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#Accordi di Oslo
gregor-samsung · 7 months
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" Hamas divenne un attore significativo sul campo anche grazie alla politica israeliana di appoggio alla costruzione di un’infrastruttura educativa islamica a Gaza, che intendeva bilanciare la presa del movimento laico Fatah sulla popolazione locale. Nel 2009 Avner Cohen, che aveva prestato servizio nella Striscia di Gaza nel periodo in cui, alla fine degli anni ’80, Hamas iniziò a prendere il potere, ed era responsabile degli affari religiosi nei Territori occupati, dichiarò al «Wall Street Journal»: «Hamas, con mio grande rammarico, è una creazione di Israele». Cohen spiega come Israele abbia aiutato l’organizzazione benefica al-Mujama al-Islamiya (il «Centro islamico»), fondato da Sheikh Ahmed Yassin nel 1979, a diventare un potente movimento politico, da cui emerse Hamas nel 1987. Sheikh Yassin, un religioso islamico disabile e semi-cieco, fondò Hamas e ne fu il leader spirituale fino al suo assassinio nel 2004. Originariamente venne avvicinato da Israele con un’offerta di aiuto e la promessa del benestare governativo all’espansione della sua organizzazione. Gli israeliani speravano che, attraverso la sua opera di beneficenza e le sue attività educative, questo leader carismatico avrebbe fatto da contrappeso al potere di Fatah nella Striscia di Gaza e altrove. È interessante notare che alla fine degli anni ’70 Israele, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna vedevano nei movimenti nazionali laici (di cui oggi lamentano l’assenza) il peggior nemico dell’Occidente.
Nel suo libro To Know the Hamas, il giornalista israeliano Shlomi Eldar racconta una storia affine sui forti legami tra Yassin e Israele. Con la benedizione e il sostegno di Israele il Centro islamico aprì un’università nel 1979, un sistema scolastico indipendente e una rete di circoli e moschee. Nel 2014 il «Washington Post» trasse conclusioni molto simili sulla stretta relazione tra Israele e il Centro islamico fino alla nascita di Hamas nel 1988. Nel 1993 Hamas divenne il principale oppositore degli accordi di Oslo. Mentre c’era ancora chi appoggiava Oslo la sua popolarità diminuì, ma non appena Israele cominciò a rinnegare quasi tutti gli impegni assunti durante i negoziati il supporto verso Hamas crebbe, dando nuova linfa vitale al movimento. La politica di insediamento di Israele e il suo uso eccessivo della forza contro la popolazione civile nei Territori giocarono sicuramente un ruolo importante. La popolarità di Hamas tra i palestinesi non dipendeva però unicamente dal successo o dal fallimento degli accordi di Oslo, ma anche dal fatto che l’organizzazione avesse effettivamente conquistato i cuori e le menti di molti musulmani (che sono la maggioranza nei Territori occupati) per via dell’incapacità dei movimenti laici nel trovare soluzioni all’occupazione. Come per altri gruppi politici islamici in tutto il mondo arabo, il fallimento dei movimenti laici nel creare posti di lavoro e nel garantire benessere economico e sicurezza sociale spinse molte persone a tornare alla religione, che offriva conforto e reti stabili di supporto e solidarietà. Nell’intero Medio Oriente, come nel mondo in generale, la modernizzazione e la secolarizzazione hanno giovato a pochi e hanno lasciato molti infelici, poveri e amareggiati. La religione sembrava una panacea, oltre che un’opzione politica. "
Ilan Pappé, Dieci miti su Israele, traduzione di Federica Stagni, postfazione di Chiara Cruciati, Tamu editore, 2022. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Ten Myths About Israel, New York: Verso, 2017]
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toscanoirriverente · 6 months
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Conoscere il passato, saper leggere il presente, senza cedere agli slogan. Contro i mantra degli ebrei tutti ricchi, dell’apartheid, di Gaza palestinese da sempre. Contro i silenzi e le omissioni su Hamas e sulle prospettive di pace. Un'analisi
(...)
Uno di questi mantra fa riferimento, come s’è detto, a Israele come stato in cui si pratica l’apartheid. Questo senza neppure riflettere sul fatto che non vi sono, in Israele, mezzi di trasporto o scuole o quartieri vietati agli arabi. Basti pensare che negli ultimi sette anni il numero degli studenti arabi nelle università israeliane è cresciuto del 78,5 per cento. Nel 2018 il numero di dottorandi di ricerca arabi in Israele ha raggiunto le 759 unità. Possibile poi che nessuno si sia mai accorto che vi sono diversi partiti arabi rappresentati al parlamento israeliano e che, volendo, gli arabi possono anche presentarsi – e venire eletti – tra le fila dei partiti tradizionali? Il governo precedente a quello di Netanyahu, ad esempio, aveva al suo interno il partito arabo-islamico Raam con quattro seggi. Di fatto gli arabi in Israele godono di pieni diritti politici e civili e possono assurgere a qualsiasi carica, al pari dei cittadini ebrei. In queste ore, nell’esercito israeliano, stanno combattendo per Israele cittadini arabi, drusi, beduini, ebrei, islamici, cristiani, atei.
Il secondo mantra riguarda Gaza, percepita dai più come palestinese e islamica da sempre. Le immagini che ci vengono in mente, al solo pronunciarne il nome, sono quelle dei palazzi diroccati e devastati dalle bombe (israeliane), delle rampe di lancio missilistiche di Hamas (nascoste dietro alle scuole e negli ospedali), dei tunnel fatti scavare dai bimbi (nel solo 2014 ben 160 bimbi palestinesi, secondo il Simon Wiesenthal Center, sono morti durante gli scavi). Per quanto si vada indietro con la memoria, si tende al più a ricordare la conquista ottomana del 1517. Difficilmente si pensa a quella di Napoleone del 1799 o alla presa di Mohammed Alì (non il pugile!) che porta Gaza sotto l’ala protettiva dell’Egitto. Dal 1917, quando l’Impero ottomano viene sconfitto, la storia è nota: il Mandato britannico sulla Palestina (che comprendeva gli attuali Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza, oltre l’attuale Regno di Giordania) dura sino al 1948. In quell’occasione – avendo i leader ebrei accettato la spartizione dell’Onu – nasce lo Stato d’Israele, mentre la Cisgiordania, a seguito della guerra araba contro il neonato Stato d’Israele, viene annessa alla Giordania e la Striscia di Gaza finisce sotto occupazione egiziana. La Lega Araba aveva infatti rifiutato il piano per la seconda spartizione (la prima era stata operata dagli inglesi nel 1921 con la creazione dello stato arabo-palestinese della Giordania) e dato avvio alla prima guerra arabo-israeliana, i cui esiti finiscono con lo sconvolgere la possibilità della nascita di uno stato palestinese accanto a uno israeliano.
Per ben 17 anni – dal 1949 fino al 1967 – Gaza rimane sotto il governo militare egiziano. Come conseguenza della guerra dei Sei giorni (1967), viene infatti occupata da Israele che ne amministra il territorio sino al 1993. A partire da quella data, grazie alla “dichiarazione di princìpi” nota come “accordi di Oslo”, la quasi totalità del territorio di Gaza e della Striscia passa sotto il controllo dell’Autorità palestinese, mentre gli insediamenti ebraici continuano a essere difesi dall’esercito d’Israele sino al 2005. Tuttavia da quel momento Israele procede allo smantellamento delle colonie ebraiche e delle basi militari israeliane, ponendo così definitivamente termine all’occupazione.
Le domande, a questo punto, sono due:
I) perché tra il 1949 e il 1967, quando Striscia di Gaza e Cisgiordania sono in mani arabe, non nasce lo Stato di Palestina?
II) perché, a partire dal 2005, dopo la fine dell’occupazione di Gaza non nasce il primo nucleo di Stato palestinese?
Viene il sospetto che la questione dell’occupazione non sia la motivazione più forte che sta alla base del protrarsi degli scontri. Ad ogni modo, in seguito alle elezioni amministrative del 2006 la Striscia di Gaza è governata da Hamas e, dal 2012, è riconosciuta dall’Onu come parte di un’entità statale semi-autonoma. Purtroppo i continui scontri lanciati contro Israele – cui Hamas continua a negare il diritto ad esistere – e le conseguenti risposte militari israeliane hanno portato la città e la regione a un evidente stato di prostrazione economica e sociale. (...)
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Medio Oriente, Schmit: "Accordi di Oslo affossati da Hamas e destra israeliana"
Il candidato del Pse: “Cessate-il-fuoco urgente ma serve una prospettiva politica”source
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fafo53 · 7 months
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tempi-dispari · 8 months
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From the Depth: Inchiuvatu
Contesto storico. Avvenimenti nel mondo
Il 1993 è stato un anno significativo in molti aspetti, con eventi di rilevanza mondiale che hanno lasciato un’impronta duratura nella storia. Ecco un riassunto degli avvenimenti accaduti nel 1993:
Attentato al World Trade Center: Il 26 febbraio 1993, un gruppo di terroristi esplose un’autobomba nel parcheggio sotterraneo del World Trade Center a New York City. Sebbene l’attacco non sia riuscito a distruggere le torri gemelle, ha causato la morte di sei persone e ferito oltre mille. Questo evento è stato un preludio all’attacco dell’11 settembre 2001.
Crisi in Somalia: La crisi umanitaria in corso in Somalia ha raggiunto il suo apice nel 1993. Le Nazioni Unite e le forze statunitensi hanno tentato di stabilizzare il paese e fornire aiuti umanitari. Tuttavia, l’operazione “Restore Hope” si è trasformata in un conflitto armato, culminando nella Battaglia di Mogadiscio il 3 e il 4 ottobre, in cui furono uccisi 18 soldati statunitensi e molti somali.
Questo evento è stato successivamente raccontato nel libro e nel film “Black Hawk Down”.
Accordo di Oslo: Nel settembre 1993, Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) hanno firmato gli Accordi di Oslo, segnando un importante passo verso la pace in Medio Oriente.
Questi accordi hanno aperto la strada a negoziati di pace diretti tra le due parti.
Nelson Mandela vince le elezioni in Sudafrica: Nel 1993, Nelson Mandela è stato premiato con il Premio Nobel per la Pace insieme all’ex presidente sudafricano Frederik Willem de Klerk per i loro sforzi per porre fine all’apartheid.
Nel 1994, Mandela divenne il primo presidente nero del Sudafrica, ponendo fine a decenni di segregazione razziale.
Attentato al World Trade Center di Bombay: Nel marzo 1993, Mumbai (allora conosciuta come Bombay) in India è stata scossa da una serie di attentati coordinati, che hanno colpito la città, uccidendo più di 250 persone e ferendone migliaia.
Scandalo Whitewater negli Stati Uniti: Nel 1993, il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e sua moglie Hillary Clinton furono coinvolti in uno scandalo finanziario noto come “Whitewater”.
Questo scandalo avrebbe continuato a influenzare la politica americana per molti anni.
Invenzione del World Wide Web: Nel 1993, il ricercatore britannico Tim Berners-Lee propose una nuova tecnologia chiamata World Wide Web (WWW), che avrebbe rivoluzionato la comunicazione e l’accesso alle informazioni in tutto il mondo.
Questi sono solo alcuni dei principali avvenimenti accaduti nel 1993, che hanno avuto un impatto duraturo sulla politica, sulla società e sulla tecnologia in tutto il mondo.
In Italia.
Il 1993 è stato un anno cruciale per l’Italia, caratterizzato da eventi politici, giudiziari ed economici che hanno scosso il paese. Ecco un riassunto degli avvenimenti più significativi accaduti in Italia nel 1993:
Operazione “Mani Pulite”: Nel 1993, l’indagine nota come “Operazione Mani Pulite” ha preso il via. Questa inchiesta sulla corruzione politica e finanziaria ha portato all’arresto di numerosi politici, imprenditori e funzionari pubblici.
Ha svelato un sistema di tangenti e corruzione che aveva permeato il panorama politico italiano per decenni. L’operazione ha segnato l’inizio del declino di molti partiti politici tradizionali.
Elezioni politiche: A seguito dello scandalo “Mani Pulite”, le elezioni politiche del 1993 hanno portato a una significativa frammentazione del panorama politico italiano. Il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, guidato da Gianfranco Miccichè, è stato una delle nuove forze emergenti.
Assalto alla Banca d’Italia: Nel maggio 1993, una banda armata ha compiuto un audace assalto alla Banca d’Italia a Firenze, rubando circa 12 miliardi di lire. Questo evento ha suscitato grande scalpore in Italia e rimane uno dei più grandi furti nella storia del paese.
Attentati di mafia: Nel 1993, la mafia ha continuato la sua campagna di violenza, compiendo attentati dinamitardi a diverse città italiane. Il più grave è stato l’attentato alla Torre di Pisa, un simbolo nazionale, che è stato danneggiato in modo significativo.
Economia in crisi: L’Italia ha affrontato una grave crisi economica nel 1993, con un alto tasso di disoccupazione e una crescita economica stagnante. Questi problemi economici hanno contribuito a innescare una serie di scioperi e proteste in tutto il paese.
Elezione di Carlo Azeglio Ciampi: Nel 1993, Carlo Azeglio Ciampi è stato eletto come Governatore della Banca d’Italia, una figura di grande rilevanza nella gestione della politica economica del paese.
Debito pubblico italiano: Il 1993 è stato caratterizzato da una crescente preoccupazione per il debito pubblico italiano, che aveva raggiunto livelli molto elevati. Questo problema ha contribuito a mettere ulteriore pressione sull’economia italiana.
In sintesi, il 1993 è stato un anno tumultuoso per l’Italia, con eventi che hanno scosso il panorama politico, economico e sociale del paese. L’Operazione “Mani Pulite” ha segnato l’inizio di importanti cambiamenti nella politica italiana, mentre la criminalità organizzata e la crisi economica hanno rappresentato sfide significative per il paese.
In questo contesto sono nati gli Inchiuvatu.
Un fastidioso preconcetto accosta spesso il black metal alle nazioni nordeuropee, ma non è così, non soltanto. Ne è un chiaro esempio la Scena Mediterranea, una vera e propria unione di band attorno alla figura del carismatico Agghiastru. Scena che dagli inizi degli anni’90 si è sviluppata in Sicilia (più precisamente nella zona di Agrigento) dando vita a un qualcosa di unico.
Le band della scena mediterranea sono state in grado di maneggiare la crudezza del black metal in modo del tutto personale, combinandola con il folclore siciliano, con i profumi e i colori di una terra unica.
Il tutto è avvenuto in modo quasi contemporaneo ad altre band del bacino come i Moonspell e i Rotting Christ, che a inizio carriera proponevano comunque uno stile ben più estremo e derivativo.
Sono numerosi i gruppi che fanno parte della Scena, tutti raccolti attorno al suo leader. Tra queste la più caratteristica è quella degli Inchiuvatu, ovvero “inchiodato”, riferimento non solo a Gesù Cristo (rappresentato come un profeta) ma in generale alla condizione umana di incapacità di reazione di fronte agli ostacoli posti dalla vita.
Testi orgogliosamente in dialetto siciliano (solo di rado in italiano e in inglese) e uno stile davvero unico garantito dall’utilizzo degli strumenti di musica popolare, insieme ad alcuni divagazioni sinfoniche. La grandiosità del Mediterraneo è qui racchiusa, insieme alla sua bellezza, ai suoi misteri e alle sue leggende.
Gli INCHIUVATU nascono ad Agrigento in Sicilia nel 1993, da un’ idea di Agghiastru, appunto. La prima formazione originale di Inchiuvatu risultava composta da: Jafà (batteria), Nadur (basso) e Agghiastru (voce, chitarre e tastiere). Nel 96 avviene il primo cambio di formazione e a Jafà, subentra dietro le pelli, Faida.
Successivamente la band subì ulteriori sconvolgimenti che portarono alla decisione di restare in due e di sostituire il batterista con una drum machine. Esce nel 97 il primo cd della band siciliana con il nome di Addisiu a cui fanno seguito una serie di live che vedono Agghiastru a fianco dei componenti più importanti della scena siciliana come Fantasima e Liotru.
Nel 1997 esce il primo full della band ADDISIU con il quale iniziano ad ottenere visibilità e un discreto successo. Dopo Addisiu , esce VIOGNA (2000), PICCATU (2004), MISERIA (2008), 33 (ep 2008), ECCE HOMO (ep 2011), INRI (ep 2013), VIA MATRIS (ep 2014), VIA LUCIS (ep 2015).
Nel corso degli anni, Agghiastru oltre a portare avanti i suoi Inchiuvatu, da alla luce altri progetti come Ultima Missa, Astimi, Nailed e Lava. Attualmente Agghiastru è in tour con una serie di concerti, con il suo progetto omonimo “Agghiastru” dove lo vede impegnato come solista, esibizioni nelle quali suona il pianoforte, raccontando le sue angosce e i suoi dolori bevendo vino rosso.
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cinquecolonnemagazine · 10 months
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Palestina e Israele, il conflitto infinito
Palestina e Israele antagoniste da decenni ormai. Il conflitto tra Israele e la Palestina è un'antica e complessa questione che ha radici storiche, religiose, politiche e territoriali. La lotta per il controllo della terra tra ebrei e arabi in questa regione del Medio Oriente è iniziata molto tempo fa e ha portato decenni di tensioni, violenze e negoziati infruttuosi. La disputa si concentra principalmente sulla terra che è stata oggetto di rivendicazioni da entrambe le parti. Dopo la seconda guerra mondiale e l'Olocausto, la comunità internazionale ha riconosciuto il diritto degli ebrei ad avere una patria, e nel 1948 è stato istituito lo Stato di Israele. Tuttavia, la creazione di Israele ha portato all'esodo di centinaia di migliaia di palestinesi, che hanno perso le proprie case e terre. Da allora, il conflitto è diventato sempre più complesso. Le guerre tra Israele ei suoi vicini arabi, gli attentati suicidi palestinesi e le violenze reciproche hanno costellato la storia della regione. L'occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza ha generato ulteriori tensioni e ha portato a una serie di conflitti armati, come la guerra del 1967, la guerra del 1973 e le intifade palestinesi. Il processo di pace è stato costellato da numerosi tentativi falliti di negoziati tra le due parti. Gli accordi di Oslo del 1993 sembravano promettenti. Essi hanno portato alla creazione dell'Autorità Palestinese e hanno delineato una strada verso una soluzione a due Stati. Tuttavia, le questioni fondamentali, come il confine, lo status di Gerusalemme, il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e la costruzione di insediamenti israeliani, sono rimaste irrisolte. Palestina e Israele Il conflitto ha causato sofferenze immense per entrambe le popolazioni. Gli israeliani hanno vissuto sotto la minaccia di attacchi terroristici, mentre i palestinesi hanno sofferto a causa dell'occupazione militare, della perdita di terre e dell'oppressione economica. La violenza ha creato un circolo vizioso di vendette e rappresaglie, alimentando l'odio e l'estremismo da entrambe le parti. La comunità internazionale ha cercato ripetutamente di mediare una soluzione pacifica al conflitto, ma finora non sono stati raggiunti risultati duraturi. La questione è diventata un nodo geopolitico complesso, coinvolgendo anche altre potenze regionali e globali. La soluzione più accettata e auspicata dalla comunità internazionale è quella di due Stati indipendenti, Israele e Palestina, che coesistano in pace e sicurezza. Tuttavia, la strada verso una soluzione pacifica sembra sempre più difficile da percorrere, con ostacoli politici, differenze ideologiche e un clima di sfiducia tra le due parti. Intervista a cura di Serena Bonvisio Foto di Pea su Unsplash Read the full article
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corallorosso · 3 years
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🔴 La lotta dei palestinesi per il diritto al vaccino La dittatura sanitaria è quella del sionismo contro i palestinesi Lo stato d'Israele, che ha vaccinato l'85% della popolazione contro il Covid, ha privato i palestinesi del diritto al vaccino. Più precisamente ha vaccinato gli arabi palestinesi che vivono in Israele ma si è rifiutato di vaccinare il grosso dei 4,5 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania e a Gaza. Sono stati vaccinati solamente 380.000 abitanti della Cisgiordania e 50.000 abitanti di Gaza. Questi ultimi, com'è noto, hanno ricevuto una pioggia di bombe al posto del vaccino. Il nuovo governo israeliano di Bennett, che ha preso il posto del famigerato Netanyahu, ha finto alcuni giorni fa di compiere un bel gesto procurando all'Autorità palestinese un certo numero di dosi del vaccino Pfizer. Peccato che la donazione era truccata: la data di scadenza dei vaccini procurati era... giugno 2021. In altri termini, Israele ha dato ai palestinesi i medicinali scaduti e inservibili che gli erano avanzati. Dopo il crimine, l'inganno. Alla fine persino la più che accomodante Autorità palestinese si è vista costretta a declinare l'offerta e a lamentare la violazione degli accordi di Oslo che formalmente prevedevano la collaborazione dello Stato occupante in caso di emergenza sanitaria. Ma com'è noto, gli accordi di Oslo, benedetti dalla sinistra internazionale, sono solo la prigione dei palestinesi. I vaccini sono come la terra, l'acqua e ogni altro diritto: materia proibita, come tutti i diritti per il popolo di Palestina. Col consenso di tutte le “democrazie” imperialiste del mondo. I palestinesi dei territori occupati hanno registrato una percentuale altissima di contagi Covid (più di 300.000) e quasi 4.000 morti. La lotta per la vaccinazione della popolazione dei territori è oggi in primo piano nella lotta dei palestinesi. Non sappiamo se è una buona notizia per chi in casa nostra protesta contro il vaccino accodandosi di fatto all'estrema destra, e soprattutto facendo propri i suoi argomenti (“la dittatura sanitaria”). Certo è una prova in più che la lotta contro il capitalismo e l'imperialismo non passa per la guerra al vaccino ma per il diritto alla vaccinazione. Contro le multinazionali che sequestrano questo diritto per inseguire il massimo profitto, contro i governi capitalisti che proteggono i loro brevetti. (Partito Comunista dei Lavoratori
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Dopo l'annuncio del piano di pace di Trumps, DM Bennett ordinò immediatamente la pesante mobilitazione delle forze dell'IDF nelle regioni della Giudea e della Samaria (Cisgiordania), come previsto dagli arabi che respinsero i negoziati e reagirono tagliando i legami di sicurezza e un'enorme ondata di terrorismo sia a Gaza che a Regioni di Yesha (simili al passato degli accordi di Oslo degli anni 2000 che dovevano essere il primo passo verso uno stato israeliano dando loro territorio e legittimità e hanno risposto con la seconda intifada.) Nell'annuncio sono avvenuti i seguenti incidenti di sicurezza: Dozzine di palloncini giornalieri con esplosivi volarono nelle città e nel territorio israeliani anche mettendo in pericolo i bambini nelle scuole materne, tra cui l'attaccamento o esplosivi di fabbricazione regolare o missili RPG, i droni hanno anche tentato di volare in Israele, l'IDF sta finendo il suo nuovo sistema di difesa laser abbattere questi palloncini prima che attraversino il confine.
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paoloxl · 5 years
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Domenica, il ministero della Difesa israeliano ha annunciato di aver iniziato a costruire la parte superficiale della barriera intorno alla Striscia di Gaza.
Il ministero della Difesa, in una nota, ha dichiarato che la costruzione è iniziata giovedì.
“La barriera sarà lunga 65 chilometri e sarà alta sei metri, lungo il confine, partendo da Kerem Shalom a sud, e sarà collegata alla nuova barriera marittima che Israele sta costruendo”, ha aggiunto.
All’inizio di quest’anno, Israele aveva annunciato che la barriera navale progettata per bloccare ulteriormente la Striscia di Gaza è in via di conclusione, sette mesi dopo l’inizio della costruzione.
Secondo il ministero, la barriera di superficie “è parte della barriera intelligente sotterranea israeliana per rilevare i tunnel”.
“Il confine è unico e particolarmente adatto alle minacce provenienti dalla Striscia di Gaza e offrirà una soluzione globale per impedire l’ingresso in Israele”, ha affermato.
Nessun confine formale.
Questa nuova iniziativa sarà probabilmente vista come un ulteriore tentativo da parte di Israele di rafforzare il suo assedio sulla Striscia di Gaza, in corso dal 2007. Israele ha chiuso tutti i valichi, pedonali e commerciali, verso e dall’enclave, e ha costruito una “barriera di sicurezza” lungo la Green Line (armistizio del 1949) che funge da confine. Israele non ha mai formalmente dichiarato dove siano effettivamente i suoi confini, unico tra tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite. Un’area vietata di circa 300 metri è anche imposta sul lato della recinzione di Gaza, limitando l’accesso di molte famiglie ed agricoltori alle loro terre.
Israele ha anche imposto un blocco navale sulla Striscia di Gaza, che attualmente limita i pescatori di Gaza ad una distanza di tre miglia nautiche, circa 17 miglia in meno rispetto a quanto originariamente proposto dagli accordi di Oslo, all’inizio degli anni ’90. La scorsa estate, due navi appartenenti alla Freedom Flotilla hanno tentato di rompere il blocco navale, ma sono state intercettate dalle marina militare israeliana, ancora in acque internazionali. I membri dell’equipaggio della nave Al-Awda, la prima ad essere stata intercettata, hanno accusato le forze israeliane di violenza ed altri governi hanno affermato che le azioni di Israele hanno infranto il diritto internazionale.
L’impatto dell’embargo è grave. I settori industriali e commerciali di Gaza sono stati danneggiati, ed il divieto israeliano di importare carburante e gas ha portato a blackout elettrici e diffusa disoccupazione.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.
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curiositasmundi · 5 years
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Pensa agli altri
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: “Magari fossi una candela in mezzo al buio.”
Sono versi di “Pensa agli altri” di Mahmoud Darwish, poeta “nazionale” palestinese e tra i massimi rappresentanti della poesia araba degli ultimi decenni. Per il ministro della difesa e figura di primo piano dell’ultradestra israeliana, Avigdor Lieberman, le poesie di Darwish sono paragonabili al “Mein Kampf” di Adolf Hitler. Pertanto gli autori del programma “Università nell’etere”, trasmesso da Galei Tzahal, la radio delle Forze Armate israeliane, seguitissima nel Paese, qualche giorno fa hanno commesso, a suo dire, un grave crimine mandando in onda un approfondimento sulla vita e l’opera di Darwish e leggendo in diretta una delle sue poesie più famose “Carta d’identità”. Dalla parte di Lieberman si è subito schierata la ministra della cultura, Miri Regev, che ha parlato di «pazzia» ed esortato la radio dell’esercito a dare spazio a poeti ebrei nazionalisti. La radio delle Forze Armate, ha proclamato Regev, «non può permettersi di glorificare Mahmoud Darwish che non era un israeliano, le sue poesie non sono israeliane e vanno contro i valori fondanti della società israeliana». 
[...]
Scomparso nel 2008 per complicazioni seguite a un intervento chirurgico negli Stati Uniti, Darwish resta uno dei simboli più forti della Palestina. Le sue poesie raccontano la guerra, la perdita della patria, l’oppressione del suo popolo, l’esilio a causa della Nakba nel 1948, quando era un bambino. Darwish rientrò dopo qualche tempo nella sua terra ma si considerava un “alieno” tra gli israeliani, tanto da decidere di andare via, in un lungo esilio tra Urss, Egitto, Cipro, Giordania, Libano e infine Francia. Membro del Consiglio Nazionale dell’Olp ebbe modo di tornare in Palestina dopo 26 anni in seguito agli Accordi di Oslo. Stimato in molti Paesi, Darwish ha visto solo una parte della sua produzione tradotta in italiano e sempre da piccole case editrici, in particolare da Epochè Edizioni. Soltanto nel 2014 è scesa in campo la Feltrinelli, non per pubblicare le sue poesie bensì tre suoi testi in prosa. Poesie di Darwish sono state pubblicate dalla Manifesto Libri nell’antologia “La terra più amata. Voci della letteratura palestinese”.
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mezzopieno-news · 6 years
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IL MONDO SPERIMENTA LA PACE: L’ERA ZERO CONFLITTI
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Al contrario di quanto potrebbe sembrare, il mondo è sempre meno violento. Non solo gli omicidi sono in diminuzione, la violenza sulle donne e l’abuso sui minori è in calo ma anche i conflitti internazionali stanno scomparendo.
Il numero di vittime delle guerre è in costante discesa dalla fine della seconda Guerra Mondiale. Negli anni dell'era post-bellica circa mezzo milione di persone morivano ogni anno a causa della violenza diretta delle guerre; nella nostra era il numero dei decessi legati ai conflitti tra stati è circa un decimo, una media di circa 50.000 all'anno negli ultimo decennio. Le grandi alleanze tra Stati e gli accordi sovranazionali stretti nella nostra epoca recente, stanno facendo dialogare le nazioni e portando la pace più allargata e duratura nella storia del nostro pianeta.
Le guerre civili e il terrorismo rimangono un dramma che colpisce ancora diverse nazioni del mondo ma i conflitti tra Nazioni sono sempre più un ricordo del passato. La pace non è ancora un traguardo globalmente acquisito, alcuni contrasti continuano sporadicamente ad accendersi tra Paesi limitrofi per motivi di confini ma se si considerano le guerre tra Stati che provocano ancora morti, il mondo in questo momento è sostanzialmente in pace. L’ultimo fronte in conflitto ancora attivo è quello israelo-palestinese mentre è solo formale la rivalità tra il Pakistan e l’India che tuttavia non si sparano da molti anni e tra cui un processo di pace è in atto. Altre rivalità sono dormienti come quelle tra Russia e Ucraina, Cina e Tibet e tra Libano e Siria.
Fonte: Ufficio Studi Mezzopieno; UCDP/Peace Research Institute Oslo;  - 15 novembre 2018
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la nostra petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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editorialstaff2020 · 3 years
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Saipem cattura la CO2 con le tecnologie CCUS
Stoccare la CO2 nei depositi sottomarini, così Saipem pensa al futuro delle CCUS Trasformare la CO2 prodotta dalle attività umane, da problema climatico a risorsa per lo sviluppo sostenibile. È quello che cercano di fare oggi le tecnologie CCUS, acronimo delle parole inglesi Carbon, Capture, Utilisation and Storage. Ne sono un esempio le soluzioni firmate Saipem, azienda in grado di padroneggiare oggi l’intera catena della cattura e riutilizzo dell’anidride carbonica grazie al suo solido background maturato nel settore oil&gas. La società sta da tempo costruendo un ricco portafoglio tecnologico in questo segmento con cui accompagnare la transizione energetica. Tra brevetti, acquisizioni, nuovi accordi e proposte progettuali è il gruppo si muove su più fronti: dalla cattura della CO2 al trasporto a terra e in mare, dallo stoccaggio al successivo riutilizzo. A livello di cattura, ha progettato e costruito oltre 70 impianti di sequestro CO2, utilizzando un vasto range di tecnologie, da lavaggi con vari tipi di solventi alle membrane ibride. Recentemente ha anche acquisito una tecnologia proprietaria dalla società̀ ̀ canadese CO2 Solutions Inc che si applica a processi di cattura Post Combustione, capace di ridurre il fabbisogno energetico del processo di cattura senza utilizzare i composti amminici tossici. L’esperienzà sul fronte del tràsporto- con oltre 130.000 km di condotte a terra e a mare realizzate in aree remote – ha portato Saipem a prender parte al Northern Lights Norwegian CCS, un progetto di trasporto e stoccaggio geologico di CO2 che sarà fornita da siti industriali collocati nella regione del fiordo di Oslo trà cui ànche cementifici e termovàlorizzàtori; l’iniziàtivà mirà à liquefàre e portàre vià nave la CO2 da questi siti ad un terminale onshore sulla costa occidentale norvegese. E da lì, tramite una pipeline sottomarina lunga 80 km, stoccarla in maniera permanente in un bacino nel Mare del Nord. Un passaggio delicato, quello del trasporto sotto la superficie del mare, di cui Saipem ha realizzato il FEED (Front End Engineering Design), passaggio fondamentale in cui si sviluppa il dettaglio tecnico necessario a valutarne la fattibilità e a definirne il costo. Non solo. Il gruppo ha una vasta conoscenza industriale nella progettazione e realizzazione di impianti di riutilizzo della CO2, grazie alla sua esperienza e ad una tecnologia proprietaria ad alta efficienza e sostenibilità per la produzione di urea. Al punto che oggi può vantare una leadership tecnologica in questo campo e un elevato livello di competitività. La CO2 recuperata può essere anche impiegata per la produzione di combustibili o metanolo, soluzioni ancor più sostenibili se combinate a idrogeno verde o blu. Anche in questi casi Saipem è in grado di proporre diverse soluzioni, nella maggior parte dei casi facilmente integrabili in impianti esistenti. Nuove opportunità si stanno aprendo inoltre nel campo della biofissazione. In questo càso l’ànidride càrbonicà è impiegàtà per nutrire colture àlgàli in gràdo di produrre unà miscela di composti utilizzabili come biocombustibili. Mà quàli sono i possibili scenàri di sviluppo àll’interno dell’economià italiana? La proposta di Saipem, che là società intende proporre nell’àmbito del progràmmà europeo Next Generation EU per l’àccesso al Recovery and Resilience Fàcility destinàto àll’Itàlià, pàrte dàl concetto di hub, ossia una rete di cattura e stoccaggio con un’unicà infràstrutturà di tràsporto condivisà che connettà trà loro siti emissivi e di immagazzinamento. In questa direzione si inquadra il recente MOU firmato tra Saipem ed Eni con cui individuare possibili opportunità di collàboràzione nell’àmbito dellà càtturà, tràsporto, riutilizzo e stoccàggio dellà CO2 prodottà dà distretti industriàli nel territorio itàliàno. L’obiettivo è contribuire àl processo di decarbonizzazione di intere filiere produttive, come quelle energy intensive. E valutare la pàrtecipàzione à progràmmi finànziàti dàll’UE nel contesto dellà Green Deàl Stràtegy, proponendo il possibile inserimento di specifiche iniziàtive nell’àmbito del piano di ripresa. La CO2 potrebbe essere catturata nei distretti industriali sparsi sul territorio nazionale, trasportata via pipeline o vià nàve àll’hub di stoccàggio per essere poi intombàtà in pozzi esàusti. Le prime stime, associate ad alcune possibili iniziative individuate e limitate ad un unico hub, indicano un potenziale complessivo di 20+ Mt di anidride carbonica evitate annualmente, pari al 6% circa delle emissioni annue in Italia.
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L’intellettuale palestinese Nusseibeh: “Gli estremismi uccidono gli accordi di Oslo. Il dialogo è l’unica via”
GERUSALEMME — La premessa è di quelle che spiazzano. «Se viene a chiedermi cosa vedo per il futuro, le faccio notare che fuori dalla mia porta non c’è scritto “ufficio predizioni”. E poi le aggiungo che ultimamente non vedo bene». Sari Nusseibeh, 74 anni, professore di filosofia ex presidente dell’Università Al Quds, discendente di una delle più importanti famiglie di Gerusalemme, è considerato…
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radioclubcalifornia · 4 years
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Grant - Words
Grant – Words
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Il brano, che fonde accordi di chitarra con la voce ammaliante di GRANT, è stato registrato a Oslo e a Stoccolma e prodotto da Martin Sjậlie (Sigrid, Aurora etc) e dal duo svedese Teofrans. “Words”, il cui videoclip è stato diretto da Lisa Söderström, sarà incluso nel nuovo album della cantautrice indie-pop in uscita questo autunno.
In merito al singolo GRANT ha affermato:
“Penso che le…
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urielbertolami · 6 years
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Carissimo On.Fiano..
Tendenzialmente non condivido le opinioni dell'On Fiano, tuttavia gli riconosco coerenza di pensiero, onestà intellettuale ed amore verso Israele. Il punto però sta nella diversa visione sui presulposti che, credo, lui abbia del problema. Errore spesso condiviso con molti italiani.
Intanto mi consenta, On Fiano, di farle notare che fa un pericoloso errore a definire "territori occupati" quelli che invece sono " terrotori contesi". Forse è solo un lapsus, ma è significativo e degno di nota.
Arafat, come lei correttamente ricorda, rifiutò gli accordi poiché riteneva che il 98% di ciò che rivendicava non era sufficiente. Eppure era il 100% di ciò che lui ed i suoi predecessori avevano perso in guerra. Anzi, in Guerre! Guerre che, in fondo, erano state pianificate come operazioni di conquista territoriale, dagli gli arabi, ma combattute con i denti da Israele come lotte per la propria sopravvivenza , e con lo spettro di una seconda Shoàh dietro l'angolo.
Quindi ne più ne meno come le tante guerre che segnarono, ad esempio, la storia della nascita dei Paesi europei prima definendone cosi i confini.
No Onorevole, io capisco i suoi buoni propositi e condivido perfettamente la sua denuncia verso la dissimetria dell'informazione, di cui lo Stato ebraico è sistematicamente oggetto. Fa bene anche a ricordare che il nano europeo, malgrado il mandato quinquennale a Blair, brilli per l'assenza sulla scena. Aggiungerei solo che, se il Commissario Mogherini avesse "indossato" meno hijab e più obbiettività su Israele, forse qualche passo avanti si sarebbe fatto.
Temo in realtà che i palestinesi non aspirino realmente ad uno Stato proprio. Rifiutare i risultati di una trattativa che ti consegna di per se il 98% di ciò che chiedi, infatti sia assolutamente "self explicatory". Lo stato delle cose, ovvero le elemosine del mondo musulmano, gli aiuti dei fratelli arabi i miliardi sganciati da ONU ed EU in testa, fanno si che possano mantenere in vita le loro istituzioni parastatali senza rendicontare. Insomma uno Stato fantasma che non ha necessità di PIL e che vive sugli altri.
Malgrado Hamas sia cosa diversa da ANP, la sostanza non cambierebbe granché. Israele ha già "dato" dimostrando di mantenere gli accordi (Oslo) con la cessione di Gaza e con la larga autonomia concessa al West Bank. Senza ottenere alcuna controparte. Purtroppo il risultato e sotto gli occhi di tutti. La debolezza di Obama e l'inconcludenza europea hanno alimentato questo clima dando ai palestinesi la falsa sensazione di essere le prime donne a cui è tutto dovuto Quindi se resta un lumicino di speranza, io credo, sia da riporre in Trump.
La sua apparente "crudezza" negli affari esteri mediorientali sgombera il campo dai sotterfugi palestinesi. È un aut aut, uno smuovere le acque nella palude in cui ristagnano i negoziati, parlando chiaro ai palestinesi. Credo che avendo ormai le idee chiare, il Presidente USA stia dicendo ad Abu Manzen, ma in generale al mondo arabo: " Ok gente, non sono più disposto a tollerare giochetti, questa è la vostra last chance. O dialogate con Israele seriamente, ed io faccio da garante, oppure " Game Over", io tirerò dritto per la mia strada!"
Questo credo sia il messaggio e questa la mia visione, Shalom Shalom. Uriel G. Bertolami
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toscanoirriverente · 7 years
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Discorso di Abu Tundell, segretario della Organizzazione per la Liberazione della Palestina sezione di Carpi, al Congresso Palestinese del 2020
Cari compagni, da tempo la stampa al soldo dei sionisti sminuisce la nostra lotta accusandoci di essere sterili ed inutili parolai. E' tempo di reagire! Vado quindi enumerare gli importanti risultati che la nostra lotta ha ottenuto.
Il primo e più importante risultato che noi palestinesi abbiamo ottenuto e' la trasformazione dell'uccisione di ebrei in sostegno dei diritti umani. Per secoli gli ebrei sono stati vittime di massacri. Durante le Crociate, in Spagna e Portogallo per opera dell'Inquisizione, e poi i ghetti in Italia, e i pogrom in Polonia e Russia, ed infine la Shoah. Gli autori di queste massacri sono stati considerati criminali.
Ma noi palestinesi abbiamo cambiato le regole! Grazie alla nostra lotta uccidere degli ebrei, preferibilmente disarmati e specialmente bambini, non viene più considerato un crimine, ma e' diventato un atto di resistenza ed il sostegno dei diritti umani! Un grande successo! (Applausi)
Inoltre, cari compagni, noi palestinesi abbiamo trasformato la sinistra europea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, espressioni come lobby ebraica, potere degli ebrei, finanza ebraica erano cadute in disuso e chi le usava era guardato con sospetto, come se fosse un provocatore fascista. Si diceva, ricordate, che l'antisemitismo era "il socialismo degli imbecilli".
Ma guardate, come sono cambiate le cose! A sinistra e' diventato comune accusare "la lobby ebraica" per il sostegno ad Israele, e per il sostegno ai regimi fondamentalisti come quello saudita, per la crescita dell'ISIS. Si accusa "la finanza ebraica" di pianificare l'immigrazione incontrollata E il razzismo islamofobico verso i migranti. E questo è un grandissimo risultato.
Oggigiorno, qualsiasi imbecille che trova difficile orientarsi nel gran casino mediorientale, può nominare "la lobby ebraica", e si trova immediatamente dalla parte giusta, circondato da molti alleati! Un grande successo per il popolo palestinese. (Applausi)
Cari compagni, la sinistra si e' sempre battuta per la democrazia, per l'uguaglianza tra i generi, e non ha disdegnato di appoggiare la comunità LGBT nelle sue lotte per i diritti. Ma questo appartiene ormai al passato!
Quando si parla di Palestina è ormai chiaro che la sinistra moderata, democratica, e riformista, è quella che appoggia Abu Mazen, presidente palestinese ancora in carica per dieci anni dopo la scadenza del mandato, che non convoca elezioni e sponsorizza generazioni di terroristi.
Mentre la sinistra radicale, che vuole i diritti e l'uguaglianza, appoggia i compagni di Hamas, che hanno chiare idee su come va condotta la famiglia, su come vanno trattati gli omosessuali e su come spendere risorse destinate all'educazione, trasformando le scuole in basi per il lancio di missili! (Applausi)
Ed infine, cari compagni, il risultato più importante di questi anni di lotta. Vedete, tutti i fondi e le risorse, in altre parole i denari, che la comunità internazionale ha versato a noi palestinesi, avrebbero potuto essere impiegati per creare posti di lavoro nella zone che amministriamo dal tempo degli Accordi di Oslo. trent'anni. Avremmo potuto tirare fuori dai campi i profughi. Avremmo potuto negoziare con Israele una soluzione del conflitto, con compromessi su questioni spinose come il risarcimento per i profughi, Gerusalemme. Ma invece no! Il Caro Leader Arafat ha annunciato subito dopo la firma degli accordi di Oslo, che la lotta continuava, che non saremmo stati sconfitti e che la guerra sarebbe terminata solo quando l'ultimo ebreo se ne sarebbe andato!
Questo e' il nostro più grande successo! Aver evitato le responsabilità che derivano da governare uno Stato e aver tenuto la nostra gente nei campi, levando loro la possibilità di votare per i propri leader, e evitare di trasformarsi da terroristi a statisti. Che  mica siamo ebrei! Applausi.
Steiumanne! Applausi.
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