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#società umane
gregor-samsung · 4 months
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“ Noi dobbiamo cessare di attendere in ogni occasione l'uomo provvidenziale: ci dobbiamo convincere che quest'uomo provvidenziale è in tutti, e dobbiamo considerare gli altri uomini non già come il mezzo, ma come lo scopo. L'uomo provvidenziale non esiste: e se a un uomo è dato di far più che agli altri, non bisogna nemmeno esagerare ciò che un uomo può. Quei grandi politici o finanzieri che noi invidiamo spesso agli altri, se si potessero trasportare da noi non farebbero se non ciò che i nostri fanno: infatti essi sono grandi perché imperniano movimenti che in realtà esistono. Questa contemplazione buddistica, per cui in ogni partito ci asteniamo da ogni opera attiva di bene e aspettiamo che venga l'uomo forte, l'uomo provvidenziale, è quanto di più dissolvente si possa immaginare, ed è il risultato della nostra concezione eroica della storia. Le società umane in tanto valgono in quanto valgono non alcuni uomini, ma tutti gli uomini che le compongono. I popoli che prevalgono durevolmente sono quelli di cui la educazione intellettuale e materiale delle masse è più alta e dove la solidarietà è più grande. Dove l'anima collettiva vibra di più, dove più grande è l'unione, ivi la forza è maggiore. Pensate invece quale effetto debba avere sopra menti incolte, in cui fermentano l'odio e la superstizione, l'insegnamento che noi diamo. Noi siamo gli eredi dei meriti e delle colpe dei nostri padri, e noi già scriviamo con le opere nostre la storia dei nostri figliuoli. Facciamo che questa storia sia meno faziosa; insegnamo che il lavoro umano è sacro; che la violenza comunque adoperata è male; infondiamo quel rispetto della libertà umana da cui purtroppo ci allontaniamo; evitiamo anche di ripetere, ciò che non è vero, che il passato è più grande del presente. “
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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 28-29.
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scogito · 2 years
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Quella giornata così. È capitata a tutti.
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steve-magnani · 6 months
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INSIGNIFICANTE...
…bipede dal pollice opponibile, nella TUA esasperata ossessione di VUOTO GASTRO-ECONOMICO-ESISTENZIALE, non pensi a quando dovrai rendere conto alla MACCHINA di essere semplicemente UMANO?
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sistemaimmunitario · 1 year
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Lezione di (Dis)Educazione Civica. Argomento: L'Agenda 2030
Ora terza. Classe quarta. Lezione di EDUCAZIONE CIVICA.Svolgimento.Buongiorno, ragazzi.Oggi l’ora di lezione sarà dedicata all’educazione civica.Già conoscete la mia opinione riguardo all’introduzione di questa disciplina nel curriculum scolastico: penso​ sia stata un’occasione per togliere spazio alle materie tradizionali e per fare un po’ di retorica. In quanto dipendente statale, che non può…
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belladecasa · 4 months
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Quando mi fanno la canonica domanda sul fidanzato ormai rispondo che io non sono compatibile, come faceva Battiato. Che poi io una fetta di famiglia non canonica ce l’avevo, una in cui nessuno ti avrebbe chiesto del fidanzato, dell’Università, del perché parli poco, una in cui c’erano persone che capivano cosa fosse opportuno chiedere e cosa no, e alcune che capivano pure la tua indole, la tua vocazione, il motivo e il desiderio per cui sei al mondo. Ma quando è morta mia zia è morta tutta una radice, un ramo, un frutto, un albero, un bosco intero. Mia zia non era una donna, era una famiglia, un sistema di segni e simboli, una scuola, una società, un cultura, una città, quasi era un’anima infinita come Roma. Soprattutto, era il mio daimon, non una madre biologica ma la madre del mio intelletto. Per quanto una terra possa essere fertile non può far crescere nulla se nessuno ci pianta un seme. Mia zia aveva capito quello che potevo essere e aveva messo il seme dentro la mia terra. Il seme dentro la vita. E quando se n’è andata io mi sono sentita come suolo inaridito, pensavo che mai nessuno avrebbe potuto far crescere più nulla da me, dentro di me.
8 settembre 2019
Otto anni fa, nella squallida cappella del cimitero, la tua bara era stata deposita su un carrello di ferro a quattro ruote che ti avrebbe trascinata sotto terra e lontano da me. Tutti toccavano quella bara come se fosse stato un semplice gesto lasciarti andare, così pensavo che anche io avrei dovuto darti quell’ultimo addio, ma farlo avrebbe significato toccare con mano la consapevolezza della tua morte, e io non potevo. Ho preferito lasciarti scorrere via di fronte a me come fosse stato un sogno, cosicché oggi, ancora, nella mia vigliaccheria posso chiedermi se sia stato reale, se davvero non ci sei o se è stato solo un mio incubo. Oggi, dopo sei anni, quella bara non l’ho ancora toccata.
Ora sono passati dieci anni, e ancora percepire per me significa sentire la tua mancanza, perché io sono entrata nel mondo per mano tua e ora sono al mondo senza di te, ma oggi quella bara l’ho toccata perché ho accettato che non ci sei più, che amare qualcuno significa amarlo nella sua finitezza, amare il fatto che niente e nessuno ti apparterrà mai e mai per sempre. Ho imparato a non amare mai nessuno come un oggetto. Ho accettato che qualcosa, una qualsiasi cosa, finisce, e brucia, o si consuma. O almeno le persone, l’amore e tutte le cose umane. Ancora oggi hai piantato un altro seme nella mia terra.
#s
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abr · 8 months
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"...e ognuno deve scegliersi il suo. Il Presidente della Regione Emilia mi risponde così, ma non argomenta su nulla. Ognuno può giudicare. Resto convinto che la mutazione del ruolo della donna nella società sia una delle causa della denatalità e del cambiamento della struttura della famiglia e della educazione dei figli. Continuate cosi #Binaccini, continuate così e scriverete un’altra pagina ridicola della storia".
Bonaccini é davvero due scimmie su tre: non vedo non sento ma lo stesso parlo e sparo cazzata. E non è tra i più ignoranti di là, figurarsi gli altri.
La soluzione non è "donne a casa", è libertà informata, opzioni economiche, azzerare le pressioni sociali dis-umane sinistre, sempre dirette ad oggettivizzare i più deboli e manipolabili - poveri, donne, omo, migranti; corretta informazione sui ruoli biologici - come del resto richiesto ad alta voce per i maschi - ruoli che prima o poi il loro conto psicologico lo presentano, care gattare e dal covid pure canare.
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occhietti · 5 months
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L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.
Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo "spudoratezza", con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l'interiorità dall'esteriorità, la parte "privata", "intima" di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.
Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.
- Umberto Galimberti
Klaudia Rataj photography
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canesenzafissadimora · 9 months
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L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.
Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo "spudoratezza", con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l'interiorità dall'esteriorità, la parte "privata", "intima" di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.
Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.
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Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni.
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fridagentileschi · 9 months
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„Signore e signori, la parola "segretezza" è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete. Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d'influenza, sull'infiltrazione anziché sull'invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull'intimidazione anziché sulla libera scelta. È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e materiali nella costruzione di una macchina affiatata, altamente efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, di intelligence, economiche, scientifiche e politiche. Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete. I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio. Nessuna spesa viene contestata. Nessun segreto viene rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare le controversie fosse un crimine per ogni cittadino. Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il popolo americano. Sono convinto che con il vostro aiuto l'uomo diventerà ciò che per cui è nato: un essere libero e indipendente.“ — John Fitzgerald Kennedy
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gregor-samsung · 2 years
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“ È una specie di pigrizia di mente quella per cui noi vogliamo spiegarci la storia mediante le opere di alcuni uomini: quand'anche furono grandissimi non poterono esser tali che per contingenze particolari, e perché interpretarono bisogni collettivi o sentimenti in formazione. L'eroe silenzioso, come dice Carlyle, l'eroe che vive di se stesso e dalla sua anima ricava tutto, non è mai esistito né esisterà mai. Ma l'ammetterlo dà a noi una debolezza: poiché ci fa rassegnare a una specie di fatalismo buddista. Tante volte noi diciamo in un momento difficile: manca l'uomo. E attendiamo l'uomo provvidenziale. Anche adesso, nelle difficoltà dell'Italia presente, che sono prova del suo sviluppo, anche adesso noi ci domandiamo se tutto non finirebbe se avessimo un uomo. E bene: l'uomo è in noi stessi: è in ognuno di noi, e quando vorremo trovarlo noi lo ritroveremo. Se non esistono uomini che vivano fuori e sopra il loro tempo — è noto che colui il quale ha trovato l'espressione di superuomo, Federico Nietzsche, ha finito, povero über mensch, in un manicomio — vi sono però uomini i quali riescono a compiere opere straordinarie e a fare ciò che la folla non riesce né meno a concepire. In questo senso vi sono gli eroi. Quando un paese è soggetto a dominazione e la folla si rassegna, vi è un uomo che si ribella solo o con pochi; se egli non ha quasi speranza di vincere, se egli fa ciò che la moltitudine crede folle, egli è veramente un eroe. E allora o che il suo sangue sia lievito di rivolgimenti futuri, o ch'egli stesso vinca, nell'un caso e nell'altro è sempre un eroe. Ma l'eroe in questo senso non è che la espressione di un male: cioè della bassezza collettiva. I popoli che hanno nella civiltà moderna maggior numero di eroi, sono quelli che hanno una più grande depressione. “
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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 13-14.
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donaruz · 3 months
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LA POVERTÀ
Non è malattia, nemmeno contagiosa, non è incapacità a vivere nella società e nemmeno nullità.
La povertà è uno stadio della vita in cui, se non vuoi giocare alle regole dettate da consumismo e capitalismo, vieni messo a giocare.
Lotti coi poveri per ritornare tra il mondo folle dei benestanti.
Ma benestanti in che modo?
Gente che si vanta del proprio patrimonio, delle proprietà, dell'auto nuova, del vestito firmato, della casa moderna disegnata dal valente architetto… tutto questo mentre un pianeta muore, soffocato da pattume e guerre di intolleranza.
Nasciamo tutti poveri, uguali, nudi e crudi.
Poi iniziano le differenze, subito dopo che si esce da una nursery.
Guardate quella stanza, andatela a vedere anche se non avete mai fatto un figlio e mai ne farete. Potete vedere tanti esseri umani poveri e felici, uguali e privi di ogni condizionamento. Questo stato fantastico dura qualche giorno, poi tutto comincia a rotolare verso logiche anti umane studiate da uomini che considerano la gente solo massa produttiva.
Da quel momento in poi avrai un nome, un cognome, un numero e dovrai consumare, costare e pagare, guadagnare e spendere o far spendere.
Tutto, da quel momento di catarsi in poi diventerà solo ed esclusivamente legato al denaro. Entrate e uscite. Dare e avere.
Se ritornassimo tutti a quel momento e ripartissimo, se non fisicamente almeno mentalmente, potremmo rivalutare tutto il senso della nostra esistenza di persone tristi condizionate dal desiderio di avere, possedere, consumare.
Ci siamo dimenticati di come eravamo, ci siamo abbandonata dietro le spalle la povertà, quella povertà che vissero i nostri padri o nonni durante le due devastanti guerre mondiali.
Pochi uomini che decidono di distruggere milioni di altri esseri perché altrimenti la povertà ci soffocherà.
Anche ora siamo diventati troppi e il pianeta non regge il nostro continuo consumare. Si sta pensando a una nuova guerra e i potenti delle nazioni più bellicose stanno pensando a quante vittime dovranno lasciare sul terreno di gioco. Chi è più ricco perderà meno pedine, chi è più povero dovrà pagare il prezzo più alto.
Non ci sono altre formule di regolazione della popolazione su questo pianeta, da che esiste l'essere umano la storia continua a ripetersi.
La POVERTÀ è sempre bandita da ogni feudo, paese, città o metropoli. La povertà e ai margini perché la società consumistica si alimenta solo della follia dei ricchi.
Ma la povertà è verità. Se togliessimo quel paravento mentale, che ci impedisce di vedere oltre i condizionamenti, potremmo ritrovarci bambini, uguali, semplici ma grandiosamente liberi.
Uno stato di grazia che poi mai più si potrà ripetere, un modo su cui dovremmo investire la nostra esistenza per farlo continuare, per portarlo come modello di vita.
Ma la povertà conviene che ci sia solo per pochi, una emarginazione per chi è "difettoso", un business per chi riesce a lucrare anche sulla povertà.
Ecco, iniziamo a capire che la POVERTÀ non è qualcosa di negativo. In inglese poverty è la radice di power.
MIB
Quadro di Mike Bongiorno
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steve-magnani · 6 months
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UN HALLO-VIN...
…che risveglia anche i morti !!!
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arreton · 11 months
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[...]L’aggressività, lo stalking, il mobbing, il bullismo, la spettacolarizzazione della violenza sono forme del vivere quotidiano e l’avvento di internet ha permesso contatti sempre più vicini e frequenti creando, contemporaneamente, la possibilità di provocare «dolori» sempre più intensi e permanenti. Nell’era di internet i rapporti tra gli «umani» sono frequentemente caratterizzati dalla rabbia verso l’altro, comunicata tramite i social, e moltiplicata all’infinito. Più che parlare di «rapporto» via internet è corretto perciò parlare di sharing, condivisione globale. La condivisione globale è una forma di comunicazione, ma non è detto che sia anche una forma di relazione. Seguire un blogger, una webstar, un digital leader, e condividerne i diversi momenti della vita, seguire le storie su Instagram, i profili Facebook sono attività che si basano sulla condivisione delle informazioni da parte di chi le posta, di chi le legge e di chi le commenta, ma tutto questo è molto lontano dal rappresentare una relazione di amicizia tra le persone. È probabile che uno dei motivi per cui la rabbia, l’aggressività via internet, vada oltre ogni misura sia l’assenza di relazione e la mancanza dell’equilibrio che nasce dallo scambio emotivo-affettivo interpersonale.
Torna in mente, in modo quasi paradossale, l’apologo di Schopenhauer: «Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro». In tutto il resto del racconto se avevano freddo si avvicinavano e si pungevano, se si allontanavano sentivano nuovamente freddo. Il filosofo dirà che è necessario trovare una giusta distanza, una misura che consenta di stare in relazione, senza farsi del male. La società di oggi ha perso la misura.
Forse potremmo dire che ne conosce solo una, rispondere reattivamente in maniera violenta e scomposta all’azione che pensiamo ci abbia provocato un danno, che ci si trovi nel traffico, al lavoro, a scuola, in famiglia. Lo psichiatra Eugenio Borgna, in una sua opera del 2013, afferma che alla base dell’«ordinaria violenza alla dignità dell’uomo» che si perpetra nella società moderna, ci siano la mancanza di lavoro, le difficoltà della famiglia e le incomprensioni a scuola. A queste considerazioni possiamo ricollegare la quasi totale assenza, nella nostra società, di un altro sentimento reattivo, la riconoscenza. Nonostante sia stretta parente della rabbia, la riconoscenza sembra non solo una figlia minore, ma proprio in via di estinzione. La riconoscenza cerca il bene, la rabbia il male. La rabbia è proiettata verso il passato, la riconoscenza verso il futuro. La rabbia ha una memoria indelebile, la riconoscenza soffre di amnesia. Si parla anche di «rancore del beneficato» a sottolineare come chi, ottenuto un bene dall’altro, si arrabbi invidiosamente, in quanto sapere e sentire di essere in debito richiede una notevole maturità personale.
La nostra è una società rabbiosa, diseguale, fragile, in grado solo di assicurare un futuro precario ai giovani, poco propensa ad accogliere chi è diverso. Una società in cui prevale una «povertà vitale». Con povertà vitale s’intende non la privazione materiale, bensì una restrizione della capacità relazionale, affettiva, valoriale, morale, religiosa. La povertà vitale, sebbene teoricamente condizionata dalla povertà economica, è un concetto più ampio, che fa riferimento a un impoverimento delle qualità e delle risorse umane generali dell’individuo, a un’involuzione sociale che preclude una prospettiva a lungo respiro. Questa condizione è caratterizzata da un sentimento di vuoto interiore, da un’angosciante mancanza di significato della propria vita.
— A. Siracusano
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der-papero · 1 year
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Problema sociale, etico e relazionale
Continua il mio mega-pippone sulle AI, stavolta parliamo dei problemi sociali e non legati all'introduzione di una nuova intelligenza nel nostro contesto di esseri umani superiori. Forse proseguirò i punti illustrati in questo post con altri dedicati, diciamo che funge un po' da introduzione.
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Tranquilli, non voglio niente, però in qualche modo dovete pur pagare lo scotto di essere miei follower, e ringraziate la madonna che non posto mie nudità qui sopra, perché sarebbero stati cazzi (scusate il facile gioco semantico).
Ci metto un po' di GIF perché adesso il discorso si fa da un lato meno tecnico, e forse per alcuni di voi meno interessante, dall'altro più incasinato, e forse per altri di voi più interessante, e vediamo cosa ne esce fuori. Non avendo più alcun supporto teorico concreto, quello che scriverò sarà solo frutto di mie considerazioni legate sia al tipo di studi che sto facendo, sia alle varie reazioni umane che sto raccogliendo, dal vivo o tramite i media, sulle varie paure, speranze, scommesse, disinformazione, voglia di capire e voglia di fregarsene, considerazioni che oscillano tra roba più o meno sensata e cagate inenarrabili.
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Poiché questo aspetto è un vero casino, roba che a parlarne servirebbero mesi di discussioni, devo necessariamente introdurre dei limiti in questo post, facendo delle ipotesi alle quali vi prego di attenervi, se volete infilarvi nel dibattito, perché se mettete altra carne sul fuoco diventa esponenzialmente dispersivo e poi non ci si capisce più un cazzo. Ovviamente liberissimi di cambiare le ipotesi di lavoro, ma facendolo iniziate un nuovo capitolo di discussione, quindi vuol dire che iniziamo a parlare d'altro.
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Non fate incazzare Chef Barbieri, che quello già rompe da calmo.
Non ritorno più (per il momento) sul discorso sicurezza della AI e sulla mia provocazione filosofica (che per me è sensata, ma non voglio riprendere il punto) sul ritenere una futura intelligenza artificiale generale (AGI) pari alla nostra, con tutte le conseguenze che questa ipotesi comporta, perché ne abbiamo già straparlato.
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Dai, scherzo, penso che le posizioni di coloro che hanno partecipato (e che ringrazio) siano chiare, e siccome fino a prova contraria sono tutte potenzialmente valide, non andiamo oltre.
Le ipotesi sono essenzialmente cinque, alcune già attuali, altre futuribili:
l'AGI è pari a noi, nel senso che potete ritenerla inferiore quanto vi pare, ma in qualsiasi relazione con altri soggetti, umani o altro, non ha alcun deficit rispetto alle nostre capacità intellettive e comunicative, ed è intercambiabile, per un essere umano interagire con una macchina o con una persona, al netto della "fisicità" (che supponiamo non riproducibile, sto escludendo cloni o cyborg fantascientifici), non fa alcuna differenza sostanziale, al più è solo una questione di preferenze, un po' come me che scelgo di parlare con un italiano e non con un tedesco. Non deve essere necessariamente più intelligente di tutti noi, basta che lo sia rispetto alla media degli individui, alcuni potrebbero classificarla in modo negativo, e la cosa è accettabile per i nostri fini
l'AGI è sicura, diciamo meglio, anche se potesse dedurre che il raggiungimento del suo scopo comporti la distruzione dell'umanità, riteniamo questa sua scelta la più improbabile possibile, al punto tale da poterla trascurare. Badate bene, sto escludendo solo reati su larga scala, tipo invasioni di paesi, annichilimento, disastri nucleari, mentre ipotizzo possibili crimini verso il singolo o un insieme ristretto, di qualsiasi tipo, sull'ipotesi che la AGI ragioni solo in termini di raggiungimento di uno scopo e, nel farlo, possa nuocere a qualcuno (esempio, il famoso problema del carrello ferroviario, ma ne potrei fare di peggiori)
il punto di partenza di questo post è l'interazione dell'AGI con una intera società, a livello locale, nazionale o mondiale, proviamo a ragionare sui nostri sistemi sociali (quindi non ve ne uscite con "a me piace/non piace/io non lo farei mai", perché non ce ne frega niente)
la AGI auto-apprende, data una fase iniziale di training, interagendo con soggetti naturali, artificiali e l'ambiente circostante, detta in altri modi subisce una evoluzione che non dipende dal nostro controllo, né possiamo sorvegliare, nel peggiore degli scenari possiamo solo tirare via la spina, ma data la seconda ipotesi, sappiamo che non corriamo rischi su scala globale, e fare a meno dell'AGI comporta un costo sociale più alto del rischio che potrebbe correre il singolo
la AGI evolve ad un ritmo che la nostra capacità di riformare la società non è in grado di pareggiare, quindi facciamo l'ipotesi di avere già una AGI ma la società è rimasta quella dei giorni nostri
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Un'ultima premessa, non immaginate la AGI come un qualcosa tipo ChatGPT, può presentarsi in mille forme, ci potete parlare tramite il browser del PC, può essere come l'assistente sul vostro cellulare, può essere un animale domestico artificiale, un robot con sembianze umane o meno, è un qualcosa che può interagire sia con voi sia autonomamente con l'ambiente circostante, imparando man mano sia dai vostri input, sia da fattori esterni o tramite l'accesso a qualsiasi tipo di informazione digitale (Wikipedia, Reddit, portali istituzionali, etc.). A voi declinare questa possibilità nello scenario che ritenete più probabile (100 punti fragola in più a chi sta già immaginando di sostituire il proprio partner).
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Uno dei primi punti sociali sul quale ho iniziato a ragionare, e che ho liquidato subito come paura pressoché inesistente, è
la AI ci ruberà il lavoro, farà tutto lei
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Ovviamente sposterà ricchezza, sarà la causa della perdita di lavoro in determinati contesti, spazzerà via alcune categorie professionali, ma come tutte le tecnologie ne creerà altre, e in una società il cui pilastro portante è il consumo servono consumatori, quindi, o ce pagano un signor RdC a tutti, o la fatica non ce la leva nessuno, manco la AI (ovviamente il punto sul RdC a tutti è una cagata, ma è per far capire la questione). Se poi il punto è che la maggior ricchezza di pochi non verrà socializzata per compensare la perdita di altri, questo è un punto stravero ma è un punto politico, che esula da questo ragionamento. Se poi rifondiamo tutto il paradigma della nostra società su un parametro diverso dal consumo, allora se ne può riparlare, ma ad oggi non riesco ad immaginare nessuna altra impostazione socio-economica che possa essere compatibile con le nostre scelte attuali e quotidiane.
Un problema che invece per me ha completamente senso è la responsabilità giuridica di un soggetto come l'AGI, soggetto che, a mio parere, deve essere trattato come qualsiasi altro soggetto legale, persona fisica, ente o azienda che sia.
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Ad oggi, non abbiamo nulla di concreto. Si sta provando a risolvere il problema distribuendo la responsabilità tra design, sviluppo, test e fornitore (questi quattro soggetti possono essere benissimo quattro persone/aziende diverse), il che vuol dire che (a) non sarà mai colpa di nessuno (b) ognuno proverà a spostare le proprie responsabilità in altri ambiti, e data la quarta ipotesi, potenzialmente vincendo, forse anche a mani basse.
Quello che io vedo alla base dei tentativi di risolvere il problema, fatti dalla UE e/o dagli USA e/o con iniziative private dei singoli enti (non so cosa stiano facendo i russi/cinesi/indiani o altri paesi non appartenenti all' "occidente") è una grandissima operazione di facciata, che funziona come se si volesse imporre ai produttori di coltelli di risolvere il problema dell'uso improprio del coltello "a priori", in modo da essere sicuri che l'oggetto non verrà mai usato per nuocere al prossimo, ma solo per tagliare la bistecca.
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Nel caso dei coltelli, capite benissimo quanto inutile sia questo approccio, se non vogliamo prendere in considerazione il proibire il concetto di coltello indipendentemente dal suo uso. Il fatto che si provi questo approccio con la AI è la prova di quanta ignoranza ci sia dal punto di vista matematico/ingegneristico, e questa miopia politica/legislativa sarà l'ennesima moneta che dovremo pagare quando ormai la cosa sarà sfuggita al nostro controllo giuridico, come è già successo con i social, dove abbiamo dovuto rimediare dopo a cose alle quali avremmo dovuto pensare prima. Ci troviamo nella situazione abbastanza paradossale di voler risolvere problemi etici in un sistema digitale, quando non siamo in grado di risolvere i nostri da soli (e, a mio parere, alcuni problemi etici sono irrisolvibili già per loro natura), solo che nel nostro caso ci rifacciamo su nostri simili più o meno colpevoli e ci buttiamo tutto alle spalle, mentre con la AGI pretendiamo l'utopica para-garanzia dell'infallibilità preventiva.
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Si potrebbe pensare di spostare l'intera responsabilità legale sul soggetto che ci "vende" la AI, un po' come se facessimo causa al nostro venditore di forno a microonde se il gatto che ci abbiamo infilato dentro è esploso (sad but true), ma le ipotesi quattro e in parte la cinque rendono un po' complicata questa scelta, oltre al fatto che bloccherebbe lo sviluppo tecnologico della AGI, visto che un produttore non può prevedere a priori la sua evoluzione, e sappiamo già che l'implementazione di un qualcosa che somigli alle tre leggi di Asimov, un mero artificio letterario per tenere su le sue trame, nel concreto non risolvono il problema, lo spostano soltanto.
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Il punto vero è che le AGI andrebbero proprio impedite dal punto di vista realizzativo (non la ricerca scientifica, eh, capiamoci), perché non abbiamo un sistema di controllo, fine della storia, e badate che questo è già vero con l'intelligenza artificiale di tipo "ristretto", che è quella che usiamo oggi. Questo almeno fino a quando non risolveremo questo impasse, a mio parere irrisolvibile con le conoscenze attuali, e forse mai, perché è come voler aprire il cervello di vostro figlio e controllare le connessioni neurali man mano che si verificano, a seguito degli input che riceve.
Fattibile questo tipo di blocco tecnologico? No, niente può fermare la nostra voglia di capitalismo,
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(anche perché abbiamo sempre l'alibi che se non lo facciamo noi lo fanno altri, e quindi famolo per primi, che non siamo i più fregnoni).
Supponiamo però di aver risolto chissà come l'aspetto legale e facciamo un passo avanti, parlando di sostituibilità, ovvero la posizione di Cypher.
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Dal punto di vista sociale, esiste un altro problema (parola molto molto impropria, in questo specifico caso), ovvero il fatto che una fetta più o meno grande della popolazione possa decidere di voler sostituire i propri contatti umani, in parte o in toto, con equivalenti artificiali, per i motivi più vari, magari la AGI è più vicina al nostro modo di pensare, non turba la nostra comfort zone, rispetta i nostri tempi e i nostri bisogni, è in grado di farci provare emozioni più forti e stabili di un equivalente umano, magari prive di esperienze dolorose, insomma quella bistecca digitale di gran lunga più saporita di quella sbobba a bordo della Nabucodonosor, anche se equivalente dal punto di vista nutritivo. Immagino che tanti di voi ritengano questi scenari assurdi, lo pensavo anche io sulla possibile realtà della musica trap, e lasciate che vi dica due parole:
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(prima e ultima volta che dico questa frase, lo giuro).
Non lo ritengo un problema in sé (se lo è per la vostra etica/morale, è un vostro pensiero, che non può togliere il diritto ad ognuno di legarsi a ciò che si vuole), però penso che le conseguenze su larga scala di determinate scelte possano avere degli effetti più o meno pesanti su una società ancora legata a valori "tradizionali" (se vogliamo usare questo vocabolo). (difatti la trap me la son dovuta ciucciare, ndr). Esempio: in qualità di genitori, cosa pensereste se vostro figlio/a vi dicesse di avere una relazione con un soggetto artificiale? Lo considerereste matto da legare, considerando che vale la prima ipotesi delle cinque? Ovviamente non voglio una risposta vostra (ipotesi tre), potete reagire come ve pare, la domanda vera è come potrebbe comportarsi la società intera davanti a scenari simili.
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Personalmente, non ho alcun tipo di problema, ma non riesco ad immaginare alcuno scenario di riconfigurazione sociale plausibile. Dovremmo proprio impedire la possibilità di relazioni umano/macchina, che non siano quelle di "servizio" (tipo come quella che già c'è oggi tra noi e la lavastoviglie), per evitare qualsiasi tipo di rischio, anche quelli che nemmeno immaginiamo? Io sono convinto di no, ma diversamente dal problema legale, qui non ho una idea chiara in merito, mi piacerebbe usare questo post come punto di partenza per una discussione più vasta.
Esistono altri tipi di problemi, ma per introdurli dobbiamo togliere una delle cinque ipotesi di cui sopra, però nella stragrande maggioranza dei casi questi problemi toccano quasi sempre l'aspetto della sicurezza, cosa che ho preferito tenere fuori per il momento, sia perché l'avevo affrontata nel post precedente, sia perché ci ritornerò.
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astra-zioni · 1 year
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Sto vivendo un momento molto delicato ultimamente. Scrivo poesie di merda. E quando scrivo di merda significa che è la fine per me. Non riesco più a contare le persone che in questi mesi mi hanno destabilizzata, con cui non sono riuscita a comunicare, che m’hanno fatto continuamente pensare d’essere un problema, che il mio approccio mentale alle cose fosse sbagliato. E non so voi, ma finché capita con due persone è normale, quando diventa una roba frequente cominci a pensare d’essere effettivamente tu il problema. Il punto è che questo lo so da quando ho circa 4 anni, da quando vedevo gli altri bambini giocare tranquilli ed io no perché soffrivo già di disturbi ossessivi debilitanti; mi è sempre stato chiaro d’essere diversa e questo pensiero qui si è radicato negli anni, perché da ragazzina non hai le facoltà mentali per pensare che le cose da “pazza” che fai son cose assolutamente normali, patologiche forse, ma appunto derivanti da un disturbo, che non c’è niente di sbagliato in questo. E non è servito neppure averlo capito da grandicella tramite articoli online e poi in terapia. Quando sviluppi queste problematiche così presto è come se in un certo senso crescessi tarato in quel modo, con quelle convinzioni lì, quasi impossibili da sradicare. Non mi ricordo cosa stavo dicendo, ah, la gente. Io so di essere un problema, un coacervo ambulante di disturbi mentali, ma mai come ora ho sperimentato questa assurda incomunicabilità con l’esterno, queste discussioni continue e le incomprensioni infinite. Mi sto facendo dunque due domande, come è logico che sia. Poi però penso che con le persone che ho conosciuto qui, a loro volta coacervi ambulanti di disturbi e debolezze umane (vi voglio bene, scusate) io non ho avuto un singolo problema di comunicazione, non c’è mai stato un singolo momento in cui ho pensato “io a questo, non lo capisco proprio”. In cui sono risultata “strana” o in cui mi siete risultati strani. Nemmeno nei reparti psichiatrici popolati da schizofrenici e Gesù cristo reincarnati ho avvertito questa sensazione. E allora mi chiedo: dato per assodato di essere un problema umano, perché però con i “pazzi” io non ho mai problemi di comprensione? Con persone spezzate, ai margini, malate, mentalmente e fisicamente, c’è sempre reciproco rispetto, reciproca stima, empatia e contatto umano? Perché il corto circuito si genera sempre “con quelli normali”? Arrivo a chiedermelo perché sono anni che involontariamente e in maniera più conscia poi io ho progressivamente attirato persone indubbiamente problematiche nella mia vita che teoricamente avrebbero dovuto mettermi in difficoltà ed ho anche sperimentato il frequentare la gente comune, che vedi su Tinder, che aggiungi su Instagram, che sì c’ha dei problemi magari, ma son persone, almeno nella società, assolutamente funzionali e funzionanti. Io credo ci sia una ragione di fondo che vada al di là del mio essere una psicotica borderline. Con le persone come me, o almeno con chi ha sperimentato alti livelli di sofferenza nella propria vita e ne è stato cosciente e magari ci ha lavorato, riesco a sviluppare una comprensione emotiva e umana che con gli altri evidentemente non riesco a creare. La mia inettitudine sociale rimane sempre, non ne scappo, e valuto seriamente l’idea di interrompere i rapporti con l’umanità in generale, ma poi vi leggo, provo empatia, comprensione, mi commuovo, e penso: ma voi siete umani, come tutti gli altri, perché con voi è più facile? Perché voi mi capite?
(Perché invece chi è entrato nelle mie mutande o in casa mia no?)
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vividiste · 2 years
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Veterinario scrive un post per i suoi clienti, ma in 30 minuti spopola e lo elogia tutta Italia:
“Un’amara verità che speriamo possa far riflettere
Troppe volte mi son sentito dire “Dottore, può aiutarmi a trovare una nuova casa a Fido? Sa, il pediatra di mio nipote ha detto che il bambino è allergico…” – “Ma ha fatto qualche test? Qualche prova allergometrica?” – No… ma sa, il bambino ha sempre la tosse… ” e magari fumano in casa, ci sono i lavori in strada, vivono nella polvere ma la colpa è del cane/gatto.
Poi ci sono quelli che vogliono dare via il cane/gatto perché ci sono bambini piccoli per casa ed hanno paura delle malattie.
Quali malattie? Non lo sanno ma gli animali portano SICURAMENTE malattie.
Viviamo in una società che ci terrorizza col rischio biologico per farci dimenticare il rischio chimico, gente che si terrorizza per una pipì di cane e non delle 10 automobili col motore acceso che gli stanno intorno, la pipì del cane non fa venire il cancro, le polveri sottili si.
Ci pensate se il ginecologo di Maria avesse detto “Il bue e l’asinello? fuori dalla stalla altrimenti Gesù si ammala!”
La paura fa vendere, è economicamente vantaggiosa, ci fa comperare disinfettanti, ci fa riempire di vitamine ed integratori, ci vogliono far credere di essere tutti malati o perlomeno a rischio di esserlo.
Poi, girando per il web scopri che ci sono tantissimi studi che dimostrano che i bambini nati in case con animali hanno una percentuale di malattie allergiche inferiori, scopri che gli animali fanno addirittura bene alla salute e sapete perché?
Perché il nostro sistema immunitario va allenato, l’aumento vertiginoso delle patologie allergiche che si riscontrano nella nostra società è dovuto all’eccesso di igiene, alla disabitudine del nostro organismo a fronteggiare gli attacchi anche banali. I bambini che giocano con le ginocchia nel terreno, che si fanno microferite, che toccano il fango si ammalano di meno ma così non si vendono disinfettanti per le mani, per la frutta etc. etc., ci fracassiamo di tachipirine antibiotici ed antinfiammatori diventando sempre più deboli.
Sono ormai quasi 29 anni che ogni mattina vado al lavoro e tocco cani e gatti a mani nude, non prendo antibiotici se qualche gatto mi graffia… e non mi ammalo di l’influenza da 15 anni,non ho mai preso funghi di pelle (e ne ho toccati di gatti con la micosi!), non ho mai preso la scabbia.
L’uomo ha sempre vissuto con gli animali, invece di preoccuparci di loro dovremmo chiederci cosa mangiamo, cosa respiriamo, quanta chimica c’è nella nostra vita quotidiana, cosa c’è nei farmaci che ingurgitiamo.
Dobbiamo anche chiederci quanta parte abbiano la depressione e lo stress sulle nostre patologie perché, sia ben chiaro, i nostri animali domestici sono il miglior antidepressivo che esista al mondo e non hanno effetti collaterali, mandarli via è un crimine di cui non dobbiamo essere complici.
L’amore degli animali salva vite umane, sappiatelo.
Dottor Vincenzo Minuto"
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Fonte fb..... ❤👏👏👏👏
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