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#Le rivoluzioni del desiderio
queerographies · 10 months
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[Sherocco][Titti De Simone][Sara Garbagnoli][Francesca R. Recchia Luciani][Porpora Marcasciano]
Il volume raccoglie le voci dell3 protagonist3 che hanno animato il Festival e restituisce l’intensità e la radicalità dei dibattiti, delle analisi e delle emozioni che hanno fatto di Sherocco un cantiere di pensiero critico
Cosa significa l’espressione “comunità LGBTQIA+”? Esiste davvero qualcosa che può fare da legame per un gruppo eterogeneo come quello formato dalle persone lesbiche, gay, trans, queer, non binarie? Le rivoluzioni del desiderio raccoglie le voci dell3 protagonist3 che hanno animato il Festival e restituisce l’intensità e la radicalità dei dibattiti, delle analisi e delle emozioni che hanno fatto…
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fridagentileschi · 3 months
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I dieci danni che ci lasciò il '68
Mezzo secolo fa l'arroganza del (presunto) contropotere generò la dittatura chiamata "politicamente corretto"
Sono passati cinquant'anni dal '68 ma gli effetti di quella nube tossica così mitizzata si vedono ancora. Li riassumo in dieci eredità che sono poi il referto del nostro oggi.
SFASCISTA Per cominciare, il '68 lasciò una formidabile carica distruttiva: l'ebbrezza di demolire o cupio dissolvi, il pensiero negativo, il desiderio di decostruire, il Gran Rifiuto.
Basta, No, fuori, via, anti, rabbia, contro, furono le parole chiave, esclamative dell'epoca. Il potere destituente. Non a caso si chiamò Contestazione globale perché fu la globalizzazione destruens, l'affermazione di sé tramite la negazione del contesto, del sistema, delle istituzioni, dell'arte e della storia. Lo sfascismo diventò poi il nuovo collante sociale in forma di protesta, imprecazione, invettiva, e infine di antipolitica. Viviamo tra le macerie dello sfascismo.
PARRICIDA La rivolta del '68 ebbe un Nemico Assoluto, il Padre. Inteso come pater familias, come patriarcato, come patria, come Santo Padre, come Padrone, come docente, come autorità. Il '68 fu il movimento del parricidio gioioso, la festa per l'uccisione simbolica del padre e di chi ne fa le veci. Ogni autorità perse autorevolezza e credibilità, l'educazione fu rigettata come costrizione, la tradizione fu respinta come mistificazione, la vecchiaia fu ridicolizzata come rancida e retrò, il vecchio perse aura e rispetto e si fece ingombro, intralcio, ramo secco. Grottesca eredità se si considera che oggi viviamo in una società di vecchi. Il giovanilismo di allora era comprensibile, il giovanilismo in una società anziana è ridicolo e penoso nel suo autolesionismo e nei suoi camuffamenti.
INFANTILE Di contro, il '68 scatenò la sindrome del Bambino Perenne, giocoso e irresponsabile. Che nel nome della sua creatività e del suo genio, decretato per autoacclamazione, rifiuta le responsabilità del futuro, oltre che quelle del passato. La società senza padre diventò società senza figli; ecco la generazione dei figli permanenti, autocreati e autogestiti che non abdicano alla loro adolescenza per far spazio ai bambini veri. Peter Pan si fa egocentrico e narcisista. Il collettivismo originario del '68 diventò soggettivismo puerile, emozionale con relativo culto dell'Io. La denatalità, l'aborto e l'oltraggio alla vecchiaia trovano qui il loro alibi.
ARROGANTE che fa rima con ignorante. Ognuno in virtù della sua età e del suo ruolo di Contestatore si sentiva in diritto di giudicare il mondo e il sapere, nel nome di un'ignoranza costituente, rivoluzionaria. Il '68 sciolse il nesso tra diritti e doveri, tra desideri e sacrifici, tra libertà e limiti, tra meriti e risultati, tra responsabilità e potere, oltre che tra giovani e vecchi, tra sesso e procreazione, tra storia e natura, tra l'ebbrezza effimera della rottura e la gioia delle cose durevoli.
ESTREMISTA Dopo il '68 vennero gli anni di piombo, le violenze, il terrorismo. Non fu uno sbocco automatico e globale del '68 ma uno dei suoi esiti più significativi. L'arroganza di quel clima si cristallizzò in prevaricazione e aggressione verso chi non si conformava al nuovo conformismo radicale. Dal '68 derivò l'onda estremista che si abbeverò di modelli esotici: la Cina di Mao, il Vietnam di Ho-Chi-Minh, la Cuba di Castro e Che Guevara, l'Africa e il Black power. Il '68 fu la scuola dell'obbligo della rivolta; poi i più decisi scelsero i licei della violenza, fino al master in terrorismo. Il '68 non lasciò eventi memorabili ma avvelenò il clima, non produsse rivoluzioni politiche o economiche ma mutazioni di costume e di mentalità.
TOSSICO Un altro versante del '68 preferì alle canne fumanti delle P38 le canne fumate e anche peggio. Ai carnivori della violenza politica si affiancarono così gli erbivori della droga. Il filone hippy e la cultura radical, preesistenti al '68, si incontrarono con l'onda permissiva e trasgressiva del Movimento e prese fuoco con l'hashish, l'lsd e altri allucinogeni. Lasciò una lunga scia di disadattati, dipendenti, disperati. L'ideologia notturna del '68 fu dionisiaca, fondata sulla libertà sfrenata, sulla trasgressione illimitata, sul bere, fumare, bucarsi, far notte e sesso libero. Anche questo non fu l'esito principale del '68 ma una diramazione minore o uscita laterale.
CONFORMISTA L'esito principale del '68, la sua eredità maggiore, fu l'affermazione dello spirito radical, cinico e neoborghese. Il '68 si era presentato come rivoluzione antiborghese e anticapitalista ma alla fine lavorò al servizio della nuova borghesia, non più familista, cristiana e patriottica, e del nuovo capitale globale, finanziario. Attaccarono la tradizione che non era alleata del potere capitalistico ma era l'ultimo argine al suo dilagare. Così i credenti, i connazionali, i cittadini furono ridotti a consumatori, gaudenti e single. Il '68 spostò la rivoluzione sul privato, nella sfera sessuale e famigliare, nei rapporti tra le generazioni, nel lessico e nei costumi.
RIDUTTIVO Il '68 trascinò ogni storia, religione, scienza e pensiero nel tribunale del presente. Tutto venne ridotto all'attualità, perfino i classici venivano rigettati o accettati se attualizzabili, se parlavano al presente in modo adeguato. Era l'unico criterio di valore. Questa gigantesca riduzione all'attualità, alterata dalle lenti ideologiche, ha generato il presentismo, la rimozione della storia, la dimenticanza del passato; e poi la perdita del futuro, nel culto immediato dell'odierno, tribunale supremo per giudicare ogni tempo, ogni evento e ogni storia.
NEOBIGOTTO Conseguenza diretta fu la nascita e lo sviluppo del Politically correct, il bigottismo radical e progressista a tutela dei nuovi totem e dei nuovi tabù. Antifascismo, antirazzismo, antisessismo, tutela di gay, neri, svantaggiati. Il '68 era nato come rivolta contro l'ipocrisia parruccona dei benpensanti per un linguaggio franco e sboccato; ma col lessico politicamente corretto trionfò la nuova ipocrisia. Fallita la rivoluzione sociale, il '68 ripiegò sulla rivoluzione lessicale: non potendo cambiare la realtà e la natura ne cambiò i nomi, occultò la realtà o la vide sotto un altro punto di vista. Fallita l'etica si rivalsero sull'etichetta. Il p.c. è il rococò del '68.
SMISURATO Cosa lascia infine il '68? L'apologia dello sconfinamento in ogni campo. Sconfinano i popoli, i sessi, i luoghi. Si rompono gli argini, si perdono i limiti e le frontiere, il senso della misura e della norma, unica garanzia che la libertà non sconfini nel caos, la mia sfera invade la tua. Lo sconfinamento, che i greci temevano come hybris, la passione per l'illimitato, per la mutazione incessante; la natura soggiace ai desideri, la realtà stuprata dall'utopia, il sogno e la fantasia che pretendono di cancellare la vita vera e le sue imperfezioni... Questi sono i danni (e altri ce ne sarebbero), ma non ci sono pregi, eredità positive del '68? Certo, le conquiste femminili, i diritti civili e del lavoro, la sensibilità ambientale, l'effervescenza del clima e altro... Ma i pregi ve li diranno in tanti. Io vi ho raccontato l'altra faccia in ombra del '68. Noi, per dirla con un autore che piaceva ai sessantottini, Bertolt Brecht, ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati. Alla fine, i trasgressivi siamo noi.
Marcello Veneziani
Editorialista del Tempo, sul '68 ha scritto Rovesciare il '68 (Mondadori, anche in Oscar, 2008)
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occhietti · 3 months
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La Donna che SONO
è fatta delle cose che NON vedi...
La Donna che SONO è fatta dei desideri che, a volte, non riesce nemmeno a esprimere. Di tutti i "vorrei" che si scontrano con i limiti del mondo. Delle delusioni trasformate in opportunità. Dei traguardi raggiunti con determinazione. Di tutte le volte in cui, guardandomi allo specchio, mi sono fatta così schifo da sciogliere il trucco in lacrime dense di “non abbastanza”. Delle cose da cambiare e di quelle da accettare. Del tempo che passa carico di rivoluzioni che portano tutte il mio nome.
La Donna che SONO è quella che ti ama senza prometterti amore. Che ti è vicino in ogni distanza, in angoli di vita carichi di ombre. Che tiene vivo il desiderio di te alimentato da istanti condivisi dove intimità e complicità sono due facce della stessa medaglia. Che ha sbagliato tutti i tempi, ma è arrivata nel tempo giusto, l’unico che ci è stato concesso di vivere: l’ora e qui.
La Donna che SONO è quella che ERO e quella che SARÀ: la presento a Te perché tu possa amarla.
-  Letizia Cherubino, Se non t’incontro nei sogni, ti vengo a cercare
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curiositasmundi · 9 months
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Non c’è un’accezione amabile della patria, e se c’è è forse proprio quella che dovremmo temere di più. La terra dei padri, questo significa patria, è un concetto letterario le cui ambiguità è utile tenere ancora presenti, se non altro perché dimenticarle ci ha dato lezioni amare per tutto il ’900. La prima ambiguità è nelle parole stesse: la patria non è una terra, ma una percezione di appartenenza, un concetto astratto, tutto culturale, che si impara dentro alle relazioni sociali in cui si nasce e dentro alle quali, riconosciuti, ci si riconosce. In un mondo dove i rapporti di confine tra le terre sono cambiati mille volte e le culture si sono altrettanto intrecciate, dire “la mia patria” riferendosi a una terra significa creare di sé un falso logico, oltreché geologico.
La seconda ambiguità è in quel plurale monogenitoriale, quel categorico “padri” che solleva simbolicamente dalle loro tombe un’infinita schiera di vecchi maschi dal cipiglio accusatorio rivolto alla generazione presente. Le madri nella parola patria non ci sono, benché per definizione siano sempre certe, né generano appartenenza, nonostante ce ne sia una sola per ognuno di noi. Non possono esserci perché nell’idea del patriottismo è innestata la convinzione profonda che la donna sia natura e l’uomo cultura, cioè che la madre generi perché è il suo destino e l’uomo riconosca la sua generazione per volontà e autorità, riordinando col suo nome il caso biologico di cui la donna è portatrice.
È in quanto estensione del maschile genitoriale che la patria è divenuta fonte del diritto di identità, perché è il riconoscimento di paternità che per secoli ci ha resi figli legittimi, né è un caso che le rivoluzioni culturali post psicanalisi si definissero anche come “uccisioni dei padri”. Gli apolidi dentro questa cornice si portano inevitabilmente addosso l’aura del figlio bastardo, gli espatriati per volontà sono sempre traditori della patria e gli emigrati economici hanno il dovere morale di coltivare e manifestare a chi è rimasto a casa un desiderio di ritorno, pena il passare per rinnegati.
E se per una volta - solo una, giusto per vedere l’effetto che fa - provassimo a uscire dalla linea di significati creata dal concetto di patria? Averlo caro del resto non ha alcuna attualità; appartiene a un mondo dove il diritto di sopraffazione e la disuguaglianza sociale ed economica erano voci non solo agenti, ma indiscutibilmente cogenti: per metterle in crisi ci sono volute rivoluzioni di pensiero prima ancora che di piazza, e quelle rivoluzioni ci hanno lasciato in eredità il dovere di fare un atto creativo nei confronti di tutte le categorie che non bastano più a raccontare la complessità in cui siamo. E se proprio non è possibile uscire dalla percezione genitoriale dell’appartenenza collettiva - padre, ma anche l’ossimoro madre patria - potrebbe essere interessante cominciare a parlare di Matria.
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b0ringasfuck · 2 months
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Sempre a proposito del nemico del mio nemico è uno stronzo ma va bene così
Purtroppo leggo anche la roba rossobruna e ho giusto sotto gli occhi una roba che parla di Ucraina e Palestina e... tadam poi ci ficca in mezzo anche i trattori.
E si per una parte potrebbe essere condivisibile ma poi appunto finisce per essere immaginifica andare oltre alla comprensione dei rapporti di causa/effetto fino a renderli delle giustificazioni e dirottare l'attenzione su fregnacce moralizzanti, obiettivi fumosi.
Così come i risultati in fatto a "esportazione di democrazia" sono stati piuttosto deludenti quando si sono appoggiati i mujaheddin talebani in funziona anti-sovietica, non ci si può aspettare niente di buono a tifare Putin.
Ci sono attori stronzi sul piano internazionale.
Innanzitutto questo non vuol dire che essere stronzi sia inevitabile e che le istituzioni internazionali siano da buttare al cesso.
Ma se vivi in Russia o in Cina o in Iran... e quelli che si sono fino a ieri presentati come paladini dell'ordine mondiale ci pisciano sopra mentre ti accusano di essere "antidemocratico" non puoi aspettarti sorrisi e bacetti da gente a cui vuoi sabotare il paese... ne "rivoluzioni democratiche" (il massimo a cui puoi aspirare è un Pinochet, un Orban, uno Zelensky, i Talebani, Haftar...).
È un giochetto che per anni ha portato i suoi frutti con varie "rivoluzioni colorate", golpe e chi ne ha più ne metta, ma specialmente nei paesi abbastanza grossi da riuscire a difendere la propria autonomia economica, finisce per mostrare le corde.
Dall'altra non può essere il limite di sviluppo democratico di questi paesi. Non è che perchè cercano di organizzarti una secessione in casa o un colpo di stato... allora l'imposizione del velo o la censura diventano un "traguardo", un fattore "identitario".
Non è sbagliato il desiderio di voler aiutare questa gente nel suo percorso di emancipazione, ma semplicemente non è possibile farlo attraverso una propria classe dirigente di ipocriti ingordi.
Quindi si, forse Putin sarà "nemico" della mia classe dirigente di stronzi, ma non è mio amico.
Quindi si, criticare la propria classe dirigente, sia per la politica estera che per quella interna è un prerequisito per portare "pace e democrazia". Non è che se dico che Renzi è uno stronzo allora sono "putiniano".
Primo perchè se la propria classe dirigente se ne fotte sia di come vive la gente in Russia, Ucraina, Libia, Afghanistan, sia di come vivo io, ma persegue obiettivi in netto contrasto con quello che dice di professare, difficilmente otterrà risultati e poi perchè questi risultati possono essere ottenuti solo in maniera collettiva, con il peso diplomatico, economico e militare che in ambito internazionale è riservato agli stati. Se lo stato non rappresenta gli interessi della sua gente, non può esportare "pace e democrazia".
E secondo perchè se il proprio paese non da il buon esempio in fatto a diritto internazionale, equità e democrazia anzichè essere preso a modello diventerà un ostacolo per tutti i genuini movimenti di democratizzazione degli altri paesi.
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cinquecolonnemagazine · 8 months
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Anni '70: un decennio di storia tra rivoluzioni e cambiamenti
La storia ci insegna che gli anni '70 sono stati un'epoca di grande fermento e cambiamento: cambiamenti da rivoluzioni sociali, progressi tecnologici e sfide geopolitiche. Questo decennio ha segnato una svolta significativa nella storia del mondo, lasciando un'impronta indelebile sulla cultura, la politica e la società. Anni '70: la storia tra rivoluzione culturale e controcultura Gli anni '70 sono stati un periodo di intensa rivoluzione culturale, con la diffusione di movimenti come l'hippie e il punk, che sfidavano le convenzioni sociali e promuovevano l'amore, la pace e l'espressione individuale. La musica è stata uno strumento potente di cambiamento, con icone come i Beatles, i Rolling Stones e Bob Dylan che hanno ispirato una generazione di giovani a lottare per i loro ideali. Gli anni '70 hanno continuato a vedere il proliferare dei movimenti per i diritti civili e l'emancipazione. La lotta per l'uguaglianza razziale e di genere ha guadagnato terreno, con momenti chiave come la marcia per i diritti civili di Montgomery, Alabama, nel 1970, e l'approvazione del titolo IX negli Stati Uniti, che proibiva la discriminazione sessuale nell' istruzione pubblica. Questo periodo è stato segnato da una crisi energetica globale che ha colpito duramente l'economia e la società. La guerra del petrolio del 1973 ha provocato una brusca impennata dei prezzi del petrolio, causando una recessione economica e una scarsità di carburante. Questo ha portato l'attenzione su questioni ambientali e sostenibilità, dando avvio a un crescente movimento ambientalista. La Guerra Fredda e la Corsa agli Armamenti Il decennio fu caratterizzato da una continua tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica nella Guerra Fredda. La corsa agli armamenti nucleari ha alimentato la paura di una possibile guerra nucleare. Tuttavia, ha visto anche alcuni sforzi diplomatici significativi, come gli accordi di limitazione delle armi strategiche (SALT) del 1972, per ridurre il rischio di conflitti su larga scala. L'avvento dei computer personali ha inaugurato la rivoluzione digitale, aprendo nuove possibilità nel mondo della tecnologia e dell'informatica. L'invenzione dei primi telefoni cellulari e l'avanzamento delle comunicazioni via satellite hanno trasformato il modo in cui le persone comunicavano e interagivano a livello globale. Gli anni '70 sono stati l'apice della disco music, un genere musicale che ha contagiato il mondo con ritmi contagiosi e balli sfrenati. I locali notturni, come lo Studio 54 a New York, divennero i luoghi simbolo di una cultura della festa e dell'eccentricità. La fine degli anni '70: crisi e ottimismo Verso la fine degli anni '70, molte nazioni hanno incontrato crisi economiche, come l'indipendenza e la disoccupazione. Tuttavia, in mezzo alle difficoltà, l'ottimismo per un futuro migliore e il desiderio di cambiamento sociale hanno ispirato movimenti come il punk rock e il femminismo di terza ondata. Gli anni '70 sono stati un decennio eclettico e dinamico, caratterizzato da profonde trasformazioni culturali, sociali, politiche ed economiche. La musica, l'arte, la politica e la tecnologia hanno fatto da catalizzatori per il cambiamento e l'evoluzione della società. Gli insegnamenti e gli eventi di questo periodo storico hanno plasmato il nostro presente e lasciato un'eredità che ci spinge a guardare al futuro con spirito di innovazione e speranza per un mondo migliore. In copertina foto di Albrecht Fietz da Pixabay Read the full article
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micro961 · 1 year
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Eusebio Martinelli Gipsy Orkestar Feat. Emma Forni - Round the fire
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Il nuovo singolo estratto dall’album dell’eclettico cantautore e trombettista in collaborazione con la giovanissima cantante
Un brano dedicato alla paternità e alla nuova energia che regala
“Round the fire” è un grido di gioia per la nascita di Leone, il figlio di Eusebio. È il primordiale desiderio di portare il proprio figlio con sé, intorno al fuoco, ai concerti, con la banda che festeggia la sua nascita, lasciandosi dietro tutto quanto (il resto). Il pensiero diventa emozione e lo sguardo del figlio porta a una nuova visione del mondo, semplicemente regalando giornate di sole, senza necessità di dare spiegazioni.
Il brano vede la collaborazione della giovanissima Emma Forni, talento emergente dalla voce incredibile che canta insieme alla Gipsy OrkeStar. Il singolo è parte di “SBAM!”, album che rivoluziona il sound della band.
Dicono di “SBAM!”
«La bellezza porta con se anche tanta unicità quando si accosta a parole importanti come contaminazione. Dietro la forma, dietro gli intenti, dentro i cliché esiste sempre una commistione unica dovuta alle anime in gioco e ai loro dialoghi. Ecco che diviene improprio parlare di genere e soprattutto ha ragione Eusebio Martinelli quando dice che è difficile definire cosa sia davvero gipsy. Torna in scena Eusebio Martinelli e la sua Gipsy Orkestar con un disco come “Sbam!” che ai sapori latini sa mescolare anche il suono digitale del techno pop e tantissimo altro» Mondo Spettacolo
«Un suono che si contamina in ogni direzione possibile, dentro la fusion come nel jazz, dentro la dance, come nel pop. E lo fa sempre tenendo a mente i colori portanti della bandiera e arricchendosi anche di collaborazioni didascaliche quanto preziose: Cisco, a cui rimando gran parte del suono folk italiano, e Tonino Carotone che penso non abbia bisogno di altro in aggiunta.» Musicletter
«Un disco che somiglia proprio al suono onomatopeico… “Sbam!”. Una violenta esplosione o un colpo sulla testa, un crash come un iguana che sa di suono sintetico e di mood balcanico… ma poi c’è l’Argentina e le Favelas brasiliane ma anche il caldo sole del pop o le rivoluzioni del folk. E i balcani ovviamente come anche i colori gipsy. Insomma… “Sbam!”. Da ascoltare, da ballare, da lasciarsi innamorare e respirare a lungo e correre… correre senza voltarsi indietro mai.» Cherry Press
Etichetta: Maninalto! Radio date: 24 marzo 2023 Release album: 22 aprile 2022
EMGO nasce dalla mente di Eusebio Martinelli, che dopo una lunga carriera in collaborazione con grandi artisti (Capossela, Bregovich, Negramaro, Sud Sound System, Biagio Antonacci, Modena City Ramblers, Calexico, Demo Morselli, Mark Ribot, Kocani Orkestar e tanti altri) decide di concentrare la sua solida esperienza nel progetto che da ormai 10 anni infiamma le piazze e i festival di tutta Italia ed Europa. Con i primi tre album, la band dà vita a importanti collaborazioni e tour, arrivando ad attraversare tutti i Paesi europei, da Marsiglia a San Pietroburgo. Tra il 2020 e oggi prendono vita ben due album, di cui il primo, “Trumpet Explosion”, apre gli orizzonti della band anche verso la musica colta e il mondo dei teatri: Eusebio esprime il proprio virtuosismo e l’amore per la musica di autori come Chopin, Brahms e Paganini.
“SBAM!”, uscito nel 2022, segna una svolta nel sound e nel mindset della band. Essere Gipsy prescinde dal genere musicale, significa tenere fede ad uno spirito di movimento, avventura ed emozione in ogni circostanza, anche durante i periodi bui, anche se i temi che si affrontano sono introspettivi e profondi. Si può sperimentare qualunque genere, suonare ogni tipo di strumento e parlare dei temi più disparati senza rinunciare all’energia, al movimento, alla danza, alla propria natura Gipsy. Da “SBAM!” sono stati estratti i singoli “Iguana Crash” (aprile 2022), “Tratto Leggero” feat. Cisco e Tonino Carotone (novembre 2022) e “Round the fire” (marzo 2023).
Contatti e social
YouTube: https://www.youtube.com/c/EusebioMartinelliTrumpet Instagram: https://www.instagram.com/eusebio_martinelli/ Facebook: https://www.facebook.com/eusebio.martinelli.gipsy.orkestar Spotify: https://open.spotify.com/artist/58YykjuRTVIZmSvX1Gw53e Website: https://www.eusebiomartinelli.com


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Mondo IT, non essere Elon Musk: tutti gli errori da evitare 
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La sera del 3 novembre verrà ricordata come l’arrivo-bufera di Elon Musk su Twitter. Licenziamenti a raffica, rivoluzioni annunciate, caos, litigi con i dipendenti ovviamente tramite tweet. Non solo: a seguire dimissioni in massa di centinaia di dipendenti, professionisti formati e competenti che hanno scelto di cambiare. Elon Musk ha ricordato a tutti i manager che le esigenze dei professionisti del mondo tech sono cambiate. Un ambiente di lavoro sano e l’attenzione al benessere del dipendente sono temi che contano tanto quanto le esigenze dell’azienda e non possono essere più presi sottogamba.   Ne parla The State of Engineering Careers 2022, il report di EPICODE che indaga a livello internazionale sulle carriere di software developers, engineering managers, tech leads, CTO, product managers. Il sondaggio ha ottenuto più di 500 risposte da parte di sviluppatori, manager e leader, provenienti sia da piccole realtà, sia da big tech come Meta, Amazon, Apple, Google, Microsoft.  Il dato più importante? Con il passare degli anni, quasi il 70% dei professionisti intervistati ha visto un cambiamento delle proprie priorità lavorative. Per esempio, le questioni relative all’equilibrio tra lavoro e vita privata (15%) e la priorità della famiglia (14%) sono al centro delle aspettative di chi è più i senior.  All’inizio della carriera gli intervistati sono più intenzionati a consolidare la loro professione ma, in seguito, la priorità diventa il benessere personale con la ricerca del work-life balance. A mettere d’accordo tutti, invece, c’è l’importanza del lavoro a distanza, ritenuto fondamentale dal 13% del campione. Secondo lo studio, i motivi per cui si cambia azienda sono essenzialmente due: per avere una crescita professionale (68%)e una retribuzione maggiore (52%). Solo il 27% degli intervistati ha risposto di voler rimanere nell’azienda attuale.  In sostanza, il futuro è dominato dal desiderio di un cambiamento professionale. Conoscere in che modo le persone scelgono un nuovo posto di lavoro, però, può essere molto utile per attrarre nuovi talenti. Oltre il 50% degli intervistati fa ricerche multiple: legge recensioni online sull’azienda e ricerca informazioni sul business. Ma il dato più interessante è che il 35,6% degli intervistati prova acontattare uno o più dipendenti dell’azienda per cui vorrebbe lavorare per avere feedback sull’ambiente di lavoro.  In conclusione, i professionisti in ambito tecnologico cercano di crescere professionalmente in maniera continuativa. Ben il 68,3% è pronto a cambiare azienda e a ricercare società che prospettano loro sviluppo di competenze adeguato e consolidamento professionale. Non appena questa ascesa si arresta, la scelta è quella di optare per un nuovo posto di lavoro. Ecco perché diventa fondamentale per i manager investire sulle persone e aiutarle a crescere, Musk permettendo. Read the full article
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maotse · 2 years
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I Savi Di Sion erano una manica di coglioni
I Protocolli sono una serie di ventiquattro dichiarazioni programmatiche attribuite ai Savi di Sion. I propositi di questi Savi ci erano apparsi abbastanza contraddittori, talora vogliono abolire la libertà di stampa, talora incoraggiare il libertinismo. Criticano il liberalismo, ma sembrano enunciare il programma che le sinistre radicali attribuiscono alle multinazionali capitalistiche, compreso l'uso dello sport e dell'educazione visiva per rimbecillire il popolo. Analizzano varie tecniche per impadronirsi del potere mondiale, elogiano la forza dell'oro. Decidono di favorire le rivoluzioni in ogni paese sfruttando il malcontento e confondendo il popolo proclamando idee liberali, però vogliono incoraggiare la disuguaglianza. Decidono di far scoppiare guerre e di costruire metropolitane per aver modo di minare le grandi città.
Dicono che il fine giustifica i mezzi e si propongono di incoraggiare l'antisemitismo sia per controllare gli ebrei poveri che per intenerire il cuore dei gentili di fronte alle loro sventure. Affermano con candore "abbiamo un'ambizione senza limiti, un'ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso" (esibendo uno squisito masochismo perché riproducono con gusto il cliché dell'ebreo malvagio che già stava circolando nella stampa antisemita e che adornerà le copertine di tutte le edizioni del loro libro), e decidono di abolire lo studio dei classici e della storia antica.
"Insomma," osservava Belbo, "i Savi Sion erano una manica di coglioni."
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gm270785 · 2 years
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Il cuore è colmo
Al mio risveglio era proprio lì, in mezzo al petto.
Senza gli occhiali di ho messo un po’ a capire cosa si fosse appoggiato su di me.
Ho continuato a ripetermi che la mattina che stavo vivendo non era altro che un momento ereditato dalla notte.
Per un po’ ho pensato che gli incubi non ci stavano tutti nel sonno. Erano straripati nel giorno dopo, in quella zona franca dove era possibile con una concentrazione degna di un ninja fare zigzag tra le cose che erano capaci di pesare più di una coperta di piombo.
Non era la prima volta che il risveglio mi dava i resti per l’anima che di notte, sfinita per la resilienza diurna, si sfogava e prendeva le sembianze di un animale mitologico.
Questa appendice, giorno dopo giorno, iniziava ad essere un’abitudine. Per questo motivo, credo, non ho fatto subito i conti con quel cratere, l’ennesimo, che mi sembrava esserci in mezzo al corpo.
Sbuffo. Mi stiracchio, ci provo almeno, e mi sporgo in quello che poco dopo diventerà un tentativo. Agli occhiali non ci arrivo. Non riesco ad allungarmi fino ad avere quello che non è più, da anni, uno strumento. Gli occhiali sono un pezzo di me.
Mi ripeto che nella vita ci vuole pazienza e in alcune giornate un po’ di più. Oggi, evidentemente, è una di quelle giornate.
Provo ad alzare la testa ma il movimento si trasforma, poco dopo, in un tentativo.
Ho qualcosa addosso che mi impedisce di innarcare la schiena. Mi scappa una risata perché penso al mio insegnante di yoga che mi continua a dire che ho corpo poco coraggioso.
Usa questa parola perché è contrario all’utilizzo dell’aggettivo legnoso quando si disquisisce di asana. Secondo lui il materiale ha una elasticità sottovalutata perché il legno è per sua natura mobile. Tutto ciò che vive è sempre in movimento, anche se non lo sembra.
“Ci sono rivoluzioni che si realizzano in un mm” recita una delle sue t-shirt più esilaranti.
Per questo, pare, parla di poco coraggio quando il mio corpo, durante le sue lezioni, prende le sembianze di un’opera dadaista.
Io non so se in questo momento ho poco coraggio. So solo che questa cosa che non vedo ma che mi schiaccia il cuore non mi fa muovere.
In lontananza sento il telefono squillare, più e più volte. Son tutti messaggi. Probabilmente dei vocali che mi faranno capire che tempo che c’è fuori dal sottofondo che si sente mentre l’interlocutore prova a condividere con me le informazioni che vuole attraverso questo suono.
Non riesco nemmeno a capire che ora s’è fatta. Forse non è stata una buona idea togliere tutti gli orologi. No, anzi. È stata fino a questa mattina una cosa. Non misurare il tempo ti aiuta a non farci i conti. Niente passato, niente problemi.
Chiudo gli occhi e torno indietro. Forse così riesco ad avere di nuovo la mia realtà.
Faccio un respiro profondo, uno di quelli profondi che di solito agevolano lo slancio.
Più svuoto l’addome e più sento qualcosa che spinge verso il basso. No buono. Il mio corpo adesso non riesce più a tornare come prima. È diventato concavo e culla per questa cosa che mi impedisce di iniziare la giornata o far finta che così sia. A me fa sempre strano che esista una partenza valida per tutti e che qualcosa cambi nel percorso. A me a volte sembra di avere l’affanno pure prima del primo passo.
Faccio fatica a respirare ma sono stranamente sereno.
Il cuore è calmo.
Sento che la cosa sta cercando con gentilezza di trovare un suo spazio.
Il cuore è colmo.
Sento che la cosa sta cercando con grazia di spiegarmi perché è addosso.
Apro gli occhi.
Riesco a mettere a fuoco la cosa. Non mi mancano tante diottrie ma nascondermi dietro gli occhiali è diventato un vezzo.
Realizzo che il desiderio espresso ieri sera si è avverato.
Sono diventato la persona speciale della Luna che ieri sera, poco prima di addormentarmi, ha preso le mie parole e trasformare in stelle.
Sono diventato il suo Cielo.
È lei ad essere sopra di me.
Ha scelto, come nuova casa, il mio cuore.
Adesso dobbiamo solo prendere le misure e capire come dare al peso una dimensione diversa.
Questa cosa (che non mi fa comunque muovere al momento) probabilmente mi avrebbe schiacciato per davvero se non mi fossi dato l’opportunità di capire ciò che possiamo fare insieme.
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paoloxl · 3 years
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12 gennaio 1986: Nasce Jack London
«Caro compagno, tuo per la Rivoluzione». Rileggendo Jack London
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Centoquarant’anni fa nasceva Jack London. E questo non è un saggio ma solo l’intreccio di alcune suggestioni. Nel 1905 Corto Maltese, l’antieroe di Hugo Pratt, è presente in Manciuria al tempo della guerra russo-giapponese. Qui incontra proprio il giornalista e scrittore Jack London. Fa la conoscenza anche con il personaggio che lo seguirà, volente o nolente, in molte delle sue avventure: Rasputin, allora disertore dell’esercito zarista ed assassino senza motivo. È London a presentare Rasputin a Corto Maltese, che sta per imbarcarsi per l’Africa in cerca delle miniere di Re Salomone. Nel 1908 torna inArgentina, dove incontra nuovamente l’amico London. 
In realtà, John Griffith Chaney è nato  a San Francisco, il 12 gennaio 1876, abbandonato dal padre alla nascita, prende il proprio cognome dal  padre adottivo, John London. Nel corso della sua turbolenta giovinezza, Jack London fu pirata nella Baia di San Francisco, a Oakland e a Benicia, hobo vagabondo sui treni del Nord America, cacciatore di foche nell’Artico e cercatore d’oro nel Grande Nord. Molte vicende della sua incredibile biografia sono raccontate nei suoi romanzi, capolavori come Il tallone di Ferro, Il richiamo della foresta, Zanna Bianca, Martin Eden, Il lupo di mare, John Barleycorn, Il vagabondo delle stelle, La valle della luna, L’ammutinamento della Elsinore, Burning Daylight, La crociera dello Snark.
London pubblicò cinquanta volumi e cinquecento scritti di vario genere (articoli, racconti, saggi) e  continuò a vivere esperienze romanzesche: studiò i modi per praticare l’agricoltura sostenibile nel suo ranch a Glen Ellen; viaggiò per mare; fu corrispondente di guerra, reporter, fotografo, conferenziere. Rivoluzionario socialista lucido e poi disilluso, London non abbandonò mai la speranza in un riscatto per chi veniva dagli abissi della società. Morì tragicamente il 22 novembre 1916 per suicidio o per una accidentale overdose di antidolorifici. Anche questo episodio troverà un’eco nell’ultimo, recentissimo episodio di Corto Maltese, ambientanto nel “Grande Nord” londoniano, scritto da Juan Diaz Canales e disegnato da Ruben Pellejero, vent’anni dopo la morte di Hugo Pratt.
Un rapporto dell’Fbi, datato 1927, sottolinea il contenuto sovversivo degli scritti di Jack London: «Molti dei lavori di London rimandano a contenuti radicali, magari non apertamente, ma in un modo così convincente da essere tra i migliori scritti di propaganda esistenti».
Popoff propone l’incipit di Rivoluzione, uno degli articoli che compone l’omonima raccolta, e l’articolo-racconto “Perché sono diventato socialista”. Buona lettura
Rivoluzione
Nel 1909 Jack London raccoglie alcuni dei suoi migliori scritti e pubblica Revolution and Other Essays, un libro in cui intreccia fantapolitica e teorie scientifiche e che si abbatte come un ciclone sul mercato editoriale, scatenando gli aspri attacchi dell’establishment. Riproposto nel 2007 per la prima volta in Italia,Rivoluzione rivela tutta la sua inquietante attualità in tredici profetiche riflessioni, sorrette dalla scrittura mozzafiato di Jack London, che riesce a trasformare sociologia, scienza, filosofia e politica in splendida letteratura.
L’altro giorno ho ricevuto una lettera. Veniva dall’Arizona e iniziava così: “Caro compagno.” Alla fine la persona concludeva con “Tuo per la Rivoluzione”. Per rispondere ho aperto così la mia lettera: “Caro compagno.” e ho concluso con “Tuo per la Rivoluzione”. Negli Stati Uniti ci sono quattrocentomila persone su quasi un milione, tra uomini e donne che cominciano le proprie lettere con  che “Caro compagno” e le concludono con “Tuo per la Rivoluzione”. In Germania tre milioni di persone cominciano le proprie lettere con “Caro compagno” e le concludono con “Tuo per la Rivoluzione”; in Francia sono un milione, in Austria ottocentomila; in Belgio trecentomila; in Italia duecentocinquantamila; in Inghilterra centomila; in Svizzera; centomila; cinquantacinquemila in Danimarca; trentamila in Spagna – sono tutti compagni, tutti per la Rivoluzione.
Sono numeri, questi, che fanno impallidire le grandi armate di Serse e di Napoleone. Ma non sono i numeri della conquista e del mantenimento dell’ordine costituito, bensì le cifre della conquista e della rivoluzione. Lanciato il richiamo, queste persone compongono l’esercito di sette milioni di uomini e donne che, in rapporto alle attuali condizioni, lottano con tutte le forze per portare il benessere nel mondo e rovesciare completamente l’ordine della società che conosciamo.
Non c’è mai stata una rivoluzione del genere nella storia del mondo. Non vi è alcuna analogia con la rivoluzione americana o quella francese. Questa rivoluzione è unica ed è colossale. A confronto, le altre rivoluzioni sono come asteroidi davanti al sole. E’ l’unica del proprio genere perché è l’unica rivoluzione mondiale in un mondo la cui storia abbonda di rivoluzioni. Non solo: si tratta anche del primo movimento organizzato di uomini e donne che diventa movimento mondiale, i cui confini sono i confini del pianeta stesso.
Sono tanti gli aspetti che rendono questa rivoluzione così diversa da tutte le altre rivoluzioni. Essa non è sporadica e casuale. Non è una fiammata dello scontento popolare che un giorno si leva e quello dopo svanisce. E’ una rivoluzione più vecchia della generazione che la rappresenta e una storia con le sue tradizioni, con un elenco di martiri che solo quello della cristianità supera. Ha anche una propria letteratura che è milioni di volte più scientifica, imponente e accurata della letteratura di qualsiasi rivoluzione precedente.
Queste persone si descrivono con la parola “compagno”: compagno della rivoluzione socialista. Non si pensi che sia una parola vuota, coniata giusto per fare effetto. Questa parola rinsalda i legami tra le persone affratellandole come dovrebbero, rendendole salde e unite sotto il rosso stendardo della rivolta. Non fraintendiamo: questo stendardo rosso simbolizza la fratellanza degli uomini, non l’incendiario significato che gli viene attribuito dalla spaventata mente borghese. Il legame tra i rivoluzionari è vivo e caloroso. Supera i confini geografici, trascende il pregiudizio razziale e si è dimostrato persino più potente del Quattro di Luglio, l’americanismo dell’aquila con le ali spiegate dei nostri progenitori…
*da Rivoluzione, di Jack London, Mattioli 1885, 2007, 16 euro.
Come sono diventato socialista
È BENE SPIEGARE CHE SONO DIVENTATO SOCIALISTA IN UN MODO PIUTTOSTO SIMILE A QUELLO IN CUI I PAGANI TEUTONICI DIVENNERO CRISTIANI: MI FU SCOLPITO A FORZA. Non solo al momento della mia conversione non ero un simpatizzante del socialismo, ma lo stavo combattendo. Ero molto giovane e inesperto, non sapevo molto e anche se non avevo mai sentito parlare di una scuola chiamata «individualismo» elogiavo la forza con tutto il mio cuore.
Questo perché ero forte. Per forte intendo dire che godevo di ottima salute e avevo muscoli d’acciaio, caratteristiche ben visibili. (…) Il mio ottimismo era dovuto al fatto che fossi sano e forte, non avevo debolezze né venivo mai cacciato da un padrone perché non ero in forma; avevo sempre trovato un lavoro, che fosse spalare carbone o stare sulle navi, o qualsiasi altro lavoro manuale.
Per questo motivo, soddisfatto della mia giovane vita e in grado di mantenere il mio posto di lavoro e di vincere nella lotta, ero un individualista rampante. Era piuttosto naturale perché ero un vincente. Perciò consideravo la concorrenza e la competizione una cosa da veri uomini. Essere UOMO significava scrivere questa parola a caratteri cubitali nel mio cuore. Avventurarmi e combattere come un uomo, svolgere il lavoro di un uomo (anche per una paga da ragazzo), queste erano le cose che avevo raggiunto e che si facevano parte di me come nessun’altra. E guardando avanti all’orizzonte di un futuro nebuloso e interminabile, giocando a quello che ho concepito essere il gioco dell’uomo, avrei continuato a viaggiare, godendo di ottima salute, senza incidenti e con muscoli sempre vigorosi. Come dicevo, questo futuro appariva interminabile. Mi vedevo affrontare una vita senza fine come una delle bestie bionde di Nietzsche, desiderosa e conquistatrice di superiorità e di forza pura.
Devo confessare che non pensavo ai disgraziati, ai malati e agli uomini in difficoltà, ai vecchi e ai mutilati, se non maturando che, a meno di incidenti, avrebbero potuto essere efficienti nel lavoro quanto me, se lo avessero voluto realmente. Gli incidenti rappresentavano il fato, scritto anche in maiuscole e non c’era possibilità di evitarlo. Napoleone aveva avuto un incidente a Waterloo, fatto che non ha smorzato in me il desiderio di essere un novello Napoleone.
(…) La dignità del lavoro era per me la cosa più importante. Senza aver letto Carlyle o Kipling, formulai un vangelo del lavoro che avrebbe messo i loro in ombra. Il lavoro era tutto: santificazione e salvezza. Non potreste comprendere l’orgoglio che ottenevo da una dura giornata di lavoro. Ero uno fra gli schiavi salariati più coscienziosi che un capitalista avrebbe mai potuto sfruttare. Mostrarmi inoperoso agli occhi dell’uomo che mi pagava il salario era un peccato, in primo luogo, contro me stesso e in secondo luogo, contro di lui. Lo consideravo un crimine secondo solo al tradimento ma altrettanto malvagio. In breve, il mio individualismo eroico era dominato dall’etica ortodossia borghese. Leggevo giornali borghesi, ascoltavo i predicatori borghesi e non reagivo alle banalità urlate dai politici borghesi. Non dubito che se altri eventi non avessero cambiato la mia vita, mi sarei trasformato in un crumiro professionista (uno degli eroi americani del Presidente Eliot), la mia testa e le mie capacità di guadagno sarebbero state irrimediabilmente distrutte da un manganello nelle mani di qualche sindacalista militante.
Ma un giorno, di ritorno da un viaggio in mare lungo sette mesi, appena compiuti diciotto anni, pensai di cominciare a vagabondare per il mondo. Tra i bagagli dei treni merci abbandonai l’Occidente, dove gli uomini lottavano e il lavoro non mancava e cacciava l’uomo, mi avventurai verso i centri di lavoro industriali dell’Oriente, dove gli uomini erano inetti e cercavano lavoro. In quest’ avventura mi sono trovato a guardare alla vita da un punto di vista nuovo e completamente diverso. Ero passato dal proletariato a quello che i sociologi amano chiamare il «decimo sommerso», ed ero sorpreso di scoprire il modo in cui veniva reclutato questo sommerso.
Vi trovai ogni sorta di uomini, molti dei quali un tempo erano stati in buona salute come me, come le «bestie bionde»; marinai, soldati, operai, tutti lacerati e deformati dalla fatica, dal travaglio e dagli incidenti, alla deriva come cavalli alla fine della loro carriera. Ho mendicato, rabbrividivo con loro per il freddo sui carri merci e nei parchi pubblici, ho ascoltato storie di vita iniziate sotto i migliori auspici come la mia, con forza fisica pari o migliore alla mia, che si sono concluse sotto i miei occhi con lo sfascio e il risucchio nella parte più misera della fossa
E mentre ascoltavo queste storie ho iniziato a riflettere. Ero vicino alle donne di strada e agli uomini delle fogne. Ho visto l’immagine della fossa sociale tanto vividamente come se fosse una cosa concreta e li ho visti in fondo alla fossa, io sopra di loro, non lontano, appeso alla parete scivolosa con forza e sudore per non scivolare. Confesso di aver avuto paura. Che sarebbe successo quando non avrei avuto più le forze? Quando non sarei più stato in grado di lavorare al fianco di uomini giovani e forti? In quel momento decisi e formulai un giuramento simile a questo: «Ho sempre lavorato con tutte le forze, ma sono sempre più vicino al fondo della fossa. Uscirò fuori dalla fossa, ma non grazie ai muscoli del mio corpo; e non svolgerò più il lavoro duro e che Dio mi fulmini a morte se lavorerò ancora in modo duro, più di quanto il mio corpo possa sopportare o sia assolutamente necessario fare». E da quel momento mi sono dato da fare per sfuggire al duro lavoro.
Tra l’altro, durante un viaggio di circa diecimila miglia attraverso Stati Uniti e Canada, mi trovai a vagabondare alle Cascate del Niagara e fui beccato da un poliziotto borghese; mi è stato negato il diritto di difendermi, sono stato condannato a una pena detentiva di trenta giorni perché senza fissa dimora e senza mezzi visibili di sostentamento, sono stato ammanettato e incatenato a un gruppo di uomini nelle mie stesse condizioni, sono stato portato giù al paese di Buffalo e registrato presso il penitenziario di Erie County; mi hanno rasato la testa e i baffi e mi hanno vestito a strisce da carcerato, sono stato vaccinato obbligatoriamente da uno studente di medicina praticante, mi hanno fatto marciare incatenato e ho lavorato sorvegliato da guardie armate di fucili Winchester; il tutto per amore dell’avventura, come le «bestie bionde». Non ho altro da aggiungere sebbene possa affermare che questa esperienza ha attenuato il mio entusiastico patriottismo, abbandonando la mia anima. Ho compreso che per la mia vita uomini, donne e bambini erano più importanti delle linee geografiche immaginarie.
Ritornando alla mia conversione, penso sia evidente che l’individualismo rampante mi aveva abbandonato e che adesso dentro di me nasceva qualcos’altro. Senza saperlo ero stato un individualista e adesso ero un socialista inconsapevole, di stampo non scientifico. Ero rinato senza cambiare nome e andavo in giro a scoprire cosa fossi diventato. Tornai di corsa in California e iniziai a leggere. Non mi ricordo quale fu la mia prima lettura, ma è un dettaglio irrilevante. Ero già quell’altro, qualunque fosse il mio nome; e con l’aiuto dei libri ho scoperto di essere diventato socialista. Da quel giorno ho letto parecchi libri, ma nessuno di argomento economico; nessuna dimostrazione lucida della logica e dell’inevitabilità del socialismo mi ha colpito così tanto profondamente e in modo talmente convincente quanto quel giorno in cui ho visto le pareti della fossa sociale crescere intorno a me fino a soffocarmi e io che scivolavo in fondo alla miseria più profonda.
* tratto da «Lotta di classe e altri saggi sul socialismo di inizio ’900» (collana Persistenze, prefazione di Goffredo Fofi, pagine 128, euro 14,00) pubblicato nel 2013 da Malcor D’Edizione
 
 
da Popoff
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vavuska · 4 years
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Montanelli and the perpetual denying of Italian war crime
Part 1 - Introduction - LINK
Part 2 -  Italian and Colonial Law, Institutions of Marriage in the Erithrean Traditional Constumary Law - LINK
8 - A Great Journalist? Posters say "No"!
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The reasons of the valdalism seem to be always the same: the constant tribute to the memory of an awful journalist, who was also a (ex) fascist, anticommonist, racist and colonialist.
Indro Montanelli only merit was surviving a terrorist attack from Red Brigades as a result of his being a right-wing journalist with a fascist past never fully denied. Unfortunately when they shot in the legs, they turn him into a freedom martyr, who Montanelli was not.
Here there are some examples of what I'm talking about:
1. “We will never be rulers if we do not have the exact awareness of our fatal superiority. He does not fraternize with niggers. You can't, you shouldn't. At least until a civilization has been given to them. […] This war is for us like a nice long holiday given to us by the Gran Babbo (Mussolini) as a reward for thirteen years of school. And, said among us, it was time. None of us hope that the war will end, we have only one desire: to continue!"      (Indro Montanelli, article published on Fascist Civilization, 1936)
“Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà. […] Questa guerra è per noi come una bella lunga vacanza dataci dal Gran Babbo (Mussolini) in premio di tredici anni di scuola. E, detto fra noi, era ora. Nessuno di noi si augura che la guerra finisca, abbiamo un solo desiderio: continuare!”
(Indro Montanelli, articolo pubblicato su Civiltà Fascista, 1936)
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 2. On the use, removed for decades, of lethal chemical weapons during the Ethiopian war, Montanelli stubbornly stood on a denial line. In the end, after the Dini government in 1995-96, definitively clarified the modalities and dimensions of the use of aggressive chemicals, he had to apologize.
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3. "Captain, it's a senseless sentence," he wrote to Priebke - German war criminal, Gestapo agent and captain of the SS during the Second World War, responsable of the Fosse Ardeatine massacre, a reprisal for an Italian partisan attack on German troops. 335 men were executed, 10 italian civilians for each German soldier who had been killed in the attack - in 1996, "As an old soldier, and even of an Army very different from yours, I know very well that you could not do anything other than what you did [...] Best wishes, Mr. Captain ".
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  4.  Montanelli wrote to the US ambassador Clare Booth Luce in 1954, informing her of the formation of a paramilitary anti-communist organization and asking her to guarantee the help of the American army in terms of arms, fleet and aviation: “If at the next election a Popular Front however constituted popular reached the majority, what Scelba [ Mario Scelba (5 September 1901 – 29 October 1991) was an Italian politician who served as the 33rd Prime Minister of Italy from February 1954 to July 1955] would do? It would deliver power, and it would be the end ... Any man of government, even non-Christian Democrats today, would surrender for the total impossibility of carrying out a coup d'etat ... The police and the army are polluted with communism. The carabinieri without the King, have lost every bite. And across the country there is no force capable of supporting the action of a resolute man. We must create this force. You can't go wrong looking at the history of our country, which is that of an abuse imposed by a minority of one hundred thousand sticks. Majorities in Italy have never counted: they have always been in tow with this handful of men who did everything with violence, the unification of Italy, its wars and its revolutions. This minority still exists and is not a communist [...] Faced with this reality, I find myself in this dilemma: to defend Democracy until accepting, for it, the death of Italy; or defend Italy to accept, or even hasten, the death of Democracy? My choice is made. "
“Se alle prossime elezioni un Fronte Popolare comunque costituito raggiungesse la maggioranza. Scelba cosa farebbe? Consegnerebbe il potere, e sarebbe la fine… Qualunque uomo di governo, oggi, anche non democristiano, si arrenderebbe per totale impossibilità di compiere un colpo di Stato… La polizia e l’esercito sono inquinati di comunismo. I carabinieri senza il Re, hanno perso di ogni mordente. E in tutto il paese non c’è una forza capace di appoggiare l’azione di un uomo risoluto. Noi dobbiamo creare questa forza. Non si può sbagliare guardando la storia del nostro paese, che è quella di un sopruso imposto da una minoranza di centomila bastonatori. Le maggioranze in Italia non hanno mai contato: sono sempre state al rimorchio di questo pugno di uomini che ha fatto tutto con la violenza, l’unità d’Italia, le sue guerre e le sue rivoluzioni. Questa minoranza esiste ancora e non è comunista […] Di fronte a questa realtà, mi trovo in questo dilemma: difendere la Democrazia fino ad accettare, per essa, la morte dell’Italia; o difendere l’Italia fino ad accettare, o anche affrettare, la morte della Democrazia? La mia scelta è fatta”.
LE LETTURE CONSIGLIATE:
Sulle lettere di Montanelli a Clare Boothe Luce:
- M. Del Pero, Anticomunismo d’assalto, in «Italia Contemporanea», Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Nazionale, n. 212 (1998), pp. 633 – 646
- M. Del Pero, M. G. Rossi, Una Gladio in borghese. Intervista a Indro Montanelli, in «Italia Contemporanea», Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Nazionale, n. 212 (1998), pp. 647 – 652
Su Clare Boothe Luce:
- S. J. Morris, Rage for fame: the ascent of Clare Boothe Luce, Random House, New York, 1997
- W. Sheed, Clare Boothe Luce, Weidenfeld and Nicolson, London, 1982
- M. Del Pero, American pressures and their containment in Italy during the ambassadorship of Clare Boothe Luce, 1953-1956, in: «Diplomatic History», vol. 28 n. 3 (giugno 2004)
5."In Italy, a pickaxe blow to the closed houses was enough to bring down the entire building, based on three fundamental props: the Catholic Faith, the Fatherland and the Family. Because it was in the so-called brothels that these three institutions found their safest guarantee, "wrote Addio Wanda, published in 1958 in opposition to the Merlin Law, the law that closed brothels and criminalized forced induction to prostitution. Montanelli was against the Merlin Law because “(...) The day in which they are allowed to live their life without fear of ending up in those menageries, Italy is destined to become one of the many countries of Protestant morality and customs, where the condition of virgin it does not exist, just as there is no whore, all women being united in an intermediate limbo; and where the family no longer exists, your duties having been absorbed by the society (...) Madam, do not delude yourself, either as an Ambassador or as a convert: between Cardinal Ruffini and the abstinent chaste vegetarian standard bearers of Initiative, the true Catholic is the cardinal, who does not do the Robinson Crusoé of Virtue. Like military chaplains, who are authentic priests because they live among authentic men (...) Tits and flag, Madam. They are the summary of the history of Italy, its inseparable pillars, its engine, the key to understanding it. To abolish one is to destroy the other. "                                                       N.B: Althought Montanelli portrays in a very negative way the end of the traditional view of women as “virgins” or “whores” - I Think he would be glad to know that in Italy this way to see women in society never really ended - and also called feminists and abolitionists “churchy” - even if he ws the one who actually defended brothels and forced prostitution to protect the Church and the traditional families -, he wrote unitentionally some good point of feminism goals!
“È bastato in Italia un colpo di piccone alle case chiuse per far crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la loro più sicura garanzia (...) Il giorno in cui ad esse si conceda di vivere la loro vita senza timore di finire in quei serragli, l' Italia è destinata a diventare uno dei tanti Paesi di moralità e di costume protestanti, dove la condizione di vergine non esiste, come non esiste quella di puttana, tutte le donne essendo accomunate in un limbo intermedio; e dove non esiste più la famiglia, le sue mansioni essendo state assorbite dalla società  (...) Signora, non si faccia illusioni, né come Ambasciatrice, né come convertita: fra il cardinal Ruffini e i casti astinenti vegetariani alfieri di Iniziativa , il cattolico vero è il cardinale, che non fa il Robinson Crusoé della Virtù. Come i cappellani militari, che sono dei preti autentici perché vivono in mezzo agli uomini autentici (...) Tette e bandiera, Signora. Sono il riassunto della Storia d'Italia, i suoi inseparabili pilastri, il suo motore, la chiave per comprenderla. Abolire l'uno significa distruggere l'altro." 
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6. "Ah! Sicily! - he states in February 1960 in an interview with the prestigious French magazine Le Figaro Letteraire - You have Algeria, we have Sicily. But you are not obliged to tell the Algerians that they are French. We, an aggravating circumstance, are obliged to grant the Sicilians the quality of Italians".
“Ah! La Sicilia! Voi avete l’Algeria, noi abbiamo la Sicilia. Ma voi non siete obbligati a dire agli algerini che sono francesi. Noi, circostanza aggravante, siamo obbligati ad accordare ai siciliani la qualità di italiani”.
7. Oxford riot, September 1962. Segregationists protest against the enrollment of James Meredith, the first black man to do so, at the University of Mississippi. The clashes make 2 dead and 300 injured. This is the comment of Indro Montanelli, in the Corriere della Sera of October 3, 1962: “(...) Little by little America is realizing that with this problem it must live together because it cannot solve it. Or rather, it can solve it only in the legal context of equality of civil rights. Biologically, no. Because it will be unfair, it will be repugnant, it will be rationally inexplicable and unacceptable; but it is a fact that mingling with blacks has given catastrophic results wherever it has been practiced. I know I say a heresy, for the times that are running, but I prefer heresy to hypocrisy.”
(...) Piano piano l'America sta rendendosi conto che con questo problema essa deve convivere perché non lo può risolvere. O meglio, lo può risolvere solo nell'ambito giuridico della parità dei diritti civili. Biologicamente, no. Perché sarà ingiusto, sarà ripugnante, sarà razionalmente inesplicabile e inaccettabile; ma è un fatto che il meticciato coi neri ha dato risultati catastrofici dovunque lo si è praticato. So di dire un'eresia, per i tempi che corrono, ma preferisco l'eresia all'ipocrisia.
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8. Backed by Giorgio Bocca, he called the journalist de l'Unità Tina Merlin, who denounced the human faults in the Vajont Disaster [ On 9 October 1963, during initial filling, a landslide caused a megatsunami in the lake in which 50 million cubic metres of water overtopped the dam in a wave of 250 metres (820 ft), leading to the complete destruction of several villages and towns, and 1,917 deaths. Although the dam itself remained almost intact and two-thirds of the water was retained behind it, the landslide was much larger than expected and the impact brought massive flooding and destruction to the Piave Valley below. This event occurred after the company and the Italian government concealed reports and dismissed evidence that Monte Toc, on the southern side of the basin, was geologically unstable. They had disregarded numerous warnings, signs of danger, and negative appraisals, and the eventual attempts to safely control the landslide by lowering the lake's level came when the landslide was almost imminent.]  "jackal". He will make amends twice, in 1997 and 1998, from La Stanza di Montanelli in Corriere della Sera, confessing two serious faults: to have arrived on the spot without knowing anything about the dam and to have taken a totally ideological position in favor of the responsible company, Sade, only because it is contrary to the nationalization of electricity.
9. In a cable of January 12, 1978, declassified by US Government and published by WikiLeaks, called "Montanelli sees the blood ahead", US diplomats report in Washington in 1978 what they define the "tactics" of the journalist: blackmailing the DCs [Demo-Christian Party] ready to make concessions to the communists and sink Berlinguer to return the PCI [Italian Communist Party] to the hard line. Going back to the hard line, the next step would be a civil conflict, in which the PCI would be destroyed. Perhaps - says the journalist - Italy would have a Pinochet-like democracy. That would be a hellish prospect, but better than a government with the PCI.
10.  In the Giornale of 24 October 1980 Montanelli wrote - inventing a source - that he had known, eleven years earlier, that is, immediately after the massacre in Piazza Fontana, that Pinelli, police informer, had confided to Commissioner Calabresi that the anarchists were preparing "something big". Then, when Calabresi, who obviously had recorded everything, made him feel the tape, Pinelli, not resisting the idea that his companions qualified him as informer, would have thrown himself out the window.  Needless to say, they were all lies. Called to answer his statements in court Montanelli had to repeatedly apologize, admit that he was wrong, that he was misunderstood, that he did not express himself well, that he invented relevant details from a healthy point of view. In front of the judges he had to take everything back, so much so that the attorney general said "And since I was a boy I always gave him a kind of myth, today this myth has collapsed". "When he wrote unpredictably, on his admission, to be interrogated as witnesses in a public trial ... therefore with the inevitable consequence of being misguided. On the other hand, he threw the thesis back into circulation and he loved the responsibility of the anarchists in the massacre" .
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Genitorialità
Il bambino, oggi più che mai, occupa un posto molto importante nella nostra cultura. E' il prodotto di una nuova coppia. Ma non solo. Esso serve anche a tutte le industrie che, proprio per lui, inventano nuovi prodotti per alimentarlo, abbigliarlo, divertirlo, curarlo, trasportarlo. Ma ancora. Serve all'arte, allo spettacolo, alla moda, alla musica, all'industria alberghiera e a tutto il turismo di massa così da mettere in campo una concezione di bambino basata su un ideale di famiglia centrato sul suo benessere.Il bambino oggi, a seguito delle rivoluzioni femministe, è vissuto come una "scelta", un desiderio singolare, ciò che fonda la coppia e ciò che dà consistenza. In molti casi, il bambino è l'elemento supplementare che trasforma la coppia in una famiglia. Esso occupa un posto che lo porterà ad essere, come in tanti esperti psicologi dicono, il "sintomo" della coppia dei genitori.Il nascituro, prima ancora di nascere infatti, ha un certo posto nel discorso dei genitori. Tutto quello che si spera, si immagina, si dice, si crede di lui ha già modo di incidere direttamente sulla sua persona, su chi sarà. C'è però tuttavia anche quello che non si riesce a dire tra i genitori, quello che non ha potuto essere inteso, quel materiale inconscio che, più di tutti, ha modo di ri-organizzare il profilo della coppia che si appresta a diventare coppia genitoriale. La sola idea di "dare alla luce un bambino" comporta quindi una serie di eventi:
modifica lo stile di vita di entrambi i partner i quali, dopo essersi adattati l'uno all'altro, con maggiore minore successo, si ritrovano a dover pensare ad una "terza persona" che "rompe" - positivamente o meno - un certo grado di equilibrio;
modifica il senso d'identità dei partner i quali sono indotti, consapevolmente o meno, a proiettare sul futuro neonato le immagini dei bambini che loro stessi sono stati così come le immagini legate alle "capacità accuditive" dei propri genitori;
priva della propria libertà, la quale influisce su tutti gli aspetti della vita ma a maggior ragione sulla vita professionale sia del padre ma sopratutto della madre per un lungo periodo;
Immaginare un figlio segue una spinta che viene da lontano, dalla storia delle relazioni affettive e delle esperienze accuditive originarie dei due singoli partner. Diventare genitori è paradossalmente un percorso che inizia, accresce e si sviluppa da quando si è figli.  La capacità dei genitori di essere in contatto con le paure del bambino, di contenerle  e pensarle, di mantenere la speranza invece di esserne sopraffatti, disperarsi e andare in pezzi, dipende in larga misura proprio dal modo in cui a loro volta sono stati, o sentono di essere stati trattati, dai loro genitori nella prima infanzia. Dipende però anche dalla loro capacità di dare un senso all'esperienza del dolore emotivo, di pensarlo e accettarlo come parte della vita. 
Per tali ragioni un figlio, molte volte, diversamente da quella che è l'opinione sociale, morale e pubblica, porta con sé esperienze che si discostano abbondantemente dall'essere positive. Un figlio, come detto, modifica quella che fino ad allora era stata la propria identità. Per tali motivi diventare madri e padri è come lasciarsi cadere in un abisso: da cercare da una parte e da temere dall'altra. Da cercare perché solo cercando negli abissi ci si può preparare a stare con l'esperienza della maternità e della paternità. Ma anche da temere in quanto l'abisso può sembrare troppo profondo e troppo insidioso.
Ci sono donne infatti che durante tutta la gravidanza - ma anche oltre - provano una grande angoscia accompagnata da risentimento, rabbia e depressione dovute sia al ritorno a livelli di funzionamento ormonali simili alla pre-pubertà ma anche alle limitazioni che il figlio richiede: stare a casa da sola con questi per grand parte della giornata - che è l'esperienza di molte donne occidentali - la fa sentire imprigionata, tagliata fuori, addirittura poco necessaria.
Può dunque succedere che ella provi anche dell'odio per il figlio senza riuscire a capacitarsi che amare in modo libero e totale significa anche riuscire a provare questo sentimento senza farsi piegare dal senso comune, dai sentimenti di vergogna, dalla obbligatorietà di essere felici.
Se il materno si rende visibile nel corporeo, l'esperienza del padre, sebbene meno visibile, è ugualmente radicale, profonda, trasformativa. Il padre infatti deve poter insegnare al figlio a essere nella società, così come la madre gli ha insegnato a essere nel proprio corpo. Come tale, anche questa esperienza può generare crolli depressivi, angosce persecutorie e fughe. Esse posso essere causate dall'intimità della relazione che si instaura naturalmente tra madre e bambino la quale potrebbe scoraggiarlo, farlo sentire escluso, potrebbe portarlo a compiere dei gesti apparentemente illogici (tradire o aggredire la moglie, abusare d'alcol e di droghe, giocare d'azzardo ecc) che poi ad una indagine più attenta denotano ferite narcisistiche riaperte dalla paura di sentirsi trascurati, non apprezzati, sostituiti.
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pandaemonika · 3 years
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Momo re-watching: Penny Dreadful 3x07
Che tenerezza vedere John accettato dalla sua famiglia!
“You’re still learning the language, I wrote the bloody book” è la battuta definitiva XD
Veniamo alle note dolenti. Le motivazioni di Lily sono sempre comprensibili da un punto di vista emotivo, ma assurde a livello razionale. È completamente fuori di testa. Solo che nel momento in cui Victor, che l'ha sempre trattata con dignità dal momento in cui l'ha riportata in vita, se ne esce con “We’re going to make you into a proper woman”, è chiaro che gli autori hanno voluto intenzionalmente prendere quella direzione. La verità è che quello di Lily non è femminismo. È delirio di onnipotenza e desiderio di vendetta mascherato da femminismo. Ma hanno voluto fare in modo che fosse giustificato a tutti i costi all'interno della trama, facendo diventare tutti gli uomini dei maschi alfa insensibili… così, all'improvviso. In questa serie ci sono un sacco di personaggi femminili forti, questa deriva di Lily in stile angelo vendicatore mi ha sempre fatto storcere un po’ il naso. È piena d'odio e lo riversa negli uomini per via del suo passato, ma chiaramente non è questo il modo e il fatto che venga fatta passare come una paladina mi urta tantissimo.
Altra piccola cosa che mi lascia confusa: in una scena Dorian dice di aver visto molte rivoluzioni e di aver vissuto molto a lungo ecc… In realtà no. Non ancora. La storia del romanzo è ambientata proprio nella Londra Vittoriana e quindi è da relativamente poco che lui ha venduto la sua anima e che Basil ha realizzato il quadro. Non è ancora una creatura centenaria. Un discorso del genere avrebbe potuto farlo se fosse vissuto fino alla nostra epoca, ma le vicende della serie sono contemporanee agli eventi del romanzo. Non capisco come abbiano fatto gli autori a tralasciare un dettaglio del genere.
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cerchiofirenze77 · 4 years
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Il valore del denaro e il dovere del’uomo E' indubbio che ogni desiderio evidenzia una nostra necessità. Il denaro, in particolare, è un mezzo di scambio, necessario nella nostra civiltà. Non si può certo pensare che sia negativo il desiderarlo. Piuttosto si dovrebbe riflettere sull'uso che se ne può fare, sul valore che gli si attribuisce. Personalmente, non gli darei molta importanza come mezzo per aiutare gli altri, rispetto a una nostra presenza viva e partecipativa ai piccoli/grandi bisogni di coloro che ci circondano. A questo proposito riporto una comunicazione di Kempis sul valore del denaro e sul proprio dovere, estratta dal libro: "La Voce dall'ignoto".
“.... Sento qualcuno esclamare: "Beh, Kempis, piantala! In fondo, col denaro si può anche aiutare". Certo. Io non ce l'ho col denaro che, come è stato detto giustamente, può essere un ottimo servitore o un cattivo padrone. Faccio, e vi invito a fare, delle semplici considerazioni sulla psicologia dell'uomo il quale molto spesso dimentica, nella sua avidità, che le cose sono fatte per l'uomo, e non viceversa, riprendendo invece la memoria per porsi al di sopra di tutto quando si tratta di se stesso.
Il denaro è un mezzo, come ho detto, e beato chi ne fa buon uso, magari aiutando; ma più beato ancora chi è capace di aiutare al di là delle possibilità offerte dal denaro. E questo non significa parlare di filosofia a chi ti chiede del cibo.
Allora, che cosa significa aiutare? Credo che la definizione, più precisa e più generale sia: alleviare altri da preoccupazioni, sollevarli da stati di necessità da cui non riescono ad uscire.
L'aiuto è appoggio, assistenza, collaborazione, sovvenzione, confronto, difesa, protezione, carità. Tutti vorrebbero essere aiutati, e tutti dovremmo aiutare, se non vi fosse quell'unica condizione che il concetto di aiutare gli altri contiene: la condizione che chi chiede aiuto sia in uno stato di necessità da cui, da solo, non riesca ad uscire, e che non rifiuti l'aiuto.
Quante altre condizioni, invece, si pongono per aiutare!
Son tutti pretesti per non fare ciò che non si vuole. Aiutare e fare del bene sono confusi e identificati, ma per chiarezza è necessaria una distinzione. Infatti, se aiutare significa sollevare gli altri da stati di necessità da cui non riescono ad uscire, ciò può essere identificato solo col fare del bene in una determinata concezione di bene. Ma se per bene si intende comprendere, allora, al limite, interrompendo uno stato di necessità che, vissuto, portasse alla comprensione, si interromperebbe la comprensione e, quindi, si farebbe un male.
D'altra parte, che cosa può essere "bene"? Felicità e piacere?, conoscenza del vero? utilità individuale o sociale? Credo che non serva spendere molte parole per dimostrare che il bene dell'individuo non può essere che il raggiungimento del fine per cui esiste, cioè il raggiungimento della coscienza individuale. Quindi, sì, soddisfare le necessità vitali di chi, da solo, non è ne capace, ma soprattutto renderlo in grado di provvedere da sé; tamponare l'effetto, sì, ma rimuovere la causa. Questo è il vero bene e, perciò, il vero aiuto.
Ed ecco il solito polemico che mi accusa l'essermela cavata con un gioco di parole, tirando in ballo la coscienza individuale, come se tutti sapessero che cosa significa.
Eh sì, hai ragione, amico! Che cosa sia l'uomo cosciente non è facile a sapere, anche perché non ci sono molti esempi a cui rifarsi.
Uomo cosciente è colui che, quanto meno, fa il suo dovere, e che cosa sia il proprio dovere non è difficile da individuare. Comunque, se tu non lo sapessi, ti darò io una carta dei doveri dell'uomo, ricordandoti che il dovere riguarda la condotta ed è, quindi, un rapporto fra te e gli altri, una regola del mondo della separatività che l'amore muterà da obbligo talvolta faticoso a felice, desiderata, spontanea dedizione; ma soprattutto ricordandoti che attenerti a questa regola è il minimo che devi fare.
Il tuo primo dovere è mantenere gli impegni che ti sei assunto di genitore, di coniuge, di figlio, di amico.
E' fare nel miglior modo possibile il tuo lavoro.
E ciò basterebbe; tuttavia, se questo ti sembrasse poco, aggiungo: non agire come se il tuo dovere fosse quello di seguire i peggiori. Tu non approvi la loro condotta, sai che non è giusto ciò che fanno, perciò non credere di perderci se non ti approfitti come loro. In verità ci perderesti molto se ti mettessi a loro pari.
Il tuo dovere non è neppure quello di scoprire e propagare i difetti dei tuoi simili per apparire e sentirti migliore di loro; bensì quello di riconoscere i tuoi e sentirti superiore agli altri solo quando tu raccogliessi in te tutte le qualità e le abilità che la natura raziona fra l'intero genere umano.
Il tuo dovere è quello d'essere sempre efficiente, anche quando non sei controllato. Le rivoluzioni degli umili schiavizzati falliscono poi nella loro inattività.
Tu non sei solo e indipendente. Se anche tu fossi l'unico uomo al mondo, e in grado di soddisfare tutte le tue necessità vitali, dipenderesti sempre da ciò che ti fa sopravvivere. Tanto più tu, che fai parte della società umana, sei legato per molti aspetti ai tuoi simili; dalle relazioni che hai con loro trai sempre qualcosa, anche quando ti sembra di dare solamente. Il tuo dovere è, quindi, non trattare i tuoi simili come oggetti, o peggio, ma trattarli come persone.
Il tuo dovere è quello di capire che le tue necessità non sono più importanti e più prementi di quelle simili che hanno gli altri, e di essere rispettoso dei problemi altrui quanto lo sei dei tuoi.
E' tuo dovere chiedere agli altri solo quanto tu stesso sei in grado di sopportare, e di non essere loro di peso, o perlomeno di esserlo solo quanto gli altri lo sono per te.
E' doveroso per te partecipare alla vita sociale, ma non per quello che puoi ottenere a vantaggio dalla tua persona, bensì perché tu sei un elemento componente della società nella quale vivi ed è tuo dovere rendere efficienti, migliorare le sue istituzioni fatte per rendere migliore la vita di tutti. Sii come l'organo di un corpo che con la sua vita contribuisce a mantenere vivente l'intero organismo, perciò la tua esistenza deve abbellire la società di cui fai parte.
Se le tue condizioni obiettivamente ti impediscono di collaborare sul piano concreto, allora il tuo dovere è di essere il conforto dei tuoi simili, e non la loro disperazione; accettando serenamente, con la forza del tuo spirito, il tuo stato; riuscendo tu, bisognoso, a donare.
Se quanto ti dico ti sembra ovvio e scontato, lo sai. E se lo sai, perché non lo fai?
Pace a voi.”
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mezzopieno-news · 4 years
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IL CAMBIAMENTO E L’EQUILIBRIO: LA MISURA DELLA PACE
Editoriale
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Cambiare: qualche volta un bisogno, in certi casi un fastidio che eviteremmo volentieri.
Il cambiamento è una dinamica così significativa e allo stesso tempo trasformante che ricopre un ruolo discriminante nella nostra vita, la rimodella, segna un prima e un dopo.
I mutamenti sono la manifestazione costante della tensione evolutiva, una spinta continua che si libera contro il disordine e il decadimento, sono parte del processo di creazione e della vita. Ogni organismo muta ed ogni cosa sulla terra è carica di una certa entropia, la forza che tende al caos. Ogni elemento tuttavia ha in sé anche la tendenza all’equilibrio e porta nel suo tessuto più profondo un desiderio di armonia e di realizzazione. È una costante ricerca di bilanciamento e di sintesi che ridistribuisce continuamente l’energia e che la scambia in un processo che nel suo scorrere, lentamente la nobilita. Una profonda attrazione per il cambiamento e per la novità attraversa tutte le cose viventi ma, allo stesso tempo, una sorta di resistenza le frena.
È la nostra intelligenza a imporci la riflessione davanti ai cambiamenti, quella che ci suggerisce di rallentare e di contrapporci alla loro repentinità. Quando una trasformazione è il frutto di una scelta, è il coraggio a determinarne i tempi e i modi, mentre nel caso di una alterazione imposta o imprevista è l’istinto a farlo; in un certo senso, si potrebbe dire gli esseri umani hanno una naturale resistenza al cambiamento perché pensano troppo. La nostra intelligenza ci obbliga alla riflessione, la stessa intelligenza che tuttavia necessita il rinnovamento per potersi esprimere. Ciò che ci libera da questo conflitto della ragione è la volontà.
Evolvere anziché preservare oppure accettare e lasciar scorrere, sono approcci che fanno parte del modo in cui affrontiamo la vita, risultato della somma di molti elementi, dalla nostra conformazione genetica al bagaglio di esperienze e alla nostra formazione, fino alla cultura in cui viviamo. Apprendere e conoscere sono i processi che innescano la scintilla del cambiamento. Quando si sa, nasce il desiderio di modellare la realtà e, a volte, si acquisisce la coscienza del fatto che è meglio rinnovare e correggere piuttosto che essere costretti a farlo. Si impara anche con il tempo che a volte non fare nulla lascia spazio a ciò che già si sta modificano e che anche l’inazione può diventare una vera e propria azione. Riuscire a prevedere un cambiamento o a programmarlo per gestirlo, invece di subirlo, è quindi una delle virtù più elevate della saggezza.
Le abitudini si intrecciano nella vita come refoli che giorno per giorno si consolidano fino a diventare delle funi a cui aggrapparsi, ma a volte anche dei lacci. Anche i cambiamenti seguono lo stesso schema. Ecco perché un piccolo cambiamento intenzionale, protratto con perseveranza può diventare con il tempo una metamorfosi. È il principio degli alberi che crescono poco a poco, adattandosi al vento e alle intemperie che gli danno la forma, verso il sole. Spesso le persone trovano più facile essere un risultato del passato che una delle cause del futuro ma, come nella pianta, la continuità rappresenta le radici è il cambiamento ha nella vita lo stesso ruolo dei rami, risponde al bisogno di svilupparsi in libertà e di estendersi verso nuove altezze.
Cambiamento significa movimento, frizione e non esiste frizione senza fatica, senza rilascio di energia. Sono l’euforia o la frustrazione a far classificare un mutamento come positivo o negativo, tuttavia è l’ineluttabilità del cambiamento ad essere la sua caratteristica principale, quella che si fa più fatica ad interiorizzare e da cui dovremmo sempre partire. È la capacità di affrontare i cambiamenti che determina la qualità della nostra vita; il modo in cui lasciamo che questi influiscano sul nostro equilibrio tra il bisogno di stabilità e quello di rinnovamento. Nell’evoluzione del mondo non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento. Potremmo dire: quella che lo affronta con più umiltà. Le rivoluzioni sono modalità traumatiche con cui si tenta a volte di realizzare il cammino del mondo, ma è lo sviluppo lento e consapevole, il modo di progredire naturale della coscienza. Il cambiamento non deve essere un mito, ma neanche un mostro che si nutre di paura, di conformismo o di nostalgia. Il cambiamento è il processo con cui il futuro invade le nostre vite.
I mistici insegnano che il cambiamento non è mai di per sé doloroso, è la resistenza che gli opponiamo ad esserlo. Molti dicono di voler cambiare il mondo ma spesso hanno timore di cambiare sé stessi e quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari mentre altri costruiscono dei mulini a vento. Inseguito o subito, il cambiamento è un elemento fondamentale della vita, il nostro modo di porci nei confronti di ciò che “ancora non è”, che lo fa nostro e lo plasma con la nostra risposta. Difendiamo spesso le nostre certezze come trofei ma a volte ci scordiamo che se non cambiasse mai nulla non ci sarebbero le farfalle.
_________________________
Luca Streri
Fondatore del movimento Mezzopieno
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