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#loro saranno sempre giovani dentro
machiavellli · 1 month
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How I look in public while listening to Ma non tutta la vita by my grandparents
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luigifurone · 1 month
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31. (Stati di transitoria follia)
servono 500 grammi di farina due uova 250 grammi di zucchero 200 cl di latte un pizzico di sale poi a seconda dei gusti un bicchierino di liquore tipo alchermes non ci si può sbagliare neanche sui tempi l’impasto prende di tempo quello che basta non c’è bisogno – è chiaro? – non c’è bisogno di lievitazione poi mettere nel forno a 180° per 45 minuti ed è fatta si può consumare subito ma anche fredda il giorno dopo a fette nel latte per la colazione va benissimo lo stesso non bisogna preoccuparsi delle briciole è uno spreco trascurabile
mi cammini addosso mi cammini addosso sento la morbida pianta dei tuoi piedi che s’appoggia sul mio petto e poi cede sulle braccia e poi si spinge a stuzzicarmi il bastone mi stai stuzzicando molto dentro mentre lo fai fuori mi sei molto dentro mentre lo sei fuori e brandelli di pace si sollevano assieme a brandelli di parole che si svuotano nel respiro che si fa pesante e rumoroso graffia come un vento che graffia sui muri come
adesso parleranno di politica saranno le prime notizie poi seguirà qualcosa di molto economico l’informazione deve essere come la scuola dare un pochino ad ognuno tenere presente la vecchiezza farle passare la via i giovani appassiti con qualche voluttà di cultura ed intenti incoraggianti agganci deve tenere presente tutti anche quelli cui non gliene frega un cazzo e infatti a loro non dice niente così in ogni caso non si trattengono e poi alla fine una bella notizia di cronaca divertente per il vomito per impedirlo un attimo prima che esca
le parole si depositano una sull’altra non sono più parole sono la tua pelle odore le mani che ti scivolano addosso la pelle offre una leggera resistenza così è meglio meglio così così le senti di più che ti sfregano addosso che sono vere che non sono di carta ma di nervi e ghiandole e quella voglia quella voglia che continua a vivere che continua a riaversi e diventa cantilena e diventa il suono cui la testa obbedisce non sapendo che altro fare
programmare per domani è facile sempre che non arrivi la morte ma anche quella è in conto dunque il lavoro i pranzi sul divano almeno dieci minuti forzare poi il fisico al pomeriggio una lettura anche c’è il romanzo quello con la copertina blu riprendere da pag 155 e poi che altro? ah sì lavarsi telefonare per quella storia imbrogliata dell’alloggio e poi le giornate si sono allungate sembra di avere più tempo persino troppo tempo bisognerà trovare qualcos’altro da fare prima che arrivi il sonno e un’ora decente per andare a dormire, perlomeno non come i polli 
un prisma i momenti le ore le facce colorate ci sei spesso tu una immagine dopo l’altra come maglie nell’armadio che scorrono maglia blu maglia grigia tu maglia maglia tu ancora tu tu forse dimmi hai qualcosa forse che giace lì nel tuo ventre? sei una donna giace lì dentro al tuo ventre ma anche dietro ai tuoi occhi ma anche nelle tue ossa ed ecco che perdo il conto e mi confondo ma ci sono le cose che conosco col loro svolgimento trasparente e mono sapore ben scandito e pieno di scatolette e poi invece ci sei tu che passi estranea e arrivi e gestisci la cosa come uno stato di transitoria follia e balliamo il sipario sontuoso carico quasi crepita di pienezza e tu mi sei attaccata e di ciò io vibro e vivo m’abbandono m’abbandono a te e alla tua irrinunciabile di sconcerto nutriente danza tu per la miseria tu
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lamilanomagazine · 5 months
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Verona: all'AGSM Forum il giuramento degli allievi del 223° corso di formazione agenti della polizia di stato.
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Verona: all'AGSM Forum il giuramento degli allievi del 223° corso di formazione agenti della polizia di stato. Saranno 201 i giovani e le giovani agenti che giureranno, venerdì 15 dicembre a partire dalle 10.15 all'Agsm Forum - Palazzetto dello Sport, al termine del 223° Corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato. Una grande festa a cui tutta la cittadinanza è invitata a partecipare, realizzata anche grazie alla stretta collaborazione intercorsa fra il Comune di Verona e la Polizia di Stato. Nella mattinata, in video collegamento, interverranno anche il Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica sicurezza Vittorio Pisani e del Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Nel corso della cerimonia saranno premiati i primi tre classificati del corso e anche coloro che si sono distinti nelle materie di guida, difesa personale, tiro e tecniche operative. L'appuntamento è stato presentato questa mattina, per la prima volta, a Palazzo Barbieri, ed è stato introdotto dall'assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi e dal Questore di Verona Roberto Massucci insieme al direttore della Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato di Peschiera del Garda Gianpaolo Trevisi. "E' un evento speciale che l'Amministrazione oltre a supportare ha scelto di presentare per la prima volta in Comune, nella 'Casa' di tutti i veronesi – ha dichiarato l'assessora Stefania Zivelonghi –. Un'opportunità che non solo mi emoziona per l'importanza dell'appuntamento ma anche per il valore che lo stesso rappresenta frutto di un'unione d'intenti e di una sinergia fra istituzioni che sempre dovrebbe esistere per operare al meglio per la città. L'Amministrazione considera il benessere dei cittadini, e dunque anche la sicurezza una priorità, ma soprattutto tiene ad una sicurezza interpretata con dedizione e cura, e questo si riscontra nei tanti uomini e donne di Stato impegnati ogni giorno in tutto il Paese". "Le ragazze e i ragazzi provenienti dal Veneto – ha evidenziato Gianpaolo Trevisi –, ma anche da altre parti del nostro Paese, giureranno fedeltà alla Repubblica, davanti ad autorità civili e militari, davanti agli studenti di alcuni istituti scolastici, davanti ai familiari delle nostre vittime e davanti soprattutto ai loro tantissimi familiari. I giovanissimi agenti in prova, alcuni sono del 2003 e del 2004, arrivano al loro giuramento dopo 6 mesi di corso intensi e impegnativi, durante i quali, grazie alle lezioni di teoria e di pratica e grazie agli incontri del fondamentale 'Percorso valoriale' hanno appreso cosa significhi il 'servizio' in Polizia, che tutto è tranne che un semplice lavoro. Alle cerimonia è invitata anche tutta la cittadinanza che avrà il desiderio di vivere un momento particolare ed emozionante. Grazie alla disponibilità dell'Amministrazione comunale di Verona che si è resa disponibile a supportare la Polizia di Stato nell'organizzazione dell'evento". "Non ringrazierò, perché i compagni di squadra condividono ogni momento, anche e soprattutto quelli belli come questo – ha precisato il Questore Roberto Massucci –.Quando i nostri 201 poliziotti, ragazzi e ragazze, grideranno lo giuro lo faranno portandosi dentro l'eccellenza di una formazione che fa del valore di essere appartamenti alla Polizia di Stato la loro motivazione di domani, perché da sabato cominceranno a prestare servizio nei vari reparti su tutto il territorio nazionale, e li dovranno mettersi in pratica migliorandosi e facendosi crescere ogni giorno quell'amore per le istituzioni nato qui a Verona". PROGRAMMA CERIMONIA - ore 10.10 - ingresso dello schieramento dei 201 agenti in prova. - ore 10.30 - inizio Cerimonia Giuramento – In diretta Facebook sulla pagina della Questura di Verona. A seguire: discorso del Direttore della Scuola, Primo Dirigente della Polizia di Stato Gianpaolo Trevisi; formula del giuramento; lettura della preghiera alla Patria da parte dell'agente in prova Roberta Coppini - vice capocorso; premiazione dei primi 3 classificati Scuola Allievi Agenti; premiazione agenti in prova distintisi nelle materie pratiche (Tiro, Scuola Guida, Tecniche Operative, Difesa Personale); saluto del capo corso. - ore 11.25 - videomessaggio in diretta Ministro dell'Interno Prefetto Matteo Piantedosi e del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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personal-reporter · 8 months
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Festival della Mente 2023 a Sarzana
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Manca poco la XX edizione del Festival della Mente di Sarzana, fra i più importanti del genere in Italia, che unisce letteratura, attualità, scienza, arte e musica e che  quest’anno si svolgerà nella cittadina delle due fortezze dall’1 al 3 settembre. Il Festival della Mente è il primo festival europeo dedicato alla creatività e alla nascita delle idee, grazie alla partecipazione e condivisione dei momenti da parte di scrittori, artisti, storici, filosofi e scienziati, promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana, e diretto da Benedetta Marietti.  Ai 30 eventi in programma, si affiancheranno 26 appuntamenti per giovani e giovanissimi curati da Francesca Gianfranchi, intorno a scienza, tecnologia, arte, scrittura e disegno. In piazza ci saranno  come sempre anche molti volontari,  oltre 250 studenti e studentesse delle scuole superiori e universitari che con la loro carica di energia ed entusiasmo trasformano il festival in una festa diffusa e partecipata. Apre il Festival la lezione di Massimiliano Valerii, filosofo e scrittore, direttore generale del Censis, con la lectio magistralis Il processo di Galileo Galilei: la meraviglia e il disincanto e, dal mondo dell’infanzia a quello dell’età grande con Il tempo dello stupore, si terrà un dialogo tra la filosofa Gabriella Caramore e l’immunologa Antonella Viola, interrogate dall’autrice radiofonica Rosa Polacco. Ma tornerà anche la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi, reporter di guerra e, per alimentare il dibattito continuo sull’informazione l’ospite sarà il vicedirettore de Il Post, Francesco Costa. Poi ci saranno Guido Tonelli, Ersilia Vaudo, Sabrina Speich, Paolo Giordano, Elena Stancanelli, Alessandro Zaccuri, Alberto Riva, Alberto Rollo e tanti altri. Da non perdere è l’escursione nelle vie delle maestà con L’umile bellezza dei fossi e delle Maestà,  un percorso di circa tre ore che condurrà i viandanti dal borgo di Giucano, frazione di Fosdinovo, per i sentieri che tagliano torrenti e fossi, come il Fosso del Campaccio, il Fosso della Michelina, il Fosso della Rocchetta e il torrente Calcandola,  e accedono alla morbida cresta delle Prade, balcone sulla cordigliera dell’alta Lunigiana, in un peregrinare tra paesaggi pittoreschi, racconti e piccole Madonne incise nel marmo o dipinte dentro il guscio delle cappelle. Read the full article
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jacopocioni · 1 year
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Favole Fiorentine: La statua di Marte.
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(NdR) Queste favole scritte da Francesco Manetti hanno come recapito un pubblico giovanile, ma sono sicuro non saranno disdegnate da lettori più maturi. Si tratta di tre favole che hanno come protagonisti Lapo & Baldo due ragazzi che vivono le loro avventure nel 1400, cioè in pieno medioevo. Vi lascio alla lettura della prima. la prima favola a questo link: L'oggetto misterioso. LA STATUA DI MARTE: UNA NUOVA AVVENTURA DI LAPO & BALDO, RAGAZZI MEDIEVALI  di Francesco Manetti Ai primi del '300 l'imboccatura del Ponte Vecchio a Firenze era sorvegliata da una statua romana che raffigurava il dio della guerra Marte. E' proprio di lì che si trovano a passare un pomeriggio di una giornata nuvolosa Lapo e Baldo, amici per la pelle.
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"Dì, Lapo, non ti resta antipatico quel brutto muso?" "Come no! Alcuni sono sicuri che porti sfortuna... lo sostiene anche Dante, il poeta. Lui afferma che la statua ha influssi nefasti su Firenze. Si sa che nella mala Pasqua del 1216 Buondelmonte fu ammazzato ai suoi piedi: è da allora che le due fazioni, i Guelfi e i Ghibellini, sono venute ai ferri corti." "Maledetta statua, ti odio!", dice Baldo sferrando un possente calcio alla scultura. Immediatamente si mette in moto un meccanismo e il basamento si apre. "Cavolo! L'hai rovinata! Scappiamo, altrimenti ci mettono dentro!" "Calma, Lapo. Non hai sentito quel rumore? La lastra del piedistallo si è spostata da sola. Il basamento è cavo e dentro c'è qualcosa...", ed estrae un piccolo scrigno che contiene due ampolline, una blu e una rossa, e un rotolo di carta pergamena legato con una cordicella. Baldo lo apre e legge. "Guai a coloro che richiameranno il berserker che nel corpo del feroce Attila fu distruttore di Firenze. Per colui che stroncava le vite la sostanza di morte nel vetro rosso sarà fonte di vita; per colui così lontano dalla purezza la sostanza di vita nel vetro blu sarà causa di morte. Io, Guidobrando negromante, nell'anno del Signore 1025 ne racchiusi lo spirito in questa pietra dall'Unno precipitata in Arno e dall'Imperatore Carlo Magno ritrovata. Che diavolo significa?"
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"Fammi vedere!" "Ehi! Stai attento! Mi fai cadere tutto..." La scatola e la pergamena scivolano via dalle mani di Baldo andando a sbattere sul basamento della statua. L'ampolla rossa si spacca e una brodaglia verde va a bagnare i piedi di Marte. "Accidenti, Lapo! Guarda che pasticcio: il liquido ha inzuppato la carta, sciogliendola. Era la prova che Attila aveva distrutto davvero Firenze e..." Un terribile urlo fa trasalire i due giovani. "UUUAAARRRRGH! CHI OSA DISTURBARE IL SONNO DEL BERSERKER?" La statua di Marte ha preso vita! Il volto del mostro ha assunto un'espressione demoniaca, carica di follia e di violenza. "SIETE STATI VOI MINUSCOLI MORTALI A RICHIAMARE IL BERSERKER? RISPONDETE, SE VI E' CARA LA VITA!" "Andiamo", fa Lapo, scotendo l'amico paralizzato dal terrore. I due raccolgono la scatola e l'ampolla blu e scappano verso Via Por Santa Maria.
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"FERMATEVI, DANNATI, O VI ANNIENTO!", grida l'incredibile statua vivente scendendo dal basamento. Intanto, attirati dal clamore, si erano fatti vivi tre poliziotti del Bargello, armati di picche e di spade. "Non muovere un altro passo, mostro sputato dall'Inferno. In nome del podestà ti dichiaro in arresto", recita uno dei bargellini. Ma l'essere non sembra temerli: due vengono scaraventati contro un muro e l'altro va a finire in Arno. Dopo che si è liberato di quelli che per lui erano solo fastidiosi moscerini, il simulacro di Marte si incammina verso il centro della città, all'inseguimento dei ragazzi. Il suo passo è lento ma inesorabile; la gente fugge urlando appena lo vede; qualcuno sviene. Il mostro non ha pietà: schiaccia e calpesta chiunque trovi sulla sua strada. Il cielo si fa sempre più scuro; le nuvole nere cariche di pioggia e i fulmini disegnano un inquietante gioco di luci e di ombre sulla tremenda faccia di pietra.
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Lapo e Baldo si sono rifugiati in un vicolo a riflettere sull'accaduto. "A quanto pare quel mago, Guidobrando, è riuscito a imprigionare nella statua di Marte, ripescata dal fiume da Carlo Magno, uno spirito malvagio che aveva impossessato anche Attila. Il liquido dell'ampolla rossa, forse un veleno, ha risvegliato questo demonio che ora semina il terrore per le vie di Firenze. La pergamena diceva che la sostanza nella bottiglietta blu l'avrebbe ucciso. Così.." "Così... non resta che lanciargliela addosso!", conclude Baldo. "UUUUAARRRRGH! VENITE FUORI, VERMI!" "Ci siamo... Fai tu, Baldo. Non sbagliare mira o siamo perduti!" I giovani escono allo scoperto, a pochi passi dall'essere. "E' GIUNTA LA VOSTRA ORA, MALEDETTI!", grida il demonio. "Vai, Baldo!" La bottiglietta compie una parabola in aria diretta verso la testa della scultura, ma il mostro, all'ultimo istante, riesce a schivarla. "AH AH AH! STAVOLTA LA MAGIA DI GUIDOBRANDO NON HA FUNZIONATO, MOCCIOSI! E SARETE VOI A PAGARNE LE CONSEGUENZE!"
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I ragazzi non hanno scampo: con le spalle al muro attendono la loro fine. "E comincia anche a piovere!", commenta Lapo con amara ironia. Come d'incanto la creatura si irrigidisce lanciando sinistri scricchiolii. La sua pelle di pietra si ricopre di screpolature. Poi l'effigie di Marte torna quella di prima, com'era stata da sempre. Altri bargellini hanno intanto raggiunto Lapo e Baldo. "Tutto bene, ragazzi?" "Sì, ma c'è mancato davvero poco" Mentre le guardie sollevano la statua per riportarla all'antico basamento i due amici si avviano verso casa passando dai Lungarni. "Che ne dici, Lapo?" "Penso che sia stato merito dell'acqua. Ricordi la pergamena? Per colui così lontano dalla purezza la sostanza di vita nel vetro blu sarà causa di morte, e cosa c'è di più puro e vitale dell'acqua? La pioggia lo ha fatto tornare nell'oblio. Speriamo per l'eternità". "E dello scrigno che ne facciamo?" "Dallo a me!" E lo getta nel fiume. FINE
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Addenda Ecco quanto c'è di vero nella storia di Lapo e Baldo: la statua posta all'imboccatura del Ponte Vecchio fu travolta dalla piena del 1333 (forse non era di Marte ma di un re Goto); Dante, che fu priore della città, credeva che portasse sfortuna; Buondelmonte dei Buondelmonti fu ucciso da Oddo Arrighi fra il Ponte Vecchio e Por Santa Maria; il fatto della distruzione di Firenze da parte di Attila (così come della ricostruzione per opera di Carlo Magno) è una leggenda; i bargellini erano i "poliziotti" della città e la loro "centrale" era il Palazzo del Bargello, sede del Podestà. Il resto è tutta fantasia! Un'ultima curiosità: il berserker, nella mitologia nordica, è un guerriero impossessato da uno spirito malvagio e distruttore. http://ultimoistante.blogspot.it/2012/12/la-statua-di-marte-una-nuova-avventura.html
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orbiscomunication · 2 years
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‘The Athlete’s day’, primo posto per la body builder Melino: “Dopo 60 kg persi e anni di sacrifici ho vinto”
FRIGNANO. “Se credi nei tuoi sogni, se ci credi per davvero, vincerai”. È questo il motto di Antonella Melino, body builder di Frignano che, grazie alla sua costanza e determinazione, si è aggiudicata il primo posto alla gara “The Athlete’s day”, tenutasi a Caserta lo scorso 16 luglio. 
La storia di Antonella è davvero toccante, in quanto è riuscita a raggiungere questo traguardo, assieme al terzo posto ottenuto il 3 luglio a Sapri alla gara “3 AI MR Italia IBFA”, dopo anni di difficile rapporto con il proprio corpo. L’atleta sei anni fa soffriva di obesità, la sua vita si dispiegava sull’insicurezza costante dovuta alla propria immagine, la quale si rifletteva sulla propria interiorità. La svolta, l’inizio della sfida, di quella forza che tutt’ora la caratterizza, è avvenuta quando un giorno, per caso, il marito vide che una nuova palestra stava per aprire a Frignano. Quest’ultima è l’attuale struttura sportiva di Antonello Turco, professionista nel suo settore e maestro – come lei ama definirlo – di Antonella. Il 16 febbraio 2016, guidata dal dottore in scienze motorie Antonello Turco, inizia il suo percorso di trasformazione ed accettazione di se stessa, attraverso un’alimentazione mirata e allenamenti serrati per quattro volte alla settimana, ritmo che ancora oggi segue religiosamente: “Da quel giorno non ho mai fatto un’assenza – dice Antonella -. Prima per me allenarmi significava raggiungere il mio obiettivo, oggi per me significa vivere. Antonello è stato il mio faro, la mia guida; a lui devo tantissimo”. Infatti, Antonella, dopo diciotto mesi di allenamento costante e corretta alimentazione vede raggiunto il suo scopo: la bilancia segnava 60kg in meno. “Dopo un anno e mezzo di sacrifici ero una persona nuova – commenta la builder. Razionalizzai che quella di prima non ero io, avevo un corpo che non mi apparteneva. Più di tutto, tornò la fiducia in me stessa. Ma il senso di sfida che tutto il percorso mi ha infuso, mi fece capire che dovevo andare avanti e seguire quella strada, quella che oggi è il mio amore, la mia più grande passione: la strada del body building”.
Da quel momento Antonella si è dedicata totalmente alla sua passione, sottoponendosi , sempre con il coach Turco, anche a faticosissimi allenamenti e ferree alimentazioni in vista delle gare, ma non solo. Oggi gestisce anche “Sport e nutrition”, attività commerciale di integrazione e nutrizione sportiva di Antonello Turco. Insomma, ha trovato il suo posto nel mondo. “Ora posso davvero dire di sentirmi me stessa, sicura di quello che sono – afferma l’atleta - . Dentro di me, però, conservo sempre i valori di prima, la mia persona non è cambiata, ha solo più consapevolezza di quello che è. Il body building mi ha fatto capire che con impegno, costanza e determinazione si può raggiungere qualsiasi obiettivo e che nulla è impossibile. Ne sono la dimostrazione concreta. Sicuramente è fondamentale credere in se stessi, ma è importantissimo anche avere qualcuno che crede in te. Sono certa, infatti, che probabilmente senza la grinta, la perseveranza, ma anche la comprensione di Antonello ora non sarei arrivata fin qui. Ho appreso tantissimo da lui, mi ha dato, giorno per giorno, la forza di andare avanti; mi ha spronata e fortificata. La vittoria a Caserta non è solo mia, è nostra”.
Attualmente un’altra sfida della body builder Melino è quella di parlare ai giovani e a tutti coloro che stanno vivendo quello che è stato il suo passato: “Affrontare un percorso come il mio – conclude Antonella -  non è assolutamente semplice e so che moltissime altre persone stanno vivendo proprio quello che ho vissuto sulla mia pelle. A loro voglio rivolgermi, dicendogli che non bisogna mai mollare anche ci saranno momenti difficili, ricadute, sofferenze e anche situazioni in cui ti senti solo, isolato. Ma tutto questo fa parte del percorso; gli ostacoli indicano che la strada intrapresa è quella giusta. La famiglia gioca un ruolo importantissimo in tutto questo, il loro sostegno è stato per me fondamentale. Dunque, non arrendersi mai, credere sempre nei propri sogni. Per quanto riguarda il mondo del body building, credo fermamente che chiunque voglia dare una svolta alla sua vita, debba farsi seguire da un professionista come Antonello. So che c’è ancora tantissimo da imparare, ma io non vedo l’ora di scoprirlo e di viverlo”. 
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onlylove-here · 4 years
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Pensieri su “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf
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In “Una stanza tutta per sé”, Virginia Woolf rintraccia la storia delle donne artiste, in particolare scrittrici e poetesse, cercando di capire cosa serva ad una donna per essere una artista a tutto tondo.
Sconvolgente è il fatto che delle donne non si sappia nulla prima del Settecento.
Amavano? Come trascorrevano il tempo libero? Ce l’avevano del tempo libero? A cosa pensavano? Come vivevano? Ce l’avevano questa tanta rinomata stanza per sé?
A quanto pare non sappiamo niente di tutto ciò, non ci è arrivata nessuna testimonianza, negli archivi storici non abbiamo niente se non delle leggi che impongono alla donna il ruolo di una proprietà di un uomo all’interno della famiglia, che sia il padre, il marito o il fratello.
Eppure viene naturale chiedersi come molti protagonisti di grandi opere siano di sesso femminile, e non solo, svolgono un ruolo cruciale nella narrazione, la loro importanza è pari a quella dell’uomo, anzi, è maggiore.
Abbiamo protagoniste come Antigone, Fedra, Cleopatra, Lady Macbeth, Madame Bovary, Anna Karenina...
Ma quella è la donna della letteratura. 
Nella realtà veniva picchiata, maltrattata.
E da cosa nasce così tanta rabbia verso le donne nel corso della storia?
Per Virginia Woolf la risposta è semplice: nello stesso modo in cui i ricchi spesso si arrabbiano con i poveri perché sospettano che essi vogliano impadronirsi della loro ricchezza, i patriarchi, coloro che affermano l’inferiorità della donna, in realtà si sentono minacciati dalla sua superiorità.
Ma c’è anche un’altra ragione meno evidente: forse i patriarchi non sono arrabbiati, ma semplicemente sono pieni di ammirazione e devozioni per la donna.
Così la donna diventa lo specchio che riflette la figura dell’uomo, ed è proprio per questo motivo che Napoleone e Mussolini insistevano tanto nell’inferiorità della donna, era l’unica possibilità che avevano per ingrandire se stessi.
Eppure sia per un uomo che per una donna la vita è ugualmente difficile.
Soprattutto quando cercano di reprimere un grande genio dentro di loro.
Specialmente durante gli anni creativi della loro giovinezza, lo scrittore come ogni altro artista ingegnoso, deve sopportare ogni sorta di distrazione e scoraggiamento proveniente dal mondo esterno. 
Ma per la donna tutte queste difficoltà erano ( e purtroppo ancora oggi in certi casi lo sono ancora) innumerabili.
Aggiungiamo anche tutti i diritti che le sono stati tolti e non le rimane più nulla.
Il denaro non le apparteneva, era privata da ogni tipo di consolazione come un viaggio, un’escursione, una semplice passeggiata.
Ma l’uomo non era privato da tutto ciò!
Come dice lo stesso Flauber in Madame Bovary (da sottolineare che è stato scritto da un uomo!):  “ Un uomo, almeno, è libero, può andare attraverso passioni e paesi, superare gli ostacoli, aspirare alle più inattingibili felicità. Una donna, no: una donna è continuamente impedita. Inerte e flessibile nello stesso tempo, ha contro di sé le debolezze della carne e le ingiunzioni della legge. La sua volontà, come la veletta del suo cappellino, palpita a tutti i venti, ma è trattenuta da un nastro. C'è sempre un desiderio che la trascina, una regola sociale che la trattiene!”.
Alla donna non viene data la possibilità di fare esperienza, osservare il mondo, trovare personaggi per le sue storie!
Se Tolstoj avesse vissuto rinchiuso in una casa, tagliato fuori dal mondo, difficilmente avrebbe potuto scrivere la sua più grande opera Guerra e Pace.
E come poteva fare qualcosa del genere senza un po’ di libertà materiale?
Solo nel 1800 si arriverà alla donna scrittrice che scrive come una donna, non come un uomo, con Jane Austen e Emily Bronte.
Entrambe scrivono di donne, e per la prima volta sono le donne a scrivere la loro storia e non gli uomini!
I loro libri saranno scritti con rabbia, entrambe le scrittrici sono in guerra con il loro destino, cercano di ribellarsi, eppure non possono nascondere le ingiustizie che hanno provato come donne! 
In conclusione, Virginia Woolf vuole disfare il mito dell’artista senza soldi: l’effetto della povertà e della ricchezza sulla mente sono fattori cruciali.
Il consiglio che dà a tutte le giovani scrittrici è che vi servono cinquecento sterline l’anno e una stanza con la serratura alla porta. 
Le cinquecento sterline l’anno rappresentano la possibilità di contemplare, la serratura della porta invece la facoltà di pensare per contro proprio
Perchè come dice Virginia Woolf: “La libertà intellettuale dipende da cose materiali. La poesia dipende dalla libertà intellettuale.”
Dovremmo lottare per questo, per la libertà intellettuale!
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corallorosso · 4 years
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“The Wall” dei Pink Floyd compie 40 anni: ma oggi nel mondo ci sono oltre 70 muri di Massimiliano Loizzi Il 30 novembre 1979 viene pubblicato The Wall dei Pink Floyd, un’opera rock che irrompe sulla scena mondiale come una picconata su di un muro di mattoni, un album che cambia per sempre la musica e il rock. (...) L’album racconta la storia di Pink, alter ego di Roger Waters – cofondatore, autore, cantante e bassista del gruppo, nonché ideatore dell'intero progetto – la cui alienante vita da rockstar, lo porta a precorrere un disarmante viaggio interiore. Pink ricorda il dolore della perdita del padre, porta le cicatrici di un rapporto con una madre opprimente, piange la fine del suo matrimonio, accusa la scuola per i traumi subiti, critica i governi per le falsità propinate al popolo, urla contro la massificazione della cultura e del rock. "Ogni delusione e dolore che il mondo ha inflitto a Pink è «another brick in the wall», un altro mattone del muro che il protagonista costruisce intorno a sé per proteggersi." Dieci anni dopo l'uscita di "The Wall",  viene abbattuto a picconate, dalle ragazze e ragazzi di tutta la Germania, il più grande promemoria delle barriere del mondo e, ironia della sorte, pochi mesi prima di quello storico novembre, Waters aveva detto che avrebbe suonato ancora dal vivo The Wall, solo se fosse caduto proprio il muro di Berlino. Il concerto del '90 diviene metafora di libertà: il muro abbattuto fuori e dentro di noi. È un momento straordinario. La libertà viene celebrata su quella stessa piazza che un tempo era stata centro dei quartieri generali nazisti, un enorme spiazzo abbandonato tra Potsdamer Platz e la Porta di Brandeburgo, rimasto per molto tempo una “terra di nessuno”. In un’intervista Waters disse: “Se questo concerto vuole celebrare qualcosa, è che il crollo del muro di Berlino può essere interpretato come una liberazione dell’animo umano”. Nel 1990 c’erano 7 barriere in tutto il mondo che separavano esseri umani da altri esseri umani. 30 anni dopo, a 40 anni dalla pubblicazione di The Wall, a 75 dalla caduta del nazifascismo, ci sono più di 70 muri, 70 barriere che dividono gli esseri umani. E a quanto pare la storia, inesorabile, si ripete uguale a se stessa. La caduta del Berliner Mauer, nel novembre 1989, tanto attesa soprattutto dai giovani del tempo, non ha prodotto quel cambiamento che il mondo sperava. Le tensioni, come i muri, sono aumentate: la paura dello straniero, l'emergenza "invasione" e gran parte di questa paranoia da assediati è da attribuire alla globalizzazione, che pretendeva di abbattere le barriere fisiche e sociali e che, invece, ha alimentato a dismisura il divario fra nord e sud del mondo e fomentato quell’insicurezza che è oramai parte integrante della narrazione della realtà di gran parte dei Paesi del mondo. Io appartengo a una generazione che veniva definita "no global", abbiamo visto la caduta del muro e le torri gemelle, così come i nostri genitori avevano vissuto la fine della guerra e la costruzione del muro. “VOI G8 NOI 6 MILIARDI” così recitava uno dei più bei cartelli per le strade di Genova nel 2001: lottavamo per l’abbattimento dei muri, convinti che la globalizzazione avrebbe reso il mondo "più piccolo", con meno diritti, più sfruttamento, più differenze, eravamo convinti che avrebbe eretto più muri e forse avevamo ragione. Tutti temi toccati anche nella poetica di Waters, in veggente anticipo sui tempi, che sentiva il peso dell’eredità degli errori della generazione precedente ed ora anche della sua. (...) La vostra generazione ha perso, papà, la mia generazione ha perso, figliolo, ma forse un giorno accadrà che i figli finalmente impareranno dagli errori dei loro padri, e le figlie dagli errori delle loro madri, e viceversa, fin quando un giorno ci sarà soltanto una generazione di persone migliori. E non ci saranno più muri o barriere. (...) La rivoluzione di Pink è una battaglia contro se stesso, alla fine dell’album riesce finalmente ad abbattere tutti i muri e le barriere che lo circondano quando comprende che sono dentro di se ed è questa la storia di sempre che da sempre si ripete: i muri vanno abbattuti fuori e dentro di noi, altrimenti le barriere non cadranno mai. ...
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lamilanomagazine · 1 year
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Messina: Al Palacultura Antonello l’evento “Un Manifesto per la Vita”
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Messina: Al Palacultura Antonello l’evento “Un Manifesto per la Vita”. Presenti il sindaco Federico Basile, il provveditore agli studi di Messina Stello Vadalà e l’assessore alle Politiche sociali Alessandra Calafiore, è stato presentato oggi a palazzo Zanca l’evento “Un Manifesto per la Vita”, inserito all’interno del Progetto InStradaME e in memoria di Milena Visalli, giovane vittima della strada. All’incontro con la stampa ha partecipato anche Marilena De Stefano, mamma di Milena. L’iniziativa si terrà giovedì 18 al Palacultura Antonello e prevede il coinvolgimento degli studenti degli istituti scolastici superiori di Messina ad un concorso con l’obiettivo di informare ed educare sul corretto rispetto delle norme stradali. Il sindaco Basile ha evidenziato come “Un Manifesto per la Vita” deve essere “una grande occasione per sensibilizzare sui temi fondamentali della consapevolezza, della responsabilità, del valore della vita e del senso civico della comunità. Si avvicina l’estate e con essa la voglia nei giovani di divertirsi, ma bisogna farlo con coscienza, prevenzione e nel rispetto di tutti. In tal senso il Comune avvierà una campagna promozionale sui comportamenti di guida corretti e responsabili da tenere e le regole da rispettare attraverso un percorso formativo che possa intervenire sul sistema culturale per migliorarlo e renderlo più sicuro. Istituzioni, famiglie, scuola, forze dell’ordine e cittadini devono fare rete e lavorare in sinergia per limitare sempre di più il problema dell’incidentalità stradale”. L’assessore Calafiore ha affermato che “la morte di Milena deve rappresentare un dono per i numerosi giovani che ogni giorno guidano e sono chiamati ad una condotta attenta e corretta. Milena è stata vittima della strada nella litoranea, dove proseguirà la nostra campagna con la realizzazione di una panchina in cui sarà scritta una frase scelta dai ragazzi. Giovedì si procederà alla premiazione del concorso ‘Un Manifesto per la Vita’, dedicato agli studenti delle scuole superiori con la realizzazione di poster e slogan collegati per una campagna pubblicitaria a favore della sicurezza stradale. Partendo da idee e sensazioni, gli studenti sono invitati a riflettere e a realizzare un manifesto, trasformando così le loro idee in progetti concreti di comunicazione per sensibilizzare ad una guida più sicura e prudente”. Il provveditore Vadalà ha spiegato che “la scuola, in sinergia con le istituzioni, assume una funzione fondamentale in questo percorso perché forma i giovani; il dolore della mamma di Milena deve trasformarsi in opportunità per gli altri, dono e ricchezza per tutti noi”, mentre la signora De Stefano ha dichiarato che “Milena vive dentro di me, aiutandomi a fare prevenzione e sicurezza, invito chiunque ad aderire a questa iniziativa”. Le tematiche dei manifesti del concorso di giovedì 18 al Palacultura sono alcol e guida, velocità e gli utenti deboli della strada (moto, biciclette e pedoni). L’opera o le opere prescelte dalla giuria saranno utilizzate per una precisa campagna di comunicazione.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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kon-igi · 5 years
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Buongiorno doc, ho letto il suo post sulle pensioni ai giovani e i vecchi “tenuti in vita” con tutti i mezzi, ma una vita di qualità pessima. Era sarcasmo o dice sul serio? È una questione che tocca anche me, avendo due parenti ammalati cronicamente che vivono con me. Ogni volta che prendono la polmonite mi chiedo se quei preziosi antibiotici che stiamo usando per allenare superbatteri ne valgono veramente la pena, se le loro pensioni di invalidità non sarebbero forse più utili in una scuola, e soprattutto se ha senso la loro sofferenza, che sta consumando loro e anche noi familiari. Certo, li amo, e se me lo chiedessero non sarei in grado di dire “non curiamoli”, però dopo l'ultimo ricovero ho iniziato a rifletterci, perché abbiamo avuto la prospettiva di una peg, di tracheotomia, di mille apparecchi di plastica monouso, e di una ulteriore sofferenza infinita dentro le mura di casa. Sarebbe bello lasciarci senza tutto questo, e forse a questo punto sarebbe anche utile alla società. Del resto però i miei familiari non hanno la lucidità per richiedere la sedazione profonda (né forse ne avrebbero il diritto). Non so che cosa chiederle in fondo, volevo solo qualche parola in più su questo tema da chi forse ne vede più di me, e con più distacco di me. {se potesse pubblicarlo in forma anonima gliene sarei molto grato}.
Ti faccio una piccola premessa perché non si tratta di una cosa semplice, anzi... è l’approccio al problema a non essere semplice, anzi... l’approccio è semplice, infatti il problema non è mai esistito ed è sorto solo nel momento in cui l’idea ossessiva della morte ha cominciato a rappresentarlo.
Stiamo vivendo in un mondo e in un modo funzionali all’insorgenza di un certo tipo di paranoie: intanto ci siamo dimenticati completamente della gioia della quotidianità e tutto ciò a cui aspiriamo è la proiezione nella realizzazione di un domani che -- come nella favola di Achille e la Tartaruga -- sarà sempre il giorno dopo.
Il nostro senso di sicurezza è proporzionale alla robustezza della porta di casa o allo spessore del conto corrente: voglio dire, esisterà pure un didascalico insetto che metta vie un po’ di provviste senza rompere le palle a nessuno come qualla scassacazzo della formica e che possa allietarsi il resto dell’estate con un po’ di musica cicaleggiante senza sentirsi un lupo di wall street? Perché nessuno c’ha mai scritto una storia sopra e si continua a tormentare i bambini con fulgidi esempi di meritocrazia stacanovista che li farà diventare dei frustrati serial killer con gastrite ed emorroidi che si danno il cambio?
La frase che per me è diventata un’ossessione esistenziale e in assoluto il modo peggiore di approcciarsi alla vita è MI METTO I SOLDI DA PARTE PER LA VECCHIAIA PERCHÉ NON SI SA MAI.
Minchia... vivere nel panico di uno spauracchio paventato da poveracci indecisi se terrorizzarvi o ammalarsi di terrore.
La morte: abbiamo impiegato 200.000 anni a smettere di lasciare i cadaveri al sole a farli divorare dagli avvoltoi e cominciato a seppellirli con un bastoncino legato all’uccello e un sasso nella vagina ma in questo periodo abbiamo pure sviluppato una bella corteccia cerebrale per capire che se non è malaccio evitare di farsi sbranare dall’equivalente odierno della tigre dei denti a sciabola, esistono anche momenti di pausa di riflessione mentre stiamo spaventati e acquattati in un metaforico cespuglio.
In queste pause introspettive, per esempio, potremmo persino scoprire che magari abbiamo sbagliato nel misurare la nostra esistenza e che forse dovremmo smettere di affannarci a stiracchiarla per averla il più lunga possibile. Il mondo è un forno e noi abbiamo un tempo limitato per raccogliere gli ingredienti e impastare le nostre vite: puoi decidere se affannarti a rollare uno stitico grissino che si brucerà e si spezzerà nella solitudine dell’attaccamento alla vita biologica oppure impastare una bella pagnotta saporita e soffice, che potrà essere apprezzata e consumata a tempo debito con grande gioia del cuoco e dei commensali.
Vuoi essere un lungo grissino o una giusta pagnotta?
Io ti dico solamente che non ho più intenzione di vivere nella paura e nel terrore... paura di non farcela, paura della malattia, paura del giudizio, paura della solitudine e paura che sia una paura senza fine.
Il mondo è troppo bello e strano per tenere lo sguardo a terra per paura di inciampare.
Quindi no, curo persone intubate e in stato vegetativo ma nel limite legale del mio mandato professionale mi rifiuto di accanirmi nel continuare a farle non-vivere e il mio lavoro più faticoso e pesante non è prendermi cura di loro ma cercare di spiegare ai parenti quando è il momento giusto di lasciarli andare.
Perciò stai vicino ai tuoi cari nell’evocazione del ricordo di un tempo, lascia consumare i sensi di colpa per quello che poteva essere e non è stato e permetti all’involucro di svuotarsi e al suo contenuto di rimanerti nel cuore... loro saranno oltre quello che rimane a te ma tu porterai avanti l’eredità della memoria.
Un abbraccio a te... e un augurio a me stesso di avere la forza e la coerenza di fare quanto detto, quando per me sarà il momento.
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a-serao-blog · 5 years
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Lettera aperta di una veterana stagionale agli albergatori romagnoli, i beneficiari senza scrupoli di una guerra tra poveri
Attenzione ai cavilli  impercettibili del seguente colloquio verbale che inaugura ogni rapporto lavorativo tra una persona a cui occorre un occupazione ed un albergatore romagnolo. L'autrice di questo trafiletto auspica di sottolinearli, data la sfortunatamente vasta esperienza acquisita in proposito, sperando di far luce sulle polemiche legate alla dichiarazione del sindaco di Gabicce che imputa al reddito di cittadinanza la mancanza di personale stagionale. Premetto che quello che scrivo non vale per tutti gli Hotel, ma per la maggior parte di essi sì, e sono dinamiche vissute in prima persona e in differenti tipologie di alberghi, ed ovviamente esperienze di chi ha condiviso queste situazioni con me. "Quindi siamo d'accordo? Saranno sette, otto ore al massimo,  tutti i giorni, perché purtroppo (purtroppo lo dicono solo gli albergatori più gentili, o quando intuiscono dalla tua espressione che stai figurando i mesi a venire dovendo lavorare sempre, giorno dopo giorno dopo giorno dopo giorno dopo giorno...) qui funziona così. Dappertutto sai? Non è che un altro hotel ti può dare il giorno libero". Mentre tu stai riflettendo su quando potrai rivedere i tuoi cari per mezza giornata, o più semplicemente la luce del sole, l'albergatore continua: " Non preoccuparti, noi siamo ben organizzati, il lavoro non è che sia poi così impegnativo". La tua perplessità non gli fa battere ciglio, l'atteggiamento  anche in fase embrionale è infatti  sempre quello di chi ti sta facendo un favore a darti un lavoro, come se non si trattasse di un normale scambio prestazione professionale - pagamento,  ma di un atto di altruismo che viene condensato  con uno scaltro rimando alla crisi, un arguta constatazione del fatto che sono in tanti a cercare lavoro e che ha come risultato questa morale: ti conviene accettare le condizioni proposte perché sei un privilegiato se vieni assunto al posto di quei molti che si suppone siano in una presunta fila alla loro porta. Atteggiamento che oltre a stimolarti un impeto di gratitudine immotivata, serve anche a giustificare l'entità del pagamento. Subdolo, sì, ma efficace. I tre punti ricorrenti infatti quando si arriva a parlare di paga sono i seguenti: come accenato sopra, crisi, quindi stimolare il senso di colpa per aver scelto te per lavorare lasciando per strada chissà quanti altri disgraziati. Punto due: l'esperienza. L'esperienza che tu possiedi infatti è inevitabilmente diversa da quella che necessitano in quell'Hotel, se sei cameriere ed hai già esperienza  in strutture dello stesso livello, sicuramente il servizio viene fatto in modo completamente diverso,  se sei cuoco ed hai lavorato anche in hotel di pari categoria è certamente tutto un altro discorso nell'albergo di chi ti sta proponendo il lavoro. Allo stesso modo, se lavori in segreteria e conosci lo stesso programma utilizzato dall'azienda, non farti prendere da quell'iniziale entusiasmo: " Qui lo usiamo in maniera diversa". Non solo, lavorare per noi ti qualifica. Hai già esperienza? Non importa, dopo aver lavorato qui puoi lavorare ovunque. Questa tattica mascherata in un altro slancio di bontà che significa: non sei quello che cerchiamo, non sei preparata esattamente per le nostre esigenze, ma noi chiudiamo un occhio, perché siamo caritatevoli e ti vogliamo fare lavorare, dopo aver lavorato nel nostro Hotel allora sì che saprai lavorare. Il terzo immancabile argomento al momento della conversazione sulla paga, è, a mio avviso, il più ignobile di tutti. Il pianto dei soldi da parte dell'albergatore. Non si lavora più come una volta, la stagione è corta, il cambiamento climatico incombe, non stiamo dentro nelle spese (ma continuiamo a farlo ogni anno perché ci piace impoverirci), non dico che andiamo in perdita ma siamo a quel livello. L'obiettivo è la tua empatia: dopo essersi reso ai tuoi occhi umano e debole, la carellata delle difficoltà esposte ti predispone ad una pacca sulla spalla col significato sottointeso di "ce la faremo". E sei fregato. La proposta del salario dopo tutte queste considerazioni è detta a voce anche spavalda, come facesse un eccezione per te ed arrivasse addirittura alla cifra che ti sta proponendo che nonostante il tentativo eseguito magistralmente e il tuo stato d'animo intortato è talmente ridicola che spalanchi comunque gli occhi pensando "Sono due euro all'ora, non si può". L'hai sottovalutato, è pronto a questa reazione. Prima che tu possa parlare, passa al contrattacco: " Poi 50 euro in più, magari non in busta, se sei bravo...non è detta...poi c'è la possibilità di vitto ed alloggio, in quel caso decurtiamo qualcosina altrimenti non andiamo in pari...". Se ti serve un lavoro e non hai mai fatto prima le stagioni in riviera, accetti con tanti dubbi. Se l'hai già fatta, perché devi lavorare, accetti con la morte nel cuore. Saranno sette od otto ore. Sono dieci, dodici ore. Il tuo lavoro non è così impegnativo. Il tuo lavoro sfianca, manca il personale, sei solo e devi coprire il lavoro di più persone, ogni giorno, per mesi. Ufficialmente riposi un giorno a settimana, quello immaginario in cui vedi la luce e fai le lavatrici, in realtà sei costretto a stabilire un finto giorno libero, dichiarato ovviamente anche in busta paga, e la raccomandazione è che di fronte all'ispettorato del lavoro se sei presente il giorno che dovresti essere libero è per un esigenza improvvisa dell'azienda, ma tu di solito quel giorno riposi. Vitto ed alloggio. Il vitto, non occorre dirlo,  il più delle volte,è costituito da avanzi di avanzi. Stessi cibi ricucinati dallo stato liquido al solido all'aeriforme conditi con il grasso per poter essere commestibili. Poi dipende, chi ti toglie un euro se prendi un caffè dopo 10 ore che sei in piedi, chi acqua gratis in bottiglia quindi non del rubinetto, solo a dei reparti, quindi ad una sola parte di personale. C'è anche chi semplicemente offre gli avanzi del giorno prima e in quel caso sei fortunato, anche a casa capita di mangiare cose del giorno prima, non che faccia per forza male. L'alloggio stimola in me ricordi dolorosi, esseri umani dopo il lavoro massacrante stipati in cuccette nell'afa dei sottotetti ad agosto, e non vado oltre, mai visto qualcosa che assomigli a una sistemazione per i più dei lavoratori. Il fatto è che è quell'avidità atavica che impedisce ai titolari di mettere per esempio tramite l'associazione alberghiera della cittadina di pertinenza una quota  irrisoria per un impresa di quella portata, per affittare un vecchio stabile, una struttura modesta per i dipendenti. Del resto è anche vero che avere la donna ai piani alle 23 che dorme in Hotel può sempre essere utile per rifare una camera all'ultimo e tentare di vendere una camera per una notte, così come una segretaria che per pranzare o cenare deve spostarsi all'interno dell'hotel si può convocare nella pausa per permettere all'altra turnante di mangiare, così che nessuno abbia una vera pausa. Solo due esempi. La tua mansione è... tutto. Carenza di personale in ogni reparto. Le segretarie fanno il lavoro d'ufficio, il bar, la manutenzione, il back office, i conti, gestiscono fornitori e personale sempre in un turno da sole, e devono fare tutte le cose contemporanemente, fino a che non fanno il caffè con il telefono e mostrano la camera al fornitore mentre scrivono alla mail di Booking.com che servono 4 chili di pane bianco per l'indomani. Il cuoco corre. Carenza di personale significa se gli va di grazia a un tuttofare che tra il lavare i piatti e le pentole,  il parcheggiare le auto, dare l'intonaco e togliere la muffa gli taglia qualche verdura, ma non è detta, dipende dalle disgrazie della giornata. E il cuoco corre. Sviene normalmente per secondo, i giorni prima di ferragosto, di solito dopo la donna ai piani di costituzione più esile che si sente mancare qualche settimana prima. Le donne ai piani faticano perché per carenza di personale devono pulire contemporaneamente un numero di stanze e  poi di piatti che per rendere l'idea normalmente lo fanno con le lacrime agli occhi dalla fatica, e all'occorrenza diventano cameriere. I camerieri lavorano dalle sei del mattino a mezzanotte circa, ristorati da due pause di un ora in cui possono buttarsi vestiti nelle loro brande. Giorno dopo giorno, ogni giorno. Tfr, ferie, tredicisima, tutti fittizi figurano nella busta paga come parte della paga percepita. La paga, avendo letto delle cifre  lontane dalla realta queste giorni, è la seguente (ho lavorato in differenti hotel e dovevo archiviare i contratti, chiedere proroghe quando necessario ecc. qui prendiamo in considerazione un hotel di categoria media e per gli altri il paramentro di riferimento è simile): Cameriere da 800 a 1100, se con molta esperienza o responsabile di sala può arrivare a dai 1400 ai 1800, solo se lavora da molti anni con la stessa azienda e ha stabilito un legame con una clientela abituale, c'è una per quanto rara possibilità che guadagni di più. Cuochi: più sei giovane, più fai, meno ti pago. Sembra questa la logica per questo ambito. I cuochi più maturi, non arretrano dalle paghe dei tempi che furono, cioè quelle dignitose rispetto alle ore e all'impegno, forse anche perché nel tempo hanno acquisito qualche sicurezza economica in più. I giovani, anche se con esperienza, devono adattarsi perché hanno bisogno ancor di più di lavorare, per potersi costruire una vita. In questo ambito l'escamotage è di non assumere o sostituire quelli più navigati, con persone più giovani. Un cuoco, per dodici o tredici ore tutti i giorni, e fare un lavoro fisicamente e psicologicamente pesantissimo, prende intorno ai 1800 o 2000 euro. Se fortunato, o con la minaccia di andarsene qualora i clienti siano abituali ed apprezzino la sua cucina, può percipire una cifra maggiore. Donne ai piani, per dieci o dodici ore di lavoro fisico tutti i giorni, da 800 a 1000 euro. Ricevimento, quindi gestione di tutti i reparti e di tutta la responsabilità economica, dai 900 ai 1300. Se con esperienza e con clienti fidelizzati, questo aspetto è importante perché nel caso che sia un hotel  in cui i clienti sono abituali e quindi in confidenza con il personale, il titolare può decidere di aumentare un po' la paga per assicurare lo stesso personale e trattamento al cliente che si ripresenta. Ovviamente sel'hotel non punta sul ritorno degli stessi clienti non vale questo discorso, e sono tanti perché il turismo fidelizzato è una realtà quasi estinta. Specifico che parlo in questi termini della riviera romagnola solo relativamente alla circoscritta realtà degli albergatori, e non riguarda affatto il buon spirito dei romagnoli in genere. Tutti sanno che funziona così. Penso che accuserei i dipendenti dell'ispettorato del lavoro di una ottusità che non credo gli appartenga, penso che provino qualche volta a spaventare con delle multe ma che quando si chiudono le porte degli hotel alle spalle sanno di avere a che fare con un sistema malsano e una situazione più grande di loro. Quale situazione è questa? Quella di ordinaria, implicita, accettata illegalità all'italiana. Se non lavori tu a queste condizioni, lo farà qualcun'altro. Non sono una fan del reddito di cittadinanza e in generale dello Stato assistenziale, ma ritengo che almeno forse un buon risutato c'è stato ed è stato quello, mi auguro, di gettare un occhio di bue su un microcosmo lavorativo degradato, lavori forzati per arricchire i pochi, senza discutere della qualità della famigerata accoglienza romagnola e di quanto ci perde in credibilità stagione dopo stagione. La cosa buffa è che quando si conclude la stagione, anche se involontariamente si fanno sfuggire che non si sono poi così impoveriti, buttano là delle cifre, magari chiaccherando tra loro, e tu sai che è la metà di quello che hanno realmente guadagnato. Lo sai perché conosci le spese e le entrate, di tutti i tipi. Concludo prendendo in prestito le parole di una lungimirante e geniale canzone: sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo,il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro, niente scrupoli o rispetto verso I propri simili. Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili.
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donaruz · 4 years
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Un giorno i giovani avranno cent'anni ...
Sono sicuro che le vitamine faranno la loro parte.
Avere, essere.
L'io sarà di tutti, ignoto, esposto alla tratta dei sentimenti sopra fotografie perfette che chiameremo occhi.
Scatti calcolati come cose prestabilite.
Mani morbide, braccia pesanti, pensieri svuotati dal cervello.
Pubblicità iniettate con supposte virtuali.
Bagni sempre puliti.
Strade senza ricordi.
Raccolte differenziate tutte uguali.
Un giorno ci saranno programmi appositamente studiati per sconfiggere ogni cuore anatomico rovinato.
Un "bacio di labbra" da visitare soltanto al Louvre.
Ci saranno i sentimenti appesi all'entrata di ogni negozio virtuale.
Compra, acquista, dai valore al tuo dispendio di energia elettrica, sorridi, sorridi, sorridi ... "Cura medica avvenuta con successo".
Ci saranno lacrime da "discutere" su "file" di storia, un intero paragrafo sulle rughe e sul tempo, ci sarà qualche razza estinta ma distinta da cancellare con un "Esc" ... "Tesine" sulla terra come se la pioggia fosse ancora a profumare dentro la terra, dentro le nuvole, dentro la nebbia delle nostre comunità. Colonie. Un passo indietro e cento in avanti.
"Un giorno i giovani avranno cent'anni"
Così mi ha detto l'uomo che passa
Con il carretto degli alberi, è alto due metri e parla ogni dieci secondi. Mi ha regalato segreti e una scatola di cose da evitare, ha detto anche che ci vorrà più paura che coraggio per morire, di godermi ogni dolore adesso ... Perché poi saranno tutte rose e fiori, ma senza giardini.
(Gianluca Nadalini)🖋
(Poesie nell'angolo)
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ilquadernodelgiallo · 4 years
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Soprattutto, mi sarebbe piaciuto conoscere meglio Ekaterina, che è deliziosa e manifesta una cordialità che credevo esclusiva delle attrici americane: ride molto, si stupisce di tutto ciò che le dite, e vi pianta in asso quando passa uno più importante di voi. ________________ Eduard capisce allora una cosa fondamentale, ossia che ci sono due categorie di persone: quelle che si possono picchiare e quelle che non si possono picchiare, non perché siano più forti o meglio allenate, ma perché sono pronte a uccidere . È questo il segreto, l'unico, e il bravo Eduard decide di passare nella seconda categoria: sarà un uomo che nessuno colpisce perché tutti sanno che è capace di uccidere. ________________ Naturalmente Gorkun ci è finito [nel campo di lavoro] per reati comuni, altrimenti non se ne vanterebbe con ragazzi come Eduard e i suoi amici che, al contrario di noi, non hanno alcun rispetto per i prigionieri politici e, pur non conoscendone nessuno di persona, li ritengono intellettuali saccenti, o cretini che si sono fatti sbattere dentro senza neanche sapere perché. I criminali, invece, sono degli eroi, soprattutto i membri di quell'aristocrazia criminale nota come vory v zakone, “i ladri che obbediscono alla legge”. […] A patto che si tratti di un criminale onesto, vale a dire rispettoso delle leggi del proprio gruppo, e sappia uccidere e morire, Gorkun considera un segno di ardimento e distinzione morale giocarsi a carte la vita di un compagno di baracca e, terminata la partita, sgozzarlo come un maiale, o trascinarne un altro in un tentativo di evasione con il proposito di mangiarlo quando in mezzo alla taiga saranno esauriti i viveri. ________________ Nel mondo dei “decadenti” di Char'kov, infatti, il genio ha il dovere di essere non soltanto misconosciuto ma anche avvinazzato, eccentrico, disadattato. E poiché l'ospedale psichiatrico è uno strumento di repressione politica, un soggiorno fra le sue mura rilascia una patente di dissidenza ________________ E poi i posti sulla nave della dissidenza sono tutti occupati. Ci sono già le star, se sale a bordo anche lui non sarà altro che un figurante - e questo no, mai. ________________ C'era la letteratura ufficiale. Gli “ingegneri dell'anima”, come una volta Stalin aveva definito gli scrittori. […] Quanto guadagnavano in comfort e sicurezza lo perdevano in autostima. Ai tempi eroici dei costruttori del socialismo, potevano ancora credere a ciò che scrivevano, essere orgogliosi di ciò che erano, ma al tempo di Brežnev, dello stalinismo morbido e delle nomenklatura, non potevano più farsi illusioni, Sapevano bene di essere al servizio di un regime corrotto e di aver venduto l'anima, e sapevano che gli altri lo sapevano. […] Gli intellettuali di regime, se non erano completamente abbrutiti o del tutto cinici, si vergognavano di quel che facevano, si vergognavano di quel che erano. […] Molti si rifugiavano nell'alcol; alcuni, come Fadeev, si suicidavano. I più furbi, che erano anche i più giovani, imparavano a giocare su due tavoli, pratica ormai possibile perché al potere facevano comodo questi semidissidenti moderati ed esportabili che Aragon si era specializzato nell'accogliere da noi a braccia aperte. _______________ …certo, gli under leggevano i dissidenti e facevano circolare le loro opere, ma, tranne rare eccezioni, non si esponevano agli stessi pericoli e soprattutto non erano animati dalla stessa fede. […] Il piccolo mondo gregario, caloroso, mordace di cui Venedikt Erofeev era l'eroe e Edička Limonov l'astro nascente, Solženicyn non lo conosceva neppure, e se lo avesse conosciuto lo avrebbe disprezzato. La sua determinazione e il suo coraggio avevano qualcosa di disumano, poiché Solženicyn si aspettava dagli altri ciò che chiedeva a se stesso. Giudicava vile scrivere di un argomento diverso dai gulag, perché questo significava tacere i gulag. _______________ C'è una foto in cui si vede Eduard in piedi, con i capelli lunghi, trionfante, e con addosso quella che lui chiama la sua “giacca da eroe nazionale” - un patchwork di centoquattordici pezzi variopinti che ha cucito lui stesso -, e ai suoi piedi Tanja, nuda, incantevole, gracile, con quei suoi piccoli seni sodi e leggeri che lo facevano impazzire. Quella foto Eduard l'ha sempre conservata, se l'è portata dietro dappertutto, e l'ha appesa come un'icona alla parete di ogni suo alloggio di fortuna, Quella foto è il suo talismano, Quella foto dice che, qualsiasi cosa accada, per quanto in basso possa cadere, un giorno lui è stato quell'uomo. E ha avuto quella donna. _______________ Tutto è grandioso nel destino di Solženicyn, il quale, due giorni dopo questa riunione, viene caricato di peso su un aereo diretto a Francoforte dove Willy Brandt lo accoglie come un capo di Stato. Il che dimostra però (ed era questo il cruccio, fondato, dell'irruente Podgornyj) che il sistema sovietico aveva perso il piacere e la forza di fare paura, mostrava i denti senza più crederci davvero, e invece di perseguitare i ribelli preferiva mandarli al diavolo. ________________ La piantina, poi, li sbalordisce per la sua precisione: se indica che nella seconda strada a destra c'è Saint Mark's Place, be', lì c'è davvero Saint Mark's Place, cosa inimmaginabile in Unione Sovietica dove le piantine, quando se ne trovano, sono immancabilmente sbagliate, o perché risalgono all'ultima guerra, o perché anticipano grandi opere pubbliche e mostrano la città come si spera sia tra quindici anni, o semplicemente perché mirano a disorientare il turista, sempre più o meno sospetto di essere una spia. ________________ Lui e Tanjia sono due giovani russi adorabili, due graziosi animali da compagnia, ed è ancora presto per uscire dal ruolo. Eduard se ne accorge quando azzarda un'osservazione sul gusto per i riconoscimenti che Brodskij nasconde dietro la sua aria da studioso sempre con la testa fra le nuvole. Tat'jana lo interrompe inarcando un sopracciglio: ha già superato il limite. ________________ Comunque ha ucciso degli uomini, e ne parla senza vantarsene. Un giorno Eduard gli confessa che non è sicuro di esserne capace. "Ma come no" lo rassicura Porfirij. "Quando non avrai scelta, lo farai, come tutti. Non preoccuparti". ________________ È [il Russkoe Delo] insomma un luogo caldo e rassicurante per chi è appena arrivato e non parla inglese, ma anche l'anticamera della fine in cui sono naufragate le aspettative di chi è venuto in America credendo che lo attendesse una vita nuova ed è rimasto impaniato in quell'accogliente tepore, in quei meschini battibecchi, in quelle nostalgie e in quelle vane speranze di un ritorno in patria. ________________ l'Hotel Winslow è un rifugio per i russi, soprattutto ebrei, che appartengono come lui alla "terza emigrazione", quella degli anni Settanta. Eduard è in grado di riconoscerli per strada, anche di spalle, dalla stanchezza e dall'infelicità che emanano. A loro pensava quando ha scritto l'articolo che gli ha fatto perdere il posto. A Mosca o a Leningrado erano poeti, pittori, musicisti, under di valore che se ne stavano al caldo nelle cucine, e ora, a New York, fanno i lavapiatti, gli imbianchini, i traslocatori, e per quanto si affannino a credere ancora ciò che credevano all'inizio - che è una situazione provvisoria e che un giorno i loro veri talenti saranno riconosciuti - sanno bene che non è così. Allora, sempre tra loro e sempre in russo, si ubriacano, recriminano, parlano della patria, sognano di avere il permesso di ritornarvi, ma non avranno mai il permesso di ritornarvi e moriranno lì, in trappola e beffati dal destino. ________________ Gli piace che Trockij dichiari apertamente. "Viva la guerra civile!". Che disprezzi i discorsi da donnicciole e da preti sul sacro valore della vita umana. Che dica che per definizione i vincitori hanno ragione e gli sconfitti torto e che il posto dei secondi è nella spazzatura della storia. Queste sì che sono parole virili, e gli piace ancor più quello che raccontava il vecchio del "Rosskoe Delo": il tizio che le ha pronunciate è passato in pochi mesi dalla condizione di esule morto di fame a New York a quella di generalissimo dell'Armata Rossa, uno che si spostava da un fronte all'altro a bordo di un vagone blindato. ________________ Secondo Brodskij, è una regola: soltanto un provinciale può diventare un autentico dandy. ________________ Quello che gli dispiacerebbe è morire da sconosciuto. Se "Io, Edička" fosse stato pubblicato e avesse avuto il successo che meritava, allora d'accordo: lo scandaloso scrittore Limonov ucciso da una raffica di Uzi a Beirut occuperebbe la prima pagina del "New York Times". Steven e i suoi pari leggerebbero la notizia tenendo il giornale sopra le loro crêpe allo sciroppo d'acero e si direbbero, con aria pensosa: "Questo è un uomo che ha vissuto veramente". Così sì varrebbe la pena. La morte da milite ignoto, no. ________________ Tutto sommato, Eduard preferisce ancora i genitori di Jenny, autentici rednecks del Middle West, a cui la ragazza vuole a tutti i costi presentarlo quando i suoi vengono a passare una settimana nella metropoli. Il padre lavorava per l'FBI e somiglia in modo sorprendente a Veniamin. Quando Eduard glielo dice, e aggiunge che il padre lavorava per il KGB, l'altro scuote la testa e dichiara con solennità che ci sono brave persone ovunque: "Il popolo americano e quello russo sono pieni di brave persone; sono i dirigenti che fanno le porcate, e gli ebrei". Racconta con orgoglio che Edgar Hoover gli ha mandato un regalo per la nascita di ciascuno dei suoi figli, e quando viene a sapere che Eduard scrive gli augura di avere lo stesso successo che ha avuto Peter Benchley, l'autore dello Squalo. Birra, camicia a scacchi, buon diavolo, senza malizia: a Eduard piace più della figlia. ________________ Steven non era tanto ingenuo da credere che il poeta russo gli volesse bene, ma forse pensava di piacergli, e in effetti era vero. Eduard non trovava Steven né stupido né odioso; non aveva niente di personale contro di lui, ma di fronte a Steven si sentiva come il mužik che pur obbedendo al barin aspetta che giunga la sua ora, e quando quell'ora sarà giunta entrerà dalla porta principale nella bella casa piena di oggetti d'arte del barin, la saccheggerà, gli violenterà la moglie, getterà a terra il barin stesso e lo prenderà a calci con un riso di trionfo. La nonna aveva descritto a Steven lo stupore dei nobili zaristi quando videro scatenarsi a quel modo i loro bravi Vanja tanto devoti e fedeli, che avevano visto nascere i loro figli ed erano sempre stati così carini, e penso che Steven abbia provato a suo volta lo stesso stupore nel leggere il libro dell'ex domestico. Per circa due anni Steven aveva vissuto senza alcun sospetto accanto a quell'uomo tranquillo, sorridente e simpatico, che gli era nemico nel più profondo dell'animo. ________________ finché sei cattivo, non sei diventato un animale domestico. ________________ Quello che volevo raccontare accade in un pulmino che riaccompagna gli scrittori in albero dopo l'ennesima tavola rotonda. A un semaforo rosso un camion militare affianca il pulmino, all'interno del quale si diffonde un brusio di deliziato spavento. "L'Armata Rossa! L'Armata Rossa!". Sovreccitati, con il naso incollato ai finestrini, tutti i membri di quella comitiva di intellettuali borghesi sono come i bambini al teatro dei burattini quando vedono uscire da dietro le quinte il lupo cattivo. Eduard chiude gli occhi con un sorriso soddisfatto. Il suo paese sa ancora fare paura a quegli occidentali senza palle: tutto a posto. ________________ ...dopo che Berija, a capo dell'NKVD sotto Stalin, era caduto in disgrazia ed era stato giustiziato, fu data disposizione ai sottoscrittori della Grande Enciclopedia sovietica di ritagliare dalla copia di loro proprietà la voce encomiastica dedicata a quel fervido amico del proletariato per sostituirla con una voce della medesima lunghezza sullo stretto di Bering. Berija, Bering: l'ordine alfabetico era salvo, ma Berija non esisteva più. Non era mai esistito. Allo stesso modo, dopo la caduta di Chruščëv, le biblioteche dovettero lavorare di forbice per eliminare Una giornata di Ivan Denisovič dai vecchi numeri della rivista "Novyj Mir". Il potere sovietico si arrogava il privilegio che san Tommaso negava a Dio: fare che ciò che era stato non fosse stato. E non era a George Orwell, ma a Pjatakov, un compagno di Lenin, che si doveva questa frase straordinaria: "Se il partito lo richiede, un vero bolscevico è disposto a credere che il nero sia bianco e il bianco nero". [...] "Il socialismo integrale non è un attacco a determinate storture del capitalismo ma alla realtà stessa. È un tentativo di sopprimere il mondo reale, un tentativo a lungo termine destinato a fallire ma che per un certo periodo riesce a creare un mondo surreale fondato su questo paradosso: l'inefficienza, la povertà e la violenza sono presentate come il bene supremo" [Martin Malia]. La soppressione della realtà passa attraverso quella della memoria. [...] Così un intero popolo faceva come se non fosse mai successo e imparava la storia sul breve compendio che il compagno Stalin si era preso il disturbo di scrivere personalmente. ________________ Non gli piaceva trovare in un negozio di articoli militari d'occasione un cappotto da soldato dell'Armata Rossa, e accorgersi che i bottoni di ottone della sua infanzia erano stati sostituiti da bottoni di plastica. Un particolare, ma un particolare che, secondo lui, diceva tutto. Quale immagine poteva avere di se stesso un soldato ridotto a indossare divise con bottoni di plastica? Come poteva combattere? A chi poteva fare paura? [...] Un popolo i cui soldati sono infagottati in divise a buon mercato è un popolo che non ha più fiducia in se stesso e non ispira più rispetto ai vicini. È un popolo che ha già perso. ________________  ...ma no, c'è qualcos'altro, qualcosa che eccita i suoi compagni di baldoria e a lui procura invece un profondo disgusto. Ci mette un po' a  rendersene conto, ma quest'altra cosa che lo ha colpito ancora prima di entrare è lo sguardo del poliziotto appostato sul marciapiede. Non è un vigilante pagato dal ristorante, ma un poliziotto vero, vale a dire un rappresentante dello Stato. Una volta un rappresentante dello Stato, anche di grado subalterno, era rispettato. Incuteva timore, Ora il poliziotto all'ingresso non incute timore a nessuno, e lo sa. I clienti gli passano davanti senza neanche vederlo. Se hanno paura di qualcuno, non è certo di lui. Sono loro che hanno il denaro, loro che hanno il potere, e ormai quel poveraccio in divisa è al loro servizio. ________________ All'ingresso dei bagni c'è un'inserviente imbronciata, che Eduard vorrebbe abbracciare proprio perché è imbronciata, sovietica, perché non somiglia ai furbetti che si abbuffano qualche metro più su ma alla gente povera e onesta in mezzo alla quale è cresciuto. Prova a parlarle, a sapere che cosa pensi di quanto sta accadendo nel paese ma, come il conducente del pulmino, la donna si rabbuia ancora di più. È terribile: la gente comune con cui Eduard vorrebbe fraternizzare non gli dà corda, e invece a quelli che si mostrano bendisposti lui vorrebbe soltanto spaccare il muso. ________________ Eduard pensa che è un po' troppo facile vivere nel comfort e nella libertà, e voler tenere gli altri al riparo da tutto ciò per il bene della loro anima ________________ Non c'è nessuno dei suoi amici, ma Eduard riconosce dei volti intravisti in passato in occasione di qualche festa o di una lettura di poesia. Volti di comparse, volti spenti, rosi dall'odio per se stessi. E come sono diventati vecchi! Lividi o paonazzi, gonfi, sciupati. Non sono più under, certo, ora che tutto è permesso tornano alla luce, e la cosa terribile è che la loro assoluta mediocrità, misericordiosamente occultata in gioventù dalla censura e dalla clandestinità, è sotto gli occhi di tutti [...] L'insuccesso era nobile, l'anonimato era nobile, persino il decadimento fisico era nobile. Potevano sognare che un giorno sarebbero stati liberi, e quel giorno sarebbero stati acclamati come eroi, perché avevano custodito per le generazioni future, sotterraneamente e in clandestinità, il meglio della cultura russa. Ma, arrivata la libertà, non interessano più a nessuno. ________________ Scende la notte, Eduard non riesce a prendere sonno. Pensa alle poche lettere che ha ricevuto dai genitori durante la sua lunga assenza. Lettere lagnose, zeppe di stupidaggini e recriminazioni perché l'unico figlio che avevano non sarebbe tornato a chiudere loro gli occhi. Scorreva quelle lettere senza leggerle veramente, si rifiutava di compatire i genitori, ringraziava il cielo di averlo portato lontano dalle loro vite pavide e rattrappite. Un cattivo figlio? Forse, ma intelligente, e quindi senza pietà. La pietà rammollisce, la pietà avvilisce; e la cosa terribile è che da quando ha rimesso piede nel suo paese si sente invadere, oltre che dalla collera, dalla pietà. ________________ Quando è crollato il comunismo, Zachar [Prilepin] e i suoi amici avevano circa quindici anni. La loro infanzia era trascorsa in Union Sovietica ed era stata più bella dell'adolescenza e della prima età adulta. Quei giovani ricordavano con tenerezza e nostalgia il tempo in cui le cose avevano un senso, il denaro non era molto ma non c'erano nemmeno molte cose da comprare, le case erano ben tenute e un ragazzino poteva guardare con ammirazione il nonno perché era stato il migliore trattorista del suo kolchoz. Avevano vissuto la sconfitta e l'umiliazione dei genitori - gente modesta ma orgogliosa di essere ciò che era -, ridotti in miseria e privati anche dell'orgoglio. Credo che fosse soprattutto questo a riuscire insopportabile a Zachar e a quelli come lui. ________________ A differenza della maggior parte degli stabilimenti penitenziari russi, Lefortovo non è sporco, non è sovraffollato, non ci sono stupri né pestaggi; in compenso, si è sottoposti a un rigido isolamento. Non soltanto non si è costretti a lavorare, ma, anche volendo, non è permesso farlo. Le celle- singole, bianche, asettiche - sono tutte fornite di televisione, così i detenuti possono guardarla da mattina a sera, e questa soffice dipendenza li fa sprofondare presto o tardi nell'apatia, e poi nella depressione. La passeggiata quotidiana si svolge all'alba sul tetto della prigione, ma a ciascuno è riservato un recinto di pochi metri quadrati interamente circondato da una rete metallica, e per evitare che i progionieri possano scambiarsi qualche parola da una gabbia all'altra, gli altoparlanti diffondono musica a un volume così assordante che anche urlando a squarciagola non si riuscirebbe a sentire la propria voce. Ma nemmeno questa sgradevole passeggiata è obbligatoria, e molti finiscono per farne a meno: restano a letto, si girano contro il muro, non respirano mai più all'aria aperta. ________________ Forse il momento più mirabile della vita di Eduard, quello in cui è stato più vicino a essere ciò che sempre, strenuamente, con la cocciutaggine di un bambino, ha cercato di essere: un eroe, un uomo davvero grande. ________________ Il bravo zek è uno zek abbattuto, incapace di reagire: anche questo è intenzionale. ________________ E poi, senza preavviso, tutto si ferma. Il tempo, lo spazio: eppure non è la morte. Nulla di quanto lo circonda ha mutato aspetto, né l'acquario, né i pesci nella tinozza, né l'ufficio, né il cielo oltre la finestra dell'ufficio, ma è come se tutto ciò fosse stato fino a quel momento soltanto un sogno e d'un tratto diventasse pienamente reale: elevato al quadrato, svelato e insieme annullato. Eduard viene risucchiato da un vuoto più pieno di tutto ciò che è pieno al mondo, da un'assenza più presente di tutto ciò che riempie il mondo della propria presenza. Non è più da nessuna parte ed è interamente lì. Non esiste più e non è mai stato così vivo. Non c'è più nulla, c'è tutto. La si può chiamare "trance", "estasi", "esperienza mistica". [...] Oppure si può, come Eduard, tornare nella propria baracca, sdraiarsi sul materasso, prendere il quaderno e scrivere: "Questo mi aspettavo da me. Ora nessun castigo può toccarmi, perché saprò trasformarlo in felicità. Uno come me può trarre gioia anche dalla morte. Non tornerò alle emozioni dell'uomo comune". ________________ Nel proprio paese era diventato la star che aveva sempre sognato di essere: scrittore osannato, guerrigliero mondano, habitué dei giornali scandalistici. Appena rimesso in libertà, aveva scaricato la valorosa piccola Nastja per buttarsi su una di quelle donne di categoria A alle quasi non ha mai saputo resistere: un'incantevole attrice diventata famosa con un telefilm intitolato KGB in smoking. I suoi trascorsi carcerari ne facevano un idolo dei giovani, l'alleanza con Kasparov un uomo politico presentabile, e non escludo che Eduard abbia immaginato veramente di arrivare al potere sull'onda di una rivoluzione di velluto, com'era accaduto in passato a Václav Havel. ________________ Di tutti i luoghi del mondo, continua Eduard, l'Asia centrale è quello in cui si trova meglio. in città come Samarcanda o Barnaul. Città schiantate dal sole, polverose, lente, violente. Laggiù, all'ombra delle moschee, sotto le alte mura merlate, ci sono dei mendicanti. Un sacco di mendicanti. Sono vecchi emaciati, con i volti cotti dal sole, senza denti, spesso senza occhi. Portano una tunica e un turbante anneriti dalla sporcizia, ai loro piedi è steso un pezzo di velluto su cui aspettano che qualcuno getti qualche monetina, e quando qualche monetina cade non ringraziano. Non si sa quale sia stata la loro vita, ma si sa che finiranno nella fossa comune. Sono senza età, senza beni, ammesso che ne abbiano mai avuti - è già tanto se hanno ancora un nome. Hanno mollato tutti gli ormeggi. Sono dei derelitti. Sono dei re. Questo sì che gli piace.
Emmanuel Carrère, Limonov
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spettriedemoni · 5 years
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Il funerale di Enzo Baldoni
I più giovani non ricorderanno Enzo Baldoni, chi ha qualche anno in più, capelli grigi (o pochi) lo ricorderà eccome. Qualcun altro ricorderà anche come fu insultato per essere andato in Iraq ad "aiutarli a casa loro" e anche a cercare di capire, prima di tutto.
È morto in questi giorni di diversi anni fa. Scelgo di ricordarlo con le parole che usò lui per descrivere un suo ipotetico funerale sperando vi faccia sorridere e riflettere.
Buona lettura.
Stamattina sono stato a un funerale. La cerimonia è andata via liscia e incolore finché alla fine il prete ha detto: “Ora il figlio vuole dire qualche parola”.
Il figlio, in dieci minuti, ha tratteggiato un ritratto vivo, affettuoso e vivace del padre. Un ritratto senza sbavature né esagerazioni né cedimenti al sentimentalismo. Ma quei dieci minuti hanno avuto più calore, colore e spessore di tutto il resto della cerimonia. Il papà era ancora lì tra noi, vivo, e questo sarà il ricordo che ne manterremo.
Ordunque, trascurando il fatto che io sono certamente immortale, se per qualche errore del Creatore prima o poi dovesse succedere anche a me di morire – evento verso cui serbo la più tranquilla e sorridente delle disposizioni – ecco le mie istruzioni per l’uso.
La mia bara posata a terra, in un ambiente possibilmente laico, ma va bene anche una chiesa, chi se ne frega. Potrebbe anche essere la Casa delle Balene, se ci sarà già o ci sarà ancora. L’ora? Tardo pomeriggio, verso l’ora dell’aperitivo.
Se non sarà stato possibile recuperare il cadavere perché magari sono sparito in mare (non è una cattiva morte, ci sono stato vicino: ti prende una gran serenità), in uno dei miei viaggi, andrà bene la sedia dove lavoro col mio ritratto sopra.
Verrà data comunicazione, naturalmente per posta elettronica, alla lista EnzoB e a tutte le altre mailing list che avrò all’epoca. Si farà anche un annuncio sui miei blog e su qualsiasi altra diavoleria elettronica verrà inventata nei prossimi cent’anni.
Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati.
Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che *assolutamente* non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati.
Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato.
Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l’orchestra degli UNZA, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, che cazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un po’ anche a me.
Voglio che si rida – avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte – . E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considererei un’offesa alla morte, bensì un’offerta alla vita.
Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata.
Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega.
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Procreazione assistitita, l’utopia smascherata
I bambini nati da fecondazione artificiale presentano maggiori rischi di prematurità e di disturbi del comportamento, del linguaggio, dell’attenzione, ecc. E i genitori sviluppano una serie di problemi psicologici legati all’uso della Pma. Sono le conclusioni di un convegno di pediatri italiani, che tuttavia non condannano il ricorso alla tecnica. Eppure, alla ribellione alla legge naturale bisognerebbe dire “basta”.
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di Benedetta Frigerio (26-01-2020)
Verrebbe da gridare “finalmente!” leggendo gli atti del convegno “Procreazione medicalmente assistita: il bambino al centro”, della Società italiana di pediatria (Sip) e del Sindacato italiano degli specialisti pediatri (Sispe) che il 18 gennaio scorso a Roma hanno constatato l’esistenza di una correlazione fra malattie fisiche e psichiche crescenti dei bambini e i nati da fecondazione artificiale.
Teresa Mazzone, presidente del Sispe, ha affermato che il bambino prodotto come merce in laboratorio «potrebbe presentare alcune problematiche specificamente connesse alla possibile prematurità» e «a disturbi minori o maggiori che riguardano il comportamento e le performances, anche scolastiche future». Si parla di «outcome tardivi che riguardano prevalentemente lo sviluppo neurocognitivo: disturbi del comportamento, del linguaggio, deficit di attenzione, iperattività e disturbi dello spettro autistico». Inoltre, «ci sono anche dati sui giovani adulti nati da Pma che hanno dimostrato, ad esempio, maggiori problemi relativi all’ansia e all’assunzione di bevande alcoliche rispetto ai nati naturalmente».
Si direbbe che finalmente le foglie sugli alberi in estate sono state riconosciute come verdi e che la natura non può che ribellarsi se manipolata. Ma c’è un ma. Perché pur ammettendo che il processo innaturale della produzione di persone è da considerarsi un fattore di rischio, i pediatri concludono che, siccome potrebbero esserci anche altre cause (come l’età della madre), la sperimentazione umana può tranquillamente procedere anche se il Registro nazionale sulla Pma dell’Istituto superiore di sanità indica che ormai circa il 3% della popolazione nasce da Pma (2017).
Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio terapie dell’Istituto di Ortofonologia, ha così affermato che «abbiamo il dovere di capire e non di demonizzare questo argomento, di cui è ancora molto difficile parlare», per cui anche Mazzone si guarda bene dal dire che la fecondazione andrebbe evitata. Se mai bisogna «conoscere i possibili rischi collegati a queste metodiche. Difatti è il principale dovere del pediatra: essere consapevole dei rischi, valutare il bambino con attenzione e intervenire precocemente, perché ad alcune di queste criticità giovano moltissimo una diagnosi e un intervento riabilitativo precoce». Insomma, invece che prevenire il danno, si decide di pensare a come mettere delle pezze.
I pediatri dunque non condannano la fecondazione in vitro, pur non potendo evitare di denunciare i danni supplicando le donne di non attendere ad avere figli dopo i 35 anni. Mazzone ha infatti sottolineato che anche se bisognerebbe limitare la Pma «ai casi in cui c’è veramente necessità, le tecniche di fecondazione assistita garantiscono senza dubbio sempre maggiori risultati in termini di gravidanze e di nascite». Come a dire che se i genitori raggiungono lo scopo desiderato (pur in percentuali minime) i bambini passano comunque in secondo piano, sebbene soffrano sindromi psicologico/psichiatriche gravi o siano a rischio vita (con la maggioranza degli embrioni che muore): Di Renzo ha ammesso che «su 100 mila embrioni solo 9 mila nascono», che si «assiste a uno spreco (come fossero beni industriali, ndr) del 91% di embrioni che muoiono e il passaggio più delicato va dallo scongelamento all’inserimento in utero: il 40% degli embrioni muore, infatti, in fase di scongelamento. Ora gli studi puntano a capire cosa succede in questa fase, perché è lì che si determinano anche le mutazioni cromosomiche».
Anche i genitori, però, prima o poi la pagano. Le madri sviluppano problemi psicologici perché «la maternità non viene declinata nella dimensione affettivo-corporea», ha proseguito Di Renzo. Se poi «l’infertilità è un lutto» e «la Pma si è posta come una riparazione immediata» non si permette «alle donne di accedere al dolore. Questa sofferenza non scompare, rimane dentro come una ferita non elaborata ed è molto probabile che alla quarta stimolazione ovarica, ad esempio, ci sia una risposta emotiva molto forte da parte delle donne». Si pensi poi alla soppressione di uno degli embrioni in utero, perché ritenuti eccessivi per la donna, da cui nasce la «“sindrome del sopravvissuto”, che vede la madre considerare l’embrione sacrificato come l’eroe che si è appunto sacrificato per gli altri (sebbene sia stata lei a voler ucciderlo, ndr)… gli altri vivranno nella sua ombra e tale dinamica si ripercuoterà nella relazione, con il rischio di una difficoltà nell’attaccamento nei bambini nati». Nel caso poi «della donazione di ovocita riscontriamo una grande difficoltà delle mamme a dire di averlo ricevuto».
Infine, c’è l’alto rischio di nascita pretermine e ancor peggio il fatto che «da uno stesso gruppo di embrioni possono nascere bambini in momenti diversi: è la sindrome del falso gemello asincrono che crea una dissonanza psichica».
Un panorama tetro se si pensa che la scienza occidentale fino a prima di regimi come quello nazista, che hanno praticato l’eugenetica, non avrebbe mai sacrificato sul suo altare degli esseri umani. Ancor meno se innocenti. Il principio di prudenza vuole infatti che se esiste anche una minima correlazione fra malattie gravi e morte, da un lato, e una certa tecnica, dall’altro, è a questa seconda che bisogna rinunciare. Ma evidentemente stiamo vivendo in un regime simile, se non peggiore, a quelli che tutti amano ancora condannare a parole. Visto che gli adepti del Führer si nascondevano nei campi di concentramento con le loro cavie, mentre oggi tutto si svolge alla luce del sole.
Ecco, se questo è il mondo in cui siamo costretti a vivere, dove il male si fa sempre più legge, d’altra parte la realtà comincia a parlare così forte che l’utopia dell’uomo perfetto in provetta si allontana. Pare così più vicino il momento in cui le tenebre, il dolore, le malattie e la disperazione che si diffondono al crescere della ribellione alla legge naturale (che Dio ha voluto per aiutare l’uomo a camminare nella via stretta ma buona della vita) saranno tali che l’uomo, bramando una luce, dovrà gridare (più che “finalmente!”) “adesso basta!”.
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