Tumgik
#*di fare una pausa
saruzzo · 19 days
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Also per mantenere la linea editoriale di questo blog: crepo per il fatto che fiore da una settimana è tipo "non è che siamo uniti 😒 non è detto che se va via lui vado via anch'io 😒😒" e tutti comunque essere tipo "ora che VA VIA ANCHE FIORELLO rai due è MORTA la RAI PERDE tutte le sue figure di punta FIORELLO LASCIA LA RAI DEFINITIVAMENTE"
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deathshallbenomore · 1 year
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jaja-dingdong · 6 months
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Per un secondo invece di Musah ho visto Kessie
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2stelle · 1 year
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der-papero · 4 months
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Una settimana è passata dal mio primo giorno nel nuovo lavoro, e posso dire di essere circondato da quelle che sembrano brave persone, provenienti da ogni parte del mondo. Finalmente si può parlare in inglese tutto il giorno, sentirlo anche nei corridoi, alla pausa caffè, alla mensa. Certo, non è napoletano, ma ci sono diversi livelli, e alcuni possono andar bene.
Ma il punto è che, ed è stata una sorpresa per me, nessuno ha fatto alcuna battuta di merda razzista, ma nemmeno una uscita per fare gli spiritosi, nulla. Non che pensassi che una roba del genere non fosse possibile, ma una cosa è la teoria, una cosa è vederla dal vivo, e sulla propria pelle. La prima settimana in SAP di 6 anni fa fu drammatica, era un continuo, sembrava un raduno dei peggiori stronzi che questo paese fosse in grado di mettere al mondo, e posso garantire che, su questo punto, non c'è limite al peggio. Mi hanno fatto schifare questo paese al punto tale che non penso di tornare mai più indietro su questi sentimenti, mi hanno portato al punto da fare del mio odio verso di loro una forma di equilibrio mentale necessario.
Chissà, forse perché qui la parte tedesca è in minoranza, e non si è mai creata quella massa critica tale per cui un gruppo di persone diventa inconsapevolmente un gruppo di bulli di merda, sembra funzionare. Persone che ti dicono "lavoriamo insieme", anziché lasciarti indietro perché "cazzi suoi che ha cambiato paese ed è venuto qui, ci mancavano pure gli italiani", non ho visto coltelli puntati, gente con la scopa al culo perché devono dimostrare di essere stressati per essere considerati come "performanti", gente che non si riduce a dire "italiani = mafia" per far ridere gli altri, persone che ti salutano!, insomma mi sembra di essere tornato al 2006 in Siemens, dove eravamo provenienti da ogni posto d'Italia e si creò una famiglia più che un team. Non siamo ancora a quel livello lì, ma, oh, la differenza si sente e come.
Anche se ufficialmente tra 6 mesi mi toccherà lasciarli, proverò a farlo funzionare, chissà, magari mi chiedono di restare, e già solo per il fatto di essere seduto affianco a persone così, vale la pena firmare, e forse, se proprio mi andrà di culo, dopo un po' se ne andrà il mio odio perenne verso una terra e un popolo che non mi ha mai, non dico accolto, perché in quello nessuno è capace, ma almeno fatto sentire benvenuto.
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ragazzoarcano · 9 months
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“Pratica l’arte della pausa.
Fai una pausa prima di lamentarti.
Fai una pausa prima di giudicare.
Fai una pausa quando stai per reagire con rabbia e potrai evitare di dire e fare cose, di cui in seguito potresti pentirti.”
— Lori Deschene
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frogcoded · 2 months
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comunque scusate ma a me ha anche rotto abbastanza il cazzo sta storia dei tre gusti di gelato per la giornata della donna. "in francia mettono il diritto all'aborto in costituzione e noi invece tre gusti di gelato per la giornata della donna, wow femminismo" e giustamente ce la prendiamo non con il governo ma con una gelateria a caso di genova che ha avuto la malsana idea di fare qualcosa per la giornata della donna, scusate devo prendermi una pausa per quanto siete intelligenti e per quanto è profondo il vostro commento politico sociale. andrò a prendere a ceffoni il titolare del ristorante sotto casa che offriva il dolce alle donne per l'8 marzo così potrò raggiungere le vette del vostro attivismo politico e considerarmi finalmente femminista
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yellowinter · 6 months
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quando cresci in una famiglia disfunzionale non ti rendi conto che è così, quello che per te è normale potrebbe non esserlo, impari che è abitudine fare o dire o provare determinate cose e spesso proprio non te ne accorgi, quando cresci senza amore poi passerai la vita a rincorrerlo, quando tutto è instabile non desideri altro che una pausa, un attimo, un respiro, mi sdraio. qua. è stata una doccia ghiacciata, fa male ma forse ne avevo bisogno. sto stringendo talmente forte i pugni che finirò per sgretolarmi. non penso, non posso permettermelo. sono di nuovo sola e fa fottutamente male, questa volta molto di più, ma questa volta voglio imparare a starci da sola. con tutti i casini che porto, non ho più fiducia nelle persone. questa volta forse voglio stare sola, voglio tutti cazzo lontano da me. ho deciso di andarmene di casa, mi creo la mia realtà, ci credo così tanto che già sta diventando possibile. non voglio correre, girerò su me stessa in continuazione tanto da avere i capogiri, voglio mettere tutto in discussione, cambiare le sensazioni, essere padrona delle mie scelte e non avere paura di sbagliare, vedere di più e percepire ciò che conta davvero nel mondo. voglio fare tante cose belle e sentirmi parte della melodia. adoro i silenzi. i pensieri sono potenti. e sì cazzo, ci credo nel cambiamento... è inevitabile.
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morganadiavalon · 9 months
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Pausa pranzo.
Esco dal negozio e giro l'angolo per andare al bar a prendere qualcosa da mangiare.
Una ragazza in macchina suona forsennatamente il clacson sperando di attirare l'attenzione dell'ignota persona che ha parcheggiato la sua Tesla letteralmente in mezzo al cazzo.
Lei esce da un cortile di un palazzo che ha l'accesso carrabile sul marciapiede e la macchina le impedisce di uscire.
Per procedere verso il bar, devo circumnavigare la macchina, quindi ne posso osservare la posizione da tutte le angolazioni e mi rendo conto che spostando di poco uno dei tavolini del bar e facendo qualche manovra, la macchina della ragazza dovrebbe riuscire a passare.
Segue il mio dialogo con lei, dopo essermi avvicinata al suo finestrino:
- Ehi, se ti va ti aiuto a fare manovra, ho visto che se ti sposto appena quel tavolino lì, dovresti riuscire a passare, ti faccio i segni io!
- No guarda, mi deve spostare quella Tesla di merda perché sennò tra un minuto gliela accartoccio
- Eh sì, è una testa di cazzo, però dai, ti do una mano così almeno tu sei libera
- No è una questione di principio.
E si rimette a suonare il clacson ripetutamente.
Io mi allontano, ma alla fine scelgo un altro bar perché di stare a sentire il suo clacson a tempo indeterminato, anche no.
Ora, da questo aneddoto si potrebbero trarre seicento conclusioni e immagino che ciascuno di voi, nel leggerlo, abbia tratto la propria.
A me ha fatto riflettere su quante volte preferisco litigare e sfogare la rabbia, piuttosto che trovare una soluzione.
Con questo non voglio difendere chi ha parcheggiato lì quella Tesla, lungi da me, anche perché forse ci sarebbe da fare una riflessione intorno al fatto che era proprio una Tesla (per quanto la tipa usciva con un suv da un palazzo in via Buonarroti, quindi no, la questione di classe la lascerei fuori, è proprio questione di teste di cazzo), ma il punto è che lei aveva una possibilità di evitare quel problema e andarsene via tranquilla, e invece voleva litigare.
Al limite poteva chiamare le forze dell'ordine per segnalare il parcheggio improprio davanti al passo carrabile, ma no, lei voleva litigare.
E niente, per un istante ho pensato "mamma mia, ma la gente è sempre arrabbiata" e poi mi sono resa conto che la gente sono anche io e che ci vuole uno sforzo incredibile per fare sì che questo mondo non ci renda cattivi.
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aurozmp · 1 year
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in questo periodo non può andare nulla storto. il lavoro sta andando bene, ho le mie soddisfazioni, ho un’amica che mi ama, ho riallacciato i rapporti con persone che pensavo avessi perso per sempre, ho dei progetti, dei sogni e delle ambizioni. sto facendo sport, mi sto migliorando per quello che posso, vado dal parrucchiere regolarmente e mi prendo cura di me. cerco di mangiare in modo regolare, evito di saltare i pasti e cerco di non mettere delle cose da fare durante le ore di pausa a lavoro. mi concedo i miei caffè, le mie sigarette e qualche drink ma senza esagerare. non ho più voglia di bere come prima, o meglio, ce l’ho ma non mi fa soffocare. i miei genitori non fanno più i segni con l’indelebile alle bottiglie di alcol in dispensa, non annusano i bicchieri nella lavastoviglie e non mi fanno fare più pipì in quei cosi odiosi per fare i test. sto bene. sto bene? io credo di stare bene? eppure c’è qualcosa, anche se insignificante, che mi dice di mollare, che mi dice che non ne vale la pena, che stavo meglio quando tornavo a casa ubriaca o quando mangiavo un pacco di biscotti dopo una settimana che non toccavo cibo per poi vomitarlo per i sensi di colpa. io mi ricordo di te Denise, quando andavamo all’U2 anziché andare a scuola e prendevamo la vodka da 4€ perché entrambe non potevamo permetterci qualcosa di meglio. bevevo ogni giorno, ormai tutto era una scusa per bere, tutto era diventato un pretesto per dire “ma se andiamo lì portiamo da bere?” e quando la risposta era un “no” secco, inevitabilmente dalla mia bocca usciva una falsissima frase che diceva “non me la sento oggi di uscire, facciamo un’altra volta, promesso”. la psichiatra mi ha sempre detto che tutto questo era dovuto alla mia bassa considerazione di me stessa, che non mi vedevo mai abbastanza per essere normale, per essere come tutte le altre persone della mia età. ricordo una sera, ero a letto e stavo al telefono quando all’improvviso ho sentito un vuoto. ho percepito una sensazione simile al cadere dalle scale, al petto che si staccava dal mio corpo e alla testa che nella sua leggerezza era diventata un macigno così pesante da doverla prendere tra le mani per reggerla. mia sorella si precipitò subito a letto e chiamò i miei genitori, poi vuoto più totale. mi ricordo solo mio padre in ambulanza che piangeva mentre parlava al telefono con la mamma, ho fatto dannare così tanto i miei genitori che ora non riesco a guardarli negli occhi senza provare vergogna. quindi ora io mi chiedo: sto bene? che risposta dovrei darmi? come faccio a sapere come sto? mi sembra solo di andare avanti per convenienza, di far finta che tutto quello che sia successo non sia vero, non ho metabolizzato ancora le sgridate di mia madre quando tornavo a momenti senza sensi o come mio padre non mi rivolgeva neanche la parola da quanta vergogna provava nei miei confronti. io devo accettare ciò che ho fatto ma non posso, perché so che quella parte di me non è morta e si può risvegliare da un momento all’altro. sono arrivata alla conclusione che dico di star bene per convincere me stessa di star dicendo la cosa giusta. se sei arrivato/a a leggere fin qui ti meriti un bacino e un abbraccio.
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ross-nekochan · 8 months
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9-10 Settembre 2023
Ho scalato il monte Fuji.
C'era chi ce lo ha raccontato come niente di che e normale e chi con strazio e difficoltà.
Beh, i primi hanno chiaramente mentito.
Non ho mai scalato una montagna, sono solo andata sul Vesuvio e un'altra volta sono stata sul monte Takao qui in Giappone, ma non sapevo chiaramente cosa aspettarmi dallo scalare una montagna. Ero in parte preoccupata e in parte pronta perché mi aspettavo una passeggiata terribile di ben 8 ore, ma comunque una passeggiata. E invece non è stato niente di tutto questo.
Il monte Fuji è alto quasi 3800 metri e le stazioni totali per raggiungere la cima sono 9. Il bus ti lascia alla quinta stazione e da quel momento in poi inizia la vera scalata. La sesta stazione era abbastanza vicina e per raggiungerla si è trattato di una passeggiata in pendenza. Il bello è arrivato dopo.
Infatti dalla sesta in poi le stazioni sono divise da 1h o 1h30min di scalata, non passeggiata. Più si sale e più quello che ti trovi sotto i piedi sono rocce, non terreno. Rocce ovviamente enormi quindi devi capire dove mettere i piedi e le mani per poter andare avanti, essere coordinato e stare attento. Alla settima stazione io e un mio amico italiano abbiamo lasciato la coppia indiana indietro perché oggettivamente molto lenta e affaticata. Il progetto era di arrivare in cima per vedere l'alba che era intorno alle 5:00 del mattino e alle 22:00 eravamo già a metà strada. Così abbiamo deciso di prenderci una pausa di un'oretta.
Peccato che la montagna giapponese non è come quella italiana. Non esistono baite, ma solo luoghi per sostare a dormire (e che noi abbiamo deciso di non fare per risparmiare) e qualche sorta di chiosco con lo sportello per poter mangiare qualcosa. I prezzi al limite della denuncia: un caffè sporco o qualsiasi altra bevanda 4€ e un ramen istantaneo che in un supermercato normale costerebbe tra 1-2€ lì ne costava 8€. Per non parlare dei bagni: in Giappone i bagni non si pagano mai eppure lì 2€. L'ho trovato un comportamento schifoso e approfittatore a livelli estremi.
Quindi io e il mio amico abbiamo aspettato circa 1h al freddo con la sola fortuna di esserci messi in un angolino dell'entrata dei bagni dove il vento arrivava meno forte. A un certo punto, abbiamo cominciato a tremare con foglie e siamo stati costretti a continuare.
L'ottava stazione non era migliore. C'era una sorta di piazzale e i luoghi per ripararsi almeno un pizzico dal vento, che si faceva sempre più forte e freddo, erano quasi nulli. Lì mi sono lasciata tentare da un caffè latte caldo che mi ha aiutata un pochino a scaldarmi.
L'ultimo pezzo è stato quello più duro. Le rocce erano leggermente meno ma il sentiero era più stretto, il vento era fortissimo ma gelato e non smetteva nemmeno un secondo. Sapevo che sarebbe stato molto freddo, ma quando sei a 30°C non riesci a immaginare quanto freddo possa essere stare sotto lo zero. Non sentivo più nessuna parte del mio corpo, avevo addosso 2 maglie, un maglione, 2 felpe pesanti e non erano abbastanza nonostante mi stessi muovendo scalando, anche perché ci si fermava ogni minuto perché le persone continuavano a farsi foto ricordo bloccando la fila. Dato il poco ossigeno si faceva sempre più fatica, la testa faceva male anche perché era esausta e io ogni volta che ci fermavo mi appoggiavo la testa al braccio del mio amico pregando che finisse tutto il prima possibile. Continuavo solo perché non avevo altra scelta, non potevo rimanere lì in mezzo alle rocce quando già morivo di freddo muovendomi.
Quando siamo arrivati in cima non ci potevamo credere. Ci siamo messi un attimo dentro un edificio che vendeva souvenir per riprendere un po' di calore. L'alba stava già iniziando quindi siamo usciti fuori e di nuovo ci siamo messi a tremare perché il vento continuava a soffiare freddo e forte.
Siamo riusciti a vedere il sole che, al contrario di quanto ho visto spesso, invece di scendere, saliva minuto dopo minuto. Di nuovo faceva talmente freddo che cominciare a scendere era impossibile. Ci siamo riuniti con la coppia indiana e ci siamo rintanati prima in un angolo nel negozio di souvenir (che poi ci ha cacciato) e poi siamo stati nel ristorante a porte aperte dove abbiamo preso giusto dei caffè latte per poter restare finché ci sarebbe stato meno freddo.
La discesa non è stata meno complicata. Non era la stessa strada e non c'erano rocce ma era un percorso sdrucciolevole dove era difficile non scivolare e in continua pendenza. Era un percorso che durava la metà del tempo ma sembrava comunque infinito. Il sole ha cominciato a battere forte e mi sono anche bruciata la faccia nonostante il berretto. Le ginocchia mi hanno fatto male tutto il tempo e i piedi non stavano meglio. Quando finalmente siamo arrivati a destinazione io e il mio amico italiano non ci potevamo credere (la coppia indiana era rimasta di nuovo indietro).
Nel complesso è stata un'esperienza tremenda, che non penso rifarò mai più. È stato bellissimo vedere il cielo pulito e pieno di stelle, non l'avevo mai visto così. Come non avevo mai visto un paesaggio notturno da così in alto, ad un'altezza tale che la luna pareva starmi di fronte. Stare sopra le nuvole e poter vedere mezza regione del Kantō è stato bellissimo... ma nonostante tutto questo, la fatica messa non vale tutto quello che ho visto.
Quello che rimane è la soddisfazione di avercela fatta, di aver sfidato te stesso, il tuo corpo e il monte più alto di tutto il Giappone e di aver vinto. Per il resto: mai più.
一昨年と昨日は富士山を登りました。
ほぼ半ばの関東の夜景色も中日景色、そしてご来光を見れるなんてとても嬉しかったんたげど、非常に辛くて、二度としない経験だと思う。
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tulipanico · 6 months
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Piccola pausa dalle foto per breve aggiornamento:
Giulia, una mia collega a lavoro, è molto gentile con me, non ho motivo per dire che qualcuno non lo sia, io invece sento una forte difficoltà ad integrarmi a questo gruppo di donne tutte più grandi di me. Con i bambini va molto bene invece, non posso fare a meno di amare ogni paio di occhietti brillanti. Forse, mi devo solo fare tempo.
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Mi piace prendermi cura di te
quando non siamo vicini.
Quando smetti di credere alla bellezza
ed hai bisogno di una carezza
che ti tolga la polvere dagli occhi.
Voglio essere l’abbraccio di cui hai bisogno
quando vuoi che nessuno più tocchi.
Lo specchio che ti mostra
la poesia che sembri aver dimenticato.
E il miracolo che sei.
In quei giorni in cui non ti senti più al sicuro
che il passato torna a farsi vivo
e non c’è più traccia del futuro.
Mi piace prendermi cura di te
quando non ci sei.
La mancanza fa miracoli.
Bisogna saperla usare.
Con attenzione e cura.
Bisogna saperla coccolare.
Rinuncio a qualche sigaretta
Magari accorcio un po’ la pausa pranzo.
Cerco qualche scorciatoia
e chiedo al navigatore
di fare un piccolo miracolo.
Per rientrare prima di te.
Le sorprese accendono lo vita.
E privano di forza la tristezza.
Dell’albero dei sogni sono il frutto.
Certo non è sempre facile, ma volendo si fa.
Volendo si fa tutto.
Mi piace prendermi cura di te
qualunque sia il motivo.
Quando la rabbia ti distrugge
e pensi sia finita
ma sei una donna
e porti in grembo ogni istante, il senso della vita.
Quando pensi di non essere abbastanza
ma sei una donna
e per questo
riesci sempre a dare un senso alla speranza.
Quando non sai più dove andare.
Quando non credi in ciò che dici.
E pensi che chiedere aiuto
sia una debolezza.
Invece credimi, non è così.
Ogni volta che lo fai, metti radici.
Mi piace prendermi cura di te.
Quando ti chiamo e ti dico che mi manchi.
Che siamo io e te
che ce la giochiamo tutta
questa scommessa di tenerci stretti
e provarci ogni giorno
a non mollare.
Perché ho pazienza e calma
per tutto ciò che prima o poi
dovrà arrivare.
Perché non ho paura se sei vicino a me
di tutto ciò che insieme a te dovrò affrontare.
Perché ho pazienza e calma
per tutto ciò che prima o poi
dovrà arrivare.
Ma se si tratta della tua felicità
allora no
non ho nessuna voglia di aspettare.
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Andrew Faber
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kyda · 7 months
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ho deciso che proverò a frequentare il corso di ucraino A1 che parte a metà novembre ma tipo il prof mette le lezioni di russo e di ucraino una dopo l'altra, nello stesso giorno, senza neanche una pausa di un'ora ma come penso che farò lo switch con il cervello? soprattutto se nella stessa giornata ho altre lezioni in inglese, boh lo scopriremo fra qualche settimana se è una cosa che posso fare mentre resto anche sana di mente
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fuoridalcloro · 3 months
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“Lloyd, la stanchezza mi sta facendo fare errori stupidi” “Come quello di non riposarsi, sir?” “Lloyd, chi si ferma è perduto…” “In realtà è perduto chi vaga senza sosta né direzione, sir” “Una pausa per riguardare la mappa, Lloyd?” “E per rivedere le proprie priorità, sir” “Saggio come sempre, Lloyd” “Grazie mille, sir"
Simone Tempia - Vita con Lloyd
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apettaa · 27 days
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C'è una pila di piatti nel lavello che continua a crescere da tre giorni senza che nessuno la lavi, vuoi perché lui ha iniziato a lavorare ed è stanco, vuoi che io ho il doppio turno pranzo/cena e ho passato l'ultima pausa a dormire, vuoi che siamo semplicemente pigri. Fatto sta che stamattina mi sono detta di svegliarmi un po' prima in modo da lavare tutto, ma non ho messo una sveglia appositamente perché "tanto mi sveglio da sola prima". Invece mi sono svegliata con la mia sveglia per andare a lavoro, stravolta che non capivo nemmeno dove fossi e l'ho anche posticipata tre volte dovendo poi fare tutto di corsa. Ovviamente i piatti sono ancora lì e dovrò lavarli di corsa a fine turno in modo da potermi poi fare il pranzo
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