Tumgik
#sto post è veramente brutto
oliverosse · 2 years
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Ho una coinquilina che è in questa casa da prima che io nascessi
Abbiamo un bel rapporto basato su io mi faccio i fatti miei, tu ti fai i fatti tuoi ma appena hai bisogno sono qua, ti sto accanto mentre vomiti e in post sbornia, ti vengo a prendere se sei bel mezzo del niente di notte ma non usciamo a fare serata e a prendere un drink, anche perché lei ha il doppio della mia età
Mi ha appena detto che andrà a vivere da sola, giustamente vuole aprire un nuovo capitolo della sua vita e prendersi una casa per conto suo
Un po mi piange il cuore, mi trovavo veramente bene con lei, mi ha insegnato tutte le fermate dell'autobus, mi ha spiegato come usare la lavatrice, mi dice ogni volta i tempi di cottura delle verdure, sono una testa dura e non me li ricordo mai
Ha fatto un po da sorella maggiore in una città sconosciuta ad una me appena 19enne terrorizzata da un cambiamento così grande come poteva essere una grande città lontana da casa e dai miei affetti
Capisco anche che la sua vita va avanti e che comunque potrò andarla a trovare, ma sarà brutto non doversi più accordare per il bagno la mattina, o non dover tirare dentro i panni l'una dell'altra quando vediamo piovere o non beccarsi per caso la sera o non ridere guardando temptation island o sanremo
Ora non c'è più nessuno delle 4 ragazze che c'erano quando mi sono trasferita qui, tutti cambiano, il mondo cambia, le persone cambiano, siamo gocce dentro ad un fiume che scorre
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Non voglio tornare indietro. Tu non ci sei mai stato così tanto per me come da quando me ne sono andata. Io non ti ho mai voluto così tanto come ora che ti ho allontanato. Andarsene è stato come lasciare un brutto lavoro, passare l'esame della patente o andare in pensione. Finisci ed è un po' svegliarsi con gli occhi impastati, tutti attorno si congratulano e ti dicono che è un nuovo inizio - e veramente le cose ti sembrano davvero nuove, come opzioni sbloccate. Tantissime!
Che poi, Imparare A Bastarsi è un concetto troppo ampio. È vero soltanto che dopo una rottura la testa rientra nel suo alloggiamento per non saltare mai più via dal collo come un pupazzetto a molla, o che c'è una spunta in più sulla to do list del mese corrente e un quadratino in meno per i mesi successivi. Il punto è che per me ogni contatto con una persona, anche in fila dal tabaccaio, significa un paio di nuovi panni in cui doversi imparare a mettere. E va da sé che relazione è uno spreco di energie empatiche monumentale. È una fatica. In questo senso sì, ora mi basto - ora mi basta mettermi nei miei, di panni. Non che prima ci riuscissi bene, ma almeno non è più il doppio del lavoro. Però finisce qui per me. Solo una fatica in meno. Non sto meglio con me stessa, non mi amo di più.
Mi sto pentendo? Sì. È un po' patetico, non credi? Torno al discorso di prima, a te. O meglio, a quello scontro di sforzi empatici che è stato il nostro rapporto. Comunichiamo, comunichiamo, comunichiamo, si dice in tutte le poste del cuore. Hai presente Se mi lasci ti cancello? L'ho visto la sera prima di lasciarti. La tipa con i capelli blu assolutamente non stereotipizzata dice in un flashback smarmellato a Jim Carey che parlare costantemente non vuol dire per forza comunicare. Ci ho pensato su e ho capito, è vero, sono due cose diverse, infatti io a volte parlavo e a volte comunicavo. Ma tu non comunicavi, e neanche parlavi mai. Ci vuole una certa abilità, lo riconosco. Lascia perdere comunque perché non so essere cattiva. "Un po' colpa mia, un po' colpa tua", ripetevi come un mantra, e se il silenzio è la tua colpa, la mia è stata trattarti come una lista di cose da fare e premi da ritirare. Quando ancora non ci parlavamo, pensavo che tu avessi i sentimenti sinceri e un carattere del cazzo, e io i sentimenti solo per il cazzo e dei modi molto sinceri. Un mese dopo non sono più così dura con noi. È tutto molto più sfumato, esistono tuoi discorsi a fiume, esiste un mio volerti, perché sei tu e non perché tu mi vuoi. C'entra quello che ti ho detto prima: io non voglio tornare indietro. Voglio sorridere come mi hai fatto fare oggi pomeriggio, sentirmi desiderata come quando ti ho mandato la foto di quel sorriso. Cercarci solo perché ci va, e non perché si deve. Prima ero in ansia finché non arrivava un tuo messaggio. Ora arriva come una sorpresa a rischiararmi la giornata. Mi piaci, e quando me ne sono andata pensavo che non fosse mai stato vero, invece mi piaci. Come dicono i bambini, mi piaci. Mi piaci.
Alla fine non ci sto sperando, sarebbe patetico ripeto, e complicato. Un po' nevrotico, e poi faticoso - stavolta non come capire perché mi fissa la signora in fila davanti al tabaccaio, ma per lo spazio e il tempo in cui viviamo. Non so se reggo. Mi rassegno pensando che dovrei saperlo da quando avevo quattordici anni e le canzoni viaggiavano col bluetooth - sai che ami qualcosa solo quando la lasci andare.
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thebigbrohill · 3 years
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[Shoto's moment - Tattoo's Land]31.10.2020 - 7.00#SpookyRevenfire #Ravenfirerpg 
*non ha quasi chiuso occhio quella notte Shoto, troppo nervoso per ciò che aveva deciso di fare e nel preparare quella sorpresa per Blake. Quell'ultimo tentativo di fargli capire che separati sono vulnerabili ed insieme sono forti. Si è recato presto al Tattoo Land, chiedendo a Jaxon il favore di fargli lasciare un cd e una lettera nello studio di Blake. Fortunatamente il fratello minore del dood sembra averlo in simpatia e l'ha lasciato fare.Non è stato difficile scegliere le canzoni da incidere sul cd, dopotutto le ascolta di continuo pensando a lui a loro due e piangendo, ormai da giorni. Il problema è stato sceglierne solo 13, perché tutto gli fa pensare a Blake, anche il proprio riflesso*"Caro Blake, Non sapevo più in che modo dirti ti amo, spero che questo cd ti aiuti a capirlo. Non sono debole, non sono Joanna. Non sei tu a rendermi vulnerabile, ma lo è vivere senza di te...questo mi fa star male. Pensaci ancora una volta, un'ultima volta. Ti aspetto alla festa di Halloween di stasera, se mi ami e mi vuoi ancora....se non verrai da me capirò che hai preso lantua decisione e la rispetterò. Spero tu ci sia. Ti amo da morire, Il tuo Luccichio"*poggia la lettera sul cd, senza riuscire a trattenere le lacrime e poo esce dallo studio, chiudendolo a chiave e passandole a Jax che ringrazia con un piccolo sorriso e un abbraccio prima di andarsene. Ha un terrore tremendo che, nonostante ciò, Blake non si presenti stasera...e anche se si è promesso di rispettare la sua decisione e lasciarlo in pace, non riesce a pensare di vivere senza di lui*
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/ Penso di dover spendere 4 parole a proposito di questo post, di quest’idea, di questo tutto così straziante eppur meraviglioso.È speciale ricevere qualcosa, così di punto in bianco.Ho provato sensazioni intense, è stato come essere Blake, nessun muro ci ha separati all’ascolto di questa musica e alla lettura di queste parole. È un’esperienza di profondissimo legame con ciò che si scrive e con ciò che si sente e con ciò che si riceve come un dono. Perché Al, questo post, è un regalo, un regalo non solo per Blake, ma anche per me che, nonostante i tentativi di questo pg, avevo addirittura pensato di chiudere. Invece, ci sei stata tu come un raggio di luce e Blake è sbocciato così com’è, grazie a te.È stato preziosissimo, è stato qualcosa che a parole non si identifica e l’ho apprezzato così tanto da stare qui a scrivere e cercare di dire qualcosa anche in off (perché sì, in on posterò), ma non riuscirò mai a trasmettere tutto.Grazie Al, grazie dell’intensità di ore passate a piangere, a vivere una vita diversa, ad essere più sensibile, ad essere ad un passo quasi da una letteratura più che di un roleplay. Grazie. Grazie per ogni minuto che spendi a scrivere, a ideare, a sopportarmi, grazie per essere la mia forza, la forza di Blake, per esserci.Io sono devastata, ma ti voglio veramente bene. Se potessi, ti abbraccerei.Sei una bella anima.Ti amo
//grazie a te, perché oltre ad avermi dato una delle storie più belle che si possano desiderare, mi hai anche donato la tua amicizia, il tuo cuore e il tuo aprirti con me...perché so che non è una cosa che fai spesso. Sopporti la mia creepy cuteness, il mio essere needy of love h24 ed è tanto per me, perché so di essere pesante. Per questo ti ringrazio, di essere una persona speciale per me e che io lo sia per te. Ti amo tantissimo
/Senza di te io non avrei potuto mai fare nulla di questo personaggio, sei tu la parte più bella di questa storia a 4 mani. No, non lo faccio spesso, ma donarti il mio cuore e aprirmi con te è parte di una decisione a monte: cercare di essere più prossima a te possibile, volerti bene, imparare anche ad essere parte di tutto questo needy of love che io, forse non te l’ho mai detto, ma adoro, perché so che sei tu. Sei semplicemente tu. Vorrei accorciare le distanze, vorrei farti capire che non sei per niente pesante, sei... soltanto speciale, hai solo bisogno di tanto amore, di una spalla. Io voglio essere quella spalla, appoggiati pure con tutti i pesi, li portiamo insieme, farà meno male la schiena. Sei una persona speciale, sei diventata importante, non dimenticarlo mai. Ti amo tantissimo anch’io ❤️
//SKDJSJSJDBHDUSUZUSJNSBEBESJJD IO UN GIORNO DI QUESTI TI STROPICCIO DI COCCOLE E POI NE RIPARLIAMOOOOO AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH 😭😭😭😭💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕💕
Blake Edward Hill
31.10.20 08.00 a.m. #SpookyRavenfire #Ravenfirerpg *L’ennesimo Halloween, l’ennesima festa schifosa anti-clericale dell’anno. Ha l’umore a terra. È andato in chiesa questa mattina proprio per pregare che nessuno compiesse peccati o subisca peccati, soprattutto Shoto che potrebbe cadere fra le mani di chissà chi, perché, si sa, le feste fanno impazzire la gente. Eppure Blake si sente un po’ Halloween, l’antivigilia di tutti i morti, compresa Johanna, ma tranne Shoto. È la sua natura orrenda che glielo detta, quella stessa che vorrebbe lacerare e strappare da se stesso. Ha ricevuto un messaggio da Jaxon, qualcosa di strano che deve dire a Shoto, ma lui alla festa non ci andrà. Non ha voglia, non è un bel periodo, seppur abbia scelto lui stesso molte delle conseguenze che ora si susseguono come tanti pezzi di un puzzle, o forse meglio di un cuore, infranto in mille pezzi. Estrae dalla tasca la chiave del suo ufficio nel Tattoo Land, ma un profumo familiare gli chiude lo stomaco. Sa di rose nere, è un aroma di persona, è un’essenza che gli risveglia perfino le budella. ”È stato Shoto qui dentro“, pensa prima ancora di vedere un piccolo cd con una lettera. È una cosa estranea alla sua postazione quindi non può non notarlo, ma ha paura. È il terrore delle emozioni. Chiude gli occhi, non riesce ad avvicinarsi, si sente... minato. Forse è la porta aperta. È così allora che con un “elegante” calcetto la chiude. Respira, una mano va a controllare la sua borsa e la presenza della morfina in essa. Fa un passo, il cuore gli batte forte, l’odore di Shoto aumenta. È sicuro che quella /cosa/ l’abbia toccata lui.* « Cazzo, Blake eh.. » *Mormora e alla fine una mano si allunga e prende la lettera. Aveva ragione, è Shoto. È inconfondibile l’essenza della sua pelle per i sensi di Blake. I suoi sensi ora tendono a lui. Il corpo di Blake non esiste più e nemmeno il suo narratore. Scorreranno, di conseguenza, soltanto i suoi pensieri, quelli confusi, quelli che caratterizzano la sua esistenza. È tutto un universo che si regge da solo, o forse non regge affatto. * “ Ciao anche a te, Shoto. Mhh.. quindi hai deciso tu le track del cd. Jaxon lo sapeva.. Quindi dovrei andarci? Tu sarai di nuovo ubriaco? Ah... allora no, già tutte quelle persone mi irriteranno. Il /mio/ Luccichio... “ *Golpe al cuore. * « Dio, quante canzoni... » ___________ Thoughts __________ Chapter I : I’ve a voice in my mind which talks about you. And this Voice seems to be immortal. { BORN THIS WAY - LADY GAGA “ È difficile mettersi ad ascoltare voci che parlano di te, che prestano le loro voci a te... Poi, Lady Gaga... Mi fa pensare al ballo, ma è diverso, il sound è trasgressivo, ma che dico, è aggressivo. Eppure.... I was born This Way... Dio, mi ha fatto mostro, Shoto.. Sono un mostro e ne sono consapevole, ma...Dovrei accettarmi? Dovrei fare cosa? Io non so vivere e neppure sopravvivere, io forse non mi amo...Quel Love yourself mi fa sentire un cretino...come faccio ad amarmi se non posso amarti? Perché mi fai questo? Non abbiamo lo stesso DNA... perché non capisci? “ { CAN’T HELP IN LOVE - ELVIS PRESLEY “ Ok... Questa canzone non la conosco, ma mi fa pensare a quei film vecchi che mi piacciono tanto. Non l’ho mai visto Hitchcock con Shoto... Ci rifar-no, Blake, no. Sto zitto, va. Shall I stay would it be a sin... Ma se pecco e ti perdo? Se... Ho paura e sono un imbecille. Mi manchi... ma queste canzoni sono devastanti... io l’altro ieri ti volevo scrivere, se lo avessi fatto mi sarei risparmiato queste lacrime? Ti amo già, non ho mai smesso di farlo, ma dovevi solo aiutarmi a farmi fuggire da te, non a perdermi ancora nel tuo... amore. “ { I GOT YOU - SONNY AND CHER “ Questa canzone è proprio il tuo sorriso. Il sound mi fa pensare a quando faceva freddo, a quando pranzavamo all’obitorio e avevi visibilmente freddo... Ah, i fiori! Quella rosa... Wear my ring. Sono andato a vedere un anello, Shoto. Ero convinto di poterci davvero provare, no, non era l’anello della promessa, era uno diverso, uno da... m-mar-Oddio, mi sto affogando.... Ho fallito e poi quei tuoi lividi.... Quanto ti faccio male... “ { TURNING PAGE - SLEEPING AT LAST “ Questo piano... è da brividi. Mi hai già fatto ascoltare questa canzone e poi siamo caduti uno sull’altro. L’hai messa di proposito?... Sono fragile, mi serve un fazzoletto. Cazzo, dov’è? Ah, in borsa. Voglio sorridere di nuovo quando arrossisci, mi piace questa frase, ma devi permettermi di insegnarti a difenderti da me... Shoto, fino a stasera, io... non ce la faccio. Sto piangendo, merda. Sei davvero quella turning page. Io volevo che durasse per sempre.. io... “ { DUST TILL DAWN - ZAYN & SIA “ Dove va il vento? Conosco un solo un vento nella mia vita, è quello che mi ha sempre portato a te Shoto.... Non respiro. Anch’io vorrei stare per sempre con te, toccarti... Tu nemmeno sei solo. Tu non sei solo, Shoto, io ti amo, io devo imparare ad amarti e a non farti del male e a non avere paura.... io.... Non lo so, vorrei non pensare, non piangere, non... “ [... continua ... ] · Rispondi · 3 g Blake Edward Hill [... continua... ] { THE TRUTH UNTOLD - BTS “......... La so a memoria, posso farcela. Posso ascoltarla... Salti tu, salto io... Dio, quanti ricordi di te. Sento il profumo ovunque sotto il naso come se la mia pelle avesse ormai il tuo profumo. Forse è la stanza.... Non respiro più, sto piangendo come un coglione io, dooddrear, una bestia che piange, ci credi? Ha mai pianto una bestia che tu sappia? Mi manchi. Io sono quel giardino secco e vuoto, solo, brutto, schifoso, bestiale... senza te. I still want you.... Dio, se potessi.... Shoto... Se fossi umano, se fossi qualsiasi cosa... se avessi te... “ { OTHER SIDE - RUELLE “Incomincio ad avere la gola chiusa, penso di non riuscire ad andare avanti. Adesso chiudo tutto.... però volevo ascoltarle....Blake, devi infliggerti dolore, l’hai voluto tu. Ok. Avvio. Ho i brividi. Ho freddo. I dooddrear possono sentire freddo mentre concepiscono di aver fallito? Possono sentire freddo mentre scavano la fossa a quei broken dreams? Io sì, lo sento, sento il freddo della tua mancanza, sono anch’io dall’altro lato, Shoto. E non vivo... Forse ho sbagliato. “ { I HAVE NOTHING - WHITNEY HOUSTON “ Whitney, sei arrivato al lastrico. Non stai mantenendo la promessa per mettermi questa canzone... Non ti ho mai detto di no all’amore che provi... Sono senz’armi, senza aghi, senza niente... Non ho più nulla anch’io, non ho mai avuto niente se non te... E non ti ho abbandonato, avrei voluto dirti che non ti amo, che... Shoto, quella porta è aperta. Non ti ho chiuso niente... Se lo avessi fatto avrei fatto davvero tutto quello al ballo? Per Dio.... E chi ha qualcosa tra di noi se anche tu non hai più nulla? Almeno la voglia di rivederci è lì sepolta e non si... muove. “ { I’LL NEVER LOVE AGAIN - LADY GAGA “ Questa te l’ho messa nella lettera anch’io.... non so se l’hai capito, forse no, vedendo ciò che hai detto quando eri ubriaco... Io non toccherò mai nessuno, non proverò più alcun amore, non mi interessano altri baci ed altre labbra se non le tue... Te l’avevo scritto... Shoto.... ho paura, la verità è che ho paura di vederti anche con un altro. Voglio abbracciarti, raffreddarti, voglio imparare... Non dobbiamo dare i cuori a nessuno... Se questa canzone me l’hai ricambiata è perché.... Dio, Shoto... Hai sorriso fino alla fine mentre io ti stavo distruggendo il cuore. Dove sei?“ { TWO MEN IN LOVE - THE IRREPRESSIBLES “Non ho mai amato un principe, ma se fosse uno saresti tu. Non penso di aver provato qualcosa come con te. Penso di.... amarti, sul serio, ma chi mi insegna cosa sia davvero l’amore? Forse pensi che il problema sia.. l’omosessualità? Hai pensato questo? Se hai pensato questo sei... uno scemo. Voglio solo vederti vivo, di questo essere strano non mi preoccupo. Non riuscirei a nasconderlo. Dio, quant’è forte questo I’m in love... mi sembra addirittura urlato... e.. Shoto, Shoto, Shoto... “ ................. Broken Thoughts and a Lost Heart ................................... { AS LONG AS YOU LOVE ME - SLEEPING AT LAST “ Who I’m am, What I did... Quindi Johanna non ti fa paura davvero? Quindi che io abbia ucciso una persona non ti fa sentire pronto a scappare?... Io... Shoto come fai? Shoto... Ahi! Cazzo... sono caduto. Ma forse è meglio qui, sul pavimento... sono una nullità... perfino le sedie mi disprezzano mentre tu.... “ { LIGHT - SLEEPING AT LAST “ Che intro lunga.... Light. Light... Conosco soltanto una luce e quella sei tu... perciò, cosa vuoi dirmi? Hai perso la luce, Shoto? Cosa vuoi dirmi? Perché non parla?... Ah ecco. La luce sei tu... C’era luce intorno a me solo perché c’eri tu. Ora tutto è più buio, penso... pensavo di meritarmi questo buio, ma non riesco.... Mi sento amato, mi sono sentito amato dall’inizio, da quando ti sei preoccupato di me. Non devi fare.... promettere niente, hai fatto il meglio, fai sempre il meglio. Sei tu il meglio. Sono io che sono un coglione... Io dovrei prometterti di fare del mio meglio, io lo farò...Shoto... “ { FIRE ON FIRE - SAM SMITH “ Sono straziato. Come ho fatto a salvarti dal freddo se sono così ghiacciato? Ho anche gli occhi di ghiaccio... Shoto, io non sono perfetto per niente, sei tu quello perfetto... Siamo peccatori, ma tu che peccato hai fatto? Shoto... Già ho rovinato tutto... Dio... che devastazione. “ *Resta lì, le canzoni terminano, il narratore ritorna e anche il corpo. La sensazione di riavere un corpo, quel corpo, la sensazione di sentirlo, di sentirsi dopo essersi concentrato solo sull’astratto lo devasta maggiormente e lo immobilizza. Perfino i pensieri si immobilizzano, quegli stessi che prima vorticosamente si rincorrevano. Chiude gli occhi, alza il ginocchio, appoggiando la pianta del piede a terra. * « Voglio sognarti. Ora. »
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app-teatrodipisa · 4 years
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Clochard — Fabiano Pini
Mi siedo nella sala attesa della stazione ferroviaria di Pisa, aspettando il Freccia Bianca delle nove e zero sette per Roma. Ho alcuni minuti a disposizione, guardando l’orologio che segna le otto e quaranta. Decido di messaggiare a mia moglie la sorpresa di aver trovato le strisce blu a pagamento, dove di solito erano bianche: “Adesso dobbiamo pagare anche qui!”. Nelle panchine davanti a me, due donne intente sui loro cellulari in evidente attesa pure loro. Dietro, verso il bar, altre persone. Nella panchina di fondo, adiacente alla parete che ci separa dall’ufficio informazioni, ho notato precedentemente una clochard con il suo carico di masserizie appoggiate su due sedute accanto a lei. Mentre armeggio con il cellulare mi arriva una chiamata; ancora la consorte. Nel mentre converso a bassa voce per non disturbare, noto che la bionda senza tetto si alza, avviandosi verso l’uscita e bofonchiando qualcosa, credo all’indirizzo di una delle due donne, o a tutte e due, sedute di fronte a lei ma onestamente non ci faccio caso, non buttando neanche uno sguardo incuriosito.
Terminata la telefonata, riprendo a sbirciare su una delle maggiori reti sociali l’andamento della mia pagina, di come seguono i miei post, leggo i commenti e osservo il numero crescente dei seguaci, pensando di dover realizzare un nuovo video di ringraziamento per la fiducia dimostratami. Ormai è diventata una piacevole abitudine quando, ogni mille “mi piace” alla pagina, se ne aggiungono altri facendola crescere. Avendo superato la soglia dei seimila seguaci, ritengo opportuno dimostrare loro un segno di ringraziamento per la loro fiducia.
Non mi accorgo che nel frattempo è rientrata, onestamente non ho neanche notato se fosse veramente uscita dalla porta o se ne fosse rimasta in qualche posto della grande sala d’aspetto, quando a un certo punto del suo camminare, si ferma davanti a me, iniziando a parlarmi sottovoce con un tono simile a chi parla in modo disagiato per la mancanza della dentatura; ma lei, noto stavolta, anche se non tutti i denti ce li ha. Non capisco le sue parole e non comprendo quello che mi chiede. Restando con le gambe accavallate e le mani che tengono il cellulare appoggiato sul ginocchio, mi abbasso gli occhiali fin sulla punta del naso guardando la donna con fare indagatore misto a “questa mi vuole spillare quattrini!”
Si siede davanti a me, continuando con le sue parole ancora incomprensibili anche se qualcosa comincio a percepire.  
“Non importa che tu mi guardi così, non ti mangio mica!”, con un filo di voce gentile che lascia trasparire una timidezza strana, quasi avesse timore di provocarmi fastidio ma in realtà, non me ne ha dato nessuno; anzi.
Poi, partendo un po’ da lontano, inizia a descrivere la sua misera condizione per giungere ovviamente dove voleva arrivare: “Almeno un caffè!”, chiedendomi, aggiungendo che le tonerebbe scomodo tornarsene a casa per fare colazione, “già che sono qui, la farei al bar!”
Probabilmente una casa la possiede veramente, una di quelle costruite in mattoni intendo, non con le scatole di cartone, visto che ha rincarato la dose tirando in ballo, non so come né perché, suo padre e sua madre.
Non ha la solita faccia inespressiva o aggressiva  che alcuni suoi “colleghi” ostentano quando avanzano richieste di elemosina, né ha insistito oltre il lecito e per tutta onestà, mi ha rivolto una sola richiesta peraltro con la dovuta educazione che non ti aspetti da quel tipo di persona, lasciandomi veramente sorpreso. Ovviamente non ha un aspetto da donna di alto rango né i suoi vestiti sono sagomati da atelier di alta moda ma quel suo modo di fare garbato, fa passare in secondo piano anche la vista di quel piumino dal color celeste sbiadito dal tempo e logoro dall’uso.  
Continua a parlare con quel linguaggio altalenante e poco chiaro ma più che lo ascolto, più percepisco quei suoni come un qualcosa di intuibile, come se il prestare orecchio ripetuto e continuo, accendesse un fantomatico traduttore simultaneo rendendo comprensibilissime quelle parole.
Non so come abbia fatto ma è riuscita a farmi compiere quel gesto che non ho mai fatto con così tanta indulgenza ma che anzi, ho sempre evitato per una sorta di principi che lì per lì non mi sono venuti in mente.
Apro il portafogli e vedo che nel porta monete mi sono rimasti solamente otto centesimi, pochi per un caffè; gli altri nove euro di metallo li avevo “generosamente” consegnati in quell’infernali macchinette succhia soldi della Pisamo, l’emerita banda gestore dei parcheggi. Dovendo scegliere tra una banconota da cinque euro e una da cinquanta e pensando che chiedergli il resto pareva brutto, sfilo il taglio più piccolo e lo consegno alla donna che ancora non capisco perché abbia scelto proprio me tra le persone presenti, per attaccare bottone.
Tra una parola e l’altra, apprendo la domanda “Tu di cosa ti occupi?”, con fare quasi da conoscente che non vedevi da qualche anno e in un caso fortuito di incontro, cominci a sciorinare la tua vita cercando di colmare buchi di non convivenza.
“Mi diletto a scrivere libri”, rispondendo secco senza tentennamenti, ostentando una certa durezza che mi fa tornare al pensiero iniziale di non voler parlare con lei perché mi voglio occupare delle mie cose. Invece proseguo, meravigliandomi del mio gesto, fregandomene della gente intorno che, penso, avranno avuto da dire qualcosa tipo, “Ma guarda quello come si fa abbindolare da una barbona. Meno male è andata da lui perché se veniva da me…!”, come se avessi commesso chissà quale tipo di delitto o avesse chiesto un passaggio per tornarsene a casa.
È vero, siamo pieni di pregiudizi, lo siamo da sempre almeno da quando ci riteniamo in grado di criticare gli altri, mentre giustifichiamo il nostro operato: noi facciamo sempre bene, sono gli altri a sbagliare.
“Se l’è cercata quella vita, perché mi viene a chiedere soldi che mi guadagno onestamente? Che se ne vada a lavorare invece di importunare la gente!”. Mi pare di sentirli quelli dietro di me e pure le due donne davanti che nel mentre spippolano su Candy Saga e Facebook, girano un attimo gli occhi per osservare le gesta della donna che ho di fronte a me: figuriamoci se non mi hanno ingiuriato!
Non capisco ancora perché ma “sento” che devo continuare ad ascoltarla e mentre do una veloce occhiata all’orologio, decido di proseguire fino al tempo concessomi da quei sette minuti che mi dividono tra la sala d’aspetto e la partenza del treno.
Poi mi estraneo dalla conversazione, ricevo i suoni ma non li distinguo più, come se il traduttore si fosse inceppato ammutolendosi pure lui, lasciandomi da solo con la clochard, “Oddio e adesso?”. Mi accorgo invece, di osservare meticolosamente la sua figura in una sorta di scanner utile a memorizzare più cose possibili di lei, “Ma per cosa poi?” mi chiedo, non comprendendo l’utilità del mio gesto, il movente di tutto ciò cominciando a preoccuparmi: “Sto forse invecchiando e intenerendomi come non ho mai fatto nella mia vita?”. La luce blu elettrico e il netto rumore del mio personale scanner, continua nel suo lavoro visionando i grigi e lunghi capelli, mescolati a quel lontano ricordo di biondo platinato che un tempo, immagino, lucenti e perfettamente in ordine e profumati. Quella sciarpa di stoffa indefinita e di un grigio rovinato, trattengono dietro il collo la parte di capelli che insistono nel voler ancora crescere in ordine sparso, nonostante l’alimentazione ricevuta negli ultimi chissà quanti anni, non sia perfettamente in linea con la dieta mediterranea. Le labbra carnose e già crepate probabilmente dalle prime notti fredde di un inverno ancora in ritardo, si muovono in una danza quasi soave e beneaugurante, come se avessero trovato il compagno di ballo con il quale sfogarsi, destandosi da un torpore verbale che dura da diverso tempo, nel tentativo di sgranchire la mente e la voce, uscendo da quel logorroico tran tran quotidiano privo di socialità, privo di amore, di parole diverse da una litania giornaliera che immagino, la attanaglia nelle interminabili giornate senza niente da fare, girovagando di giorno in cerca di cibo, di compagnia o di chissà cos’altro, mentre di notte in cerca di un riparo dal freddo e dalla pioggia ma comunque da sola.
Forse è così, forse no, forse anch’io sono stereotipato dagli innumerevoli film e visione univoca dove gli homeless  sono disegnati così, dove la massa classifica queste persone come non persone o esseri umani dannatamente persi e da lasciare dove stanno, ai margini della vita ma soprattutto, lontani dalle vite delle “persone per bene”, che hanno una dignità decorosa da rispettare, da non compromettere con “quella gentaglia” neanche offrendogli un caffè gettandogli per terra quei pochi spiccioli, peraltro fastidiosi, che si ritrovano nelle tasche.
Poi per un attimo soffermo lo sguardo sulle dita delle mani, su quelle unghie vagamente colorate, alcune si altre no. “Ma dove lo trova lo smalto? Lo compra, lo ruba, lo trova nei cassonetti?”. Il tempo da dedicare alla manicure di certo non le manca ma lo smalto? Mi incuriosisce ancora di più e le osservo meglio mentre lei, concentrata sulle sue parole, continua a dire quello che vuole, il traduttore è ancora spento.
Non faccio in tempo a guardare che tipo di pantaloni indossa, pare una tuta, ma noto al volo le scarpe, una certa vaga somiglianza a un classico paio da tennis.
“Scrivi libri? Che bello! Eeh, io ho una storia da scrivere lunga una vita! E prima o poi la scrivo!” Toh, è ripartito il traduttore! “Brava, scrivilo, inizia e non fermarti fintanto che non arrivi alla fine”, di certo il tempo non le manca e probabilmente neanche gli spunti.
Chissà cosa avrà da dire, quale sarebbe la sua prima frase, come scriverebbe l’incipit e soprattutto, che razza di finale metterebbe. Probabilmente non riuscirebbe più neanche a sorreggere tra le dita una penna e forse, davanti a dei fogli bianchi, si chiuderebbe in un mutismo inespressivo rispecchiandosi in quelle pagine vuote come la sua vita, da quando è partita la sua avventura da errabonda. Niente mi toglie dalla testa che quella vita è diventata una non vita per scelta, in conseguenza di un evento o una serie di eventi bellicosi, cattivi, bastardi, talmente violenti da spingere un uomo o una donna ai margini dell’oblio, a evitare per un soffio il suicidio anche se a mio avviso, quella scelta è una sorta di suicidio controllato e continuo, un uccidersi giorno dopo giorno per il resto della propria esistenza, per quanto possa durare.
Chissà quale potrebbe mai essere la copertina di quel libro che racchiude, per adesso, un mucchio di ipotetici fogli bianchi già numerati come gli anni fin qui trascorsi, dove in prima pagina spicca il titolo, “L’inizio” e nell’ultima si intravede la scritta “Fine”. La fine di un inizio che non c’è mai stato o è stato cancellato appena scritto, come quando uno scrittore in piena crisi, non trova neanche una parola per scrivere l’inizio.
Chissà quale quarta di copertina potrebbe mai avere quel libro ben stampato, per adesso, nella mente di una donna con una maledetta voglia di chiacchierare con qualcuno, di sentirsi ascoltata per quello che ha da dire e di non essere osservata come un fenomeno da baraccone o una belva da circo rinchiusa nella sua gabbia quando non esegue il suo numero, suscitando compassione e tenerezza per quello stato di vita che pare in completo abbandono ma che non invoglia nessuno a presentarsi innanzi a lei porgendogli un saluto, guardandola con occhi umani di chi ha negli occhi il desiderio di aiuto.
“E sai come lo inizierei?”, con il sorriso stampato in volto e come intuisse i miei pensieri, all’improvviso le si accendesse una luce benevola  rischiarando per un istante la sua vita, una sorta di faro da palcoscenico che illumina l’attore protagonista, nell’intento del suo monologo lungimirante seguito da uno scroscio infinito di applausi.
“C’era una volta una principessa…”, terminando la frase al buio, spegnendo quel sorriso iniziale come se qualcuno avesse tolto d’un colpo la corrente al faro e quell’attore si fosse ritrovato istantaneamente a esibirsi in un teatro vuoto, senza applausi, con il sipario chiuso. Come resterei io, se durante una presentazione la gente cominciasse senza una spiegazione logica, a uscire dalla sala, senza motivo, lasciandomi solo con le mie parole, abbandonando i miei libri al loro destino infame, senza nessuno che li comprasse né che li leggesse. Avrei faticato per niente, ci resterei malissimo, scoppierei a piangere e urlerei “Bastardi! Ci lasciate soli me e i miei libri? Che vi abbiamo fatto?”. Ecco, adesso ho paura anch’io, paura di aprire un mio libro e di scoprire che sotto la copertina ci sia soltanto un mucchio di fogli bianchi, vuoti, come il vuoto che il pubblico mi ha lasciato andandosene via, “Bastardi…”. Che farei senza l’inchiostro per i miei pensieri, che ne sarebbe di me e delle mie giornate, come passerei il tempo forse girovagando da una libreria all’altra, incollato alle vetrine perché non mi farebbero entrare, o rovisterei dentro i sacchi della raccolta della carta, il mercoledì, nella disperata ricerca di qualche pezzo di libro strappato da poter leggere. Ma quale sacrilegio sto dicendo? I libri non si gettano né si strappano al massimo si regalano! E gli altri giorni! Dio, che disperazione! Non provo neanche a immaginare come possa trascorrere uno solo giorno così quella donna, figuriamoci un’intera vita. Eppure ci riesce, con apparente facilità, con celata nostalgia o con pianti disperati e nascosti agli occhi della “gente per bene”, magari dietro un cassonetto dell’immondizia o nei silenzi notturni di una stazione ferroviaria dove sovente trovano rifugio come la tana di un animale.
“Ma perché questa donna è venuta da me stamani? Che giorno è mai questo?” penso, mentre rifletto sull’ultima frase che il traduttore mi ha sfornato, “C’era una volta una principessa…”, rimbombandomi nel cervello, come se il mio sub inconscio stesse cercando di memorizzare quella frase. “Ancora? Anche questa? Ma  qualcuno mi vuol spiegare perché?”
Guardo nuovamente l’orologio, nel tentativo di leggere, finalmente, l’orario di partenza staccandomi da questa assurdità, contrapposta con tenacia da un’immaginabile voglia di restare e ascoltare all’infinito quale storia voglia raccontare questa donna: ancora tre minuti…
“Con mio padre le cose andavano bene ma con mia madre…”, troncando la frase con una smorfia che lascia intendere molto, mista tra terrore e nostalgia, tra dolore e voglia di vivere e con quelle parole e quella espressione, mi apre la mente lasciandomi pensare “ma allora una storia ce l’ha per davvero!”
Poi squilla la campanella, una voce gracchiante annuncia la partenza, il traduttore si spenge, “No, proprio adesso!”. Proprio ora è scaduto il tempo? Quando forse, la nebulosa che attraversava la sala d’aspetto si stava diradando lasciando intravedere un po’ di luce.
Mi alzo, prendo le mie cose e faccio il primo passo verso la porta, verso la salvezza quando il traduttore ha un sussulto, un gracchiante ritorno: “Devi partire? Tanto io sono qui!” e sono fuori dalla porta.
“Non ho capito, che ha detto?”, mentre velocemente mi inerpico per le scale che dal sottopasso mi sbarcano al binario quattro.
Forse quella principessa è vissuta veramente?
Ma perché oggi e perché proprio a me doveva capitare?
Tra tutti quelli che erano in quella sala, perché è venuta da me?
Mi stavo facendo gli affari miei, mica l’ho guardata in cagnesco, in fin dei conti ho solo spostato gli occhiali sulla punta del naso, che avrò fatto mai!
E se dovessi essere proprio io a scrivere quella frase?
“C’era una volta una principessa…”
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enrico1232 · 4 years
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Si aprirono le porte
Nella mia vita mi sono sempre reputato un debole, un fallito, un disastro. Ultimamente mi sto rendendo conto di come sono realmente, il mio modo scontroso col cui mi pongo, all'incazzarmi in modo esagerato, essere sempre nervoso, sono solo frutto della mia paura nel pensare che gli altri mi vedano come un debole. Beh oggi ho preso consapevolezza di non esserlo, facendomi guidare da me, abbattendo quelle mura che io stesso mi son creato, parlando di tutto, o quasi, quel che mi è successo nel mio ultimo brutto periodo... Quando ho terminato mi hanno fatto capire quanto valgo veramente e di quanta forza ho avuto nel raccontare tutto ciò. Chi mi conosceva da tempo ha detto che sono cresciuto molto da come ero e che ho imparato tanto dalle mie disavventure diventando giudizioso e maturo. Mi hanno anche ringraziato di aver parlato con loro e questa cosa mi ha reso veramente felice. Continuando a parlare ho riflettuto sulle loro parole e ho preso consapevolezza di quanto fossi cresciuto da tutta questa merda e gli ho risposto che vorrei tanto essere quel ragazzo che esce la sera tranquillo senza pensare a problemi che a 22 anni non dovrebbero capitare (e che ti tengono fino alle 6:00 la mattina sveglio scrivendo un post su tumblr), ma ops, sono io! È stato bello mostrare un po' di debolezza a chi di me ha visto solo forza, ed è una bella lezione anche per me, perché se la vita fa schifo io mi ci butto a capofitto per raggiungere con tutte le MIE forze dei veri risultati inseguendo i miei sogni con passione e soprattutto ammettendo le MIE debolezze e accettarle, accettando finalmente me stesso, il che non suona più così male. 🤸‍♂️
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Ti amo ma ti odio
Premetto che è un mio pensiero, un mio sfogo sul mio ex che ho scritto in una storia di instagram. Mi andava di pubblicarlo anche qui perciò ho semplicemente fatto copia e incolla del testo. Detto ciò se vi interessa potete continuare a leggere altrimenti passate al prossimo post.
Ho la bruttissima abitudine di fare le cose con largo anticipo. Ho l'abitudine del cazzo di scrivere le cose troppo prima di quando dovrei farlo e me ne pento. Me ne pento in una maniera mai vista perché poi capita che per sbaglio le rileggi e magari non la pensi più allo stesso modo. Però ti fa terribilmente male rileggere certe cose, perchè ti vengono in mente certe scene, certe frasi, certi momenti in cui stavi veramente bene e ti rendi conto che non è più così. Ti rendi conto che le cose cambiano, le emozioni cambiano, le sensazioni cambiano e soprattutto le persone cambiano....
Vorresti tornare a quei momenti ma sai benissimo che non è umanamente possibile fare una cosa del genere e ci stai male. Mi viene voglia solo di scriverti per farti capire ciò che eri per me. Solo per farti capire che non sono la stronza di turno.... Solo perché le parole che ho scritto quel giorno erano vere, perchè era ciò che provavo in quel momento.
Non ho capito bene neanch'io ciò che è successo ma una cosa la so : Siamo cambiati entrambi, nel bene o nel male, e abbiamo cambiato il nostro modo di fare, abbiamo cambiato il nostro modo di vedere le cose e sinceramente, a dirla tutta, io ho aperto gli occhi. Mi sono accorta che nello stesso modo in cui mi facevi stare bene, nello stesso ed identico modo mi facevi stare male. Eri capace di farmi sentire accettata, amata, unica, speciale.... Ma nello stesso tempo mi facevi sentire un completo errore, uno sbaglio, una delusione, mi facevi sentire un fallimento e non sopportavo più di sentirmi in questo modo. Non sopportavo di essere divisa in due, con due idee completamente opposte di te.
E devo ammettere che nell'ultimo periodo erano di più le volte che mi facevi del male, no mi correggo, che ci facevamo del male a vicenda. Perciò credo che è stata la scelta migliore. Mi dispiace se tu stia passando un brutto periodo, o se tu l'abbia passato... Non ho idea delle condizioni in cui tu ti trovi ora... Mi capita a volte di vedere le tue storie e a momenti mi sembri triste e altri che tu stia bene...
So anche che non leggerai mai ciò che sto scrivendo ma credo sia più uno sfogo che altro.
Mi sei tornato in mente in maniera particolare oggi...
Una persona mi ha chiesto di te e sentendo ciò che è successo mi ha chiesto di raccontargli l'accaduto più nel dettaglio. Voleva sapere come mai l'avevo fatto e come mi sentivo a distanza di tempo. La verità? Ti penso,e anche piuttosto spesso. Ho tracce e ricordi di te ovunque. Sul mio letto, nel mio piccolo rifugio dove nessuno mi vede e mi nota quando sono lì, ho le tue lettere conservate, ho la collana che sinceramente non ho più il coraggio di indossare, l'ho rimasta sulla mensola e la sistemo tutti i giorni e poi ho la tua maglia che ci crederai o no sa di te, come del resto, l'orso ogni tanto sa ancora di te. Perciò si. Ti penso e a volte sento la tua mancanza.
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solotucurime · 5 years
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Let me mend your broken heart.
SESTA PARTE (mamma mia, di già)
“Niccolò, ti annoi?” sbottò Fabrizio notando il praticando seduto su una seggiola blu dietro il bancone della hall del reparto di cardiochirurgia pediatrica. “No, in realtà no. Sto sbrigando un paio di cose importanti…” balbettò alzandosi e frugando tra cartelle cliniche e scartoffie.
“Vieni con me.” tossicchiò solo prendendolo per una spalla. “D-dove andiamo?” fu la risposta del ragazzo mentre affiancava il medico. “Pronto soccorso, un codice verde. Io dico che lo puoi sbrigare tu, no?” e strizzò gli occhi pigiando il pulsante di chiamata dell’ascensore. “C-certo, certo che sì!”
“Nico, te voglio più sicuro di te! Questo è un semplice codice verde ma capiterà che arrivi un bambino in codice rosso, devi mantenere i nervi saldi e il sangue freddo. Non balbettare, non aver paura, quando le porte del pronto soccorso si aprono devi diventare un’altra persona.” e lo specializzando gli lanciò un’occhiata. “Ho paura di sbagliare.” tossicchiò cominciando a torturarsi le mani.
“Anche io ho paura di sbagliare ma ricorda che non lavori da solo, quando hai un dubbio chiama un’infermiera, un medico o qualche tecnico. Siamo una squadra Niccolò, non lavoriamo singolarmente!” e gli passò una mano sulle spalle come per dargli coraggio. “Non sai quante volte, in casi di grande emergenza, mi sia capitato di perdere il coraggio o la forza. A volte le circostanze non erano delle migliori, ho sbattuto la testa ma ho continuato ad operare.”
Niccolò lo guardava quasi con ammirazione con quegli occhi insicuri e un po’ lucidi, “Nun me dire che ora te viè da piagne?” esasperò Fabrizio dandogli una pacca giocosa sulla schiena. “No dottore, non piango io.” e si stropicciò gli occhi prima che le porte dell’ascensore si aprissero.
“Ok vediamo un po’, Valentina ha quindici anni e soffre di bradicardie e blocchi atrioventricolari di secondo grado. Ha avuto una piccola crisi, come procediamo Dottor Moriconi?” lo interrogò il moro una volta che lesse la cartella clinica della paziente.
“Io direi cardiogramma completo e la lasciamo in osservazione.” e si infilò i guanti di lattice, “Proceda pure.” ridacchiò Fabrizio mostrandogli il corridoio del triage.
(...)
C’era un telefono che squillava ma Fabrizio non si prese nemmeno la briga di capire se fosse veramente il suo, stava davanti allo specchio a sistemarsi il colletto della camicia. Abbottono o non abbottono? E andava avanti così da ore: si girava, cambiava posa, si aggiustava i capelli e poi i polsini della giacca. Non gli andava bene quello che vedeva nel riflesso, sbuffava e pensava che forse quella camicia non era adatta ad un primo appuntamento.
Appuntamento? Ma io nun so più come se fa! E lui era campione olimpico dell’andare in paranoia, continuava a fissare l’orologio e poi lo specchio. Orologio, specchio. Capelli, colletto della camicia, lancette che scorrevano lente. Il telefono squillava ancora, lo cavò dalla tasca dei pantaloni sbuffando irritato.
Niccolò??
“Nì, che succede?” pronunciò agitato, che fosse successo qualcosa di grave?  
“Oh, ehm dottore.” disse l’altro. “Sta bene?” e sapeva che lo specializzando percepì che Fabrizio era abbastanza esasperato.
“Tutto bene ma, ti prego, fuori dall’ospedale chiamame Fabrizio, Fabbrì o come te pare.” ok, forse non era nulla di grave. “Perchè me stai a chiamà?”
“Posso chiederle un consiglio?” perchè tutte a me? E tossicchiò per fargli capire di sbrigarsi e domandare alla svelta.
“Insomma, questa sera esco con una ragazza…” disse piano tastando il terreno, “Volevo sapere una cosa?” altra pausa di cinque secondi. Fabrizio voleva solo scoppiare a ridere. “Nun me dire che sei agitato eh!”
“Eh, forse un po’. Come mi devo comportare?” sputò infine sospirando.
“Nun me dire che è quella che sta al triage!” e capì perfettamente che era così, ridacchiò sistemandosi per l’ennesima volta il collo della camicia.
“Devi essere te stesso Nì, te devi calmà e falla sorridere. E calmati, non c’è bisogno di agitarsi” SEI UN FALZO FABBRIZIO
“E’ abbastanza sicuro di questa cosa? Non che poi faccio figure e questa non mi vuole più?” pronunciò Niccolò con un filo di tensione nella voce.
“Ma che stai a scherzà? Te fidi de me?”  
(...)
“E te me stai a dì che non è Gomorra la serie più bella de sempre?” tossicchiò divertito Fabrizio posando il calice di vino sul tavolo. “No Bizio, stai sbagliando di brutto.” posò la forchetta Ermal spostando leggermente il piatto ormai vuoto. “Tecnicamente è Game of Thrones la miglior serie televisiva di sempre.” e concluse con la miglior faccia da saputello che potesse fare.
“Me stai a provocà?” ridacchiò Fabrizio osservandolo bene, “Non ti sto provocando, sto solo dicendo che ha una regia da paura.” rispose pacato il riccio.
Fabrizio si appoggiò allo schienale della sedia con un cipiglio serio, “Dimme che scherzi.”
“No Bizio, non scherzo.” e alzò di un’ottava il tono di voce mostrando fiero un sorrisetto di sfida, “Stiamo parlando di una delle migliori serie televisive prodotte. Questo lo devi ammettere.”
“Non lo ammetterò mai. So tutti capaci de mettere du draghi e quattro spade su uno schermo.” e ridacchiò giocando con il calice di cristallo. “Non mi sembra il caso di litigare su queste cose, si sa che ho ragione io.” sbuffò l’altro tamponando lieve le labbra con il tovagliolo.
“Ma tu sei sempre così testardo? Sai bene che ho ragione io ma nun vuoi darme ‘na soddisfazione.” sputò Fabrizio poggiando le mani sul tavolo. “Umh no, in verità sono molto convinto che tu stia sbagliando clamorosamente per il semplice fatto che tu non hai mai visto Games of Thrones e non hai manco la voglia per recuperare tutte le stagioni, quindi pensi che sia una serie scarsa e sopravvalutata.”
“Ma lo è Ermal, è sopravvalutata al massimo!” sbottò ridendo esasperato. “Non è assolutamente così invece!”
“Signori, signori.” i due scossero leggermente la testa richiamati dalla voce bassa e pacata di un cameriere. “State disturbando gli altri commensali, è inaccettabile!” si guardarono abbastanza stupiti ridacchiando leggermente. “Vi chiedo di abbassare la voce e di accomodarvi all’uscita.”
Fabrizio e Ermal tornarono a guardarsi negli occhi trattenendo a fatica una risata imbarazzata ma, senza proferire parola, si alzarono dalle proprie sedie e recuperarono i cappotti sghignazzando come se avessero tredici anni. “Nun me fa fare figure de merda pure ‘n cassa. Pago io e stai zitto.” sussurrò tra lo stizzito e il divertito Fabrizio, l’altro si limitò a sorridergli colpendolo con il gomito e soffocando una risata.
“Se vuoi possiamo andare a prendere il dolce e continuare la nostra discussione altrove.” propose il riccio mostrandogli la porta d’uscita.
Si incamminarono tra le strade della capitale, un po’ buie e un po’ illuminate dalla luce dei lampioni. Qualche luminaria natalizia a rendere l’aria più frizzante e gioiosa e la luna alta nel cielo, piena, argentata e bella. “Ce sta sto posto che fa delle pasta da paura.” tossicchiò Fabrizio indicandogli un vicolo sulla destra. “Guidami tu allora.” ridacchiò il riccio stringendosi nelle spalle per sentire meno il freddo pungente della notte. I bar chiusi, le seggiole di plastica bianca impilate e poste davanti all’ingresso insieme a quei tavoli Algida rossi che gli ricordavano tanto l’estate.
Due biciclette buttate a terra di chissà chi andato chissà dove che non avevano avuto nemmeno la decenza di metterle sul cavalletto, magari qualche avventuriero notturno che, a quell’ora, si concedeva delle delizie appena sfornate dai forni bollenti di qualche panetteria aperta pure in piena notte.
La luna li guardava passeggiare ancora con quel sorrisetto imbarazzato a curvargli le labbra. “Vabbè, non ammetterò mai che Game of Thrones sia la miglior serie televisiva di tutti i tempi.” ruppe il silenzio Fabrizio, “Ah va bene, se domenica non hai il turno vieni a casa mia e inizi a farti una cultura.” ridacchiò Ermal.
“Frena ricciolè, quello che si deve fare una cultura qua non sono io.” e alzò un sopracciglio guardando l’altro di sottecchi, un’insegna al neon illuminava la piccola via buia segnalando la presenza di una pasticceria aperta ventiquattr’ore su ventiquattro.
“Siamo arrivati.” annunciò Fabrizio sollevato e con lo stomaco che domandava il dolce, posò la sua mano sulla schiena del riccio che tremò leggermente a quel tocco inaspettato ma sorrise, eccome se sorrise aprendo la porta di quel piccolo locale. “Lascia fare a me, ordino io qualcosa. Tu aspettami e basta.” gli sussurrò Fabrizio troppo vicino al suo orecchio, il riccio fece spallucce attendendo che l’altro ordinasse il loro dolce.
Gli sembrava di essere tornato a Bari, seduto su un muretto con le gambe a penzoloni rivolto verso il mare, brezza estiva che gli scompigliava i ricci, i suoi vecchi amici e qualche dolcetto da gustare aspettando che il sole sorgesse all’orizzonte. Sapevano di conquista, di una notte intera passata a girovagare per le strade deserte, per quegli esami di maturità che si erano lasciati alle spalle e e per tutti quei momenti che si porterà sempre nel cuore.
Non era a Bari, era a Roma, era inverno ed era seduto ad un tavolino di una pasticceria popolata dai pochi avventurieri notturni e gruppi di amici. Davanti a lui non c’era il mare ma un parco verde ricoperto da una sottile patina di brina, Fabrizio gli sedeva accanto con un sorriso scemo stampato in faccia, dietro di lui solo la sua carriera lavorativa fatta di alti e bassi. Davanti a lui? Una vita intera. Solo che sentiva che qualcosa mancava, percepiva a fondo che mancava un brivido ma forse quel “brivido” l’aveva a pochi centimetri da lui.
Fabrizio, dal canto suo, stava bene. La sua mente era totalmente sgombra da ansie e pensieri negativi, si sentiva in pace davvero avendo al suo fianco un ragazzo, una persona che aveva la capacità di farlo stare una favola. Una cameriera posò due tazze di caffè fumante e un piattino con delle paste sul loro tavolo, Ermal al volo acciuffò un maritozzo prima che l’altro potesse rubarglielo. “Sei proprio un bastardo, eh.” sospirò Fabrizio facendo l’offeso (per la cronaca, si era davvero offeso).
Ermal ridacchiò prendendo un morso, veloce mise una mano sotto il dolcetto per evitare che la camicia si inzozzasse di panna. Fabrizio sorrise notando la palese difficoltà del riccio che nel frattempo si era sporcato pure la punta del naso, “Che te serve un fazzoletto?” ridacchiò l’altro facendogli notare un lembo della giacca sporco.
Erma alzò gli occhi al cielo allargando le braccia in segno di resa, “Questo è il karma ricciolè.” ma si zittì. O almeno, Ermal lo zittì posando le sue labbra su quelle rosse e morbide del moro, Fabrizio preso in contropiede quasi non si strozzò con la sua saliva.
Daje Fabbrì, daje che è il tuo momento e zittì quella vocina fastidiosa, si fece più vicino al riccio posandogli una mano tra i ricci leggermente sfatti, Ermal sorrise sulle sue labbra e, piano, chiese il permesso di approfondire il bacio. Se lo strinse più verso di sé posandogli una mano sul fianco e l’altra direttamente sulla nuca del moro, il cervello in corto circuito, il cuore che batteva all’impazzata, i sensi alterati e il profumo dolce di Ermal che lo stordiva completamente. Lo baciò, piano, con passione assaporando ogni suo minimo movimento e respiro, tirando leggermente le punte dei suoi capelli e giocando con i ricci morbidi.
Erano i polmoni che bruciavano per la mancanza d’aria ma l’assurda voglia di rimanere ancora un po’ uniti, ancora un po’ stretti. Il concetto di kiss me like nobody's watching Ermal lo conosceva bene, nella stanza c’erano loro due e basta. Il riccio si scostò per riprendere fiato, “Me potevi almeno lascià finì la frase, eh.” sussurrò Fabrizio, l’altro sorrise mimando un no con la testa per poi lasciare un bacio lì, sull’angolo sinistro della bocca del più grande.
Come al solito eccoci alla fine di questa parte, vi ringraziamo per essere giunti fino a qua.
Vi abbracciamo e alla prossima parte.❤
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RECAP 2k19
Post che sancisce la metà dell’anno.
Eccomi di nuovo nella nuova sessione, quella estiva, che forse è anche peggio di quella invernale. Questo mezzo anno è volato. Lo so, è una frase cliché. Ma non è volato nel senso “wow come va veloce il tempo quando ci si diverte”. È volato nel senso sprecato: ha sfiorato leggermente la mia pelle senza che me ne accorgessi veramente e ora mi ritrovo alla metà dell’anno senza capire cosa ho fatto. E cosa sono. Penso ancora al mio ex. Questo è vero. Ci sono state litigate, io sono quasi impazzito, ci sono state riappacificazioni. Lui era sbagliato per me, questo l’ho capito.
Sono dovuto ributtarmi nel mondo del dating e non è stato facile, anche se ne sono successe di divertenti. Non ricordo se è qualcosa che ho già detto ma whatever (forse era su un mio altro blog). Per esempio ho stretto amicizia con un gruppo di ragazzi gay e sono stato per la prima volta in via Lecco (gay street di Milano) ed è stato emozionante, sono stato per la prima volta ad una serata gay in discoteca a Torino ed è stato magnifico, sono stato al mio primo gay pride ed è stato sublime. Ho fatto il debutto nella comunità insomma, e anche se il tutto viene con molto orgoglio resta comunque il fatto che ho dovuto ricominciare ad affrontare la mia etnia coinvolta in queste situazioni. Sguardi strani in via Lecco, prese in giro in discoteca, approcci ambigui al gay pride. Ho dovuto di nuovo affrontare tutta la questione sui social, su Grindr e su Tinder. Io sinceramente ho visto dal cellulare quanto un ragazzo “bianco” rimorchia molto di più rispetto a me abbastanza indipendentemente dal suo aspetto su queste app. E mi ha fatto sentire piuttosto inadeguato. Certe volte vorrei poter mutare forma, essere un ragazzo estremamente attraente e muscoloso e dotato per attirare ogni maschio gay o persino una ragazza mozzafiato per attirare ogni ragazzo etero che mi interessa. Lo so che è un pensiero random, ma mi preoccupa il fatto che è forse questa mia mentalità che mi spinge a dissociarmi dalla mia vera identità come era successo con il mio ex. Vabbè, troppo serio.
Mi sono fatto un direttore artistico di musical che avrei sposato a sto punto per il suo lavoro, ho friendzonato di brutto uno che si era perdutamente innamorato di me ma io lo stavo usando solo come ragazzo sostituto, mi sono fatto un tipo fidanzato quando il suo ragazzo era nella stanza accanto, mi sono fatto uno degli ex del mio ragazzo perché mi attirava l’idea di essere posseduto da chi era stato posseduto dal mio ex, mi sono preso una cotta per sto tizio accelerando eccessivamente le cose tanto che lui voleva scappare e quindi infine abbiamo deciso di scopare e basta (però è stato fantastico, uno dei migliori, non c’è che dire). Non dico che mi pento di tutto. Però beh, lo vedete anche voi, che squallore lol. Ciò mi ha portato in una vera spirale di rabbia, invidia, odio fino ad arrivare alla depressione. Penso che la sto combattendo anche adesso, quando cerca di risalire.
Ho fatto molto per aiutare me stesso. Ma quest’anno è volato. E mi ritrovo di nuovo ad una sessione, senza sapere cosa sto facendo ma costretto ad affrontare nuovamente la realtà. Non ci sto riuscendo bene con un esame andato malissimo e tutto il resto. Ma ci sto provando. Ve lo giuro. Chi c’è ancora di voi? Siete ancora lì? Scusate il flusso di coscienza.
PS: ah giusto, in un lamento contro il mio qua su tumblr ho criticato tutti i bisessuali quando non avrei assolutamente dovuto; mi si è ritorto in modo aggressivo e me lo merito, se nella nostra comunità LGBT non riusciamo ad essere supportivi reciprocamente, chi altro ci aiuterà.
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impresa-ironica · 5 years
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Emdr
Sono settimane che scrivo mentalmente dei post-it da mettere poi in fila per riuscire a riordinare un po' tutto il mio bellissimo fermento interiore.
Man mano che la mia attenzione si posa su un ricordo ritrovato, una frase che mi ha colpita, un sussulto che mi ha fatto aumentare i battiti o una fulminea illuminazione che ha cambiato le mie convinzioni su qualcosa, penso: ecco, non sarò più la stessa, da oggi.
È un periodo di grandi sterzate emotive, in verità. Evviva iddio. Mi sono messa fortemente in discussione. Ho messo in discussione il mio brutto carattere, la sfacciata schiettezza che alle volte mi rende brutale, pur non avendo mai in mente di ferire, il temperamento scomodo da zitella mancata, e tutta una serie di piccole rigide regole che negli anni mi ero imposta come (inutili) capisaldi, intoccabili, e che sto scardinando una ad una per rendere la mia vita più fluida e più semplice. Ma meno male che questa goffaggine innata e quest'ironia mi tengono a braccetto e non mi lasciano eeser mai irrimediabilmente pungente, che smorzano gli attriti e smussano gli spigoli più duri, e che anche quando decido che voglio litigare, mitigano.
Dicevo: mi sono messa in gioco come succede ogni volta che ho veramente bisogno di una fionda che mi lanci in orbita. L'ultima volta, sei anni fa, la mia analista di allora mi aveva incoraggiata con vigorosi calci motivazionali nel culo a trasferirmi a Milano. Aveva funzionato, allora. Aveva avuto ragione lei. E quindi - per motivi diversissimi e che nulla hanno a che fare con gli attacchi di panico del tempo - ho ritentato la sorte preparandomi al meglio a un nuovo giro di giostra. Sì, per giostra intendo andare in psicoterapia. Emdr, appunto.
Mi sono ingenuamente armata di casco, ginocchiere e gomitiere, mentre in realtà mi stavo accingendo a mettermi completamente a nudo.
È (e sarà) un percorso complicato, al termine del quale spero di sentirmi veramente in pace con me stessa. Risoluta lo sono sempre stata. Risolta, meno, ed è su questa sensazione di inquietudine e apnea (che mi hanno sempre contraddistinta, 'nziria la chiamo io) che mi sto concentrando. Per mettere a posto quei pezzettini di passato che ancora incidono come pioggia di spine sul mio presente, per controllare (ahah) la mia fame di controllo, che non mi permette ancora di essere la persona profondamente libera e leggera che ho sempre desiderato diventare.
Sono settimane che tiro sospiri di sollievo e sì: mi sento realmente più leggera e libera dal senso di inadeguatezza che a suo tempo mi plasmò rendendomi una ragazzina insicura. Ho sospirato nell'abbassare la guardia mostrandomi fragile e piena di domande e di rabbia. E poi nel ricevere risposte inaspettate e disarmanti - e semplici e belle e piene di tenerezza - a richieste di chiarimenti su questioni che mi sembravano terribilmente controverse, irrisolvibili. Sollevata nel concedermi una tregua, realizzando con molta soddisfazione di non dover per forza avere la responsabilità delle sorti del (mio) mondo.
Ho sempre predicato la leggerezza, ma era più una tensione ideale che uno stile di vita, quindi ho deciso di abbandonare i paraocchi che mi hanno finora tenuto nascosta la vastità dei risultati che ho raggiunto senza mai godermeli davvero. Li vedo, come quando vedo il mare dopo tanto tempo. So che è sempre lì e che mi appartiene ma allo stesso tempo è tutto così nuovo...
Ho fatto mille cose nella mia vita, molto piccole e molto grandi, tutte con estrema naturalezza e senza mai dare ad esse una qualche solennità o eroicità. Le ho fatte perché ne avevo sentito l'urgenza, la necessità o banalmente la voglia. Collezionate distrattamente come conchiglie che ti capitano davanti passeggiando sulla spiaggia, e le raccogli come minuscole sfide a fare sempre di più e sempre meglio. Perfezionista. Solo ora - alzando lo sguardo - mi rendo conto di quanto alcune mi siano riuscite particolarmente bene. Mica tutte, eh. Ho messo da parte un sacco di tentativi di felicità falliti miseramente. Ma i cambi di rotta sono tanto utili quanto più ci portano vicini alla destinazione dove all'inizio del viaggio nemmeno sapevamo di voler arrivare.
Per la prima volta ho coscienza di dove sto andando, da dove vengo, con chi e perché. È fantastico.
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𝙚𝙣𝙚𝙢𝙞𝙚𝙨
Now playing:
♫ Stay - Blackpink ♫
Ciao a tutt*! Benvenuti nel blog di una ragazza troooppoooo indecisa! Si lo so, questo doveva essere un post pubblicato moooltoooo prima però meglio tardi che mai no?
Ultimamente non so come definire la situazione, mi sembra come se il mondo mi stesse scivolando dalle mani ma in realtà non ho nulla di cui lamentarmi. Forse è anche inutile. Sono tutti problemi miei che devo combattere da sola, altrimenti non sono una persona rispettabile per me stessa.
Si, esatto. Me stessa. Il mio nemico più grande è me stessa.
Mi sono ferita più con le mie stesse parole, la mia stessa personalità che con le frasi di qualcun altro. Forse evidentemente è colpa di tutti quei complimenti che sono diventata così perfezionista con alte aspettative su me stessa. Quel perfezionismo che lo raggiungi solo stancandoti e non riuscendo nemmeno a muovere più un dito.
Non fraintendetemi, mi piaceva ricevere quei complimenti, mi faceva sentire come se quello di essere perfetta e brava fosse il mio unico posto nel mondo, ma evidentemente così non è. Purtroppo, e ripeto PURTROPPO, la mia mente deve fare questa distinzione in posti nel mondo, in etichette da dare alle persone, altrimenti non riesce a vivere bene. Non è cattiveria, vi giuro, io amo la gente ma per me ha sempre funzionato così: un etichetta ad una persona e così sto tranquilla. Fine.
Vorrei tanto non darle più queste etichette. Per carità non sono etichette cattive, ma ho bisogno di fare distinizione tra personalità varie (ad esempio tu sei introverso, tu sei logico...non mi sarei mai permessa di etichettare persone in modo più cattivo).
Per oggi ho annoiato abbastanza. Pensandoci, mi conoscerete proprio pezzo per pezzo con questi post.
Chiudo qui chiedendovi:
Come state?
Avete mangiato?
È successo qualcosa di bello? Qualcosa di brutto?
Spero che tutt* abbiano passato una buona giornata e se non l'avete passata, fidatevi che ce ne saranno delle migliori. Continuate così, siete fantastic*! Tutto passerà, non preoccupatevi. Avete il mio sostegno da lontano.
(Si, lo so, queste possono sembrare frasi dette e stradette, ma fidatevi, chiedere e dire queste piccole cose a qualcuno può veramente migliorargli la giornata!)
A presto bellissim*!
Lots of love from this overthinker! ♡♡♡
03/29/2022
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armoniaprivata · 3 years
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È uno stronzo. Mi ha lasciato per quella troia di Marisa. Ma come ho fatto a non capirlo prima. Poi Marisa. Un nome osceno anni cinquanta. Chi chiama Marisa una figlia. Accendo la televisione per cercare di distrarmi perché questa casa mi ricorda tutto di lui. Là c'è "Il bacio" di Klimt comprato a Vienna oppure, di fronte a me c'è "La persistenza della memoria" di Dalì. E, sotto, c'è quell'orribile mobiletto comprato da IKEA dove ci ho sbattuto mille volte il mignolo maledicendo lui e le sue voglie di bricolage. Ci sono le nostre foto appese in salone. Dal divano guardo quelle sopra la libreria. Le foto dei nostri viaggi. Quella scattata davanti al Tesoro di Petra. Il nostro primo viaggio insieme. Sono passati cinque anni. Tra i libri di Coelho, invece, c'è il nostro sorriso a Oia, a Santorini due anni fa. Proprio mentre il sole infuocato si tuffava nel blu dell'Egeo, lui, mi disse a bruciapelo: "Mio zio parte per lavoro e starà sette anni in Messico a lavorare all'ambasciata. Mi ha detto se voglio il suo appartamento a via Turati. Vuoi venire a viverci con me?" Sorrisi come non avevo mai fatto in vita mia. Il cuore in petto batteva all'impazzata per la felicità. Gli buttai le braccia al collo e strillai L E T T E R A L M E N T E  il mio si. Mi sembrava un sogno: abitare in un appartamento vicino al centro di Milano, con un affitto ridicolo e tutto questo dividerlo con Samuele. Suggellammo il momento con un calice di champagne, un bacio e la foto del tramonto più bello del mondo. "Ed ora il momento dell'ultimo Big in gara. Ecco a voi Bugo." No dai Bugo no. Spengo la tv e, mentre mi dirigo al frigorifero, chiedo ad Alexa della musica dance italiana. Apro il reparto congelatore ed estraggo un vasetto di Haagen-Dazs al cioccolato belga e nocciola. "Questa notte dormo sul divano Altro che pensare a te Tanto qui resta la Musica e il resto scompare" Sorrido, ironicamente, due volte. La prima perché, Elettra Lamborghini che Alexa mi propone, è peggio di Bugo, la seconda perché odio questi vasetti di gelato. Sono dolcissimi e piccoli ed io, in questo momento, ho voglia di coccole al cioccolato, possibilmente fondente e soprattutto una confezione gigante di gelato così che mi si congeli il cervello in modo da non pensare più a nulla. Prendo il cucchiaino dal cassetto della cucina e l'affondo prendendone un po'. Lo metto in bocca lo riscaldo tra la lingua e il palato e lo mando giù. Sarà anche dolcissimo, però, è fottutamente buono. Mi riavvicino al divano, mi siedo incrociando le gambe e, nonostante i primi caldi di marzo, mi copro col plaid a tinte scozzesi. Il "nostro" plaid che sa ancora di te. Sento ancora il tuo stramaledetto profumo che mi pervade il cervello e mi penetra fino in fondo. Quante volte ci siamo accoccolati qui sotto mentre vedavamo un film e, prima della fine dello stesso, sempre la solita storia. Fine del film no, far l'amore si. Tu dentro di me e io dentro la tua testa. Ecco. Meglio prendere un'altra cucchiaiata di gelato e cercare di non pensare alle arrabbiature di questi ultimi tre mesi. Di quando tu mi passavi vicino e di quanto sembrassi trasparente ai tuoi occhi. Nelle ultime settimane ero così arrabbiata che ti avrei tradita con chiunque. Anche con Andrea, il tuo migliore amico, anche se non l'ho mai sopportato. Chissà quante volte ti avrà coperto per andare da quella. Sospiro. Mi passo i capelli dietro l'orecchio e riaccendo la TV. Ho voglia di vedere uno di quei film melensi, strappalacrime. Perché noi donne quando stiamo male facciamo di tutto per stare ancora più male? Deve essere colpa del nostro DNA oppure, Dio, dopo la cacciata dall'Eden, ci ha riservato anche questa prerogativa. Se rinasco, voglio essere un uomo. Meno pensieri, meno responsabilità e, soprattutto, loro, il cuore riescono a gettarlo oltre l'ostacolo. Noi, invece, lo teniamo sempre con noi. Lo accudiamo e lo coccoliamo come un tenero gattino appena nato. Loro invece pensano solo con quello che si trovano in mezzo alle gambe. Sono senza spina dorsale. Io sarei capace di esserlo? Altro cucchiaino di cioccolato e, dopo aver collegato il mio smartphone alla televisione apro l'applicazione Netflix. Scorro le commedie romantiche. Ce ne sarebbero da guardare... Vediamo. "Notting Hill" no. Visto troppe volte e non fa piangere. "La verità è che non gli piaci abbastanza" potrebbe andare se non fosse che è troppo scontato ed io non ho un Alex che mi aiuti a capire quanto siano stronzi gli uomini. Ecco "L'amore non va in vacanza" è il film giusto visto che il mio cuore non va in ferie da ben cinque lunghissimi anni. E poi diciamola tutta... Quanto è sexy Jude Law? Quegli occhi cerulei che ti penetrano. Mamma mia. Jude è veramente tanta roba. Blocco Alexa che mi stava proponendo una canzone di Fedez ed, un attimo prima di schiacciare il tasto play di Netflix, vedo il simbolo delle notifiche di Instagram. Apro l'app e vedo che ci sono tanti messaggi direct. Prima di aprirli, però, seguo il consiglio della mia amica Valentina. Apro l'applicazione SpyIG e vado sul profilo di Samboy89, il profilo di Samuele. Vedo le sue storie in perfetto anonimato così non vede che lo sto stalkerando. La rabbia mi pervade fin dentro le narici appena lo vedo sorridere sottobraccio con quella zoccola. Marisol99. Zoccola proprio. Pure il suo profilo. Con le foto in costume e col culo di fuori. Cosa ha più di me? Forse dieci anni di meno aiutano. Certo se una persona aprisse il mio profilo vedrebbe solo citazioni di Coelho e Allende. Oppure qualche frase d'amore di Baricco e Caramagna. Certo i miei quasi quattrocento followers non sono nulla contro i diciottomila di "M a r i s o l 89" tutto culo e tette. Certo, se rimanessi lucida, lei è bella ma, una foto col culo in bella mostra e sotto la didascalia "Noi donne, oltre i glutei c'è di più" cosa vuol scatenare? Gli ormoni di qualche mortodifiga solamente. Samuele non lo è mai stato. Perché è stato attratto da lei? Perché sta con lei e non con me? Io non ho le sue forme, o più precisamente, le mie forme sono diverse dalle sue e non in meglio... Raffaellaconsoli89. Anche il mio nome utente è anonimo. Forse è per questo che mi ha lasciata. Sono anonima e passo inosservata. Chiamata in arrivo. Numero sconosciuto. Chi è che mi chiama alle undici e mezzo di sera? "La signora Raffaella Consoli?" "Si. Chi parla?" "Buonasera sono Enea di Eni gas e luce e ho da proporle una super offerta gas per Lei che è già cliente del nostro ramo elettricità" Scoppio a piangere a dirotto e premo il tasto per chiudere la chiamata e lascio cadere il telefono accanto a me sul divano. Avrei voluto che fosse stato lui, Samuele. Che mi chiamasse da un nuovo numero. Che mi dicesse di avere sbagliato tutto e che solo io posso essere la donna della sua vita. L'avrei perdonato e accettato nuovamente. Allungo le mani sul tavolino di fronte al divano per prendere i fazzoletti. Asciugo le lacrime e mi soffio il naso. Mi volto verso lo specchio alla mia destra e il mio volto mi fa quasi paura. Sono struccata, gli occhi rossi di pianto ed, i miei favolosi capelli ricci color vermiglio, mi fanno sembrare Medusa invece che Julia Roberts. Ecco forse avrei dovuto scegliere "Pretty Woman" come film. E vorrei anche io il mio Richard Gere che mi viene a prendere e portare via. Il telefono trilla nuovamente. Altro numero sconosciuto. Se è di nuovo pubblicità questa volta li insulto. "Pronto?" "Raffaella?" "Si. Sono io. Chi sei?" "Scusami se ti sto chiamando. Di solito non faccio mai queste cose a lavoro ma l'ho sentita piangere e mi sono preoccupato per te. Tutto a posto?" Era di nuovo il ragazzo di prima. Mi asciugo nuovamente occhi e naso e lo rincuoro anche se la voce è singhiozzante. "Si grazie. Tutto a posto. Sei stato gentile a richiamare" "Scusami se te lo chiedo. Ma tu sei Raffaella Consorti di Rho e andavi al liceo scientifico Majorana in via Ratti? Sezione C?" "Si sono io perché?" "Sono Enea Raimondi. Non ti ricordi di me vero? Tu eri la più bella della classe e io ero il più brutto e secchione..." "Enea. Quanto tempo. Come stai?" "Tutto bene o quasi. Senti devo tornare a lavoro. Posso chiamarti in settimana e ci andiamo a prendere un caffè in Galleria?" "Va bene. È stato un piacere risentirti. Ciao." Chiudo la comunicazione e un piccolo sorriso fa capolino dallo specchio. Enea Raimondi. Primo banco a sinistra. Lo prendevamo tutti in giro perché stava sempre a testa china a studiare. Enea Lowhead Raimondi. Che stronzi che eravamo a scuola a prenderlo in giro. Mi trilla il telefonino. Notifica IG. "Lowhead93 ha chiesto di seguirti" Ha tenuto quel soprannome come nick. Ironico. Confermo il segui e faccio altrettanto. Entro nel suo profilo. Ci sono citazioni di Marquez, Coelho e tanti altri. Anche scritti suoi. E delle sue foto. È diventato anche carino Enea. Scorro i suoi post a ritroso. E questa? "Rossi vermigli capricci, mossi da gentil vento come fronde di salici piangenti. Abbracciami con le tue foglie ondeggianti, cullami d'amor perduto sicché il cuor tuo batta meco" Clicco sul cuore facendolo diventare rosso. E in un battibaleno un uno mi appare sull'aeroplanino in alto a destra. Apro i direct. È Enea. "Grazie Rossa Vermiglio. Ti va di prenderci quel caffè domani alle 15 da Camparino in Galleria?" "Si, certo che mi va." https://www.instagram.com/p/CMt4VDYLWj2iTMitOdrhqWPXsfWok1kTgRdfeY0/?igshid=1frdbwnvw7x21
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epicduke · 4 years
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STORIA DI UN INCUBO
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Ormai avere lo SPID è diventato indispensabile, quindi ho deciso di ottenerlo tramite Poste Italiane. 
Purtroppo.
Questa è la storia di un’incredibile odissea.
Dunque: poiché odio recarmi fisicamente presso uno sportello, dopo essermi informato un po’ scarico sul mio iPhone l’app POSTEID che dovrebbe consentirmi di fare la richiesta comodamente da casa. Infatti, è così. Per fortuna dispongo di un passaporto recente, dotato di chip/banda o quel che è, e avvio la procedura. Inserisco i dati, fotografo il passaporto, poi mi faccio un selfie col passaporto sotto il mento (giuro, bisogna farlo), poi fotografo la tessera sanitaria fronte e retro, infine registro un video dove declamo chi sono e certifico di volere il famigerato SPID. 
Fin qui tutto OK.
Poi debbo passare l’iPhone sopra il passaporto affinché il sensore legga i dati contenuti nel chip/banda magnetica o quel che è. La cosa non funziona subito, ma dopo cinque / sei tentativi ci riesco.
Fin qui tutto OK, più o meno.
Poi debbo compilare un modulo dove ci sono tutti i dati già acquisiti con le foto e con la banda magnetica del passaporto o quel che è. Mi domando perché debba reinserire tutto a mano, ma pazienza, lo faccio. E qui arriva il bello, anzi il brutto.
Il modulo non accetta assolutamente la data di rilascio del passaporto, non si capisce perché. Eppure è scritta correttamente. A fianco del campo in cui va inserita compare anche l’icona di un calendario, ma facendoci tap sopra (ricordo che sto usando un iPhone) non appare, come uno si aspetterebbe, il calendario per scegliere gg/mm/aaaa, che quindi ho inserito a mano, gg/mm/aaaa. Eppure non va bene. Impossibile capire perché. Semplicemente, NON FUNZIONA (1a parte).
Per fortuna c’è la possibilità di proseguire tramite un pc: viene fornito un link a una pagina web e una password temporanea. Perciò passo dall’iPhone al mio pc desktop con 64 giga di ram e monitor 49″ (sono uno che fa le cose in grande).
Sul pc funziona. 
Dopo un paio di giorni mi arriva un’email dove le Poste mi riferiscono che è andato tutto bene e che ho il mio SPID.
Prendo l’iPhone, apro l’app POSTEID e cerco di entrare con le mie credenziali.
Messaggio: “Avviso. Si è verificato un errore.”
Provo e riprovo un sacco di volte, senza successo. Eppure l’userid e la pw sono esatte, ne sono sicuro. Attivo la procedura per il recupero dei dati. Mi arriva un’email, clicco sul link, digito una nuova password. Messaggio: nuova password impostata con successo. Torno all’app POSTEID, digito la nuova password.
“Avviso. Si è verificato un errore.” Oppure, raramente: “Credenziali errate”.
Insomma, NON FUNZIONA (2a parte). Sono veramente irritato (eufemismo). Vado perciò all’app store e rilascio una recensione molto negativa, dicendo che l’app NON FUNZIONA . Nel farlo mi avvedo che sono in molti ad avere lo stesso identico problema. Insomma, l’app POSTEID fa schifo, letteralmente.
Il giorno dopo aver immesso la mia recensione fortemente negativa, mi arriva un’email da Apple: lo sviluppatore mi invita a contattarlo sul suo sito per avere ragguagli.
Bene.
Lo sviluppatore è, naturalmente, Poste Italiane. Ho in mano l’iPhone e mi accingo a descrivere cosa non va nell’app. Compilo un modulo apposito. E’ domenica, i servizi telefonici non funzionano, e poi io odio parlare al telefono.
Scrivo tutto per benino, individuo i semafori in una serie di foto per certificare che non sono un “robot”, e faccio tap sul bottone “invia Messaggio”.
Il messaggio NON PARTE. Provo ancora: stavolta al posto dei semafori ci sono le strisce pedonali, ma il risultato è lo stesso.
NON FUNZIONA (3a parte). Scorrendo in su nella pagina web scopro un messaggio dove mi si dice che il dato è errato, ma scrutando i datti immessi non vedo nessun errore, anzi ci sono segni di spunta verdi a fianco di ogni campo ad indicare che tutto è stato compilato correttamente. Dove sia l’errore, non è dato saperlo.
A questo punto credo di aver capito: niente di Poste Italiane funziona, se stai usando un iPhone o almeno un iPhone aggiornato all’ultima versione di IOS. Perciò accendo il mio potente pc desktop 49″ 64 giga di ram cpu amd 3900x e finalmente il messaggio parte.
Vediamo se succederà qualcosa; altrimenti dovrò andare ad uno sportello postale per cercare di riuscire, finalmente, nel 2020 quasi 2021, ad usare il mio SPID.
Maledizione a quando ho deciso di richiederlo tramite Poste Italiane. 
NON FUNZIONA (the end).
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gcorvetti · 4 years
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Lo sapevo, me lo sentivo
Qualche post fa avevo scritto del pianista professionista con cui stavo suonando e che avevo come l’impressione che lui non volesse suonare o comunque non fare sto concerto. Oggi ho avuto la conferma, la data è prevista per il 28, Venerdì prossimo, e oggi dopo le prove la ragazza del pianista, un’inglesina snob, mi ha esposto il loro programma, cioè, che vogliono andare in italia per la prossima settimana e che comunque è brutto tempo e probabilmente il concerto non si farà, quindi tanto vale andare in vacanza che il pianista ne ha tanto bisogno. Ora, levando il fatto che a me non me ne fotte un cazzo se vuoi andare in vacanza, perché prima c’è l’impegno preso con me e con l’organizzatore dell’evento, poi, se vuoi veramente rovinare la vita a quel poveraccio senza palle fallo pure ma non intromettere altre persone. Si, sono incazzato, perché a oggi ho una settimana per prepararmi da solo per un concerto, e domani mando a fanculo il pianista. Vaffanculo i professionisti.
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weirdesplinder · 4 years
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Romanzi rosa contemporanei con eroine imperfette
Salve a tutti, eccomi con un nuovo post dedicato a una nuova lista di libri che mi è stata richiesta. E’ facile trovare romanzi rosa dove l’eroe maschile ha dei gravi difetti fisici come degli arti amputati o cicatrici di guerra, o traumi psicologici, o soffre di malattie croniche, oppure altri tipi di handicap, mentre è molto più difficile trovare dei libri rosa dove sia l’eroina femminile ad avere queste caratteristiche e nonostante questo riesca a trovare l’amore… Ancora più difficile se cerchiamo dei libri rosa contemporanei, non storici e in italiano. Credetemi in questo caso diventa quasi impossibile. Mi chiedo perché sia così? Questa sorta di maschilismo letterario in questo tipo di trame esiste perché rispecchia la realtà, e quindi un maschilismo reale che lo scrittore si limita a dipingere? Oppure è un preconcetto presente nella mente dello scrittore di romanzi rosa? E’ più facile che una donna accetti questo tipo di problemi/difetti in un uomo, che non un uomo in una donna, veramente o è solo un’idea sbagliata che oggigiorno sarebbe meglio sfatare? Vorrei sentire le vostre opinioni in merito.
Non nascondo poi come mi abbia rattristato vedere che invece in lingua inglese sia più facile trovare romanzi rosa con questo tema, che i problemi siano del personaggio femminile e non maschile resta raro, ma non come da noi. Tenete conto che io sto parlando in ambito romanzi rosa contemporanei, non storici, e non romanzi di altro genere, se allarghiamo il cerchio è possibile trovare più romanzi che parlino di disabilità, ma restano pochi, è un tema più trattato da libri autobiografici, o comunque non fiction, che fiction. Eppure ho accettato la sfida e ho trovato alcuni titoli che corrispondono alla richiesta: ’libri rosa contemporanei con eroina con problemi fisici o mentali’, sono pochini purtroppo, se voi ne conoscete altri elencateli pure nei commenti.
Iniziamo con dei libri recenti:
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La matematica dell'amore di Helen Hoang
Stella Lane pensa che la matematica sia l'unica legge che regoli l'universo. Nel suo lavoro si serve di algoritmi per prevedere gli acquisti dei clienti, e questo le ha assicurato più denaro del necessario ma l'ha privata di un minimo di esperienza con gli uomini. Non aiuta il fatto che Stella sia affetta da Asperger e che i baci alla francese le ricordino uno squalo che si fa pulire i denti da un pesce pilota. La soluzione per i suoi problemi è una sola: fare molta pratica, con un bravo professionista. Ecco perché assume un gigolò, Michael Phan, un vero esperto nel settore, che accetta di guidarla in un articolato programma di lezioni: dai preliminari alle posizioni più ardite. In poco tempo Stella non solo impara ad apprezzare i suoi baci, ma anche tutte le altre cose che Michael le fa provare, e la loro “insensata” collaborazione inizia ad assumere uno strano senso, tanto da insinuare in lei il sospetto che l'amore sia la logica da seguire…
Irresistibile di Rachel Gibson
A causa di un'infanzia infelice Georgeanne Howard (soffre di dislessia) ha cercato la protezione di un marito ricco, molto più vecchio di lei. Ma al momento delle nozze si rende conto di non poter sposare un uomo che non ama. Così lo abbandona all'altare e per fuggire chiede l'aiuto di uno degli invitati, John Kowalsky, superstar dell'hockey. E troppo tardi questi si accorge di aver dato un passaggio proprio alla promessa sposa del proprietario della sua squadra. Ora vuole liberarsene, ma non prima di aver sfogato l'improvvisa passione che li sta travolgendo. Sette anni più tardi, John incontra di nuovo Georgeanne a una cena di beneficienza, scoprendo che da quella lontana notte è nata una figlia. Determinato a divenire parte della loro vita, dovrà però affrontare il boss e mettere a rischio la propria carriera…
Butterfly Tattoo di Deidre Knight
Rebecca, un’ex celebrità rimasta ferita in seguito all’attacco di un fan pazzo, si è ritirata dalle scene, certa che nessuno potrà mai guardare oltre il suo aspetto sfigurato. La scintilla tra lei e Michael giunge inattesa, così come il legame quasi mistico con la figlia. Per la prima volta, tutti e tre si trovano costretti a esaminare le loro cicatrici alla luce dell’amore. Ma fidarsi è difficile, soprattutto quando non sei sicuro a cosa credere quando ti guardi allo specchio. Alle cicatrici? O alla verità?
9 novembre di Coleen Hoover
È il 9 novembre quando, durante un pranzo con il padre, Fallon incontra Ben per la prima volta. È un giorno speciale per lei, non solo perché sta per trasferirsi da Los Angeles a New York, ma anche perché ricorre l’anniversario dell’evento che ha segnato per sempre la sua vita, il terribile incendio che le ha lasciato cicatrici su gran parte del corpo, impedendole di continuare la sua carriera da attrice.
Passiamo poi ad alcuni titoli più vecchi e di difficile reperibilità, li potete trovare solo nell’usato:
La canzone delle stelle di Sandra Canfield
La sedicenne AmyAnn è diventata improvvisamente sorda a causa di un incidente. Arrabbiata ed impaurita ha bisogno di aiuto per imparare come affrontare quel nuovo mondo silenzioso e in suo soccorso arriva Claire Rushing insegnate e artista. Sorda dalla nascita Claire intende mostrare ad Amy che può fare tutto nonostante la sua sordità, eccetto forse riuscire ad avere una relazione seria con un uomo non sordo. Infatti Claire è rimasta scottata in amore e non intende cadere di nuovo per l’uomo sbagliato, come Nash Prather…
Altalena di cuori di Sally Mandel L’amore… un sentimento profondo ed esclusivo che fa battere forte forte il cuore, un sentimento negato a Sheila, il cui cuore, troppo fragile a causa di un difetto congenito, viene messo a rischio anche dalla minima emozione. Ma quando Fred entra improvvisamente nella sua vita, fino a quel momento solitaria e triste, anche per Sheila si apre la porta della felicità… ma a quale prezzo?
Dietro al cancello di Alison Fraser Per la prima volta in vita sua, Adam Carmichael è innamorato. Fuggito a Hollywood, dove conduce una vita dissoluta con l’amante di turno, è ossessionato da Serena, il ricordo di lei lo tormenta, e ben presto si arrende all’evidenza di questo sentimento nuovo ed esaltante. Lui, il celebre scrittore, cinico e libertino, è caduto nella trappola di quegli occhi di giada. Occhi perduti nel sogno, occhi che guardano ai confini della realtà cercando i fantasmi di un passato che sarebbe meglio dimenticare. Serena, chiusa nel suo mondo di silenzio e d’ombre, è prigioniera di un segreto angoscioso e Adam sa che solo lui, con il suo amore, può aiutarla a uscire da quella gabbia…
Figli di un Dio minore di Mark Medoff (questa in realtà è una sceneggiatura, non un romanzo, ma è stata pubblicata anche come libro) ll dramma racconta la complicata storia d'amore tra James Leeds, un carismatico insegnante in una scuola per non udenti, e Sarah Norman, una ragazza sorda molto intelligente che lavora come bidella nella scuola.
La luce nella piazza di Elizabeth Spencer Margaret Johnson è in vacanza a Firenze con la figlia Clara, che si innamora di un giovane del luogo, Fabrizio Naccarelli. Margaret lascia che la figlia frequenti il fiorentino, ma quando si rende conto della serietà dei sentimenti dei due giovani la donna si pente di aver lasciato che le cose andassero così avanti. Infatti, pur avendo ventisette anni, Clara è ritardata mentalmente a causa di un violento colpo al capo subito da bambina. Margaret porta via la figlia da Firenze per cercare di farle dimenticare Fabrizio, ma nessuna delle due riesce a godersi Roma, dato che Clara si strugge per la nostalgia e la madre si rende conto che la frequentazione con Fabrizio ha fatto maturare la figlia che forse può vivere una vita più piena di quella che aveva creduto possibile. Resta solo un problema. Deve dire la verità a Fabrizio e alla sua famiglia che credono Clara solo un poco troppo ingenua… oppure tacere per la felicità della figlia?
Alcuni titoli fantasy:
Signore dell'abisso (Royal House of Shadows Vol. 4) Di Nalini Singh Per salvarli da un oscuro stregone che li vuole morti, il re e la regina di Elden nascondono i quattro figli negli angoli più remoti del regno. Solo un segnatempo magico collega gli eredi alla Casa Reale, e ora il tempo per riconquistare ciò che è loro per diritto di nascita sta per scadere… Micah non ricorda il suo passato,il regno di Elden e i suoi fratelli. Conosce solo il suo presente e L'Abisso che custodisce dove finiscono le anime dei dannati. Ma Liliana sa chi è Micah poichè è figlia del suo nemico, lo stregone Oscuro che ora siede sul trono. Invaghita di Micah farà di tutto per fargli ricordare il suo passato e per aiutarlo a riconquistare il Regno prima che sia troppo tardi. Pur scrivendo in fondo una favola fantasy e pur riprendendo il super usato tema di La bella e la bestia, Nalini ha avuto l'intelligenza di variarlo facendo in modo che il ruolo della Bella fosse di un personaggio brutto e bistrattato da anni di abusi. E il ruolo della Bestia è invece interpretato da un uomo bellissimo, ma coperto da una maledizione che si manifesta fisicamente in un'armatura nera. Ha così rinnovato la storia pur mantenendone il fascino senza tempo, e arrivando a mescolarla con le eterne fiabe di Cenerentola e il brutto anatroccolo, creando così un mix a cui nessuna donna può resistere.
La ragazza della torre (Quadrilogia di Bitterbynde Vol.1) di Cecilia Dart-Thornton Trama: In un mondo in cui creature misteriose infestano la terra degli uomini e vagare da soli nella notte vuol dire andare incontro a morte certa, gli umili servi che vivono nella Torre di Isse, al servizio dei Cavalieri della Tempesta, non riescono a credere ai propri occhi quando una giovane, muta e dal volto sfigurato, si presenta sporca e affamata alla loro porta. Senza alcun ricordo della sua vita passata, e senza neanche conoscere il suo nome, dopo anni di umiliazioni la ragazza decide di fuggire e di cercare l'unica persona che può guarirla e restituirle così una vita. Romanzo d'esordio dell'autrice, è anche il primo della trilogia “The Bitterbynde”.
E infine chiudiamo la lista con libri di autrici italiane:
Ritorna di Martina Tognon Quando Sarah ha chiuso il rapporto con Robert a causa della malattia che l’aveva colpita ha fatto una scelta generosa o egoista? Difficile giudicare. Ogni decisione per quanto ponderata causa sempre conseguenze inaspettate, il tempo cambia le persone e le circostanze e quando dopo dieci anni i due si incontrano di nuovo sapranno superare il passato che li divide?  
Non cercavo qualcuno da amare di Amabile Giusti Aron ha trentadue anni, ed è un ricco avvocato di New York. Durante una causa pro bono si vede costretto a rappresentare Jane in giudizio, e non può fare a meno di notarla. Jane è così diversa dalle donne che di solito frequenta, così delicata e misteriosa, così poco propensa a cadergli fra le braccia, da esserne incuriosito suo malgrado. Il coraggio di Jane, la sua sensibilità, la sua sensualità inconsapevole lo spingono a voler scoprire cosa nasconde.
E ora  alcuni titoli non disponibili in italiano.. Sarebbero potuti essere molti di più, perchè la scelta era ampia, vi ho proposto titoli letti da me che mi sono piaciuti e di autrici che amano e scrivono spesso questo tipo di trame. Se avete altri suggerimenti scriveteli pure nei commenti.
The Australian di Lesley Young
Charlie Sykes non è come le altre persone, estremamente intelligente ed estremamente incapace di una vita sociale normale, non ha mai avuto una diagnosi di autismo e ha sempre considerato la sua diversità come un punto di forza che le permetteva di non essere intralciata dagli strani comportamenti della gente cosiddetta normale. Ma ora, dopo aver dedicato tanti anni a prendersi cura della madre, ha deciso che è il momento di cercare di capire gli altri e di integrarsi almeno un poco con loro se vuole trovare un compagno con cui condividere la vita. Così si trasferisce in una nuova città dove nessuno la conosce, e trova lavoro come segretaria di un importante uomo d’affari che rimane sconvolto dalla sua schiettezza.
Night Into Day  di Sara Canfield
Quando gli occhi della celebrità dello sport Patrick O'Casey incontrarono quelli di Alex Farrell su un'affollata pista da ballo di New Orleans, entrambi sentono il desiderio di correre. Lui vuole scappare via con lei, mentre lei vuole scappare da lui… solo che non può perché Alex soffre di una grave forma di artrite. Non può correre è vero, ma ha imparato a convivere con la sua malattia, e ha aperto un'agenzia di viaggi per portatori di handicap, è completamente autosufficiente, ma dopo aver conosciuto Patrick questo non le basta più. Vorrebbe accettare il suo amore ma è convinta che lui meriti una donna perfetta non certo lei perciò Patrick dovrà convincerla che lei è “perfettamente imperfetta”.
Phantom Waltz by Catherine Anderson
Ryan Kendrick non poteva non innamorarsi di Bethany Coulter. Dolce, divertente, passionale, matura eppure ingenua e amante dei cavalli quanto lui. Lei è perfetta se non fosse per un insignificante particolare. Un incidente l’ha confinata su una sedia a rotelle e lei ha giurato a sè stessa che non avrebbe più aperto il suo cuore ad un uomo dopo le delusioni che ha già vissuto a causa del suo handicap. Sarà dura per Ryan convincerla che insieme possono superare ogni ostacolo.
My Sunshine by Catherine Anderson
Cinque anni fa, la vita di Laura Townsend è stata quasi distrutta quando un trauma cranico ha compromesso la sua capacità di parlare e l'ha costretta ad abbandonare una brillante carriera. Nonostante le sue difficoltà, non ha mai perso il suo spirito vivace o il suo carattere solare. Ora ha un nuovo fantastico lavoro in una clinica per animali e un nuovo capo affascinante che le riempie il cuore di desiderio. Ma il veterinario Isaiah Coulter merita una donna integra, non ciò che ne resta, o almeno questo è ciò che pensa Laura. Lui ha delle idee molto diverse.
Blue Skies by Catherine Anderson
Carly Adams si sente come se le fosse stata data una nuova vita. Nata con una rara malattia agli occhi, era cieca fino a quando una recente operazione non le ha ripristinato la vista. Ora è ansiosa di sperimentare tutto ciò che il mondo ha da offrire, comprese le dolci chiacchiere di un bel cowboy. Ma non è preparata per le conseguenze, soprattutto quando una notte di passione bruciante si traduce in una gravidanza che minaccia la sua vista e tutti i suoi sogni per il futuro.
Out of the Blue Di Sally Mandel
Una volta un'atleta appassionata, Anna Bolles ha visto la sua vita cambiare radicalmente dopo una diagnosi di sclerosi multipla cinque anni fa. Ora riempie le sue giornate con la vivacità della vita a New York City, insegnando in una scuola privata, ma chiudendo la porta a ogni possibile storia d'amore. Fino a quando Joe Malone non entra nella sua vita. Uomo d'affari, pilota e fotografo amatoriale, Joe ha tutto, tranne la felicità. Vede molto di più in Anna della sua diagnosi e vuole accompagnarla in un viaggio di scoperta, se glielo permetterà.
Flirting with Fame by Samantha Joyce
Elise Jameson è l'autrice segreta dietro la serie cult di Viking Moon. Ma quando una sconosciuta inizia a farsi passare per lei, la diciannovenne, dolorosamente timida e sorda, inizia a rendersi conto di tutte le possibilità che si sta lasciando scappare. Può davvero nascondersi nell'ombra per sempre? E soprattutto vuole davvero farlo?
Love is blind di Annabelle Costa
Da quando un incidente d'infanzia l'ha lasciata con gravi deformità facciali, Sophie Pasternak si è sentita ripetere il suggerimento incredibilmente offensivo: Perché non esci con un ragazzo cieco?  Da parte di amici e ficcanaso. Dopo tutto, chi altro se non un cieco potrebbe amare qualcuno che assomiglia a lei? Ma mentre trascorre gli anni in solitudine lavorando in biblioteca e vivendo indirettamente attraverso i romanzi nei suoi autori preferiti, Sophie inizia a chiedersi se non ci sia in fondo qualcosa di vero in quel consiglio sprezzante.Poi incontra Colin Kelly, un veterano che ha perso la vista in combattimento. Colin è l'uomo più sexy che Sophie abbia mai incontrato ed è anche l'unico uomo che condivide la sua profonda passione per la lettura, motivo per cui chiede l'aiuto di Sophie per imparare il braille. Sophie si ritrova ad innamorarsi perdutamente di Colin … e sospetta che lui provi la stessa cosa. L'unico problema?Colin Kelly non ha idea del suo aspetto e lei è terrorizzata che lui scopra la verità.
Not If I See You First by Eric Lindstrom
Parker Grant non ha bisogno della visione a raggi x per vedere attraverso di te. Ecco perché ha creato le regole: non trattarla in modo diverso solo perché è cieca e non approfittarne mai. Non ci saranno seconde opportunità. Basta chiedere a Scott Kilpatrick, il ragazzo che le ha spezzato il cuore.Quando Scott riappare improvvisamente nella sua vita dopo essere stato via per anni, Parker sa che c'è solo un modo per reagire: evitarlo. Ha già abbastanza per la testa, come provare per la squadra di atletica (è vero, i suoi occhi non funzionano ma le sue gambe funzionano ancora), dare consigli ai suoi compagni di classe dolorosamente ingenui e darsi stelle d'oro per ogni giorno in cui non ha pianto dalla morte di suo padre, tre mesi prima. Ma evitare il suo passato si rivela impossibile. E più Parker scopre nuove cose sul passato di Scott, più inizia a capire che le cose non sono sempre come sembrano e che forse, solo forse, alcune Regole dovrebbero essere infrante.
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ftwfreedom2020 · 4 years
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Opinioni (molto) impopolari
NOTA BENE per chi legge:
Se hai una mentalità chiusa, non accetti altre opinioni e/o pensi di iniziare a sbroccare, commentare in modo volgare e/o insultare e quant’altro, puoi benissimo ignorare il post e andare a leggere o guardare altro. Anche perché mi sembra inutile sprecare “fiato virtuale”, dal momento che tu non la penserai mai come me, e io non la penserò mai come te. Non trovi?
Ognuno di noi ha paura di qualcosa. Io ho paura della gente, se “paura” è il termine giusto.
In questi mesi, sono restata a casa, come tutti gli altri. Le differenze? Tutti lo facevano per rispettare le norme, lamentandosi di non poter uscire; io mi ero già “auto-esiliata”, ben prima di questo caos che, ad avviso mio e di altri, è in gran parte una farsa. Sì, ci sarà qualcosa di vero, ma è talmente esasperato, che mi chiedo: se arrivasse davvero qualcosa di peggiore? Se stesse per finire il mondo, staremmo tutti con il cellulare alla mano, per scattare l’ultima foto o fare l’ultimo video? Staremmo ore e ora davanti alla TV, guardando scemenze o guardando il telegiornale, consumandoci psicologicamente fino all’ultimo?
Io vedo tanta ipocrisia. Fino a quando non c’era questa cosidetta emergenza, il primo che incontravi per strada, o il primo a cui commentavi sui social, era pronto a sparare merda su di te o su chiunque. Adesso no, magicamente siamo tutti solidali... Che strano.
Eppure nessuno vede. Il 99% dell’umanità preferisce conformarsi, unirsi al gregge. Tutti parlano, nessuno agisce. E chi vuole agire, non può, perché non viene né ascoltato né preso in considerazione. Un solo uomo non può cambiare il mondo.
Ma epidemia a parte, sto parlando in generale.
Tutti che si lamentano per un motivo o per l’altro. Non c’è lavoro, o non si viene pagati bene. Non si riesce a sopravvivere. Come faccio a lavorare con i figli piccoli? Che governo..., la criminalità, le banche, la sanità. Chi più ne ha, più ne metta.
Quando qualcuno decide di fare qualcosa, ci riesce, ma a metà. Non si va avanti, non si porta avanti, ci si ammutolisce. Perché? “Perché NON voglio metterci la faccia”, “Perché non voglio altri casini”, “Perché perdo il lavoro”, “Perché questo e quest’altro”.
Così finisce in nulla, nessun cambiamento, nessuna rivoluzione. Stessa vita, stessi problemi, stesse lamentele.
Forse stiamo ancora troppo bene, per andare fino in fondo?
Ma quando staremo troppo male, potrebbe essere già molto peggio di ora...
Ma dove sono finite le rivoluzioni che hanno fatto la storia? I popoli che si univano, organizzavano rivolte, pacifiche o meno, e poi ottenevano risultati, arrivando ai loro obiettivi?
I problemi dell’umanità, ad oggi, sono l’ignoranza, la mente chiusa più di un bunker, fanatismo religioso (sì, c’è ancora, purtroppo), credenza assoluta in ciò che si vede e si sente (politica, notizie, ecc). Società puntata all’omologazione (in tutti i campi).
Manca proprio il pensiero. Il pensare con la propria testa. Ma i “cattolici”, hanno letto bene tutta la Bibbia? Sanno che è un libro storico? Non mettete nulla in discussione? Informatevi bene, poi ne riparliamo. Senza contare le atrocità commesse dalla Chiesa, senza contare che i soldi del Vaticano risolverebbero i problemi di mezzo mondo, a dir poco... E voi cosa fate? Gli date le offerte?! Ok, allora perché vi lamentate di non avere soldi? Fatevi delle domande.
Io non pretendo di sapere cosa c’è o chi c’è dopo la morte, né sono atea. Ho le mie idee, che non sono certo le favole che racconta la Chiesa per mantenere buono il gregge.
La gente guarda la TV e si beve tutto allegramente, come fosse oro colato.
Si è amici per modo di dire, non più veramente.
Si fuma (sigarette o altro), perché “fa figo”, perché “anche gli altri lo fanno”. Questa forse è l’unica trappola in cui sono caduta, in momenti meno lucidi di questo. E maledico il giorno in cui ho iniziato, ti porta via soldi che potresti impiegare per qualcos’altro, che magari vorresti, ma non puoi averlo.
E “vivere” senza stipendio è ancora peggio.
Se non ti conformi con nessuna ideologia, sei un pazzo o sei un povero deficiente. Non puoi avere idee tue. O meglio, le puoi avere, ma per vivere in mezzo agli altri, devi tenertele per te, sperando all’infinito di venire a conoscenza di qualcuno che la pensa come te, o simile.
Lo stesso discorso vale sia per le “amicizie” che per la famiglia.
Famiglia che ti educa in un certo modo - certo, c’è anche chi educa (magari involontariamente, non lo so) a una vita criminale.
Devi essere così, gentile, pacato e tutte le altre caratteristiche zuccherose. Non devi arrabbiarti. Non devi insultare. Devi studiare. “Devi” avere un/una fidanzato/a (implicito). Devi sposarti, o quantomeno convivere con lui/lei.
Ah, attenzione. Non puoi essere gay, né lesbica, né bisex, né trans, né quel cavolo che vuoi essere. Vuoi esserlo lo stesso? Ok, io non ti riconosco più. Non ti parlo più, non sei mio/a figlio/a. Questo nel “migliore” dei casi...
Per fortuna, non ho subito violenze né dai genitori né da altri, per questo tipo di vita. Ma comunque, non ho ancora potuto esprimermi sui miei reali interessi. Ancora non so cosa sono, “grazie” ai genitori.
Mio padre diceva “Se avessi un figlio gay, non lo riconoscerei, non ci parlerei più.”. Nel mentre, ero una adolescente che stava segretamente con una ragazza.
Ho avuto problemi psicologici, abbastanza gravi. E sono durati anni. Tuttora penso che non si siano risolti del tutto.
Mi sentivo in “dovere” di essere “normale”, di essere “etero”.
Mi sentivo in dovere di apparire carina e curata, con i capelli almeno abbastanza lunghi e lo smalto ecc, ecc...
Poi mi sono detta “no”, una prima volta. Forse sono bisex?, mi sono detta.
Dai discorsi che facevo con mia madre, mi sembrava chiaro che fosse di mentalità aperta. Ma cosa è successo, quando ho detto a lei e al suo nuovo compagno, che ero bisessuale?
Caos. Le loro risposte sono state sconcertanti. “No, non è possibile!” “O ti piace una o ti piace uno.” “Cosa vuol dire, che vai con tutti?!”
Ogni tentativo di far capire che non ero una puttana, è stato vano.
Ho rinunciato, tornando a fare l’etero. E collezionando delusioni e fallimenti.
Già da bambina, o adolescente, ricordo... Avrei voluto avere un corpo maschile. “Ovviamente”, non l’ho mai confidato a nessuno, fino ad ora. Per fortuna, qualche medico intelligente ti ascolta meglio che i genitori o altre persone...
Per farla breve, non ho mai capito da che parte ero, forse a causa dei miei.
Continuamente giudicata per i miei gusti, o comportamenti, o idee ed opinioni.
Probabilmente, col senno di poi, non avrei dovuto confidare nulla a loro. Forse avrei trovato la strada da me. Ma purtroppo, non è andata così.
E mi ritrovo a respingere qualsiasi tipo di contatto, sia con i miei, sia con altre persone.
Mi chiedo:
“Perché la gente fa figli? Per fargli vivere una vita che loro non hanno avuto? Per non essere soli quando saranno troppo vecchi?”
Ti “educano” in modo che tu sia conforme al resto del mondo. Non importa se giusto o sbagliato.
Forse, per un po’, ti sembrerà che loro ti facciano solo del bene.
Ma non è così. La dura verità è che nessuno fa “solo del bene”.
Perché vuoi un figlio? Per “addomesticarlo” come vuoi tu? Per vestirlo come vuoi tu? Per veder realizzate cose che tu non sei stato in grado di realizzare? Solo perché hai l’ormone della maternità?
Per poi lamentarti del suo carattere, idee, atteggiamento e un milione di altre cose.
La libertà non viene insegnata. Da nessuna parte. Non troverai questo insegnamento. La libertà ce l’hai “nel sangue” o non ce l’hai.
O sei una pecora o sei un lupo.
Se sei una pecora, è più probabile che tu trovi altre pecore.
Se sei un lupo, è molto meno probabile che trovi i tuoi simili.
E mi chiedo:
“Perché la gente va a convivere?”
Quando ci sono altissime probabilità che prima o poi si litiga, con più o meno frequenza, che ci si urla dietro, che non ci si sopporta, che ci si rompono le scatole anche solo in due sotto un tetto...
Non è vero che nessun uomo è un’isola. E’ la solita retorica della società.
Tutti siamo isole, e ciasciuno di noi decide che altra isola visitare.
Molti pensano che essere soli sia brutto, sia triste, o da sfigati.
Io no. La maggior parte delle volte in cui ero completamente sola... lì ero in pace.
Stare con gente che non apprezzi, che non ti apprezza (in segreto o meno), con cui esci solo per non stare solo, per andare in giro con qualcuno, per divertirti... ma non c’è una vera amicizia, non c’è un vero legame, una vera comprensione... Questo è da sfigati. Sei ugualmente da solo anche se sei in compagnia, solo che ti sembra che non è così. Siete voi i veri perdenti.
E lo dico a nome di tutti/e che sono come me, soli. Che magari si sentono meno degli altri per questo.
Non è vero, non credeteci. La società vuole essere un gruppo. Basta dare un’occhiata ai centri commerciali, o in spiaggia a luglio-agosto.
La gente cerca apposta altra gente, mette il suo cazzo di asciugamano vicino al tuo, così, perché le va di sentire chiacchiere, di vedere qualcuno. Potresti anche non essere tu, però. Chiunque va bene, basta che si siano altre persone e chiacchiarare di stronzate o origliare e giudicare tutto il tempo.
Sapete cosa? Lasciateli parlare. Lasciategli credere che siano migliori di voi. Ma sappiate che loro sono i perdenti, il cosidetto gregge che dicevo poco fa. E voi siete eroi, contro un mondo che ormai accetta solo l’omologazione, ovvero le pecore.
E non piangete per questi dementi. Né per qualcuno che vi ha abbandonato. Odiatelo, detestatelo. Ma non fatevi del male a causa di questo cretino. Amico/a, fidanzato/a, bulletto/a di turno, o chiunque altro.
Volete piangere per qualcosa che ne valga davvero la pena?
Piangete la morte di un animale, uno vostro, uno di altri, uno randagio, uno maltrattato o massacrato.
Gli animali sono i veri umani. Loro sono, e basta. Non fanno le cose per secondi fini. Non uccidono per motivazioni psicologiche e/o passionali, uccidono per mangiare o difendersi.
Piangete pure anche per le piante, se volete. Pure quelle sono migliori di noi “umani”.
Gli umani hanno creato la società, i soldi, il potere. Tutto ciò che c’è di maligno. Poche buone cose sono state fatte e da poche persone meritevoli del nome “umano”.
Purtroppo, la vita umana è più lunga di quella di un animale. Sarebbe bello, a volte, se fosse il contrario. - Una di 29 anni
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autolesionistra · 7 years
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Caro diario, parleremo quindi del mio terzo colloquio di lavoro. Un (brutto) romanzo formativo condensato in un arco temporale di 12 ore.
Per contestualizzare, dopo aver mollato l'università al primo anno e aver cannato violentemente i primi due colloqui, ero riuscito da poco anche a farmi dire "ti chiamiamo poi noi se abbiamo bisogno" da un locale dove avevo fatto il lavapiatti per un giorno. E parliamo di fine anni '90, quando se starnutivi per sbaglio per strada arrivava uno a farti un contratto formazione lavoro come starnutitore. La mia autostima professionale aveva detto "vado a comprare le sigarette" e non era più tornata. Ma sto divagando.
Ero in contatto con uno di quei centri che facevano da tramite fra il glorioso mondo delle Piccole e Medie Imprese e i giovini disadattati, e mi misero in contatto con un'altra ditta. Dopo qualche giorno mi chiamò un'amministrativa chiedendomi se sarebbe stato un problema fare il colloquio alle novemmezza di sera perché il titolare aveva “giornate molto piene”. All'epoca avevo una certa idiosincrasia per le cose normali e fare il colloquio di sera mi parve se non altro poco normale quindi dissi che ok, nessun problema.
In realtà il problema c'era: avevo proposto ad una mia amica fraterna (sorerna?) di fare una gitarella dopo il colloquio e portarla a fare una visita a sorpresa al suo tipino che studiava architettura a Firenze. Sarebbe slittato tutto in notturna, ma lei disse che andava bene lo stesso. Questa cosa poi giocò un ruolo mica da niente, ma ci arriviamo.
Arrivò il giorno fatidico, pigliai in prestito il pandino di mia mamma (non quei canchéri gonfi che girano adesso, parliamo di una gloriosa panda 30S) e puntai fuori Granarolo verso la sede della ditta, calcolando mentalmente quanto sarebbe stato una palla farmela in scooter da Bologna se mai m'avessero assunto (risposta: tanto). Una volta lì mi si parcheggiò di fianco una station wagon con dentro un tizio coi baffoni e uno sbarbo circa della mia età. Sentii chiedere al ragazzetto con voce sfatta se poteva andare a casa e il baffone concedere che "ok, ci vediamo domattina".
Poi i baffoni puntarono verso di me "E' lei Autolesionistяa? Venga, venga." Nel caso ancora non l'avessi capito se ne uscì con un "Vede, qui si lavora, eh"; buttai un occhio allo sbarbo che stava barcollando verso la sua macchina "Vedo, vedo."
Mi portò al primo piano in una saletta dove c'era l'amministrativa con cui avevo parlato. Dopo un po' di spieghe su cosa facevano lì, iniziarono a farmi un po' di domande. Oh, fu anche un colloquio piacevole. Erano più interessati a quanto e come avessi smanazzato con i pc che ai titoli (anche perché ne avevo pochini), il fatto che non avessi ancora fatto il militare non era un problema (non così comune all'epoca, dove buona parte degli annunci chiedeva militesente o militassolto). Arrivò poi il tipico pippione da titolare di piccola impresa che ha difficoltà ha cogliere le differenze di ruolo fra comparto e dirigenza sul fatto che ci voleva impegno, disponibilità e dedizione, ma da disoccupato il tema di dover ringraziare per aver qualcuno che ti offre un lavoro fa una certa presa. Finì a sorrisi e pacche sulle spalle, si sbilanciarono pure a dirmi che avevano altri due candidati ma non avevano fatto una buona impressione, che si prendevano comunque un paio di giorni ma ci saremo sentiti presto per i dettagli.
Uscii gasato come una lattina di radler caduta giù dalle scale, montai sul pandino, passai a prendere la mia amica e partimmo per Firenze. Arrivammo dal suo tipino poco prima delle due o giù di lì. Lui era ancora sveglio che preparava un modellino di un palazzo per un esame che avrebbe avuto qualche giorno dopo. Oh, in quel periodo lì avrò incrociato quell'uomo una dozzina di occasioni e tutte le cazzo di volte era sempre dietro a costruire modellini di edifici "per un esame", mai visto con un libro aperto. Mi fece venir voglia di fare architettura, o di controllare se in realtà non si fosse iscritto ad una scuola materna con i controcazzi.
Poco dopo le quattro decidemmo di togliere le tende, ma a quell'ora cosa fai, torni a Bologna? Un rapido summit lucido come solo alle 4 di mattina ci fece optare per andare in qualche spiaggia a vedere l'alba. No, non eravamo così rincoglioniti da pretendere di voler vedere l'alba sul Tirreno, ma decidemmo che aspettare l'alba era una di quelle cose che richiedeva una spiaggia. Imboccai la gloriosa FI-PI-LI e finimmo dalle parti di Cecina. Attendemmo l'alba per pure questioni di freddo poi appena il sole iniziò a fare il suo mestiere di sole ci addormentammo durissimo.
Mi risvegliai a metà mattina che l'amica dormiva ancora. Il mix di colloquio e gitarella mi aveva un po' mosso. Il mare non aiutava. Fosse stato brutto e lurido, ma no, era tutto bello, sole, spiaggia e tutto quanto. Ed era la mattina di un giorno feriale. Di quelle che avrei passato d'ora in poi a lavorare per il tricheco baffone dodici ore al dì, e a chiedergli se potevo andare a casa alle nove di sera. Manco era detto che mi avrebbero preso, ma volevo veramente quella roba lì? C’erano alternative?
Entrò in gioco anche un clamoroso errore organizzativo dei miei. In quel periodo avevano comprato uno di quei cellulari ETACS usati, una bestia grande quanto una mia scarpa (e porto il 47) e sapendo che sarei andato a zonzo quella notte me lo avevano forzosamente lasciato. Era rimasto (credo spento) nel mio zaino fino a quel momento. Uno dice, le coincidenze. Probabilmente non avrei mandato a culo tutto se non avessi fatto proprio quel giro quel giorno lì. Probabilmente non avrei neanche mandato a culo tutto se avessi dovuto cercare una cabina o aspettare di avere un telefono fisso a portata. E invece.
Tirai fuori il cellulare e chiamai il numero dell'amministrativa lì dalla spiaggia "Salve sono Autolesionistяa, ci siamo visti ieri sera" "Buongiorno... come le avevamo detto abbiamo bisogno ancora di un po' di tempo però..." "No, guardi, chiamo così non ci perdete altro tempo dietro, volevo dire che non sono interessato al lavoro... non credo di avere quelle doti di impegno e dedizione che diceva il titolare." La telefonata poi si chiuse inevitabilmente in modo un po' brusco e freddino e rimasi lì a guardare il mare con un telefono colossale in mano e il vago sospetto di aver fatto una minchiata di dimensioni analoghe.
Dopo un po' si svegliò anche l'amica. Tornando passammo da piazza dei miracoli a Pisa perché "Andiamo a vedere la torre di Pisa? E' praticamente in strada" ma avevo la testa altrove.
I critici sono divisi sulla vicenda: sul momento mi raccontai che l'avevo fatto per una sorta di fiducia incondizionata in un futuro migliore. Col senno di poi, la dura realtà è che molto semplicemente ero nelle condizioni di potermelo permettere. Anche se raccontarlo ai miei balzò di prepotenza nella top ten dei Momenti Più Spiacevoli di Sempre con i Propri Genitori™, nessuno mi cacciò di casa, non avevo mutui/bollette degne di nota da pagare o qualcuno da mantenere e il fatto di poter tenere la mia vita professionale nel freezer fino alla chiamata per fare l'obiettore temo che abbia molto più a che fare con un privilegio che con la libertà. Però la cosa in qualche modo mi segnò, e aver fatto qualcosa di intenzionale in campo lavorativo, anche se di fatto fu buttare nel cesso un’occasione mi fece sentire un po’ più al volante e un po’ meno sul sedile del passeggero.
disclaimer: quanto sopra ha valenza di personale amarcord senza velleità di analisi del mondo del lavoro dell’epoca o attuale, tema di ben altro respiro per il quale lo scrivente si trova tutto sommato d’accordo con il delicato post “avete rotto il cazzo”
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