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#libri in uscita
antheis · 1 year
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Come sapete, la raccolta Tarocchi Dannati di Dark Abyss Edizioni è composta da racconti ciascuna legata ad un Arcano Maggiore dei Tarocchi.
Per la storia di Lilith, mi sono ispirata alla carta dell’Imperatrice.
Esploriamo un po’ la simbologia legata alla carta e il suo legame con la figura di Lilith …
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mks65 · 2 years
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DALL' INFERNO...A METALAND
Sarà su Amazon in versione Italiana, Inglese e Spagnola a IPERCONVENIENTE PRICE il prossimo weekend, sabato 29 e domenica 30 ottobre!
E IL PROSSIMO FINE SETTIMANA 5 / 6 NOVEMBRE solo questi 2 giorni sarà GRATUITO X TUTTI
Sono i fatti salienti dell' intero percorso fatto nella mia vita, dai 16 anni in poi...un' immensità di successi, insuccessi, trionfi, amare sconfitte....tutti per un' unica META...
...per meglio dire METALAND!
Attendete il prossimo weekend per ordinare..sarete felici per l' attesa! 😄
#vaffacosmogame #metaverse #metaverso #playtoearn #nft #tutti #multiplayer #facebook #libro #amazon #libri #lancio #presenta #presentazione #uscita
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marcogiovenale · 2 years
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tra i (possibili) libri per l'estate, due tic: "la gente non sa cosa si perde" e "qualche uscita. postpoesia e dintorni"
tra i (possibili) libri per l’estate, due tic: “la gente non sa cosa si perde” e “qualche uscita. postpoesia e dintorni”
Un grazie particolarmente sentito a Simone Biundo e Sara Sorrentino per aver scelto La gente non sa cosa si perde (Tic) come libro da suggerire per l’estate, da parte del sito La balena bianca https://www.labalenabianca.com/2022/07/13/i-consigli-dellestate-poesia/ Noto con altrettanta e maggiore felicità che un secondo libro Tic è suggerito nel corpo della stessa rassegna, stavolta da Stella…
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a-pathica · 2 months
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Mi ritrovo a 25 anni e l’idea dell’amore come quella dei bambini.
Mi sono ritrovata a parlare con una bambina di amore.
È fidanzata, da un anno, con Francesco.
Prima di lui c’è stato un altro che però è stato rubato dalla sua migliore amica.
Penso che se questo le fosse successo alla mia età si sarebbero strappate i capelli a vicenda e lui ne sarebbe uscito illeso, come succede il 99,9% dei casi. Anche se la colpa non è mai da una sola parte.
Non so perché ora senta la necessità di scrivere quello che mi sta passando per la testa, forse perché ora scrivere a mano non mi basta di più, ho tanto da dire e poca voce per farlo.
Ho sempre preferito scrivere che parlare.
Continuo a scegliere le parole con la stessa accuratezza con cui le mie coetanee scelgono l’outfit (ora ci siamo tutti inglecizzati) che indosseranno per una serata in discoteca.
Io in discoteca non ci sono mai stata, non ho mai fumato una canna, fumo sporadicamente le sigarette, giusto per infliggermi un po’ di dolore.
Dicono che ogni sigaretta fumata accorci la vita di 7 minuti, sto sperimentando la veridicità di questa affermazione.
Non voglio morire.
Sia chiaro.
Quando ci penso ho onestamente paura.
Chiudi gli occhi e tutto finisce.
Non si pensa più.
Le connessioni tra neuroni si fermano.
Niente stimoli.
Niente input.
Niente output.
Tutto tace.
Eppure quante volte aspiriamo nella vita ad un po’ di silenzio?
Sono consapevole che per quanto voglia ciò è impossibile. Almeno da vivi.
Motivo per il quale mi sto quasi abituando all’idea che troverò la pace a cui aspiro una volta morta.
Il discorso sta prendendo decisamente una piega tetra.
Sono una persona abbastanza noiosa.
Non amo il casino.
Mi piacciono le pantofole calde, le coperte, le tisane e i libri.
Non mi piace andare a mangiare fuori, mi piace l’intimità delle mura di casa.
Ma sono consapevole che sono in rotta di collisione con il resto del mondo.
Questo mondo di oggi che deve ostentare tutto.
Ieri sono uscita e c’era un tramonto stupendo a Roma, il volerlo immortalare mi stava quasi distraendo che stavo dimenticando di vivermelo.
E invece l’ho vissuto.
Ho notato ogni piccola sfumatura presente. Nei minimi dettagli.
Io sono così, guardo i dettagli e cerco di leggerli tra le righe.
Sono sempre stata una che ha visto nel piccolo prima di vedere nel grande.
Questa società ci ha abituati ad avere tutto e subito. Pretendiamo di conoscere le persone con lo schiocco delle dita.
PRETENDIAMO.
Non penso ci sia niente di più brutto che pretendere un qualcosa da qualcuno.
È come se lo obbligassimo a fare qualcosa che non vuole per un tornaconto solo nostro.
Ne lede ogni libertà di scelta e di pensiero.
Lo stesso errore si commette quando parlando si dice “io al posto suo…”.
Al posto suo non ci sei.
Al posto suo c’è solo la persona.
Non tu.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai casi, ognuno ha una propria testa e ragiona come meglio crede.
Io ho sempre pensato di ragionare con la testa di una ragazza di 60 anni fa.
Non mi sono mai sentita a mio agio in questa società.
Come un pesce fuori dall’acqua che cerca di tornare al mare.
Non mi sono voluta adeguare alla massa.
Non mi sono mai voluta adeguare a qualcuno.
Per qualcuno.
Rimarrò sola? Non so.
Ho paura? Non so.
Perché le persone cercano di cambiarsi per andare bene a qualcuno?
Capisco lo smussare gli spigoli, ma perché cambiare rinnegando quello che si è?
Io non voglio rinnegare niente di quello che sono.
Qualcuno una volta mi ha detto che siamo la somma delle esperienze che ci sono capitate. Beh, non per vittimismo, ma potrei scrivere un libro per tutte le volte che sono caduta in tutte le maniere in cui una persona può cadere e con la sola forza delle mie braccia mi sia rialzata.
Non penso di avere una vita tragica, ma penso di avere una vita in cui il coraggio le ha fatto da padrona.
Sì, sono coraggiosa.
Questo me lo devo.
In fondo credo che un po’ io mi voglia un po’ di bene, per quanto a volte litighi con me stessa sul perché non riesca a cambiare alcune cose di me che davvero non mi piacciono.
Sono abituata a fare l’elenco dei miei difetti, e non riesco a trovare mai un pregio.
Ecco, coraggiosa è il primo pregio.
Ma tornando al discorso di prima…
Vanno a scuola insieme.
Non si sono visti e neanche sentiti per tutto il periodo dell’estate.
Le ho chiesto allora perché non gli avesse scritto per tutto il periodo e la sua risposta è stata: “Avevo da fare con le amichette.”
Di risposta le ho chiesto se dopo tutto questo tempo lontani era sicura che anche da parte sua ci fosse lo stesso sentimento.
Penso di aver impiantato in lei il seme del dubbio.
Se magari prima ne era convinta, adesso non più.
Eppure 60 anni fa partivano per la guerra, passavano mesi senza vedersi e, se Dio voleva, riuscivano a mandarsi una cartolina ogni tot di tempo.
Ora il dubbio sorge non appena si ha un messaggio non visualizzato.
Maledette spunte blu.
Sorge il dubbio se non si risponde entro un tempo predefinito.
Ed ecco che la vipera del tradimento si insinua nelle nostre menti.
E distrugge tutto.
Con questo non voglio dire che prima non si tradiva, anzi forse era anche più facile tradire prima.
Senza Instagram, senza storie, senza localizzazione, senza messaggistica istantanea, senza chat segrete di Telegram (che ancora non so come funzionino).
Forse c’era una cosa che oggi è difficile trovare: il rispetto.
Ecco, forse ho trovato un altro mio pregio.
La mia famiglia mi ha insegnato a rispettare tutto e tutti.
Non so ammazzare neanche una mosca senza sentirmi in colpa.
Ho imparato il rispetto per ogni forma vivente: animali, piante, persone.
Ho imparato il rispetto per ogni forma non vivente.
Grazie mamma, grazie papà, grazie nonna e grazie zia.
Forse non gliel’ho mai detto.
Prima o poi lo farò.
Loro sono le colonne portanti della casa che sono.
E gliene sarò per sempre grata.
Mi hanno insegnato il senso di sacrificio. E rispettare chi ne fa.
Cerco di mantenere ogni promessa, di renderla reale.
Ma in un mondo che ti fa lo sgambetto più e più volte è difficile, ma continuo ad apprezzare la buona volontà di chi ci prova.
È un mondo malato che sta facendo ammalare anche le persone che ci vivono. Forse gli animali sono gli unici che ne restano illesi.
Quanto può essere cattivo l’essere umano?
Einstein diceva che l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai una trappola per topi.
Siamo davvero così stupidi?
Perché soffriamo di queste manie di grandezza?
Perché questa necessità di prevalere sull’altro e di doverlo sventolare ai quattro venti?
Comunque, continuando il nostro viaggio nella mente di una bambina di 7 anni, dopo aver impiantato in lei il seme del dubbio ho cercato di sistemare la situazione, ormai già distrutta, affermando che in caso contrario avrebbe comunque potuto trovarne un altro. O anche due. Così da avere la riserva.
Lei ha fatto spallucce.
Non penso abbia apprezzato la mia affermazione.
In realtà non l’apprezzo neanche io.
Non nutro grande simpatia per coloro che decidono di intraprendere relazioni parallele. Anzi, direi che (sì, lo so che è brutto da dire), le schifo. E non poco.
Se una persona non ti fa stare bene, bisogna avere il coraggio di lasciarla andare.
Può essere doloroso, ma anche le ferite più dolorose guariscono.
E questo lo so bene, forse daranno un leggero fastidio ogni qualvolta il tempo cambierà.
Ogni qualvolta ti ci soffermerai a pensare.
Mamma dice sempre: “Le cose che non si fanno sono le migliori.”
Ma con quanti punti di domanda ci lasciano?
Quanti finali alternativi si alternano nella mente di una persona?
Sono una persona curiosa.
Ma non nel senso che sia impicciona, mi sono sempre fatta i fatti miei e continuerò a farlo visto che aspiro a campare 100 anni.
Sono spinta da curiosità costruttiva, non mi limito a sapere il fatto in sé, ma mi piace capire, scavare nel profondo. Forse la parola più corretta da usare sarebbe comprendere il perché di una scelta piuttosto che un’altra.
Mi astengo dal dare qualsiasi giudizio.
Mi limito a dare un consiglio, senza aspettarmi che la persona lo segua, anche perché chi è che segue i consigli?
Io sono la prima a non farlo.
Mi piace sbatterci di testa, di faccia, rompermi le ossa, il cuore e l’anima.
Si dice si impari meglio sbagliando e io voglio sbagliare nel modo giusto.
Voglio passare la vita imparando, crescendo, diventando sempre più saggia.
Avrei voluto dire a quella bambina che poi tanto male non è stare soli, conoscersi.
Capire quello che realmente vogliamo.
Quello di cui abbiamo realmente bisogno.
Avrei voluto dirle di non piangere alle ginocchia sbucciate perché il cuore sbucciato quando crescerà farà ancora più male.
Avrei voluto dirle di godersi ogni attimo della sua età.
Avrei voluto dirle di avvicinarsi al mondo dell’amore il più tardi possibile.
Avrei voluto dirle che ha fatto bene a godersi l’estate con le amichette piuttosto che pensare al fidanzato.
Avrei voluto dirle che l’amore se è vero supera ogni ostacolo, ogni distanza, ogni tempo.
Avrei voluto dirle che non deve mai dare nulla per scontato, perché nel momento in cui lo fai tutto perde di valore e non è più come prima.
Non aspettatevi che una persona vi stia accanto per sempre, che vi ami per sempre.
L’amore è un fuoco di paglia, di solito la passione brucia velocemente.
La vera scommessa è alimentarlo.
Vorrei essere brava in questo.
Invece credo che tra le mie mille mila cose da fare non riesca mai ad alimentarlo come si deve, e niente.
Fa la famosa vampa e si spegne.
Azzarderei a dire che quasi a volte l’acqua per spegnerlo sopra l’abbia messa io.
Perché l’amore si identifica con il cuore?
Un muscolo involontario.
Probabilmente perché così come non abbiamo la possibilità di controllare il suo battito non possiamo decidere di chi innamorarci.
Ed ecco lì che capita di innamorarsi di chi probabilmente non avremmo mai detto.
Nel mio caso penso che avrei messo la mano sul fuoco che non sarebbe mai successo, ed invece è successo.
Ho imparato il mai dire mai proprio in questo caso.
E chi l’avrebbe detto che avrei messo le armi per distruggermi in mano a qualcuno.
Mi meraviglio con quanta facilità l’essere umano sia capace di buttare giù tutto quello che costruisce senza nessuna pietà e rimpianto.
Mentre io mi sono ritrovata a dire addio ad una macchina e a dare il benvenuto ad un’altra.
Ho provato il senso di colpa nell’averla quasi tradita per qualcosa di nuovo.
Perché è questo quello che succede nella vita, buttiamo il vecchio per fare spazio al nuovo.
Io sono così legata al vecchio che provo dolore quando lo butto.
Ecco, forse questo invidio a quella bambina, la facilità con cui nel momento in cui il piccolo Francesco deciderà di lasciarla lei troverà qualcun altro e riuscirà a chiudere Francesco in un cassettino della sua memoria che probabilmente non riaprirà mai più.
Io i miei cassetti della memoria li apro e anche spesso.
Maledette domande che attanagliano la mia mente e non la lasciano riposare.
Forse se riuscissi a lasciarmi scivolare tutto addosso sarebbe più facile.
E invece il Padre Eterno ha deciso di farmi cocciuta, testarda e con la necessità di sapere come, quando, dove e perché.
Vorrei poter chiudere tutto a chiave, buttare la chiave in un qualsiasi posto e perderla così da non poter riaprire niente, anche volendo.
Sono masochista.
Non mi taglio, non mi infliggo dolore fisico perché mi basta il dolore dell’anima.
E se per i tagli questi cicatrizzano, non so come possa guarire un’anima mal concia.
Lana Del Rey canta: “Mi amerai lo stesso quando non avrò nient’altro che la mia anima dolorante?”
Mi chiedo se davvero esista qualcuno capace di amare una persona nonostante l’anima che non si regge in piedi.
Ci vuole tanto amore ad amare chi non ci ama.
E ci vuole grande forza di volontà a lasciare andare le persone.
Lasciare andare qualcuno è la più grande forma di generosità.
Come può un rapporto cambiare per “colpa” di una frase sbagliata?
Dicono che la lingua riesca a ferire più di un coltello.
E perché le permettiamo di ferirci?
Sento ancora quel formicolio al cuore quando ripenso ad alcune frasi, che siano belle o brutte.
Nella maggior parte dei casi sono tutte le parole che più mi hanno ferita.
Quelle che più mi hanno fatta sentire inadatta.
Ma non penso di essere inadatta per davvero.
Penso sinceramente che alcune situazioni non vadano con altre.
Ecco di nuovo quella sensazione.
La me di dentro urla, si sta spolmonando. E la me di fuori non riesce a tirare fuori niente.
A volte penso se possa essere liberatorio salire sulla prima montagna e urlare, fino a non avere più aria nei polmoni. Fino ad essere stremati per l’urlo e non per altro.
A volte vorrei farlo.
Poi penso che le persone mi prenderebbero per pazza.
Anche se è mio uso e costume credere che i pazzi stiano fuori e le persone mentalmente stabili siano chiuse nel primo reparto di psichiatria disponibile.
Forse in mezzo a loro troverei la mia pace, chissà.
Vorrei fare un appello a me stessa: smettila di provare a fidarti delle persone.
Sono destinate tutte ad andare via. E tu speri ancora nelle cose irreali.
Chiudi gli occhi e immagini cose che sai anche tu non succederanno mai. E ti addormenti con il cuore un po’ più leggero, perché quello ti da pace.
Perché sono così?
Cos’è che realmente voglio?
O sono solo lo specchio di quello che gli altri vogliono da me?
Vorrei bastare a me stessa.
Essere sicura di me, delle mie capacità, senza il bisogno che qualcuno mi ricordi quanto valga.
Amo stare da sola, e non capisco perché continuo a far entrare persone nella mia vita che la mettono sottosopra.
Inizio ad essere quasi certa di essere masochista.
Sto per prendere il treno.
L’ennesimo.
Quanti treni ho preso, e non ne ho mai perso uno.
Anche quando ero in ritardo.
Sono stata sempre brava a prenderli.
A farli coincidere con altri.
Ad aspettare il meno possibile alle coincidenze.
Non mi è mai piaciuto aspettare.
Non sono una che sta con le mani in mano aspettando che arrivi la manna dal cielo.
Mi sono sempre data da fare, ho organizzato la mia vita in ogni minimo dettaglio e la vita ci ha provato ripetutamente a far saltare ogni mio piano.
A volte ci è riuscita.
A volte no.
Mi chiedo dunque, perché se non riesco ad aspettare un treno che dovrebbe portarmi altrove dovrei riuscire ad aspettare una persona?
Beh, il treno prima o poi arriva e anche se in ritardo a destinazione ci porta.
Ma le persone?
Arrivano?
Tornano?
Riescono a portarti realmente dove vuoi che ti portino?
Non si può decidere dove queste ti porteranno. Bisogna lasciarsi guidare.
E io non sono brava in questo.
Sono stata abituata a guidare, e non riesco a far sì che le persone guidino me.
Eppure io vorrei qualcuno che mi portasse al mare.
Scorrendo la ricerca di Instagram in una di quelle pagine di frasi fatte e depresse ho letto trova qualcuno che ti faccia dimenticare di avere un telefono.
Chissà com’è prendere il treno della vita.
Quello che dicono passi solo una volta.
Quello del hic et nunc, del carpe diem.
Non penso di aver mai colto un’occasione, troppo presa ad organizzarmi la vita che probabilmente mi sono dimenticata di viverla.
Ho messo da parte tutti i sentimenti, cercando di reprimerli.
Li ho messi così schiacciati bene in un cassetto che pensavo di averli sistemati lì a vita.
E invece il cassetto è esploso, lasciando venire fuori tutto quello che credevo di non poter provare.
La depressione.
Se mi avessero detto che un giorno ne avrei sofferto sinceramente gli avrei riso in faccia.
E invece sono qui, a distanza di due anni, con questo mostro dietro le spalle che mi attacca all’improvviso, quando sono più vulnerabile.
E so da me che la spinta per “guarirne” devo darmela da sola, ma le persone che, intorno a me, si limitano a dire: “Dai, su. Muoviti. Se ti fermi è perché sei tu che vuoi stare male” mi istigano sempre di più ad isolarmi.
Mi piace stare sola.
Mi piace l’equilibrio che raggiungo.
Se sto male non devo dar conto a nessuno.
Se sto bene non devo dar conto a nessuno.
Solo a me stessa.
Chissà quale organo ne risente di più.
Il cuore?
Il cervello?
Penso che i miei siano andati entrambi in sovraccarico e il mio esplodere ne è stata semplicemente una conseguenza.
Come se nel cassetto avessi messo più di quanto avrei dovuto e ora non si riesce più a chiudere e tutti i sentimenti repressi siano usciti uno dietro l’altro, sovrapponendosi anche a volte.
Tocco un po’ anche di bipolarismo probabilmente.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che ho riso quando avrei voluto piangere.
Meriterei un oscar come migliore attrice per aver mentito sul mio stato di salute mentale a tutti, compresa la famiglia.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che mentre ridevo pensavo a come sarebbe stato buttarsi dal Canale di Mezzanotte.
Ci sono andata.
Mi sono seduta sul bordo del ponte.
Penso che più di una volta sia stata sul punto di farlo.
Perché non l’ho fatto?
Probabilmente perché io sono ancora qui e posso scegliere di vivere, lei non ha avuto scelta.
E se l’avesse avuta sicuramente avrebbe voluto vivere.
Per cui, mossa da un minimo di lucidità, sono scesa giù e sono tornata a casa, mettendo la maschera perfetta.
Ma non a tutti si può mentire.
E gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Non vedo i miei occhi brillare da un po’.
Chissà se ricapiterà.
E se la nostra vita fosse un libro scritto a penna?
Un cosiddetto manoscritto.
Senza bozza.
Senza margine di correzione, perché si sa, non si può cancellare con la gomma e riscrivere tutto.
Si può solo mettere una linea e andare avanti, fino alla fine del racconto. Fino alla fine del libro.
E lì, dove la penna inizia a incantarsi, arrivano le decisioni prese d’istinto.
Quegli scarabocchi che nessuno riuscirà mai a decifrare, neanche noi.
Perché quelle decisioni prese di pancia sembrano così sensate nel momento in cui le prendiamo mentre con il senno di poi si rivelano dei veri flop?
Perché, a volte, l’istinto prevale sulla ragione, perché autoinfliggersi dolore sperando in qualcosa che sicuramente non capiterà.
La legge di Murphy parla chiaro: se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo; Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto; lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
E allora mi chiedo, perché si molla la presa in alcune situazioni?
Perché non siamo più così bravi da lottare per quello in cui crediamo?
Perché non mi fido più delle mie sensazioni?
Ho sempre viaggiato con il mio sesto senso.
A volte bene, altre male.
Penso faccia parte del gioco.
Non credo nemmeno si possa pretendere che la vita giri sempre bene, penso sia impossibile vivere una vita senza cadere.
Dovrebbero essere le imperfezioni a rendere le cose perfette.
Il sudore dei sacrifici rende tutto più bello.
Ma ai sacrifici bisogna essere abituati.
E come ci si abitua?
Come può una persona abituarsi alla sofferenza per avere cose belle.
Ma perché si deve soffrire per arrivare al bello?
Per apprezzarlo di più?
E perché non godere delle piccole cose, ma aspettarsi sempre cose plateali?
Perché non compiacersi dei gesti ripetuti, seppur piccoli, ogni giorno, ma riempirsi gli occhi e soprattutto la bocca per un qualcosa che accade una sola volta e per un tempo breve.
Ho rivisto la piccola Giada.
Le ho chiesto di aggiornarmi sulle sue vicende amorose.
Mi sono così appassionata a questa storia d’amore che mi sembra quasi di viverla in prima persona.
Ci siamo sedute a terra.
Ha trovato dietro la tenda del salotto i regoli.
È stato come tornare indietro di quasi 20 anni.
Ricordo l’emozione, quando arrivava il momento dei regoli alle elementari.
La felicità nell’aprire quella scatola che sembrava magica perché quei piccoli rettangoli avrebbero dovuto insegnarmi a contare.
Anche se, diciamocelo sinceramente, tutti li abbiamo usati per costruire la famosa torre.
Apprezzo dei bambini in genere lo stupore davanti alle piccole cose; il trovare il buono e il bello anche nelle piccole cose.
Quelle più insignificanti.
Poi com’è che si diventa così materialisti?
Qual è il preciso istante in cui le piccole cose, anche le più stupide, smettono di bastarci e iniziamo a volere e a pretendere sempre di più?
Ho sempre avuto paura di crescere, di perdere il mio contatto con l’innocenza della tenera età, non essere più considerata la bocca della verità, diventare agli occhi del resto degli adulti una persona che sputa veleno perché dice quello che pensa.
Io non credo di sputare veleno, non penso nemmeno di essere così vipera come mi dipingono. Credo che la verità tendenzialmente faccia paura, fa paura a tutti, anche a me che sembro così dura e tosta.
La verità quando ci viene detta, nuda e cruda, ci spoglia di ogni maschera e ci costringe a guardarci allo specchio, come se fossimo tanti vermi privati di un guscio protettivo.
L’adulto è viscido, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ha sempre secondi fini, non sa bastarsi a sé stesso, cerca perennemente il confronto con altri per sentirsi superiore, non sa competere in modo sano, è cattivo e diventa egoista, egocentrico, cercando di creare una storia in cui risulta essere il protagonista assoluto.
Per non parlare degli adulti nelle relazioni: è un continuo prevalere sull’altro nel 90% dei casi, non si sa più viaggiare l’uno accanto all’altra.
Ho quasi 25 anni e la voglia di provare gli stessi sentimenti di Giada, la voglia che qualcuno provi per me gli stessi sentimenti che prova Giada.
La purezza.
Non perché servo a qualcuno, non mi piace essere sfruttata.
Ho sempre fatto mio il detto: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, ma puntualmente ricevo altro. Ricevo quello che probabilmente se fossi realmente stronza farei alle persone.
Non so sfogarmi, non so buttare giù quello che provo se non scrivendo.
Mi sento così bene quando scrivo.
Non saprei come fermarmi.
Ho tanto da dire, continuo ad avere sempre tanto.
E continuo ancora a meravigliarmi delle mie capacità paragonate a quelle di persone più grandi.
Perché continuo a sottovalutarmi?
Apriamo i regoli, con l’intenzione (ovviamente) di fare la Tour Eiffel.
Iniziamo a mettere da parte tutti i pezzi che ci servono e intanto penso che vorrei essere circondata una vita intera da bambini e animali, dalle anime pure, da chi non fa male a qualcun altro per il puro scopo di goderne; voglio essere circondata da chi se fa male a qualcuno sa chiedere scusa.
Arriva il momento della fatidica domanda, chiederle come fosse andato il ritrovo con Francesco.
Ne ho quasi timore, soprattutto dopo l’ultima chiacchierata, ma i bambini hanno quell’innocenza disarmante contro cui nulla vince.
Il sospiro di sollievo tirato dopo aver saputo che ancora ad oggi stanno insieme è stato rumoroso, tanto da scambiare uno sguardo complice con la mamma.
A distanza di circa un anno io e Giada ci siamo riviste.
Qualcosa è cambiato, io sono cambiata e anche lei.
Se lei è cresciuta in altezza, in bellezza e anche in intelligenza, io sono diventata più vecchia, scorbutica e meno paziente verso ogni genere umano.
Non vedo Giada da un anno e quanto vorrei poter parlarle ancora. Interfacciarmi con lei e con l’ingenuità con cui vede il mondo: senza malizia, senza cattiveria, senza alcun melodramma irrisolvibile.
Mi chiedono spesso perché sia così attirata dai bambini e dagli animali, probabilmente la risposta si trova in questo: non fanno melodrammi e se dovesse accadere la situazione si placa in un tempo così breve da non destare nessuna preoccupazione.
Quanto sarebbe bello tornare piccoli, dove le uniche preoccupazioni sono soltanto i giochi non comprati da mamma e papà, le merende e il pisolino pomeridiano fatto controvoglia.
A ventisette anni il pisolino pomeridiano è quasi diventato un default per me, senza il quale non saprei neanche sopravvivere alle persone che mi sono intorno.
Vorrei tanto sapere di Giada, dei suoi amori, se è riuscita a continuare la sua storia con Francesco, mi piacerebbe dirle che ho trovato probabilmente l’equilibrio a cui aspiravo, ma so che mi guarderebbe interrogativa perché: come lo spieghi l’equilibrio ad una bambina?
Ho paura a dirlo forte, non tutte le persone sono felici se lo sei anche tu, ma ho trovato quella sorta di pace interiore che sembrava non potesse arrivare per me.
Sto per iniziare a fare una cosa che mi piace. Non mi interessa della fatica. Ho scoperto che con le persone giuste accanto sono ancora più forte di quello che credevo. Ho capito chi sì e chi no. Chi mi fa fiorire e chi cerca di estirparmi come un’erbaccia.
Grazie delle delusioni, dei momenti no, dei momenti in piena sbronza, delle scelte sbagliate, dei viaggi in macchina, del mare che calma in inverno e abbronza l’estate. Grazie dell’amore, delle amicizie nate dal nulla, del cuore rotto, dello scudo contro le parole che fanno male. Grazie per le serate a guardare le stelle in balcone con la sigaretta accesa, i lividi addosso per l’equitazione che libera la mente, i lividi dello stress mentale. Grazie per gli addii e le riscoperte di alcune persone. Grazie per il mio essere leggera, saper capire quando essere pesante e quando no, quando farne melodramma e quando no. Grazie perché ho capito quanto valgo, ho capito che non mi accontento di tutti e che chi mi sta accanto lo fa per scelta, per amore e ha rubato un pezzetto del mio cuore e lo custodisce preziosamente. Grazie anche a chi il pezzetto del mio cuore lo ha preso a pugni, a cazzotti e ci ha ballato sopra con la speranza di vedermi a terra strisciare come magari fanno loro. Mari splende anche grazie a voi. Soprattutto grazie a voi.
L’ultima foto non poteva non essere il mio panorama sul mio golfo preferito.
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kyda · 26 days
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mercoledì mattina devo fare a tutti i costi l'esame di letteratura inglese, spero che la prof non calendarizzi perché mi toccherebbe scriverle e ricordarle del compleanno del mio nipotino che è lo stesso giorno e a cui non vedo l'ora di andare con orazio. da quel momento poi dovrò leggere tantissimo david copperfield per finirlo prima del 16 aprile, dovrò comprare i prossimi libri per il book club che mi ispirano troppo, dovrò seguire ucraino, fare una prova in itinere di un'altra materia che non mi sta facendo impazzire, dovrò iniziare a studiare filologia slava per la prossima sessione ma soprattutto, dopo che sarà uscita la graduatoria definitiva e se veramente toccherà a me, dovrò iniziare a organizzarmi per l'erasmus e questa cosa mi fa tremare di paura
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thecatcherinthemind · 1 month
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È l'uomo giusto se alla prima uscita ci consigliamo libri e inizia le conversazioni sempre in lingua diversa. Stasera è il turno dell'arabo.
Ovviamente siccome è palesemente l'uomo giusto non funzionerà mai ed è solo un amico, altrimenti sarebbe troppo semplice.
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binosaura · 10 months
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TW depressione, atti anticonservativi
L'unica altra volta che ho provato il concorso per la specializzazione è stata a settembre 2020. Avevo passato il lockdown bloccata in Toscana dal mio ragazzo, senza i libri da studiare, per poi rientrare dai miei in una situazione molto grave, pertanto mi ero presentata con zero aspettative, senza avere praticamente studiato. Ho fatto un punteggio, come previsto, estremamente basso.
Quella sera ho tentato il suicidio per la seconda volta nel giro di - quanto sarà stato? - una o due settimane. In un lampo di lucidità improvviso ho chiamato il 118, mi hanno portata in Pronto Soccorso e dal giorno successivo sono stata ricoverata in psichiatria per una settimana circa. Ero già in cura per sindrome ansioso-depressiva, ma gli eventi di quell'anno hanno fatto peggiorare la mia condizione in modo estremo. Dopo la dimissione ho dovuto cambiare psichiatra e dopo qualche tempo ho trovato una psicologa online suggeritami da una mia amica.
Ecco, se quasi tre anni dopo sono qui a raccontare tutto questo con serenità, dopo essere uscita intera dal mio secondo tentativo di concorso, lo devo alla mia psicologa, che durante questo ultimo anno ho avuto il piacere di incontrare di persona. Durante una delle ultime sedute le ho espresso la difficoltà che sentivo nel dover rifare il concorso nello stesso posto di tre anni fa e lei ha giustamente osservato "Beh ma tu non sei la stessa persona di tre anni fa".
Comunque andrà io ho superato la mia prova. È il momento di essere in pace.
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Ci sono tanti libri che porto nel cuore,libri che hanno segnato tratti della mia vita in maniera indelebile.In alcuni libri i capitoli sembravano ripercorrere con me periodi reali della mia vita e uno è proprio questo.
Dove non esistono gli addii di Marzia Sicignano
Questo libro ha segnato la mia estate dell'anno scorso e seppure in maniera differente io e Asia(la protagonista del libro)abbiamo affrontato un dolore che anche se nel tempo sembra diventare meno doloroso non scompare mai.
Asia alla morte del padre si rifugia tra i ricordi rifiutando in un certo senso il mondo che la circonda.Rifiutando che l'unica persona che era capace di accendere il suo mondo non è più lì con lei.Non riesce più a guardare la mamma con cui non riesce a mantenere un rapporto,la sua famiglia non esiste più da quando il padre non c'è più.Incastrandosi in un mondo fatto di ansia che l'assale in ogni attimo.
Fino a che un giorno mentre sta al bancone del bar,dove lavora,viene attratta da Claudia una ragazza dall'aria misteriosa.Attraverso Claudia,Asia,riesce a capire che la sua vita deve andare avanti,che lentamente deve riappropriarsi del suo mondo,accettandosi così com'è con tutte le imperfezioni,i dubbi,le paure e lasciare andare libero il padre che sarà sempre la sua parte più importante.Asia ha un legame profondo con il padre e l'unico posto in cui sente veramente il suo ricordo è il mare.Davanti al mare si sente in pace con se stessa e riesce a sentire la presenza del padre.E lì che corre ogni volta che vuole sntire il silenzio e ha bisogno di abbracciare il padre.
Questo libro dal primo all'ultimo capitolo mi ha accompagnato in un "viaggio" dentro di me che è stato abbastanza doloroso.Sapevo che sarebbe stato un libro che mi avrebbe segnato(leggendo la trama).
Ho voluto iniziarlo l'8 luglio 2022(data della scomparsa di mio papà)e finirlo il 4 agosto 2022(giorno del compleanno di mio papà).
Un po'come Asia anche io ho rifiutato il mondo dopo la morte di mio padre e mi sono chiusa in un mondo fatto di buio e dolore.Ancora oggi non né sono uscita del tutto ma lentamente ho cercato di far ritornare la luce intorno a me.Come Asia anche io ho fatto entrare nel mio buio tante "Claudia" e ognuno di loro ha lasciato una piccola candela accesa per farmi strada in questo buio che lentamente sto cercando di combattere.E proprio come lei ho "legato" l'anima di mio papà al mare il posto dove ho i ricordi più belli della nostra famiglia.
"Questo libro è ispirato a un emozione vera."
(Questa è una delle frasi più belle e che mi ha fatto commuovere del libro).
Contest 2023 @allaricercadellanimapoetica
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stregh · 6 months
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A 17 anni, fu rifiutata dall'università.
A 25 anni, sua madre è morta a causa di una malattia.
A 26 anni si è trasferita in Portogallo per insegnare inglese.
A 27 anni si è sposata.
Suo marito l'ha molestata. Nonostante questo, è nata sua figlia.
A 28 anni ha divorziato e le è stata diagnosticata una grave depressione.
A 29 anni era una madre single che viveva di assistenza sociale.
A 30 anni, non voleva stare su questa terra, ma ha guidato tutta la sua passione a fare l'unica cosa che poteva fare meglio di qualsiasi altra cosa.
E questo era scrivere.
A 31 anni, finalmente pubblicò il suo primo libro.
A 35 anni pubblicò 4 libri ed era stata nominata autrice dell'anno.
A 42 anni, vendette 11 milioni di copie del suo nuovo libro il primo giorno della sua uscita.
Oggi Harry Potter è un marchio globale
Con milioni di lettori e seguaci.
Sii appassionata o appassionato.
Non è mai troppo tardi.
Lei è J.K. Rowling
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scampoliditesto · 10 months
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L’Incompreso
Da ragazzo mi sentivo incompreso. Mi rendevo conto di dire spesso cose che non interessavano ai miei coetanei, oppure di ascoltare dischi che venivano rimossi dal piatto con una smorfia dolorante, come se l'ascoltatore si fosse schiacciato i coglioni sedendosi malamente sulla sella di un motorino truccato. Ma l'apice del disagio lo ho raggiunto tre anni fa nel reparto cessi di Villa. In pratica, ero lì con Laura e stavamo scegliendo il bidet per la casa nuova. Io facevo prove approfondite, mi accovacciavo sui sanitari esposti, li riposizionavo nello showroom, mimavo con la mano il gesto di portare il miscuglio di idrogeno e ossigeno verso il culo sagomato da anni di libri e videogiochi. «Ho il femore troppo lungo!» dicevo a Laura. «Ci cacciano via!» ringhiava, malcelando l'imbarazzo in una smorfia divertita. Allora io mimavo con l'indice destro la distanza tra muro e ano, non credo ci sia un termine tecnico, una quota standardizzata vitruviana, insomma, introducevo questa misura a supporto del fatto che avessi le gambe troppo lunghe e che, quindi, da seduto parte del culo sarebbe uscita dal bidet. «Lo voglio stondato e attaccato al muro: fa cagare ovale e con i tubi a vista.» Questa era la risposta che ottenevo in cambio di complessi ragionamenti trigonogometri. E quindi dicevo che no, lo spazio non si può comprimere, cioè magari si può andando alla velocità della luce, però, ecco, non è che per lavarmi il culo io possa ogni volta compiere un salto nell'iperspazio. E dopo discussioni estenuanti, una specie di trattativa tra lei, signora, e io, ambulante affaticato sotto il sole, la spunto. La spunto sulla forma ma il prezzo da pagare è quello di scegliere un bidet che aderisca perfettamente al muro e non lasci intravvedere all'occhio umano tubi, manicotti e leveraggi.
E insomma, racconto questo per dire che oggi mi sono fatto il bidet e dopo che ho finito, tiro la levetta per far defluire l'acqua e si rompe. Tuc. Tuc, fa l'asticella cromata e io la guardo mentre sono seduto a cavalcioni del trabicolo di porcellana. Fisso il muro, poi il pernetto, e infine abbasso lo sguardo e vedo il piccolo specchio d'acqua sotto le mie cosce. Quindi mi alzo, impreco e comincio ad aggeggiare con le dita sul tappo per provare a rimuoverlo dalla sua sede, sede rifinita in maniera millimetrica, nemmeno fosse l'ingranaggio di un Rolex. Dopo dieci minuti mi arrendo. Mi arrendo e corro in cucina. Apro un cassetto ed acchiappo un coltello e torno nel bagno con la speranza di poter usare la lama per far leva sul tappo. Mi tuffo nell'acqua ma l'acciaio è troppo spesso: non ci passa. Il tappo rimane al suo posto, fiero del suo ruolo, una specie di oligarca in un mondo di porcellana e sa-la-madonna quali resti della mia umana ingegneria.
Dopo aver provato una teoria di oggetti, cito a memoria, un cacciavite, uno stuzzicadenti, la lama di un cutter e la tessera della Coop, mi cade l'occhio verso il lavandino. Vedo la soluzione. La vedo e mi compiaccio, addirittura ringrazio dio di avermi fatto scienziato, di avermi donato la possibilità di avere idee utili per tutti tranne che per me stesso. Glu, glu, glu. L'acqua defluisce! Acchiappo con due dita il pistone che dovrebbe alzare il tappo e dare una via di fuga all'acqua e lo tiro. Basta pochissimo e tutto ritorna a funzionare per la gioia del Signor Pozzi e del suo socio Ginori.
Esattamente quattordici ore dopo, sono seduto al Mac che lavoro. È tardi, non so più cosa fare per arginare le scadenze, in pratica sono assorbito dal fallimento professionale quando sento urlare. «Carolina, lavati i denti!» sbraita Laura. «Non posso!» «L-a-v-a-i-d-e-n-t-i!» «Ma come faccio?» urla l'Exogino con parte del mio DNA. «Ho detto che ti devi lavare i denti!» «Non trovo lo spazzolino.» E quindi inizia una rissa madre e figlia, una roba tipo tour dei Genesis quando Phil Colins e Bill Bruford se le suonano sulle note di The Cinema Show. Laura usa l'arma finale: «Adesso viene tuo padre!» Mi alzo sapendo che, ogni volta che vengo invocato, la mia autorevolezza diminuisce, come se il mio essere padre fosse regolato da un'immaginaria barra di energia che niente e nessuno può ricaricare. 
Effettivamente, Carolina ha ragione. Mentre mi gratto il mento ammetto, facendo finta di niente, che lo spazzolino non è più disponibile. «Più?» dice Laura «Più,» dico io. Per chiudere subito la questione, dico che aveva le setole rovinate, anzi, rincaro la dose e aggiungo che bisogna insegnare a nostra figlia a non masticare lo spazzolino. Ma Laura dice che era nuovo, che era diventata scema a trovarlo a forma di giraffa azzurra. «Lo avevo lasciato appiccicato allo specchio, pa'» dice mia figlia. «Proprio qua,» fa Laura indicando l'alone circolare. Mi vedo riflesso nello specchio e capisco di essere spacciato. Ma poco prima di darmi per vinto, mi ricordo di un tizio con cui ho lavorato. Mi ripeteva sempre: "Luca, bisogna sempre dire la verità, perché la verità può essere aggiustata." Allora "aggiusto" il corso degli eventi e, guardando madre e figlia, dico che è successo un incidente e che ho dovuto buttare via il simpatico dispositivo odontoiatrico dotato di ventosa. «Sei un mostro» urla Carolina. «Sei impazzito?» fa coro Laura.
Balbetto e dopo qualche istante ammetto che mi serviva per risolvere un'incomprensione del passato. E quindi spiego alla mia famiglia che non riuscivo a stappare il bidet e che ho usato la ventosa piazzata sul culo dello spazzolino per afferrare il tappo sepolto da acqua e residui pubici. Dico che lo ho fatto a fin di bene, insomma, che lo ho fatto solo nella speranza di tirare via il tappo dalla sede, dalla sua cuccia pure troppo perfetta per quanto ci è costata. «Domani risolvi questa storia» dice Laura. «Come sempre,» dico io mentre vedo madre e figlia che si allontanano senza salutare.
La mattina successiva, giro mezza Genova per cercare uno spazzolino con ventosa. Alla fine lo trovo e, anche se costa una cifra folle, lo pago e lo porto a casa. «Non mi piace,» fa Carolina e aggiunge «ormai sono grande, uso questo» e intanto brandisce un affare di plastica con sopra scritto OralB. Allora ripongo lo spazzolino nel posto segreto dove tengo il mio senso di incomprensione e tutti gli aggeggi che mi ricordano che, alla fine, ho sempre ragione.
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moonyvali · 1 year
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«La stupidità è il motore del mondo. I politici, i personaggi dello spettacolo campano tutti, chi più chi meno, sulla stupidità umana.»
Avete mai letto da bambini La fabbrica di Cioccolato? Matilde? Il grande gigante gentile? Sono libri innocenti, starete pensando. Libri innocui. A chi mai verrebbe in mente di censurarli? Ebbene i moralisti di turno ancora una volta non si sono smentiti.
Lo scrittore di libri per bambini Nicola Pesce lo ha denunciato ieri sulla sua pagina Facebook: «In pratica tolgono le parole «grasso», «pazzo», «nano»... e persino espressioni come «donna delle pulizie» diventeranno «persona addetta alle pulizie. La società che detiene i diritti delle sue opere e l'editore inglese a trent'anni dalla morte dell'autore hanno ben pensato di fare questa cosa orribile.»
Il politicamente corretto ormai è diventato una religione. Dapprima hanno pensato di riscrivere i classici, poi hanno censurato Shakespeare, Shakespeare! Perché? Perché parla di passioni violente e faide familiari, ed è stato abbastanza per per giudicarlo «diseducativo». Accostarsi alla letteratura in questo modo significa ucciderla. E oggi nel mirino di questa penosa censura sono caduti anche i libri per l’infanzia.
Qualcuno, obietterà: ma cosa importa se facciamo a meno di questa o di quella parola? È così importante, in fondo? E perché allora non eliminare la parola tristezza, perché non fare a meno della parola dolore, della parola odio? Perché sì, se si continua su questa strada, arriverà il giorno in cui non si potrà esprimere più nessun pensiero, nessuna emozione, nessuno stato d’animo che il Potere abbia giudicato socialmente inaccettabile. Edulcorare il linguaggio, riscrivere la storia significa «entrare», come diceva Goethe, «in quel luogo della mente in cui il sonno della ragione genera mostri.»
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X Ai miei lettori, è da poco uscita la nuova ristampa del mio romanzo Clodio, se vi piacciono la storia e la filosofia, potete leggerne un estratto gratuito a questo link: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848
#istruzione #cultura #filosofia #scuola
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ma-pi-ma · 2 years
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Caratteristiche che deve avere il mio uomo ideale:
1) comprendere il mio sarcasmo, e rispondere in maniera adeguata;
2) preferire il vino rosso al bianco
3) non saper più dove mettere i libri in casa;
4) conoscere le prime cinque cifre del pi greco e saper ricostruire la sequenza di Fibonacci;
5) avere un'idea di relax che comprenda curiosità ed esplorazione ed un'idea di divertimento che comprenda discorsi profondi e battute intelligenti;
6) saper distinguere la verità dalla retorica;
7) scegliere, tendenzialmente, sempre la verità sulla retorica; 😎 essere un introverso che preferisce esprimersi scrivendo piuttisto che parlando;
9) preferire, in maniera radicale e sfacciatamente sincera, una donna uscita da The Big Bang Theory ad una donna uscita da Sex & The City;
10) essere un gatto (e, si badi, probabilmente quest'ultima è una metafora) * * probabilmente
Catherine Black
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kyda · 5 months
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oggi sono andata alla feltrinelli e sono uscita con un libro (non so come ho fatto) e almeno 5 foto di libri che mi ispiravano ma per cui non sono ancora sicura di voler spendere dei soldi (in più non potevo ovviamente) e quindi mi informerò su internet se ne vale la pena/consulterò ebook e niente sono felice ed è stato bellissimo perché ero con questa collega con la quale condivido proprio questo profondo e ossessivo amore per la lettura e ci siamo dette andiamo là e stiamo due ore minimo e io adoro andare in libreria con la persona giusta, senza ansie che ci sto troppo, che guardo troppi libri, che dico troppe volte questo l'ho letto o questo lo voglio leggere o guarda questa copertina o questo lo voglio o dammi 3 motivi validi per non comprare questa edizione stupenda. niente è stato fantastico 10/10 vorrei passare la mia vita così: leggere, libreria, leggere, parlare di libri e così per il resto dei miei giorni
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micarara · 1 year
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Praticamente mi sono messa a letto alle 22:00 di ieri sera e ne sono uscita alle 11:00 di questa mattina, mi sono fatta 8/9 ore di sonno abbondanti e soddisfacenti, tutto questo per non pensare a lui. Ringrazio gli dei con la faccia per terra, non mi capitava da secoli. Stamattina mi sono alzata e ci ho pensato a lui, la vita che faccio continua a farmi cagare, però va avanti e ho un cervello timido e sensibile che riesce nonostante tutto a riconoscere il bello anche nella camicia da uomo rosa a righe bianche che ho comprato al mercatino per cinquanta centesimi.
Sto rileggendo La campana di vetro dopo anni e scopro che non mi ricordavo un cazzo, all'epoca non ne ero rimasta entusiasta, ora al capitolo tre sembra il libro più illuminante che abbia mai letto. Rileggere i libri è un'esperienza affascinante.
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scogito · 3 months
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Cosa nasconde la Legge d'Attrazione - Claudio Manca
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Ciò che lui definisce come approccio pro attivo e approccio del Tutto, è la differenza tra i bisogni e l'autenticità.
Ne parlo fino allo sconcerto in questo blog, soprattutto perché le convinzioni distorte sulla Legge di attrazione sono diventate Bibbia.
La piccola percentuale di persone a cui fa riferimento è il piccolo gruppo di gente realmente evoluta, e che quindi applica naturalmente anche un approccio pro attivo perché parte dall'Essenza e non dai bisogni.
La legge di attrazione come viene spiegata e applicata dalla maggioranza, intrappola l'uomo sul piano della materia e del Sistema (piano orizzontale), mentre esclude il vero processo superiore evolutivo della coscienza di sé (piano verticale).
Va da sé che la massa non si trova in questo stato e di solito nemmeno sa riconoscere i suoi bisogni, anzi ci sguazza dentro in completa cecità. Per questo la Legge di attrazione diventa lo scaffale di un supermercato, una manipolazione continua di sé e degli altri e una strada senza via di uscita.
È una distorsione voluta dal Sistema stesso.
La domanda posta all'inizio del video dimostra quanto ha attecchito nell'ordinarietà di vivere secondo i bisogni, e di scambiare la soddisfazione di essi con il miglioramento di sé. È sempre lo stesso concetto disfunzionale del "desidera e sarai felice".
Farsi qualche domanda sul perché hanno fatto diventare virale libri come The Secret non guasterebbe.
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T.me
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