Tumgik
#urla di rabbia
maddavvero · 2 years
Text
Armi potenti
Tra le armi più potenti che gli uomini possiedono in alto, accanto alle armi da fuoco secondo il mio parere c’è la frustrazione, quella pesante, che ti trascini da una vita senza ricordarne neanche precisamente il momento in cui ha avuto origine. L’uomo si abitua talmente tanto all’odio ed al rancore verso la propria vita fino a dimenticarsi di viverla, sprecandola totalmente e rompendo le scatole a chi lo circonda.
Questa corrisponde in modo standard alle condizioni degli uomini di mezza età (intorno ai 60 anni) che non sono mai riusciti a portare a termine un emerito cazzo nella loro vita, distruggendo la vita a chi gli sta attorno. Talvolta si cerca perfino una soluzione con uno specialista, in quel brevissimo momento di lucidità per poi ricascarci una volta uscito dalla porta di quell’ufficio.
Io vi ammazzerei tutti. Non vi rendete conto di quanto male generate intorno a voi, ODIO, solo ODIO. 
2 notes · View notes
Text
È un periodo di merda, tutta la rabbia repressa si sfoga a raffica tra pianti e urla e sbattere porte e notti insonni in cui l'agitazione non smette di lavorare dentro
Non sopporto più nulla, non ce la faccio davvero più a far scivolare ancora tutto addosso a restare in silenzio e incassare colpi, no ora basta, tutto ma proprio tutto si scatena in nervosismo ai massimi livelli.
Sono spaventata da me stessa ma tanto a chi importa...
Vorrei spaccare tutto quello che mi circonda in questo momento o sganciare tanti di quegli urli e invece sto qui in silenzio a fare confluire tutto in uno stupido post.
10 notes · View notes
thegretchenimages · 1 year
Text
Adoro le riunioni di condominio sono uno spaccato di vita che mi affascina. Danno tutti il peggio di sè senza una buona motivazione. Anche chi rimane a casa e origlia e spia dalle finestre.
Le persone sono pessime e nei condomini si può ben vedere. Ci si dovrebbe scrivere un libro.
11 notes · View notes
sofysta · 1 year
Text
Tumblr media
Se fosse tuo figlio…
Se fosse tuo figlio riempiresti il mare di navi di qualsiasi bandiera. Vorresti che tutte insieme, a milioni, facessero da ponte per farlo passare. Premuroso, non lo lasceresti mai da solo, faresti ombra per non far bruciare i suoi occhi, lo copriresti per non farlo bagnare dagli schizzi d’acqua salata. Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare, te la prenderesti con il pescatore che non presta la barca, urleresti per chiedere aiuto, busseresti alle porte dei governi per rivendicare la vita. Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto, anche a rischio di odiare il mondo, i porti pieni di navi attraccate. E chi le tiene ferme e lontane e chi, nel frattempo, sostituisce le urla con acqua di mare. Se fosse tuo figlio li chiameresti vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti, perché una rabbia incontrollata potrebbe portarti a farli annegare tutti nello stesso mare. Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa non è tuo figlio, non è tuo figlio. Puoi dormire tranquillo. E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio. È solo un figlio dell’umanitá perduta, dell’umanità sporca, che non fa rumore. Non è tuo figlio. Dormi tranquillo, certamente non è il tuo.
Non ancora.
194 notes · View notes
Text
per la guerra dei grandi mi sono ritrovata ferite sulla schiena e sulle braccia.
per la guerra dei grandi ho dovuto trattenere le lacrime negli occhi, il dolore nel petto, la rabbia nelle mani.
per la guerra dei grandi ho trattenuto le urla e non ho risposto.
per la guerra dei grandi ho dovuto fare a pezzi il cuore, ho i buchi nell'anima, i segni negli occhi.
per la guerra dei grandi ho esiliato la fiducia, ho smesso di promettere.
per la guerra dei grandi ho mandato via l'infanzia, ho cacciato i capricci, ho chiuso le porte ai desideri, ai sogni, alle giornate di sole.
per la guerra dei grandi, sono diventata grande.
26 notes · View notes
nitroglycerin-a · 6 months
Text
La situazione Palestinese è sempre più critica, sempre più tragica, sono a tanto così dal morire di stenti; sono piena di rabbia, come tanti che assistono a questo genocidio senza poter fare nulla, come tanti che hanno donato e si sentono dire da reportage Instagram che i soldi non sono mai arrivati in tantissime zone di Gaza, stanno morendo, tutti quanti, il risvolto ho paura possa essere solo negativo, tutto questo porterà a terribili conseguenze, non voglio vedere altri video di bambini morti e genitori dilaniati dal dolore ma devo farlo lo stesso perché così i miei occhi non dimenticheranno mai ciò che è successo, vorrei vorrei, l’essere umano rimane sempre l’essere più cattivo e deplorevole che sia mai esistono, meritiamo di scomparire e di porre finalmente fine a questo delirio di potere capitalizzato e l’immensa ignoranza che porta a violenza e odio, le urla che faccio a mio padre a tavola quando da aria alla bocca senza pensare con le sue cattiverie da provinciale, ha la dignità di stare zitto quando rispondo, perché sa che ho ragione, quello a cui assisto mi scava l’anima e sono sempre più terrorizzata dai governi e dal sistema, vorrei non vedere cosa succederà, eppure è mio dovere
22 notes · View notes
susieporta · 23 days
Text
Ho paura, avendo una malattia degenerativa, di rimanere su un letto per il resto dei miei giorni senza alcuna autonomia ed essendo di peso alle persone che mi stanno intorno. Per lo stesso motivo ho paura dell'intervento che dovrò affrontare entro un mese da ora. Ho paura dell'anestesia, dei possibili danni permanenti, della cicatrice, di perdere la mia voce. Ho paura perché devo tagliarmi tutti i capelli e non so se, guardandomi allo specchio, mi riconoscerò. Ho paura degli incidenti stradali perché il mio primo ragazzo è morto in un incidente stradale, ho paura della povertà e dei debiti perché sono stata con l'acqua alla gola troppe volte, ho paura delle morti inspiegabili perché persone alle quali ho voluto bene sono morte in circostanze non chiare, ho paura della gente aggressiva e che urla, perché ho subito urla e aggressività. Ho paura dei terremoti perché ho partorito durante un terremoto, ho paura delle altezze. E dunque non amo le montagne che mi piace immaginare, ma solo dalla pianura. Ho paura delle droghe pesanti perché amici ne sono morti, e se sono sopravvissuti, sono diventati altro da sé. Ho paura di non provare piu nessun tipo di gioia e di desiderare solo il silenzio e la fine di tutto perche so cos'è la depressione, quella vera, non quella detta per dire, tipo: "oggi mi sento depresso". Ho paura delle bugie, dei raggiri, delle ossessioni altrui, delle persone che vogliono prevaricarmi, ho paura delle vespe perché sono allergica al loro veleno, ho paura di non saper rispondere in modo empatico a chi mi chiede aiuto, ho paura della violenza verbale, della malafede, dell'angoscia generale che vedo in giro, delle facce incazzate che evitano lo sguardo e il contatto fisico, ho paura della tristezza, soprattutto quella altrui - la mia la conosco -, ho paura della rabbia che genera altra rabbia, ho paura della paura perché sono stata una bambina immortale che si sporgeva dalle finestre e andava in bici senza mani e un giorno mi sono scoperta vulnerabile. Non ho paura del sangue, delle ossa rotte, degli ospedali che anzi mi fanno sentire accudita e protetta, non ho paura dell'invisibilità, del fallimento, degli errori, delle sfide, delle aggressioni, degli attacchi terroristici e della morte. Quella mi spiacerebbe soltanto in relazione a mio figlio e all'idea di non poterci più essere per lui, non poterlo ascoltare mentre impara a suonare il pianoforte e a leggere ad alta voce. Grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno risposto ieri e oggi mettendo a nudo le loro "ferite", piccole e grandi. GRAZIE.
Simona Vinci
14 notes · View notes
donaruz · 9 months
Text
Agosto | Claudio Lolli
youtube
CLAUDIO LOLLI
AGOSTO
Agosto, improvviso si sente
un odore di brace.
Qualcosa che brucia nel sangue
e non ti lascia in pace,
un pugno di rabbia che ha il suono tremendo
di un vecchio boato:
qualcosa che crolla, che esplode,
qualcosa che urla.
Un treno è saltato.
Agosto. Che caldo, che fumo,
che odore di brace.
Non ci vuole molto a capire
che è stata una strage,
non ci vuole molto a capire che niente,
niente è cambiato
da quel quarto piano in questura,
da quella finestra.
Un treno è saltato.
Agosto. Si muore di caldo
e di sudore.
Si muore ancora di guerra
non certo d'amore,
si muore di bombe, si muore di stragi
più o meno di stato,
si muore, si crolla, si esplode,
si piange, si urla.
Un treno è saltato.
23 notes · View notes
vintagebiker43 · 5 months
Text
Tumblr media
In Italia, in media ogni tre giorni, un uomo uccide una donna, una compagna, una figlia, un’amante, una sorella, una ex.
Magari in famiglia, perché non è che la famiglia sia sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
La uccide perché la considera una sua proprietà, perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, e sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro.
E tutto questo sempre in nome dell’amore. Ma l’amore non mena. Non picchia. Non prende a calci. E non c’è tensione, rabbia o stanchezza che lo giustifichi. L’amore non mette paura. Non urla, non sbatte le porte, non spacca la casa; l’amore crea un nido, non lo distrugge. L’amore non è vendetta. Non è guastare per sempre la bellezza che non si può più avere.
Ma la violenza non sta solo nelle botte, sta anche nelle parole. Un uomo che ti ama non ti tratta male. Uno che ti ama non ti imprigiona. Non ti chiede obbedienza. Non ti dice che non devi lavorare e devi startene a casa. Un uomo che ti ama non ti sorveglia. Non è morboso. Non ti segue di nascosto per vedere se frequenti qualcuno. Un uomo che ti ama non ti impedisce di prendere un caffè con un amico, rispondere a un messaggio di un collega, fermarti a chiacchierare con qualcuno per strada. Un uomo che ti ama non ti controlla di continuo il cellulare. E non pensare che la colpa sia tua e che in fondo lui ti ama. L’amore non è solo quello che succede in fondo, ma quello che succede in superficie: è quello che sentiamo, ma anche quello che vediamo. Ti voglio bene significa ‘Voglio il tuo bene.’ Significa mi piaci come sei, non ti cambierei per nulla al mondo, non ti farei mai del male, sia che tu stia con me, sia che tu decida di stare senza di me.
Non pensare mai di non meritare l’amore. E se qualcuno ti ha fatto anche solo una delle cose che ho elencato prima, e vuoi chiedere aiuto, chiama qui: 1522.
Luciana Littizzetto, monologo a Che Tempo Che Fa
10 notes · View notes
volumesilenzioso · 4 months
Text
demoni
nel mio corpo risiedono soltanto demoni, di un angelo che voglia custodirmi non si intravede neanche l’ombra. sono rinchiusa in questa cella da anni, anni che sembrano secoli, spenta, prosciugata, rassegnata osservo tutti i miei demoni dallo spioncino di questa gelida cella che gentilmente mi ospita, li guardo decidere per me, decidere della mia vita, tutti sorridenti. mi trovo in questo buco nero, ci sono loro a farmi compagnia, mi sussurrano “fallo” in continuazione, a volte gridano e mi fanno immaginare scene che nessuno vorrebbe vedere, mi fanno immaginare morta, sempre in modi diversi, e ormai da un po’ ho iniziato a trovare conforto in quelle immagini che qualsiasi altra persona troverebbe raccapriccianti. tolgono un pezzo di vita dal mio corpo ogni giorno, la cella si fa sempre più piccola e man mano diventa più fredda. tutt’intorno non c’è niente, mi riempie solo un immenso vuoto fin dentro le ossa. sento il rumore, il rumore mi fa uscire fuori di testa, genera in me reazioni talvolta incontrollabili, e tutto l’odio che ho dentro lo proietto sul mio corpo mescolandolo alla rabbia che non mi abbandona mai, e ad ogni proiezione corrisponde una cicatrice, e ad ogni cicatrice corrisponde una storia che non vorrei mai dover raccontare, e ad ogni storia corrisponde un motivo per il quale preferirei di gran lunga essere morta. a volte sento bussare alla porta, ogni volta che la apro, di fronte a me ci sono loro: i miei demoni. ve li presento. uno è, appunto, la rabbia. eppure, se gli altri fossero in grado di vederlo con i loro occhi, penserebbero sia il più calmo, buono e gentile di tutti. perché rabbia è timido, si nasconde dagli altri, ma dentro questa cella fa un macello, semina caos da tutte le parti. il secondo che vale la pena nominare è odio, questo mi da il tormento perché sono la sua vittima migliore. per quanto possa estendersi anche al mondo esterno, il suo luogo preferito in cui scoppiare sarò sempre io, odio mi odia, ma io sono odio e odio è me e questo significa, per forza di cose, che io mi odio. lui è il demone che urla più forte di tutti. poi c’è solitudine, che se ne sta in disparte e cerca di non essere pesante, fa quasi tenerezza, poverino. ma quando si fa sentire, si fa sentire così forte da toglierti il respiro. lui è il mio preferito, ma forse è solo perché penso di meritarlo, è come se lo avessi invitato a vivere dentro di me senza pagare l’affitto. e poi ce ne sono altri mille, e quelli che ho nominato continuano a moltiplicarsi, e nessuno di loro sembra volersi spegnere mai, e tutti insieme sono immortali e gridano, gridano, gridano tutto il giorno e tutta la notte senza interruzioni.
19 notes · View notes
Text
Ad un certo punto iniziai a farci caso. Iniziai a sentire le urla nella testa e ogni minimo rumore esterno mi metteva in allarme. Mi ritrovavo stanca, senza più voglia di spiegare, senza più parole da usare. Una miriade di "come stai?", senza risposta lasciati lì a marcire. Odio la domanda "Come stai?".. perché indubbiamente la mia risposta è sempre "Bene, tu?". Eppure non sto bene.
La parte che più ferisce è che sanno come sto. Tutti sanno cosa va o non va, è sempre stata lì la risposta: nei miei silenzi, nei sguardi bassi oppure persi nei tramonti, nelle parole spese per giorni, mesi, anni con l'intento di fare capire, di evitare di venir fraintesa.
Restavo seduta sul pavimento della stanza aggrappata al cellulare con la speranza che da un momento all'altro qualcuno avrebbe chiamato per dirmi che da quel momento ce l'avremmo fatta, insieme.
Eppure il telefono squillava e la rabbia, i problemi, i turbamenti ed i momenti felici degli altri, mi piombavano addosso come secchiate d'acqua fredda dalla quale non sapevo ripararmi.
Ascoltavo in silenzio, aggiungendo qualche risata, qualche "mhm" di circostanza.. ma non mi interessava. Non mi interessava più niente.
Col tempo che passava sentivo nuovamente il mio petto riempirsi del nulla più totale. Le costole stringevano ed i denti sbattevano nel mentre cercavo con tutta me stessa di non piangere.
Che poi la domanda più spontanea che seguiva il tutto era "Perché piangi?", ma la risposta era lontana, sepolta da qualche parte dentro di me. La cercavo, mi tormentavo ogni attimo che avevo.. ma non la trovavo.
Poi capii.. ero triste perché mi ero persa, e mai nessuno avrebbe avuto la forza, la voglia e la pazienza di aiutarmi a ritrovare quella parte di me che conteneva tutte le risposte alle mie ed anche altrui domande.
Mi sono rassegnata, ad essere di tutti e di nessuno, ad essere mia, ma mai del tutto. Perché vedi.. una come me è sempre lì, pronta ad aiutare gli altri, ma mai se stessa. Pronta a prendermi conseguenze che non mi spettavano, parole dure che non meritavo, battute velate che non mi facevano ridere e sproloqui altrui che riempivano la mia testa già piena di pensieri che non avevo coraggio di scaricare addosso a nessuno.
Fingevo giornate piatte, impegni di ogni tipo e felicità che non sentivo mia.
Era solo finzione.. la mia.
Come ogni "Come stai?", a cui nessuno voleva sentirsi dire "Male, sento proprio di soffocare."
Funziona così.
No?
...........................................
3 notes · View notes
riflussi · 8 months
Text
Giusto perché figurarsi se non posso parlarne anche io: è vero, siamo tutt3 stanch3.
E la cosa che a me fa incazzare più di tutte, è che questo tipo di prevaricazione (prettamente maschile) è così marcato in ambito lavorativo che viene solo la voglia di urlare. Però, se fai presente la tua visione, se porti alla luce dinamiche sbagliate, cosa succede?
Ve lo dico io cosa è molto probabile succeda: il licenziamento 😍
Molte volte taccio perché sono pavida e ho paura di non potermi pagare una casa, un luogo sicuro lontano da tutto lo schifo da cui mi sono allontanata dopo ben 26 anni di tristezza e (in parte) alienazione. E lo so che sono tra le persone più privilegiate, per questo da un lato ho un fortissimo senso di colpa, dall'altro ho un'enorme tristezza addosso perché se io non posso permettermi certe affermazioni non oso immaginare chi è costretto a condizioni lavorative diverse (e a volte peggiori).
È davvero molto facile affermare "non tutti gli uomini". Però è facile dirlo quando si trova lavoro più facilmente, quando viene concessa con maggiore serenità l'indipendenza. Più volte mi sono domandata come farò (tutt'ora me lo domando), se mai troverò un posto fisso, se dovrò diventare casalinga perché ora come ora un lavoro che mi permetta di avere un buon equilibrio tra sanità mentale ed energie fisiche non l'ho trovato. E so di avere molte difficoltà con la rabbia, perché io sono s e m p r e arrabbiata. Basta una scintilla per risvegliare quella parte di me che urla e sbraita. È sbagliato e me ne rendo conto, ma come si fa con tutto questo? Con la gente che ti dice in faccia che quello che vivi non è vero, te lo immagini, che "non è così male come dici".
Ed è tutto estremamente correlato, perché io vi posso parlare della rabbia lavorativa, ma di base non vengo valutata come una valida lavoratrice (nell'ambito in cui sono ora) perché donna e possibile conquista (soprattutto perché giovane), ma soprattutto come persona da prevaricare. E a me viene da alzare la voce perché porco giuda mi dovete ascoltare quando stracazzo parlo. E non mi fermo all'ambito lavorativo.
TW violenze, ne abbiamo e avete già lette abbastanza in questi giorni, è più uno sfogo quello sotto, quindi liber3 di skippare.
Io, con tutti i miei ragazzi, mi sono trovata a litigare perché non volevo rapporti sessuali e loro sì. E sapete anche cosa? Quando uscì il #metoo, molte ragazze dicevano di non aver mai subito violenze. Io avevo 19 anni. Mi rendo conto, al contrario di quanto affermassero, che in realtà tutte abbiamo subito in un modo o nell'altro molestie (se non addirittura stupri). Una volta una ragazza mi ha confessato che sì, era successo, ma preferiva fare finta di niente perché lei era incosciente e il ragazzo era un suo amico.
Tutto questo per dire che: non è una questione di odiare gli uomini. È una questione di odiare la cultura di merda in siamo tutt3 immers3. E io vorrei picchiare ogni singola persona che non riesce a vedere oltre il suo bellissimo naso.
11 notes · View notes
Text
"Oggi mi chiamano per una consulenza in un altro reparto.
Una delle solite e molteplici consulenze della giornata... ordinaria amministrazione.
Paziente con un tumore in fase ormai terminale con insufficienza renale da compressione degli ureteri.
Arriva con il letto una paziente tra i 70 e gli 80 anni, bianca bianca, capello rosso carota con due dita di ricrescita ma smalto rosa impeccabile.
-"Buongiorno signora".
-"Buongiorno a lei dottore".
Vedo la cartella, la visito e ripeto l'ecografia.
-Allora signora in questo momento i suoi reni hanno difficoltá a scaricare le urine per cui non potendo eliminare le urine per via naturale devo posizionare un tubicino, una specie di rubinetto che scavalca l'ostacolo cosi farà pipí da due tubicini nella schiena collegati a due sacchette...".
-"Scusi se la interrompo... avró un'altra sacchetta anche dietro?" (aveva la colostomia).
-"Si signora...".
Silenzio assordante di un minuto che sembrava interminabile.
Sorridendo mi dice:"Scusi dottore come si chiama?".
-"Deplano".
-"No il nome".
-"Marco".
-"Marco che bel nome...hai due minuti per me?".
-"Certo signora ci mancherebbe...".
-"Lo sai che io sono già morta?".
-"Scusi non la seguo... non è così immediato...".
-"Si... sono morta 15 anni fa".
Silenzio.
-"15anni fa mio figlio a 33 anni e venuto a mancare... ha avuto un infarto. Io sono morta quel giorno lo sai?".
"Mi spiace signora...".
-"Io dovevo morire con lui 15 anni fa, dovevo morire 10 anni fa quando mi hanno trovato la malattia e adesso io non devo più fingere per gli altri. I figli sono sistemati, i nipoti pure... io devo tornare da lui. Che senso ha vivere qualche giorno in più con sacchette soffrendo e facendo penare i miei cari... io ho una dignità. Ti offendi se non voglio fare nulla... io sono stanca e mi affido alle mani di Dio. Dimmi la verità soffriró?".
-"No signora... lei può fare quello che vuole... ma mettendo due...".
-"Marco ti ho detto no. La vita e mia e ho deciso cosi. Anzi fai una cosa sospendi la trasfusione che ho voglia di tornare a casa e mangiare un gelato con mio nipote".
Piano piano ogni parola mi ha spogliato come quando si tolgono i petali a una rosa.
Ho scordato la stanchezza, la rabbia e tutto quello che mi angoscia.
Non c erano piu gli anni di studio, le migliaia di pagine studiate, le linee guida... nulla tutto inutile.
Nudo e disarmato dinanzi a un candore e una consapevolezza della morte che mi hanno tramortito.
Mi sono girato per scrivere la consulenza per evitare che mi vedesse gli occhi lucidi e l'infermiera si è allontanata commossa.
Non sono riuscito a controllarmi e chi mi conosce sa che non è da me...
-"Marco ti sei emozionato?".
-"Si signora un pochino, mi scusi".
-" É bello invece, mi fai sentire importante. Senti fammi un altro favore. Se vengono i miei figli e ti prendono a urla chiamami che li rimprovero per bene. Tu scrivi che io sto bene cosí...Ok?".
-"Si signora".
-"Marco posso chiederti una cosa?".
-"Si signora dica".
-"Sei un ragazzo speciale io lo so e sei destinato a grandi cose. Me lo dai un bacio? Come quelli che i figli danno alle mamme".
-"Si signora".
-"Preghero per te e per mio figlio. Spero di riverderti".
-"Anche io signora... grazie.".
In quel momento era la donna più bella del mondo, luminosa, decisa, mamma, nonna... in una parola amore puro.
Forse é stata la volta in cui sono stato contento di fare una figura di merda.
Smontato, denudato e coccolato da chi avrei dovuto aiutare e invece mi ha impartito la lezione di vita piu toccante della mia vita.
La morte vista come fase finale della vita, senza ansia, paura, egoismo.
Consapevolezza che anni di studio mai ti insegneranno...il mio curriculum valeva meno di zero... Anni di studio, master, corsi... Il nulla.
Parlavano le anime.
Tutto é relativo e io sono piccolo piccolo davanti a tanta grandezza.
Tutto quello che riguarda la vita, quando la si cerca, quando la si ha o la si perde fino a quando finisce va vissuto intimamente nella massima libertà e discrezione.
L'unico momento che davvero unisce chi si vuol bene cancellando litigi e negatività.
Sembra paradossale ma il dolore che è un aspetto dell'amore unisce a volte più dell'amore stesso.
Io credo molto nell'accompagnamento in queste fasi: a volte una parola dolce ha più beneficio di molte medicine.
Comunque vada buon viaggio."
Marco Deplano, urologo dell'ospedale Sirai di Carbonia, in Sardegna
69 notes · View notes
mucillo · 11 months
Text
Guarda "Le labbra del tempo" su YouTube
youtube
In questo pezzo c'è tutto
Musica, parole, voce e rabbia tanta rabbia.
Pezzo splendido.
"Le labbra del tempo"
Dentro di me
Sale la rabbia sorda
Che mi hai risvegliato tu
Un mondo che non ho
L'uomo che ha perso
La sua animalità
Nel buio bianco
Di un'idiota idealità
Solo chi è nudo
Riesce a capire
La tua forza muta
Che comunica realtà
Facce sporche di paura
Si nascondono nel buio
Luci spente sugli altari
Di una stupida umiltà
Gesti, urla, rabbia, (gemiti)
(Coiti), (vivere)
Senza nulla dire
Senza nulla fare
È un diritto che io ho, io ho.
12 notes · View notes
Text
mi sento sola.
mi sento sola ma si tratta di quella ripetuta e molto comune “solitudine anche in mezzo ad una folla di persone” anche se, non per questo, dovrebbe essere considerata meno importante. mi sento sola e mi sembra di essere ritornata a 10 anni fa, quando gli sbalzi d’umore ed i pianti isterici venivano categorizzati in “crisi adolescenziali”. Adesso avrei mille etichette con cui poter catalogare ogni mia crisi di panico, c’è quella dovuta alla paura del futuro, quella del valutare di partire e andare lontano da casa, quella relativa al “e se poi faccio fatica con l’inglese?” per poi continuare con i grandi classici che scatenano le più vigorose urla ossia non vali abbastanza, non sei bella, non sei magra, non sei intelligente, non sei una buona amica, non sei una buona figlia e la lista continua ancora e ancora. A volte mi chiedo se un giorno o l’altro riuscirò a stare dalla mia parte. Ho gli occhi tristi e le dita premono decisamente troppo forte sulla tastiera. Quanta rabbia, troppa. Nei miei confronti? Nah sarebbe troppo maturo come pensiero. Nei confronti dell’universo perché dare la colpa agli altri per come sono è ben più facile piuttosto che affrontarsi a muso duro. E’ più facile odiarsi che amarsi per quello che si è. E’ più facile odiarsi che impegnarsi per migliorarsi, per trovare anche solo quel dettaglio che faccia dire “non sono tutta da buttare”. E’ più facile dire “tanto sono fatta così”. E’ più facile ed è strano perché le situazioni facili non sono mai piaciute, più è impossibile, più mi metto in testa che lo voglio fare. Ma questo non vale per me. E’ come se mi sentissi una causa persa. Come se non valessi la pena degli sforzi perché “tanto non sarò mai come vorrei io”. Sono grande abbastanza per capire che ci sia tanto altro ma il mio riflesso influenza le mie giornate, i miei pensieri, i miei umori da tutta una vita. E tutto questo non è facile per un cazzo. I pensieri stancano ed ecco perché si tende ad optare per la via definita “più facile” ma, dalla mia parte, ci vuole comunque un bel coraggio ad andare avanti, anche così, anche sentendosi ogni giorno più giù e non è facile per niente odiarsi così tanto da non tenerci affatto. Questo sfogo è sbagliato perché non ha un lieto fine e io lo vorrei disperatamente questo lieto fine. 
11 notes · View notes
libero-de-mente · 1 year
Text
La strada della vita
Questa mattina percorrendo la strada che mi portava in centro città, complice la pigrizia del traffico, mi sono preso la briga di automotivarmi.
Di pensare positivo, di vedere la vita in maniera da prendere un respiro e ricominciare.
Ricominciare a viaggiare, ricominciare a leggere, ricominciare ad ascoltare musica, ricominciare ad assaporare le cose belle della vita.
In una giornata primaverile con il colori sgargianti, grazie a un sole limpido, osservavo dai finestrini la vita scorrere lungo la strada.
Ed ecco una coppia, molto anziana, entrambi ricurvi sulle loro schiene camminare attaccati l'una all'altro. Ho subito pensato che per arrivare a stare tanto tempo insieme, quelle due persone, abbiano imparato a ingoiare il dolore per non farlo deglutire a chi gli sta a fianco.
Arrivato al semaforo successivo nell'auto sulla corsia al mio fianco un'altra coppia, stavano litigando. Le urla le sentivo nonostante i finestrini fossero chiusi. Non ho voluto invadere quel momento ho rivolto lo sguardo davanti a me, solo una cosa ho notato: gli occhi di lei, quasi abituati a una disperazione quotidiana. A non piangere per mancanza di tempo, perché se si fermasse cederebbe e verrebbe sopraffatta.
Nel tragitto vedo una donna con un cane al guinzaglio, un cucciolo pieno di vita e curiosità che si sofferma ad annusare e osservare tutto quello che incontra. Lei, lo asseconda con amore guardando quella piccola creatura come se fosse suo figlio.
Probabilmente uscivano dalla clinica veterinaria poco più in là, quella dove nel momento del mio passaggio un furgone per la raccolta di rifiuti speciali sta caricando quello che la clinica veterinaria aveva preparato in un cassonetto. Nel ribaltare il cassonetto non ho potuto fare a meno di notare che tra sacchetti neri e scatole c'era una carcassa. Quello di un cane di grossa taglia, bianco e nero, rigido nel suo stato di morte. La sua anima avrà già superato il ponte, qualcuno in questi giorni ha pianto per l'addio a un membro scodinzolante della famiglia. Un amico fedele, una presenza rassicurante e molti divani condivisi con i suoi famigliari umani. Questo mi sono imposto di pensare, non voglio credere che abbia avuto una vita fredda come il cassonetto metallico in cui si trovava la sua carcassa. Anche se io lo definirei "un corpo". Perché sanno essere più umani di noi.
Passato un incrocio un uomo, avvolto in un eskimo di molte taglie più grandi che lo copriva completamente, la testa coperta dal cappuccio il volto mascherato da una sciarpa fino sotto gli occhi, stava urinando sul marciapiede, contro il muretto di cinta di un giardino pubblico. In mezzo alla strada. Barcolla e riprende a camminare con un equilibrio compromesso, quasi trascinandosi.
Venti metri dopo averlo superato una ragazzina, seduta sotto la tettoia di una fermata dell'autobus, aspetta la sua corsa guardando incantata il cielo. Grandi cuffie sulle orecchie le trasmettono musica che lei canticchia sorridendo mentre muove la testa a ritmo. Il tutto con lo sfondo di un enorme zaino scolastico in spalla.
La vita sta proprio in questo, un lungo percorso dove si alternano momenti di vita piene d'amore e gioia e sogni, con sconfitte e lutti e rabbia.
Non esiste una soluzione per vivere al meglio intesa come legge universale, poiché non tutti ci comportiamo allo stesso modo, non siamo spinti dalle stesse motivazioni. Non abbiamo lo stesso cuore, non siamo uguali. Esiste chi il cuore lo usa tanto, esiste chi il cuore non lo ascolta da così tanto tempo che esso si è rassegnato. Atrofizzato.
Ho semplicemente percorso un tratto di strada che mi portava in centro città, ma se si osserva bene quello che ci circonda c’è da imparare e comprendere in ogni angolo del mondo.
Arrivo al mio appuntamento lavorativo, conscio di aver imparato qualcosa in più di ieri e meno di domani. Stringo le mani, saluto con sorriso cortese e comincio a ritornare con i piedi per terra.
7 notes · View notes