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#non mi importa niente
deathshallbenomore · 1 year
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io che oggi devo andare a prendere il tè con un amico ghei di quelli che ti fanno dubitare della solidarietà tra gheis
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put-on-a-happyface · 10 months
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Hai ancora bisogno di un sogno
Hai ancora bisogno di credere
Perché a un certo punto qualcosa si è rotto
E forse doveva succedere
Io non lo so come andrà
So che da soli si riesce a guarire
Da quel malessere addosso che ti fa
Avere voglia solo di sparire
Neanche la musica ti cura più
Ma è la sola cosa che è rimasta
E se nessuno l'ascolterà più
Sarà il momento di dire basta
Questi uomini, ti uccidono l'ispirazione
Questi soldi, confondono la tua missione
Queste donne, ti rubano tutto l'amore
E questa libertà, ha il profumo di una prigione
Ma tu ti svegli ancora con il sole
Guardi allo specchio il tuo nemico
Non aver paura delle tue paure
Se il vento in faccia ancora ti fa effetto
Sei selvaggio, come gli animali
E sarai libero, come la notte
Sarai forte dentro questo spirito
Che tieni stretto ancora tra le mani
Non temere amico mio il domani
Apri le ali
Ama se ti amano
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io-pentesilea · 1 month
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La verità... è che non me ne frega più di niente.
Delle bugie e dei tradimenti di falsi amici o parenti.
Dell'amore e degli uomini.
Di essere stata relegata al lavoro, visto che non sono una leccaculo, al ruolo di... guardarobiera? Receptionist?
Non me ne frega niente dei viaggi a cui dovrò rinunciare - anche quello del sogno - o di dovermi negare qualsiasi sfizio.
Non me ne frega niente dei vestiti, delle scarpe, delle mostre e dei cinema.
Delle cene fuori o delle feste.
L'unica cosa di cui mi importa, ora, è la mia casa.
E non me ne frega niente dei sacrifici che faccio e dovrò fare.
Se solo l'universo per una volta, una cazzo di volta, guardasse nella mia direzione...
Perché niente ha più importanza se non la mia casa.
Barbara
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gocciaemozione · 3 months
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Sono quel tipo di persona a cui non interessa ciò che hai, ma solo chi sei. Non mi importa nulla di quanti soldi possiedi, non potrai comunque mai usarli per conquistarmi. Non mi colpisce il denaro, mi colpiscono le parole e i piccoli gesti. Potresti essere povero eppure essere comunque una persona di gran valore. Non fa nulla se non hai niente da offrirmi, la tua presenza mi basta. Regalami un anello fatto di cartone e lo indosserò come se fosse un anello di diamanti. O un braccialetto da 1 euro e lo indosserò ogni giorno come se ne valesse 100. Non voglio regali costosi. Voglio bigliettini d'amore scritti a mano. Una foto di noi assieme. Un fiore strappato da chissà dove. xD un cono gelato del mio gusto preferito. O una serata sul divano a guardare un film sotto la stessa coperta. Oppure un "questa canzone mi ha fatto pensare a te". Piccole cose per tanti che per me invece significano davvero tanto. Piuttosto che in un ristorante di lusso, letteralmente invece mi siederei con te su una panchina per strada a mangiare insieme hamburger e Coca-Cola e sarei la persona più felice al mondo. Non mi importa di quanto spendi per me, i soldi non comprano il mio amore. Sarei felice semplicemente perché sarei con te. Questo e nient'altro è ciò che basta per starmi accanto.
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incazzatanera · 26 days
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*sfogo di cui probabilmente non frega un cazzo a nessuno *
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Dopo anni che non facevo serata in un locale, questa sera mi sono lasciata trasportare da nuove conoscenze e di conseguenza sono stata invitata in questo bar con musica e pista. In tutta la serata mi sono guardata attorno e vedevo solamente un mucchio di ragazze fotocopie. Tutte le ragazze avevano una giacca di pelle, tutte avevano i capelli perfettamente piastrati (e incredibile come la maggioranza di loro fossero bionde), l’eyeliner nero, borsa con la catenella e tutte rigorosamente con stivali alti, neri. E non ditemi che è MODA. Io mi sono sentita a disagio e fuori luogo; una ragazza cicciottella con i capelli rossi, vestito a maglione lungo con le perle, stivaletti e calzini bianchi. E poi ho guardato i ragazzi, quelli con cui ho incrociato gli sguardi, subito dopo spostavano gli occhi sulle ragazze in mia compagnia e le scrutavano illuminati, d’altronde chi non resterebbe paralizzato davanti ad occhi azzurri come acqua cristallina? Per tanto tempo ho provato ad essere una persona che non ero ma non ha funzionato e la dura realtà è che io sono così, sono destinata ad essere così per il resto della mia vita e ho realizzato che non c’entro niente con queste persone, anche nei modi di fare e di atteggiarsi. Mi sento sempre fuori luogo perché mi sento inadeguata al contesto che ho attorno ogni giorno e non importa quanti sforzi faccia, alla fine mi sentirò sempre sul bordo probabilmente perché per prima, mi ci metto sempre io ma non riesco a fare altrimenti.
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giovaneanziano · 6 months
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Stavo facendo lezione. A un certo punto un’insegnante mi ferma e mi fa “ma non dice niente che ad Alessia si intravede il reggiseno?” mi sono calmato, ho preso un respiro e le ho detto davanti alla classe “per prima cosa ha interrotto la spiegazione che gli alunni stavano ascoltando, seconda cosa non sono un insegnate ma un soccorritore formatore, non è il mio lavoro riprendere gli studenti sul loro vestiario. Ed ultima cosa, questo è il problema della scuola d’oggi, dove ci si ferma alla copertina e non si valuta il libro. A me, che sia nuda o un palombaro non mi interessa, a me importa che i ragazzi a fine giornata sappiano almeno fare una chiamata di soccorso efficace e iniziare al più presto una rianimazione cardiopolmonare. Valuto solo i contenuti mi spiace” e l’insegnante dopo un “come si permette” ha lasciato la stanza.
Purtroppo la scuola riflette la società: fino a quando si valuteranno le apparenze invece che i contenuti, la nostra società rimarrà retrograda.
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volumesilenzioso · 1 year
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sono particolare, si. storta come la torre di Pisa, segnata da rabbia, odio, ansia e depressione.
quell’odio ce l’ho scritto sulla pelle. il mio corpo è da sempre l’unico posto in cui riesco a scaricare rabbia e sofferenza.
ho perso il conto delle volte in cui mi sono sentita giudicata per tutte le cicatrici che porto addosso. d’altronde non mi aspetto che tutti capiscano, ma sono state le mie esperienze a farmi smettere di giudicare gli altri, perché ho capito che non posso capire tutto e tutti, ed è proprio perché non capisco che non mi permetto di giudicare.
un tempo mostrare le mie cicatrici mi spaventava, sapevo che tutti (o quasi) mi avrebbero giudicata, in primis la mia famiglia. l’estate era un inferno, dovevo scegliere tra morire di caldo o andare in giro con le braccia scoperte e le cicatrici bene in vista, odiavo il fatto di non poterle nascondere. ad oggi le mostro volontariamente, non perché ne vado fiera, non c’è niente di cui andar fiera. le mostro senza problemi semplicemente perché mi sono rotta il cazzo, non mi importa del giudizio degli altri, anzi, in fin dei conti io le trovo anche “carine”, o almeno mi piace consolarmi pensando che lo siano. mi sono rotta il cazzo di avere paura dell’intimità, di avere paura dei vestiti estivi, di avere paura di farmi vedere. ci devo convivere con queste cicatrici, fanno parte di me, quindi non me ne frega un cazzo. dopo aver scattato queste foto, riguardandole, mi sono odiata più del solito, ho pensato “le ragazze normali possono fare foto del genere e risultare attraenti, mentre io sono solo qualcosa di rotto, per niente attraente”. però poi ho pensato che non fa niente, nella vita non voglio essere attraente, anzi, non vorrei proprio essere in vita. quindi è già tanto che sto resistendo, sono ancora “viva”, per così dire, a chi importa se ho qualche cicatrice addosso? ai miei nonni brillano gli occhi quando mi vedono sorridere, loro sono felici che io sia ancora qui. i miei amici hanno visto ogni singola cicatrice e mi parlano ancora, tengono ancora a me, hanno sofferto quando ho provato a togliermi la vita, ci sono stati male entrambe le volte, loro sono felici che io sia ancora qui. il mio cane mi fa ancora le feste e vuole ancora le mie coccole quotidiane, lui è felice che io sia ancora qui. sono io a non esserne felice, ma voglio provare ad esserlo, voglio darmi ancora una possibilità. tutti gli altri non contano, tanto la gente avrà sempre tante critiche da fare e poche parole gentili.
#me
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e-ste-tica · 23 days
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ho capito che nel sistema accademia, se non sei un* spocchios* arrogante, la sindrome dell'impostore è di default, il non sentirsi all'altezza è un sentimento previsto dal funzionamento della macchina per farti sviluppare l'ansia da produttività e farti partorire paper, scrivere interventi, sviluppare fomo per i convegni. ricordarmelo mi aiuta a contestualizzare l'ansia pervadente e pesante che provo. non ho neanche la vaga pretesa di essere particolarmente originale, mi importa dire cose sensate che non siano stronzate anche se banali. nella ricerca sociale 9 volte su 10 vengono dette cose che dice già chiunque altr* in contesti di attivismo, solo che non viene ascoltat* perché non parla da una cattedra. ricordarmi che non conto niente mi fa sentire meglio, non ho il peso di dover produrre chissà quale teoria enorme e incredibile. voglio solo creare spazio: portare un po' di mondo transgenere nei convegni che non lo prevedono, dare rilevanza a saperi che solitamente non vengono considerati, dire due cose basilari che sa benissimo chiunque abbia frequentato degli spazi queer ma che i mammuth in università non conoscono. voglio essere un tramite per altre voci e altre persone che hanno cose molto più importanti da dire, non aspiro a essere un genio né uno particolarmente brillante. e allora mi dico: stai calmo che due cose da dire a sta maledetta conferenza le accrocchi, una scaletta ce l'hai, e se farai schifo imparerai dove hai sbagliato e farai di meglio. così vado a dormire un po' meno agitato, la consapevolezza di non essere nessuno mi rasserena sempre.
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fioreatestaingiu · 1 month
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Sono una buona amica. Ascolto sempre , sono leale, mantengo segreti e promesse, dò consigli, asciugo lacrime, faccio ridere, difendo e combatto.
Ho anche dei difetti ovviamente, ma ci sono sempre, per tutto e tutti. Sono sempre fottutamente qui, non importa cosa possa accadere, io ci sarò, fino alla fine. E guardatemi, sono a pezzi. Dò tanto, troppo e finisco in pezzi. Finisco sempre a dire “no, non ti preoccupare, passerà”.
Parlo con le persone e mi sembra di non sentire niente. Gli unici momenti in cui avrei davvero bisogno di una maledettissima persona accanto, di qualcuno che si prenda seriamente cura di me, non sento nessuno. Nessuno mi difende, nessuno mi dice anche solo uno stracazzo di “mi dispiace” che non sia per pena. Ci sono solo io e i miei cazzo di pensieri perché, giustamente, ognuno ha la propria vita. Funziona così. Ma io sono a pezzi e questo non riesco a perdonarmelo e a perdonarvelo. A parti inverse sarei pronta con la colla per rimettere ogni vostro pezzo al suo posto e io, invece, non ricevo nemmeno risposte ai messaggi. Sono mesi che vi dico “non ce la faccio più” eppure non è cambiato niente, non avete mosso un dito in più.
Sarà ora che vi salviate da soli, io getto la spugna.
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generalevannacci · 1 month
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Adriano Sofri
Ester Mieli, Giorgio Zanchini
Ester Mieli è una senatrice, nata nel 1976, laureata in sociologia, ed è stata una giornalista. Suo nonno, Alberto Mieli, è stato deportato ad Auschwitz e a Mauthausen e ne è scampato in extremis, ha testimoniato instancabilmente della Shoah, e ha scritto con Ester un libro intitolato: "Eravamo ebrei: questa era la nostra unica colpa". Alberto Mieli è morto nel 2018, a 92 anni. Ester è stata anche portavoce della Comunità ebraica romana.
A lei, ricca di questa ammirevole biografia, Giorgio Zanchini, nel corso della sua trasmissione radiofonica, ha chiesto: "Lei è ebrea?" Domanda del tutto retorica, evidentemente. L'ebraismo della senatrice Ester Mieli è la sua condizione più notoria e rivendicata. Quando, più tardi, lei ha ritenuto che la domanda fosse indebita, e una quantità di voci sdegnate della sua parte politica (non importa quale), e non solo, si sono levate per gridare allo scandalo, Zanchini ha creduto giusto scusarsi e ha sconsolatamente spiegato che il suo proposito era di solidarizzare con la senatrice, e che niente sarebbe stato più inappropriato e mortificante per lui che il sospetto di una inclinazione antisemita. "Sono sempre stato un moderato. Mi hanno già mollato tutti, Non mi impiccate".
Questo è successo oggi.
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monologhidiunamarea · 4 months
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Oggi mi è stato detto che non permetto alle persone di avvicinarsi a me.
A prescindere se qualcuno si vuole avvicinare lo fá,se una persona ha realmente interesse i muri che metto non dovrebbero essere un ostacolo o un motivo per starmi lontano .
Definiamo i miei muri un filtro che mi toglie di mezzo gente a cui in realtà non importa realmente di starmi vicino.
Sarà che quando io voglio una cosa niente e nessuno mi ferma.
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soldan56 · 6 months
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- Zia Giorgia?
- Sì?
- È vero che tu governi il Paese?
- Io e altre persone, sì.
- È difficile?
- Molto. Certi giorni però è anche bello. Per esempio domani inauguro a Roma una mostra su Tolkien.
- Chi?
- Non conosci Tolkien? Ma, tesoro mio, è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. L’autore del Signore degli Anelli, il mio romanzo preferito. Un libro che mi ha cambiato la vita.
- Perché?
- Perché ha influenzato la mia persona e definito quelli che oggi sono i miei ideali politici.
- E di che parla?
- È una grande storia. Un’epica fatta di onore, coraggio, fratellanza e cameratismo. Vedi, c’è questo piccolo gruppo di impavidi che deve sconfiggere un esercito molto più numeroso e attrezzato.
- Come i partigiani?
- Eh no! No cazzo! Non come i partigiani!
- …
- Scusa, io… scusami, non so che m’è preso. Mi spiego meglio: c’è questo manipolo di combattenti che muovendosi fra i boschi…
- Come i partigiani.
- No! Non sono come i partigiani! Sono diversi! Sono una compagnia, un pugno d’uomini, una… una…
- Brigata?
- Una squadra! Una squadraccia! La squadraccia dell’anello. Tosti, gagliardi, virili! Aragorno, Gimlio, Legolazzo!
- E che fanno?
- Fanno la marcia su Rohan.
- La che?
- Non importa. Ti basti sapere che questi sono uomini d’altri tempi, individui tutti d’un pezzo, come non se ne scrivono più. E insieme uniscono le forze per…
- Resistere?
- Assolutamente no! Semmai per difendere i confini della Terra di Mezzo. Pensa che nella squadraccia c’è un nano, un elfo, un umano, un…
- Che bello, sono inclusivi.
- Non sono inclusivi! Porca mignotta non possono essere inclusivi! Loro cercano l’omogeneità culturale. Via gli orchi, via i goblin, via pure gli elfi. Si tollerano i nani giusto perché ce li abbiamo in coalizione.
- Ma tu hai detto…
- Silenzio. C’è Aragorno, destinato a diventare re…
- Re?
- Reazionario. Il leader forte di cui la Terra di Mezzo ha disperato bisogno. E poi ci sono gli hobbit.
- Cosa sono gli hobbit?
- Sono i veri protagonisti della storia. Un popolo fiero e genuino che vive isolato dal mondo in una magica terra incontaminata chiamata Contea. E nella Contea trascorrono liete giornate in comunità bevendo e fumando erba rilassante.
- Come un centro sociale.
- Col cazzo! Un centro sociale! Come t’è venuto in mente?! È una comune hobbit!
- E che differenza c’è?
- Che questi stanno a piedi nudi e ballano e cazzo è un centro sociale.
- Te l’avevo detto.
- Ma non è neanche la Contea il punto. Il punto del libro è… è la guerra, il conflitto, le battaglie.
- Le battaglie contro chi?
- Contro Sauron e il suo malvagio regime. No, aspetta. Non regime, mi correggo: regno. Regno di Mordor che si trova dietro a un cancello di colore opposto al bianco…
- Cioè nero.
- Per cortesia, è solo un colore, non strumentalizziamolo. Si rischia di farlo diventare la solita coperta di Linus della sinistra. Insomma, questo Sauron ha creato una specie di stato autonomo dentro la Terra di Mezzo…
- Tipo la Repubblica di Salò?
- C’hai dodici anni! Dove cazzo hai imparato cos’è la Repubblica di Salò?
- A scuola.
- Devo assolutamente parlare con Valditara… Insieme a Sauron, che per quanto ne sappiamo potrebbe pure venir fuori da certi ambienti contestatori e sovversivi, ci sono i suoi cavalieri del colore non rilevante. Si chiamano Nazghul.
- Sembra nazisti.
- E invece no. E se volesse dire studenti? Se volesse dire zecche buoniste a cavallo di mostri alati? Mo conosci pure la lingua di Tolkien! Arrogante! Comunque non vorrei che adesso passasse l'idea sbagliatissima che i neri son tutti i cattivi e gli altri tutti buoni. Per dire, Saruman è bianco ma è anche cattivo.
- Okay. Chi è Saruman?
- Un tizio che parla da un balcone.
- E quando non parla dal balcone?
- Bonifica.
- Zia…
- …
- Perché fai così?
- Così come?
- Ti affanni nel tentativo disperato di accostare questo libro alla destra radicale?
- Be’, non ne abbiamo tanti.
- D’accordo, ma evidentemente questo non funziona.
- A noi piace questo.
- Perché proprio questo?
- Perché se riusciamo a trovare un modo per farci associare ad Aragorn e Frodo, in questa Storia vinciamo noi.
Non è successo niente
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singinthegardns · 3 months
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"Però, sai? Forse ti sto dimenticando. Non piango più dopo averti parlato, né dopo averti visto parlare con un'altra, e nemmeno dopo che i nostri occhi si sono incontrati. Certo, il tuo nome mi smuove ancora qualcosa dentro, certo, quando penso a cosa eravamo, e non siamo più, ho ancora il vuoto allo stomaco, certo, quando passo davanti la tua classe spero ancora di vederti sulla soglia, certo, fa male vederti trattare le altre come trattavi me, certo, a volte mi tornano alla mente tutti quei ricordi, certo, ogni tanto li rileggo i tuoi messaggi, e continuo a sorridere, certo, lo controllo ancora il tuo ultimo accesso, certo, quando qualcuno dice una frase che avevi detto tu, mi viene un po' di malinconia, certo, non riesco ancora a guardare nessun ragazzo senza pensarti, certo, continuo a sognarti ogni notte, certo, qualche volta mi capita di sentire ancora la tua notifica, e ci rimango un po' male quando apro il telefono e non c'è un tuo messaggio, e mi sento stupida ad averci sperato, certo, continuo a scambiare qualche passante per te, certo, se mi dicono "amore" continuo a pensare ai tuoi occhi, certo, ogni tanto ho quei momenti in cui mi butto sul letto, ti penso, e mi prende la nostalgia, certo, cammino ancora per i corridoi di scuola con quella strana ansia d'incontrarti, certo, nessun ragazzo regge mai il confronto che faccio con te, certo, ti penso ancora appena mi sveglio, prima di dormire, e anche per tutto il resto della giornata, certo, ho ancora una nostra foto come sfondo, certo, ho ancora la tua chat fissata in alto, certo, mi manchi ancora un po', forse, un po' di più di un po', certo, ogni tanto mi viene da piangere, ma ho imparato a ricacciare le lacrime indietro. Però, sai? Forse non ti sto dimenticando, per niente, però ci provo, me lo impongo, me lo sono imposta più volte, "basta lui mi ha dimenticata, devo farlo anch'io", poi però torni tu, torna il tuo ricordo, torna quell'assurda speranza nel tuo ritorno, e non ci riesco, o forse non voglio, non voglio dimenticare cosa sei stato, né cosa saresti potuto essere,no, non voglio proprio dimenticarti, anche se fa male, fa malissimo, ma il problema è che dimenticarti, mi fa più male di continuare ad amarti. Quindi aspetterò, e forse ti dimenticherò, un giorno, forse mai,ma infondo mi va bene così, forse è così che deve andare, no? Tu che sorridi a un'altra, e io che cerco di trattenere le lacrime. E forse un giorno ti dimenticherò, dimenticherò la ragione dei miei sorrisi, dei miei pianti, delle mie ansie, delle mie paure, e di tutte quelle cose, che solo tu sei in grado di provocare, e mi chiederò che ci vedevo di speciale in te. Poi forse, sarà un giorno di sole, o magari di pioggia, forse di nebbia, grandine, forse sarà autunno, o forse primavera, forse sarà al mare, magari in montagna, o, perché no? In città, sotto la luce del sole, o sotto uno spicchio di luna, forse mentre sarò presa dai miei pensieri, forse dopo una lunga giornata, forse di prima mattina, forse quando sarò in vacanza, ma insomma, poco importa, del perché, del quando, e del dove, ma succederà, che la vita, dolce amara per com'è, mi ricorderà di te, dei tuoi occhi, dei tuoi lineamenti, mi ricorderà di chi sei, probabilmente non ricorderò più il tuo nome, non è quello l'importante, o forse sì, anzi, sicuramente lo ricorderò, e mi ricorderò di te, dei sorrisi, e dei pianti, delle insicurezze e le paure, dei "vaffanculo", dei baci, dei "ti odio", della voglia che avevo di dirti "ti amo", degli abbracci, di quel posto in cui mi hai portata quella sera, delle cazzate, delle giornate no, della tua presenza a migliorarle, dei sabati sera trascorsi insieme, e di quelli passati a sentire la tua mancanza, dei messaggi, delle chiamate, dei "va via", che tradivano voglia soltanto di abbracciarti, mi ricorderò di tutto ciò che abbiamo passato, e che ho passato, dell'inizio e della fine, e mi ricorderò che ci vedevo in te, e mi riinnamorerò di te, anche se tu non mi vorrai, per poi scoprire, di non aver mai smesso di amarti."
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parolesospese · 4 months
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Quando sono a Napoli, non mi importa più di niente; anche quegli inevitabili rimpianti che normalmente riempiono il cuore delle persone in quei momenti diventano solo combinazioni di colori.
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astra-zioni · 6 months
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Ultimamente riflettevo sul cortocircuito che si genera nelle relazioni sentimentali che a pensarci bene è paradossale. Non importa quanto l’altra persona dia parvenza di sanità mentale, di coerenza, integrità o intelligenza, per cui tu tendi naturalmente a fidarti e affidarti. Talvolta infatti accade che poi tutta questa grandiosità non si esprima in nulla di fatto, che magari tua madre ha dovuto fare un controllo o ti è successa un’analoga cosa della stessa importanza e l’altro non ti mandi nemmeno un messaggio per appurare come sia andata ma sei piena di amici che chiedono, si interessano, attivamente e concretamente a te. Addirittura certi conoscenti, che magari non ti devono niente, riescono ad esserti più vicini di una persona con la quale hai fatto l’amore il giorno prima. Questa dinamica schizoide nei rapporti sentimentali (che naturalmente deriva dal fatto che l’altro non è in alcun modo le cose che dichiara di essere, ma lo scopri più in là) mi sta notevolmente frantumando i coglioni perché come nelle migliori storie di attaccamenti disfunzionali non eri certo tu quella interessata, erano loro che hanno fatto tutto sin dall’inizio, tutto quanto servisse affinché ti sentissi emotivamente agganciata a loro, anche se lo negheranno fino alla morte e oltre. E insomma questi tempi schizoidi, questo sentirsi sempre di dover stare in guardia, di non poter vivere una cosa bella perché uno c’ha un problema con l’intimità, l’altro c’ha il border, l’altro ancora la gelosia possessiva, mi fanno rimpiangere i tempi in cui ci si piaceva, si scopava, ci si innamorava e basta, senza che fossero necessarie vicendevoli psicanalisi per arrivare all’ovvio concetto che se ti piaccio, e ci piacciamo, potremmo forse (quale ingenuità mi rendo conto), dicevo potremmo forse anche vedere come va a finire.
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evren-sadwrn · 2 months
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𝒔𝒆𝒊 𝒎𝒊𝒐 𝒇𝒓𝒂𝒕𝒆𝒍𝒍𝒐 ( 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒆 𝒎𝒊 𝒊𝒓𝒓𝒊𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 )
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paura di uscire, anche se non accade | trans mtf!gianna d’antonio
⟢ a/n: la mia prima volta a scrivere in italiano scusate se ci sono errore :[
version on ao3 for quick translation | wc: 1090 | divider by @/benkeibear
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Il buio gelido della mezzanotte che albeggia sulla casa della Famiglia D'Antonio, l'odore della polvere depositata su ciottoli e marmi, la puzza di un qualcosa di dolce, l'odore del mare che circonda l'Italia. Un mare freddo di notte. C'è un sentimento, quello disgustosamente opprimente dell'empatia. Non essere spietati per qualcuno, nientemeno che per Gianni stesso. Gianni D’Antonio. Il figlio d’oro. Il favorito della famiglia.
Santino è avido, è sempre stato un uomo avido, avido. Tutto quello che voleva, e anche di più, lo pretende da tutti gli altri. Lui è così.
Vuole tutto e ancora di più. Lui, è avido. Ma mantiene una facciata di elequonza.
"Gia", chiama Santino bussando alla stanza del fratello. La risposta? Silenzio. Santino bussa ancora, prima di decidere di aprire la porta a se stesso. “Gianni?” La stanza è buia, fredda. Molto freddo. L'odore del profumo—
Aspetta.
Profumo? Santino si guarda intorno nella stanza del fratello. Profuma di ciliegie e di odori dolci e femminili. Qualcosa che Santino si aspetterebbe dalle sue ragazze— e non dalla stanza di Gianni. Oro e ornamenti finemente lavorati sono sparsi ordinatamente per la stanza. Alle pareti sono appesi quadri, la collezione d'arte privata di Gia.
Santino invidia Gianni, da cose semplici a una comprensione molto più complessa. Il suo aspetto, la sua sicurezza, il suo carisma, il modo in cui si comporta; Santino vuole sentire che, la falcata sicura di Gia.
Un’altra cosa: è differente. Più morbida. Le coperte che drappeggiano il letto sono morbide, foderate di pizzo insieme ai cuscini. Fiori in vaso: sul comodino, nell'angolo, accanto all'armadio.
Ora che è qui, forse può rubare l'auto di Gianni per un'ora o due. Santino apre uno dei cassetti di Gia sulla scrivania per le chiavi dell'auto. Lo trova quasi subito, ma sotto c'è un piccolo quaderno. Suscita il suo interesse, così lo raccoglie rapidamente e si siede sul bordo del letto di Gia."Non gli dispiacerà se ho dato un'occhiata ai suoi pensieri,” Santino pensa che mentre sfoglia le pagine. Le parole non lo interessano, poiché si tratta soprattutto di come Gia racconta la sua giornata e le cose che ha fatto. A Santino non importa nulla della sua vita.
Ma c'è qualcosa che cattura lo sguardo di Santino.
‘Non mi piace essere un uomo. Vorrei essere una donna. Prima a Roma ho comprato degli oggetti che mi aiutano a sentirmi meglio.’
“Santino!” Santino ha appena il tempo di accorgersi che Gianni è tornato nella sua stanza. Rapidamente, Gia strappa il taccuino a Santino. “Cosa hai letto?”
“Niente!” Santino promette, mentre prende le chiavi della macchina e le infila in tasca. “Posso avere la tua auto?”
“Non dirlo è papà, per favore, Santino.” Gia sa che Santino sa. “Qualunque cosa leggiate qui, non diteglielo.”
Santino è silenzio, la sua lingua diventa secca. Gia espira pesantemente.
“Perché?” Santino chiede. Santino ridacchia a mezza voce. “E’ uno scherzo, vero?” Gia è silenzio stavolta. “No..?” La voce di Santino si disperde mentre guarda Gianni, osservando l'espressione del volto del fratello.
“No, Santino.” Gianni dice. “No. Vorrei che fosse uno scherzo. Vorrei. Così posso ridere con mia madre quando chiedo di andare in altri posti. Ma non. Fa male desidare qualcosa che non si avvererà.”
Santino guarda Gianni con attenzione, in attesa di qualcosa. Non si sa bene cosa stia aspettando, ma tra i due fratelli c'è silenzio. Sorella? Forse.
Schiocca la lingua prima di passare silenziosamente davanti a Gianni per andarsene. Santino non aveva intenzione di fare nulla. Ma ora lo fa. Gli costerà molto, ma non gliene importerà nulla.
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Sono passate quattro o cinque ore da quando Santino è tornato alla villa e ora è di nuovo qui!
“Quello stronzo ha preso la mia macchina.” Gia sussurrò sottovoce mentre vede Santino scendere dalla sua auto. “Cazzo,”
Quel coglione sta tornando a casa dal garage con le borse in mano. Probabilmente un regalo per la sua nuova ragazza. Esibizioniste.
Gia ha un sapore amaro in bocca mentre guarda Santino che torna verso la porta d'ingresso della villa. Il palmo della mano sotto il mento, guardando con i suoi occhi verdi. Gia sospira, la mano gli accarezza la testa mentre lui sbuffa per lo stress. È in difficoltà. Il suo cuore batte forte e i suoi pensieri corrono più veloci dei cavalli in fuga. E se Santino lo avesse detto al padre? E se lo avesse detto a tutti? No, no, no. Cazzo. Non avrebbe dovuto scriverlo, non avrebbe dovuto—
“Gianni!” La voce di Santino è forte dall'altra parte della porta bianca. Bussa, con forza.
“Vattene.” Gia grida dall’altra parte. “Vattene, Santi, Vattene.”
“Le chiavi…?” Santino dice di entrare. Si lascia convincere e Gia ci casca. “Le chiavi dell'auto, le ho prese io. Se non apri questa porta, la tua macchina è mia!”
“Questo fastidioso parassita…” Gia borbotta sottovoce. “Mio dio,” Gia apre la porta, ma Santino entra a forza con un sorriso fastidioso. “sei irritante, Santino.”
“Sì, lo so, cara sorella.” Gia deve ammettere che quelle parole di essere chiamata sorella le hanno dato un po' di felicità.
Santino ha in mano delle borse. Gia è un po' preoccupata per l'interno delle borse. "Santino, che cazzo hai in quelle borse?" Gia chiede, indicandole.
"Sei molto eccitata, Gia." Un'osservazione sarcastica e sciocca di Santino, che si siede sul letto di Gia come se fosse suo. Santino apre la borsa che ha, prima di richiuderla e lanciarla a Gia perché la prenda. “Ho graffiato la tua auto. Non voglio pagare i danni.”
“Certo che hai danneggiato la mia macchina, insolente, disordinato, irritante stronzetto....” Quando gli occhi di Gia guardano la borsa, le sue parole svaniscono mentre elabora ciò che sta vedendo e che suo fratello le ha appena comprato (sacrificando la nuova verniciatura della sua auto). “Cosa?”
L'incredulità colpisce Gia.
“Cos’è questo, Santi?” Gia chiede a Santino che sta scegliendo delle scarpe di Gia che molto probabilmente vuole portare con sé.
“Ha?”
“La borsa, Santino.”
“Sì, è?”
“Gli abiti di seta sono per le donne.”
Gia dice, mentre Santino raccoglie le scarpe— "Non toccarle.” Lei dice severamente.
“Non ti ho ancora comprato un vestito o dei tacchi. Dato che potresti dover iniziare dal primo livello. Bisogna entrarci lentamente.” Santino fa spallucce.
"Non so cosa dire" Dice Gia mentre si siede e guarda l'accappatoio.
“Grazie mille?”
“Benvenuti,” Gia dice che è un modo per colpire Santino.
“Dovrebbe essere il contrario, Gia.” Santino dice.
“Hmmm….. no.” Dice Gianna prima di lanciare un paio di scarpe a Santino. "Ora vattene"
“Hey!” Santino osserva le scarpe. “Puttana.” Sussurra prima di andarsene, posando le chiavi sul letto di Gia.
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