AMAZONOMACHY Sarcophagus
From Soli, Northern Cyprus [found in 1557]
https://en.wikipedia.org/wiki/Soli,_Cyprus
Hellenistic period, 2nd half of the 4th c. BC
Marble
Provenance and additional data:
https://www.khm.at/objektdb/detail/50832
Fantasy movie simple and beautiful to see. It doesn't look like the fantasy blockbusters of some twenty years later with epic battles and incredible special effects but still cuts a good figure with a few costumes and a couple of theatrical sets.
Diana Prince aka Wonder Woman nelle sue due versioni umana (@gal_gadot) e la versione Duck Wonder Woman (@numskulldesigns ) #duck #duckcosplaying #duckcosplayer #duckcosplay #cosplayingducks #cosplayingwoman #wonderwoman #wonderwoman84 #dccomics #dcuniverse #amazzoni #galgadot #galgadotfan #numskulldesigns #numskullgames (presso San Benedetto del Tronto) https://www.instagram.com/p/CmCaE73tNJB/?igshid=NGJjMDIxMWI=
Chi erano davvero le donne guerriere che avevano scelto di fare a meno degli uomini? Un racconto straordinario tra leggenda e mito: "Il mistero delle amazzoni" di Hannah Lynn
L’antica città di Temiscira ha una sovrana leggendaria: Ippolita, regina delle amazzoni. Il suo è un popolo di guerriere, temute in tutta la Grecia per lo straordinario valore in battaglia: si dice che sottomettano gli uomini e li utilizzino per la procreazione, che si amputino il seno destro per tirare meglio con l’arco e siano formidabili a cavalcare e con le armi. Ma ci sono pericoli che…
Io per guarirmi dei miei noiosi amori
ascolto i noiosissimi racconti
di altri amori.
Pur nella noia il dolore è vero,
ma per un po’ lo vedo
in queste storie simili, irreale,
e mi sottraggo al mio perché è uguale.
Pensando a questo mi pento
e mi vergogno di aver sforzato
con parole e pianti
i cuori calmi di chi mi stava intorno.
Ora capisco che è una presunzione
con abitanti di climi temperati
parlare di ghiacciai e di amazzonie.
PARAVENTI:FOLDING SCREENS FROM THE 17TH TO 21ST CENTURIES
C'è un'illustrazione degli anni Settanta di Bruno Munari che riproduce una sedia realizzata nei diversi stili riconducibili ad un artista, così abbiamo una sedia cubista alla Pablo Picasso, una dadaista alla Marcel Duchamp, una surrealista alla René Magritte e così via. Ecco la mostra "Paraventi. Folding Screens from the 17th to 21st Centuries", in corso alla Fondazione Prada di Milano e curata da Nicholas Cullinan (aperta fino al prossimo 22 febbraio), concettualemnte mi ha fatto tornare in mente quell'immagine così sinteticamente efficace. Il "Podium", nei suoi due piani espositivi, raccoglie una serie di paraventi che sembrano piccole cifre stilistiche di tanti artisti, quasi degli autografi anche un po' prevedibili, pur trattandosi di oggetti pregevolissimi, delle "quasi-opere d'arte" che riassumono per il visitatore le tappe dell'arte antica, moderna e contemporanea. Come volete che sia un paravento decorato da Yves Klein? Blu, naturalmente. e quello a firma di Jim Dine? Sgocciolante come i suoi cuori, va da sé. Quello di Alvar Aalto? Di legno di pino ondulato, impossibile sbagliare. Vediamo se indovinate quello di Cy Twombly... un foglio scarabocchiato e macchiato. Insomma, qualche buon grado di prevedibilità, in questi oggetti liminari che stanno sulla soglia tra intimità e mondo esterno era prevedibile, ma non in dosi così massicce. Questo però riguarda fortunatamente solo i nomi degli artisti più celebrati ed esposti al secondo piano del Podium. La musica cambia decisamente però quando ci troviamo di fronte ad un Coromandel cinese del XVII secolo (tanto amati da Coco Chanel) o quando ci pariamo dinnanzi a qualche originalissima creazione contemporanea come quella di Francesco Vezzoli, "The assasination of Trotsky" un paravento specchiato sul quale campeggiano le riproduzioni fotografiche a grandezza naturale di Romy Schneider, Alain Delon e Leone Trotsky appunto, allusione all'omonimo film progettato dallo stesso Delon (forse per non lasciar decadere la sua già notevole autostima). La mostra, benché dall'impianto non originalissimo e con le massicce dosi di prevedibilità di cui si è già detto, può essere affrontata come una caccia al tesoro che ci rivela non poche preziose ed originalissime scoperte, sia nell'arte antica, sia in quella moderna e contemporanea. E' il caso del paravento di Pedro de Villegas del 1718, con la raffigurazione di una mirabile conquista del Messico da parte delle truppe di Cortes e con scene descrittive di grande valore documentario, oltre che decorativo. Che demone abbia nella mente il committente di un simile soggetto su un paravento, non è dato sapere, ma certamente si tratta di un bellissimo oggetto. Molto particolare il paravento-arazzo, ideato da William Morris (e realizzato da Elizabeth Burden) che ritrae Lucrezia, Ippolita ed Elena protagoniste del poema trecentesco di Geoffrey Chaucer (quello dei "Racconti di Canterbury) di sapore Preraffaellita, molto molto "Art and Craft". Tra quelli di realizzazione piu recente, non posso passare sotto silenzio quello di Lisa Brice, una tempera sintetica e pastello che raffigura un mondo tutto al femminile e godereccio, dove tra queste pittrici-amazzoni c’è chi ridipinge il celeberrimo quadro di Courbet “L'origine du monde”, come fosse un autoritratto della stessa pittrice; un soggetto quantomai criptico anche se si dà per scontato che l’artista produca un’opera dall’evidente significato anti-patriarcale. Tra gli strabilianti, sicuramente il paravento di Kelichi Tanaami, una "Guernica" del 2023, per così dire rivisitata e intrista di Pop Art e Manga, da dove occhieggiano, paludate tra una fauna immaginifico-fumettistica, anche le figure picassiane della grande tela. L'elenco potrebbe continuare molto a lungo, ma come tutte le liste, per citare Umberto Eco, anche questa rischia di diventare una vertigine e allora la cosa migliore da fare è sbrigarsi ed andare a dare un'occhiata in loco, magari sbirciando da dietro un paravento...
Quale che sia il crimine commesso da una donna, compreso tra l’omicidio di primo grado e una camicetta troppo scollata, quella viene etichettata come “puttana”. Non importa che ella sia una narcotrafficante, un’opportunista, un’arrivista, una falsa, una nazista, un’invidiosa, una razzista, una xenofoba, un’omofoba, una truffatrice, una bugiarda, un’egoista, una ladra, una gretta, un’inetta, un’ignorante. L’insulto principe, la prima colpa che – a torto o a ragione – le verrà imputata, l’unico immancabile improperio che le verrà rivolto, universalmente riconosciuto e idiomaticamente trasversale, è sempre lo stesso: puttana (con un ampio inventario di insulti e bestemmie a corollario del genere “figlio di p.”, “p. tua madre” e via discorrendo).Le donne sono “puttane”, sempre. Lo sono se flirtano troppo; lo sono se si vestono in maniera troppo provocante; lo sono se sono consapevoli del proprio fascino; lo sono se sul loro conto girano voci poco lusinghiere; lo sono se sono dialetticamente piacevoli per gli altri uomini; lo sono se sono troppo intraprendenti; lo sono se sono sensuali e se con la loro sensualità sanno giocare; lo sono se fanno carriera; lo sono se sono troppo libere o troppo indipendenti; lo sono se sono competitive; lo sono se rivelano qualche nostra confidenza a qualcuno; lo sono se approfittano del sesso per ottenere favori; lo sono se fanno un po’ troppo sesso, non per noia né per professione, ma per passione, come diceva De André; lo sono se suonano il flauto traverso a pagamento; lo sono soprattutto se vanno a letto con l’uomo sbagliato (il capo, il collega, il marito di un’altra, il fidanzato della nostra migliore amica, l’amante, quello che piaceva a noi).
Ma le donne sono puttane anche per molto meno, sia chiaro. Basta che ci taglino la strada nel traffico, che ci sorpassino in coda al supermercato, che alla svendita di Paciotti si portino via l’ultimo paio di scarpe del nostro numero.
E ciò che sempre mi colpisce di questa scelta semantica, del puttanesimo per l’appunto, è che non ci rendiamo conto di quanto sia svilente per il nostro genere, darci con tanta leggerezza delle puttane/zoccole/troie. Perché la meravigliosa lingua italiana prevede una quantità sconfinata di attributi e sinonimi, più precisi e spesso meno offensivi di “puttana”. E io, che sono una grande supporter delle parolacce perché ad esse riconosco il potere di donare un’ineguagliata incisività al discorso, ritengo che il “puttana facile” sia un’aberrazione. Perché, vedete, il punto è proprio qui: le riduzioni sessiste dei nostri ruoli, quelle che ci vogliono o angeli del focolare o amazzoni metropolitane, la retorica dell’opposizione tra la santa e la mignotta, che livella e appiattisce (come solo il peso della superficialità può fare) una cosa complessa ed eclettica quale è la femminilità …Ricordate che ogni volta che diamo della puttana con leggerezza a qualcuna, stiamo erodendo un pezzetto di quel processo culturale evolutivo che dura da decenni, che evidentemente non è compiuto e che molto ancora durerà. E che non stiamo contribuendo a farlo progredire ma che lo stiamo boicottando …
AMAZONOMACHY:
Attic Red-figured Column Krater
Attributed to the Polignotos Painter
https://en.wikipedia.org/wiki/Polygnotos_(vase_painter)
450-440 BC
Side A:
Two Amazons [depicted in Hellenic clothing, one with a sagaris] confront two Greek warriors.
From Tomb 724B, the Valle Pega, Chiusi area [near Ferrara], Spina.
Museo Archeologico Nazionale di Ferrara | MANF
[1st Fl. Sala XV]
• Web : http://www.archeoferrara.beniculturali.it/index.aspx?lng=ENG
• FB : https://www.facebook.com/museo.archeologico.ferrara
• IG : @museo_archeologico_ferrara
• X : @ArcheoFerrara
Riconosciuta come simbolo rappresentativo dell'orgoglio lesbico, il disegno contiene tre potenti simboli per le donne lesbiche: il colore viola, il triangolo nero rovesciato e il labrys. In seguito vi spiegherò il significato e l'origine di ognuno di questi.
Il viola: indica il fiore della viola, simbolo lesbico la cui origine precisa è incerta. si può individuare il motivo del suo utilizzo nella poesia di saffo "vorrei veramente essere morta", in cui la poetessa racconta delle ghirlande di viole che lei è un'amata si scambiavano.
Il triangolo nero rovesciato: questo simbolo era indossato dalle donne nei campi di concentramento nazisti. serviva per identificare ogni donna "asociale", ovvero non conforme al modello nazista, tra cui quindi donne omosessuali e femministe.
La labrys: il termine "labrys" deriva dal latino "labus" (= "labbra") in riferimento alla parte dei genitali femminili.
Si tratta di un'ascia a due teste, simbolo religioso risalente alla civiltà minoica (orientativamente attorno al 3000-1450 dc)
Era utilizzato per indicare la dea madre, l'autorità e il potere. Fino al declino della civiltà minoica, la doppia ascia era rappresentata soprattutto nelle mani delle donne.
La labrys è associata anche alle amazzoni. Le amazzoni erano il leggendario popolo di donne guerriere che viveva lontana e indipendente dalla cultura e il dominio patriarcale.
Negli anni settanta il simbolo venne adottato per rappresentare la forza e l'indipendenza di lesbiche e femministe lesbiche.
Una giornata che siamo costretti a ricordare, ma nonostante tutto la situazione non migliora.
È increscioso che ancora oggi si debba parlare di femminicidio e violenza sulle donne, che il nostro paese sia tra i più colpiti da questa piaga.
Un uomo che commette violenza su una donna non è un uomo.
Le donne sono guerriere, e sono state costrette a diventarlo per difendersi dal suo compagno aguzzino. Ed allora io oggi voglio celebrare il coraggio delle donne prendendo in prestito questa Diana da Mahmud Asrar, trasformandola in una reduce da una battaglia durissima ma vincente. In ogni tono di rosso e rosa. Segnata dalla lotta ma con lo sguardo fiero della principessa delle Amazzoni, la lottatrice di Temiscyra.
Dedico questa Diana a tutte le donne che lottano ogni giorno, perché in ogni donna c'è Wonder Woman.
sapessi dove annego amor mio per te per colpa tua mi devasti e perciò io non me ne vado sei bello come il più bello dei dipinti ed io ti tengo nel palmo dei miei occhi nelle spine del mio costato duro e acerbo ti rinchiudo in una teca ci provo a tenerti tutto pelle deliri eccessi occhi mani piedi e non ti lascio andar via ti prego resta stai rimani non andare andare dove poi noi ci apparteniamo perciò resta a darmi tormenti e silenzi continui e costanti amore ammazzami dall'angolo più remoto del mio costato resta lì col coltello pronto io mi prendo il male e qualche sorriso sporadico ed una mano sulla coscia ed un'occhiata leggera e sottile perché tu non mi guardi non mi parli non mi fai esistere mi deprivi mentre io ti do
tutto tutta me tutto il mondo e l'amore e i ruscelli le Amazzonie il petrolio i treni le nuvole il cielo il pane il piacere la carne il sudore gli umori le lettere il sangue le lacrime il sale il pudore la leggerezza l'anima e le spine quelle del mio costato