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#Ero una ragazza cattiva
mhhhwell--blog · 5 months
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Questa è mia
La mia storia inzia dove eri tu.
La mia storia finisce dove sono io.
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alexandthedark · 1 year
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Ciao Mamma!
Ancora una volta cerco di trovare le parole però niente sembra uscire. Niente sembra andare come si deve! Mi hai cacciata di casa, mi hai insultata e delusa eppure è come se questo legame non vorrebbe mai spezzarsi. E la verità è che sto più male che mai. La verità è che ormai mi sembra di non avere niente che mi aspetta fuori da quella misera porta. Cara Mamma io ormai non so più chi sono. Io ormai non so più che posso e che devo fare. E come se non trovassi nessuna bussola di orientamento e allora la paura ha il meglio. Ho iniziato ad essere cattiva, una ragazza cattiva, come mi definirebbe tua madre che e anche mia nonna. Eppure non provo niente! Non provo rimorso e non mi sento in colpa. Però mi sento sempre una fallita, una di quelle che non può fare nient altro che piangere solo quando il stress e tanto.
Cara Mamma io ormai non so se sono la stessa ragazza che ero prima e forse non lo voglio più essere. Forse sono stanca ad continuare ad essere quella persona che deve tenere tutto sulle proprie spalle senza poter fare nient altro. Però come si fa a smettere? Come si fa a comportarsi diversamente quando per tutta la vita sei stata abituata in una certa maniera? Perché anche adesso che faccio gesti cattivi mi sento come se sono obbligata a darti conto?
Però Cara Mamma io vorrei liberarmi da questo dolore che mi avete inflitto. Vorrei liberarmi di tutto!
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sognareleggiesogna · 5 months
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REVIEW TOUR: Un chitarrista da sposare di Julia Wolf
Cari Sognatori, Siria ha letto il nuovo romanzo della serie Blue is the color scritta da Julia Wolf e pubblicata dalla Heartbeat Edizioni!!! SERIE: Blue is the Color vol 2 GENERE: Music romance DATA DI USCITA 21 novembre 2023 Link d’acquisto Ebook / Cartaceo Trama L’ho amato per tutto il tempo in cui l’ho odiato… Un tempo, ero una cattiva ragazza che ha visto un ragazzo ancora più cattivo…
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sognosacro · 5 months
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La prima sigaretta
Eravamo in due e la mia amica voleva provare a fumare.
In quel periodo le ragazze della scuola comincivano a trafficare sigarette per conto proprio e parlai con alcune di loro durnte la lezione.
Mi trattavano come la ragazza ingenua che non avrebbe capito.
Ne chiesi una ad una ragazza della mia classe e mi disse di no inizialmente.
Poi portò a me ed una mia amica una parisienne leggera, appositamente per noi.
Ricordo il profumo del tabacco nella sigaretta e la sensazione di essere grande e orgogliosa nel mostrarmi forte e indifferende di fronte alla mia amica.
Ci nascondemmo sotto un ponte vicino a casa e la accese lei e me la passò.
Ecco la mia totale indifferenza.
Fine.
Tornata a scuola rividi una delle due ragazze che si figheggiava e mi trattava con superiorità. Io la ascoltai e continuai a conversare con lei e poi le dissi che pure io avevo provato e che non l'avrei "denunciata" da quel giorno cambiò atteggiamento e pensai di aver trovato una nuova amica.
Ma poi fu lei a chiedermi le sigarette. A cui non ho mai dato (forse una volta)
Che io compravo illegalmente al tabaccaio senza nessun problema.
In futuro.
Un giorno parlai alla mia compagna di classe della prima sigaretta e lei venne da me e mi portò su degli scalini in cui poteva fumare e le chiesi se potevo farlo anche io.
Lei mi chiese "vuoi fumare?!“ e mi insegnò a farlo.
Poi nulla non è che diventammo amiche e la situazione di fumare iniziò ad evolversi progressivamente.
Poi andavano di moda i sigarilli e i sigari, le sigarette al cioccolato ecc.
Poi altra roba non so se mi spiego.
Alla fine decisi di smettere con la mia amica e poi di ricominciare un anno dopo.
Alla fine smisi nuovamente e ricominciai con il drum assieme ad un altra amica.
E smisi definitivamente qualche anno fa.
Fine della storia con il passato remoto.
Non mi rocordo un gran che, ma degli sprazzi vissuti in solitudine ed interiormente.
Questo racconto è il riassunto della realtà apparente, che non mi interessa, perchè cerco di evitarne il contenuto emotivo.
È quello il succo del discorso, la repressione emotiva
Io ero spaventata. Curiosa. E provocante. Sedotta da qualcosa di affine a questo sentimento di paura che si instilla nella crescita, paura del vedere le cose.
Della verità
E quindi indossai una maschera per anni, per paura di tradire i miei vecchi legami, per sopravvivenza e disadattamento a una situazione famigliare che avrei voluto evitare.
Paura del cambiamento e del non aver scelta.
Da li la cattiveria.
L'essere strappata dal luogo in cui vivevo e ripetere la stessa situazione e trovarmi li da sola senza accorgermene, a pitturare su una tela nella zona della morte.
Distruggere tutto e trovare piccole gratificazioni di, quel sentimento, averlo buttato fuori.
Non è il fumo a uccidere, non è la dipendenza e nemmeno la cattiva compagnia.
È il proprio sentiero a portarci dove ci troviamo adesso, sono le scelte e il cammino che percorriamo a portarci dove andiamo.
Nessun'altro è responsabile della propria morte, del proprio disfacimento, della propria energia in decadimento.
Nessuno può scegliere la conseguenza delle tue azioni.
Nemmeno se vieni obbligato a fare qualcosa sarai esentato dal subirne la conseguenza, sta a te scegliere se alzarti in piedi o farti schiacciare dalla forza del karma.
Sta a te scegliere se seguire il flusso della legge della vita o contrariarla facendoti abbattere.
Puoi scegliere di volere qualcosa e di non volerlo più.
Puoi agire in conseguenza alle tue scelte o contrariarle con le tue azioni, ma sei sempre te responsabile di questo.
Nessuno ha la colpa, nessuno è in grado di avvalerti questo sentimento, te lo dai da solo e permetti alle cose di ingannarti portandoti all'infrangimento di te stesso.
Ma a volte dobbiamo seguire questo sentiero, per imparare che amare se stessi non significa uccidere il proprio corpo, avvelenarlo, convertirlo all'adorazione di persone ignobili, sostenere teorie sleali.. Amare se stessi non significa ammazzare la propria dignità di fronte agli altri. Amare se stessi non significa contribuire al male della società.
Amare se stessi significa scegliere il proprio bene, scegliere che a volte il male può sacrificare una parte di noi e il bene non sarà quello a pagare, ma sarà tutto a proprie spese. Nessuno pagherà per te.
Non esiste vendetta, è un illusione, alla fine sarai sempre l'unica persona a vincere, a perdere.
Arriverai al punto di comprendere che tutto è surreale, frutto della tua immaginazione e la tua creazione, seppur realistica crollerà man mano che darai priorità a te stesso e asseconderai i tuoi sentimenti.
Quelle emozioni tanto soppresse per anni, tanto negate, rifiutate, combattute per paura.
Nulla di quello che dirai ti sarà da salvezza allora, perché quelle emozioni usciranno.
La maschera a cui tanto ti eri affezzionato a quel tempo vedrai che non sarà più a forma della tua faccia e ti accorgerai man mano, che non ti servirà più.
Nulla di ciò che avevi creato credendo di essere quella persona aveva senso di esistere per te.
Non avrai più bisogno di proteggerti perchè avrai acquisito forza pure nelle tue debolezze e non forzandoti ad essere più forte, ma accettandole così come sono, accogliendole come parte di te.
Forse fumare di nascosto mi ha insegnato questo.
A dirigere una vita degna di me, ad aprire la porta anche se mi fa male.
A nascondere per un lungo tempo qualcosa che neppure io volevo, ma di cui non potevo fare a meno.
Un "divertimento" (che poi divertimento non era) risultante da uno schema depressivo fallimentare.
Emozioni represse.
Questa è la causa di ciò.
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Capitolo 1
Grassona bullizzata
Sono nata grassa...tutto e' iniziato a scuola ero gia molto grassa pesavo IL doppio Delle altre ragazze Ed ero anche piu alta sembravo una ripetente...la maggior parte delle ragazze erano magre e minute in confronto a me...mi ricordo che mi vergognavo..ho sempre avuto un carattere debole...e si sa I bulli riconosco Le loro vittime...ero la vittima di M. una ragazza prepotente...era la meta' di me e molto magra tanto Quanto era cattiva...non si faceva intimidire dalla mia stazza mi umiliava sempre chiamandomi grassona, palla di lardo,balena,scrofa,vacca...questo tutti I Giorni per 5 anni...mi diceva che non sarei Mai stata magra e bella come lei che I grassi erano inferiori...mi ricordo che ogni volta piangevo e quando arrivavo a casa mi ripetevo che aveva ragione e mangiavo fino ad essere piena...Alla sera ripensando a quello che mi faceva subire mi masturbavo immaginando di essere la Sua schiava..continua
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Oggi mi sono imbattuta in un pezzo di intervista fatta ad una influencer italiana a pomeriggio cinque. Premetto che a me i programmi come pomeriggio cinque non piacciono affatto perché mi danno come l’impressione di nascondersi dietro frasi fatte e scontate per nascondere il loro vero messaggio o la loro vera opinione che viene fuori comunque grazie alle domande provocatorie che vengono poste e agli ospiti che vengono invitati per il dibattito, ma ero molto curiosa di capirne di più quindi sono andata a vedermi l’intervista completa. 
Il tema era la maternità e in particolare la scelta di alcune vip di avere, non avere figli, di operarsi o adottare. In studio una ragazza di poco meno di 30 anni che all’età di 23 anni si è operata per farsi asportare le tube e così non avere figli. 
Vengono prima mostrati i commenti (negativi) sotto i post dei giornali online che avevano pubblicato la notizia e poi dopo una breve brevissima presentazione della ragazza inizia il dibattito. 
Ci tenevo a sottolineare il fatto che i commenti riportati fossero tutti negativi perché è veramente buffo come siano stati scelti solo e solamente questi, come per far vedere solo una faccia della medaglia e come invece non siano stati mostrati insieme alle critiche anche messaggi di conforto o vicinanza a questa scelta legittima.
Aperta e chiusa parentesi questo è stato detto dagli invitati in studio “non è passata da uno psicologo invece che dal ginecologo? Perché tu a 23 anni hai fatto una scelta di cui probabilmente ti pentirai, con questa tua scelta adesso sei in tante trasmissioni, hai preso tanti like, sei su Instagram con tantissimi follower, quindi mah… non lo so cosa c’è dietro” ; “Io vorrei dire una cosa da maschietto perché la signorina ha tolto la possibilità a qualunque altro compagno, un domani, di decidere insieme a lei perché generalmente quando nasce una coppia l’uomo e la donna, il fidanzato e la fidanzata, la moglie e il marito decidono insieme se avere o non avere un figlio”; “non si fanno queste scelte a 18 anni, a 18 anni si è poco più che dei bambini e lei l’ha fatto anche perché la pillola la faceva ingrassare, l’ha dichiarato lei. Quindi potevi usare la pillola, una spirale, tutti i metodi concezionali, ma hai voluto fare questo per cosa? Perché avevi paura di ingrassare! Figlia mia dillo, ammettilo. Quindi è ancora più grave”; “sembri Maria Goretti ma tu sei la strega cattiva di Biancaneve sappilo, fa tanto la santarellina però insomma”
La prima frase non la commento neppure perché con il tono con cui è stata posta la domanda, che domanda non era ma più una provocazione, non ha bisogno di risposta quanto il resto. Cominciando dal “te ne pentirai” e qui mi collego ad una frase detta dalla conduttrice “essere madre è la cosa più bella” e voglio dire… non siamo tutti uguali, siamo tutte persone diverse che amano cose diverse, persone diverse, canzoni diverse e sogniamo cose diverse per noi e per la nostra vita, il nostro futuro. Questa idea che l’essere madre, che il figlio sia la vera realizzazione per tutti non è corretta! Lo è stato per mia madre, per tante donne sicuramente ma questo non significa che sia stato per tutti così e lo dimostrano molte e molte vicende che si cerca di nascondere, ma che fanno parte delle diverse sfumature della vita.
La maternità non è sempre una gioia o una benedizione, moltissime donne hanno deciso e decidono ogni giorno di non diventare madri non perché non hanno un compagno o non hanno le possibilità economiche, ma perché semplicemente non voglio esserlo.
Questo non le rende meno donne, meno umane anzi tutto il contrario è proprio la diversità che ci rende tali altrimenti saremmo macchine che pensano e agiscono tutte nel solito modo.
La scelta di operarsi è sicuramente una scelta molto importante perché invasiva ed è importante riflettere a fondo prima di proseguire, ma è una scelta liberissima e come tale va rispettata, dare della strega cattiva che si finge una santa non è proprio rispettare soprattutto se si tratta di una persona che non si conosce.
Non si sa cosa c’è dietro alle scelte di ciascuno, forse è proprio questo il motivo che dovrebbe portarci a rispettare e non insultare gli altri quando hanno delle idee diverse dalle nostre. 
In merito all’affermazione del secondo intervento credo che non ci sia molto da dire, se la ragazza in questione non si fosse operata, ma fosse stata sterile dalla nascita? La scelta di fare un figlio molto spesso si fa in due, ma può capitare che uno dei due non abbia questo desiderio e che l’altro non desideri altro dalla vita, non sempre i nostri desideri sono in sintonia con quelli del nostro partner. Anche se è una frase scontata, ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole con il proprio corpo, la scelta di fare figli è privata e personale. 
Per quanto riguarda invece la parte “non si fanno queste scelte a 18 anni” mi viene un po da sorridere perché quante ragazze a 14, 16, 18 anni portano avanti una gravidanza? Questa è una scelta che a 14, 16 anni si può prendere? Una scelta che non influenza solo la nostra vita ma anche quella di un’altro essere umano, bambino che verrà cresciuto da un’altra bambina. In questo caso non so come mai non si parla mai di pentimento, perché solo chi decide di non avere figli si pente, chi decide di avere figli non può pentirsi perché i figli sono il regalo più prezioso che la vita ci può offrire. 
Non è così! Anche se ci viene inculcato nella testa fin da bambine e bambini. NON È COSÌ! È stato necessario creare un movimento, tante testimonianze e interviste per far uscire allo scoperto tutte quelle donne che si sentivano in colpa e brutte persone a provare questo tipo di sentimento. Quando avere un figlio è qualcosa che ci cambia la vita per sempre, soprattutto in alcuni paesi nel mondo in cui solo la donna deve rinunciare alla sua carriera, ai suoi hobby, ai suoi piaceri e al tempo libero quando mette al mondo una vita e se questa decisione viene fatta in un età giovane può avere delle conseguenze. 
Proprio per questo è importante che si parli di più di educazione sessuale, di contraccezione e metodi contraccettivi e tutto ciò che gira intorno a questi temi. Perché una buona fetta di ragazze a 14, 16, 18 anni ha già avuto esperienze e soprattutto esperienze a rischio. Proprio per questo motivo non si può più far finta di niente perché non basta dire che una ragazza di 16 anni che decide di tenere un figlio si sia prendendo le proprie responsabilità perché non è così, si prende le responsabilità, le conseguenze della società retrograda in cui vive che non capisce quando sia importante informare, informare e ancora informare i giovani  e aiutarli a vivere le proprie esperienza in maniera matura, responsabile e sicura! 
Poi sono stanca di dover sentire dire dalle donne quali motivi siano validi e quali non lo siano per non avere un figlio o non portare avanti una gravidanza, se io voglio dedicarmi alla carriera; voglio vivere per le mie passioni; non sento il bisogno, il desiderio di avere figli, non voglio vedere il mio corpo cambiare; non voglio subire il trauma del parto e tutte le sue conseguenze fisiche e psichiche sono motivi privati miei e solo miei… non esistono motivazioni giuste o sbagliate, esistono delle motivazioni punto.
E basta, basta e ancora basta con la polemica del voler pubblicare tutto sui social, è una polemica stupida e inutile. Io sono liberissima di condividere ciò che più mi fa piacere sui social, se voglio raccontare una cosa divertente che mi è accaduta, se voglio sfogarmi, se voglio mandare un messaggio che sia sul cambiamento climatico, sulla questione di genere o su qualsiasi altro argomento su cui penso sia importante riflettere sono liberissima di farlo. 
A dir la verità io mi sento di fare tanti complimenti alle donne che hanno la forza di esporsi su argomenti così delicati e importanti consapevoli dei commenti, che più che commenti sono insulti e minacce,  con la speranza di cambiare la visione che si ha delle donne e della maternità. 
Non tutti sentono il bisogno di farlo e va benissimo, io non pubblico ne foto e ne storie sui social e non faccio neppure battaglie, ma amo sfogarmi qui su Tumblr perché premere il pulsante pubblica dopo aver raccontato qualcosa su di me mi fa sentire più leggera. Mi sfogo e cosa più importante non faccio del male a nessuno, quindi passiamo ad un’altra polemica che questa ormai è superata. 
Per quanto riguarda invece la parte in cui viene fatto presente alla ragazza che avrebbe potuto scegliere un metodo contraccettivo come la pillola o la spirale ho da dire una cosa. Se io ragazza, donna che vuole avere figli per motivi x che non dovrebbero riguardare nessuno, decido di utilizzare un metodo contraccettivo come la pillola o la spirale invece di operarmi che differenza fa? Sono sempre io con le mie convinzioni e i miei desideri che scelgo un metodo anziché un’altro per la stessa identica finalità. Una differenza c’è però, io che scelgo di utilizzare come metodo contraccettivo la pillola ho una probabilità, anche se bassa, di rimanere incinta e qualora questa eventualità dovesse presentarsi avrei ho due strade: decidere di operarmi e interrompere la gravidanza oppure decidere di dare alla luce un figlio che non ho mai desiderato, possibilità che con l’operazione non sussiste. 
Quindi no, non avrebbe potuto semplicemente scegliere di prendere la pillola e pagare ogni mese la pillola e i controlli con la possibilità che quel metodo contraccettivo non funzionasse. 
Dette questo lasciamo a tutte le donne il diritto di scegliere del proprio corpo e della propria vita,  smettiamo di giudicare e insultare le persone e cerchiamo di aprire la mente a quanti più modi di pensare diversi, ascoltiamo di più e proviamo a metterci nei loro panni e capire cosa possono provare prima di dire la nostra, facciamo domande, interessiamoci, informiamoci di più per cercare di aprire le braccia il più possibile alla diversità. 
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tempestainmare · 2 years
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Cara VV, che cosa strana che mi è capitata. Ero in partenza per Ischia, l'isola degli innamorati, io e mia madre, quando ad un tratto una chiamata urgente di lavoro. Biglietto da modificare: China to Spain. Il coro dello Zecchino di platino della scuola media. C'erano proprio tutti, genitori compresi. Ad un tratto la sera e la stanza d'albergo. Non ho trovato più lo zainetto rosa cipria. Soldi, documenti, chiavi, trucco, effetti personali e tante lacrime. Prima cosa da fare andare alla reception dell'hotel. Nulla. Non possiamo darle la stanza senza documenti. Torna indietro, ripercorri tutta la strada, attraversa il parcheggio. La fortuna di aver incontrato una ragazza cinese che studia proprio all'università spagnola. Tavolini, sedie, gente al fast food, banchi di scuola, sala solfeggio, nulla. L'unico pensiero era "come avrei avvertito la mamma" data la stanza in comune. Tu consiglio di andare in segreteria studenti, li sapranno aiutarti. Vai allo sportello pagamenti. E che te lo dico a fare, l'addetta mi ha cacciato a malo modo, non esiste proprio che ti aiuto, tu non sei una di noi. Incazzata nera e in preda allo sconforto, una bottega in una strada piena di motorini e ragazzi, la mia salvezza. La gente è cattiva cara VV. Fatto è ha chiamato la polizia ma nulla, stessa risposta, non sei una di noi. Sconforto a palla e ritorno all'università. Vai dalla preside, e indovina? Non è che non ti voglio aiutare ma hai capito che esistiamo in funzione di una finzione? Non so nemmeno come si fa. Ragazzi in rivolta e finalmente trovo mia madre. Con tanta non curanza dice, chiama tua zia che è successo un guaio. Non proprio. Non ti abbiamo detto niente perché preoccupati della malattia al cuore, herpes di tua zia. Rientro domattina a casa primo volo disponibile. Un ragazzo all'entrata della segreteria, tante borse e finalmente la mia. Incazzata nera ho chiesto al ragazzo dove avesse preso il telefono, già sostituito venduto e riprogrammato, ma lui nulla. Mi ha mostrato la borsa, La mia. Ho supplicato il ragazzo di restituirmi i documenti, l'iter troppo lungo e pesante. Prenditi tutto, pure le 150 euro ma ridammi i documenti. Segreteria studenti e tarallucci e vino.
VV. questo mondo noi è diventato invivibile. Almeno i documenti. E che ti ho chiesto mai, soldi ne hai rubati.
Cara Alessia, che sventurati eventi. La protagonista di un film horror. Dispiaciuta molto per l'accaduto. Capitano anche a me certe cose. Per la storia della Regina Bianca, mi astengo. Non è per cattiveria (cit.) ma chi me lo dice che non porti la spia come i non figli di Maria? Noi è un modo di abitare la vita, NOI del pifferello NO!
Cara VV. stasera ti va di venire con noi a fare un giro? Tutte femmine ovviamente, guidi tu. Pozzuoli un giro non male. Al ritorno, da sola, ti aspetta il tuo fidanzato sotto casa.
Cara Samantha, grazie ma quando mai siamo state amiche? Dalle medie fai vita riservata ed esclusiva, ora a 31 anni amiche all'improvviso? Accetto miracoli non LOURDES. Sono famosa per la mia solaggine, bella e buono (cit.) il fidanzato? Chissà a chi volevi mandare il messaggio. Ti ringrazio e non accetto l'invito. Non ho più l'età per certe cose, per non parlare dei kili. Kiss!
Cara VV, le foto vogliamo. Sono Regina! Sto comandando ma non come hai capito tu. Tutto sempre uguale ai 13 anni.
Cara Regina Bianca, l'impero è stato conquistato e va bene. La fase successiva è la costruzione. Che cosa non capisci della consecutio temporum? Stiamo vivendo tutti NOI. Stamattina perfino io ho rispettato #girasolemood. Sei tu la poco coerente. Regno significa sacrificio, lotta, amore per la patria. Che vai trovando?
Cara VV, sono uno della truffa. Ti ho fatto saltare il telefono così, perché mi annoiavo. Io sono l'arma, quindi non mi rompere le palle.
Caro Armando, COSì SIA.
Cara VV, porta le buste della spesa vuote. Dobbiamo distribuire 10 buste a famiglia HUMANITAS.
Caro Gian, errore destinatario del messaggio.
Cara VV, che vita fantastica la mia. L'uomo che volevo, la casa dei sogni, l'auto della vita, i figli del desiderio e io, regina della casa. La vacanza per giunta, fantastic!
Cara Viviana, finalmente un messaggio sensato. Una NOI che si rispetti. Parliamone. Tu sei una delle poche che ha compreso il significato della vita del NOI. Ti stimo.
Cara VV, sono Regina Bianca. Sto installando di nuovo il The Sims con tanto di video spiegazione su #youtube. Sono al mare.
L'AMORE è anche questo, un mono.locale.
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nonhofantasiaa · 2 years
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14-06-2022
Era da tanto che non ti sognavo, e lo sai, domenica notte ti ho sognata tutta la notte e avrei troppo voluto scriverti di non venirmi a stressare almeno nei miei sogni, invece per una volta devo dirti che mi ha fatto piacere trovarti li. Mi son svegliata piangendo dopo che tu sei stata nel mio sogno a dirmi “Chiara non ti preoccupare, che io ti amo” e voglio dirti che anche io ti amo. Più di quanto tu possa immaginare da sempre, anche se forse non sempre son riuscita a dimostrartelo al meglio. Ma tu meriti una seconda opportunità ed io anche per dimostrarti quanto sei importante per me. La meritiamo perchè abbiamo ancora milioni di cose da fare insieme senza che io ti pacchi sempre (ops), la meritiamo perchè insieme eravamo sempre felici. E due anni non sono abbastanza di felicità per una vita. Quindi non appena ti riprendi a me non interessa di tutte le persone che si saranno fatte vive al momento noi abbiamo un sacco di cose da fare INSIEME. Per cui vedi di riprenderti presto e bene che non ci saranno scuse che tengano. E no, la gelosia di Roxana non mi interessa, dovrà condividerti con me. Sai ho riletto un po' di messaggi durante queste giornate di attesa di merda. E tu, mi duole ammetterlo, ma sei stata una delle migliori scoperte. Tu, che nel bene e nel male in due anni ci sei stata sempre, anche quando avevi tutte le ragioni del mondo per potermi sbattere la porta in faccia. Io anche ci son sempre stata ma mi rendo conto di forse avertelo dimostrato male, ed è per questo che durante questa seconda opportunità che la vita ti ha dato voglio dimostrartelo coi fatti.
Meriti tutto ciò che di bello c'è al mondo Giada. Meriti l'amore che ti faccia ridere e non incazzare o piangere. Meriti lo stare bene. Meriti di vivere senza pensieri, di preoccuparti un po' più di te e un po' meno per gli altri. Meriti anche delle amiche stupende, ah no scusa, quelle le hai già :P Meriti infinite albe e tramonti al mare, canzoni cantate a squarciagola, abbracci in ogni momento del giorno, colazioni al bar, pranzi e cene fuori, merende in spiaggia, grattini ovunque, baci sulle guance e sulle lacrime qualora dovessero scenderti dagli occhi.
Il fatto che tu abbia un casino di persone che tengano a te comunque mi fa stare bene, ma sapere che tu nonostante tutte queste persone fossi stra felice ogni volta che ci vedevamo e mi cercassi a tutte le feste mi rende ancora più felice e capisco che io provo e ho sempre provato lo stesso da quando in quel negozio di merda piegando i vari tavoli ci guardavamo di nascosto. Sei sempre stata speciale per me, Giada, e ripeto purtroppo fin'ora te l'ho dimostrato un po' a modo mio ovvero di merda ma son pronta ora a dispensare tutti gli abbracci e i baci che nella vita non ho mai dato solo per te .
Inoltre non vedo l'ora di mandarci tutte quelle foto di diti medi che erano perfetti in qualunque situazione, non vedo l'ora di vederti con la faccia come Goyle (amico di Draco in Harry Potter) dopo aver toccato il tuo gatto, non vedo l'ora di vederti ridere alle mie stronzate, di chiedermi baci e abbracci che finalmente ti saranno dati, di passare ore e giornate con te.
Voglio vivere la vita con te mia pischella del cuore al mio fianco. Nel bene, nel male, nella buona e cattiva sorte x smpr.
Sai mi ero quasi arresa all'idea sbagliatissima che non ce l'avessi fatta ma poi è arrivata Ibadete (santa ragazza, vedrai che bff che ti ritrovi) a ricordarmi il tuo pensiero: positivo. Finchè c'è vita c'è speranza e non si smette di sperare finchè non è veramente arrivata la fine. Mi ha ricordato di come tu nonostante i miei due no avessi continuato a sperare e non ti sia arresa finchè non misi la mia lingua in bocca ad un tizio. E li ho capito. Ho capito che tu ti sveglierai e leggerai questa mia lettera. Perchè hai vent'anni, sei cazzuta e tutti si meritano una seconda opportunità. Per questo io ti scrivo questo e ti aspetto, nel mentre continuerò a raccontarti i miei pensieri in questo periodo magico che sto vivendo a causa tua per poterti insultare al meglio non appena aprirai gli occhi. Baci
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corallorosso · 2 years
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Lettera a Salvini di un’immigrata africana: «La faccia cattiva la dedichi ai potenti che occupano casa mia» È diretta e senza mediazioni la lettera aperta di una donna africana al senatore ex ministro dell'Interno. "Se avessi potuto scegliere, avrei fatto volentieri a meno della sua ospitalità". «Ho visto la sua faccia ieri al telegiornale. Dipinta dei colori della rabbia. La sua voce, poi, aveva il sapore amarissimo del fiele. Ha detto che per noi che siamo qui nella vostra terra è finita la pacchia. Ci ha accusati di vivere nel lusso, rubando il pane alla gente del suo paese. Ancora una volta ho provato i morsi atroci della paura… Chi sono? Non le dirò il mio nome. I nomi, per lei, contano poco. Niente. Sono una di quelli che lei chiama con disprezzo "clandestini". Vengo da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia e sono tutti amici vostri. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di Boko Haram. Nella mia regione, il Delta del Niger non sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usa viene da lì. Io vivevo alla periferia di Port Harkourt, la capitale dello Stato del Delta del Niger. Una delle capitali petrolifere del mondo. Vivevo con mia madre e i miei fratelli in una baracca e alla sera per avere un po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di chi vive lì. È dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza. Tutto è a pagamento. Tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi pagare. E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre compagne quotidiane. La vedo già storcere il muso. È pronto a dire che non sono fatti suoi, vero? Sono fatti suoi, invece. Il mio paese, la regione in cui vivo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori produttori di petrolio al mondo. E invece no. Quel petrolio arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre economie e le vostre aziende. Il mio paese è stato preda di più colpi di stato. Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del suo mondo, anche del suo paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via era la nostra vita. Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori. Si ricorda Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia per noi. Lo avete fatto penzolare da una forca… Le vostre aziende, in lotta tra loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della nostra ricchezza. L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conosce. Sono accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco. Con quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali. A casa, la sera, non avrei avuto bisogno di una candela… Sarei rimasta lì, a casa mia, nella mia terra. Avrei fatto a meno della pacchia di attraversare un deserto. Di essere derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti. Di essere violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non c’era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla strazianti di chi veniva torturato. Avrei fatto a meno della vostra ospitalità. Nel suo paese tante ragazze come me hanno come solo destino la prostituzione. Lo sapete. E non fate niente contro la nostra schiavitù anzi la usate per placare la vostra bestialità. Io sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni. Ancora una volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle nostre vite. Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore. Vedo che non ho mai pronunciato il suo nome. Me ne scuso, ma mi mette paura. Quella per l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti. Vuole che torniamo a casa? Parli ai suoi potenti, a quelli degli altri paesi che occupano di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. Se ha un po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta la faccia a loro» Soumaila Diawara
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ossicodone · 2 years
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Tu non sei tanto diverso dai no Vax, sei superficiale come loro. Ti limiti ad apprezzare una ragazza solo per il bel fisico o faccino altrimenti è direttamente esclusa dalla tua lista. Spero che la ragazza che ti piace ti dia un due di picche
Tempo fa mi ero ripromesso che domande simili le avrei bloccate però questa mi ha fatto sorridere per il paragone fra i no vax superficiali e ignoranti su cose a carattere scientifico ed io, superficiale perché ho dei gusti soggettivi e in quanto tale li rispetto e mi rispetto. Ci son tanti ragazzi che fan beneficenza e che ogni buco è trincea per loro vai da questi in caso o comuque accetta che se il due di picche lo hai ricevuto da me, non per questo sei una brutta ragazza, avrai sicuramente altri valori, quali la generosità, ah no, la bontà, ah no, non sei invidiosa o cattiva, ah no. Vabbè c'ho provato
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vintagebiker43 · 2 years
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Lettera a Salvini di un’immigrata africana: 
«La faccia cattiva la dedichi ai potenti che occupano casa mia. Se avessi potuto scegliere, avrei fatto volentieri a meno della sua ospitalità. Ho visto la sua faccia ieri al telegiornale. Dipinta dei colori della rabbia. La sua voce, poi, aveva il sapore amarissimo del fiele. Ha detto che per noi che siamo qui nella vostra terra è finita la pacchia. Ci ha accusati di vivere nel lusso, rubando il pane alla gente del suo paese. Ancora una volta ho provato i morsi atroci della paura…Chi sono? Non le dirò il mio nome. I nomi, per lei, contano poco. Niente. Sono una di quelli che lei chiama con disprezzo "clandestini". Vengo da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia e sono tutti amici vostri. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di Boko Haram.Nella mia regione, il Delta del Niger non sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger?  Non credo.Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usa viene da lì. Io vivevo alla periferia di Port Harkourt, la capitale dello Stato del Delta del Niger. Una delle capitali petrolifere del mondo. Vivevo con mia madre e i miei fratelli in una baracca e alla sera per avere un po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di chi vive lì.È dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza. Tutto è a pagamento. Tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi pagare.E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre compagne quotidiane. La vedo già storcere il muso.È pronto a dire che non sono fatti suoi, vero? Sono fatti suoi, invece. Il mio paese, la regione in cui vivo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori produttori di petrolio al mondo. E invece no. Quel petrolio arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre economie e le vostre aziende.Il mio paese è stato preda di più colpi di stato. Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del suo mondo, anche del suo paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via era la nostra vita. Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori.Si ricorda Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia per noi. Lo avete fatto penzolare da una forca… Le vostre aziende, in lotta tra loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della nostra ricchezza.L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conosce. Sono accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco. Con quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali. A casa, la sera, non avrei avuto bisogno di una candela…Sarei rimasta lì, a casa mia, nella mia terra.Avrei fatto a meno della pacchia di attraversare un deserto. Di essere derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti. Di essere violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non c’era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla strazianti di chi veniva torturato.Avrei fatto a meno della vostra ospitalità. Nel suo paese tante ragazze come me hanno come solo destino la prostituzione. Lo sapete. E non fate niente contro la nostra schiavitù anzi la usate per placare la vostra bestialità. Io sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni. Ancora una volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle nostre vite.Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore. Vedo che non ho mai pronunciato il suo nome. Me ne scuso, ma mi mette paura. Quella per l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti. 
Vuole che torniamo a casa? Parli ai suoi potenti, a quelli degli altri paesi che occupano di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. 
Se ha un po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta la faccia a loro».
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A volte mi capita sai?
A volte mi capita di riguardare le nostre foto, di ripensarti, ecco.
Sei stata quella persona che mi ha ridato speranza, ebbene sì mi avevi dato una motivazione per essere felice, per ricredermi su me stessa e sulla mia vita. Quella persona grazie alla quale finalmente mi accettavo sul serio. Quella persona che mi faceva essere migliore.
A volte mi ricapita di provare a parlare con qualcun altro, ma non riesco a essere me stessa, sì perché...beh sai che lo ero solo con te.
A volte mi ricapita di pensarti, di pensare alla nostra complicità, ai tuoi occhi che mi sembravano guardarmi come se io fossi la cosa migliore al mondo e che ne valessi la pena.
A volte, anzi, spesso mi ricapita di pensarti, di pensare a tutto ciò che mi facevi sentire che mai avevo provato prima.
Illusione. Ecco cosa era tutto.
Non rinnego nulla, ma ancora mi capita spesso di pensarti e piangere, colpevolizzandomi di esser stata così stupida da poter credere nell’amore, da farmi abbindolare così da tutti quei gesti, da tutte le tue parole, da quegli occhi.
Mi capita spesso di pensarti e di rimproverarmi perché piango ancora per te e non riesco a voltare pagina, nonostante tu abbia già da tempo bruciato il nostro libro.
Sto cercando di ritornare a essere quella di un tempo, la ragazza che non aveva bisogno di te, quella di cui forse ti eri infatuato perché indipendente e “forte”. Sto cercando di riprendere tutto in mano ma è come se non riuscissi a portare avanti la mia vita, e sto qui in stallo, bloccata in un circolo di autodistruzione che non riesco a fermare. Sto qui a vedere la vita, la mia vita, scorrermi davanti agli occhi, mentre io non riesco a viverla. Sto ferma, non cancello le nostre foto o i nostri messaggi, non getto ciò che ho di tuo, quasi come se ti aspettassi ancora, come se infondo sperassi ancora che tu possa riapparire e poter riprendere la mia vita dal punto in n cui l’ho lasciata. Forse quindi spero invano, e la speranza è la puttana più cattiva che possa esistere e vorrei tanto che morisse, perché so che ciò che spero non può esistere.
Nonostante tutto il male, ricorda che non ti odio, non potrei mai, perciò mi limito a odiare ogni giorno di più me stessa.
Ti augurerò sempre il meglio, perché anteporrei sempre la tua di felicità alla mia, anche se non puoi immaginare quanto vorrei essere salvata, ma io so già che tu non lo farai e nessuno ne avrà mai le capacità di riuscirci, dunque sono condannata a me stessa. Ma tu non preoccuparti, non voglio che lo fai, ti ho lasciato libero, perché questo si fa con chi si ama.
Spero solo che tutto il mio dolore valga la pena.
Buona a fortuna per tutto, ti prometto che poco alla volta cancellerò tutto e non ti penserò più e ti lascerò essere felice.
Addio.
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writeranonynous · 2 years
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E' una follia odiare tutte le rose perche una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perche uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perche uno è fallito. E una follia condannare tutte le amicizie perche una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perche uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perche qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un'altra opportunità, un'altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c'è un nuovo inizio.
Dunque, vediamo. Ti auguro di svegliarti una mattina e non ricevere un suo messaggio. Ti auguro che lei sia fredda ed incostante. Spero vivamente che un giorno, all'improvviso, tu possa pensare che la vuoi accanto per il resto della tua vita. A quel punto, però, lei non dovrà farsi trovare. Ti auguro di andare a colazione, a pranzo, a cena e pure a letto con il dubbio. Ti auguro che quest'ultimo ti corroda i pensieri, le azioni, il lavoro, gli amici, la vita. Ti auguro che lei diventi il tuo punto interrogativo e la tua ossessione cattiva più grande. Spero ardentemente che lei ti risponda mele, che non abbia più baci da parte per te e che faccia l'amore con forza ma non con le lacrime agli occhi. Ti auguro che ti lasci e se ne vada con un altro, più insulso di te. Per finire, ti auguro che tu possa essere spettatore della sua felicità. Che lei non si curi delle foto che vedrai, delle voci che sentirai delle notti che suderai..sognandola. Ti auguro di innamorarti e di star tanto male. Ti auguro, esattamente tutto quello che hai fatto a me...
Però io non dimentico chi mi ha ferito o chi mi ha reso felice, io non dimentico una risata, un sorriso e neanche le parole che mi dicevi.
Non dimentico i momenti in cui ho pianto, o i momenti in cui ero felice, cioè che mi segna mi segna, per sempre .
Tu ritornerai.
Ma non ci sarò, e tutto quello che ho passato io lo passerai anche tu .
In qualche modo sapevo già di perderti ...sapevo che te ne saresti andato, che era solo questione di tempo, quel che non sapevo è che ci era rimasto così poco tempo!
E quando ami qualcuno non hai scelta, l’amore ti nega ogni prescelta !
Lo so che sono un disastro come amica, migliore amica, ragazza, sorella, figlia, sono il disastro di famiglia, sono un disastro a scuola ... lo so, sono un disastro
Io sono fatta così ...pazza, ribelle e stronza (come mi definisce qualcuno) perché la vita mi ha insegnato che subire è mancanza di rispetto per me stessa .
Mi chiedono "ci pensi a lui?" "Ci pensi mai?" Ma no, macche ma chi ci pensa più, faccio io, ormai è andata, è acqua passata: ho imparato che se sposti lo sguardo verso un punto fisso distante da te e non guardi negli occhi la persona con cui parli non se ne accorge nessuno che menti. Dico di no quando mi chiedono se penso ancora a te, dico che non lo so dove stai e che fai e questo è vero eccome, dico che manco mi importa e questo non potrà essere vero mai.
Mi chiedono "ci pensi mai a lui?" io abbasso lo sguardo, e con fare distante, senza che mi attraversi nemmeno un po' la nostalgia rispondo che le cose finiscono sempre per una ragione e pensare a qualcuno che non c'è non serve a niente, ma non lo dico che se si tratta di te, io non controllo la mia mente, non lo dico che la mancanza mi coglie nei posti più assurdi e correrei da te sorpassando la gente nel bel mezzo della giornata, per stringerti, senza manco pensarci, io non lo dico che alla fine ti rivedo in ogni volto, in ogni discorso, in tutti quelli che tengono ciò che sentono nascosto e parlano poco e non si mischiano con la gente e sembra che se la tirino e forse è pure un po' vero, ma più che altro è voglia di non essere feriti, davvero.
Non lo dico che quando mi entra un ricordo negli occhi io li chiudo per sigillarlo e li chiudo perche fa male da morire, non lo dico che ci penso sempre, notte e giorno, giorno e notte, quando appena sveglia non ho voglia di parlare e dico a tutti di lasciarmi stare, quando la notte sono ancora online a guardare le tue foto, a zoomare sui tuoi occhi
Ci pensi ancora a lui?" Mi domandano, loro non lo sanno di quanto ancora sei in tutti i miei giorni, non lo sanno che se guardo le mie mani le vedo vuote senza le tue sopra, e allora dico di no, che m'è passata, che sei acqua passata, mi dicono "questa è una risposta scontata" e io rispondo si, ma è la verità. La gente se la beve perche ho imparato a mentire da quando ho dovuto convincere la gente che non ti penso più.
Io non so proprio cos’hai, ma se si tratta di te il mio cuore fa un brutto rumore.
non sei più un pensiero fisso come prima, ma a volte cade su di te la mia attenzione, per svariati motivi, ma in ogni caso evito categoricamente di avvicinarmi a, non mi manchi più come una volta, sto non mi faccio più male, ho imparato un bastarmi da un po ', ho imparato un voltarmi e non trovarti, mi sono pian piano abituato alla tua assenza, finché diventato irrilevante, quasi non si sente più, solo in alcuni frammenti di tempo, mi capita di avvertire sulla mia pelle, la mia assenza, ma anche questa volta non è più presto, ci penso, penso a te, a quello che saremo potuti essere poi, l'attenzione mia si distoglie da cio e penso che ti chi ti voglia ti tiene, che si ama, che si pente torna, che se solo tu avessi voluto con la stessa intensità con la quale volevo io, saremo potuti essere così maledettamente felici, ma non andata cosi, e va bene,mi sento più leggera ora senza te, mi sento me stesso, sento di non dovermi privare della mia vita, ed è favoloso, ma voglio sentire che sono in armonia con me stessa, ho sviluppato amor proprio. non tornare non farlo non ancora, non di nuovo. non distruggere tutto ciò che ho creato. Vai Via. esci definitivamente da me e dalla mia vita. scusa se me ne frego, ma ho imparato da te.
Ho provato sentimenti bellissimi,il cuore che scoppia,le mani che sudano,le farfalle nello stomaco.Ho provato bellissimi sentimenti per uno stronzo senza cuore che non mi ha mai voluta allo stesso modo,che non ci ha pensato 2 volte quando si trattava di spezzarmi in due parti.Se fosse per la mia testa saresti già andato dal 7 maggio 2021 ma dal cuore non vuoi passare.Nom ero una bambina,no,non lo ero affatto.desideravo qualcuno che mi facesse sentire apprezzata,tutto qui.
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lapensierosa-22 · 2 years
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Tu ci pensi mai?
Io si, probabilmente lo sai anche, mi conosci è la prima cosa che capisci di me, che do troppo peso alle cose soprattutto alle persone.
Ci penso sai.
Ti guardo e non ti riconosco.
Ti guardo e penso che quella non sei tu.
Ti guardo e penso quanto cazzo sei brava a recitare.
Ti guardo e spero che tu senta la mia mancanza.
Ti guardo e spero che prima o poi mi dica che hai bisogno di me.
Ti guardo e penso che sei una grandissima Stronza.
Ti guardo e non so ancora capire se tutto quello che è stato era finto come te o sei ora finta.
Ti guardo e non ti riconosco più e probabilmente non voglio più riconoscerti.
Ci penso raramente e a volte spesso.
L'unica cosa che resta della nostra amicizia è il vuoto, le bugie e l'indifferenza.
Spesso mi invento cose per giustificare il tuo essere stata così... cattiva, ma poi finisco sempre per non giustificarti.
Penso a quando quella sera guardandomi negli occhi mi hai detto "ti voglio bene, guarda che sei anche tu importante per me, non solo loro, te lo giuro" ... e poi dopo 12 ore sei diventata peggio di loro.
Vorrei dirti che mi manchi, ma non è più così.
Vorrei dirti che ti voglio bene, ma non è più così.
Vorrei dirti che mi va di uscire con te e divertirmi solo come noi sapevamo fare, ma non è così.
Vorrei poteri chiedere se almeno un po ti manco? Ma non mi interessa più saperlo.
Vorrei poterti parlare liberamente, ma non voglio più farlo.
Hai scelto di essere come loro, anzi peggio.
Probabilmente non te lo perdonerò mai, mai.
Sei stata quella inaspettata coltellata in pieno petto nel mio momento più buio.
Inaspettata perché davvero credevo in te e nella nostra amicizia e ti reputavo così pura che saresti mai stata quel tipo di persona cattiva che usa le tue debolezze per distruggerti.
Io credevo in te, tu in me no.
Io ero felice per te, tu per me no.
Io ero contenta dei tuoi successi, tu per i miei no.
Io ero sempre pronta a correre lì da te a qualsiasi ora, tu non c'eri mai.
Pensavo che fosse lo stesso, ma non è mai stato così l'ho capito dopo.
Probabilmente un giorno leggerai questo post e pensarai ma che stronza sta ragazza ha fatto questo ad una sua amica? SI.
E sei proprio tu.
Per quanto tu ti possa nascondere, lo sai.
E se succederà, sarà troppo tardi perché già ora è tardi.
È tardi, per sempre.
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goodbearblind · 2 years
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L’ULTIMO CITTADINO DELL’UNIONE SOVIETICA
Ricordo l’estate dell’89 come l’estate in cui il mondo cambiò.
No, non credetemi così attento o profondo, non mi riferisco al crollo del muro di Berlino e allo stravolgimento della politica Mondiale: quelle per un bambino di dodici anni sono solo bazzecole, echi lontani.
Il cambiamento dell’estate del 1989 fu molto più drastico e radicale, perchè andò a stravolgere quello che all'epoca era il mio solo ed unico mondo: il mio mondo di bambino.
Come ogni estate, finita la scuola ci trasferimmo nella villa al mare, in un villaggio dove c’erano tutti i miei amici: compagni di giri in bici, partite a pallone, strifone (la variante manesca che gli ultimi anni aveva sostituito il nascondino), esplorazioni, cinque si schiaccia, bagni lunghissimi, avventure, e in generale di tutto quello che facevano le bande di bambini nelle estati degli anni ‘80.
Rigorosamente tutti maschi.
E la fine di giugno passò proprio così, come doveva essere: biciclette, pallone, cinque si schiaccia, strifone…
Poi partii.
Quell’anno al solito campo degli Scout si aggiunsero un paio di settimane a Pievepelago, un Centro Federale Estivo; detto così sembra brutto, ma in realtà era divertentissimo. “Federale” riguardava la Federazione Tennis, che organizzava queste specie di corsi intensivi in cui si viveva un paio di settimane in un albergone con altri bambini, e si giocava tanto a tennis, ma anche ad altri giochi. Ricordo che non è che migliorai tanto a tennis, ma finivamo spesso dal Direttore per cattiva condotta. Alla fine vincemmo anche una specie di premio per la stanza più disordinata del Centro.
Ma sto divagando.
Tornato da Pievepelago passai qualche giorno a Rosamarina in cui principalmente dormivo per recuperare il sonno perduto e mia madre organizzava un cambio bagagli, poi ripartii con i miei per un viaggio con loro. So che andammo in Francia, perché ho il ricordo della Torre Eiffel agghindata per il centenario 1889-1989, con la scritta luminosa “100 ans”.
Insomma, tornai a Rosamarina poco dopo ferragosto, e non vedevo l’ora di rincontrare i miei amici.
Mi stupii quando la mattina non li trovai alla solita spiaggia, e rimasi ancora più sorpreso quando realizzai che il punto di incontro del pomeriggio non era più al campo da calcio, ma in piazzetta. E quel pomeriggio capii che era cambiato tutto.
Ero stato via un mese e mezzo, ma sembravano passati cent’anni. Le bici erano state sostituite dai motorini, i pantaloncini della tuta e le canotte da qualcosa di più sfavillante, e insieme ai miei amici c’era una ragazza.
E io a questa ragazza non sapevo cosa dire, e nessuno aveva più voglia di giocare, ed ero l’unico in bicicletta, e forse per la prima volta in vita mia mi preoccupai di com’ero vestito.
E capii che il mio mondo non c’era più.
Poi naturalmente la natura ha fatto il suo corso, e ho iniziato anch’io a dedicare alle ragazze attenzioni ed energie sempre crescenti, e all’estate dell’89 non ci ho pensato più.
E poi ieri ho letto la storia di Sergej Konstantinovič Krikalëv.
Sergej era un’astronauta Sovietico. O meglio un Cosmonauta. Perché in guerra fredda gli americani erano Astronauti, i sovietici Cosmonauti (e il termine mi pare assai più poetico ed evocativo, ma de gustibus).
Fattostà che nel maggio del ‘91 Sergej parte per la sua seconda missione nello spazio insieme ad altri 2 colleghi sulla navicella Mir, sospinta dal razzo Sojuz (altro nome stupendo).
Come da programma i due compagni di missione rientrano dopo pochi giorni, e Sergej rimane sulla Mir con la finalità di studiare il comportamento dell’organismo in assenza di gravità per lunghi periodi; il suo rientro è programmato simbolicamente per il 31 dicembre.
Ma in quei mesi laggiù sulla Terra succede qualcosa di significativo, imprevisto ed imprevedibile al momento della pianificazione della missione: la disgregazione dell’Unione Sovietica.
Tra lo stupore del mondo intero l’accordo di Belaveza dell’8 dicembre 1991 dichiara dissolta l’unione sovietica; il 25 dicembre Micael Gorbacov si dimette da Presidente dell’Unione Sovietica, dichiara abolito l’ufficio e conferisce l’archivio sovietico ed i poteri al Presidente Russo Boris Eltzin. Alle 18,35 la bandiera Sovietica viene ammainata per l’ultima volta dal Cremlino, e sostituita da quella Russa. La mattina dopo le lettere CCCP sulla facciata del Cremlino vengono sostituite dalle aquile Russe.
E di li in poi succede il macello: insieme all’Unione Sovietica si dissolve ufficialmente il sogno del Comunismo, l’economia Sovietica collassa, gli Oligarchi prendono il potere e insieme alla mafia russa si appropriano degli arsenali sovietici, i rapporti di forza politici ed economici di tutta la Terra vengono sconvolti e devono essere rapidamente ridisegnati.
E Sergej?
In quel casino nessuno sembra ricordarsi di lui. Sta lì, sta abbastanza bene, ha da mangiare, e giù sulla vecchia Terra non si capisce bene chi comanda i missili nucleari, figuriamoci se pensano a recuperare un Cosmonauta. Giochi di potere si svolgono per riassestare tutta la burocrazia e i vertici militari, e la missione di recupero si riesce ad organizzare solo dopo tre mesi, quando ormai tutta la stampa occidentale ha sollevato il caso dell’astronauta “dimenticato”.
Immagino la faccia di Sergej quando atterra in Kazakistan il 25 marzo, dopo dieci mesi nello spazio, e scopre di essere all’estero: partito dall’Urss, trova che l’Urss non c’è più, e il Kazakistan è ora un paese straniero.
Poi torna a casa e trova che addirittura la sua città non è più quella di prima: è partito da Leningrado, riesce finalmente a tornarci e scopre che ora si chiama San Pietroburgo.
Ma non deve essere stato nulla rispetto al cambiamento più grande e radicale: il povero Sergej è partito che era Comunista, e quando torna si ritrova catapultato nel gran circo del Capitalismo.
Immaginate lo shock.
Quasi quanto uno che parte dal mondo fatato dei bambini, e quando torna si trova paracadutato nella giungla dell’adolescenza.
Sergej Krikalev, posso immaginare quanto è stata dura, un po’ ci sono passato anch’io. Ti capisco fratello.
[Storie Da Caffè]
#StorieDaCaffè
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sciatu · 3 years
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DOPO LA FESTA
Lo svegliò l’odore del caffè e inconsciamente capì subito che doveva essere un caffè fatto in casa. Aprì gli occhi ma vide solo il bianco delle lenzuola e solo il vederlo gli fece venire un gran mal di testa tanto che chiuse gli occhi “Amore ti ho portato il caffè” disse una voce femminile “Che strana voce ha Gessica questa mattina.” Si disse, ascoltando ad occhi chiusi quella voce sottile quasi da bambina. Sentì sulle labbra il bordo della tazzina e presala in mano bevve lentamente “Buonissimo, pensò, proprio come piace a me Gessica questa volta è stata brava” Apri gli occhi sorridendo e si vide davanti il volto di una donna che non aveva mai visto. Era mora con gli occhi scuri, mentre Gessica era bionda con gli occhi chiari, la ragazza indossava un accappatoio chiaro con disegnato degli orsetti e da come era aperto sul davanti, si capiva sia che sotto non indossava nulla sia che aveva una misura di petto tripla di quella di Gessica. Anche il resto del suo corpo era il doppio di quello di Gessica che con i suoi cinquanta chili scarsi sarebbe scomparsa dentro l’indumento. “Che c’è?” Chiese lei vedendo la sua faccia sconcertata. “La luce, mi da fastidio.” Rispose dicendo in parte la verità. “dovevi vedere che mal di testa avevo io quando mi sono svegliata – fece lei sorridendo con aria complice – poi mi sono fatta una doccia ed è passato tutto. Fatti anche tu una doccia, vedrai che starai meglio” Aprì l’anta di un grande armadio tirando fuori un accappatoio con coniglietti Solo allora, alzandosi dal letto, si accorse che era nudo. Guardò le due nudità, che pensò di nascondere tra le mani e poi la ragazza cercando qualche scusa. Lei invece gli passò l’accappatoio e sfiorò con le labbra quelle di lui “Uhmmm – fece lei sotto voce – mi fai venire voglia” e si girò dirigendosi verso la sala su cui, attraverso un disimpegno, si affacciava la stanza da letto. L’ osservò andarsene muovendo il suo di dietro in una maniera tale, che pur di misura XXL aveva un che di aerea civettuoleria con gli orsetti dell’accappatoio che sembrava ballassero il chachacha “Ma che minchia ho fatto? E quanto minchia ho bevuto? Mannaia a mia sembra che non so che non sopporto l’alcool e che poi non mi ricordo nulla!!!” Si chiese preoccupato ed incazzato con se stesso. Andò verso il disimpegno in cui vi era anche la porta del bagno che era un trionfo di rosa e di cornici barocche colmo del profumo di creme rimasto a mezz’aria insieme al vapore. Prima di entrare nella doccia si guardò nello specchio che copriva la porta del bagno. I capelli erano scomposti come se si fosse pettinato con i mortaretti, mentre la faccia sembrava quella di un ‘pizzatu o peggiu, di nu cugghiuni di mulu, tanto era brutta, grinzosa e smorta. Sul petto aveva dei segni come di graffi e li in basso vide delle strisce rosse che pensò preoccupato sangue scoprendo che invece era rossetto Il pensiero andò alla fidanzata. “Che gli dico ora a Gessica?” Entrò nella doccia e aprì l’acqua e solo mentre si insaponava si ricordò un cosa tremenda “Gessica mi ha lasciato!!” restò immobile nella doccia mentre l’acqua calda scendeva in piccoli rivoli sul suo corpo  e lavando la schiuma dall’odore di papaya con cui si era coperto. Ora ricordava! Aveva litigato con Gessica. Anzi no, lei era venuta all’appuntamento che gli aveva chiesto e gli aveva restituito l’anello. “Mi dispiace, ma nun è cosa” “Comu nun è cosa? C’è un altro?” “No, ma nun è cosa, ommai si comu n’amicu: non provo più niente. È come se mi fossi svegliata da un sogno capendo che era un incubo. Devo finire questa farsa prima che ci facciamo male” “Ma come un incubo? C’è un altro?” “No – rispose lei incazzata – non c’è un altro, è che non ci sei tu!” Si girò e se ne andò Lui la rincorse e la fermò “C’ è un altro, troia, non me lo vuoi dire! Come può essere che dopo cinque anni che stiamo insieme prendi e mi lasci così, come si lascia un cane per strada” Lei diventò una belva ed incominciò ad urlare “Non c’è nessuno, sei tu che mi hai rotto, con le tue visite ai parenti, con il parlare di un domani con solo impegni e sacrifici, senza mai pensare a quello che io voglio e a come la penso. Io voglio stare con qualcuno che mi riempia la vita non che me la organizzi! Perciò hai rotto, capito? R-O-T-TO” E l’osservò con gli occhi di una belva. La guardò stupito, chiedendosi se fosse proprio lei quella che chiamava “amorino” o “micettina” e che invece era na rannissima buttana! Reagì quindi come reagiscono tutti gli uomini stupidi: le diede uno schiaffo! Ma all’ultimo momento rallentò la forza dello schiaffo, perché era un gesto contro la sua natura e perché non aveva senso. Perché in fondo l’amava e non poteva farle del male. Lei invece gli restituì lo schiaffo con una violenza tale che dopo aver fatto due giri su sé stesso andò a sbattere contro un albero del marciapiede e scivolò sulla strada finendo sdraiato tra due macchine parcheggiate.  Probabilmente era svenuto perché si ricordò solo la voce di un bambino che diceva “Guarda mamma due piedi” E la madre rispondere, “non toccare è cacca” Si ricordò vagamente che si alzò e sentendosi le guance gonfie per lo schiaffo e il colpo all’albero decise di andare da Mario, un suo amico che abitava li vicino a cui raccontò quello che era successo. Mario gli diede del coglione perché tutti avevano capito che lei lo voleva lasciare, mentre solo lui insisteva a non capire, a voler continuare “ma se due si vogliono bene, si parlano e le cose si risolvono” Si difendeva lui “Ma lei ti parlava in tutti i modi, con il corpo, le allusioni e le parole. Ma tu eri chiù orbu i na littiridda (pipistrello): non hai mai capito na minchia!” Concluse l’amico. Poi ebbe pietà e gli disse che avevano organizzato una festa clandestina in un Palmento verso Santa Teresa, sarebbero andati a divertirsi e dopo due bicchieri di vodka avrebbe sicuramente dimenticato Gessica. Dopo quasi un ora e mezza di macchina finì in un vecchio baglio dove in un magazzino enorme stavano chiusi per via delle limitazioni del Covid, un centinaio di ragazzi che ballavano storditi dalla musica, dalle canne e dall’alcool. A lui bastarono pochi bicchierini di vodka al melone per imballarsi. Si mise a girare per il magazzino pieno di ragazzi, che ballavano agitandosi nella penombra e nella nebbia formata dal fumo denso delle canne. Ballavano stordendosi, accecati da un mitragliare ritmico di raggi laser e assordati dalla musica ossessiva. Ad un certo punto gli sembrò di vedere la forma filiforme di Gessica con la sua chioma bionda e lunga. Pensò che forse era li con il nuovo ragazzo. Furioso si aprì una strada tra la folla per raggiungerla. Dopo aver sgomitato a destra e sinistra la arrivò alle spalle ed era appoggiata ad una botte piena di bicchieri di plastica con altri ragazzi che gli stavano intorno. Le toccò la spalla gridando “Gessica...” pronto a restituire lo schiaffo che aveva ricevuto. Anzi stava quasi per farlo partire quando la bionda si girò mostrando una barba di tre giorni e un naso aquilino che da solo faceva provincia. “Chi Cessica e Cessica? Cammelu sugnu! cu je sta Cessica” Disse seccato il biondo con proboscide “Nenti, nenti, ho sbagliato persona” fece frenando il braccio che stava partendo. “Levati i cà ricchiuni chi finisci male” disse uno alto e grosso quanto un paracarro seduto vicino a Cammelu “Vatinni , chi nun ti mittemu i mani in coddu picchi nun vulemu prublemi” Sottolineò l’uomo elefante. “Na cosa dissi, puru pi sbagghiu” rispose e si allontanò ostentando una faccia cattiva per tener a bada il gruppo. Si spostò di lato sedendosi su uno sgabello accanto un'altra botte, sempre guardando gli amici di Cammelu in cagnesco. “e tu chi sei?” Disse una voce da bambina. Si girò e la vide. Era la classica curvy: faccia da bambola e corpo da lottatore di sumu “Che è una botte riservata anche questa?” Fece lui seccato e rassegnato a non aver più pace. “in teoria si – fece lei tristemente – lei mie amiche mi hanno portato qui per non farmi pensare al mio ragazzo che mi ha lasciato, poi si sono imboscate col primo che trovavano. Ora sono qui, sola, abbandonata da tutti e con la sensazione di essere per sempre una tagliata fuori” “Davvero il tuo ragazzo ti ha lasciato? Anche la mia ragazza mi ha lasciato…” “Benvenuto nel club degli abbandonati” Fece lei alzando un bicchiere di plastica pieno di un liquore rosso. Lui prese un bicchiere di plastica, vi versò i rimasugli dei bicchieri che erano sulla botte e disse serio “Salute” Bevve l’intruglio d’un fiato, facendo una smorfia quando gli arrivò nello stomaco. “e a te perché ti ha lasciato” Chiese lui. “Perché si vergognava di me. Tutti si vergognano di me! Anch’io mi vergogno di me. E a tè perché ti ha lasciato” “Perché non le stavo più bene” “E cioè…?” “L’amore è come un vestito, deve essere della tua taglia, deve essere per come tu vuoi essere. Quando ci siamo conosciuti ero della taglia giusta, formale ed elegante. Ora è cambiata la moda, va il casual ed il cafone. Non le stavo più bene, allora mi ha mandato a fanculo!” Lei lo guardò tutta seria qualche secondo “Ha fatto bene - come se avesse capito fino in fondo il suo discorso – Se un vestito non ci fa sentire a posto, è inutile tenerlo” “lo so, ma io pensavo che quello era il vestito che voleva. Pensavo che stare insieme voleva dire famiglia, figli, cena la domenica, visita alle zie, vedere i mobili per la casa. Per lei stare insieme voleva dire non dover sentire nessuno e divertirsi. A me rompeva le palle visitare quelle mummie delle zie, ma pensavo che doveva essere fatto, che se eravamo fidanzati eravamo parte delle nostre famiglie mentre lei si era fidanzata proprio per scappare di casa” “e perché non ne avete parlato?” “Perché non ci pensavo, credevo che quello era stare insieme. Perché pensavo di fare la cosa giusta invece non avevo capito na minchia!” “ A volte, ognuno vive il suo amore scrivendosi una parte che poi non sa recitare, o non è adatta a lui. Allora invece di trovare un punto d’incontro, una soluzione, si preferisce scappare. Il mio ex ha fatto così e forse anche la tua ha fatto così. ” “Giusto! Per amore uno non dovrebbe levarsi i vestiti, ma le sue ipocrisie e preconcetti” “Parli bene, bravo! Ma allora perché ti sei fatto lasciare?” “Perché la persona saggia capisce il problema prima che capiti, quella stupida capisce tutto solo dopo che è successo il disastro e spesso neanche allora” “Bravo” Disse lei finendo le ultime gocce del bicchiere Lui la guardò come se la vedesse per la prima volta. “Lo sai una cosa? Non ce ne deve fregare niente se ci hanno lasciato! Noi siamo meglio di loro: noi siamo abituati a soffrire! la vita non ci schiaccerà: noi da sfigati abbiamo fatto della sofferenza la nostra corazza” “giusto: siamo come l’aglio, più ne butti giù più ti torna su” Lui la guardò non capendo forse per l’alcool che incominciava a fare effetto. “L’aglio? Chi minchia ci ntrasi” “io nei paragoni ho sempre fatto schifo – poi abbassando gli occhi e arrossendo aggiunse sottovoce – sono stupida” Lo disse con un’aria triste e facendo sporgere il labbro inferiore come fanno le bambine quando stanno quasi per piangere. A lui la faccia triste che mostrò lo fece ridere “Ma quale stupida e stupida vaja: stupido è il mondo che ci vuole tutti brillanti e spiritosi come cocainomani” Carmelu e i neandertaliani che lo accompagnavano, li guardavano scambiandosi battute e grosse risate Lui sentì che era partita un'altra canzone di J-Ax e per evitate problemi con quei vicini trogloditi decise che era meglio spostarsi da dove erano. “Balliamo! Facciamo vedere a tutti che ci siamo anche noi” Le prese la mano e la portò nell’aia che faceva da pista da discoteca e si misero ad agitarsi come presi dalle convulsioni. Poi, come sempre, arrivò un lento e si abbracciarono dondolandosi a destra e sinistra. Lei aveva la testa sulla sua spalla e lui stava valutando l’ipotesi di far scendere la sua mano sul posteriore di lei perché ormai a Gessica non gliene doveva fregare niente. “ Tu  faresti l’amore con me?” “Certo – le rispose – sei una bella ragazza, chi non lo vorrebbe fare?” “mi ricordo che il mio ex diceva che gli facevo schifo, che ero tanto grossa che non riusciva ad abbracciarmi” “I ricordi sono come le banconote fuori corso: possono essere belle o brutte ma in ogni caso non hanno più nessun valore. È inutile che li accumuli, perché non potrai spenderli mai. Lasciali stare i ricordi del tuo ex e pensa che inizi una nuova vita” Lei gli sorrise ed appoggiò la testa sulla sua spalla, ma dopo meno di qualche minuto la risollevò “Scusami, non mi sento bene, voglio….  voglio tornarmene a casa. Grazie della compagnia. Mi ha fatto bene” Lui gli avrebbe anche creduto se dai suoi occhi non fossero partite due lunghe strisce di lacrime. Si staccò da lui e se ne andò quasi barcollando. Vedendola zizzagare tra la folla, lui pensò che dentro di sé lui era come lei, disorientata, amareggiata, offesa, sola, delusa e tutto quello che uno poteva sentire in una simile situazione.  Pensò anche che per come barcollava, sicuramente si sarebbe ammazzata da qualche parte. Non che lui non fosse alticcio, ma lei sicuramente stava peggio di lui. La raggiunse e si mise accanto a lei “vuoi che ti accompagno? Non mi sembra che puoi guidare” “no, no sto bene credimi” Rispose prima di lanciare un urlo perché aveva messo un piede in fallo e stava per cadere. La prese al volo e la portò al parcheggio delle macchine. Questo era tutto quello che ricordava. Il resto, compreso il nome di lei, era da qualche parte nella sua testa, tra l’alcool che ancora non aveva smaltito e il ricordo di Gessica che faceva sempre meno male.
Uscì dal bagno rinfrancato e con l’accappatoio con i coniglietti e le pantofole a forma di coniglio attraversò la sala di fronte alla camera da letto. La sala faceva da salotto sala da pranzo e cucina. A lato della piccola cucina a vista c’era una vetrata che dava su un terrazzo dove sotto una tenda lei (come si chiamava? Anna? Carmela? Assunta?) era seduta ad un tavolo pieno di cibo. Dalla terrazza si vedeva il mare di un blu intenso sotto un cielo di un azzurro slavato e con un silenzio irreale rotto dal rumore di qualche camion o macchina che passava per strada. Si avvicinò seguendo il profumo di uova strapazzate e briosce calde. “Ho preparato qualcosa” Si sedette affamato e incominciò a mangiare tutto quello che gli capitava “Non ho mai avuto tanta fame al mattino” “Forse hai fame perché sono le quattro di sera” “Le quattro? Mamma mia ma quanto abbiamo dormito?” “poco visto che ci siamo addormentati per le sette del mattino, quando è passato il camion della spazzatura” “Ma scusa, siamo usciti alle undici, che abbiamo fatto da quell’ora alle sette?” “Abbiamo fatto! e tanto anche…” Rispose con uno sguardo malizioso Elisa? Alberta? Gianna? Lui la guardò incapace di crederle perché con Gessica amarsi più di mezzora era un record mai raggiunto. “Tutto questo tempo a letto? Incredibile” “Bhe non tutto questo tempo, ti ricordi? Abbiamo iniziato nell’ascensore…” Si ricordò! Improvvisamente si ricordò quando, arrivati a casa di Emanuela? Natalia? Marta?  dopo che lui le aveva parlato in macchina dell’importanza dell’essere sull’apparire, con esempi importanti da Maradona a San Francesco, Filomena? Renata? Marina?  gli chiese se voleva un caffè a casa sua, così poteva aiutarla a cercare le chiavi che non riusciva neanche ad aprire la borsetta. Lui accettò perché nelle ultime curve aveva avuto qualche problema a restare nella sua corsia. Scesero ed entrarono in un piccolo ascensore, tanto piccolo che pur stringendosi riuscivano appena a chiudere le porte. Erano cosi vicini che lui era quasi imbarazzato e per questo disse a Susanna? Concetta? Giulia? “Una volta facevano questi ascensori piccolissimi” Marta? Immacolata? Francesca? Fece la faccia sconsolata “Non è piccolo l’ascensore, sono io che sono grossa, che sono troppo grassa e stupida! A me nessuno mi amerà con la passione e la voglia che danno alle altre, nessuno mi sceglierebbe mai tra tutte le mie amiche o mi farebbe sentire come l’unica donna da amare. Tu parli parli, ma io sarò sempre una delle tante, buona per cinque minuti di sesso e per restare sola con una vita di rimpianti.” Alla luce fioca e tristemente gialla della lampadina, la guardo stupito perché alla fine, tutte le parole dette in macchina e il silenzio con cui le aveva ascoltate, non avevano risolto il nocciolo del suo dolore. Capì che era inutile buttare salvagenti di parole ad un’anima che stava affondando nel mare del suo non amarsi e che doveva tuffarsi in quel mare e andare a riprenderla prima che per sempre scomparisse nei suoi abissi, sfiorendo e inaridendosi. Allora lentamente, si abbassò di poco e delicatamente appoggiò le sue labbra su quelle di lei sfiorandole appena perché lo schiaffo di Gessica gli aveva fatto capire che ad ogni azione corrisponde una reazione contraria e di ugual intensità. “per me non sei una seconda scelta” Le disse con ancora le sue labbra calde delle sue. Alberta? Gaia? Ruth? aveva gli occhi fissi nei suoi come mani tese di un naufrago che spuntano tra le onde. “non so crederci più…” Gli rispose con un filo di voce. Era questo quello che la intristiva quello che aveva ucciso la sua speranza nella vita: aveva perso la sua fede nell’amore. Allora, come un giocatore d’azzardo, decise che doveva puntare tutto quello che poteva, per prendere tutto, o niente. Scese lentamente a toccare quelle di Beatrice? Gaia? Nicole? con le sue labbra semiaperte e a metterci più passione, ma capì subito che quello era un bacio che chiunque poteva dare a chiunque e che non era quello il modo di farle capire che lei, senza essere nessuno, era importantissima, che la vita, non era il dolore che ci poteva dare ma le opportunità che offriva. Allora fece scendere le sue mani sulla sua schiena premendo il suo corpo contro il suo soffice e profumato corpo. Quando le sue mani arrivarono al fondo schiena lo accarezzò lentamente in tutta la sua grande estensione, poi afferrata la sua veste, incominciò a raccoglierla tirandola su lentamente. Intanto la sua lingua era andata a cercare quella di lei invitandola a giocare a seguirla nella sua ricerca del piacere. La veste era ormai tutta nelle sue mani e le sue dita si erano raccolte intorno al filo del suo tanga. Allora incominciò ad abbassarsi lasciando tutta una scia luminosa di baci, sul collo e sul seno di Gloria? Valentina? Marcella? mentre faceva scivolare il suo tanga fino a che non lo lasciò su i suoi piedi. Risali lentamente continuando con i suoi baci sulle ginocchia, sulle tonde cosce, restando nascosto sotto la gonna e da li arrivò fino all’altra bocca di Raimonda? Gioconda?  Ilaria? che baciò nello stesso modo e con la stessa intensità di prima. Emerenziana? Angela? Epifania?  lo aveva seguito nel suo voglioso scendere, prima sorridendo, poi stupita, quindi persa in quanto le stava facendo, abbandonandosi all’ ondata di sensazioni che provava. L’ascensore era ormai al piano e la piccola lampadina si spense. Il buio era riempito solo dal respiro di Martina? Margherita? Rosa? sempre più affannoso, mentre chiudeva gli occhi e il suo respiro aumentava diventando più profondo e ritmico. Piegò la testa all’indietro e con le mani premette la testa di lui sotto il vestito contro il fuoco del suo corpo aiutandolo, muovendo il bacino avanti e indietro, a darle tutto quello che in quel modo voleva dirle sulla vita e sull’amore, ora che apparivano essere una sola cosa. Poi ci fu il rumore di una serratura che si stava aprendo e di corsa si ricomposero, Monica? Federica? Rachele? aprì la porta del piccolo ascensore, lo prese per mano e corse alla porta di casa sua tirandoselo dietro. Si chiuse la porta alle spalle e lo guardò. Lui si avvicino per sentire ancora il calore del suo corpo e Azzurra? Asia? Annarita? lo prese dalla camicia, lo attirò a se e lo baciò come se la sua anima attraverso le sue labbra dovesse scendere dentro di lui a cercare la sua. Non era un bacio, era come quando il sale si scioglieva nell’acqua, ora Pasqualina? Litteria? Epifania? si stava sciogliendo in lui per essere insieme qualcosa di diverso da quanto erano prima, da quello in cui gli altri li avevano infelicemente trasformati. Lui capì che Assunta? Pina? Maddalena? Era quel tipo di donna che ogni uomo avrebbe voluto accanto, non tanto per il sesso, ma perché sapeva restituire tutte le emozioni, tutta la gioia e piacere che le si dava. Si ricordò che era iniziato tutto così con Teresa? Serena? Angelica?
Sorrise soddisfatto. Era la cosa più strana che avesse mai fatto per una donna. Mostrò i graffi sul petto “E questi ?” “È stato quando mi hai fatto mettere su di lui…” Ricordò improvvisamente anche questo. Le aveva detto di salire su di lui e di muoversi per come le dava più piacere. Lei aveva incominciato e poi aveva trovato il modo giusto e quando lui le aveva afferrato i meloni davanti e li aveva spremuti, lei era come svenuta e si era aggrappata con le unghie al suo petto per non cadere dal letto. “però anche tu mi hai fatto male “ Gli disse Alessia? Fiorella? Selvaggia?  simulando il broncio E gli fece vedere una spalla dove vi erano stampati i suoi denti “ E questo?” “ Quando mi hai fatto fare la capretta e mi dicevi tutte quelle cose cattive  dandomi  gli schiaffi sul sedere e tirandomi i capelli.” Lui ebbe un flash back, con il sederone di Tindara? Febronia?  Ada? Che andava avanti e indietro e lui che le mordeva la spalla stringendole il seno. Lei si era abbattuta sul letto, accasciandosi tra le lenzuola disfatte con un lungo lamento, tanto che pensò le fosse venuto un infarto. Invece sorrideva e i suoi occhi mostravano solo il bianco del piacere assoluto. “Abbiamo fatto tutto questo?” “Si, poi abbiamo fatto il gioco del “Mi piace”. Tu mi baciavi sul corpo e io ti dovevo dire se mi piaceva o no e poi io l’ho fatto con te. Poi abbiamo parlato ci siamo detti tante cose di noi. Ti ho detto cose che neanche al mio ex ho detto.” “E anch’io ti ho detto tante cose?” “si. Mi hai fatto pensare. Poi hai incominciato a farmi il solletico e siamo finiti a fare l’amore” “Ancora?” “Si ancora. E’ stato dolce, molto bello…” “Insomma ci siamo divertiti! Ed io che non mi ricordo nulla… che figura” “Abbiamo giocato tutta la notte. Mi hai detto che l’amore è un gioco. Se dai una palla a dei bambini questi giocano tanto da non sentire fame e fatica, e noi stavamo facendo lo stesso. Il sesso era il nostro gioco e giocare è il modo più felice di vivere.” Lui sorrise. “Ieri è stata la giornata più triste della mia vita e nello stesso tempo è stata quella più fortunata perché ho incontrato te. In fondo questa è la vita” Si alzò una folata di vento che scosse la tenda che copriva la terrazza. Nuziata? Crocifissa? Immacolata? Si strinse l’accappatoio “Sta incominciando a fare freddo” “Ti aiuto a portare tutto dentro” Prese il latte e la spremuta di arancia e li portò dentro nel frigo. Federica? Stella? Matilde? raccolse tazze e tazzine e li mise nell’acquaio incominciandoli a pulire. Lui andò nella stanza da letto per vestirsi. Lo fece lentamente perché gli piaceva essere in quella stanza che sapeva di Gilda? Arianna? Bianca? Lei arrivò poco dopo e si sdraio a letto. “Mi riposo cinque minuti e poi rifaccio il letto”. Lui l’osservò distendersi nel letto e mettersi sotto le coperte con l’accappatoio. Le si sdraiò accanto e Alberta?  Ginevra? Aurora? si avvicinò abbracciandolo ad occhi chiusi e gli chiese “Ora cosa siamo? Fidanzati?” “Tu cosa dici?” “Siamo qualcosa in mezzo tra essere amici ed essere fidanzati - Restò qualche secondo in silenzio - Non voglio fidanzarmi!  Non voglio rincominciare tutto da capo con amici e parenti. Non voglio correre dietro a quello che sono gli altri o a quello che pensano” “È meglio restare così più che amici, ma non innamorati” “non seriamente innamorati!” precisò lei “Ti spaventa impegnarti di nuovo?” “Si e forse non ne vale la pena. Meglio essere una tra le tante, amare quando e se serve, ma restare libera senza impegni. Stare insieme è difficile. Io non so più sopportarlo!” “Forse è giusto così! La laurea, il lavoro, il matrimonio, tutti a darti obiettivi che adesso non hanno più senso. Forse hai ragione, forse è meglio restare cosi, fuori da ogni definizione.” “Per ora è quello che voglio. Ho bisogno di fermarmi e capire cosa voglio. Non voglio più decidere per paura di restare sola, o perché mi sento incapace di affrontare la vita. Uno deve scegliere per quello che prova, che desidera, non perché deve scegliere per ora paura della solitudine o di essere diversa dagli altri” Lui restò in silenzio per qualche secondo ”Io penso che la vita cambia sempre e proprio per questo devi cogliere le opportunità che ti arrivano. Per farlo però devi sapere cosa vuoi. Devo pensarci anch’io. Però ora ho sonno.” Si giro chiudendo gli occhi e mettendo i piedi sotto le coperte. Anche lei si girò dandogli le spalle e si accucciò per dormire “Se vuoi puoi andare – disse con la voce impastata di sonno – non ti preoccupare che non mi offendo…. Lasciami il tuo numero di cellulare…. Il mio è scritto sulla lavagnetta in cucina.” Lui rispose con una specie di grugnito.
La svegliò un odore forte che sul momento non capiva cosa fosse. Allungò la mano cercandolo, ma il letto era vuoto e sentì solo le lenzuola fredde. “Se ne è andato! È giusto così – pensò con un po' di tristezza – ha fatto quello che gli avevo detto di fare. Non posso prendermela! È un bravo ragazzo e con lui mi piace parlargli e giocarci. Ma non posso obbligarlo. Non posso imporgli la mia presenza per sempre, per una notte di sesso che abbiamo avuto. Grazie a lui però ho capito. Non esiste gente di seconda o prima scelta! Esiste chi sa dividere il proprio cuore con qualche altro come si divide il pane ed altri che non hanno nulla da dividere perché il loro cuore è come pane secco. Lui è dei primi: tutto quello che ha fatto lo ha fatto per me, perché mi sentiva uguale a lui e in fondo lo siamo. Lui ha aiutato me e io lui, abbiamo già un legame, dobbiamo solo capire quanto è forte. Lo chiamo domani per un caffè e magari stiamo un po' insieme per parlarci. Speriamo che mi abbia lasciato il cellulare e scritto come si chiama. Eravamo tanto brilli che non ci siamo neanche chiesti il nome. Ma non avevamo bisogno di sapere il nome o di chiamarci. Eravamo già nella stessa solitudine e li insieme e non potevamo lasciarci. Mi piace stare con lui, non mi fa sentire stupida e mi piace come mi bacia. Forse però domani non posso incontrarlo. Forse era meglio dirglielo prima. Comunque lo chiamerò per sentirlo. Ho voglia di rivederlo. Forse ne ho bisogno...” L’odore divenne più forte. Ora capì cosa era: frittura di aglio! Sicuramente aveva lasciato la vetrata aperta ed era salito l’odore della cucina del piano di sotto. Doveva alzarsi e chiuderla perché se no l’appartamento avrebbe avuto l’odore di una trattoria. Si alzò stringendosi addosso l’accappatoio. Ciabattò dinoccolandosi verso la porta della sala. Quando l’aprì restò di stucco. La sala era buia perché nella poca luce del crepuscolo, solo la luce della cappa della cucina era accesa. Davanti alla cucina c’era lui che stava muovendo con abilità la padella più grande da cui proveniva il rumore di gusci di vongole che si urtavano. L’osservò versare un bicchiere di vino bianco che sfrigolò liberando verso l’alto una nube di vapore. Incominciò a tritate sul tagliere il prezzemolo fresco e il suo odore riempì la sala unendosi a quello dell’aglio. Il suo pancino incominciò a gorgogliare di gioia nel sentire quei profumi. Si avvicinò lentamente alla cucina e quando fu a pochi metri di distanza lui si girò mentre sorseggiava un bicchiere di vino bianco. Le sorrise. “Ho visto le vongole in frigo. Se non le facevo si piddianu (sarebbero andate a male).” Sorrise ancora e si girò a tritare il prezzemolo. Dopo alcuni colpi si fermò e senza voltarsi le disse. “Ci ho pensato! Ho capito che per me non sei una seconda scelta, non lo puoi essere più” Lei si avvicinò e lo strinse appoggiando la testa sulle sue spalle, chiuse gli occhi e sorrise felice. Lui riprese a tritare il prezzemolo e lei restò attaccata a lui, “Va bene così – gli disse stringendolo e strusciandosi con lui come se fosse una coperta calda in inverno – non ci pensare, va bene così” Fuori il sole era una sottile striscia gialla che divideva il blu scuro del mare da quello del cielo. La striscia luminosa lentamente  scomparve e mare e cielo diventarono un unico colore.
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