Tumgik
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Cose da non chiedere/dire mai a chi soffre di tricotillomania:
Perché non smetti?
Che schifo!
Sei un mostro!
Guarda che se continuerai così, diventerai pelato/a!
Non vuoi avere i capelli lunghi?
Non puoi fare dell'altro al posto di strapparti i peli?
É tutta colpa tua!
Sei stupido/a!
Ma perché prima avevi i capelli lunghi e ora no?
Quando é stata l'ultima volta che sei andata/o dal parrucchiere?
Cosa puoi fare invece:
Abbracciarla e dirle che tu ci sarai comunque vada.
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Domani
Ogni volta che mi strappo i capelli mi dico "domani andrà diversamente". Me lo ripeto quasi come se fosse una preghiera. Mi dico "domani ricresceranno tutti". É quasi una rassicurazione, un conforto al mio dolore temporaneo causato dalla ciocca che tengo in pugno. Forse ci credo davvero. Forse penso davvero che domani sarà un altro giorno, che a partire da quel famoso domani, io non mi strapperò più i capelli, che non sarò più calva dietro le orecchie, che non avrò più bisogno di una psicologa, che non sarò più malata. La verità é che questo domani assomiglia più ad un miracolo. E si sa, i miracoli avvengono una volta nella vita. Però se ci rifletto più a fondo, il mio "domani" mi ha sempre aiutata a vivere il mio oggi. Dopo aver strappato metà dei miei capelli in testa in preda ad una furia emotiva, mi rifugio nel mio "domani". Mi rifugio in quel piccolo miracolo, in quella bolla magica e perfetta in cui io ho ancora i capelli, in cui provo ancora speranza per il futuro. Per un istante, il mio domani sembra quasi credibile. Non più un miracolo.
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Vergogna
Mi strappo i capelli. Lo faccio da ormai sei anni. Qesta é la prima volta che lo scrivo, che lo ammetto. Soffro di tricotillomania da ormai cinque anni e mezzo, eppure faccio ancora fatica ad accettare questa triste verità. Mi si arrossano le guance, mi lacrimano gli occhi, si stringono le mani. Mi vergogno, mi arrabbio, piango. É quasi come se non fossi io a sceglierlo, come se fosse un evento esterno deciso dal Caso e questa fosse la mia reazione. Ma sono io l'evento, la persona che ha scelto di strapparsi i capelli. Sono io il mostro. Sembrerà strano, ma la parte più difficile del percorso di una persona che soffre di tricotillomania non é far ricrescere i capelli (cioè, sì, anche quello), ma fare i conti con la propria vergogna. Personalmente, la vergogna che provo a causa di questo disturbo rappresenta uno dei più grandi ostacoli nel mio processo di guarigione. Perché é difficile spiegare alle persone che ti strappi i capelli, tu che sei una ragazza giovane e che dovresti curarti fin nei minimi dettagli, é difficile spiegare che é più complesso del "smetti di strapparteli", é difficile spiegare che non puoi andare in bicicletta, che non puoi andare in piscina o in palestra perché ti dovresti bagnare i capelli. Tutto ciò perché si prova vergogna. Perché le persone comincerebbero a fissarti, a farti domande, a farti sentire a disagio. So cosa state pensando. Ma se ti strappi i capelli, allora dovresti accettare anche le conseguenze, quindi anche le situazioni scomode e la vergogna. La tricotillomania é una dipendenza, questo l'ho capito due anni e mezzo fa. É difficile uscirne, forse impossibile. Vorrei che quest'affermazione non fosse vera perché in futuro vorrei avere una vita non caratterizzata da rinunce e vergogna. Ma fino ad ora, la vergogna é stata una costante. Una costante dopo che mi strappavo i capelli in preda ad una furia sconosciuta, una costante dopo che li gettavo nel water e li scaricavo con lo sciacquone, una costante dopo che i miei genitori hanno scoperto il mio segreto, una costante dopo che i miei compagni mi chiedevano come mai portassi sempre la coda o avessi i capelli sfibrati e radi. La vergogna è diventata parte di me. E nonostante io l'abbia conosciuta per la prima volta ormai sei anni fa, io faccio ancora fatica ad accettarla. Faccio ancora fatica a dire "mi strappo i capelli". Perché sarebbe troppo personale, troppo esposto, causerebbe troppa...vergogna.
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"Perché hai smesso di andare dal parrucchiere?"
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Femminilità
Dicono che la femminilità sia un dono, qualcosa con cui già nasci, dicono che la femminilità sia un diritto da meritarsi e conquistare. Partendo razionalmente, mi é sempre sembrato opportuno distinguere l'essere donna dall'essere femminili perché é ovvio che se fosse così, nessun uomo o transgender donna sarebbe femminile, e di conseguenza, nessuna donna avrebbe difficoltà a definirsi femminile. Eppure, forse é la società di oggi che ha voluto complicare un concetto così bello e tuttavia molto controverso. Fin da piccola mi é stato insegnato che femminilità significa essere aggraziate, educate, rispettose, silenziose, graziose. Non ho mai messo in discussione la mia femminilità fino all'età dell'adolescenza. Non mi vedevo aggraziata, leggera, delicata né tantomeno graziosa. Mi ripetevo che forse un giorno sarei diventata bella anche io. Perché in fondo, nell'immaginario comune, essere femminili significa essere belli, sentirsi belli. Ed io non mi sentivo bella. Non mi sono mai sentita bella in realtà, neanche quando durante l'estate della seconda liceo seguii una dieta e riuscii a perdere otto chili. Mi vedevo brutta, sconclusionata, disordinata. Il caos della mia mente si rifletteva nella mia vita. Ma la femminilità è un concetto opposto al disordine e al caos. Femminilità é sicurezza, controllo di sé. In terza liceo ho perso del tutto il controllo sulla mia vita. La tricotillomania, disturbo ossessivo compulsivo di cui ho sofferto a partire dalla terza media, mi aveva rovinato la vita. Mi strappavo i capelli. Li afferravo alla nuca e li tiravo, li allontanavo da me. Cumuli di capelli venivano accantonati a fianco del divano o del letto e parallelamente, si formavano buchi sulla mia testa. Perché i capelli finiscono prima o poi. Questo non lo sapevo finché una sera di ottobre, dopo un allenamento intensivo, madida di sudore, mi osservai allo specchio e notai che le ciocche non erano più lunghe. Non si poteva più coprire nulla con i capelli sciolti perché di fatto, non c'erano più i capelli. Costretta a stringere quel pugno di ciocchette insensate in una coda di scarse dimensioni, persi completamente la mia femminilità. Se prima la mettevo in dubbio, ora ero sicura di non possederla affatto. Ero paranoica: avevo paura che tutti mi potessero giudicare in base alla mia mancanza di capelli, dalla vicina di casa che vedevo a malapena, ai miei pochi amici. Ho perso tanti amici a causa della tricotillomania. Per un certo periodo non ho fatto altro che studiare, pensare di voler morire e piangere. Non mi capacitavo come potessi io essermi strappata metà capelli dalla mia testa. Non riuscivo a capire come avessi potuto toccare il fondo senza accorgermi ogni giorno del pericolo imminente. Dopo qualche mese riuscii a mettere delle extensions e a tornare a portare i capelli sciolti. Avevo tagliato i capelli rimanenti per portarli più corti e soprattutto sciolti. Per tutta l'estate mi sentii sollevata. Però le extensions durano quattro mesi. Quando le tolsi e tornai a scuola, nel giro di una settimana e mezzo tornai al punto di partenza. Volevo morire e piangermi addosso ancora una volta. Avevo perso la mia femminilità di nuovo. É passato un anno da quando é successo. Ora indosso una parrucca: non era più possibile applicare delle extensions a causa della scarsa lunghezza dei capelli sullo scalpo. Ho tagliato ancora i capelli per poter indossare la parrucca. Sebbene fuori di casa abbia una chioma bellissima e lucentissima, in casa ce l'ho ho corta e rovinata. Sembro quasi malata. Non mi piaccio quando mi guardo davanti allo specchio. Però non mi sono mai piaciuta alla fine. Un giorno lo farò, forse. E magari mi sentirò anche femminile. Perché alla fine, la femminilità é una conquista.
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