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#ad criticos
wyrmfedgrave · 3 months
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Pics:
1. Whoops!
Definitely shouldn't have seen that!!
Cats from Saturn?!!
In my bathroom...
2. In his youth, Lovecraft was completely devoted to a black cat that he named for a derisive curse word.
When it ran away, Howard never again owned another pet.
But, HPL did express his respect for cats thruout his works.
This particular book contains all of Lovecraft's writings about such brave & "superior" felines.
The book includes excerpts from Howard's letters on Old Man (an incredibly ancient street cat that HPL met), his friends's pets, the felines of "Kappa Alpha Tau" (near his home), a cat poem by 1 of his friends, etc...
The book's illustrated by Jason C. Eckhardt, whose drawings have graced Lovecraftian publications for many decades.
Highly collectible but, buy the book to read it...
3. Lovecraft & his racially named cat?
There's a story going around that when his cat fell asleep on his lap, Howard would stop typing so as not to disturb his little Lovecraftian Spawn!
But, this same story was told, earlier, about the Prophet Muhammad...
4. The Weird Cat is a collection of 3 dozen short stories, poems & essays by Arthur Conan Doyle, Rudyard Kipling, Ambrose Bierce, Ramsey Campbell, Lewis Carroll, Sax Rohmer, W.B. Years, Darrell Schweitzer, HPL, Lord Dunsany & yet more...
The overview for this book is perfect, "Something's afoot! On your lap, Kitty stirs."
"Staring into the gloom beyond the reading lamp's light, she gazes at what you can't see..."
"Swiftly, Kitty moves to atop the 'arm' of your chair - her silken fur rising with unease."
"There, she strikes an expectant stance, her whiskers twitching at the unseen peril."
"The hairs on your neck rise, as you glance at Kitty. She has finer senses - which you lack."
"Cats dwell in a far larger world. With many 'windows' into gulfs & abysses of which we only access shadowy glimpses..."
Both of the above books are edited with S.T. Joshi's help.
How is this 1 guy still so sane?!!
Only drawback: No mention of inner art.
Sigh...
5. Ahh...
The latest graduate kitten from our old University...
Addendum: 1913.
Intro: "Ad Criticos" is the main letter looked up when talking about the Jackson War.
But, few people - other than the prolific S.T. Joshi - had published critical studies about it.
The following is a summarized version of Philips A. Ellis's article in Lovecraft Annual #4 in 2010.
"Most critics like to gather these 4 separate verses together into 1 poem. But, they are, in truth, 4 disjointed - if related - works."
"Ad Criticos is from the beginning of Lovecraft's poetic 'career.' And, indeed is actually responsible for that career - as it enabled Howard to be noticed by the UAPA."
"Critics divide HPL's poetic timeline into 2 parts."
"The 1st phase is marked by Howard's use of old English words & old poetic 'structures' - heroic couplets being his favorite."
"These early works coincide, mostly, with Lovecraft's classical period."
"The letters all focus on attacking Jackson & Russell. HPL makes both men into figures of 'fun'..."
"But, even Jackson's supporters are mocked & debased by Howard."
"An Elizabeth E. Lisop comes under attack for her 'inability' to handle more than simple English..."
"All because she objects to Lovecraft's odd vocabulary & his use of, in particular, labyrinthe, lucubrations, luminary, laureled, etc."
"HPL hoped that his satiric barbs on that person's intelligence will over- whelm them into silence."
"So, Howard actually bullied Elizabeth into not writing anymore!!"
"So, Lovecraft writes down his version of a matter - in satiric & ironic terms. Using 'humor' to better get his full point across."
"HPL also used his knowledge on the mechanics of writing to attack his writing opponent's phrase & verse."
"And, Howard did it in such a way that it shows off his expertise in both, irony & satire."
"In truth, Lovecraft is mocking the importance of Love. Perhaps, because he had yet to experience what Sex truly entails..."
PS: There's also a brief note on HPL's admiration for - &, admits defeat to!! - a F.W. Saunders...
General Look at Howard's Letters:
Lovecraft's missives, in total, are actually more lengthy than all of his literary output!
So, critics are far more interested in HPL's massive mailings (usually over 10 pages long - for each writer to him!!) than his famous tales!
It helps that Howard wrote informal, witty, frank & smart-alecky letters about his life & writing habits.
Lovecraft's range of subjects ran thru various interests in politics, history, science, literature, architecture, travel, food, criticism, writing advice, etc...
Once, it was thought that HPL's messages ran over 100,000 separate items.
But now, we know that only some 65,000 of Howard's letters survived the eons...
Many folk destroyed their collections of Lovecraft's missives for a variety of reasons.
Sad.
Yet, new discoveries are being made every day...
But, we might never find all of HPL's messages - unless I could borrow someone's time machine!!
Aww... Come on!
It's for an official mail retrieval project.
Heh.
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falcemartello · 8 months
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COS' È LA DISTRAZIONE DI MASSA...
🔻Noam Chomsky, uno dei piu' importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.
Dedicate 5 minuti e non ve ne pentirete.
Non foss'altro per ampliare le proprie conoscenze.
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà.
O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi.
E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato.
Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile.
Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo.
Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione.
E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti.
Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca.
Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Noam_Chomsky
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telefonamitra20anni · 3 months
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La dolce vita: Il punto più alto il punto più fragile.
Oui, Je suis content! È il 1960, Marcello vive uno dei momenti più belli della sua vita di attore e di uomo, inizia cosi, la sua "dolce vita". Tutto scorre veloce, il successo gli piomba addosso e d'improvviso, si ritrova ad essere riconosciuto come il latin lover di fama mondiale, l'attore simbolo italiano da mettere in vetrina. In questo vortice di successo, l'uomo viveva il punto più alto e il punto più fragile della sua vita, Marcello riscopre le sue più tangibili inettitudini e debolezze, ritrovandosi per un momento smarrito, in uno status di felicità incosciente. Vive lo spericolato viaggio di una crisi personale che mette alla prova, la conoscenza il perdono e l'accettazione del suo essere uomo virtuoso, inetto, umano, fragile. Lui, fino ad allora, sentiva di essere in qualche modo sbagliato. Eppure, quella dolce vita la accoglie, complice in causa Federico, che riscopre amico, confidente, complice, anima affine. Fino a quel momento, Marcello non sapeva che nome dare alla filia, alla felice libertà di sentirsi se stesso, senza quel retrogusto amaro del senso di colpa. Federico lo guida, lo ascolta e lo comprende. Gli dice che guardarsi come dentro uno specchio può far certamente paura ma, può essere capace di raccontarti bellezza. Marcello lo ascolta, cresce, evolve, si conosce. È il 1960 e per lui, è un nuovo battesimo. Dal punto più alto lui, ha capito che tanto valeva essere, e che il giusto rifugio dal punto più fragile sarebbe stata la cura della comprensione. Da quel momento tutto ha avuto un sapore diverso, sebbene un uomo non possa conoscersi mai abbastanza, Marcello ha capito di essere solo un uomo libero alla ricerca di se stesso, con la giusta cinica comprensione, con il piu adeguato spirito critico che lo contraddistingueva.
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lupo64sblog · 8 months
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COS' È LA DISTRAZIONE DI MASSA.
Noam Chomsky, uno dei piu' importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale  è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà.
O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi.
E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato.
Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile.
Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo.
Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti  è l’inibizione della sua azione.
E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti.
Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca.
Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
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libriaco · 2 months
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Basta una parola
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Scriveva Abatelunare, una decina di giorni fa, che spesso leggendo un libro si imparano delle parole nuove, e faceva riferimento a un toscanismo: costassù, trovato in una vecchia versione de Il ragazzo di Sycamore di Erskine Caldwell.
A me occorre poco, appena una parola, per impantanarmi in una serie di percorsi da cui poi faccio fatica a uscire; così è stato anche questa volta.
Infatti, in sintesi:
Da toscano conosco e uso la parola costassù, così come anche gli altri avverbi costì, costà, costaggiù; ricordo bene come, una decina di anni fa, me ne chiese il significato una collega, di madrelingua inglese, da poco arrivata a Siena.
Più di recente, saranno passati tre o quattro anni, durante una lettura condivisa de La vita agra del grossetano Luciano Bianciardi, le due amiche con cui leggevo, una di origine siciliana ma da anni a Napoli, l'altra veneta, mi chiesero lumi su due strane parole in cui si erano imbattute in quel testo: costì e costassù.
Ho chiesto ad Abatelunare chi avesse tradotto il libro, sospettando appunto un toscano, e mi ha indicato Marcella Hannau. Il mio sospetto era ben fondato, anche se non corretto, perchè la Hannau era nata a Trieste ma ha avuto frequentazione lunga e anche intima con la Toscana.
Le ricerche fatte mi hanno portato subito in ambiente fiorentino; la Hannau, traduttrice dall'inglese di oltre una settantina di libri, figlia di uno stakholder della Standard Oil, di famiglia ebraica, sposò molto giovane [nel 1921] Corrado Pavolini, nato a Firenze: regista, drammaturgo, critico letterario, poeta, librettista e traduttore. Corrado era figlio del professor Paolo Emilio, traduttore e docente universitario di Sanscrito, nato a Livorno da padre dell'isola d'Elba. La coppia frequentava l'ambiente culturale italiano del tempo: ci sono ad esempio foto degli anni '30, sulla spiaggia di Castiglioncello, sempre in Toscana (Livorno) in compagnia di Luigi Pirandello, Nicola De Pirro, Marta Abba, Maria Stella Labroca e Silvio D'Amico; le due famiglie, Hannau e Pavolini, frequentavano spiaggia, locali e ville di amici nella zona, già dalla fine degli anni 10 dello scorso secolo.
Corrado Pavolini era il fratello del gerarca fascista Alessandro, Ministro della Cultura Popolare e segretario del Partito Fascista.
Alessandro si rifiutò di aiutare il fratello e la cognata Marcella nel momento della promulgazione delle leggi razziali e Corrado e Marcella scapparono a Cortona (Arezzo) rifugiandosi nella villa dell'amico Debenedetti. A Cortona trovarono un buon nascondiglio anche gli Hannau, i genitori di Marcella, a cui offrì riparo il Vescovo, Monsignor Franciolini, direttamente nella sua abitazione.
Cortona piacque così tanto alla coppia Pavolini-Hannau che fecero della villa "del Bacchino" un loro punto di riferimento a guerra finita e poi, dal 1961, la loro residenza. Ecco come, con tutte queste frequentazioni toscane, la Hannau abbia potuto utilizzare parole ancora in uso nell'italiano del tempo, adesso segnalate dalla Treccani come semplici "toscanismi" vista la loro odierna più ristretta circolazione.
Restano da citare, in questi miei giri intorno alla coppia, due notiziuole "rosa": l'infatuazione per Corrado Pavolini, prima da parte di Anna Maria Ortese, poi di una sua carissima amica, Helle Busacca. [Interessante e rivelatrice questa pagina di Dario Biagi]. Su questo ramo della ricerca mi sono fermato, perché infiniti altri percorsi mi si sono aperti, relativi ai personaggi della cultura italiana dell'epoca e dei loro rapporti di amicizia, rivalità od odio.
Nonostante le ricerche sul web, non sono riuscito a trovare informazioni certe sulle date di nascita e di morte di Marcella Hannau; ho pensato allora di utilizzare il Copilot di Microsoft Bing. L'Inintelligenza Artificiale si è data da fare ma le date che cercavo non me le ha recuperate; in compenso ha tratteggiato un profilo, sintetico ma efficace, del marito Corrado. Peccato, però, che, da brava Inintelligenza, si sia confusa e abbia scritto i dati relativi ad Alessandro Pavolini, il gerarca titolare del MinCulPop e Segretario del Partito Nazionale Fascista, che fu processato per collaborazionismo, fucilato e poi esposto, insieme a Mussolini e alla Petacci, a Piazzale Loreto...
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*Aggiornamento del 29/03/2024: Corrado Pavolini e Marcella Hannau riposano ora l'uno accanto all'altra nel piccolo cimitero del Torreone al sommo della collina di Cortona.
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3nding · 3 months
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Why are so many young people getting cancer? Perché tanti giovani si stanno ammalando di cancro? Sintesi dell'articolo con spunti personali.
Per prima cosa sgombriamo il campo dall'associazione tra cancri, turbocancri e vaccini ad RNA che personaggi senza scrupoli stanno diffondendo per (cinicamente o incoscientemente, ognuno scelga) instillare dubbi e paure in chi in questo periodo si ritrova ad affrontare una diagnosi di tumore. Vorrei spiegare il mio accanimento su questo aspetto: una reazione molto frequente in chi riceve una diagnosi di tumore è chiedersi perché. Secondo me offrire ad una persona in un momento di grande fragilità una risposta falsa e che lo spinga a colpevolizzarsi (se avessi dato ascolto, se non mi fossi vaccinato, forse oggi non…) è riprovevole. Et de hoc satis.
E' vero che i dati ci dicono che c'è un'aumento di tumori, ed un aumento di tumori che si presentano in modo insolitamente precoce, ma è un fenomeno che si osserva dagli anni '90, i vaccini ad mRNA non c'erano.
Il punto è che il perché questo succeda ancora non si capisce. E non sarà facile capirlo, almeno per un po'.
La premessa è che il cancro, nella nostra cultura scientifica (che poi trova conferma nella nostra esperienza) è sempre stato una malattia statisticamente legata all'età (qui sotto c'è un grafico con l'andamento dell'incidenza di vari tipo di tumore in relazione all'età).
Un primo motivo è che le cause iniziali del cancro sono le mutazioni. Che siano dovute a fattori endogeni (acquisite in modo casuale nel corso della vita) o esogeni (causate dall'esposizione a fattori ambientali come inquinamento, alimenti, fumo, uso di sostanze chimiche…), solo poche di queste mutazioni avranno un'effetto sulla cellula, solo poche delle cellule che portano mutazioni riusciranno ad andare avanti. Per questo le probabilità che si verifichi un evento critico aumenteranno con il passare del tempo.
Ma una mutazione da sola non basta. Perché si abbia un tumore la cellula deve accumulare più mutazioni che compromettano aspetti diversi dei suoi sistemi di controllo. Questo succede, è nella nostra esperienza quotidiana, ma le probabilità che più mutazioni utili si ritrovino nella stessa cellula sono basse, e allora ci vuole ancora più tempo. Possono essere necessari anche decenni. E ancora altro tempo è necessario perché la cellula vada incontro ad ulteriori cambiamenti e deregolazioni che fanno la differenza tra una cellula fuori controllo che sarà eliminata ed un tumore che crescerà, sarà capace di invadere ed infiltrare altri tessuti, crearsi un sistema circolatorio privato e mandare in giro cellule metastatiche.
Per questo i tumori in genere si manifestano coi loro sintomi e si scoprono dopo una certa età. Hanno bisogno di tempo. Per questo, scoprire un tumore del colon ormai intrattabile in una sedicenne, o scoprirne uno con metastasi al fegato in una 32enne, è qualcosa di assolutamente anomalo. Nell'articolo vengono definiti "improbable forms of cancer", tumori improbabili.
Ovviamente tumori infantili ce ne sono, fin troppi. Tumori giovanili pure, ma sono rari, e particolari (spesso con una componente ereditaria), a causa dei meccanismi alla base in genere diversi da quelli dei tumori dell'età adulta ed avanzata (diciamo dai 50 in su). Che però si stanno presentando in aumento ben sotto i 50 (secondo alcuni modelli tra il 2019 ed il 20230 si osserverà un aumento del 30%). Ed anche se la mortalità per cancro globalmente è in calo, questo aumento potrebbe contribuire a riportare su la curva dei decessi nei prossimi anni. Anche perché nei giovani per ora non si fa prevenzione (controlli e screening) per cercare i tumori tipici dell'età più avanzata, quindi spesso questi tumori vengono scoperti in modo tardivo. Ma c'è chi sta già pensando di correre ai ripari ed anticipare di almeno 10 anni alcuni programmi di screening.
Ovviamente oltre a capire che sta succedendo qualcosa di strano, è importante scoprirne le cause. Ma non è facile.
Un primo problema è quello temporale. Anche in un caso veramente semplice da capire, come i tumori alla tiroide in chi da ragazzo (quindi con una tiroide molto attiva) in Ucraina e Bielorussia è stato esposto allo Iodio 131 liberato dalla centrale di Chernobyl, furono necessari comunque diversi anni prima di avere i primi casi. In pratica, anche in condizioni indotte in modo quasi sperimentale, c'è stato un periodo di latenza rispetto agli eventi iniziali. Diamo per scontato quindi che per capire quello che si osserva oggi non ci interessa qualcosa che è successo uno o due anni fa ma dobbiamo andare indietro nel tempo, di qualche decennio. E non sarà facile associare in modo retroattivo qualcosa che non sappiamo cosa sia, ma è successo 30-40 anni fa, ad un fenomeno che vediamo oggi.
L'altro problema è nei numeri. La tendenza è netta ma i numeri non sono tanto grandi da consentire studi solidi, e se per aumentare la numerosità del campione mettiamo insieme individui e malattie che apparentemente hanno in comune solo una diagnosi precoce, rischiamo di non scoprire i fattori discriminanti. Perché i tumori in aumento sono diversi per tipo, per età di insorgenza, per popolazione, e poi un tumore è per definizione una patologia multifattoriale che può rispondere a fattori molto diversi. La cosa più probabile però è che non ci sia una vera e propria pistola fumante da scoprire, ma una serie di fattori che singolarmente o in sinergia determinano questo risultato.
Di ipotesi se ne fanno tante che però possono spiegare alcuni casi ma non altri. Si va dai cambiamenti nell'alimentazione, sia in quantità che in qualità rispetto alle generazioni precedenti, all'obesità in netto aumento nei giovani, al consumo di alcoolici, a cambiamenti nel microbiota (che ha effetti sul sistema immunitario e sempre più correlazioni col cancro, ma che sarà difficile confrontare con quello di chi si è ammalato in età "normale"). Si stanno considerando anche effetti epigenetici dovuti all'esposizione a sostanze chimiche (disruttori endocrini) durante la gravidanza. Per questa ipotesi ci sono dei precedenti ormai ben caratterizzati, ragazze nate da madri che avevano fatto uso di un ormone sintetico (il dietilstillbestrolo) durante la gravidanza sviluppavano con frequenza insolita un tumore genitale raro ed in adolescenza, età decisamente insolita. Solo in seguito si capì che l'ormone disturbava il programma differenziativo di quei tessuti in una fase critica dell'embriogenesi per cui le bambine nascevano con una sorta di predisposizione a quel tumore. Può darsi che quello che vediamo oggi dipenda da qualcosa del genere. Sarebbe molto utile andare a studiare quelle che si chiamano coorti di nascita, ovvero un grande numero di bambini (e le loro madri) seguiti fin da prima di nascere. Di dati e di campioni biologici da analizzare in cui trovare contaminanti che potrebbero avere questo tipo di effetti però purtroppo non ce ne sono molti.
Stanno emergendo anche altri aspetti significativi a livello di popolazione. Il fenomeno sembra riguardare le donne più degli uomini, negli Stati Uniti gli ispanici ed i neri più che i bianchi, ed ancora di più alcune minoranze etniche native dell'Alaska. Ma sicuramente non si tratta di una questione etnica e di polimorfismi, quanto di aspetti socioeconomici. Livello economico, stili di vita, alimentazione, obesità, sicurezza delle abitazioni, accesso a prevenzione e cure precoci sono strettamente correlati tra loro, e possono essere un fattore importante. Lo abbiamo già visto col Covid. Ma è difficile che siano la causa diretta dell'aumento di incidenza del cancro tra i giovani.
E poi c'è il solito problema (ormai ci torniamo sempre più spesso) delle aree grigie, dei dati che non abbiamo perché riguardano quegli ultimi di cui ci importa poco. Come esempio, in Sudafrica i dati sull'incidenza dei tumori sono noti solo per il 16% della popolazione che è coperta da un'assicurazione sanitaria. Degli altri non si sa. Se tra gli altri ci fosse la risposta alle nostre domande, non lo sapremmo.
In sintesi, oggi oltre a farci le domande dobbiamo anche iniziare a raccogliere tutte le informazione possibili in cui, prima o poi, trovare le risposte.
“We never saw this coming. But in 20 years if we don’t have databases to record this, it’s our failure. It’s negligence.” - Ettore Meccia, fb
Più informazioni e link nell'articolo: https://www.nature.com/articles/d41586-024-00720-6
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abatelunare · 11 days
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Non tanta, eh...
Poche parole - d'istinto, giacché io critico non sono - su Matilde Serao. A me sembra scrittrice profondamente ottocentesca. Nei suoi romanzi poco si narra e molto si descrive, molto si analizza. Tratteggia ambienti esteriori, ma anche interiori. A tinte spesso drammatiche, quando non decisamente cupe. Sembra quasi prediliga il lato tormentato dei sentimenti. Per averne un'idea, basta dare un'occhiata a Cuore infermo e ad Addio, amore! Mi piace, eh. Paradossalmente proprio per la sua enfasi eccessiva, per quel suo gusto della frase riccamente apparecchiata e dettagliata. Però ogni tanto un po' di ansietta me la mette addosso. Non tanta, per fortuna.
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
GLI STRATI DEL TEMPO
«Fino alla nascita dei décollage, nel 1953, io facevo della pittura neo-geometrica. Avevo studiato tutti gli stili e tutti i più grandi maestri, da Kandinskij a Mondrian, da Picasso a Matisse. Poi mi trasferii per due anni negli Stati Uniti, e realizzai una mostra anche lì. Quando tornai in Italia, non volevo più dipingere, perché ero giunto alla conclusione che tutto ormai, in pittura, fosse stato fatto. Una mattina del ’53, mi trovavo nel centro di Roma, e osservavo i muri completamente tappezzati di manifesti pubblicitari lacerati. Ciò mi colpì moltissimo, e pensai: ‘Ecco le nuove immagini che io devo dare al pubblico’. Nessuno aveva mai fatto questo. Così è nato il décollage: è stata una sorta di… illuminazione zen. Allora uscivo di notte dal mio studio e rubavo i manifesti dai muri. Una sera venne a vedere i miei lavori un critico giovane e molto intelligente, un filologo, Emilio Villa. Fu entusiasta, e mi disse: ‘Tu stai inventando una nuova forma d’arte, che va al di là della pittura’. Mi invitò ad allestire una mostra con sei pittori romani sul Tevere. All’inaugurazione c’era un critico americano, il quale sostenne nella sua recensione che l’unico a proporre un nuovo messaggio ero io. Mi definì ‘neo-dadaista’.».
Con queste parole Mimmo Rotella (Catanzaro 1918 – Milano, 8 gennaio 2006) rievocava la nascita del "decollage", intuizione capace d'innovare il linguaggio artistico del secondo Novecento, inserendosi nella scia della Pop Art, dell'Informale, del Nouveau Réalisme, del NeoDada.
Tuttavia, gli schemi non raccontano.
Indicano un percorso, delle assonanze, dei richiami.
Non bastano: gli artisti fanno storia a sé.
La libertà in quegli anni convulsi è massima.
La tecnica diviene essa stessa fenomeno creativo, così prorompente da ribaltare il tradizionale rapporto tra significante e significato, fino a una semiosi inaspettata, controversa.
Eppure dotata di una poetica profonda, ammessa, come nel caso di Rotella, all'antico mistero del tempo e delle sue infinite narrazioni.
Lo "strappo" diventa scoperta.
E quanto rimane è rappresentazione artistica di un divenire che annulla le distanze, saldando passato e presente.
Suggestione del perenne.
Nascosto.
Svelato.
- Mimmo Rotella, "Europa di notte", 1961, Mumok, Vienna
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multiverseofseries · 18 days
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X-Men '97: il revival sui mutanti Marvel che tutti aspettavamo
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La recensione di X-Men '97, revival della storica serie animata sui Mutanti di casa Marvel che torna con un prodotto nostalgico ma intelligentemente aggiornato al presente. Tra animazione, regia e scrittura. Su Disney+.
Bastano gli iconici titoli di testa a confermare l'identità di X-Men '97, molto cara ai figli degli anni '80 e dei primi anni '90. La serie d'animazione classica era conosciuta in Italia come Insuperabili X-Men, in onda dal 1992 al 1997 per cinque ricchissime stagioni. Il suo peso storico è rintracciabile nell'aver aperto la strada allo sviluppo di molte altre serie televisive dedicate ai supereroi della Marvel, prima fra tutte quella di Spider-Man, ma più in generale nell'atto di sdoganare in senso mainstream i gli eroi sul piccolo schermo, sfruttando l'animazione come efficace strumento traspositivo per testare un medium differente.
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X Men: un frame della serie animata
Nel settembre del 1997, poi, Insuperabili X-Men trova la sua naturale conclusione in un episodio dai tratti commoventi dedicato al lascito della missione di Charles Xavier ai suoi studenti, ormai cresciuti e diventati supereroi a tutti gli effetti. E proprio da lì riparte X-Men '97 di Marvel Animation: da quell'anno d'interruzione nel passaggio d'eredità morale, come se non fossero passati 27 anni, per raccontare un prodotto di ieri con gli occhi di oggi. Dimostrando quanto difficili e complesse siano le tematiche inclusive e identitarie narrata nella serie.
L'X-Factor di un prodotto straordinario
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X-Men '97: una scena
X-Men '97 è prima di tutto rivolto alle generazioni che sono cresciute con la serie originale, ma non per questo si può dire disinteressata a un parterre di spettatori più ampio e più giovane. Il fatto è che lo show è in tutto e per tutto la sesta stagione del prodotto anni '90, di cui non funge soltanto da sequel ma recupera anche dinamiche, rivalità, scelte narrative e villain del suo glorioso passato. Lo sdoganamento dei supereroi grazie ai cinecomic ha resto molto più noti i fumetti Marvel tra i nuovi nerd, ed è principalmente su questa conoscenza acquisita e maggiormente diffusa a cui lo Studio ha deciso di aggrapparsi per lo sviluppo di una serie apparentemente nostalgica ma di fatto moderna, rinnovatrice di se stessa, ragionata principalmente su tematiche che dopo trent'anni sono oggi più di ieri fondamentali e dibattute in ambito civile e sociale. È il genere supereroistico che si rende elevato, sfruttando il mezzo dell'animazione per raccontare l'eterna battaglia dei Mutanti per l'accettazione. Stravolge una cifra contenutistica già emozionante e intimista in partenza e adesso più introspettiva, filosofica, con distinti tratti etici e intellettuali che trasudano dalla straordinaria penna di Beu DeMayo, showrunner ed head writer della serie che purtroppo non curerà più il progetto dopo la seconda e già annunciata stagione.
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X Men: un frame della serie animata
Il gene mutante, il grande X-Factor di X-Men '97, risiede principalmente in un DNA concettuale che recupera il meglio del prodotto classico per attualizzarlo in ogni suo aspetto, divenendo per Disney+ quello che Castlevania di Warren Ellis rappresenta per Netflix. Ci sono monologhi che vanno riascoltati e interiorizzati, nello show, scambi di battute caustici e sarcastici, relazioni complicate che hanno ancora una loro decisa centralità. E poi molte intuizioni concettuali arrivano a trasformare completamente il senso di un episodio, toccando corde profonde e stuzzicando il pensiero critico dello spettatore. Un valore, questo, che è impossibile ignorare.
Il potere dell'animazione
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X Men: un frame della serie animata
Al di là dell'attenzione per storia e dialoghi, comunque, X-Men '97 gode di un'animazione davvero splendida e di un gruppo di protagonisti ancora valido e affascinante. Il merito dell'estetica va tutto a Studio Mir, che è riuscito ad aggiornare il canone stilistico anni '90, mantenendone intatto fascino e carattere ma ripulendone linee e contorni, tratteggiando con decisione i dettagli delle scene e dei personaggi e sfruttando ovviamente tecnologie di sviluppo moderne per confezionare il prodotto. È dunque ricercata la patina televisiva dell'epoca, ma ad esempio la CGI è sfruttata in minima parte, dando ampio e giusto spazio al 2D e all'animazione tradizionale in tutto il suo splendore. Per non tradire la continuità dell'opera, si è poi deciso di mantenere tutti i costumi del tempo, da Ciclope a Wolverine, da Jubilee a Morph (tra l'altro scelta geniale riaverlo nel team, potendosi trasformare in tanti altri X-Men). Il colpo d'occhio maggiore, però, arriva dalle scene d'azione, dove risalta una maggiore fluidità dei movimenti e una regia animata più stilizzata e virtuosa rispetto a trent'anni fa. Altro elemento modernizzante della serie che dà il suo massimo nei team-up dei protagonisti (Wolverine e Gambit, Ciclope e Alfiere).
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X-Men '97: una scena
Dei DIeci episodi che compongono questa prima stagione, non ce n'era uno che si potesse dire simile all'altro o che fosse meno interessante. Ognuno di essi guarda a un importante arco narrativo del passato, tra Sentinelle, Magneto o Sinistro, dando comunque modo allo spettatore più spaesato di comprendere gli allacci delle varie storie e di non sentirsi lasciato solo. Possiamo dirci sinceramente colpiti e soddisfatti del progetto X-Men '97, nella speranza che la prossima stagione possa regalarci gli stessi spunti di riflessione e lo stesso spettacolo di questa appena conclusa.
Conclusioni
In conclusione, dietro alla sua apparente aura nostalgica X-Men '97 nasconde una profonda anima intellettuale che si rende evidente soprattutto nella scrittura degli episodi e dei dialoghi, per come tratta alcune tematiche identitarie ed inclusive, per come sfrutta relazioni e rivalità, per le corde che sa toccare. Un prodotto meraviglioso forte di un parterre di protagonisti ben ragionato e di un'animazione rinnova il passato senza tradirlo, mantenendo intatto fascino e carattere della serie classica ma con un tocco aggiuntivo più virtuoso e moderno. Imperdibile.
Perché ci piace
La scrittura e la curatela di Beu DeMayo sono straordinarie.
Ci sono monologhi e riflessioni che lasciano il segno.
Il recupero costante di dinamiche e storie classiche che vengono però adattate al presente.
Lo stile animato è semplicemente meraviglioso.
Gli scontri, le rivalità, i team-up.
Cosa non va
Forse il pubblico di riferimento è principalmente quello che è cresciuto con la serie classica, ma non lasciatevi intimorire: in realtà è aperto a tutti.
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palmiz · 1 year
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Anni che facevo discussioni su questo tema, e alla fine, in "tempi decisamente non sospetti".
Nonostante tutto, negli anni 80/2000, in si stava ancora relativamente bene, ci stava ancora in giro un po' di pensiero critico e relativamente libero, anche se certe strade, per la massa, erano già ben tracciate da chi sta sopra.
Anni in cui, il "produci, lavora, crepa" mi girava volutamente in testa come un mantra per monito a non allinearmi alla massa appiattita, ma mai e poi mai, mi sarei immaginato, nonostante le mie "citazioni" continue ad esempio a Orwell o di qualche altro "illuminato" ben introdotto, che ci saremmo sorbiti realmente in prima persona, in tempi relativamente brevi, quello che abbiamo passato in questi ultimi 3 anni.
E se è andata com'è andata questa "prova generale", alla fine è stato solo e unicamente grazie alla massa inerme, incapace di fare 1+1 ed è la conferma pratica di quello scritto sopra.
Anni e anni di indottrinamento e contentini per fargli credere di essere liberi e pensanti, hanno portato per bene i loro frutti.
Guarda caso, questa "prova generale", ha attecchito molto, specialmente in Italia, ma molto meno nei paesi baltici: sono quelli che hanno provato realmente cosa significa essere sotto una dittatura, privati realmente della libertà anche di parola, essere obbligati ad essere automi, e adesso non sono più tanto disposti ad essere nuovamente sottomessi e manipolati.
Loro sì, sono effettivamente uno step avanti della massa occidentale, ci tocca ammetterlo.
Non sono complottisti o chissà cosa: hanno semplicemente aperto gli occhi e non sarà facile "allineare" questi "diffettati", che per fortuna non sono pochi.
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abr · 2 months
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Presidente di molti, ma non di tutti. (...) L’interventismo del capo dello Stato su alcune questioni sensibili della politica è sospetto. (...) è nostra opinione che il capo dello Stato sia andato un’ottava di troppo sopra le righe dello spartito istituzionale nel rendere pubbliche le sue iniziative sugli scontri della Polizia con gli studenti a Pisa e sulla telefonata (...) con il padre di Ilaria Salis, l’estremista di sinistra detenuta in Ungheria.
Per la cronaca, riguardo alla Salis, (...) la donna è accusata di lesioni aggravate ai danni di due militanti dell’estrema destra causate nel corso di un’aggressione compiuta a Budapest l’11 febbraio 2023 e organizzata nell’ambito di un’associazione a delinquere tedesca denominata Hammerband (la banda del martello).
Ciò fa di Mattarella l’uomo di parte che non abbiamo mai dubitato fosse. (...) In una società libera il pensiero critico gode di piena cittadinanza: come si può tollerare la presenza di dogmi laici che sanciscono l’infallibilità del capo dello Stato? Il suo interventismo suona come un annuncio di costituzione del Quirinale ad alter ego – per i compagni si tratta di alterità culturale assoluta – rispetto all’operato del Governo e dei suoi componenti. (...)
Non importa ciò che pensiamo noi, vale che lo pensi un’entusiasta sinistra. Ieri su l’Unità è comparso un articolo (...) dal titolo emblematico che spiega bene l’euforia dei progressisti: “Mattarella c’è: difende il Paese dall’estrema destra”. E quale sarebbe l’estrema destra? Quella democraticamente votata da una parte cospicua di italiani? Quindi, non ci siamo sbagliati, questo presidente sarà pure per molti, ma non è per tutti. Eppure, non abbiamo contezza di un articolo o di un comma della Costituzione che assegni al capo dello Stato la difesa del Paese da quelli che votano a destra. 
via https://opinione.it/editoriali/2024/04/04/cristofaro-sola-sergio-mattarella-salis-forti-governo-meloni-orban/
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Non porta a nulla, nella vita bisogna costruire qualcosa di concreto. Perdersi dietro a tutto questo solo per godere? Penso che nella vita ci sia molto di più in una persona che realmente sia presente, no che ci sia solo per qualche botta e via. Io ad esempio ho bisogno di costanza, sincerità e amore il resto non ho che farmene. Poi ognuno è libera di pensarla come vuole, questo è solo un mio pensiero. Non critico nessuno ma ognuno di noi sa cosa vuole e di cosa ha bisogno. A me serve di più che un paio di notti.
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belladecasa · 1 year
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Senza mia madre non sarei mai stata una donna libera. Mia madre, donna estroversa, eccentrica, disinibita, sfrontata, di una generosità mariale, intrappolata dal padre e dal marito, dalla cultura misogina, bigotta, non ha mai avuto nessuno spazio per sé stessa, ma comunque è capace di rendersi memorabile a chiunque la incontri anche solo una volta. La sua vita è stata solo sacrificio, coercizione dei suoi talenti, del suo fisico, della sua salute, ma mai del suo spirito critico: nonostante non le sia mai stato concesso di sottrarsi al dominio maschile non mi ha mai educata a realizzarmi attraverso la vita coniugale, attraverso i figli, mi ha allontanata dalla dimensione domestica sacrificandosi doppiamente. Fino a 19 anni, quando ho dovuto farlo per necessità, non mi ha permesso di toccare una pentola (questo non è stato proprio un vantaggio), mai mi ha ordinato di mettere a posto la mia stanza, ha lavorato incessantemente per permettere che io avessi i soldi necessari a fare tutto quello che volevo, senza che conoscessi nemmeno un giorno il dolore del sacrificio fisico, i ricatti economici e sociali, di classe, di genere che lei aveva subito. La sua ossessione era che studiassi, privilegio che a lei non era stato concesso (sarebbe stata un'avvocata eccellente). Contrariamente ad ogni madre tipica mi diceva di non fidanzarmi mai, recalcitrava all'idea che conoscessi la famiglia del mio fidanzato, preferiva educarmi alla sperimentazione affettiva, anche sessuale, all'indipendenza intellettuale.
Ricordo un paio di episodi comici ma esemplificativi della sua incredibile peculiarità materna, femminile e generazionale. Una volta per scherzo il compagno di mia cugina le chiese come avrebbe reagito se fossi rimasta incinta e lei rispose: Sofia incinta??? A 25 anni si deve divertire, abortisce! Abortisce! Tutto ciò di fronte all'intera famiglia eccessivamente pudica, con una componente ultracattolica.
Un'altra volta ero nel panico e piangevo perché avevo rischiato di rimanere incinta. Ovviamente lei insistette per sapere cosa fosse successo e la sua reazione fu solo: ma scusa non ha fatto retromarcia questo? Vabbè la prossima volta se i preservativi non li compra lui glieli metto in macchina. Adasso ti vado a comprare la pillola. E andò lei a comprarmi la pillola anticoncezionale nella farmacia del mio paesino di bigotti.
Cosciente di avermi dato ogni mezzo economico e ideologico per essere libera, e quindi felice, non ha mai davvero capito la mia infelicità, la mia ansia, la mia depressione. Certe volte cadeva nella rabbia e mi aggrediva perché non accettava che nonostante il privilegio soffrissi a quel modo. So che si sentiva comunque responsabile di guarirmi. Quando non riuscivo più a mangiare, ad alzarmi dal letto, tramortita dall'ansia, mi prendeva di peso, tentava pure di imboccarmi, non andava a lavoro per paura di lasciarmi sola.
Mamma se tu non fossi stata tu forse saprei regolare il mio tono di voce, sarei posata, meno inopportuna, meno inetta per tutte le cose pratiche, più diligente, ma sarei probabilmente morta, o, se ancora viva, non saprei niente dell'amore, della vita, del femminismo, della libertà, non avrei questo cuore unico che mi hai donato.
#s
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curiositasmundi · 8 months
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Se uno va ai resoconti degli anni prima dello scoppio della prima guerra mondiale, vedrà masse di popolazione, frustrate da decenni di stagnazione economica ed esacerbate da una propaganda giornalistica battente, inneggiare alla guerra desiderosi di “fargliela vedere” al nemico, dipinto come un bruto che fa ciò che fa per puro odio, immotivatamente. I pochi personaggi che allora cercavano di conservare uno spirito critico, come Karl Kraus, venivano denigrati da ogni parte. Un secolo e fischia più tardi non è cambiato niente. L’attacco che Hamas ha organizzato contro Israele è frutto di un percorso lunghissimo, che dovrebbe essere noto, in cui un odio viscerale è stato fatto crescere. La necessaria condanna dello scempio commesso nei confronti di civili inermi non cambia nulla nel quadro generale, dove, come chiaramente espresso anche nell’editoriale di Haaretz di ieri, questi atti belluini sono il risultato di una vicenda che ha responsabili politici ben precisi, di cui Netanyahu è uno dei principali. Comprendere NON significa giustificare, ma questa distinzione cruciale è categorialmente assente nella maggior parte delle scatole craniche. Niente può giustificare, cioè trasformare in qualcosa di giusto, un attacco indiscriminato a civili indifesi (da una parte come dall’altra). Comprendere serve a mettersi nelle condizioni per agire e correggere il tiro. Di fronte ad un genocidio come quello che si profila nella striscia di Gaza il rischio che questo apra un nuovo fronte in Libano da parte degli Hezbollah è elevatissimo (Hezbollah ha esplicitamente detto che interverrà se ci sarà un’operazione dell’esercito nella striscia di Gaza). Hezbollah ha dietro di sé l’Iran. Intanto gli USA hanno inviato una portaerei nucleare e un bombardiere B-52 a sostegno di Israele. L’Arabia Saudita ha chiuso la porta ad ogni processo di normalizzazione dei rapporti con Israele. Alle minacce di Hezbollah Israele ha risposto che un loro intervento contro Israele porterà alla distruzione di Damasco (Hezbollah è alleato della Siria). Ma la Siria è anche alleata fondamentale nello scacchiere medioorientale della Russia, che ha truppe militari in loco. Il domino delle alleanze è pronto a far crollare tutte le tessere, come nel 1914. A parte ciò, ci sono 25 milioni di musulmani in Europa, ed immaginando che una frazione minima, uno su mille, sia radicalizzato, questo significa avere un esercito di 25.000 potenziali terroristi in casa, che di fronte ad atti percepiti come forme di sterminio dei propri “confratelli” potrebbero attivarsi nel cuore dell’Europa. Rispetto a questo quadro, proprio come in passato, la reazione della maggioranza è quella da rissa al bar: “Pensi che abbia paura? Ti faccio vedere io!” Nel 1914 i più bramosi di menar le mani erano quelli che non si erano sbucciati neanche un ginocchio in tutta la loro vita, studenti e borghesia salottiera. Oggi è la stessa cosa, con prevalenza dei salotti. Una volta di più sarà l’imbecillità a distruggerci.
Sarà l’imbecillità a distruggerci - Andrea Zhok, via: Infosannio
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fashionbooksmilano · 3 months
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Cavaglieri
a cura di Vittorio Sgarbi
Allemandi & C., Torino 2007, 206 pagine, In-4° , brossura, ISBN 9788842214915
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo della mostra su Mario Cavaglieri allestita a Palazzo Roverella a Rovigo dal 10 febbraio al 1 luglio 2007
Le 155 opere presenti in mostra sono riprodotte con grande cura editoriale. Per ogni opera riprodotta, come si conviene ad un catalogo ben fatto, è pubblicata una scheda didascalica esauriente e la relativa bibliografia essenziale. Ma il volume è soprattutto dotato di saggi introduttivi di grande spessore critico a firma dello stesso curatore Vittorio Sgarbi, dove il titolo allettante di Il senso di una pittura dei sensi, predispone ad una lettura partecipata e scevra di preconcetti, e dove l'opera di Cavaglieri è scandagliata con angolazione tutta rivolta agli anni brillanti del pittore, ma senza trascurare gli sviluppi dell'interno percorso artistico. Quei sensi a cui Vittorio Sgarbi fa riferimento, vengono percepiti pienamente nel corso della visita alla mostra, tra angoli discreti che formano virtuali salottini borghesi e sulle cui pareti campeggiano i quadri carichi di colore del pittore rodigino. Altri contributi, oltre a quello di Vittorio Sgarbi "aprono" il catalogo. Il saggio di Alessia Vedova intitolato Un descrittore del suo tempo: le opere giovanili, il periodo intimista e gli anni brillanti, costituisce un acclarante excursus sull'opera di Cavaglieri, mentre il saggio di Viviane Vareilles Un pittore veneto, innamorato della Francia, a Parigi, ci dice degli anni francesi. Ma per noi desta anche curiosità il fatto che la musa ispiratrice di Mario Cavaglieri fu la ferrarese Giulia Catellini, come ben documenta Stefano Fugazza nel suo contributo dal titolo Gli anni piacentini. Legata al pittore per la vita, dopo essere rimasta vedova nel 1920 di un aristocratico piacentino, Giulietta figura come soggetto in moltissime tele esposte in mostra, conferendo sempre alle opere in cui è ritratta un alone di innegabile sensualità, e dove sembra di leggere l'afflato grande tra pittore e modella, uniti nell'arte come nella vita.
06/03/24
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parolerandagie · 10 months
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Critici e gregari.
Ultimamente mi sembra che qui nel vecchio occidente che tanto diede i natali alla democrazia quanto oggi pare anticiparne la fine ideologica e morale, l’umanità possa essere divisa sostanzialmente in queste due grandi categorie: critici e gregari.
Queste due categorie, nella mia riflessione da due soldi, si differenziano esclusivamente sulla loro attitudine al pensiero, sul loro atteggiamento verso il dubbio in particolare, e sull’obiettivo finale che, attraverso il pensiero si pongono.
Perché con ‘’critici’’ vado ad intendere coloro che il pensiero lo mantengono diffidente, proprio, che ad ogni avvenimento reagiscono informandosi, cercando la cronaca ed i fatti, senza preconcetti, senza un ego da difendere ed a cui sacrificare l’eventuale verità se dissonante dalla loro opinione; anzi, a riguardo proprio delle opinioni, da formarsene una ben si guardano ed anche una volta fatto, non la considerano assodata o scolpita nella pietra, ma subordinata e soggetta a nuovi sviluppi, pronta ad essere mutata. I critici, alle loro figure di riferimento (siano esse insegnanti, politici, amici, collaboratori) non chiederanno mai soluzioni incontestabili, non chiederanno mai spiegazioni della realtà pronte ad essere consumate, ma chiederanno principi e valori interpretativi, chiederanno confronto e valutazione comune: per i critici, ogni semplificazione corrisponderà ad un sospetto, ogni conclusione dogmatica suonerà stonata. La ‘’fede’’, il tifo, la faziosità, le identità allargate, il patriottismo, l’integralismo sono le antitesi del modo in cui i critici vogliono vivere.
I gregari invece si nutrono di soluzioni semplici, fornite loro da qualcuno che, senza ricordarsi bene come o perché, hanno eletto a loro riferimento: potrebbe essere stato perché si trovavano d’accordo su qualche argomento, qualche scelta da compiere, o perché quello che questo qualcuno dice è vantaggioso per loro, fa loro comodo; l’importante è che sia completamente privo di potenziali dubbi, che magari sia anche accompagnato da un paio di slogan generalisti utilissimi a spegnere sul nascere l’invito a riflettere e pensare rivolto loro da un critico, perché pensare, tanto è un atto irrinunciabile per il critico, quanto per il gregario, è una noia, un fastidio, una perdita di tempo, una distrazione dalle cose importanti davvero, e non potrebbe essere più contento e felice, il gregario, di un pensiero comune che gli viene propinato, pronto ad essere adottato e fatto proprio.
Se la valutazione a priori delle fonti, la verifica fattuale (complicata, lunga, spesso passante attraverso la scienza) è imprescindibile per il critico, il gregario, al limite, ricerca dopo conferme e sostegno al pensiero che ha già modellato, impermeabile a qualsiasi posizione diversa e pronto ad accettare invece qualsiasi prova di ciò che dicono, indipendentemente dalla provenienza.
Aggiungo per concludere che, la fine ideologica e morale della democrazia qui in occidente che evocavo nelle prime righe, la vedo legata proprio alla quantità enorme di gregari che oramai popolano la vecchia Europa, massa su cui i politici vanno ad operare campagne di marketing, cercando lo slogan più accattivante, cercandone il consenso con la derisione dell’avversario, con il portare alla luce le magagne del nemico, e mai gli eventuali propri pregi.
Concludo esplicitando la certezza che, gran parte di voi, si sarà subito autoassegnata la propria ovvia partecipazione ai critici, senza dubbio alcuno: ma…l’avere dei dubbi, anche (e forse soprattutto) su sé stessi, non è forse il primo requisito per esserlo, un critico?
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