un rapper minaccia di ardere vivo qualcuno. Lo anticipo prima che possa chiedermi cosa voglia -"Mentimi Enoch, tanto sono sbronzo. Prometti che se diventi gay sono il primo che ti farai."-
Lui, con ovvietà -"Sicuro! Se divento frocio tu sei mio."-
Scoppio a ridere per la prontezza della sua reazione -"Grazie! Buonanotte."-
Faccio per allontanarmi ondeggiando lungo il corridoio e lui -"Brutta serata, Fax?"-
Barcollante annuisco -"Brutta..."-
-"Stai lì, mi vesto, ci facciamo una birra."-
Voglio sboccare all'idea di bere ancora, ma non avendo toccato cibo durante quella cena di livore, delle patatine a effetto spugna non guasterebbero. La destinazione è un pub untissimo gestito da un mozambicano fegatoso, con la segatura al posto della pavimentazione nei cessi. Io, disinibito dal tasso etilico, mi sfogo davanti a birre e braai di pollo con un nigeriano etero, palestrato, irascibile e pentecostale.
Lui, brusco -"Ma ti lamenti pure? Magari le ragazze facessero così! Frigni perché il tipo scopa un po' di manzi in giro. E allora? Scopateli anche tu, anzi, scopateveli insieme!"-
-"Dì un po', hai praticato pattinaggio ultimamente? E se io fossi innamorato di lui?"-
-"L'amore? Hai vent'anni, è pieno di finocchi questo mondo, infilalo un po' in giro e sii felice..."-
Il mozambicano dietro al bancone inarca le sopracciglia.
Enoch addenta nervoso una coscia di pollo -"Cristo, non posso credere di essere qui a incoraggiare un maschio bianco al sesso gay."-
Io biascico commosso -"Sono così orgoglioso di te, Enoch."-
-"Però devo ammetterlo, se prima di conoscerti avessi saputo in che squadra giochi, non saremmo mai diventati amici. Ora non mi importa tanto, sei a posto anche se strano."-
-"Visto che sono ubriaco e domani mi scorderò tutto, posso toccarti i bicipiti?"-
-"Visto che non sono ubriaco e ti scorderai tutto posso gonfiarti la faccia a manate."-
-"Mhh, adoro questo tono!"-
-"Non scherzo Fax, ti gonfio."-
Quella Domenica mattina inforcai la bici per Harvey Road. Composi con un pennarello indelebile, nei bagni maschili della stazione ferroviaria, un annuncio eloquente con il numero dell'ufficio a cui rispondeva la segretaria di Isak. Un turno volontario all'ospedale civile e di nuovo a pedalate verso il campus. In sosta al semaforo mi affianca un camion con rimorchio carico di vacche. Osservo i loro sguardi acquosi e le saluto -"Lo so ragazze, la vita è un macello, ci vediamo in chat."- E via, verso il prossimo login d'amore su Gayza.
"AMORE AL MACELLO"  tratto da “A life in a Fax” di Fax Mac Allister Copyright © All right reserved Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti nel presente racconto, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque mezzo stampa, audio, video piattaforma tecnologica, rappresentazione scenico-teatrale, supporto o rete telematica, senza previo accordo con Fax Mac Allister [email protected]   www.faxmacallister.com
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