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#anzi non sono proprio venute
pgfone · 4 months
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I famosi "cavoli miei"
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rideretremando · 1 month
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"Ieri sera sono andato a sentire Bifo (gli ho anche stretto la mano, cosa che ancora stamattina, a ripensarci, mi riempie di soddisfazione).
Adesso però mi sto ridicendo in testa tutte le cose che mi sono venute in mente ascoltandolo (come sempre mi succede, perché sono un polemico di merda e sviluppo pensieri solo in maniera parassitaria, quando qualcuno dice qualcosa a me viene in mente qualcosa di opposto o di diverso o di derivativo). Una la scrivo, perché c’entra col mio lavoro di insegnante e con le cose che vedo tutti i giorni.
L’incontro era pieno di vecchi (vecchi forse è troppo sprezzante come parola, diciamo anziani, o vegliardi, o senescenti, anche perché era un ottimo uditorio, composto da persone di buone letture, dal pensiero attivo) nonostante quella di Bifo fosse fondamentalmente un’invettiva contro il pensiero senile, il potere senile, la mentalità del novecento (paradosso denunciato da lui medesimo durante l’incontro: un uomo di 75anni che inveisce contro altri uomini di 75 anni, un europeista che inveisce contro l’europa, un militane che invita alla diserzione, un sostenitore di una lista politica che si augura che la sua lista politica non entri in parlamento ecc, il pensiero paradossale è una delle cose tante cose belle del pensiero di Bifo e ieri è stata una goduria).
Comunque torniamo al fatto che Bifo si rivolgeva alla gioventù, e in effetti l’incontro era stato organizzato da giovani di venti-trent’anni, e alcuni erano in sala ad ascoltare (credo più che altro l’entourage dell’organizzazione, diciamo che su 100 persone ce ne saranno state una trentina sotto i 40, e siccome quelli di questa età non facevano altro che muoversi per la stanza con telecamere, macchine fotografiche, telefoni, treppiedi ecc, ne ho dedotto che molti avessero a che fare con l’organizzazione) e ad annuire o sorridere sornioni a ogni imbeccata dell’oratore.
Gli interventi post-orazione, invece, come c’era da aspettarsi, sono stati monopolizzati da 60-70enni che replicavano al nichilismo di Bifo obiettando con le solite argomentazioni degli attivisti, di chi ha fatto la contestazione, ha vissuto gli anni 70, la speranza, la rivoluzione/il riformismo ecc ecc (nobilissime idee, dico “solite” tanto per spicciarci).
A un certo punto si alza finalmente un ragazzo e sembra la pubblicità delle Vigorsol quando finalmente arriva il fresco e l’aria si muove e suona la sveglia oppure si apre una finestra e una balena si schianta sulla scrivania, e insomma il ragazzo riconduce tutti al centro della riflessione di Bifo, o se non altro alla parte della sua riflessione che era stata negletta dall’uditorio e dagli interventi spontanei: “Siamo di fronte a una generazione [quella dei ventenni] che ha imparato più parole da una macchina che dalla propria madre”. Da questo postulato, a cascata, una serie di corollari: sono “socialmente anaffettivi”, “incapaci di solidarietà” (un po’ come i gatti: imparano a fare le fusa solo se non li togli troppo presto dalla cucciolata), “sono depressi di una depressione non patologica, ma anzi sana, essendo questa il sintomo della consapevolezza: se non fossero depressi sarebbero deficienti”.
Ora, vabbe’, il ragazzo che è intervenuto parlava con vigore e con chiarezza (per me è stato illuminante e allo stesso tempo avvilente accorgermi che anche per parlare serve il vigore della gioventù, anche per dire con la voce le cose in modo semplice ed efficace ci vuole l’energia di un corpo giovane, e che la mente tiene dietro al corpo e viceversa) e anche a me è venuto da applaudirlo fortissimo: finalmente uno che ci riporta al nocciolo della questione.
Bifo, visibilmente soddisfatto dell’intervento, che rimproverava la scarsa presenza dei giovani in sala e motivava il fatto che questi non prendessero parola proprio per conformità con quanto esposto dall’oratore stesso (i ragazzi hanno compreso che disertare è l’unica via, e si astengono, rinunciano consapevolmente, anche a esprimersi, specie in un consesso senile con il quale non condividono più nessun orizzonte), ha rafforzato questo pensiero e si è congedato.
Io invece mi rigiravo in testa il pensiero che per quanto energicamente espresse e teoreticamente ben motivate, avevo ascoltato idee che adesso mi lasciavano un sacco di perplessità che adesso mi dovevo risolvere da solo (lo so che lo scopo di ogni buona orazione è questo, però OGNI TANTO potreste anche prevedere che esistiamo NOI PIGRI).
Voglio leggere il libro di Bifo, perché di sicuro mi chiarirà questi dubbi, il primo dei quali riguarda proprio la proposizione -assioma: “Una generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla propria madre”.
Quando l’avevo sentita dire a Bifo, mi aveva confuso: ero convinto che parlasse della MIA generazione.
Io ho 50 anni, ho imparato più parole da una macchina (la tv) che da mia madre.
Se la mia generazione avesse imparato più parole dalla famiglia che dalla tv probabilmente avrebbe parlato prevalentemente il dialetto siciliano.
Sono anche abbastanza certo che eravamo esposti alla tv (e nella primissima infanzia alle favole ascoltate dai mangianastri, e intorno agli otto anni ai videogiochi, e alle vhs, e poi ai dvd, ecc) per tempi molto simili, se non più lunghi, di quelli cui i ventenni di oggi sono stati esposti al cellulare. Allora come oggi, le famiglie progressiste più avvertite si affannavano a disciplinare il consumo di televisione e videoregistratore e consolle di videogiochi (e poi computer) esattamente come è accaduto alle famiglie degli attuali ventenni con l’uso dei telefoni, dei tablet ecc.
Allora come oggi, il segno distintivo del progressismo di sinistra erano affermazioni come: mio figlio non ha la tv, o guarda la tv al massimo per un’ora al giorno e sotto la mia supervisione, stessa frase che ho sentito e sento dire ai genitori dei miei studenti riguardo ai cellulari, i tablet ecc.
Quindi sì, non dubito affatto che questa generazione di venti-trentenni abbia imparato più parole da una macchina che dalla madre, però dubito seriamente che sia la prima a cui sia accaduto, e dubito anche che sia quella a cui è accaduto in misura maggiore (molti della mia generazione e delle generazioni limitrofe alla mia sono stati letteralmente ALLEVATI dalla televisione).
Certo, può darsi che io stia cogliendo solo la lettera di quanto hanno sostenuto Bifo e il 20enne che ha parlato ieri sera, però appunto, se in questa affermazione c’è uno spirito che va oltre la lettera, lo scoprirò grazie al libro. Questa idea di novità assoluta (la prima generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla madre) ieri ha fatto ha fatto raggiungere al il ragazzo che ha fatto l’intervento una punta di lirismo. Non so se la ricordo bene, ma era una cosa tipo: io non posso nemmeno più guardare il sole come lo guardava mio padre. Qualcosa di simile, insomma, che credo sottintendesse cose come: il mio sguardo è inficiato dalla macchina anche quando mi trovo di fronte a un panorama naturale commovente, struggente, ecc, lo vedo e penso a fotografarlo o a riguardarlo in video ecc.
Ok, verissimo, ma pure questo, boh: è una novità? La mia generazione ha commentato miliardi di panorami e fenomeni naturali con la frase: sembra un film, o sembra Tomb Rider, o sembra finto, intendendole come dei grandissimi complimenti o comunque prendendole per quello che esattamente erano: la prima analogia che ci veniva in mente.
Nemmeno io ho potuto guardare il sole come lo guardava mio padre, e mio padre non l’ha guardato come lo guardava mio nonno.
Aggiungo anche che pure io sono stato depresso, e pure mio padre e pure mio nonno probabilmente lo sono stati, e che nella depressione mondiale e simultanea dei ventenni di oggi forse una novità c’è davvero: la facilità di diagnosi e di ricorso a cure o sostegno mai sperimentata prima nella storia dell’umanità.
Dopo Mark Fisher, l’ipotesi di essere depressi a causa del realismo capitalista si è diffusa tantissimo, però forse è plausibile solo in parte: come in ogni epoca, il capitalismo è di sicuro una delle concause della depressione, la macroeconomia c’entra sempre (e quindi un po’ non c’entra neanche nulla, almeno per chi poi deve curare il disagio, visto che bisogna curare l’individuo, ed è difficilotto guarire il pianeta dal capitalismo spinto).
Quindi non so, vedo ragazzi ogni giorno, e a me non sembrano depressi e nemmeno disperati (vorrei tanto che lo fossero, nel bel senso che ha dato ieri alla parola Bifo) e non mi pare nemmeno che i loro problemi possano derivare dall’avere imparato più parole da una macchina che dalla madre (in un certo numero di casi, I me contro te parlano meglio delle madri, conosco famiglie intere che per esprimersi usano un unico fonema: OHU!, il cui senso e significato dipendono unicamente da intonazione e volume ).
Forse invece vedremo presto una cosa davvero nuova (o almeno “più nuova”) in classe. Provo a dire quale.
Io e i ragazzi che finora ho avuto in classe abbiamo imparato parole da una macchina vecchio tipo. Io e loro abbiamo imparato parole da una macchina dentro la quale c’erano degli esseri umani che parlavano.
I prossimi impareranno parole da una macchina dentro la quale ci sarà UN’ALTRA MACCHINA CHE PARLA.
Se vogliamo guardare ancora più avanti, dentro questa macchina con dentro una macchina che parla, per un certo periodo di tempo ci sarà una macchina che parla attingendo parole dal repertorio umano, ma poi, a un certo punto, ci sarà una macchina che attingerà parole dal repertorio delle macchine.
Personalmente, credo che nemmeno a questo punto potremo dichiarare finita l’umanità, e che nemmeno a questo punto un ventenne potrà lagnarsi del fatto che ha diritto a essere depresso, anzi fa bene, perché se non lo fosse significherebbe che è deficiente. Anche se perfino sulla lagna sospendo il giudizio.
Il ragazzo di ieri sera si è lagnato bene, e per me se ti lagni bene, se ti lagni come Leopardi o come Nietzsche ti puoi lagnare quanto ti pare, anzi: lagnati per favore, che mi fai godere molto con le tue lagne. Se invece ti lagni come Giorgia Soleri, ecco, secondo me è più piacevole per tutti se non ti lagni."
Mario Filloley
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blackmoonandspirits · 2 years
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Quando mi sono iscritta al laboratorio teatrale in università, lo avevo fatto solo per fare qualcosa di scomodo, con cui potessi mettermi in gioco e uscire dalla mio comfort zone. È stato difficile, difficilissimo. Sono stati nove mesi lunghissimi, pieni di sacrifici, fatica, esercizi noiosissimi e battute che proprio non volevano essere memorizzate. Sono stati mesi in cui tutte le settimane ci siamo trovati per provare, per sudare letteralmente su questa rappresentazione teatrale. Mesi in cui ogni tanto mi sono chiesta se avessi fatto la scelta giusta, o se fosse stato meglio iscrivermi ai tre classici laboratori da sedici ore l'uno, piuttosto che prendermi un impegno così grande...
Una delle primissime cose che ci dissero, riguardo a questo laboratorio, fu che non era pensato per attori, ma per educatori. Bastava comprendere l'impronta pedagogica dietro a tutto il percorso e che lo spettacolo finale sarebbe stato solo uno sfondo su cui poter rappresentare i nostri apprendimenti.
Oggi abbiamo avuto la rappresentazione finale, per la prima volta davanti a un pubblico, davanti a persone venute apposta per noi, ed è andato tutto talmente bene, che l'intera ora di spettacolo è sembrata durare quindici minuti.
Ora che si è concluso tutto, sono certa che non avrei mai potuto fare una scelta migliore di questa. Non ho trovato solo degli ottimi compagni di scena, ma dei veri e propri amici su cui poter contare, con cui ridere, piangere e di cui potermi fidare davvero, senza alcun giudizio o pregiudizio.
Non so se sarebbe potuta andare meglio di così, ma di certo, non cambierei proprio niente. Questa notte, siamo tutti stati un po' più attori del solito, e siamo stati bravi.
"Ma nella notte per come l'hanno raccontata, tutt'a un tratto i loro animi tutti insieme trasformati, fanno pensare a qualcosa che non sia pura fantasia, ma anzi, assume un sua coerenza... Per quanto rimanga tutto così strano, stupefacente."
"Sogno di una notte di mezza estate, William Shakespeare, laboratorio teatrale 2021/2022, Ippolita."
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londranotizie24 · 3 days
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Comites e Associazioni a Manchester, c'è aria di networking
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Di Pietro Nigro Incontro di successo tra Comites e associazioni a Manchester, ospitato, per la prima volta dopo molti anni, sabato scorso al Consolato. Comites e Associazioni, a Manchester c'è aria di networking Un successo l'incontro tra Comites e Associazioni del territorio che si è tenuto sabato scorso nei locali del Consolato d'Italia a Manchester e ospitato dal Console Matteo Corradini. Un incontro che non si teneva da anni, e che, anche per questo il Comites presieduto da Luigi Cassandra ha organizzato per favorire la conoscenza reciproca e stimolare networking e collaborazione tra i soggetti istituzionali ed associativi che costituiscono l'ossatura della comunità italiana nel nord dell'Inghilterra. A fare gli onori di casa il Console Corradini, insieme a tutti i rappresentanti del Comites intervenuti, oltre al Presidente Gianluigi Cassandra i consiglieri Gianluca Fanti, Emanuele Bernardini, Cesare Ardito, Silvia Massini ed il Vice Presidente Silvana Poloni, che ha chiuso la riunione. Presente anche Giannino D'Angelo, consigliere del CGIE. "Sono venute tutte le associazioni, o almeno quelle di cui siamo a conoscenza - conferma con soddisfazione l'avvocato Cassandra - perché abbiamo cercato di esssere il più inclusivi possibile, ed abbiamo individuato e invitato anche quei sodalizi che non erano ancora iscritti al registro delle Associazioni del Consolato". Anzi, proprio grazie a questo incontro, molte associazioni si sono iscritte al Registro e si sono pcoì presentate ufficialmente anche al Consolato. Numerosi sono stati anche gli interventi dei rappresentanti delle 28 associazioni rappresentate, da Benedetta Reggiani delle Acli, a Lucio Piccirillo dell'Associazione Amici del Teatro Italiano, da Giulia Sirigu della ICCIUk - Camera di Commercio Italiana in Uk, a Giusy Masiello della Uk Confederation Confassociazioni, da Mahnoor Shahid di Heart of Manchester, a Maurizio Rodorigo di Inca Uk, da Valeria Mese della Buona Notizia- Harrogate, a Emanuela Casale di Mamma Mia Liverpool, da Tony Rea di Manchester Italian Association, a Silvana Serra della Società Dante Alighieri Manchester, da Robert Vincent della Società Dante Alighieri Loughborough, a Bruno Buccelli della Lancaster Festa Italia. Si tratta di un evento pressoché inedito da queste parti, perché nessuno ha memoria di appuntamenti anloghi da molti anni a questa parte e che ha dimostrato e reso evidente la gran voglia di partecipazione e di collaborazione di tutti i rappresentanti del mondo delle associazioni. Durante l'incontro di sabato scorso, infatti, ciascuna associazione si è fatta conoscere ed ha presentato a Console e Comites la sua storia e le attività che organizza, mentre nel successivo light buffet offerto dal Comites, dopo aver rotto il ghiaccio, tutti i delegati hanno partecipato a una intensa attività di networkling, durante il quale sono state anche poste le basi per future possibili collaborazioni. "Il nostro scopo - conferma Cassandra - era proprio quello: conoscere le associazioni, ma anche far sì che esse stesse si possano conoscere e incntrare. E questo è l'inizio di un percorso che speriamo di percorrere in futuro, in cui non solo si rinnoveranno gli incontri con le associazioni, in occasione delle riunioni itineranti del Comites nel territorio, e si esplorranno tutte le possibilità di sostegno reciproco". Anche perché, testimonia il presidente del Comites di Manchester, si tratta di associazioni, rappresentanti illustri della prsenza italiana in Regno Unito, che organizzano attività molto importanti pressoché solo grazie all'impegno volontario e alla abnegazione dei privati che ne fanno parte. Ma non finisce qui, perché il passo successivo a cui sta pensando il Comites, è di organizzare analoghe iniziative per andare a conoscere da vicino un'altra componente importante della comunità italiana in Uk, quella degli imprenditori e dei professionisti che operano e che si sono inseriti con grande successo nel tessuto produttivo ed economico britannico. ... Continua a leggere su Read the full article
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Caro diario...
Molte volte nel corso della mia vita mi sono domandata se fossi o meno una brutta persona.
Per un periodo ero sicura di avere una risposta, ma oggi quando mi guardo in dietro non mi sento di confermarlo o smentirlo. Mi sono sentita e spesso mi sento ancora una brutta persona, una brutta figlia, fidanzata, sorella e amica. 
E questo perché non ho mai avuto un bel rapporto con i miei, anzi per diversi anni non ho proprio avuto alcun tipo di rapporto pur vivendo sotto lo stesso tetto in un appartamento di 60mq. E non so dire quando e come è successo, so solo che ad un certo punto tra le elementari e medie mi sono chiusa a guscio.
Perché non era un buon periodo, perché non riuscivano a starmi vicino come avrei avuto bisogno, perché probabilmente avevo esigenze diverse da quelle di mia sorella e non riuscivo a sentirmi amata e apprezzata. 
Io oggi guardo a questo situazione in modo molto diverso, fino a pochi anni fa non mi rendevo conto di questa mia chiusura, ero convinta di essere sola, che la mia famiglia non mi volesse, mi escludesse. Mi chiedevo perché invece con mia sorella fossero così presenti, così attenti e per diversi anni sono stata gelosa del trattamento che le riservavano non lo trovavo giusto, oggi capisco che forse lei dava loro lo spazio che bastava per essere presenti nella sua vita.
Ancora oggi credo, e dubito qualcuno riuscirà mai a farmi cambiare idea, che non tutti siano in grado di essere genitori. E non mi riferisco al genitore biologico, ma al “bravo genitore” singolo o parte di una famiglia funzionale. Credo che non si diventi bravi genitori con la pratica e gli anni, che non si debba diventare genitori così, ma che PRIMA di fare i figli ci si dovrebbe domandare se conosciamo le loro esigenze, i loro bisogni, se abbiamo le possibilità, se siamo capaci di dare loro l’amore, le attenzioni e possibilità che meritano. 
Io credo che i miei genitori non siano stati funzionali, in questo senso. Probabilmente ha influito la mentalità del loro paese di provenienza, il fatto che lavorassero dalla mattina alla sera, la giovane età e il loro essere su due onde diverse, però non sono stati all’altezza. E lo dico in modo un pò cinico fra me e me, anche se cinica non sono affatto, solo per arrivare dritta al punto.
Sono anche abbastanza convinta che i miei credano di aver fatto un gran lavoro, perché tutto sommato io e mia sorella siamo delle brave ragazze, venute su bene come si dice... ma come siamo venute su? forse questo nessuno se lo domanda.
Io ho 21 anni, sono estremamente insicura, non ho fiducia in me stessa, non riesco a credere nelle mie possibilità e a causa di questo non riesco a impegnarmi nelle cose, mollo subito o al primo scoglio. Soffro da sempre di stati depressivi, ho cercato di farmi del male in passato, ho un pessimo rapporto con il cibo da ormai tutta la vita, ho un pessimo rapporto con il mio corpo e con la mia persona in generale. Soffro lo stare da sola, soffro lo stare in mezzo a troppe persone, non mi fido di me stessa e per questo non lascio che nulla sia in mio controllo, nemmeno la macchina: patente presa 3 anni fa che non ho mai usato se non per poter fare l’esame di guida. Soffro di stati d’ansia, ho momenti in cui rimango impassibile anche alla più atroce delle situazioni e periodi in cui tutto mi fa piangere a dirotto. Ho paura delle persone, e non riesco facilmente a fidarmi, per diversi anni ho finto di essere qualcuno che non ero, mi sono inventata hobby e capacità che non avevo perché mi sentivo orribile e volevo tanto essere diversa. 
Credo non ci sia cosa più brutta per una ragazza di 21 anni con le condizioni e le possibilità che ho io, quindi buona salute, buona condizione economica, amici, fidanzato e via discorrendo... guardarsi allo specchio e farsi schifo, volersi distruggere pezzo per pezzo, augurarsi la fine peggiore e non riuscire ad apprezzare quello che il mondo le offre perché troppo impegnata ad odiarsi fino all’ultima particella. 
Detto questo no, non credo basti mettere al mondo un figlio, amarlo e sperare sia felice per farlo crescere davvero bene e in salute. Bisogna sapere dove mettere le mani, come avvicinarsi e quando avvicinarsi soprattutto oggi nell’epoca in cui viviamo. 
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puparuolimbuttunati · 3 years
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Vi è mai capitato che qualcuno vi abbia raccontato, magari anche con una certa naturalezza, di aver fatto qualcosa (o abbia fatto qualcosa in vostra presenza) che in qualche modo si scontrasse con la vostra morale o col vostro modo di vedere le cose e abbiate dovuto fingervi più progressisti e di larghe vedute di quanto in realtà non foste?
A me è capitato spesso e questa cosa mi fa piacere perché vuol dire che le persone si sentano a proprio agio con me, oltretutto mi ha portato spesso a riconsiderare le mie convinzioni e a crescere, però non posso fare a meno di pensare che qualche volta sia quantomeno strano.
Tutto è cominciato quando la notte di Santo Stefano di circa nove anni fa ricevo una chiamata da un mio amico che era andato a prostitute e non sapeva come tornare.
Sono andato a prenderlo in maniera molto chill, come se la gente andasse a puttane regolarmente ogni festa comandata, certo, le cose si sono complicate un po' quando ho sentito che puzzava di piscio, ma nonostante tutto non ho detto nulla, ho cercato di non fare domande e anzi, per dissimulare, ricordo di avergli chiesto "ti accompagno a casa o da tua nonna?"
Una scena simile si è ripetuta quando, durante una vacanza al mare, ad una mia amica olandese sarebbero venute le mestruazioni e aveva portato dei Tampax che non aveva mai messo prima di allora. "E se ti rimane incastrato chi te lo toglie?" le disse un'altra amica, e lei, per tutta risposta, esclamò "Andrea!" e io, per non metterla in imbarazzo, feci finta che ci fossimo accordati per questa cosa da sempre, proprio tranquilla piccere', stappo vagine come bottiglie di Cristal, stai in mano all'arte.
L'ultima mi è capitata un paio di giorni fa "fra, sono tornato con F. (ndr. nonostante le corna dopo sei anni di relazione), anche se ora è partita per l'erasmus. Mi ha detto che se siamo entrambi d'accordo non è tradimento, io le ho dato ragione, alla fine starà via tanto tempo." "ma quindi anche tu hai intenzione di scoparti qualcun altra, no?" "no, macché, non ci ho proprio pensato, ha messo lei il discorso in mezzo, ma alla fine è giusto così. No?" "No?" "Eh, no?" "Sì?".
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unanuvola · 3 years
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Come sarò io e come sarai tu (con qualche giorno in più)
Personaggi: OC, Damiano David, Ethan Torchio, Victoria de Angelo's, Thomas Raggi
Genere: Romantico
Trama: E se dopo quindici anni il passato che volevi dimenticare ti venisse a trovare a lavoro? Tu cosa faresti?
~`~`~`~
PROLOGO
Giugno 2005
Faceva terribilmente caldo per essere inizio giugno e mi trovavo in mezzo a una baraonda di gente. Sembrava quasi che la maggior parte degli studenti del Manzoni avessero avuto la mia stessa brillantissima idea di rifocillarsi prima del concerto dei Måneskin. La mia pazienza raggiunse il limite quando venni avvolta da una puzza di ascelle micidiale. Dio, ma perché i ragazzi hanno così tanta paura di lavarsi?
"Permesso... Permesso…" dissi, cercando di divincolarmi tra gente sudata e appiccicaticcia.
"Lasciatela passare che tra poco c'è il suo fidanzato che si esibisce. Non vedrà l'ora di lanciare il reggiseno sul palco."
Li sentii chiaramente perché, dopotutto, loro non fecero nulla per non farsi sentire e non avevo nemmeno bisogno di girarmi, perché sapevo esattamente chi fossero. Mariani e Russo del quarto, due sfigati che avevano poca voglia di studiare, ma tanta voglia di rompere le palle. Ormai succedeva da un po' di tempo, ma cercavo di non farci troppo caso, anche perché tra poco più di un mese avrei finito il mio esame di maturità e questi stronzi non li avrei mai più visti.
"Che poi, hai capito chi il suo ragazzo? Secondo me se li fa tutti, pure la tipa dell'internazionale!"
Mentre loro scoppiarono a ridere, io finalmente arrivai al tavolo. Presi un piatto e arraffai una manciata di patatine al formaggio e chiesi anche un bicchiere di Fanta. Ringraziai e mi voltai, le patatine in una mano e il bicchiere pieno fino all'orlo nell'altra. Non feci nemmeno in tempo di fare un passo che qualcuno alla mia destra mi spinse e la mia aranciata finì sulla camicia bianca di Russo.
"Porca puttana!"
Il mio sguardo passò dalla macchia arancione, che si faceva largo sulla camicia, alla faccia furente di Russo e non riuscii a trattenermi nel ridere. Più lui mi guardava con odio e più io non smettevo di ridere.
"Cazzo ti ridi cogliona? Guarda cos'hai fatto. Dove pensi di andare? Puttana, rimani qui!"
Ma io mi ero già intrufolata tra la gente con il dito medio ben alzato in alto cosicché quei due poveri sfigati potessero vederlo bene.
Mi misi seduta davanti al palco, che il comitato della festa di fine anno aveva posizionato proprio al centro del cortile della scuola, e presi il cellulare dalla mia tracolla. Due chiamate di mamma. Le feci uno squillo perché ovviamente avevo poco credito e, dopo pochi minuti, il cellulare iniziò a vibrare.
"Ciao mami! È successo qualcosa?"
"No, volevo solo sapere se venivi a pranzo."
"Non saprei… dipende da cosa fanno i ragazzi dopo il concerto," le dissi, mordicchiando le labbra, "ma stasera ci sono di sicuro. Vorrei parlarvi di una cosa."
"Va bene, amore! Allora ci vediamo a cena. Mi raccomando, puntuale. Buon concerto e salutami Ethan!"
"Ok! Ciao, ciao, ciao!" e riattaccai.
Quindi questa sera avrei raccontato ai miei che mi sarebbe piaciuto iscrivermi all'università qui a Roma e non tornare a Torino. Ero pronta? Assolutamente no, ma sicuramente non era quello il momento di preoccuparmi. Ci avrei pensato più tardi.
Gli altri alunni del Manzoni incominciarono ad accalcarsi e io dovetti alzarmi. Stavo per rimettere il cellulare nella tracolla quando vibrò. Era un messaggio.
Da: Damiano
<3
Senza pensarci due volte gli feci uno squillo e poi mi ritrovai a fissare come una scema quel cuoricino. Cazzo, sono proprio senza speranze, pensai mettendo via il cellulare e prendendo la mia preziosissima macchina fotografica digitale, regalo di compleanno dei miei genitori.
Damiano mi piaceva, anzi, mi piaceva un sacco e, inspiegabilmente, anche io gli piacevo. Non ero ancora riuscita a capire come fosse potuto succedere un miracolo del genere, ma era successo e la miglior cosa che potessi fare era viverla giorno per giorno.
Il preside salì sul palco e, dopo le solite raccomandazioni ("Non si poga, non si tirando cose sul palco e nessun comportamento inappropriato."), presentò la band.
"E ora facciamo un grande applauso ai Måneskin!" esclamò, facendo segno ai miei amici di salire sul palco, "Buon divertimento a tutti!"
I primi a salire sul palco furono Thomas e Victoria con la chitarra e il basso già a tracolla. Poi toccò a Ethan. Il suo sguardo si muoveva freneticamente fra la folla fino a che non si fermò su di me. Mi sorrise prima di sedersi dietro alla sua batteria. Infine, arrivò il turno di Damiano. Passò davanti a me e mi fece l'occhiolino, non riuscii a fare o dire nulla talmente ero incantata. I capelli lunghi sulle spalle, la camicia aperta che faceva intravedere gli addominali asciutti. Proprio gli stessi addominali che avevo accarezzato qualche sera fa.
"Hey-yo this is Måneskin! La prima canzone è per te Malibù." disse Damiano al microfono e le inconfondibili note di Luna dei Verdena iniziarono a volare in alto.
Sì, Malibù ero io. No, Malibù, ovviamente, non era il mio nome. Era solamente il soprannome che Damiano mi aveva dato una della prima volte che ci eravamo visti. E lui in questo momento mi stava dedicando una delle mie canzoni preferite. Dire che ero al settimo cielo era poco. La cantai tutta, a squarciagola, e solamente quando iniziarono a cantare altre canzoni mi decisi a fare qualche fotografia. Cercai di fare del mio meglio, ma ero praticamente sicura che sarebbero venute tutte mosse perché quei maledetti si muovevano peggio delle bisce. Che fotografa ufficiale ero se non riuscivo a fare nemmeno una foto a fuoco?
Quando il concerto terminò (troppo presto per i miei gusti), mi fiondai verso la classe che era stata adibita a backstage. Volevo congratularmi con i ragazzi e soprattutto, volevo saltare in braccio a Damiano, dirgli che era stato bravissimo e poi baciarlo per il resto dei miei giorni.
La porta della classe era socchiusa. Invece di aprirla, sbirciai nella fessura e quello che vidi mi gelò il sangue. Senza nemmeno accorgermene, iniziai a piangere. Mi coprii la bocca con la mano per attenuare il rumore dei singhiozzi, ma ormai era troppo tardi. Victoria, le sue labbra ancora su quelle di Damiano, aprì gli occhi e mi vide.
Iniziai a correre veloce. Gli occhi mi bruciavano terribilmente e il mio cervello non riusciva a reagire a quello che avevo appena visto.
Non feci in tempo ad uscire da scuola che mi sentii afferrare per un braccio. Quando mi voltai, nonostante avessi la vista completamente annebbiata dalle lacrime, mi accorsi che era Ethan.
"Cos'è successo?" chiese. La sua voce mi sembrava terribilmente lontana, come un brusio, "Vuoi dirmi cos'è successo?". Il suo solito aplomb era sparito. Mi divincolai e, senza nemmeno guardarlo negli occhi, corsi via.
Uscii dalla scuola senza sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto Damiano.
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tashaodinsbane · 3 years
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3.12.76                              Sostegno morale
T:«Dai,Chris.Dacci dentro e non pensarci più». Si,chi prima inizia prima finisce «Che poi ci penso io a ricordartelo» Ah no «A vita» Sì,proprio tenera. Ovviamente la serpetta sghignazza senza remore mentre entra nell’aula della tortura. «Oi,Kael!»esclama nel vedere il compagno di classe nella stanza «Anche tu non vuoi perderti lo spettacolo?»
K:«Ciao.Sono qui perché volevo copiare le tavole in realtà.» accenna a quelle appese ai muri dell’aula con una mano «Non mi è riuscito bene l’incanto oggi e non mi va di rischiare, quando ci va il mio famiglio di mezzo.»
Cr:« Beh, ammettetelo che siete venute solo per svolgere la punizione al posto mio»
T: «Ti piacerebbe» K:«No, la punizione è tua. Io non ti disturbo,fai pure tu.» Cr:«Fossi in te prenderei quel roditore che ti porti appresso e farei un po’ di pratica piuttosto che stare a copiare delle stupide tavole»
K: «La pratica su Acrobata la faccio quando sono sicuro di non fargli del male.» 
T:«Ma qui hai la possibilità di vedere il nobile Sir Lock che si sporca le mani. E invece ti metti a studiare?»  K: «Non sapevo l`avessero fatto pure cavaliere» scherza di rimando con uno sbuffo divertito. T:«Oh sí» risponde a Kael con un tono serio accompagnato da un occhiolino divertito «I grifi hanno il loro Sir Nick Quasi Senza Testa. E noi serpi abbiamo il nostro Sir Lock Senza Punti» 
Cr:«che schifo» dice fra se e se ma ad alta voce mentre si appropinqua a guardare una per una le gabbie degli animali… «beh penso inizierò da te» dice avvicinando le mani all’apertura della gabbia contenente il topino grigio chiaro con l’orecchia mozzata che aveva scelto durante la lezione
T: «Toh guarda.Nemmeno un minuto di punizione e già comincia a parlare con loro»osserva con tono quasi tenero.
Cr:«Petrìficus Totàlus. Bene,così non scapperai ovunque mentre pulisco la tua… robaccia» T:«Eddai,così non vale»commenta saltando giù dal banco e avvicinandosi per osservare il povero roditore «Dovevi farti mordere:è più divertente».
Cr«… che cattivo odore…ma qui non vi pulivano le gabbie dai tempi di Merlino»
T:«Eh beh,si chiama punizione per un motivo»ridacchia e allunga una mano per dare qualche pacca affettuosa sulla schiena del biondino «Una punizione di me...rlino»
Cr:«la cosa ti diverte vero, Tash?» T:«Potrei mentirti e dirti che sono dispiaciuta per te.Ma siccome non mento agli amici...»aggiunge con una faccia da schiaffi « Mi sto divertendo da morire. Sei proprio un bello spettacolo!». «Forse avrei dovuto fare una bozza delle tavole anche io»dice a voce alta mentre si china su Kael per sbirciarne gli appunti «Magari poi mi passi i tuoi» Approfittando della posizione si avvicina all’orecchio di lui per sussurrare piano «Il tuo Acrobata» dice puntando lo sguardo sul topino «deve fare la pupù?»Ma che domanda è?
K:«Non so, di solito me lo dice quando gli scappa.» replica alla compagna tornando con gli occhi azzurri su di lei e scrollando infine le spalle. «come mai?»
Cr:«hey voi due… non è che state confabulando qualcosa?» T:«Nah,cose tra f...»un istante di esitazione in cui evita la gaffe per un pelo. Scusa,Kael ma ogni tanto ci impappiniamo. Dobbiamo abituarci. «Tra amanti degli animali». Si china nuovamente su Acrobata esclamando a voce alta «Proprio carino il maglioncino!Lo hai fatto tu?» e poi aggiunge in un sussurro «Non è che gli scappa tipo, adesso?» indaga,un sorriso furbo che fa strada sul suo viso «Sai,potremmo fargli lo shampoo »E alza una mano ad altezza pancia,sfruttando il proprio corpo per puntare un dito nella direzione del concasato senza farsi vedere da lui.
K: «In realtà no, lo ho comprato. Gli sta benissimo, no? E poi è natalizio!» risponde seriamente, senza cogliere che quella fosse una copertura. «Mmh» arriccia le labbra osservando Acrobata a lungo e con attenzione e poi scuote il capo 
T:«Peccato» dice fingendo delusione. Chissà se avrebbe veramente maneggiato della pupù a mani nude solo per lanciarla in testa a Chris...
K:«però aspetta…» lampo di genio, un sussurro «ho qualcosa nella borsa» e ringraziamo la scorta quasi infinita vinta quest’estate da Scherzi da Mago per questo. Una mano va a recuperare la tracolla e la mette sulle gambe e, dopo aver abbandonato la piuma nel calamaio, entrambe le mani iniziano a ravanare. «Eccola!» un sussurro condito di eccitazione nel momento in cui estrae un pacchetto di caccabombe e ne porge una a Tasha «Fai veloce»  Se la ricorda ancora la caccabomba che proprio Christian ha tirato contro di lui quest’estate. Una piccola vendetta, un innocuo scherzo alla fine.
Ma ecco il lampo di genio di Kael e su Tasha ricompare il ghigno malefico. Si china sul ragazzo,prendendo la caccabomba con la mano destra mentre tiene la sinistra ben in vista, a beneficio di Chris, e la allunga verso Acrobata per accarezzarlo. Apparentemente quindi si è fermata a fare le coccole al roditore ben vestito,mentre invece sta attivando la bomba con una mano sola. Una volta fatto,lesta lesta, si volta di scatto prendendo di mira un punto vicino a Chris e lancerebbe la Caccabomba vicino ai piedi del concasato «Toh!»urla indicando poi con la mano sinistra l’uccellaccio gigante nella gabbia in alto «Ha sganciato una puzzetta!» Cr: «ma che diavolo fai!» urla a Tasha ma in men che non si dica un odore orribile si disperderà vicino al serpeverde.
T:«Ma è stato il pennuto!» protesta mentre batte le mani una volta e si piega in avanti per assecondare le proprie risate. 
Cr:«io sappiate che questo odore non lo sistemo» 
T:«Eddai,per un po’ di cacca in più» Cr:« Anzi sapete che vi dico… che mi avete rotto i boccini» dice togliendosi i guanti e sbattendoli per terra, tira quindi un calcio al secchio d’acqua rovesciandolo a terra T:«Ooooooh» commenta spalancando gli occhi e fingendo un tono sconvolto «Siamo due rompiboccini,Kael» 
Cr:«sappiate che me la pagherete!» dice recuperando la tracolla e sbattendo la porta e uscendo dall’aula... il piccoletto è un po’ permaloso a quanto pare…
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arreton · 3 years
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Quest’anno non siamo nemmeno infastiditi da tutti quelli che si sono addobbati casa a metà novembre, anzi. In un certo senso li capiamo - pure se sarà sicuramente una comprensione, la nostra, ingenua ed ideale. Appena scendiamo inizieremo ad addobbare anche noi casa nostra, ma questa volta non c’è alcuna “gioia”. Non che gli altri anni sia mai stata tutta questa felicità, la gioia l’abbiamo sempre avuta solo per i colori e la sensazione di calore che danno gli addobbi natalizi e per una sorta di riconquistata infanzia: solo negli ultimi anni abbiamo avuto quello che desideravamo da piccoli. Quest’anno, invece, siamo solo profondamente delusi e per questo anche profondamente tristi e stanchi. Non è una tristezza che ti butta a terra, proprio perché profonda è anche quasi del tutto impalpabile; ma c’è, è presente e soprattutto c’è anche il fastidio, la voglia ed il bisogno mentale di prendere le distanze, di non averci proprio a che fare con certe dinamiche. Ci aspettavamo, ingenuamente, collaborazione. Siamo troppo positivi su questo punto e non dovremmo e non sappiamo come smettere: è assurdo, ma non c’è collaborazione, non ci sono nemmeno i presupposti, l’educazione alla collaborazione, c’è solo un radicato e profondo egoismo cinico, sfacciato. E dato che questi sono i presupposti, dato che noi non ci sentiamo in grado di cambiare nemmeno una virgola di tutto ciò, vogliamo solo allontanarcene, per quanto possibile. È difficile da accettare, da evitare, ma ci sentiamo veramente inermi, impotenti difronte a tutto ciò e quindi, almeno per il momento, non possiamo fare altro che battere ritirata, da sconfitti. Magari ne usciremo più rafforzati, l’intento sarebbe questo; ma almeno per ora: basta così. Siamo saturi, senza un minimo di pazienza e di comprensione, tanto meno empatia. Mentalmente non riusciamo più ad accettare niente, ci sentiamo ottusi dalla nostra stessa esasperazione e dato che creeremmo solo malumore a noi stessi è meglio chiudersi un poco dentro di sé e vedere se si riesce a maturare. Così, l’unica cosa che vogliamo è solo un po’ di tranquillità, casa addobbata e le cene con la nostra famiglia, cene normali. Basta. Non ammettiamo nient’altro, nemmeno i regali, nemmeno il ‘desiderio’ di “festeggiare”. Non c’è nulla da festeggiare. Se non altro, in tutto ciò, di positivo c’è che molte situazioni che si tenevano nascoste pure se solo dietro ad un velo sottile, adesso sono venute fuori in tutta la loro schifezza ed in qualche modo, questo, potrebbe essere riutilizzato, se non in un futuro recente si spera in un futuro prossimo. Crediamo ancora, ingenuamente, ad un’eredità da lasciare ai posteri. Ma quale eredità? E quali posteri? La storia è finita parecchi anni fa.
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giulia-liddell · 4 years
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Qualcuno non sa sempre fare rumore, ma va bene così
Parole: 1749
Beta: Server di Discord
Fandom: Sanremo RPF (Cenone di Natale AU/Sanremo Family AU)
Ship: Nessuna (tecnicamente)
Avvertimenti: credo nessuno... Per una volta Diodato non è la punchline di una battuta
Note autore: Seguito di X, in cui Cally va a ringraziare Diodato e hanno l’occasione di parlare... Unrelated note: Happy Pride Month everyone!
Come gli è venuto in mente a quello lì di andarsi a cacciare nel capanno degli attrezzi da giardino? E come diavolo fa zio Bugo a sapere che è andato proprio là? Pensa Cally mentre si allontana dalla tavolata allestita all’aperto sotto il sole primaverile per cercare lo scomparso Antonio. In realtà non è esattamente dentro il capanno degli attrezzi, è più di fianco, seduto con una scioltezza che non sembra sua su una panchina. Tiene gli occhi chiusi e la testa appoggiata all’indietro contro la parete del capanno. Cally improvvisamente sente che è stata una cattiva idea venirgli dietro… Sembra… Una di quelle situazioni in cui non dovresti disturbare qualcuno, quando basta una persona ed i suoi pensieri. Ma ormai è lì e non è mai stato il tipo che si tira indietro, quindi fa qualche passo in più «Ehi.» dice a bassa voce per attirare la sua attenzione. Antonio apre gli occhi e si volta verso di lui, ma non sembra essersi spaventato, sembra quasi troppo distratto da sé stesso per spaventarsi davvero. Cally lo osserva meglio e corruga la fronte «Ma stavi piangendo?» chiede. Non è mai stato il tipo da girare troppo intorno alle cose o da frenare la lingua, quindi non può fare a meno di chiederlo mentre osserva la sua faccia arrossata e gli occhi lucidi e gonfi. Antonio annuisce e Cally pensa che sia perché non riesce a parlare, ma subito aggiunge anche «Sì. Stavo piangendo.» con la sua solita voce calma, anche se leggermente alterata. È incredibile come riesca a sembrare così composto anche in questa situazione.
Cally si rimangia il centinaio di battute che gli erano venute in mente da fare e con molta cautela si avvicina ancora un po’ per sedersi accanto ad Antonio. «Io volevo ringraziarti per aver difeso mio cugino… Lo avrei fatto anche io, anzi di solito lo faccio io, o Tarek… Ma grazie comunque… È fantastico anche il discorso che hai fatto… Ed è bello per una volta vedere anche te che ti ribelli alla zia Rita… Insomma non mi sarei mai aspettato che lo avessi fatto, sei così…» Cally si interrompe in cerca della parola giusta «Così “in una posizione privilegiata agli occhi dei nonni e degli zii”?» suggerisce Antonio facendo un mezzo sorriso mentre guarda un angolo lontano del giardino «Sì. Sì, esatto. Insomma sei il cugino perfetto, quello a cui tutti vogliono bene, sei quello che non deve mai sopportare offese e che non deve mai difendersi da nessuno… Ad essere onesto ti odiano un pochino tutti per questo… Cioè, io sicuramente… Anche il modo in cui hai trattato Elodie e Levante non mi è piaciuto per niente, insomma Levante ha diritto di fare quello che vuole e-» Cally non vorrebbe suonare offensivo, almeno non in questo momento, ma non può trattenersi dal buttare fuori quello che pensa «Ah è così che la vedi tu? Credi che a Natale io ce l’avessi con Levante perché ha chiuso la nostra relazione e si è messa con Elodie? Sicuramente non avevo preso benissimo la rottura… Questo è certo, ma… Non importa.» lo interrompe Antonio per poi rinunciare a quello che stava dicendo. L’attenzione di Cally torna al massimo «No, aspetta, adesso devi spiegarmi. Non puoi buttare l’amo così e poi non farci niente… Io… Prometto di non farne parola con nessuno, parola d’onore. Hai difeso mio cugino e ti sono debitore. So che non sono la persona più affidabile di questa famiglia, ma su una questione di onore non faccio cazzate.» si affretta ad incalzarlo. Antonio si volta improvvisamente per guardarlo negli occhi, come per testare che stia dicendo la verità, e Cally nota che sono di nuovo lucidi. Sembra davvero sul punto di ricominciare a piangere. «Lo giuri?» chiede con un filo di voce, perdendo solo per un attimo la sua compostezza. Cally si rende conto che ha bisogno che lui gli dica di sì, ha bisogno di liberarsi di un peso con qualcuno. «Lo giuro.» risponde seriamente guardando Antonio negli occhi per cercare di trasmettergli più fiducia possibile.
Antonio prende un respiro profondo e appoggia di nuovo la testa alla parete dietro la panchina, guardando in alto le poche nuvole bianche che viaggiano per il cielo azzurro. Sembra raccogliersi un attimo per farsi contagiare dalla serenità di quella giornata primaverile prima di riuscire a parlare «Io… Non ce l’avevo con Claudia, davvero… A Natale ho fatto delle gran puttanate, questo lo so e mi dispiace… Ma perché provavo invidia.» spiega Antonio sospirando. Cally non sa se è più stupito dall’aver sentito il signor Perfetto dire una parolaccia o dall’averlo sentito ammettere che era invidioso di qualcuno. Lui. Quello che di solito tutti invidiano. «C- Cosa intendi con “provavo invidia”? Perché lei è in una relazione e tu no?» chiede Cally sperando che dal suo tono si capisca che non intende prenderlo in giro. Antonio scuote la testa «Sarebbe davvero da bambini piccoli prendersela per una cosa così semplice, non trovi? Mi credete così infantile? Ouch… No… No, provavo invidia perché… Perché…» Antonio si interrompe e quel mezzo sorriso che era riuscito a fare scompare dalla sua faccia. Cally lo osserva con attenzione. Capisce perfettamente che si sta sforzando e non vuole assolutamente portarlo al punto di rottura «Ehi, ehi… Non devi mica sentirti obbligato, eh. Se non vuoi parlarne non fa niente… Possiamo parlare di altro… Possia-» prova a dire, ma subito Antonio lo interrompe «NO! No, ti prego… Se- Se non lo dico adesso non lo dirò mai più, lo so… Voglio solo… Voglio solo buttarlo fuori per una volta…» Antonio sospira e fa una piccola pausa prima di ricominciare «Perché loro riuscivano ad essere sé stesse ed io no.» dice, mentre alcune lacrime ricominciano a scendere silenziosamente lungo le sue guance. Cally resta a fissarlo un attimo. Sembra fuori posto tutta quell’amarezza in una giornata di sole così bella.
«Perché credi di non poter essere te stesso?» chiede con cautela Cally scrutando il volto di Antonio e riesce a notare una piccola smorfia involontaria che lui cerca subito di nascondere «”Stessa”» mormora sottovoce Antonio. «Come?» chiede Cally, che ha sentito benissimo, ma non ha afferrato il senso di quella correzione. Antonio chiude gli occhi e stringe le labbra, come se si stesse concentrando per farsi coraggio e poi parla con il suo solito tono calmo «Non credo di poter essere me stessa.» dice versando ancora qualche lacrima. Cally resta un attimo in silenzio mentre gli ingranaggi della sua mente rielaborano quello che ha appena sentito. Oh. Credo di aver capito. «Da quanto…? Perché non hai mai…? Io… Mi dispiace.» riesce a rispondere Cally prima di darsi dello stupido da solo «No, scusa. “Mi dispiace” è una risposta del cazzo. Io non avevo assolutamente idea di questa cosa e ti ho preso in giro per così tanto e ti ho sempre chiamato nel modo sbagliato e sicuramente non ho fatto altro che contribuire al tuo stato di malessere generale… Un “mi dispiace” non basta… Non ho modo di scusarmi per questo…» aggiunge subito con tono più deciso. «Come se io non ti avessi mai preso in giro… Con tutti voi… Ho rigirato il mio non poter essere me, insultando voi che ci riuscivate… Volevo mantenere quell’aria da “cugino perfetto” come se fosse una maschera… E… Non volevo perdere quell’attenzione che ricevevo… Non so neanche perché… Ci sono stati dei momenti in cui avrei voluto dire tutto, ma… Poi vedevo come le nonne parlavano di te o del ragazzo di Riccardo o di Anastasio e… Perdevo il coraggio…» cerca di tranquillizzarlo Antonio (?). Cally rimane un momento confuso «Tu sai davvero di tutti quanti? Perfino di me? Di Eugenio?» chiede e Antonio (?) gli sorride debolmente «Certamente. Mi hai mai sentito usare il tuo deadname? Siete la mia famiglia. Ho sempre ascoltato attentamente tutti i vostri discorsi e vi ho sempre osservati… Adoravo vedere le vostre bandiere in braccialetti, anelli, spille… Ho sempre guardato tutte le foto dei Pride a cui siete andati… Ma… Sì, ecco in un certo senso ho cercato di proiettare in quello che facevate voi…» spiega Antonio (?). Cally resta sorpreso dalla considerazione che dimostra per ognuno di loro, perfino per lui.  
«Cazzo… Prima di continuare il discorso, ti posso chiedere come preferiresti che ti chiami? Hai un nome scelto?» chiede subito Cally scuotendo la testa e fissa un attimo i suoi occhi di nuovo lucidi. Sicuro dopo devo portarle almeno un litro d’acqua per la reidratazione. «Ecco… Io… Ci ho pensato, ma… Non ne ho mai provato uno ad alta voce… Quindi… Un po’ mi mette ansia come cosa… Comunque… Volevo provare con “Anita”.» dice Anita. Cally annuisce «Ehi, peggio del mio soprannome idiota non può essere… Posso chiederti come mai Anita? Se ti va di dirmelo…» risponde e ad Anita si illuminano gli occhi «Ecco… Le versioni femminili di “Antonio” non mi piacciono e… Non volevo una cosa troppo simile al mio nome di battesimo… E… Mi sembrava un nome che ricorda abbastanza quello di battesimo, ma anche che suona completamente diverso… Se ha senso come discorso…» spiega lei. Cally annuisce «Sì, certo certo… Ha senso… Domanda: ti possiamo ancora chiamare “Godgiven” tra noi cugini? Tecnicamente è gender neutral, anzi forse più femminile dato che sappiamo tutti che Dio è una donna, ma voglio essere sicuro…» commenta subito e Anita scoppia a ridere, sembra anche che provi ad usare un tono leggermente più acuto. Cally sorride pensando che si è sentita abbastanza sicura con lui per tentare ad usare un timbro diverso «Davvero mi chiamate così? Ma è bellissimo! Certo, approvo al cento per cento il mio soprannome gender neutral! Ma… Ecco non credo di essere pronta a parlarne con gli altri… Io ecco… L’ho detto a te perché… Perché ne avevo bisogno e perché… Beh tu sei non-binary e sei una lesbica quindi… Sei la persona con un’esperienza più vicina alla mia che io conosca… C’è sempre Eugenio, ma lui è un ftm gay, non è proprio la stessa cosa e… Non ci conosciamo molto…» risponde lei con un sorriso e Cally le fa un occhiolino «Non preoccuparti Anita, il tuo segreto è al sicuro con me. E quindi sei una lesbica anche tu, eh? Sempre bello conoscerne altre… Se ti senti tranquilla a restare un paio di minuti da sola, ti porto un po’ d’acqua…» propone Cally e Anita annuisce «Grazie mille… Davvero… Comunque sono pan.» dice con un piccolo sorriso. Sembra più serena. Beh sicuramente gli eventi hanno preso una piega inaspettata.
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toscanoirriverente · 4 years
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“Open”, ecco tutte le balle di Pm e giornali
Ieri tutti i giornali, quelli di carta e quelli online, hanno titolato, in prima pagina, sulle perquisizioni ordinate dalla Procura di Firenze contro la fondazione “Open” e contro Matteo Renzi. Gli articoli erano quasi tutti uguali. Anche negli avverbi, nelle congiunzioni, nei gerundi. Strano.
Strano? No, non tanto, probabilmente erano in parte copiati, o adattati, da un’unica fonte, e dunque da un’unica prosa. Vedete voi di capire quale. Cercate di intuire se questa prosa possa essere accostata al modo di scrivere che piace di più alla Procura di Firenze. Quasi tutti i giornali (tranne forse la sola Repubblica e il napoletano Il Mattino) avevano anche la notizia della perquisizione – in ufficio o in casa – eseguita nei confronti di Alfredo Romeo. Probabilmente saprete che Alfredo Romeo è l’editore di questo giornale. Perciò ieri gli ho chiesto: «A che ora ti hanno perquisito ieri sera? Perché non me lo hai detto e mi hai fatto bucare la notizia?». Mi ero un po’ arrabbiato.
Lui mi ha risposto che non ha subìto nessuna perquisizione. Me l’ha giurato. Dunque i casi sono due: o diversi giornali, tra i quali il numero 1 dei giornali italiani, si sono inventati di sana pianta tutti la stessa notizia – ma questa possibilità è statisticamente molto improbabile: i giornali spesso inventano le notizie, ma è difficile che inventino tutti la stessa – oppure hanno avuto la notizia della perquisizione dalla stessa fonte. Quale fonte? Beh, torna il sospetto che la fonte fosse la Procura di Firenze. Perché la Procura di Firenze ha dato una notizia falsa ai giornali? E perché i giornali l’hanno pubblicata senza verificarla? Anche qui la risposta non è difficile: succede molto spesso. Succedono spesso tutte e due le cose.
Però c’è una seconda ipotesi, ed è molto inquietante: che la notizia non fosse falsa. E cioè che la Procura avesse ordinato anche la perquisizione a Romeo, ma poi per qualche ragione abbia rinunciato e si sia scordata di avvertire i giornalisti. Oppure che non abbia rinunciato e la perquisizione sia stata rinviata. In tutti e due casi sarebbe avvenuta una cosa gravissima: la Procura avrebbe permesso una fuga di notizie gravissima, commettendo un reato molto serio. Tipo quello per il quale – pur se non ci sono mai state prove di colpevolezza – Totò Cuffaro scontò quasi cinque anni di prigione.
Se si accertasse che le cose stanno così sarebbe opportuno che la magistratura aprisse un’indagine sulla Procura di Firenze, ma in genere, in questi casi – chissà perché – la magistratura chiude un occhio. E quindi al momento ci troviamo solo di fronte a un falso giornalistico. Che sta a testimoniare lo stato comatoso del nostro sistema dell’informazione. Giorni fa Il Fatto Quotidiano si arrabbiò perché avevamo fatto notare che aveva pubblicato notizie sui guai di Lara Comi, deputata europea di Forza Italia, la mattina stessa del suo arresto. Cioè aveva “previsto” il suo arresto. Travaglio ci rispose sostenendo che il compito dei giornali è quello di dare le notizie e che il Fatto è un giornale e dunque dà le notizie.
Mentre noi del Riformista, che demmo la notizia dell’arresto della Comi solo dopo il suo arresto, non siamo un giornale perché non diamo le notizie. Diciamo che in quel modo il direttore del Fatto rivendicava il diritto dei giornali a fare da poggiapiedi ai Pm che gli anticipano, illegalmente, notizie riservate. Benissimo. In questo caso però l’anticipazione della notizia è stata l’anticipazione di un falso. Chissà se Travaglio ritiene che la distinzione tra i giornali e i “foglietti” come il Riformista stia proprio qui: che i giornali seri non solo anticipano le notizie, ma le danno anche se son false, mentre i foglietti le verificano. Temo di sì.
Quali saranno le conseguenze dell’inchiesta di Firenze, che sembra puntare essenzialmente contro Renzi, e che probabilmente ha l’obiettivo di raderlo al suolo prima che lui riesca a mettere su un partito? La prima inevitabile conseguenza sarà la fine del finanziamento privato ai partiti. Tutti i partiti (salvo forse la Casaleggio). Nessuno oserà più versare un solo euro, sapendo che il finanziamento dei partiti, ormai, è diventato un reato. E dal momento che il finanziamento pubblico è stato ormai da tempo abolito, i partiti non avranno più la possibilità di usare il denaro. E dunque dovranno chiudere.
Ieri il Presidente della regione toscana, Rossi, ha proposto il ritorno al finanziamento pubblico dei partiti. Nessuno gli ha risposto. Anzi, probabilmente nessuno lo ha neppure voluto sentire. Se qualcuno proponesse seriamente il ritorno al sistema democratico di finanziamento dei partiti, verrebbe legato a un palo, in piazza, e sottoposto alla gogna finché non si pente. Sul fronte governativo l’unica voce che si è sentita è quella del ministro della Giustizia Bonafede, il quale ha chiesto ai partiti di portare rispetto alla magistratura. Chissà perché nessuno chiede mai alla magistratura di portare rispetto ai partiti…
Altre dichiarazioni sono venute dall’ex ministro Lotti, che faceva parte del consiglio di amministrazione della Open, il quale ha giurato che non esisteva nessun bancomat e nessuna carta di credito a disposizione dei parlamentari. Lo stesso concetto è stato ribadito da Marco Carrai, anche lui del vecchio consiglio di amministrazione. Il Csm invece ha votato a maggioranza una mozione nella quale stigmatizza il comportamento dei politici che attaccano i magistrati. Il Csm? Sì, il Csm. Ma non avrebbe il compito di vigilare sul funzionamento della magistratura, e magari accertare perché è avvenuta una fuga di notizie quasi certamente ad opera di magistrati? Sì, dovrebbe accertare queste cose. Ma di solito non lo fa.
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fenitelaminaperdue · 5 years
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Bianco
Bianco è un  colore con cui io e te non abbiamo nulla da condividere, Io e te siamo sempre stati rosso e nero ma bianco proprio mai. Eppure questa casa che ci ospita è tutta bianca. Le pareti, il letto, i mobili, il pavimento, il soffitto. Siamo la macchia sporca, che imbratta tutto questo indecente candore che non ci appartiene. Io sono il rosso che zampilla, che inonda, sommerge, avvolge, riempie, pulsa. Tu sei il nero che ti impressiona, che ti inghiotte, che ti attira e ti fa paura, sei l’ignoto che ancora non ho visto, scoperto, trovato, incontrato. Ci mescoliamo su questo letto, lo rendiamo tela su cui dipingere le nostre voglie, i nostri pensieri scuri, la pornografia che ci portiamo dentro, i desideri piu’ reconditi che prendono forma senza la necessità di parole che li descrivano. Lasciamo che le cicatrici si aprano, ce le mostriamo senza vergogna, ma anzi come vanto, medaglie al valore di una guerra combattuta in silenzio tra le parole che non sono  mai venute fuori, orecchie alle quali abbiamo sussurrato e non hanno mai saputo ascoltare, occhi che ci hanno guardato  senza averci mai visto, bocche che ci hanno morso  senza averci mai gustato. Guarda come sanguiniamo bene sopra questo pavimento bianco, il mio rosso caldo ora entra nel tuo nero senza paura di non uscirne più ma anzi con la necessità impellente di perdercisi e non trovare piu’ l’uscita, di scoprire se abbia un fondo o se sia semplicemente un continuo precipitarci senza fine, mentre tu vuoi sentire finalmente il calore, cosa voglia dire non sentire più freddo, non avere più paura del lasciarsi scorrere dentro, rimanere fermi mentre intorno tutto scorre. Guarda come su queste candide pareti restano impresse l’oscenità della tua schiena piegata, lo sforzo delle tue mani da bambina intrecciate con le mie, il piacere violento del tuo volto mentre mordo avido il gusto della tua carne , il ritmo crescente dei tuoi gemiti mentre parlo al tuo ventre passando attraverso le tue orecchie. Guarda come adesso questo soffitto bianco si riempie dei nostri sguardi persi nel silenzio che non ci sforziamo di riempire dando fiato alle nostre voci, intenti a goderci questa sensazione di assoluta pace, mentre la tua testa si poggia sul mio petto ad ascoltare il ritmo del mio cuore in perenne affanno da vita incompiuta ed io guardo l’increspatura perfetta delle tue labbra e perdo l’ultimo barlume di lucidità spazzando via così tutta l’inutile realtà che mi circonda e che mi sono creato. Adesso siamo solo il rosso ed il nero, inglobati in  inutili contenitori di carne e sangue che potrebbero assumere la forma più perfetta e risultare comunque insignificanti ai nostri occhi. Siamo quella mescola che non produce nulla di reale e niente regala al gusto comune del bello ma poco importa, il senso comune è rimasto fuori la porta di questo appartamento immacolato nella forma , ma che noi abbiamo corrotto, sporcato, imbrattato ma reso perfetto  e poi nascosto sotto questo strato sottile di vernice bianca perchè nessuno sapesse mai che quello che avremmo voluto essere non era poi così difficile da realizzare come ci avevano sempre raccontato. Siamo macchie, io rossa tu nera.
5, 4, 3, 2, 1 He holds the gun against my head I close my eyes and "bang", I am dead I know he knows that he’s killing me for mercy AURORA
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Eccomi qua come sempre, come se non fosse successo nulla, come se questi due mesi si fossero cancellati in un attimo, come se le promesse fatte si fossero volatilizzate; d'altronde come dargli torto, una ragazza di 22 anni, con la voglia di scoprire il mondo, ancora troppo ingenua per capire come é stare al mondo, com'é avere delle responsabilità che sono più grandi di lei, che ancora troppa fantasia in testa, testarda, determinata, imprevedibile, buona, con un'anima grande, che farebbe di tutto per Le persone che ama, vuole far vedere che é forte ma in verità é una ragazza fragile a cui basta poco per farla cadere; una ragazza che si fida subito degli altri perchè ha un animo buono e trova che ogni persona ha qualcosa da offrire, cerca attenzioni perchè vuole essere capita, ma non é facile che gli altri la capiscamo, perchè c'é ben altro rispetto a quello che fa vedere: una ragazza piccola, impaurita su quello che la aspetta il futuro, per questo si é sempre aggrappata a qualcuno per non cadere, ma la verità che questa ragazza non si é mai messa in gioco, non ha mai rischiato ed é per questo che non é riuscita mai a legare a nessuno, perchè il problema é dentro di lei e finché questa paura non si smuove resterà sempre uguale.
Ha trovato un ragazzo di 33 anni, che a Primo impatto sembrava uno dei tanti coglioni che trovi in giro, uno che fa il figo, mostrandosi forte, pieno di sé, con mille obiettivi Nella vita, invece Piano Piano sono venute fuori Le sue debolezze, é un ragazzo insicuro, che Non ha nessuno scopo Nella vita, che si accontenta degli "amici" che ha trovato qua per non rimanere solo anche se non gli considera delle brave persone, anzi; o forse é invidioso del fatto che Non l'hanno scelto come testimone di nozze e gli rode tanto o tutte e due.
Un ragazzo che vuole che sia tutto organizzato e che se non si fa come vuole lui perde Le Staffe, un ragazzo che vuole avere sempre ragione lui, facendoti sentire in colpa, e questo deriva dalla sua insicurezza interiore che mostra quando ha qualcuno di cui si fida, ma sa essere dolce e romantico quando trova una persona che lo apprezza, che con lei si é aperto come nessuno mai e pure lei gli ha confidato i suoi segreti più oscuri! Lui troppo testardo che non cambia nemmeno di una virgola, e lei pure;
Non sono riusciti mai a capirsi (troppo egoista É testardo lui, troppo spensierata e testarda lei) o semplicemente non sono pronti ancora lasciarsi andare a un'altra persona perché hanno sofferto molto e non sono riusciti a lasciarsi andare completamente all'altro per paura di essere feriti e abbandonati.
Lui ha deciso che questa relazione doveva terminare per la troppa differenza di pensiero, di carattere, e lei era daccordo ma pensava che lui non svanisse nel nulla, abbandonandola proprio in un momento che aveva bisogno.
Lei rimasta senza parola e con l'amaro in bocca perchè voleva provare a risolvere i problemi ma lui non ci credeva più ma lei si, fino all'ultimo c'ha provato!
Se ne sta facendo una ragione ma poi scopre che lui non le ha detto tutti i motivi sennò lei avrebbe controbatto ed é arrivata alla conclusione che non é poi la persona matura e responsabile di quelloche vuole fare credere! E persone cosi é meglio perderle che trovarle!
E da quel momento lei penserá a se stessa senza guardare indietro.
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diarioperappunti · 5 years
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Forse è invidia
Ogni volta che vengo invitata ad un addio al nubilato provo un senso di fastidio. In questi gruppi Whatsapp ci sono queste fantastiche e premurose amiche che organizzano amorosi addii al nubilato pieni di baci e amenità, sembra di stare in Beverly Hills 90210. Non so poi come si risolvono nella realtà, perché non ci partecipo mai. È che al mio addio al nubilato sono venute poche amiche. Non è che mi abbia mai interessato l'addio al nubilato, anzi credevo che non lo avrei proprio avuto io, però ci sono rimasta peggio di quel che mi aspettassi quando alcune ragazze non hanno partecipato. Ed è per questo che io non sono voluta andare al loro.
Il senso di fastidio è dato dal fatto di sentirmi sfigata ogni volta che penso al mio addio al nubilato. E sì che mi sono divertita eh. Boh.
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italian-malmostoso · 5 years
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È ora di dirlo, chiaro e netto. A dire la verità non è la prima volta che lo faccio, ma ora lo farò fuor di denti: l’Islam è, per sua stessa natura, contro ogni forma di democrazia, rispetto dei diritti umani, inclusi quelli religiosi, politici, civili, sessuali, qualunque cosa decente abbia prodotto la nostra (tanto vituperata da alcuni stessi suoi membri, che evidentemente non hanno la minima idea della storia del mondo) civiltà occidentale.
Sono nostri nemici, nemici mortali di qualunque cosa non rientri nel loro libro sacro, che NON è interpretabile e emendabile in nessun modo: se non ci credete, anime belle, sono decisamente e totalmente cazzi vostri; informatevi o meno, non fa nessuna differenza. E del terzomondismo novecentista in cui ancora credete ciecamente, per cui loro sarebbero proletari esattamente come voi, loro se ne sbattono: siamo tutti uguali, tutti cani infedeli, alcuni da usare e sfruttare per meglio sottometterci poi. E se li paragonate al Cristianesimo, che qualche passetto avanti l’ha fatto, per sua scelta o per la volontà di stati laici e democratici che qui in Occidente sono nati, e per la maggior parte sono ancora solo qui, manco vi rispondo, anzi no, andate a cagare.
Sono pochi, sono radicalizzati, sono lupi solitari, non cambieranno le nostre abitudini, sono cose con cui dobbiamo imparare a convivere, occorre che nelle loro moschee i sermoni (o come caspita si chiamano, affari loro) vadano enunciati nella lingua del paese dove sono situate, bisogna educare, integrare, assimilarci e, magari, meticciarci, bisogna evitare atteggiamenti di insofferenza e di esibizione di nostre tradizioni religiose o, peggio, d’odio da parte nostra, per non indurli in tentazione (Dio, perdonami di questa citazione) di accopparci come cani infedeli.
Ancora dubbi? Andate a toglierveli, che ne so, in Pakistan, magari chiedendo ad Asia Bibi che ne pensa della libertà religiosa nei paesi islamici e, se magari credete che sia prezzolata dal capitale o dal Vaticano, andate, andate in giro con croce al collo e col vostro cane, diciamo nero, al guinzaglio, andate a predicare il Vangelo esattamente nello stesso modo che i barbuti fanno dalle nostre parti col loro libro sacro, andate e fatemi sapere … ah, sì, dimenticavo: ho idea che non ci vedremmo per un bel po’ di tempo.
E voi, animalisti incazzati, andate a vedere che fanno, qui accanto a voi, con la loro festa dell’Eid Al Adha, voi che gridate al macello e cominciate a berciare come tanti piccoli Savonarola per le macellerie ad ogni agnello pasquale che vedete in vetrina. Andate e informatevi sul modo che hanno loro di macellarli. Ma di questo, manco una parola, eh?
Ma chi se ne sbatte, il tempo dei sofismi e dei ragionamenti pacati è finito, e l’hanno fatto finire loro, gli islamici voglio dire, e voi, già citate anime belle, che manifestate e protestate al minimo alzo di sopracciglio di un maschio (di etnia indoeuropea, ariano per intenderci) come apprezzamento verso una donna e vi girate dall’altra parte, o riuscite perfino a minimizzare, di fronte a raccapriccianti fatti di cronaca, se commessi da individui di etnia africana o mediorientale (vedi gli stupri di Rimini dell’agosto ‘17, gli infami assassinii di Pamela e Desirée), più millanta altri fatti criminali di cronaca, fatti che, vale davvero la pena di ricordare, non sarebbero mai successi se agli autori non fossero state allegramente aperte le porte d’Italia, permesso di rimanere vita natural durante e garantito un mantenimento a sbafo.
Il clima di odio e paura che le destre e la Lega hanno e stanno creando? Errore: il clima di odio e paura l’avete creato voi, eh, sì, proprio voi, cari amici di sinistra e cattolici buonisti, non regolamentando gli arrivi incontrollati degli sbarcanti, non comunicandone i numeri fuori controllo e l’eventuale numero massimo delle persone da ospitare, passando sotto silenzio i costi dei mantenimenti di baldi giovanotti (la stragrande maggioranza, contro minoranze sparute di donne e minori), argomentando senza criterio di fughe dalle guerre quando, se questa cosa fosse stata vera, altro costoro non sarebbero potuti essere chiamati che vili codardi, avendo abbandonato al loro tragico destino di assassinii, stupri, schiavizzazione, saccheggi e altro i loro genitori, fratellini e sorelle, nonni e via col parentado, sottraendo anche loro i risparmi per pagarsi il viaggio verso il Bengodi europeo, soprattutto italiano, direi, coprendo loschi affari con le cooperative locali (vi ricorda niente Massimo Carminati e mafia capitale?) e opache ONG, che altro si è visto che non erano che traghetti diretti Libia/Italia, giustificando occupazioni illegali di stabili, avendo più un occhio di riguardo per i non Italiani che per i cittadini regolari, sia per quanto riguarda gli emolumenti che per i crimini commessi, insistendo oltre ogni decenza per l’approvazione dello ius soli, che altro non era che un modo per trovare nuovi voti per le imminenti elezioni del marzo ‘18, sapendo benissimo che i vecchi li avevate ampiamente persi.
In pratica, finché avete potuto avete nascosto sotto il tappeto tutto quanto sopra. Poi il tappeto non è più riuscito a contenere quanto ci avevate infilato sotto e le cosucce sono venute alla luce. Salvini & Co. questi scheletri nell’armadio non li hanno certo creati, gli autori siete decisamente voi e, questo sì, della cosa ne hanno approfittato, hanno cavalcato l’onda del malcontento popolare che voi stessi avete provocato, se ne sono ampiamente giovati sotto il profilo elettorale e di successivi consensi.
E giuratemi sui vostri figli, se li avete, o su quel che vi pare che non vi viene il minimo dubbio, la minima esitazione, la seconda occhiata al prossimo mediorientale che incrociate per strada o su un mezzo pubblico, con cui magari condividete il condominio, con cui lavorate insieme (dei ricchi radical chic non mi occupo, certo loro non vanno sui bus, non vivono nei condomini e il lavoro, se lo fanno, non è certo alla catena di montaggio).
Ve ne rendete conto? Macchè, lo so benissimo, Non siete altro che comunisti di Pavlov®, che gridate in riflesso condizionato al fascista al minimo accenno di opinioni diverse dalle vostre; non fate neanche più ridere, guardate.
E adesso, viva sempre la libertà di parola e di manifestazione, andate a esporre le vostre tesi di accoglienza senza se e senza ma e di integrazione, andate pure liberamente e, ovviamente, senza censure, andate a dirle alle famiglie delle vittime dell’infame musulmano e dei feriti ricoverati in ospedale, tra cui, con la faccia da culo che vi ritrovate, pure ai parenti del povero Antonio Megalizzi, il giornalista italiano che si ritrova una pallottola nel cervello. Andateci pure, infami.
E manco un ripensamento, manco un dubbio, manco una resipiscenza: fate, fate pure, che col vostro atteggiamento da struzzi con la testa sotto alla sabbia siete i migliori fiancheggiatori, i perfetti utili idioti di quelli che vogliono fare di tutta l’erba un fascio (paragone azzeccato e voluto) e cacceranno o tenteranno di cacciare tutti i non Italiani, buoni e no, sbarcati e residenti regolari da anni, magari in retate simili a quelle di tragica memoria, come nell’autunno 1943 a Roma. Teste di cazzo, imbecilli, ciechi, nella migliore delle ipotesi tonti alla Forrest Gump! E, se siete troppo giovani per averli visti, ecco i cartelli esposti un tempo in tanti piccoli esercizi di paese: questo succederà, e gran parte sarà stata solo colpa vostra.
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P.s.: e fate un pensierino anche su che avrebbero fatto, e hanno già fatto in situazioni simili, paesi del cosiddetto socialismo reale, come nel Xinjiang in Cina, furbacchioni.
Ri-p.s.: siete peggiori di lui, che almeno nella sua testa bacata ha accoppato gente perché crede in qualcosa di trascendente. Voi, invece, siete solo dei consapevoli e volenterosi complici di tanta nefandezza.
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chez-mimich · 5 years
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BROKEN NATURE CATALOGO. Ho tra le mani il catalogo della bella mostra della Triennale si Milano, vista qualche settimana fa, “Broken Nature” e non posso fare a meno di notare che la sua lettura e la sua consultazione mi fanno apparire sempre più necessarie e vitali per l’arte contemporanea questo tipo di mostre. Di che mostre si tratta? Mah, ho la sensazione, che tende sempre più a diventare una convinzione profonda, che l’arte contemporanea “occidentale”, per usare un termine di comodo, sia un po’ arrivata al capolinea o almeno su un binario morto. Da un po’ di anni ormai, frequentando mostre e sedi espositive di Londra, Parigi o Milano, mi sono accorto che il centro del mondo non è più l’Europa o gli Stati Uniti; anzi forse il mondo non ha più centri. Sempre più spesso gli stimoli più profondi e proficui arrivano da tematiche e luoghi geografici, per così dire “decentrati”. È solo il caso di ricordare che da “Mona Hatoum” a “La Terra Inquieta”, da “Pangea” a “Cento Verbi”, fino a questa magnifica “Broken Nature”, tutte le più grandi suggestioni sono venute da artisti, ma anche designer, architetti e persino scienziati, che hanno posto l’accento su temi che sono entrati di forza nella nostra vita attraverso le cronache quotidiane. I grandi temi delle migrazioni dei popoli in fuga da guerre e carestie, le grandi problematiche ecologiche, l’alimentazione, la gestione delle risorse naturali, l’inurbamento forzato, la resilienza. Insomma l’oggetto dell’arte sta cambiando ed è cambiato sotto le violente sferzate della Storia. Proprio sfogliando il prezioso catalogo curato da Paola Antonelli e Alan Tannir con una bellissima introduzione di Stefano Boeri, presidente della Triennale, ho avuto conferma di queste mie convinzioni. Sembrano tornate di moda, in un contesto completamente diverso, le parole di Filippo Tommaso Marinetti: “Noi vogliamo distruggere i musei...” Forse non sarà necessario distruggerli, ma certamente accorgersi che non tutto ciò che vale sta rinchiuso in un museo, ma anche in una foresta, in un ecosistema, in una periferia urbana, su un barcone alla deriva. Forse siamo noi quei naufraghi che dipingeva Théodore Géricault nel suo “Le radeau de la meduse”...
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