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#pino silvestre
davidperezmartorell · 3 months
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Interacciones entre Sequía Climática y Competencia en la Mortalidad de Árboles: Un Estudio Europeo
Interacciones entre Sequía Climática y Competencia en la Mortalidad de Árboles: Un Estudio Europeo
Resumen La mortalidad de los árboles es un proceso demográfico complejo que influye significativamente en la estructura y dinámica a largo plazo de los bosques. Este estudio examina cómo la intensidad de la sequía climática interactúa con la competencia intra e interespecífica para dar forma a los patrones de mortalidad en dos especies de árboles europeos: el pino silvestre (Pinus sylvestris L.)…
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retrofragrances · 10 months
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jrsbear · 1 year
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Montes de Teruel nevados. II
Reunión de trabajo de Tronchón (14-3-2017) INAGA-Montes′
Para Ramón Fernández, In memoriam
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ifattinews · 1 year
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La Parola all’erborista. Pino Silvestre, l’albero dagli effetti balsamici
La Parola all’erborista Rubrica di erboristeria a cura del Dott. Francesco D’Ambrosio PINO SILVESTRE – L’albero dagli effetti balsamici Siete mai stati sulle Alpi o sugli Appennini o ancora nella pianura Lombarda, in mezzo ad una foresta di pini? Se si, avrete certamente impresso nella memoria il balsamico profumo che, inevitabilmente, si respira sostando tra gli alberi. La sensazione di pace,…
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Alessandro Tofanelli- Metafisica (Surrealismo)
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luposolitario00 · 11 months
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TISANE NATURALI, PRODOTTI DI ERBORISTERIA E l LORO BENEFICI:
Avena sativa: aiuta a rilassare. Si può prenderne una tazza mezz’ora prima di andare a dormire.
Alchemilla: amica delle donne, aiuta contro i dolori femminili.
Altea radice: aiuta ad alleviare i dolori alla gola
Artiglio del diavolo: anti infiammatorio per chi ha dolori alle ossa o ha preso una botta.
Assenzio: aiuta a digerire
Radice di Bardana: serve per depurare la pelle 
Biancospino: aiuta ad abbassare la pressione
Betulla: aiuta ad eliminare liquidi
Boldo: aiuta a depurare il fegato
Borsa pastore: contro le emorragie
Calamo: aiuta in caso di disturbi gastro-intestinali e contribuisce a tonificare il processo digestivo.
Calendula: Per i dolori allo stomaco
Cardo mariano: serve soprattutto a trattare disturbi epatici del fegato. È anche depurativo.
Centella e Equiseto: : è drenante e aiuta anche contro la cellulite. Perché essendo che la cellulite è un accumulo di grassi è anche un accumulo di liquidi in eccesso.
Spaccapietra: aiuta a rompere i calcoli renali
Echinacea: aiuta a rinforzare il sistema immunitario
Elicriso: utile per trattare disturbi all'apparato respiratorio e cutaneo. Aiuta anche che in caso di irritazioni della pelle sensibile.
Epilobio: è utilizzato per trattare i disturbi alla prostata. Interviene nel trattamento delle iperplasie benigne della prostata e, in generale, migliora il sistema urinario.
Erisimo: aiuta ad alzare la voce
Eucalipto: aiuta ad aprire i bronchi se hai la tosse.
Eufrasia: è utilizzata per lavaggi oculari. È utilizzata anche come collirio nei casi di disturbi agli occhi: fenomeni di stanchezza, bruciore, fotofobia, orzaioli, blefariti...
Fiori d’arancio: Grazie al suo potere tranquillizzante, l'arancio contrasta l'insonnia e l'ansia.
Genziana radice: per la digestione e per fare ottimi liquori. Aiuta a rinforzare il sistema immunitario, favorire l’eliminazione dell’acido urico, la tosse, il raffreddore.
Iperico/Erba di San Giovanni: aiuta per tranquillizzare, contro il malumore.
Le foglie di lampone: aiutano a prepararsi al parto. Si assume solo dopo la 37esima settimana di gravidanza. Meglio consultare il medico o l'ostetrica prima di bere la tisana foglie di lampone. Allenta le tensioni della cervice e dei muscoli del bacino. È antispasmodica, disintossicante e ha un’azione rilassante sull’utero. In più può scatenare le doglie.
La liquirizia: serve per alzare la pressione. Ottima per chi soffre di pressione bassa.
Luppolo: serve per rilassare ed è contro gli stati d'ansia, l'agitazione, l'irrequietezza e l'insonnia.
Lichene d’Islanda: è ottima quando si ha la voce giù e tanti cantanti la usano.
Malva: è specifica per lo stomaco e va bene anche quando hai infiammazioni in bocca, fai la tisana, la lasci raffreddare e poi fai dei risciacqui.
Mirtillo: contro la diarrea.
Passiflora: serve a rilassare e a scacciare i pensieri negativi.
Piantaggine: contro il catarro
Pino silvestre: aiuta d’inverno quando si è raffreddati per respirare meglio.
Rabarbaro: va bene come lassativo.
Rovo: depurativo, anti infiammatorio e contro la diarrea.
Tarassaco: aiuta a pulire il fegato.
Uva Ursina: contro la cistite.
Valeriana: aiuta a dormire e calma.
Verbasco: anti infiammatorio. Se prendi una botta puoi usarlo mettendolo in un cuscinetto e poi stendendolo sulla pelle.
Veronica: È ottimo quando ti fanno male le ossa ed è anti infiammatorio.
Vischio: serve per abbassare la pressione.
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LupoSolitario00 🐺
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francesco-blog-di · 3 months
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Raga ma come sono passato dall'essere giovane all'ordinare arbre magique al profumo di pino silvestre su Amazon?
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spettriedemoni · 1 year
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“La pioggia nel pineto” di G. D’Annunzio
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo vólto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo, e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione
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saysomethingright · 11 months
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Ode di Giovanni Annunzio laz «pineta».
Il poema è ambientato in una pineta nella quale passeggiano un personaggio maschile ed uno femminile. Alla fine dell’ode comprendiamo come i due umani che si stavano riposando nella pineta iniziano a diventare parte della foresta.
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
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ocasoinefable · 1 year
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Se acerca la noche, siento frío. Mis manos resentidas con mis dedos ahogan los intentos. Vertedero en el silencio, alcanza mi cabeza. Soy como animal silvestre, salvaje o dadivo ... Como pequeño abro mis manos y me escondo, alegó con la luna hasta que siento que tú llegas. Olvidó términos y solo me vuelvo un estambre en tu regazo, veo enredarse los minutos y comienzo a sonreír, vuelve la risa olvidada, el enojo momentáneo se va, también vuelves pequeño y abres tus dedos sobre mis cabellos, los alista sobre el río y besas mi frente, flores en los copos de los pinos. Me acerco a tu boquita con mis yemas trémulas aún, respiro tu aliento, le sigo en silencio, surca tus labios y entre la comisura muerdo mi boca... Arrullo tu mejilla derecha, le doy un dobles a los vellos y veo erizarse tus pestañas mientras mi lengua besa la sonrisa que se escapa. Me hundo al cuenco de tu vientre, tengo tu olor llenando mi labios de sonrojo, tengo tu sangre alborotando mis dedos. Rodeo tu torso y me inclino a cantarle mi silencio... Tus dedos arbustos se recogen en mi cuello, se alisan y se dejan caer. Dejarlo todo, solo sentirte así, en los clarinetes de las palomas que no vuelan, en los venir de una tarde temprana, en los charcos sobre el tejado... Pienso mientras tu nariz sigue en mis oídos, arrollo en las puntas y bajo tu risa dejo los bordes de mi boca...
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htca2 · 2 years
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CASA ENTRE LA PINEDA
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ARQUITECTO: FRAN SILVESTRE
LOCALIZACIÓN: PATERNA, VALENCIA, ESPAÑA.
CRONOLOGÍA: 2016
Fran Silvestre nació en Valencia, España el 5 de Julio de 1976 y estudió en la Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Valencia donde se graduó en el año 2001 y un año después, se especializó en la planificación urbana en la “Technische Universiteit Eindhoven”. Gracias a ello, se ganó una beca para trabajar codo con codo con el Premio Pritzker Álvaro Siza en su estudio en Oporto. Además, desde el año 2006 es profesor de la Universidad Politécnica de Valencia y desde 2009 en la Universidad Europea. Fran Silvestre se centra en la construcción de viviendas como se puede observar si repasamos la mayoría de sus obras, aunque también tiene algunas obras institucionales muy destacadas como “El centro de arte y auditorio de Alfafar”. Entre sus viviendas mas destacadas se encuentra la elegida, “La Casa entre la Pinada”.
El diseño y construcción de dicha casa tiene lugar en el periodo de la arquitectura contemporánea española. Dicha arquitectura es característica por la interconexión de volúmenes donde es observable que es una arquitectura muy clara y limpia donde destaca el blanco como color principal. Además, la arquitectura reciente española destaca por la integración de las obras en el medio natural con una “transparencia” interior, permitiendo la entrada de luz, pero una gran privacidad exterior, negando la vista de las viviendas desde el exterior.
El proyecto trata de dar una rehabilitación a la vivienda ya existente, la cuál estaba conformada por la agregación de distintas intervenciones realizadas en distintas épocas y mediante diferentes sistemas constructivos. El objetivo de la rehabilitación es dar una identidad nueva y uniforme a la vivienda bajo la limpieza y claridad arquitectónica que caracteriza al arquitecto valenciano.
Fue esencial mantener la estructura, los espacios y el jardín, para mantener los recuerdos de la casa, pero presentándolos de una manera renovada.
La Casa Entre la Pinada está compuesta por veintiuna mesetas y siete volúmenes. Los dos volúmenes principales están superpuestos uno encima de otro dejando un pequeño vuelo en la parte superior respecto al inferior. Además de los dos volúmenes principales, podemos encontrar un tercer gran volumen dónde se encuentra la zona del garaje y la zona de ocio de la casa, añadida en la rehabilitación realizada por el arquitecto valenciano en 2016.
Cabe destacar como Fran Silvestre agrega pequeñas piezas, dibuja patios y acota las zonas, como es destacable en la arquitectura tradicional mediterránea, pero dándole su toque característico.
En la zona interior se respeta el sistema de seminiveles, produciendo una gran heterogeneidad espacial con estancias con una gran diversidad de dimensiones y alturas. La estructura portante sobre la que es realizada la rehabilitación se encuentra en el interior del mobiliario el cual tiene el mismo tono que los troncos pinos que se encuentran en la parcela.
También mencionar las dos piscinas que se encuentran en esta vivienda, una exterior orientada al sur a la que se accede por un estrecho camino realizado sobre mármol debajo de un gran pino y una interior situada en el nuevo volumen justo detrás del garaje al lado de la zona de ocio.
Para finalizar y como el propio arquitecto valenciano cita “La casa se teje tanto entre los árboles como en los buenos recuerdos que conviven en esta pinada”.
BIBLIOGRAFÍA:
FranSilvestreArquitecto.CasaentrelaPinada. <https://fransilvestrearquitectos.com/projects/casa-entre-la-pinada/> [31/09/22]
Metalocus,OlgaSvischeva.CasaentrelaPinada. <https://www.metalocus.es/es/noticias/casa-entre-la-pinada-por-fran-silvestre-arquitectos#:~:text=Ubicada%20en%20Paterna%2C%20Valencia%2C%20esta,y%20los%20recuerdos%20que%20conlleva.> [31/09/22]
Interioresminimalistas.CasaentrelaPinadadeFranSilvestreyAlbertoHoffman.<https://interioresminimalistas.com/2016/09/26/casa-entre-la-pinada-de-fran-silvestre-y-alfaro-hofmann/> [31/09/22]
Archdaily.CasaentrelaPinada.<https://www.archdaily.co/co/796070/casa-entre-la-pinada-fran-silvestre-arquitectos/57e942bae58ecedcfd00003a-casa-entre-la-pinada-fran-silvestre-arquitectos-imagen?next_project=yes> [31/09/22]
Reista:Diseñointerior.ProyectosFranSilvestreArquitectos:CasaentrelaPinada.<https://www.revistadisenointerior.es/519/> [31/09/22]
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umi-no-onnanoko · 2 years
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Bentornata a casa
Rincasare la sera e trovare il fuoco scoppiettante nel camino, il cui odore ormai aveva impregnato tutta la casa, la tavola imbandita ed il gatto Moon strusciarsi contro le sue caviglie era già di per sé rilassante e famigliare, ma trovare il suo compagno con le maniche della camicia arrotolate fino agli avambracci, i muscoli tesi, i capelli arruffati ed il viso arrossato dal vapore proveniente dal cibo sul fuoco e dal camino era estremamente appagante.
Non si era ancora accorto della sua presenza, perciò preso Moon in braccio, poiché anch'esso reclamava la sua dose di coccole, si avvicinò all'innamorato sorridendo rilassata.
Il forte profumo del legno che bruciava nel camino e quello del cibo si mischiavano in un mix perfetto, ma mai altrettanto perfetto rispetto al profumo di casa sua, quelle braccia che da qualche anno costituivano il suo posto nel mondo.
Sapeva di pulito, di fatica e sudore, di dopobarba, di pino silvestre, ma anche di quel nonsochè che l'aveva colpita dal primo momento e che lei definiva "il suo personale profumo", non era possibile descriverlo a parole, ma era così penetrante per lei che le aveva inebriato i pensieri.
Non avrebbe mai pensato di dividere una casa con lui, una casa costruita con amore e sacrifici da parte d'entrambi, che rispecchiava i loro gusti, calda, semplice ed accogliente; l'arrivo di Moon non era stata che la ciliegina sulla torta.
Come spesso accadeva la sera, quando non lavorava, aspettava il suo ritorno seduta davanti alla bella poltrona in pelle posta sotto la finestra nel salotto, era ottobre e fuori picchiettava una gelida pioggia autunnale; lo vide rinvasare in fretta per sottrarsi all' intemperia.
Lo sentì rovistare un po' e poi infilare la chiave nella toppa facendo scattare la serratura, la raggiunse alla sua postazione e chinatosi al suo fianco scostò un po' il cappotto che lo avvolgeva dal quale emerse il musetto vispo di un bel gattino nero.
Lo aveva trovato tra i cassoni dell' emondizia e aveva pensato che sarebbe stato molto meglio a casa con loro; da allora Moon completava il loro piccolo quadretto famigliare.
Ormai arrivata alla schiena dell'uomo lasciò andare il gatto e pose le proprie braccia intorno a quel corpo solido e confortante per abbracciarlo.
Egli voltò il capo ed il suo sorriso la irradiò come un caldo sole estivo, facendola sorridere di rimando, finché lui ruotando il proprio corpo non la strinse fra le braccia baciandole la fronte e mentre le riponeva una ciocca ribelle di capelli dietro le orecchie le sussurrò:" Bentornata a casa amore."
-umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko )
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expofartesfallida · 2 years
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Serva Natura
El dadaísmo surgió con la palabra dadá encontrada por Tristán Tzara en 1916, esta palabra puede significar todo, o bien, nada, es en esencia un símbolo de rebelión y negación, nos muestra nuestro lado infantil y nos libera de las normas tradicionales y conservadoras del arte; esta sensación de rebelión y libertad, fusionado con mi fascinación y amor por la naturaleza me hicieron crear Serva Natura, una exposición basada en el deseo de querer conservar una de las cosas que más amo en el mundo.
La mera existencia humana es una alteración al planeta Tierra desde sus principios, pero si cambiáramos un poco nuestras costumbres y hábitos podríamos disminuir nuestro impacto al medio ambiente; Serva Natura está intencionada para crear conciencia en las personas de la urgente necesidad de cuidar el planeta y sus recursos, ya que, de lo contrario, llegaremos a un punto de no retorno y llevaremos en picada el bienestar del mundo.
Cuando veas estas flores enmarcadas y conservadas quiero que visualices el futuro, que te imagines estar viendo la flora en un museo, quiero que pienses en las cosas que pasan en el mundo que podrían llevarnos a que próximamente la única forma de ver flores silvestres sea en museos de historia natural, o en laboratorios especializados, que el recoger una flor, pisar el césped recién cortado, apreciar el aroma de un pino o ver pequeñas abejas polinizando sean actividades imposibles, sean meros recuerdos cubiertos de melancolía.
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Título: Serva Natura
Autor: Mariana Sánchez Lara
Técnica: Ready-made
Año: 2022
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Alessandro Tofanelli- Metafisica (Surrealismo)
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diarioelpepazo · 1 month
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A 72 años de la tragedia en Santa Teresa [caption id="attachment_107127" align="aligncenter" width="640"] El fervor es asombroso hacia El Nazareno. Foto Cortesía[/caption] Luis Carlucho Martín Mientras en Bolivia la Revolución Nacional amaneció de golpe, acá en Caracas, bomberos, policías, rescatistas, médicos y personal de salud, exangües atestiguaban el colapso de sus servicios. Pero no por coronavirus. Ese bicho ni existía. Eso ocurrió, así en paralelo, la madrugada del 9 de abril de 1952, cuando una desesperada voz de “fuego, fuego” generó pánico, confusión y una mortal estampida humana en la iglesia de Santa Teresa aquel Miércoles Santo cuando la feligresía se alistaba a presenciar la eucaristía que oficiaría el párroco Hortensio Carrillo en honor a la milagrosa deidad de la compasión y la salud, el Nazareno de San Pablo. Gente de todo el país –y también de afuera– se agolpaba en torno a aquel templo –erigido en 1881 según diseño del arquitecto criollo Juan Hurtado Manrique, por órdenes del presidente Antonio Guzmán Blanco, quien lo bautizó inicialmente como Santa Ana, primer nombre de su esposa y de la capilla de la fachada oeste del templo. Y seis años más tarde cambió a Santa Teresa, el segundo nombre de la Primera Dama y de la otra capilla interna de la icónica infraestructura. La imagen del Nazareno, llegada de España, fue consagrada el 4 de julio de 1674 por fray González Acuña. Comenzó a ser venerada en la iglesia de San Pablo Ermitaño –de allí el nombre de San Pablo–, templo demolido y sustituido 200 años más tarde –por órdenes del Ilustre Americano–, por lo que hoy es el Teatro Municipal, llamado inicialmente Teatro Guzmán Blanco, bajo los diseños arquitectónicos de Esteban Arícar (francés) y el nativo Jesús Muñoz Tébar. Todo gira en torno a la escultura en madera de pino silvestre tallada en Sevilla durante el siglo XVII por el artista Felipe de Ribas, alabado por el propio Nazareno cuando le preguntó ¿dónde me has visto que me hiciste tan perfecto? Hay una versión venezolana que atribuye la obra y la leyenda al tallador Joseph Cristian Molinero, quien cayera muerto ante el reconocimiento que le dispensara por su perfecta creación la milagrosa imagen, que, según la tradición, al redimir cada pecado de su feligresía se encorva y oscurece paulatinamente. Debido a la epidemia de vómito negro de 1696, que no había podido aplacar la patrona Santa Rosalía de Palermo, el entonces gobernador de Caracas, Francisco Berroterán, ordena la procesión del Cristo moreno. Así de inveterado resulta el génesis de esa tradición que el genio de Andrés Eloy Blanco nos brinda siglos más tarde en El Limonero de Miracielos. Por cierto, hay diversas versiones. La más difundida se circunscribe al siglo XVII, cuando en plena procesión El Nazareno se enreda con un racimo del árbol en la céntrica esquina caraqueña. A su paso cayeron limones santificados –creían–. Basados en la fe algunos ligaron el zumo con las claras aguas de la quebrada Catuche. Los más osados pusieron fin a la epidemia al ingerir, sin ligaduras, el bendito y “ácido licor”, como lo describe el poeta cumanés. Clero y política: peligrosa combinación La tragedia de 1952 fue atribuida, sin prueba alguna, a un atentado gestado desde el extranjero con actores internos, según afirmó el ileso padre Carrillo. Declaración acomodaticiamente similar a la de la Seguridad Nacional, que relacionó el hecho con un magnicidio contra el Ministro de Defensa, Marcos Pérez Jiménez, quien calentaba motores para pronto adueñarse del coroto que en esos días ostentaba, como líder de la Junta de Gobierno, Germán Suárez Flamerich. Fueron incriminados “los adecos Leonardo Ruiz Pineda, Alberto Carnevalli y sus aliados comunistas”. Temeraria declaración apoyada por el gobernador Guillermo Pacanins. Se decretaron tres días de duelo nacional. Nadie sabe cómo el cura Carrillo osó ligar la sangrienta tragedia de Santa Teresa con El Bogotazo –ocurrido cuatro años antes–, donde asesinaron al líder del Partido Liberal colombiano, Jorge Eliécer Gaitán…pero lo hizo.
¿Qué pasó? Aquella madrugada la fe caraqueña abarrotó los espacios dentro y fuera del templo. Los bachaqueros de entonces comerciaban velones, imágenes, estampas y sahumerios. Los grandes y pesados portones de madera colonial abrieron puntual a las 2. Adelantaban preparativos para la misa de las 5 de la mañana en una jornada que se extendería hasta entrada la noche con otras misas y la tradicional procesión… Dicen que a las 4:45 el manto de una rezandera al pasar cerca de un velón encendido agarró fuego que menguó de inmediato. Pero la llamarada por tenue que pareciera generó el dantesco embrollo. “Crearon caos para robar el anillo de oro de la Virgen de Coromoto”, dijo alguien. No había cómo escapar. Saldo: 22 damas, 24 niños y cuatro hombres envueltos en reverencial púrpura cayeron ante la fuerza de la turba atemorizada que además dejó 115 heridos. Inútiles esfuerzos pretendieron retomar el orden, salvo la acción de un monaguillo no identificado –reseñó el diario La Nación– que rescató a siete niños resignados a un destino fatal. Medio siglo antes, el 26 de marzo de 1902, en el mismo sitio, una voz agorera gritó “terremoto”. El terror cobró las vidas de dos damas y 30 heridos. Caracas, la mítica, recrea, no solo en Santa Teresa sino en el Puesto de Socorro donde atendieron a las víctimas de entonces –actual sede del Ministerio de Educación–, espectros fantasmales cuyos lamentos son cónsonos con los reclamos de mejoras salariales para los maestros y todos los empleados públicos, además de elevar el nivel del paupérrimo sistema de salud. Esas y un montón de peticiones terrenales llenan la agenda de la feligresía que, contra viento y marea, sigue mostrando su fe por el Nazareno a todo riesgo. Para recibir en tu celular esta y otras informaciones, únete a nuestras redes sociales, síguenos en Instagram, Twitter y Facebook como @DiarioElPepazo El Pepazo
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“Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.”
-La pioggia nel pineto, Gabriele D’Annunzio
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