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#Soggetti smarriti
gregor-samsung · 6 months
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“ Nel giro di 24 ore Yuri è diventato libero, ricco e possessore di un autoveicolo. Le leggi della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, cioè la Germania est, non permettevano di visitare i paesi occidentali; prima dell’età della pensione si poteva viaggiare solo nei cosiddetti paesi fratelli, del blocco orientale, e neanche in tutti. A partire dall’ottobre del 1989 le grandi manifestazioni di protesta a Lipsia e a Berlino costringono alle dimissioni il primo ministro Honecker, e in seguito l’intero governo. Il 4 novembre la Cecoslovacchia apre le frontiere con la Germania ovest, creando cosí un corridoio che verrà subito attraversato da decine di migliaia di tedeschi dell’est. Il 9 novembre cade il Muro di Berlino, ma Yuri quasi non se n’è accorto. Come tutti ascoltava le notizie, alla radio e in televisione, ma il giorno prima si erano aggravate le condizioni di suo zio Hannes, che viveva da solo. La madre l’aveva pregato di prendersi un permesso per stargli vicino; nonostante si muovesse ormai a fatica, lo zio non aveva mai voluto farsi ricoverare. Yuri non ha chiesto il permesso, tanto in quei giorni non lavorava nessuno. Aveva le chiavi; è salito dallo zio la mattina presto, e l’ha trovato seduto per terra con la schiena contro il divano. Respirava a fatica, aveva rovesciato sul pavimento delle pastiglie e non era riuscito a raccoglierle. Yuri ha raccolto le pastiglie, ne ha date due allo zio con un bicchier d’acqua e ha chiamato l’ambulanza. Siccome però in quei giorni non lavorava nessuno, l’ambulanza è arrivata due ore piú tardi. Intanto, lo zio Hannes aveva fatto in tempo a rivelare a Yuri dove teneva nascosti i suoi risparmi, convertiti al mercato nero in marchi occidentali (in una cartellina sul tavolo; lo zio aveva letto Edgar Allan Poe); a consegnargli le chiavi della sua Trabant verde pisello; a dirgli che per lui era stato come un figlio, il figlio che non aveva avuto; e a morire. Yuri ha atteso l’ambulanza carezzando i capelli dello zio, ancora folti e quasi neri. Poi, rimasto da solo, ha aperto la busta. Gli è sembrato che i soldi fossero parecchi. Ha passato lo sguardo sulla libreria, enorme, in cui per decenni lo zio aveva conservato, insieme ai grandi capolavori della letteratura mondiale, uno sterminato archivio di riviste, anche qualcuna russa, polacca o cecoslovacca. «Kultur im Heim»; «Eulenspiegel»; la «NBI», la «Neue Berliner Illustrierte»; «Film und Fersehen»; «Frischer Wind»… Le aveva raccolte per tutta la vita, dio sa per farsene cosa, e adesso era morto. A Yuri è venuto prima da piangere, poi un attacco di rabbia. Per metri e metri di scaffali, quelle riviste denunciavano in maniera insopportabile che lo zio, e lui stesso, e tutti, avevano sprecato la vita in mezzo a tante sciocchezze che non contano niente. Cosa se ne faceva lo zio, adesso, dei grandi successi sportivi della DDR, delle grandi conquiste sociali a cui nessuno credeva tranne, forse, lui? Meglio bruciarle, quelle riviste, e subito. Yuri ha aperto la finestra perché voleva buttarle in cortile, ma lo sguardo gli è caduto sulla macchina, parcheggiata lungo il muro; adesso era sua. È andata subito in moto, cosa che non si poteva mai dare per scontata, con una Trabant. Lo zio la teneva bene, teneva bene tutto: i suoi libri, le camicie che si stirava da solo. Trattava con rispetto tutto quello che gli stava intorno, povero zio Hannes, cosí onesto, cosí convinto della bontà delle sue idee, evaporate nel giorno della sua morte. Il serbatoio era pieno. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 150-151.
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calopepe · 2 years
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Soggetti Smarriti
Soggetti Smarriti Rai Radio Due Soggetti Smarriti Soggetti Smarriti sezione Quando posso ascolto i Soggetti Smarriti Marco Marzocca e Francesco Vercillo gli “smarriti” su Rai Radio 2. È un programma molto divertente. Oltre ai due conduttori nella trasmissione intervengono dei personaggi di fantasia e l ‘affascinante assistente vocale Raimonda Perfettini. Siccome nella trasmissione si parla spesso…
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butteryfreshbasement · 8 months
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Soggetti smarriti
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kon-igi · 4 years
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Doc, il mio nuovo capo non dico negazionista ma molto tendente a minimizzare, l'altro giorno ci ha chiesto se noi quattro in ufficio conosciamo qualcuno morto di covid. Io non ne conosco direttamente e non volevo intavolare una discussione per infastidirlo, ma tu che ne dici dei morti "per covid"? Grazie.
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Ciao Trattino...
L’aneddotica personale è quanto di più deleterio possa esserci in momenti di tanta emergenza e poca chiarezza, al punto che qua nelle wasteland (Emilia) ognuno può, per così dire, vantare il conoscente giovane-sano-che-tagliava-la-legna-per-il-lungo morto stecchito di Covid da un giorno all’altro.
Poi, che quando vai a investigare un attimino il tizio fosse un iperteso cirrotico da 2 pacchetti di nazionali e 2 litri di vino al giorno la cosa colga sempre tutti di sorpresa è un altro discorso. Tutti tranne chi sapeva dove e cosa andare a cercare.
Certo, purtroppo il Covid-19 può davvero stecchire anche una persona giovane e sanissima, senza scomodare tabagismo o alcolismo, ma si tratta di un’evenienza MOLTO MOLTO rara di discesa veloce e diretta del virus nelle vie respiratorie inferiori, reazione immunitaria molto brusca con risposte citochiniche improvvise e di altri due o tre fattori predisponenti da botte di sfiga messe in fila.
Di solito, se muori, è perché sei vecchio o sei malato. O tutti e due.
E a quel punto è parecchio difficile capire la differenza tra ‘per’ e ‘con’ e di solito è un distinguo che si tende a non fare, se non a fini clinici per addetti ai lavori.
Nella mia personale esperienza (ESPERIENZA... non ‘mio cuggino maddetto che ciaveva un amico che’) su un centinaio di pazienti diretti e indiretti morti, solo uno è deceduto causalmente PER Covid, mentre tutti gli altri erano o ultraottantenni pluripatologici (malattie cardiovascolari, insufficienze renali, BPCO) o persone ‘giovani’ (40-50 anni) con una patologia invalidante (diabete avanzato, disabilità motoria, malattie dell’emopoiesi, insufficienze respiratorie).
Le mie conoscenze fanno statistica seria?
NO!
Mi hanno aiutato a calibrare e indirizzare una mia percezione ma mi sono sempre guardato bene dal portarle come esempio perché sarebbe stata forse un’aneddotica un po’ più seria e mirata di quelle che si ascoltano in giro ma pur sempre una narrazione fallace perché preconcetta dal mio modo di intendere le cose.
Un bastone in culo lo puoi descrivere come un attentato della lobby degli omosessuali ebrei massoni di Bilderberg oppure come una sedia non troppo comoda - dipende dal tuo grado di ottimismo e dalla tua capacità di codificare la realtà circostante - ma il mio paterno e spassionato consiglio, prima di dargli un nome e una ragione, è quello di dedicare le vostre energie ad affrettarvi a togliervelo dal culo.
<3
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queerbaitesque · 4 years
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E comunque a me piero pelù piace proprio tanto
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3nding · 3 years
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Mi piace che continuino a scannarsi tra panettoni e pandori quando io mi sono convertito al parrozzo.
@spettriedemoni @soggetti-smarriti
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onceuponalaika · 3 years
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Grazie @cosedipococonto per il tag! Giuro che la smetto di impiegarci un mese
Le 4 canzoni che ho ascoltato recentemente:
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Lo so le mie playlist fanno il parkour
Taggo @soggetti-smarriti @the-empty-walls @sunwe @distrarsi @nelsilenziodimilleparole99 @giovaneanziano @spettriedemoni
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abbracciamiebasta · 3 years
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Soggetti smarriti e lunatici.
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uds · 3 years
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kid a e io, un post a punti.
@soggetti-smarriti mi ha chiesto, mesi fa, di scrivere qualcosa riguardo al ventesimo anniversario dell’uscita di kid a. essendo che la vita vera è un po' frenetica in questo momento, riesco a mettermici davvero soltanto adesso. spero mi perdonerete.            
(in realtà ho preso in mano il pc con l'idea di scrivere un post sulle tre fasi del mio pormi verso lebron james, però un po' il senso di colpa verso massimone che mi chiede le cose, un po' il fatto che scrivere dei radiohead mi piace sempre un sacco, un po' che non so a quanti possa interessare un post scritto da me su lebron james, o un post scritto da me in generale, o -aspetta- un post scritto da me sui radiohead mio dio cosa sto facendo? perché sto perdendo tempo e facendo perder tempo alla gent            
e insomma, kid a.            
kid a è uscito vent'anni e passa fa, ma facciamo finta che l'anniversario sia oggi, che a ottobre fa anche un bel freschetto simpatico, vuoi mettere con dicembre che ti alzi, ti lavi al gelo con la stufetta puntata in faccia, cammini fino all'auto in preda all'unione di freddo e sonno, la peggior combinazione che poss            
e insomma, dicevamo, kid a.            
questo è un post a punti, assolutamente casuali, che racconta delle cose sparse su me e quel disco:            
-kid a esce che ho 17 anni e me lo fa ascoltare per la prima volta in assoluto la mia amica milena, che è la stessa che mi ha passato the bends e ok computer. lo ascolto in corriera, andando a scuola, in mezzo alle chiacchiere dei tizi che mi circondano.            
(il dialetto veneto, in certe frazioni di campagna che attraversavamo per arrivare alla città dove frequentavamo le superiori, è fatto di zolle e nebbia; quando, come capitava secondo la moda di quei tempi, era incapsulato in giubbotti catarinfrangenti della energie, buffalo alte dieci centimetri e capelli acconciati in spuntoni ritti e lucidi, offriva un immaginario desolante di discoteche di domenica pomeriggio in mezzo al nulla come massimo della vita)            
(immaginario che, come il lettore attento capirà, non ha fatto altro che rendere ancora più efficace la creazione di un mondo estraneo e alien(at)o da parte dei cinque tizi della band + il produttore).            
è straniante, e al primo colpo ci capisco poco. a parte idioteque, idioteque è una bomba ed è immediatamente la mia preferita del disco;            
-idioteque peraltro scopro che è costruita a partire da un sample, e a 17 anni storgo un po' il naso (che è già grande di suo, per cui non è un bel vedere), perché insomma, noi non vogliamo i sample, noi vogliamo che tutto sia originale e suonato e            
poi scopro che il sample è una roba che in originale son cinque secondi su un brano sperimentale di venti minuti presi a cazzo, e allora va benissimo uguale raga;            
-kid a è uno dei due motivi per cui non presto mai cd da vent'anni (oddio, negli ultimi cinque o sei nessuno ha mai più domandato un cd in prestito, perché non usate più i cd, ma ci siamo capiti). l'altro motivo è italian rum casusu cikti.            
in entrambi i casi cd che adoro, in entrambi i casi cd che ho prestato, in entrambi i casi cd che mi sono tornati indietro con la confezione distrutta e, in un caso, col cd stesso pieno di righe sotto, che suonava uguale senza saltare, ma comunque.            
in entrambi i casi, manco mi è stato chiesto scusa per averli ridotti così. e allora andate a fanculo e i cd ve li comprate;            
(uno dei due tizi ad avermi trattato male i cd era uno scout. vedi a ritenere accettabile la prospettiva di stare per settimane senza bidet in montagna cosa si finisce a fare?)            
-in kid a thom yorke comincia a usare la voce in maniera diversa, e non tornerà mai più a farlo come nei dischi precedenti. ammettiamolo, è un po' un peccato;            
-ho sempre considerato kid a e amnesiac come lo stesso disco. fa tutto parte delle stesse sessioni in studio, è materiale inciso contemporaneamente e loro stessi all'uscita di kid a hanno sostenuto che, se alla gente fosse piaciuto il disco, avrebbero fatto uscire altro da quelle registrazioni dopo pochi mesi. come in effetti è successo. volendo quindi considerare tutto come un'opera unica, la mia canzone preferita del lotto è i might be wrong, che oltre a essere una canzone della madonna è anche, curiosamente, una delle pochissime canzoni dei radiohead ad avere un testo particolarmente ottimista.            
(poi magari invece mi sbaglio io e parla di quando di notte ti alzi per andare in bagno e ti devasti il mignolo sullo spigolo del letto. però la porta della camera è dalla tua parte del letto, quindi sarebbe impossibile devastarsi un piede per andare in bagno, dato che il letto te lo lasci semplicemente alle spalle. è un mistero, oh. però il dolore serve a questo, ad affrontare l'impossibile);            
-le ore passate a guardare il libretto nascosto sotto la plastica porta cd. che mi pare che nelle successive ristampe manco lo avessero messo dentro (fai i miliardi e vai a risparmiare su un booklet, pfffff). le pagine traslucide. le immagini cattive, che altro che le copertine dei dischi metal dei miei amici. il personaggio che pensa "amok" e chiaramente è koma al contrario dai, anche perché            
-per un bel pezzo sono stato estremamente convinto che kid a fosse un concept album sulla morte, su cosa succede all'anima dopo che si muore e sulle conseguenze della morte di una persona cara su chi resta. uno dei miei primi contributi sul forum che frequentavo all'epoca  (che belli i forum, quanto mancano i forum) fu un pezzo lunghissimo su questa cosa, analizzando canzone per canzone;            
-in una recensione del disco, segnatamente in una frase riguardante how to disappear completely, avevo letto l'espressione "chitarre sognanti", che un po' mi aveva fatto ridere perché chiaramente è la frase di chi non sa definire qualcosa e allora si butta sul poetico. tuttora quando devo parlare di una canzone e non so cosa dire lancio là un bel chitarre sognanti come inside joke. ma essendo un inside joke tra me e il me stesso 17enne lui non ride mai, con la storia che lui esiste solo nel 2000, sto stronzo. comodo così;            
-how to disappear completely prende il titolo da un libro. la mile mi aveva regalato il libro. anni dopo gliel'ho prestato perché voleva farlo leggere al suo ragazzo. poi si è lasciata col suo ragazzo è non ho più riavuto indietro il libro, che aveva lui. il libro è, quindi, scomparso completamente;            
-i radiohead in quel periodo avevano questa cosa curiosa di fare i tour dei dischi prima dell'uscita dei dischi stessi. quindi io li ho visti nel 2001, pochi mesi dopo l'uscita di kid a, ma era il tour di amnesiac. io e la mile siamo andati a mestre una mattina, saltando scuola, e abbiamo comprato i biglietti (82 mila lire, porca zozza) in un negozio di dischi in una via laterale di piazza ferretto. quel negozio di dischi non esiste più. non esistono più neanche le lire. il concerto dei radiohead del 2001 invece è inciso a fuoco nel mio cuoricino (oltretutto è stato il mio primo concerto in assoluto), e rimane probabilmente  il momento di musica dal vivo più bello della mia intera vita finora. ma ne ho parlato fin troppe volte, quindi taglio corto.            
però ecco, lasciatemi ripetere che ho messo io le batterie per fare il bootleg che trovate in internet, dato che il tizio che lo doveva fare (l'admin e creatore di un forum dell'epoca sui radiohead) era rimasto senza. quindi evviva me;            
-uno dei due tizi con cui siamo andati al concerto di verona sperava di sentire creep. pffffffffffff.            
-kid a, nel tempo, l'ho sentito un sacco.            
-con la mile adesso invece ci sentiamo poco, giusto un paio di volte l'anno. però lei sa che le voglio bene uguale.            
non rileggo. perdonate gli errori e le ripetizioni. 
spero di scrivere qui sopra più spesso.
ve vojo ben.        
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gregor-samsung · 6 months
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“ Le giornate di Amel erano vuote: non si organizzava, si alzava tardi, perdeva tempo, cosa fino a un mese prima impensabile. Per attraversare questo vuoto ha pensato che forse era il caso di cambiare aria, andare dai nonni in Tunisia; forse laggiú si sarebbe sentita meglio. Cosí ha anticipato le vacanze; è partita con i libri, ma non è servito. Neanche lí è riuscita a rasserenarsi, a studiare. Si sentiva persa tanto quanto a Saint-Denis, e altrettanto incapace di concentrarsi. Si è ritrovata, a fine agosto, sul volo di ritorno, ancora persa, ancora senza energie, e senza un’idea di come affrontare quell’ultimo ostacolo. Allora, senza sapere perché, Amel si è messa a raccontare la sua storia al suo vicino, sull’aereo. Si erano salutati, in inglese, poi lui aveva aperto il suo giornale e lei si era messa a guardare fuori dal finestrino. Ma Amel aveva qualcosa che avvicinava gli sconosciuti; a un certo punto, e dice che non si ricorda nemmeno come è successo, non sa dire perché è successo, si è trovata a raccontargli la sua storia, questa. Stava pensando, gli ha detto, che l’unico posto dove si sentiva veramente a casa era l’aereo, anzi, la sala d’aspetto degli aeroporti. Non contava se stava imbarcandosi dalla Francia per la Tunisia o dalla Tunisia per la Francia. Lí, mentre aspettava che chiamassero il suo volo, avvertiva al tempo stesso, con forza, la mancanza delle persone che stava per rivedere e la nostalgia per le persone che stava lasciando, e invece di sentirsi lacerata si sentiva riconciliata, e pensava che voleva bene a entrambe. Hanno continuato per tutto il tempo a parlarsi in inglese, anche se non era la lingua di nessuno dei due. Il signore ascoltava facendo di sí con la testa, interrompendola ogni tanto per farsi spiegare meglio un dettaglio; aveva un accento che Amel non aveva mai sentito; ha pensato che potesse essere greco, ma non gliel’ha chiesto. Quando Amel ha finito, lui ci ha pensato su, e poi le ha detto che sentirsi spaesati, con un piede di qua e uno di là, senza un’identità precisa, o a volte tirati di qua e di là da identità diverse; tutto questo capita probabilmente a ogni essere umano che non sia rimasto tutta la vita barricato nel suo mondo e nelle sue certezze. Ha detto proprio cosí, barricato. Forse la sensazione di non avere una casa, ma tante, e nessuna sufficiente, è molto piú comune di quello che si creda. Sono sentimenti che vanno e vengono, non sono sempre con noi, ma riemergono, e inquietano, e a volte addirittura creano angoscia, le ha detto con dolcezza il signore che forse era greco. Forse, gli veniva da dirle, sentirsi divisi in tanti pezzi ormai fa parte della condizione umana, noi esseri umani siamo tutti in qualche misura espatriati. C’è chi ne è piú consapevole, chi meno, ma è cosí. Per questo sentimento, lei, rispetto agli altri, aveva a disposizione una spiegazione semplice: sono un’emigrata, sono figlia di emigrati. Ma a pensarci bene, in fondo, forse non era neanche vero che gli altri fossero meno espatriati di lei. E ascoltando queste parole, le parole di uno sconosciuto che non avrebbe piú rivisto, Amel si è sentita invadere da una grande tranquillità. Avvertiva un po’ meno, sempre meno, il peso che la opprimeva dal 13 novembre 2015, e pensava che forse al suo ritorno non tutto sarebbe stato difficile come temeva. Poi, guardando le nuvole fuori dal finestrino, ha chiuso gli occhi e si è addormentata. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 18-20.
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armoniaprivata · 3 years
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1987 "Tear down this wall"
Peter.zeta mi ha dato uno spunto per parlare di Sanremo e dell'ultimo anno in cui lo guardai. Era il 1987.
Quell'anno avrei compiuto sedici anni e l'estate precedente avevo lavorato in una carrozzeria per fare qualche soldo. Facevo il terzo anno all'istituto tecnico industriale Albert Einstein. All'epoca era una scuola d'elite a Roma. Passai dalla sezione G alla sezione A a inizio anno scolastico perché, i migliori delle sezioni dalla D alla H sarebbero passati nella classe dove sarebbero stati riuniti quelli con i voti più alti. Ero in "Serie   A". I primi due anni avevo ottenuto una media superiore all'otto ma, quell'anno, sarebbe iniziata la vera scuola. Quella che tutti temevano. Avevo una media di poco superiore all'otto e grazie a questi risultati la befana del 1986 mi portò uno hi-fi nuovo di zecca. Un Technics color argento con giradischi, amplificatore, sintonizzatore e doppia piastra per le registrazioni da cassetta a cassetta. Ero felice come una Pasqua e cominciai a comprare le mitiche Basf da 90minuti per registrare dalla radio. Il mio primo vinile fu un regalo di mia sorella anche se, per la verità, era più un regalo per se stessa visto che era, ed è tutt'ora, una sorcina sfegatata. "Soggetti smarriti". Un bel disco di merda lontano anni luce da quel genio che vidi per la prima volta nel 1977 a Zerolandia.
Un giorno vi racconterò come a sei anni assistetti a un concerto di Renato Zero.
Il mio primo vinile fu il mitico "The wall" dei Pink Floyd e poi a seguire ne acquistai molti altri. L'ottantasette fu l'anno in cui Sanremo fece il boom. Come gli anni precedenti, davanti al mio Telefunken, ci riunimmo a vedere Pippo Baudo e i cantanti. Io, con le mie cuffiette, ero pronto a registrare le canzoni dalla radio. Quell'edizione la vinse il trio Morandi-Ruggeri-Tozzi con quella "Si può dare di più" che ancora oggi si fischietta e canticchia quando qualcuno vuole arrendersi davanti a qualcosa. C'erano altre due canzoni che ricordo perfettamente. Quella "Io amo" di Leali e una splendida canzone scritta da Enrico Ruggeri per la Mannoia. Una frase della canzone anche oggi viene sempre ricordata. Quel "Siamo così dolcemente complicate" che è diventato un inno delle donne. Già, "Quello che le donne non dicono" è una delle più belle canzoni della musica italiana. E la musica straniera? Gli ospiti? Vogliamo parlare del bis della splendida Whitney Houston con "All at once"? Quell'anno gli ospiti erano mitici. Duran Duran, Spandau Ballet, Level42, Bangles, Frankie Goes to Hollywood, Europe, Pet Shop Boys, Simply Red, Nick Kamen, Cutting Crew e, soprattutto, Patsy Kensit e la sua spallina scesa al momento giusto per mostrare a tutta Italia il suo seno. Si era una Eighth Wonder perfetta. Per farci ridere c'era il mitico trio Solenghi, Lopez e Marchesini ed un giovane ma già grande Faletti. E secondo voi dopo quel Sanremo io ne posso aver visto un altro? Anche no. Grazie
Ps quel 1987 è stato un anno musicale con i controfiocchi e comprai decine di LP.
Pps la frase titolo è il discorso di Reagan davanti la Porta di Brandeburgo
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magicnightfall · 4 years
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MAN OR WOMAN, SHE’S THE BOSS ANYWAY
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La mia vita è un pendolo che oscilla incessantemente tra “Ma cosa campo a fare?” e “Se non altro c’è Taylor Swift”. Non c’è infatti cataplasma migliore, contro il logorio della vita moderna, di un po' di tempo speso a cercare di capire cosa passa per la mente della gattara. Stavolta l'occasione per tale approfondimento psicologico è data dal video di The Man. Ora, sui social hanno già scritto e detto tutto su tale argomento, hanno anche già individuato tutti i singoli easter egg e i riferimenti esoterici alla circoscrizione dei Templari di Baranzate bassa, quindi in questo post, che viaggia con Trenitalia, non troverete nulla che non avete già letto in tempo reale su cosechenessunovidirà.covid19.com: pertanto se volete saltare direttamente alla fine dove ci sono le previsioni del tempo, fate pure. The Man è una delle canzoni più interessanti di Lover (ne ho parlato qui), e il video che l’accompagna non è da meno. Innanzitutto, è stato scritto, diretto, prodotto, interpretato e posseduto — non nel senso demoniaco del termine — da Taylor stessa, la quale ha evidentemente deciso di darsi all’autarchia. Siamo, devo dire, ancora lontani dalla compiuta realizzazione del concetto “Se vuoi che le cose vengano bene devi fartele da solo” perché, per esempio, la scena della pipì sul muro — per quanto d’impatto — è zoomata troppo e zoomata a caso, ma comunque la gattara merita un plauso per aver provato a mettersi in gioco su un’arte complicata come la regia. In realtà, la ragione sottesa a questo suo coinvolgimento così capillare nella realizzazione del video è anche e soprattutto un’altra, e origina dal contenzioso sulla discografia precedente a Lover, e i master di cui non è riuscita a ottenere la proprietà. Con la (quasi) totalità della sua produzione artistica in mano a plutocrati viscidi, falsi e tracotanti, a un certo punto Taylor ha deciso che l’unica padrona di se stessa doveva essere, appunto, se stessa (emblematico il disclaimer con l’indicazione del copyright: Taylor Swift in luogo della casa discografica, come invece accadeva in passato). Così non passa certo inosservata la “denuncia” cui dà voce il cartello appeso a un muro decorato con i graffiti con i titoli dei suoi album: “Smarriti: in caso di ritrovamento restituire a Taylor Swift”. (sia messo a verbale che, se dovessi smarrirmi, anche io vorrei essere restituita a Taylor Swift. Federica Sciarelli prendi nota) E nemmeno passa inosservata la frecciatina a Scooter Braun, uno dei tracotanti di cui sopra, affidata a un secondo cartello che vieta i monopattini elettrici (“scooter”). (certo che uno che decide di darsi al business col soprannome “Scooter” dovrebbe essere preso a botte alla stregua di uno che sceglie di farsi chiamare, che ne so, “Apecar”, ma il mondo non è mai stato un posto troppo razionale) Ora, sebbene questi siano un aspetti senza dubbio importanti da menzionare, il video si concentra principalmente su altre questioni, così come, in effetti, il testo della canzone: i due pesi e le due misure che la società applica tra donne e uomini. E sceglie di mostrarcelo in modo letterale, lasciando tuttavia che sia lo spettatore a unire i puntini, portandolo (si spera) a una riflessione su come sarebbe percepita una donna se facesse quelle stesse cose. Così Taylor mette in scena non solo i comportamenti odiosi degli uomini come il manspreading, cioè l’allargare le gambe sui mezzi pubblici occupando tre posti invece di uno, l’aggressività sul luogo di lavoro (che però viene vista come un atteggiamento sicuro e vincente), ma anche i comportamenti odiosi della società stessa, la quale considera padre dell’anno l’uomo che fa il minimo indispensabile nei confronti della sua progenie, o celebra il playboy che passa da una ragazza all’altra (consapevoli che, a parte invertite, la donna verrebbe invece messa alla gogna). C’è chi dice che il video avrebbe avuto maggiore impatto se protagonista fosse stata una donna invece di un uomo, ma io non sono tanto d’accordo. Abbiamo già avuto modo di vedere come, fondamentalmente, i media e buona parte della società siano stolidi buoi che, come dire, non capiscono mai un cazzo: se ancora, dopo sei anni, molti faticano a cogliere l’ironia e le metafore del video di Blank Space, non vedo perché si possa pensare che quegli stessi soggetti siano in grado estrapolare un sottotesto. Secondo me ha avuto ragione Taylor a voler fare un video che rinuncia a qualsiasi intento allegorico per mostrarci invece le cose come in effetti sono. Così è, se vi pare. “Gli uomini si comportano in questo modo, gli uomini pensano in questo modo, la società consente loro di comportarsi in questo modo, è ora che ve ne rendiate conto: ecco perché ho messo tutto qui, nero su bianco” parrebbe dirci Taylor. Credo che con questo espediente sia meno marcato il rischio che la “morale della favola” finisca per perdersi.
Se da un lato, però, un video così testuale paga per forza lo scotto di risultare un tantino banale, dall’altro il vero guizzo di originalità è data dalla circostanza che l’uomo è Taylor stessa. Il reparto trucco e parrucco ha fatto un lavoro davvero straordinario (forse secondo soltanto ai miracoli degli addetti Photoshop di Giorgia Meloni). Sebbene fin dalla prima immagine rilasciata in anteprima, con l’uomo di spalle, mi aspettavo una trovata del genere (un po’ a là Drew Barrymore e Cameron Diaz in Charlie’s Angels più che mai), confesso che non l’ho riconosciuta fino all’ultimo, e per ultimo intendo proprio quando fanno vedere la trasformazione. Anche se la voce di The Rock (quella sì che l’avevo riconosciuta) mi aveva insospettita, sono proprio cascata dal pero. A rivederlo, col senno di poi, si capisce che non poteva essere che lei (il modo in cui si muove, tipo quando fa l’occhiolino o allarga le braccia, è inconfondibile), ma per il resto sono ancora F4 basita. Questo sotterfugio, devo dire, mi è piaciuto tantissimo: dopotutto, nella canzone Taylor riflette su come sarebbe percepita se fosse un uomo, e si può dire che, con questo ben riuscito artificio, abbia toccato con mano le sue teorie. Nella canzone la gattara afferma anche che, se fosse un uomo sarebbe un tipo “Alpha”. Ebbene, credo di parlare a nome di tutti dicendo che, per quel che ci riguarda,  donna o uomo, Taylor è l’intero alfabeto greco. Meteo: chicchi di grandine grandi come furgoncini su tutta Baranzate bassa.
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kon-igi · 6 years
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soggetti-smarriti ha rebloggato la tua foto e ha aggiunto:
Che animale è?
VIPERA
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spettriedemoni · 5 years
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Il 10% delle tasse che uno paga servono a mantenere gli immigrati. Mi dispiace ma sono un peso per la società. Questa è la realtà
Guarda, sapere che il 10% delle tasse che pago serva a mantenere gli immigrati fa andare il mio personalissimo sticazzometro fuori scala.
Per cui: suca!
(Piccolo post scriptum: mi sono ricordato dove avevo letto "sticazzometro" @surfer-osa : si tratta di un marchio registrato di @soggetti-smarriti)
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fedtothenight · 5 years
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Quali sono i tuoi tumblrs italiani preferiti?
allooooora, seguo un sacco di Tumblr italiani su Skam Italia tipo @corcordiums @solo-silenzio @margheriteas @evilbi poi @kirke-euplokamos che è (penso) una delle poco under 18 che seguo, poi alcuni Tumblr italiani dal Fandom dei 1D @theystudyrainbows @curlyhairedcuntandboobear @solounabarca perché o le conosco di persona o eravamo mutuals (!) e @soggetti-smarriti che ho seguito dai vari blog dal 2011 circa. Idem @egoteque (sono Carme ahahah)
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chouncazzodicasino · 5 years
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signorina-elle
@soggetti-smarriti @chouncazzodicasino la linea netta che separa chi ha i piedi per terra e chi la testa tra le nuvole in un commento.😆
Aahahahahaha hai ragione <3
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