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#verbo dovere
kyda · 4 months
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sono stanca di studiare liste di verbi e reggenze 😓 sui libri di russo devo sempre sudare e disperarmi e comunque cercare di parlarlo dopo tutti questi anni è come dover fare costantemente più calcoli matematici a mente e contemporaneamente e mi sento una scema e ora sono triste e anche incapace e triste e incapace e molto triste perché mi sono scelta una lingua bella ma brutta e difficile e penso a come si dice che è colpa mia, con quale verbo e con quale caso, e non mi viene né l'uno né l'altro 😞😞😞😞
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Michel Le Maire
L’ORDINE INGIUSTO
Guida al sovvertimento dell’oligarchia globale
Edificato attorno all’unipolarismo americano, l’attuale Occidente è dominato da un “ordine ingiusto” fondato sul consumo compulsivo e sulla totale assenza di riferimenti verticali. Questa “cloaca maxima” – che ha sussunto le identità nel verbo apolide del mercato – opera il sistematico sradicamento di ogni orizzonte di senso: la persona si abbassa ad “individuo astratto”, la famiglia retrocede ad “unione fluida”, la Nazione si riduce ad “espressione geografica”, lo Stato si fa “governance tecnica” e la realtà cede il passo virtualità “social”. Spogliato delle sovranità e orfano delle Comunità, questo sistema è plasmato da una narrazione isterica e atomizzante – frutto dell’abbraccio mortale tra le utopie del marxismo culturale e i meccanismi della società liberale – che trova spazio nel quotidiano delirio del progressismo cosmopolita: la chimera della “società aperta”, la violenza del multiculturalismo, il livore femminista, la decostruzione “gender” e la martellante dittatura rivendicativa delle presunte minoranze a caccia di nuovi “diritti”. Un vuoto teorico dagli effetti devastanti, il cui trionfo – però – è tutt’altro che definitivo.
Storia, filosofia, economia, politica, attualità e cultura: questo pamphlet – coraggioso e per nulla fatalista – intende denunciare senza mezzi termini le perversioni e le idiozie di questa distopia del brutto, del basso e del vile, senza abbandonarsi alla rassegnazione del “tutto è perduto”. Perché dinanzi alla tirannia del deforme e dell’informe, alle anime libere spetta il dovere del riscatto. Queste pagine, allora, vogliono suscitare la fierezza e la speranza: per la decisiva riaffermazione della Civiltà europea, senza indugi e senza pentimenti.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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E quindi si, non so come ma sono a Vienna. A dir la verità sono qua da ben due mesi, giorno più giorno meno. Ma il tutto è stato talmente programmato male (si può parlare di programmare anche quando non c'è stata traccia di un programma?) e traumatico che ancora non me ne rendo conto. Sono finita qua come risultato del mio esaurito nervoso slash depressione dell'anno scorso. Ero( sono) talemnte confusa che ho ben pensato di dover prendermi una pausa dal mio amato Innsbruck per almeno un anno stravolgendo totalmente la mia vita togliendomi ogni tipo di sicurezza e soprattutto punto di riferimento. Quindi sono andata a vivere in un posto in culo al mondo, per i miei canoni lontanissimo da casa mia e per lo più totalmente diverso da quello che ho visto in 26 anni. Questa volta però me lo sono giurata. È l'ultima volta che mi impongo di fare cose che non voglio fare solo per combattere il mio senso di inferiorità e per dimostrare che no, io non sono sfigata ma sono forte e brava e faccio tutto quello che voglio fare,senza paure. Ecco, tutta sta marea di cazzate, io mi auguro questa sia l'ultima volta. Comunque c'è poco da dire. Sono qua. 
La città mi fa cagare. Non ho mai vissuto in un posto così enorme e con milioni di persone. La sensazione quotidiana è :soffoco. Per non parlare del fatto che mi sento in esilio. Ecco allora d'ora in poi quest'anno lo chiameremo l'anno dell'esilio volontario. Non ho il potere di scegliere quando andarmene fuori dai coglioni e tornare a casa. Che poi, casa. Come se casa mia fosse un posto sano dove stare. Ma ho imparato in questi due mesi che il mio andare a casa 5 volte all'anno era il mio "fuggire" da Innsbruck dal tedesco, dall'Austria, da tutto. E ora non lo ho più. Ed è una merda.  Comunque back to la cosa di Vienna. Vienna. Un ammasso di infiniti edifici ovunque. Gente ovunque. Macchine ovunque. Bus ovunque. Assurdo. Esci la sera per passeggiare 5 minuti dopo lavoro e c'è *sempre* ma dico *sempre* qualcuno. Asfissiante, soffocante. Non so come cazzo ve lo devo spiegare. Sono venuta qua anche e forse soprattutto perché mi sono (stupidamente,ma aimé sono ancora giovine) lasciata influenzare da gente che alla fine si è rivelata diversa da me. E ci sta. Ma io dovrei finalmente capire minimamente che cazzo voglio dalla vita in modo da non vivere come una banderuola in balia di opinioni altrui. Vabbè, questa la ho imparata. 
Dove eravamo. Ah sì, giusto. Lavoro. Una delle mie migliaia di paure. A Gennaio ho finito definitivamente tutti i miei studi e vabbè, sappiamo tutti cosa è successo i mesi prima. Ignoravo gli effetti che un cambiamento simile potesse avere su di me. Comunque di nuovo, lavoro. Che alla fine era la mia priorità qui a Vienna. Che sia qua o la, Vienna o Innsbruck o che cazzo ne so io dove, alla fine devo lavorare. Ho già parlato miliardi di volte di quanto si scioccante per me che da ora in poi per i prossimi 40 anni (se va bene) non avrò più controllo sulla mia vita ma che *dovrò* ( e già il verbo dovere a me fa stare male) lavorare e rispettare delle regole imposte da qualcun altro. Quindi il discorso vedremo di affrontarlo il meno possibile che ne ho un po' piene le palle. Comunque, di nuovo, lavoro. Eh sì, ho fatto l'unica cosa che una come me poteva fare. Insegnante di tedesco per i rifugiati. Era l'unica cosa che mi immaginassi di poter fare in qualche modo. A dire la verità io non mi vedo come niente, ma a quanto pare qualcuno ha detto che dobbiamo lavorare e quindi si stronzi, andrò a culturizzare tutti quelli che voi non volete capre ignoranti per farveli trovare come vicini di casa, speriamo un giorno non troppo lontano. Il vostro incubo di uno stato senza più chiese e pandori si avvererà anche grazie a me. Ah ops, qui non mangiamo pandori. Vabbè. Senza chiese e Schnitzel e Strudel ok?? Il concetto rende ugualmente. Comunque il mio lavoro contribuisce notevolmente alla mia sensazione di estraneazione, se il vocabolo esiste. Si perché che cazzo ci faccio io qui, a insegnare loro una lingua che non è manco mia? Ma qualcuno ha detto che andavo bene e quindi boh, sono qua. E qualcuno ha detto anche che dovrei lavorare e quindi boh, Hallo, ich bin hier. A dire la verità non mi trovo neanche troppo male, con gli alunni,intendo. Con i colleghi come sempre un disastro. Non parlo, non interagisco. A dire la verità in due settimane ho avuto qualche accenno di interazioni. Allora diciamo che se il lavoro precedente già dalla prima settimana era circa meno 20 qua siamo a più due. 
Che poi, in realtà se non avessi ansia a parlare con la gente sarei anche abbastanza bravina. Ovviamente a volte dicono delle cazzate, d'altronde non è la mia madrelingua. Del tipo che sbaglio articoli. E allora mi prende l'ansia che uno di loro mi dica "ma come, non era das?" E la credo che morirei. E poi mi viene pure l'ansia perché penso e se per il accento di merda poi non capiscono quando li parlano per strada? E se non si integrano perché insegno di merda? E allora poi non dormo più, di nuovo. Eh niente, una vita in pena.
Che poi si, avete capito bene, ho iniziato da due settimane ma ho già le paturnie. Pazienza non è mai stato il mio forte. Ci sarebbero altre migliaia di cose da dire ma lentamente non ho più sbatti di scrivere.
Che altro dire. Antidepressivi ho smesso già a dicembre, il sonno rimane un gran problema. Ho ridotto le dosi, ma di smettere totalmente non mi va. Dormo male con la dose minima, figurati senza. Il fatto è che so che non posso prendere sonniferi per sempre e pure questo mi dà ansia. Come mi dà stra ansia di non poter tornare a casa quando cazzo voglio.
Comunque boh, chissà che cazzo mi aspetta. Sono davvero curiosa perché alla fine io in un modo o nell'altro ce la ho sempre fatta, bisogna solo vedere se questa volta ce la faccio senza rifinire in psichiatria o no. Io ci provo ad essere positiva ma ho tante di quelle ansie e gli ultimi mesi mi hanno totalmente traumatizzata.
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kon-igi · 2 years
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Ciao dok, mi spiace di non averti mai scritto prima e spero che lo sconforto dato dal dover precisare l'ovvio non ti faccia passare la voglia e il coinvolgimento con cui rispondi agli ask o scrivi di quel che succede nel mondo. Ho avuto per un attimo la stessa sensazione di quando in "tarda età", ma per fortuna non troppo tardi, ho capito di non aver detto abbastanza ai miei genitori quanto gli volessi bene. Sei stato più volte, per me e credo per molti altri lettori "silenti", una luce in momenti di profondo buio personale. Grazie di cuore per quello che fai.
Non sono quelle le cose che mi fanno passare la voglia di scrivere - semmai mi infastidisco perché credo che per essere più chiaro di così dovrei passare alle pitture rupestri - ma d'altro canto sono queste le cose che mi fanno continuare a scrivere.
Non i tuoi complimenti (di cui peraltro ti ringrazio di cuore) ma il fatto di avere uno scopo.
E non intendo un progetto celestiale in cui io raduno i miei seguaci per qualche nobile causa ma nel senso etimologico del verbo σκέπτομαι (skeptomai) inteso come guardare verso, scrutare... stiamo tutti quanti andando assieme nella stessa direzione, solo che molti non guardano.
Non è che io abbia chissà quale capacità predittiva od organizzativa e nemmeno mi sentirei a mio agio a ricoprire un ruolo di... di... mentore? Saggio della montagna? Stregone bianco col cavallo antigravità?
Però una cosa mi è sempre stata 'insegnata' fin da piccolo, una cosa che mi ha creato non pochi problemi, almeno finché non ho capito che era tutt'altro che una maledizione...
Sento sempre quello che provano le persone, anche se fanno di tutto per dissimulare o mostrarsi all'opposto.
Quando ero bambino si trattava di una cosa terribile perché soffrivo della dissonanza emotiva che i comportamenti contraddittori degli adulti mi scatenavano ma col passare degli anni ho compreso che la maturità anagrafica era una cosa che la maggior parte delle volte non andava di pari passo con la maturità emotiva.
La comprensione la ebbi a 11 anni, quando dopo una brutta storia di 'rivalità' tra bambini del quartiere, in modo più o meno indiretto (giuro) feci cadere il bullo testa di cazzo dalla cime di un albero e questo si ruppe entrambi i polsi. Potevo fregarmene e lasciare che se la strigassero gli adulti ma io invece andai a casa della madre per sapere come stava suo figlio e chiedere scusa.
Ricordo questa casa fredda, con pochi mobili, e la madre che sedeva da sola in cucina con lo sguardo perso... non era arrabbiata con me ma era come vedere una ragazzina abbandonata dalla famiglia nel corpo di un'adulta.
Percepii proprio la solitudine e stetti male per lei e insieme a lei.
Io chiesi comunque scusa e a distanza di quarant'anni posso ricordare le sue parole, così come sento ancora la colla della cornice del tavolo che grattavo con le unghie per l'imbarazzo...
'Sei un bambino ma ragioni proprio come un adulto'.
E io non capivo cosa volesse dire perché un adulto non avrebbe mai fatto cadere un bambino da un albero... non si sarebbe mai nemmeno fatto trascinare in una guerra a sassate per il predominio di 20 metri di strada sudicia!
Più tardi seppi il perché di quella sensazione che io avevo provato in modo quasi fisico... pochi mesi prima il padre di quello che vedevo solo come un bullo sadico si era impiccato al lampadario del salotto ed era stato trovato dalla madre che rientrava a casa col figlio da scuola.
Allora unii ciò che avevo sentito con quello che avevo saputo e da quel momento non ho più smesso.
Io, purtroppo, dietro la sicurezza, la caparbietà, il pavoneggiarsi, la rigidità, il bell'apparire, l'aggressività, la sbuffonaggine, la prorompenza seduttiva, io dietro a tutti questi atteggiamenti vedo sempre cosa vi manca e cosa state cercando.
Vedo l'esatto momento in cui avreste avuto bisogno di un abbraccio, di una parola di conforto, di uno sguardo fiero, di un cenno di orgoglio da chi nemmeno percepiva la vostra richiesta di validazione e di amore.
E non è una bella sensazione.
Questo è il motivo per cui non posso pensare di avere uno 'scopo' che riguardi solo il punto di arrivo in cui fissare il mio sguardo.
Quel padre che non sapeva se riconoscere il proprio figlio, quella donna che si è ammalata di tumore, quella ragazza con una sorella psichiatrica, quella figlia che voleva solo l'amore del padre violento, quella che non potrà più averlo perché il padre si è suicidato, la giovane mamma spaventata, l’uomo rimasto solo e quello a cui la malattia sta portando via tutto, la studentessa dubbiosa sulle sue scelte, la vittima di violenza, chi è stato abbandonato, licenziato, preso in giro, tradito e marginalizzato... 
Col cazzo che vado avanti se non state camminando con me. 
E in quest’ultima frase è racchiusa la forza della mia inconcludenza, spesso vana e ancora più spesso dolorosa ma è così che sento il mondo e farei un torto per primo a me stesso se per viaggiare più veloce dovessi viaggiare da solo.
Ci vediamo nella luce <3 
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etomniauanitas · 1 year
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Demorfologizzazioni
"Demorfologizzazione" (sost.): In linguistica, processo per il quale i morfemi, nel corso della loro evoluzione a causa della grammaticalizzazione, arrivano a perdere il proprio significato."
"Recuperabile". Suffisso vano, fastidiosissimo - come d'altronde la maggior parte degli escamotage della lingua mediante i quali esprimere possibilità ed incertezza, che stemperano, distorcono, pervertono il significato di parole altrimenti chiarissime, conferendo loro quelle angosciosissime ambiguità ed indeterminatezza - nel quale è celata, per una grandissima parte, la drammaticità della condizione nella quale verso: la onerosissima consapevolezza di una potenzialità che però, per quanto possa impegnarmi, per quanto tenacemente possa tentare ogni cosa affinché le circostanze cambino, mai raggiunge l'atto, l'insopportabile coscienza che, in qualche modo, potrei stare meglio, potrei essere meglio - ma, nella realtà dei fatti, né la mia condizione di salute migliora, né porto avanti alcun percorso di crescita, immobilizzata come sono nella cogenza di dover impiegare ogni energia per la mera sopravvivenza.
"Recuperabile" - eppure non ancora, dopo quasi dieci anni di dolorosissimo e sempre più intollerabile sequestro, "recuperata". Ed in effetti "recuperata" è un passivo, fatto che implica che dovrebbe esserci qualcun altro a compiere l'azione di recuperarmi - ma né posso contare su coloro che non sono al corrente della mia condizione, perché neanche possono immaginare che cosa realmente celo dietro questa cronica "stanchezza", né su coloro che invece lo sono, che, cosci appunto di queste mie potenzialità, sempre più coinvolti nelle vicessitudini della propria vita, della propria vita senza me, raramente distolgono l'attenzione da queste ultime per dedicarmi qualche momento di supporto: perché impiegare, sprecare del prezioso tempo, per star dietro ad una persona che tanto, in qualche modo, "ce la fa"? Poco importa se questo "modo" sottenda, in realtà, sforzi che, per quanto enormissimi, saranno destinati, a fronte proprio di queste stesse recuperabilità, potenzialità, a restare sempre e a chiunque irriconosciuti.
(The perks of being high functioning)
Sono una responsabilità che, paradossalmente, nessuno vuole assumersi perché riesce ad essere, nello stesso tempo, troppo grande e troppo piccola: troppo gravoso starmi costantemente accanto, troppo ridotta la rilevanza e la pervasità dei problemi dei quali soffro affinché possa attivarsi il senso del dovere di qualcuno.
Detesto il suffisso "-bile", come mi infastidiscono i condizionali, disprezzo il verbo "potere" ed ogni espressione che indica potenzialità; sentitamente rimpiango i gerundivi, crucciandomi ogni giorno per la loro demorfologizzazione.
"La mia vita è purtroppo fatta al congiuntivo: fa', o mio Dio, ch'io abbia una forza indicativa!"
(Søren Kierkegaard, "Diario", 1 ottobre 1837)
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sayitaliano · 1 year
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hello! i'm currently studying the passive voice and i was wondering is there any difference between passive with dovere essere and passive with andare? as i unterstood, we can use one instead of the other (in simple tenses) but do they mean exactly the same? thaks a lot! <зз
Ciao! Uhm... you mean something like "il lavoro deve essere fatto così" and "il lavoro va fatto così"? Andare is not at the passive here grammatically speaking, just at the past: andare fatto is basically a past tense but active form, but indeed is used instead of a passive verb so it works as a passive verb. In fact, deve essere = va + fatto (past participle). The meaning of the two sentences is the same. The passive form is geneally made with verb to be + past participle. When you use the verbi servili (like dovere), you only add a further meaning to your verb.
Let's start from the beginning (and let me use a possibly easier example to play with | BTW look at these two links X X as well). On a general level you have a transitive verb like mangiare (you need to have an object in order to create a passive form): Luigi mangia una mela = Luigi eats an apple (ACTIVE FORM) La mela è mangiata da Luigi = The apple is eaten by Luigi (PASSIVE FORM) The main verb of the sentence is "mangiare" and you use it normally at the active form, while at the passive you have the verb to be (same tense of the active verb) followed by the main verb's past participle. [in the links above it's all written in a better way dw]
Let's now add the verbo servile dovere (it changes the verb's acception: the main verb turns at the infinitive) Luigi deve mangiare una mela. = Luigi has to eat an apple (ACTIVE FORM) La mela deve essere mangiata da Luigi = The apple has to be eaten by Luigi (PASSIVE FORM) Same situation as before: the main verb turns at the passive (essere is at the infinitive as mangiare is in the active sentence) + main verb turns at the past participle OR if you prefer: essere mangiat* is the passive form of the active infinitive mangiare. "Deve" is fixed (as it's a further explanation of the verb).
Now when it comes to andare, this verb can be used in different ways (not just as the general translation "to go"). One of these is exactly to form a sentence that expresses an obligation/need, as the verb dovere and bisognare may do usually. The sentence sounds as a passive form (or at least, it has the same meaning of a passive form that uses dovere in it, as in the first examples I wrote), but grammatically speaking it's not: a real passive form with this verb may be (check the tenses in the examples above with the verb mangiare): va / è andato -> deve andare / deve essere andato. Anyway, in order to use "andare" as "dover essere", our sentence "La mela deve essere mangiata da Luigi" should turn into "La mela va mangiata da Luigi" (despite we prolly won't use "andare" in this context). Andare as dovere essere can be found more often with real external obligation like about work/school/homework -first example-, or rules to follow. It's very common to hear "va fatto", as almost a fixed expression; but also "va detto *che*" = "it must be said *that*", is a common expression when reading/talking abt/giving explanations. I could have written that as well on here: Va detto che il verbo andare si può trovare in frasi come... = Must be said/Must be added that the verb andare can be found in sentences as...
While if you ever came across "ci va del tempo" this is another fixed expression that means "you need some time". Here andare is used as "volere" (=ci vuole *del* tempo).
Hope this helps! Here I am if something isn't clear :)
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Il freddo - di Erri De Luca
Si usa dire: ”Ho preso freddo”. Pure se il verbo è all’attivo, l’effetto è passivo, fa sentire freddo.
Dico per me: ”Ho preso il freddo”, nel senso di averlo preso volontariamente, perché è inverno e il corpo reagisce coprendosi, non aumentando i gradi di riscaldamento della casa.Mi sono abituato, scaldo un solo ambiente, la cucina, dove passo il giorno.
Niente zanzare, mosche, visite di formiche, il freddo è pausa, riposo e custodia della terra.
Si usa d’inverno rientrando in casa togliersi il soprabito, il cappotto, il berretto di lana. L’appartamento è tiepido. Il mio no, perciò resto vestito come per l’esterno.
Intanto il giorno prolunga la parabola del sole, tramonta un po’ più in là e già questo pensiero mi scalda un sorriso.
Nella casa lontana nel tempo di Montedidio a Napoli non c’era riscaldamento, come in quasi tutti gli alloggi di allora. Un paio di stufette elettriche addomesticavano la temperatura. Non si dovevano accostare le mani intirizzite altrimenti venivano i geloni.
Nelle case più povere un braciere a carbonella mandava più fumo che tepore, oltre al micidiale monossido, che uccideva nel sonno.
L’inverno non era una stagione, ma un attraversamento. I vecchi che doppiavano il Capo Horn di febbraio si erano guadagnati un altro anno.
Sono rimasto in buoni rapporti con il freddo, non lo butto fuori di casa. Coperto a dovere, lo prendo, lo respiro. Quello che non prendo è il raffreddore.
Erri De Luca, 23 gennaio 2023
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fridagentileschi · 1 year
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I pacifisti sono i peggiori nemici della pace. Una riflessione filosofica
Quest’affermazione così estrema, che potrebbe risultare provocatoria, appartiene, invece, a secoli di riflessione filosofica rafforzata dall’esperienza storica.
È un concetto che incrocia grandi pensatori, alcuni si potrebbe dire “insospettabili” nel senso che per indole e vicenda personali erano lontani da ogni apologia della guerra. Quindi lasciando da parte un grande scrittore come Giovanni Papini che scrisse “Amiamo la guerra!” vale la pena fare una sintetica ricognizione.
La parola pace, dal latino pax, pacis ha una radice che deriva dal verbo “pangere” che significa “fissare, pattuire”. Dunque, il grande diritto romano, che tutti i giuristi continuano a ritenere la base della civiltà occidentale, ebbe chiara una nozione: non c’è pace se non nella giustizia.
La pace, in altre parole, non significa solo uno stato di non belligeranza ma significa soprattutto giustizia. Del resto appartiene alla latinità il celebre motto “si vis pace para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra.
La netta distinzione tra pace e pacifismo, non solo semantica, ma soprattutto concettuale, appartiene a secoli di filosofia e di pensiero. I primi furono Omero e Tucidite, Ulisse è l’eroe della libertà e della giustizia, non ama la guerra, sogna la pace, ma imbraccia le armi perché deve difendere il suo onore. Lo storico della filosofia Emilio Bodrero in proposito scrisse un famoso saggio.
Tra le virtù che Macchiavelli chiede al Principe c’è quella di defensor pacis, di fare il difensore della pace ricorrendo alle armi quando è necessario.
La guerra, per il fiorentino che fu il primo politologo, della storia è uno strumento dialettico della politica.
L’estremo realismo di Macchiavelli può far inorridire ma chiarisce bene che alla pace si lavora, spesso, “mostrandosi forti e decisi”.
Thomas Hobbes nella sua opera fondamentale, il Leviatano, chiarisce che pace e sicurezza camminano insieme e che spesso nella storia si può “decidere di fare la guerra per difendere la pace”.
Quello che appare subito chiaro nella storia del pensiero è la lotta tra libertà e pace, perché spesso per difendere il diritto ad essere liberi e sicuri occorre prendere le armi.
Non ha dubbi da che parte stare il sommo poeta, Dante Alighieri.
Gli ignavi, coloro che non hanno voluto prendere posizione, sono nell’inferno “senza infamia e senza lode”. E c’è appunto Ponzio Pilato.
Non solo, nel Paradiso fra i santi ci sono alcuni che hanno combattuto una guerra per una giusta causa.
Del resto Dante è il poeta della cristianità e per secoli la teologia e la Chiesa hanno riconosciuto non il pacifismo come valore assoluto, bensì la pace giusta, per cui spesso è lecito, anche nella morale religiosa, doversi difendere. Il proposito si esprimono San Tommaso d’Aquino e Sant’Agostino.
In anni molto recenti, tre studiosi come Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino, distinguono nel Dizionario della politica, alla voce “pace”, fra una “pace negativa e una positiva”, nel senso che spiegano come “fare la pace non significhi solo cessare dalle ostilità e non fare più la guerra, ma anche instaurare uno stato giuridicamente regolato che tende ad avere una certa stabilità”.
Il pacifismo non piace a tutta la generazione d’intellettuali che anima il Risorgimento, a cominciare da Ugo Foscolo e Vittorio Alfieri. Di pacifismo non vuol sentir parlare Giuseppe Mazzini per il quale “il primo dovere è la Patria”. Ma il più chiaro sarà Alessandro Manzoni, per il quale contro le prepotenze di Don Rodrigo e quelle dei dominatori spagnoli è lecito prendere la spada. Il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes difende con le armi la sua dignità. Nietzsche che contempla la “guerra come rimedio”, ricordando il diritto alla difesa quando “la fauce protesa dell’Asia vuole inghiottire la piccola Europa”.
Alla vigilia della Prima guerra mondiale su tutti i grandi giornali italiani invalse l’uso di un aggettivo di cui oggi si è persa la memoria: “pacifondai”. Era il termine con cui gli interventisti indicavano polemicamente coloro i quali in nome di un’astratta pace non volevano la partecipazione dell’Italia alla Grande guerra.
Il filosofo Benedetto Croce che per latri motivi non auspicava l’intervento, volle precisare di non aver nulla a che vedere con i pacifisti – pacifondai.
E, infatti, allo scoppio della guerra si schierò dalla parte della nazione.
Il pacifismo peloso era stato bersaglio preferito si tutta una generazione d’intellettuali e di avanguardie, a cominciare da D’Annunzio, passando per Papini, Prezzolini, Marinetti, Soffici, Corradini, Missiroli, Boccioni, Serra, Slataper, e tutti gli altri futuristi e vociani.
Molti fecero seguire alle parole i fatti, Prezzolini che si era fatto riformare, grazie a una “raccomandazione” all’età della leva, partì volontario negli arditi. Molti di questi scrittori moriranno sulle trincee del Podgora.
Anche autori insospettabili presero posizione: Riccardo Bacchelli, l’autore del mulino del Po, scrisse che la “pace è civile e corrompe”, mentre talora la “guerra è barbara ma promuove la civiltà”. Oppure Luigi Einaudi che fu aperto interventista alla vigilia della Prima guerra mondiale, nel 1950 poi l’economista liberale scrisse un aperto intervento a favore del mantenimento delle spese militari.
Palazzeschi, invece, è chiarissimo quando scrive:” gridare: evviva questa guerra, vuol dire anzitutto: abbasso la guerra”.
Marx e soprattutto Lenin si scagliano contro la guerra borghese ma in nome della violenza rivoluzionaria proletaria. Che Guevara, invece, la cui immagine vediamo spesso campeggiare nelle manifestazioni pacifiste, fu il teorico della guerra che esporta la rivoluzione!
Tutti gli studiosi di diritto internazionale sono concordi nel ritenere che lo Statuto di San Francisco delle Nazioni Unite del 1945 e altri fondamentali trattati come la Convenzione di Ginevra del 1949 e i Protocolli aggiuntivi del 1977, riconoscano un jus belli ac pacis, un diritto alla guerra per la pace. In altre parole il diritto al mantenimento della sicurezza internazionale attraverso operazioni militari.
FOTO. dipinto di GIORGIO DE CHIRICO- il pensatore, 1973
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ernestogiorgi · 16 days
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Erba voglio
Revisione testo: 9 maggio 2024 ore 08:00 – Revisione immagini: 9 maggio 2024  Le persone, di solito, usano il verbo ‘dovere’, quando si potrebbe anche usare il verbo ‘volere’.   Le conseguenze psicologiche sono notevoli e il presente articolo vuol fare un confronto tra i due verbi.   Cominciamo subito con degli esempi. Siete invitati a riflettere attentamente.   1) Devo andare a Messa. Voglio…
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alonewolfr · 1 month
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Arranco. Avete presente il verbo arrancare? Arrancare: il lento, faticoso, deprimente, ma determinato procedere di un uomo che non ha più niente nella vita, tranne l’impulso di dover, semplicemente, continuare la lotta.
|| dal Film “Il Destino di un Cavaliere”
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iotnoitutti · 3 months
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daimonclub · 5 months
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Aforismi e citazioni sul cibo
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Aforismi e citazioni sul cibo Aforismi e citazioni sul cibo, idee, pensieri, battute e consigli vari di autori saggi e famosi sul nutrimento, il mangiare, l'alimentazione, gli alimenti e i cuochi. Un anonimo del '500 soleva sempre dire: "Ci sono tante cose importanti nella vita, la prima è mangiare, le altre non le conosco." Evidentemente l'isotopia alimentare e sessuale mi sembra chiaramente scontata, ma forse poi nemmeno tanto. Carl William Brown Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta l'ultimo a consolarci della loro perdita. Brullat-Savarin La speranza è una buona prima colazione, ma è una pessima cena. Francis Bacon L'uomo mangiando cibi succolenti, si scava la fossa con i propri denti. Proverbio Senza nutrimento gli uomini non possono vivere. Soltanto dopo aver dato loro di che vestirsi e nutrirsi è possibile insegnare le regole della convenienza e del dovere, o intimidirli con pene. Cui Shi Cavolo: ortaggio familiare ai nostri orti e alle nostre cucine, grosso e saggio all'incirca quanto la testa di un uomo. Ambrose Bierce Siamo alla frutta. Per fortuna poi arriva il dolce. Andros Non solo moda e cibo. Anche fucili, pistole, bombe, velivoli, mezzi blindati e corazzati. E’ la nuova frontiera del made in Italy, il record dell’export nazionale: l’Italia ha superato la Russia ed è ora il secondo produttore mondiale di armi, dopo gli Usa. Carl William Brown Anche per desinare bisogna saper far uso dei principi della scienza. Petronio A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame. Totò Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene. Virginia Woolf Esse oportet ut vivas, non vivere ut edas. Bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. Antico proverbio Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi dell’anima. Elio Vittorini Prima tu prendi un drink, poi il drink ne prende un altro, e infine il drink prende te. Francis Scott Fitzgerald
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Aforismi sul cibo Un quarto del cibo che assumiamo ci serve per vivere, il resto serve per far ingrassare industriali, pubblicitari, medici e imprese di pompe funebri. (ovviamente per chi muore di fame il discorso cambia.) Carl William Brown Non c'è amore più sincero di quello per il cibo. George Bernard Shaw La solitudine è per lo spirito, ciò che il cibo è per il corpo. Seneca Se vedi un affamato non dargli del riso: insegnagli a coltivarlo. Confucio Dei palati uguaglianza non può stare, perciò non s'ha dei gusti a disputare. Proverbio Popolare Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare. George Bernard Shaw Dio fece il cibo, ma certo il diavolo fece i cuochi. James Joyce Chi non ama le donne il vino e il canto, è solo un matto non un santo! Arthur Schopenhauer Il periodo critico del matrimonio è l'ora di colazione. George Herbert Tra il desiderio del cibo e la brama di potere c'è una strana isotopia; è vero che l'appetito vien mangiando, ma poi almeno ci si sazia, invece chi comincia a masticare il potere non si sazia mai e alla fine fa inevitabilmente indigestione, vomitando quindi un mucchio di fesserie e di crudeltà. Carl William Brown E' bene, nella vita come ad un banchetto, non alzarsi né assetati né ubriachi. Aristotele A proposito di politica... ci sarebbe qualcosa da mangiare? Totò Nasciamo nudi, umidicci e affamati. Poi le cose peggiorano. Anonimo La miglior salsa del mondo è la fame. Miguel de Cervantes La televisione, o meglio la "stupid box" come l'ha definita qualcuno sa benissimo che chi la dura la vince ed è perciò che insiste nel suo lavoro di proselitismo; praticamente vuole convertire tutti al suo verbo, al verbo dell'imbecillità. La televisione sa benissimo di avere un potere enorme, al quale l'uomo ordinario deve soccombere. Lo spettatore viene per tali ragioni continuamente bombardato, e quindi condizionato da (Pavlov insegna) una marea di ammiccanti consigli, da fantastiche o atroci notizie, da enormi inganni politici e teatrali, nonché da splendide e ammalianti immagini. La televisione adempie perfettamente la sua missione, che è poi quella di preparare il cibo per il potere. Carl William Brown
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Aforismi e idee sul cibo Non si dovrebbe ritornare al cibo altro che quando lo stomaco chiama con insistenza soccorso. Pellegrino Artusi Che il tuo cibo sia la tua unica medicina. Ippocrate Chi ha bravo cuoco, e amici sempre invita, se non ha buona entrata, ha buona uscita. Cristoforo Poggiali Colui che non si preoccupa di quello che mangia non saprà preoccuparsi di nient'altro. Samuel Johnson Gli animali si nutrono; l'uomo mangia: solo l'uomo di spirito sa mangiare. Anthelme Brillat-Savarin Se più persone dessero valore al cibo, all'allegria, alle canzoni che all'oro, sarebbe certo un mondo più felice. John Ronald Reuel Tolkien Se oggi l'uomo non mangia più l'uomo, è unicamente perché la cucina ha fatto dei progressi! Daniel Pennac Il cibo è la forma più primitiva di conforto. Sheila Graham Troppo cibo rovina lo stomaco, troppa saggezza l'esistenza. Alessandro Morandotti Mangiate merda, milioni di mosche non possono sbagliare. Anonimo Il destino delle nazioni dipende dal modo in cui si nutrono. Anthelme Brillat-Savarin Per chi non ha alcuna prospettiva di vita intellettuale, l'amore rimane, oltre al cibo e all'attività sessuale, l'unico forte legame istintivo con la vita, ormai diventata inconsapevolmente schizofrenica. Carl William Brown Viviamo nel benessere e spesso di benessere moriamo. Mangiamo ogni giorno della settimana come re e regine al banchetto, e finiamo per lasciarci la vita. T. Colin Campbell Pancetta. La mummia di un maiale imbalsamato. Ambrose Bierce È preferibile un cibo anche un po’ nocivo ma gradevole, a un cibo indiscutibilmente sano ma sgradevole. Ippocrate Non c'è amore più sincero di quello per il cibo. George Bernard Shaw Il cibo è simbolo della sicurezza, assieme al tetto che ci ripara. Sofia Loren Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei. Anthelme Brillat-Savarin Tutto quel che non si mangia, fa bene alla salute. Guido Ceronetti C'è molta verità nel detto che l'uomo diventa ciò che mangia. Più grossolano è il cibo, più grossolano sarà il corpo. Mohandas Gandhi
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L'arte di mangiare La scuola è fatta per avere il diploma. E il diploma? Il diploma è fatto per avere il posto. E il posto? Il posto è fatto per guadagnare. E guadagnare? È fatto per mangiare. Non c'è che il mangiare che abbia fine a se stesso, sia cioè un ideale. Salvo in coloro, in cui ha per fine il bere. Giuseppe Prezzolini Molti eccellenti cuochi si rovinano nel tentativo di diventare artisti. Paul Gaugain Una mucca o una pecora morte che giacciono in un pascolo sono considerate carogne. La stessa carcassa, trattata e appesa a un chiodo in macelleria, passa per cibo! John Harvey Kellogg Tutta la storia umana attesta che la felicità dell’uomo, peccatore affamato, da quando Eva mangiò il pomo, dipende molto dal pranzo. George Gordon Byron Colui che dà da mangiare agli affamati ristora la propria anima; così parla la saggezza. Friedrich Nietzsche Colui che dà da mangiare agli affamati ristora la propria anima; così parla la saggezza. Friedrich Nietzsche Chi mangia troppo in fretta si morde le dita. Proverbio africano La cucina è diventata un'arte, una scienza nobile; i cuochi sono dei gentiluomini. Robert Burton Qual è il momento migliore per la cena? "Se uno è ricco, quando vuole, se uno è povero, quando può". Diogene di Sinope Se non hanno più pane, che mangino brioche. Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena Godere di mangiare accanto a una persona amata può essere segno di amore insufficiente, soffrire di mangiare accanto a una persona amata può essere segno di troppo amore. Mario Soldati Spesso la donna italiana è cuoca in salotto, puttana in cucina e signora a letto. Ennio Flaiano Nella sua modesta proposta, allo scopo di eliminare i problemi dei poveri irlandesi, Swift suggeriva di cucinare i loro bambini, che in questo modo oltre a sollevarli dal costoso mantenimento avrebbero fornito allo stesso tempo un prelibato cibo per i ricchi. E' ovvio che a distanza di tempo ed in caso di forti carestie, si potrebbe estendere la ricetta anche agli adolescenti e non solo a quelli irlandesi. Carl William Brown Se nessuno ti vede mentre lo mangi, quel dolce non ha calorie. Anonimo L'educazione è il pane dell'anima. Giuseppe Mazzini L’ospitalità è la virtù che ci induce a nutrire e ospitare alcune persone che non hanno bisogno né di essere nutrite né di essere ospitate. Ambrose Bierce Meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte. Otto von Bismarck Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece starnazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina. Henry Ford Gli obesi vivono di meno: però mangiano di più! Stanislaw Jerzy Lec Si sa che il lavoro ha sempre addolcito la vita: il fatto è che non a tutti piacciono i dolciumi. Victor Hugo
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La piramide alimentare vegetale Non bisogna avere che relazioni superficiali con chi respinge agli e cipolle, perché si tratta di caratteri incapaci di profondità. Guido Ceronetti Solo chi non ha fame è in grado di giudicare la qualità del cibo. Alessandro Morandotti Commestibile. Buono da mangiare, sano e digeribile come un verme per un rospo, un rospo per un serpente, un serpente per un maiale, un maiale per un uomo e un uomo per un verme. Ambrose Bierce Lo stomaco sano è squisitamente conservatore. Pochi radicali hanno una buona digestione. Samuel Butler La società è composta di due grandi classi: quelli che han più roba da mangiare che appetito, e quelli che han più appetito che roba da mangiare. Nicolas de Chamfort L'uomo è ciò che mangia. Ludwig Feuerbach Detesto l'uomo che manda giù il suo cibo affettando di non sapere che cosa mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti. Charles Lamb Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino non credo sia necessario per riuscire, di nascere con una cazzaruola in capo, basta la passione, molta attenzione e l'avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, che questa vi farà figurare. Pellegrino Artusi Dio non ha fatto che l'acqua, ma l'uomo ha fatto il vino. Victor Hugo Il ricco mangia, il povero si nutre. Francisco de Quevedo L'appetito rende saporite tutte le vivande. Paolo Mantegazza Fu veramente un audace colui che per primo mangiò un'ostrica. Jonathan Swift Troppo cibo rovina lo stomaco, troppa saggezza l'esistenza. Alessandro Morandotti Dio dà il cappone al ricco e al povero l'appetito. Proverbio Popolare L'amicizia è il vino della vita. Edward Young Un gourmet che pensa alle calorie è come una puttana che guardi l'orologio. James Beard Gastronomo. Un cuoco che ha fatto il liceo. Pitigrilli (Dino Segre) La poesia è un atto di pace. La pace costituisce il poeta come la farina il pane. Pablo Neruda Ogni morto di fame è un uomo pericoloso. Elio Vittorini Il male non è ciò che entra nella bocca di un uomo, il male è ciò che ne esce. Sacre Scritture
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Aforismi gastronomici Quello che è cibo per un uomo è veleno per un altro. Lucrezio In un sistema man mano che sale il livello di organizzazione della struttura, gli elementi che la compongono perdono la capacità di progetti individuali, proprio perché si trovano inseriti in un sistema integrato che si muove con altre logiche. Questo comporta che la struttura diventa qualcosa di diverso rispetto alla somma dei suoi singoli componenti. E così noi tutti poveri uomini non siamo altro che cibo per i vermi. Carl William Brown Maionese. Una di quelle salse che per i francesi fanno le veci di una religione di Stato. Ambrose Bierce Un cetriolo dovrebbe essere affettato con cura, condito con pepe e aceto e poi buttato via, come buono a niente. Samuel Johnson Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia. Manuel Vázquez Montalbán Il mondo ipocrita non vuoi dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio. Pellegrino Artusi Mangiare, abitudine obbligatoria ma stupida. Gesualdo Bufalino In un mondo dove persino la vita non vale alcunché è patetico vedere che c'è gente che per il profitto crede e spera ancora nel potere sempre più detergente di un sapone o nella lucentezza che può donare uno shampoo. Accade così che al cospetto dei benefici promessi dalle creme anticellulite o dell'inesistente gusto di uno schifoso cibo surgelato anche il peggior crimine diventi un atto di sana e genuina giustizia vendicativa. Carl William Brown Mangia poco a pranzo e meno ancora a cena, che la salute di tutto il corpo si costruisce nel laboratorio dello stomaco. Miguel de Cervantes Che si mangi troppo o non abbastanza, in entrambi i casi si finisce per ammalarsi. Nella nostra vita quotidiana dobbiamo evitare tutti gli estremi. Tenzin Gyatso (Dalai Lama) Mangia da uomo ciò che ti è posto innanzi; non masticare con voracità per non renderti odioso. Sii il primo a smettere per educazione, non essere ingordo per non incorrere nel disprezzo. Siracide Cuoco si diventa, rosticciere si nasce. Anthelme Brillat-Savarin Avvezzatevi a mangiare d'ogni cosa se non volete divenire incresciosi alla famiglia. Chi fa delle esclusioni parecchie offende gli altri e il capo di casa, costretti a seguirlo per non raddoppiar le pietanze. Pellegrino Artusi Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle ghiottonerie della mensa, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi. Marco Tullio Cicerone Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi. James Joyce È un cattivo cuoco quello che non sa leccarsi le dita. William Shakespeare L’isotopia sessuale e alimentare non è poi così strana, infatti il cibo e il sesso sono gli ingredienti fondamentali per la riproduzione e la continuazione della nostra esistenza. Ecco perché in fondo anche il cannibalismo ha una sua logica di fondo! Carl William Brown L'uomo è l'unica creatura che consuma senza produrre. George Orwell Ci sono tre cose che una donna è capace di fare con niente: un cappello, un'insalata e una scenata. Mark Twain Mangiare carne è digerire le agonie di altri esseri viventi. Marguerite Yourcenar
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Pensieri e citazioni sul cibo Se per vedere il peso sulla bilancia ti serve un gioco di specchi, è il momento di cominciare una dieta. Anonimo Su queste tematiche potete anche leggere: Enogastronomia in Italia Famose Ricette Italiane Migliori ristoranti Italiani Cooking traditions in Brescia Tourism Resources Page Job Opportunities in Tourism Aforismi per autore Aforismi per argomento Pensieri e riflessioni Read the full article
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valeria-manzella · 11 months
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<Ma ci soccorre una buona notizia, un grido da rilanciare dai tetti~Non abbiate paura~voi valete più di molti passeri~Voi avete il nido nelle mani di Dio~Voi valete~che bello questo verbo!~Per Dio, io valgo~Valgo di più di molti passeri, di più di tutti i fiori del campo, di questa e di tutte le primavere che verranno~valgo per lui di più di quanto osavo sperare~Finita la paura di non contare, di dover sempre dimostrare qualcosa><Ermes Ronchi>
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I TRE DE CINESI: 的 得 地
E’ una particella che indica possesso, è seguita da un NOME e risponde alla domanda 什么?(cosa). Ad esempio 我的书 (我的什么?)
Viene anche usato per modificare un nome in un aggettivo , ad esempio 新的书 (libro nuovo) oppure 最好的朋友 (migliore amico).
Il carattere 得 può essere usato come verbo (pronuncia dei3) con il significato di “dovere”, “essere necessario” es. 我得去 (devo andare), oppure con il significato di “ottenere” (pronuncia déi) 她得了第一名 (Lei ha ottenuto il primo posto).
Come particella è utilizzato per formare il COMPLEMENTO DI GRADO, è preceduto da un VERBO e seguito da un AGGETTIVO. Risponde alla domanda 怎么样? (in che modo/con che grado).
Ad esempio lo troviamo nelle frasi: 你说得很快 (你说得怎么样? ) 我起得早 (Mi alzo presto: 起 verbo “alzarsi” 早 aggettivo “presto”) 我汉语说得好 (Parlo cinese bene, 说 verbo “parlare” 好 aggettivo “bene”).
La particella 地 deve essere inserita tra aggettivo e verbo per trasformare l’aggettivo in avverbio.
Risponde alla domanda 怎么? (come/in che modo), lo troviamo nelle espressioni quali 慢慢地走 ( 慢慢地怎么?) es: 我高兴地说 (Io dico/parlo felicemente 高兴 aggettivo “felice”, 说 verbo “dire/parlare”) 我小声地问 (Io chiedo silenziosamente 小声 aggettivo “silenzioso” 问 verbo “chiedere”).
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vincef40 · 1 year
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Scrivo sempre ad intervalli di mesi rispetto all'ultima volta, non mi sento spesso ispirati, e per lo più, scrivo per nervosismo, quasi perché voglio mettere nero su bianco ciò che le emozioni scatenano in me.
E quindi, caro Tumblr, ti stai chiedendo di cosa mi lamenterò quest'oggi?
Bene, mi lamenterò del "dare".
"Dare" è un verbo, cos'avrò mai da lamentarmi su un verbo?
Il problema è che spesso, al verbo "dare", è associato un altro verbo, cioè "ricevere".
Non mi aspetto che tu capisca, probabilmente, anzi spero, non lo capirò più neanch'io l'intricato e contorto ragionamento che sto per buttare giù qui ed ora, tra qualche anno.
Per tutta la mia vita ho dato. Ho dato tanto, con amore, con voglia, con passione, con felicità, con spensieratezza. Ho dato tanto perché ho sempre pensato che il mio scopo nella vita fosse quello di dare qualcosa alle persone importanti per me. La cosa che mi riesce meglio, ad esempio, è dare il sorriso alle persone. So far ridere la gente, in qualsiasi modo possibile, non importa se con la mia faccia, con la mia voce, con la mia risata. Io faccio ridere. E sembra una cosa brutta questa, quando in realtà a me piace tantissimo. Se c'è un'altra cosa che ho sempre dato, in vita mia, questa cosa è l'amore.
E se nel caso della risata, spesso io riceva dagli altri, la loro gioia, la loro "risata", nel caso dell'amore, in tutta la mia vita non ho mai ricevuto niente in cambio, se non delusione e amarezza.
Quando dico di volermi lamentare del "dare", mi riferisco proprio a questo.
La mia non è, né sarà mai una pretesa nei confronti della persona a cui do il mio amore, perché l'ultima cosa che voglio è forzare un sentimento. Tuttavia io c'è l'ho con me stesso. Perché questa voglia di ricevere, per una volta nella vita, un po' dell'amore che ho dato, mi porta dentro la paura di dover, ancora una volta dare, magari senza poi ricevere, ancora, ancora, ancora e ancora.
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true-trauma · 1 year
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Sembra incredibile sentir parlare gli americani di puritanesimo di fronte alla statua del David di Michelangelo, specie se si considera il rapporto che lì hanno con la vita nel senso più generale della frase. Come puoi fare il puritano e disdegnare un nudo artistico e consentire, al contempo, alle persone di avere armi e pistole senza minimamente aprire bocca? Un mistero bello e buono. Chissà, forse se al posto del pistolino avesse avuto una pistola in mano, la statua del David non sarebbe stata oggetto di censura e di critiche.
E indovinate un po’? Un’altra cosa incredibile è che di tutto ciò, I Simpson avevano, nuovamente, previsto tutto, in un episodio di cui avevo già parlato in un articolo relativo alla serie animata di @mattgroening-blog, quando il David si ritrova ad essere al centro delle critiche e dei dibattiti dei moralisti di Springfield, che non sopportano l’idea di dover mandare i propri figli in gita al museo per fargli vedere dei genitali. Nella puntata de I Simpson, la statua del David viene addirittura coperta con un paio di jeans.
Qui, con la vicenda degli ultimi giorni, si è addirittura andati oltre: quando si arriva a dover scegliere una persona se essere licenziata o dimettersi di sua iniziativa, qualcosa nel meccanismo non va, si è inceppato. Di questi tempi, c’è una sempre maggiore chiusura nei confronti di modelli artistici del passato, che hanno influenzato parecchio il mondo artistico e sono giunte fino ai giorni nostri come modello da seguire. Ma per molti sembra che non vada più bene. E dunque via qualsiasi parolaccia o qualsiasi termine considerato scorretto da film, opere d’arte, opere letterarie e canzoni, via nudità, via qualsiasi tipo di libertà di espressione. Il verbo è “censurare”, “eliminare”, “cancellare”, col rischio collaterale di perdere anche sé stessi, in quanto, indubbiamente, un po’ tutti noi con quei modelli artistici siamo nati e cresciuti. Ma qualcuno se lo immagina, chessò?, un disco di @eminem in cui qualsiasi termine fuori posto viene modificato, cancellato, sostituito da qualcosa di più smacchiato? Qualcuno ha mai letto un suo testo? Che razza di ciofeca verrebbe fuori? Qualcuno se le immagina tutte le opere d’arte in cui compare anche mezzo spicchio di chiappe che vengono coperte con pantaloncini, jeans, o un paio di mutande? Ma qualcuno davvero vuole mettere un paio di jeans sui genitali della statua del David di Michelangelo per renderlo accessibile a tutti? O anche censurargli i genitali quando si parla della statua?
Robe folli, che forse alcuni anni fa neanche si sarebbero sognati mai neanche di pensare, figuriamoci come siam messi, oggi, che si viene addirittura licenziati per aver esibito qualcosa di universalmente riconosciuto come un capolavoro della scultura. Andare avanti sulla linea del tempo, però, non sempre equivale a dire che ci stiamo evolvendo: anzi, spesso andare avanti vuol dire tornare indietro. Non evoluzione, quindi, bensì involuzione: e tra i tanti problemi che si possono tirare fuori, si tira fuori quello relativo ad una statua che, come tante altre, ha messo in vista le parti intime di una persona. Come se, tra le altre cose, potesse cambiare qualcosa al mondo se si togliessero via di mezzo determinate “oscenità”.
In realtà, una cosa cambierebbe. Censurare qualcosa, specie di relativo agli anni passati (ma anche la censura dei nostri giorni non è comunque cosa meno grave), ci porta completamente fuori strada, a perdere quei punti di riferimento che hanno formato la nostra società, il nostro bagaglio culturale, e che sono diventati modelli riconosciuti universalmente. È davvero questo quello che vogliamo per il nostro futuro? Un continuo revisionismo inutile e pericoloso che comporta una perdita dell’identità collettiva?
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