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#leopardi e l'immaginazione
popolodipekino · 5 months
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sei come la mia moto una ginestra
[...] io vengo da una città dominata da un vulcano, che è Catania, e il vulcano attivo è l'Etna. Sin da piccoli ci insegnano che la ginestra è la pianta pioniera, che non solo resiste, ma spacca la lava. Dopo una grande eruzione da noi ci sono quegli scenari biblici [...]. La ginestra, spaccando la lava, prepara il terreno per le conifere che verranno dopo, quindi è una pianta magnanima, generosa. Da noi è un complimento dire a una persona : "sei come una ginestra". Nella mia visione della ginestra c'è un disegno intelligente della natura, perché la natura aiuta altra natura a crescere, rendendo accogliente la terra. [...] da R. Bodei, Leopardi e l'immaginazione, in Leopardi e la filosofia
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filosofandoo · 10 months
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"Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare"
Dietro a questi versi c'è davvero semplicemente un ragazzo che immaginava l'infinito?
Nell'Infinito di Leopardi nulla racconta solamente di un giovane che osserva la vastità del cielo e si domanda cosa ci sia oltre l'orizzonte. Giacomo non è un uomo ordinario, ma un uomo semplice: egli cerca quell'essenza, quella ragione che trascende la vita quotidiana (che è sempre stata basata su tradizioni, abitudini e materialismo). Giacomo cercava e Voleva un qualcosa che facesse sentire vivi gli uomini, uno stimolo penetrante che lo motivasse alla ricerca di una meravigliosa bellezza. E così, proprio tramite la contemplazione della natura, l'immaginazione da vita ad un'Infinita pace destinata ad elevare l'uomo all'eterna leggerezza.
Ce lo dice anche lui: Svuotate la mente e aprite il 🤍!
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valentina-lauricella · 10 months
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Sto leggendo due libri alternativamente, "La scienza delle esperienze di premorte" di van Lommel, e "Storia di un'anima" di Leopardi, l'uno per prendere riposo dall'altro.
Sembrano due testi agli antipodi, in realtà sono correlati, come tutte le cose che faccio ed accadono nella mia vita. A sfidare chi liquida le esperienze di premorte come allucinazioni, ci sono quelle vissute da non vedenti dalla nascita, che durante la premorte, per la prima volta, vedono.
Per Leopardi la vita era solo quella sulla terra, dopodiché c'era l'ignoto su cui, per rigore intellettuale, non si doveva sprecare una parola e al quale non andava applicata l'immaginazione, pena un fragoroso scadimento da quell'apicale arduo crinale ch'egli stesso creava percorrendolo. Quello di Leopardi è un materialismo che nella sua nitida compiutezza formale non costituisce parte dalla quale, o no, schierarsi, ma dato miliare imprescindibile di qualsivoglia percorso. Esso non è un'opposizione, ma un accompagnamento di qualunque altra posizione, fattuale o esplorativa, della conoscenza.
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archiviodelmaestro · 1 year
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Il binomio fantastico, l’idea geniale di Rodari per svagarsi
All’interno della “Grammatica Della Fantasia” di Rodari troviamo un’idea geniale di esercitazione che pone alla massima espressione l’uso dell’immaginazione, il binomio fantastico.  L'immaginazione che, come Rodari stesso dice, “non è una qualunque facoltà separata della mente: è la mente stessa, nella sua interezza…”. Non vanno neanche trascurati i suoi effetti d’allegria così ricordando che nelle nostre scuole si ride troppo poco! «La più bella e fortunata età dell'uomo, ch'è la fanciullezza, è tormentata in mille modi, con mille angustie, timori, fatiche dall'educazione e dall'istruzione, tanto che l'uomo adulto, anche in mezzo all'infelicità... non accetterebbe di tornar fanciullo colla condizione di soffrire quello stesso che nella fanciullezza ho sofferto.» Leopardi, Zibaldone Stiamo parlando del binomio fantastico ovvero la costruzione di una storia fantastica a partire solamente da due parole scelte contemporaneamente in maniera totalmente casuale. Per esempio dice Rodari: “Quando facevo il maestro, mandavo un bambino a scrivere una parola sulla facciata visibile della lavagna, mentre un altro bambino ne scriveva un'altra sulla facciata invisibile.  Il piccolo rito preparatorio aveva la sua importanza. Creava un'attesa. Se un bambino scriveva, in vista di tutti, la parola «cane», questa parola era già una parola speciale, pronta a far parte di una sorpresa, a inserirsi in un avvenimento imprevedibile.  Quel «cane» non era un quadrupede qualunque, era già un personaggio avventuroso, disponibile, fantastico. Girata la lavagna si leggeva, poniamo, la parola «armadio». Una risata la salutava.” Cioè consiste nel far scrivere contemporaneamente la prima parola venuta alla mente qualsiasi essa sia a due alunni alla lavagna e da questo binomio costruire una storia senza regole o limiti. La scelta di due termini e non uno solo , dice Rodari, è dovuta al fatto che non basta un polo elettrico a suscitare una scintilla, ce ne vogliono due.  La parola agisce solo quando ne incontra una seconda che la provoca , la costringe ad uscire dai binari dell’abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significare. Lo straniamento Qui entra anche un altro processo fondamentale nel pensiero dello scrittore, lo “straniamento” (Tolstoj lo descriveva come quel processo che ottieni parlando di un semplice divano nei termini in cui ne parlerebbe una persona che non avesse mai visto prima un divano, né avesse sospetto dei suoi possibili usi). Nel binomio fantastico le parole non sono prese nel loro significato quotidiano, ma liberate dalle catene verbali di cui fanno parte quotidianamente.  Esse sono «estraniate», «spaesate», gettate l'una contro l'altra in un cielo mai visto prima. Allora si trovano nelle condizioni migliori per generare una storia. Suggerimento Il procedimento più semplice per strutturare il rapporto tra le due parole del binomio su cui basare la propria storia è quello di collegarle con una preposizione articolata. Facciamo l’esempio del binomio cane-armadio possiamo creare diversi rapporti: il cane con l’armadio, l’armadio del cane, il cane sull’armadio, il cane nell’armadio… Questi non saranno altro che lo schema di una situazione fantastica. Tirando le somme io consiglio assolutamente l’utilizzo di quest’attività che assicura sempre una forte partecipazione. Lascio anche il link per la “Grammatica Della Fantasia” in caso vi abbia creato interesse. https://amzn.to/3MqSugm Grazie per l’attenzione. Per altri contenuti riguardanti l'opera di Rodari suggerisco la lettura di questo articolo: https://www.archiviodelmaestro.it/category/italiano/ Read the full article
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atelierdart · 1 year
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Un’ombra azzurra . L'immaginazione è la prima fonte della felicità umana - Giacomo Leopardi . “…Alessandro sceglie di seguire la magica scia lasciata dalla fenomenale tradizione astratta e si cimenta con quel fervore guizzante e incalzante, che a suo tempo ha accomunato anche Kandinskij e Pollock nella loro fervida dedizione all’espressione pittorica. “ (@elenagollini_artblogger ) https://www.instagram.com/p/Cozjbqnt67C/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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aurorasword · 3 years
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Il buio non fa paura. @aurorasword
Buttata sul letto leggeva Leopardi, "Due cose belle ha il mondo: amore e morte". I suoi occhi si trasformarono, incredibilmente divennero grigi e cupi e caddero nello sconforto, la testa si fece pesante, a causa del troppo peso dei pensieri, il corpo si fece sempre più debole, l'ansia la lacerava fino a strapparle il cuore dal petto.
Si alzò ed aprì la finestra, i suoi polmoni sembravano sempre aver bisogno di nuova aria, le emozioni la schiacciavano e le lasciavano il respiro a metà. Un misto di emozioni iniziarono a scombussarle la mente, aveva tanta rabbia dentro al suo corpo, tanta tristezza, tanta paura. Le lacrime iniziarono a rigarle il viso, un po' come lei era solita rigare il suo corpo, un corpo che piangeva lacrime di sangue quasi ogni giorno. Chiudeva gli occhi mentre piangeva ed immaginava un prato fiorito in una calda giornata estiva, ma quella notte neanche l'immaginazione le servì per evadere dall'oscurità dell'orrida realtà.
Nonostante le lacrime che le offuscavano la vista, la sua mente ragionava in modo molto chiaro. Pensò al passato ed al presente, quanti ostacoli aveva dovuto superare, la sua vita era un susseguirsi di lotte continue, energie sprecate, tristezza sparsa dal vento come un pugno di sabbia. Quanto altro avrebbe dovuto sopportare ancora? Quanto altro peso avrebbe dovuto portare sulle spalle?
Ormai litigava decisamente troppo spesso, praticamente con tutti, era veramente stufa, iniziavano tutti a non capirla e lei si stancava troppo velocemente.
Prese ancora un'altra boccata d'aria alla finestra, vide la luna piena brillare nel cielo nero come la pece. Per un momento volle essere proprio quella massa perfetta e brillante del cielo, guardata e desiderata da tutti. La Luna, nonostante sia piena di crateri sulla sua superficie, viene adorata e non sminuita, così perfetta ed irraggiungibile da quasi la totalità degli esseri umani.
"Guardate la luna quando vi sentirete tristi, quando vi mancherò, quando mi odierete, quando mi penserete; io sarò lì, raggiungibile dall'occhio umano e dal suo cuore, ma non dal suo tatto." Lo scrisse lei, sul suo taccuino colmo di disegni strani, bozze, scritte, frasi, poesie e scarabocchi.
"Guardate la luna, perché io spero di essere lì, dove non potrò più essere schernita dalle parole altrui, dalle azioni, dalle mille voci che mi piombano in testa e mi ronzano nelle orecchie. Guardate la luna, perché il buio non sempre fa paura." Aveva più buio dentro di sé che quando spegneva la luce della sua camera, anche se in quel momento sapeva che sarebbe stato la cosa più difficile da affrontare, quando i pensieri si facevano più nitidi, i volti si facevano più insistenti e le parole più forti. Si tappava le orecchie, chiudeva gli occhi, ma ogni notte era sempre la stessa storia, tornavano tutti ed era sempre peggio, un massacro senza mai fine.
Decise così di andarsene, cancellare le sue tracce, volare via, scappare per dimenticare, per non soffrire.
In quella notte di plenilunio, mentre tutti dormivano e le facevano compagnia solo il rumore dei grilli e del flebile fruscio dell'erba, si tolse la vita di fronte alla Luna, con la luce che entrava dalla finestra e si posava sul suo volto affranto ma rilassato, conscia che sarebbe cascata in un sonno profondo e piacevole senza più svegliarsi.
@aurorasword
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pensieriserali · 4 years
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L'infelicità
Qual'é il senso della vita se non la ricerca della felicità eterna?
Ognuno di noi, preso singolarmente, sogna di vivere una vita agiata senza problemi né noie, di avere un bel futuro e di invecchiare sentendosi realizzato.
Ma è possibile questo? Come può essere possibile la completa realizzazione di se stessi se in ogni momento della nostra giornata noi pensiamo solamente a renderci felici?
Come possiamo pensare di arrivare alla fine della vita sereni e tranquilli se abbiamo paura costantemente di avere un attimo di infelicità?
Moriremo... Questa è una verità inconfutabile, siamo destinati alla morte e alla distruzione, ma allora perché dobbiamo avere una completa e perenne insoddisfazione di noi stessi?
Perché non ci godiamo quello che abbiamo (che è anch'esso limitato) e non lo sfruttiamo al meglio fino alla fine?
Le risposte sono tante, profonde o meno. Ognuno ha qualcosa da dire, di differente, ma nessuno ha mai la risposta.
Perciò, a questo punto, la morte è terribile e fa paura soltanto perché è la rappresentazione della fine della ricerca della felicità eterna.
Mi immagino allora un futuro idilliaco e impossibile in cui si scopre che dopo la morte si raggiunge la felicità e il piacere eterno... Cosa succederebbe alle persone ancora in vita?
Io spero che questa domanda non avrà mai risposta perchè altrimenti questo darebbe il via alla decadenza finale di questo mondo.Inoltre sono un sostenitore del pensiero singolare di Leopardi. Lui sostiene che l'immaginazione e la ricerca del piacere sia più appagante che il piacerei stesso.
Io preferisco vivere una vita immaginando di trovare una felicità eterna che morire senza averci mai pensato... Perché chissà... Magari la felicità eterna non è come quella che ci aspettiamo...
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somehow---here · 4 years
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Insomma questa vita è una carneficina senza l'immaginazione e la sventura più estrema diventa anche peggiore e somiglia a un vero inferno quando sei spogliato di quell'ombra d'illusione, che la natura ci suol sempre lasciare.
Giacomo Leopardi, Zibaldone
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beltratto · 3 years
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#SanGiacomo #25luglio #onomastico Basta una tovaglia buttata sulla sabbia del mare e le prelibatezze dello chef Giacomo (mio figlio) assumono sapori e profumi per un picnic gioviale. Non tutti festeggiamo l’onomastico, anzi son più le volte che si dimentica ... Aprendo i social oggi, mi è balzato più volte il caro nome di mio figlio, Giacomo. E poi, come per gli oroscopi, ne scrivono il significato. Buono, naturalmente. La storia che c’è dietro al nome GIACOMO è incredibile: Giacomo ha un'enorme immaginazione e ama l'avventura. Al tempo stesso apprezza anche l'ordine e la stabilità. E' piuttosto ansioso e nervoso, anche se all'apparenza è allegro e piacevole. Giacomo lotta con la parola, per gli ideali o solo per difendere se stesso o i suoi cari. Si prende infatti cura delle altre persone e crede molto nell'affetto. Affronta la vita con un'energia che sembra inesauribile. Ama essere apprezzato e non sa resistere alle lusinghe. Dal lungo e faticoso cammino dei pellegrini diretti al santuario spagnolo di Santiago di Compostela è forse derivato il modo di dire "le gambe mi fanno giacomo giacomo" (che potrebbe altresì avere un'origine onomatopeica, dal suono giac giac che farebbero le ginocchia quando sono stanche. Determinato, dinamico e riservato, Giacomo ama lavorare, impegnarsi e crescere intellettualmente. E' molto apprezzato sul lavoro grazie al suo impegno e si distingue per il suo profondo senso della giustizia. E' onesto, dice sempre ciò che pensa, e ama essere un leader ed avere il controllo su tutto. è un ottimo interlocutore anche su questioni profonde e complesse.  La sua saggezza spinge gli altri a rivolgersi spesso a lui per ricevere consigli e fare confidenze. Indeciso vive secondo il suo istinto, alla continua ricerca di se stesso. La sua forte energia si tramuta in lealtà e generosità nel rapporto con gli amici più stretti e le persone a cui vuole bene, rendendolo un perfetto compagno di vita. “L'immaginazione e' la prima fonte della felicità umana...” (Giacomo Leopardi) (presso Los Angeles, California) https://www.instagram.com/p/CRv40ZAphQS/?utm_medium=tumblr
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popolodipekino · 5 months
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pessimismo e fastidio
Per quanto riguarda il rapporto con Dio, Leopardi, dichiaratamente ateo, sostiene che quello che dicono Platone e "Leibnizio", che esistono delle idee perfette, è assolutamente falso, perché noi non siamo in grado di concepire qualcosa di preciso e perfetto. [...] Noi non dobbiamo considerare le idee innate, come fa Cartesio, [...] quelle che abbiamo a priori nella nostra mente, come qualcosa di vivo, dobbiamo fidarci soltanto di ciò che è dato, di ciò che passa attraverso i sensi. [...] La posizione di Leopardi è quella di Locke [...], secondo il quale tutte le nostre conoscenze derivano dai sensi, tutto ciò che non passa attraverso i sensi non entra nel nostro intelletto e tutti noi possiamo solo credere per fede che Dio esiste, ma non lo possiamo dimostrare. [...] Ma Leopardi va ancora più in là. Un mondo così imperfetto non può essere opera di Dio. E Leopardi, che conosceva Epicuro, diceva che, se Dio può togliere il male e non lo fa, è malvagio. Se non può togliere il male, è impotente. Se non può e non vuole è impotente e malvagio. Naturalmente, di fronte a queste posizioni si prova, soprattutto chi è religioso, una certa repulsione. Da qui l'idea di un Leopardi nichilista, che vuole il nulla. Da qui l'idea, diffusa nei manuali, del pessimismo cosmico. Leopardi è qualcosa di più. da R. Bodei, Oltre la siepe: Leopardi e l'immaginazione, in Leopardi e la filosofia
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ophelieposts · 7 years
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Alle volte l'anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è il desiderio dell'infinito, perchè allora in luogo della vista, lavora l'immaginazione e il fantastico sottentra al reale. L'anima s'immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe l'immaginaro
Leopardi
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dolcecuore-blog1 · 7 years
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Sognare ad occhi aperti o guardare in faccia la realtà? Da sempre ci si pone questa domanda col fine di scoprire cosa sia davvero meglio per noi. Cosa ci possa far raggiungere la tanto agognata felicità. Il mondo, però, è diviso in due schieramenti che sostengono l'opposto: chi la vita tra le nuvole dei sentimentalisti e chi l'osservare analitico dei realisti. La soluzione forse sta nel mezzo, come scrive Alain Finkielkraut (filosofo e scrittore francese), nell'avere “un cuore intelligente”. Un cuore che riesce a captare segnali ed emozioni dall'esterno, educato ad elaborare il tutto per far si che la persona possa davvero servirsene per creare sogni concreti e non illusioni folli. A mio parere, come scrive anche lo scrittore italiano Alessandro D'avenia (nel suo romanzo “L'arte di essere fragili), “l'immaginazione non è fuga dal reale, ma piena immersione in esso”. Noi abbiamo un reale bisogno di avere il cuore aperto a farsi colpire dalla realtà. Dalla bellezza di un tramonto, da una stupefacente notte stellata, dalla dolcezza di un abbraccio. Dobbiamo far cadere i paraocchi del realismo e solo così riusciremo ad immaginare qualcosa di meglio nel nostro futuro. Altrimenti tutto questo passerebbe inosservato ai nostri soli occhi. Così,questa bellezza che ci riempie, crea in noi qualcosa. Un sogno, una destinazione da raggiungere, un motivo per cui valga la pena vivere. E, quindi, puntiamo questa stella cadente e la iniziamo ad inseguire spinti dalla forza data dalla voglia di raggiungerla. Perché senza un fine la nostra sarebbe un' esistenza morta. Ma se il nostro cuore chiuso non riesce a farsi riempire da un sogno, non avrà mai la forza di inseguire quella stella. È opinione comune che più si crede in qualcosa, più il non-raggiungimento di essa è causa di dolore. Questo probabilmente corrisponde a verità; ma è altrettanto vero che il percorso stesso può essere motivo di felicità o ragione di vita. Questo ce lo insegna anche Leopardi nella lettera di addio al padre nella sua fuga giovanile: “preferisco soffrire che annoiarmi”. Lui ha trovato qualcosa per cui valga la pena vivere, la poesia, e vuole inseguirla, ma per farlo si sente costretto a lasciare il padre. Colui che cerca continuamente di spegnere quella stella. E per farlo è pronto perfino a vagabondare e a rischiare la vita senza un tetto sotto il quale dormire, tanta è la voglia di vivere il suo sogno. Tanta è la sua voglia di “vivere”. Quindi, se l'obiettivo si persegue con l'ammirabile coraggio del giovane Leopardi e con la coscienza che ci saranno ostacoli, anche duri da superare, essi ci sembreranno tanti piccoli traguardi che, di fronte all'ostacolo insormontabile, ci faranno sentire, tra le lacrime, non falliti per non aver raggiunto la stella, ma orgogliosi e arricchiti del percorso fatto e forse pronti ad inseguirne una nuova.
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popolodipekino · 5 months
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agora só me falta sonhar (cit.)
Domanda: Io ho sempre pensato che il pensiero dell'uomo sia, in senso lato, limitato, perché limitato al nostro sistema, al nostro mondo, per cui non c'è niente che possiamo pensare, per quanto fantasioso possa essere, che non esiste comunque. Esiste, ma non lo sappiamo, non lo vediamo. Quindi c'è una specie di assenza, un'assenza che però, paradossalmente, è l'assenza di qualcosa che c'è, che non sappiamo, che non vediamo. Io ho sempre ricevuto, in particolare da L'infinito, ma anche da Il sabato del villaggio, l'impressione che Leopardi volesse esorcizzare proprio questa assenza, cioè questa non conoscenza di qualcosa che c'è, che può essere, e il suo volersi distaccare in qualche modo fosse proprio il tentativo di riuscire a governare questa assenza. [...] Risposta (Franco Cassano): [...] Quello che dico semplicemente è che la vita è fatta anche di attese e di ricordi. Non viviamo mai nella sospensione, quindi questa dimensione dell'immaginazione, che ci fa ricordare Silvia e che ci fa aspettare, sono costanti nel nostro presente. Questo mi sembra, al di là di come poi Leopardi cerca di governare questo progetto, [...]. Poi, se mi si consente di strumentalizzare, c'è un punto di questa dialettica del rapporto tra immaginazione, verità e scienza. [...] Io ho a suo tempo approfondito il problema della cosmologia del Big Bang. Ancora oggi, su tutte le riviste si mostrano con molta enfasi, diciamo, alcuni esperimenti circa l'individuazione di qualche indizio dell'esistenza della cosiddetta massa oscura. Cioè la grande ipotesi cosmologica, che noi diamo per scontata, è ricca di immaginazione in modo incredibile, perché, in buona misura, ipotizza che, per poter reggere quella ipotesi, alcuni equilibri gravitazionali possano essere garantiti solo dall'esistenza di una massa oscura, che non possiamo vedere, ma che ci deve essere. L'immaginazione nella produzione scientifica ha sempre avuto un ruolo molto rilevante. Vorrei evitare che noi inconsicamente lavorassimo su una contrapposizione tra una scienza tutta quanta sperimentale e una immaginazione tutta arbitrarietà e fantasia: i livelli di intenzione sono tanti e sono molto rilevanti. Questo, poi, tutta la filosofia della scienza più recente lo dice. Per cui, da questo punto di vista, stante il fatto che l'immaginazione ci può fare terribili scherzi, quello che cerco di fare è ridurre lo scarto tra l'una e l'altra, far capire che si può passare dall'una all'altra parte del confine, che non bisogna avere troppa paura dell'immaginazione, che certe volte comunica bene col sapere verace, lo aiuta. Chi sa poi se è verace quel sapere, ma questo è un altro problema. da R. Bodei, Oltre la siepe: Leopardi e l'immaginazione, in Leopardi e la filosofia
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valentina-lauricella · 10 months
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Perché Leopardi amava la vita (dimostrandolo senza parlare di gelati)
L'infinito potrebbe esistere anche solo nell'immaginazione. Questa non è vera né falsa: è finzione, nel senso di creazione mentale.
L'infinito, l'unico altro che sancirebbe l'esistenza e il senso del finito, essendo altro dal finito e nello stesso tempo (o meglio, nella sua atemporalità) comprendendolo (non de-limitandolo, ma facendone punto-sorgente dell'infinito); essendo il substrato e la luce del finito.
La nuda ragione dice che l'infinito non esiste; ma il sentire porta vicino alla sua intuizione, l'immaginazione potrebbe addirittura crearlo. E Leopardi nel '23 scriveva che le più profonde verità metafisiche non si colgono se non con il contributo del sentire e dell'immaginazione alla facoltà della ragione, la quale, da sola, anatomizza il mondo rendendolo un cadavere da cui non si potrebbe risalire al principio della vita. Quella vita che è perenne moto e si esprime nell'uomo con la speranza, ovvero immaginare l'invisibile e anche l'impossibile, e che lo spinge al fare nonostante la frustrazione di non giungere mai attraverso di esso alla soddisfazione del suo bisogno di piacere infinito.
Ma cosa accade quando l'uomo si libera dall'impulso del fare e si lascia invadere dalla noia? Quando dalla vita attiva passa alla vita contemplativa? La sua immaginazione, libera dal fabbricarsi illusori e parziali oggetti di soddisfazione (mai raggiunta), raggiunge un livello creativo superiore. Nella passione della noia, dapprima si attraversa una sensazione di morte, di "morte in vita", una morte cosciente. E finalmente liberi dal sé (della limitatezza dell'egoismo, dell'amor proprio) si accede ad uno stato che apre alla percezione e finanche alla creazione: dell'opera d'arte poetica (la poesia, quasi del tutto slegata dal "fare" materiale e quindi, come arte, la più alta) e del concetto metafisico.
Superando il sé mediante ciò che potrebbe assimilarsi alla meditazione, superando lo stato di sofferenza e frustrazione ingenerato dal desiderio, attraversando il limite della morte, si giunge a sentire (o creare) l'infinito: la verità della vita, il contraltare del nulla (che è la verità della morte).
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valentina-lauricella · 10 months
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Breve rielaborazione di una parte del pensiero di Massimo Donà su Leopardi
La poesia si occupa di singolarità, e la singolarità sfugge all'universalizzazione dell'approccio conoscitivo scientifico che usa come unico strumento la ragione. La singolarità è in-determinata, ovvero non è mai quel che è, ma ciò che è stato o potrebbe essere: rappresenta il dinamismo dell'ordine naturale, che è disposto in modo poetico, consonante con il sentimento e l'immaginazione dell'uomo, che ne è parte. L'uomo, in armonia con la natura, ne esperisce la verità vivente; mentre la ragione e il pensiero scientifico, suddividendola in parti, la rendono un organismo morto, analizzando il quale non si potrebbe risalire al principio della vita.
La singolarità è assoluta, ovvero non de-terminata da un altro essere; assoluto e non derivante da parametri razionali e scientifici è anche il giudizio estetico sull'opera d'arte; non comunicabile, ovvero non partecipabile da altri enti, proprio perché singolare come il proprio oggetto.
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Medianita`/2
"Sono proprio io, Giacomo," si presenta agli astanti. Un'anima di alta evoluzione lo ha condotto fino a loro. Si dichiara contento di questo contatto con la Terra e disponibile a condividere la sua esperienza.
Si trova da molto tempo terreno lì (non sa esattamente da quanto) dove non sono spazio né tempo. È consapevole di aver fatto la storia della letteratura tramite i suoi scritti; è felice che ancora vengano studiati, anche dai giovani, come uno dei presenti, uno studente di lettere. Ricorda vividamente la sua ultima incarnazione proprio perché spesso viene ricordata sulla Terra. Ringrazia lo studente e si congratula con lui perché ricerca, studia e apprezza la sua opera. Questo indica un'estrema, direi quasi eccessiva, gentilezza e modestia di Leopardi (gli dirò di evitarle).
Leopardi dice molte cose in questa seduta; mi limiterò a riferire quelle che, irriflessivamente, mi colpiscono di più, e non quelle che, immagino, potrebbero avere importanza per gli altri.
Proprio come disse anche a me, dice che la nostra mente produce universi tramite l'immaginazione, e tali universi non sono sogni, ma sono reali. Ricordo quando, per placare un mio dissidio interiore circa il dato reale e l'immaginazione, disse che esiste una collaborazione tra essi nella creazione della realtà. Ora, io non so esprimerlo bene a parole, perché lui con me comunicava sempre con le immagini (talvolta anche con pacchetti di stringhe informative), molto più incisive e persuadenti delle parole.
Egli viveva tante realtà, di cui quella fisica, all'interno della materia, era la più triste e rifiutata da quell'altra parte di sé stesso memore di appartenere, per così dire, al Cielo (perdonatemi la faciloneria di questo termine). Lui mi mostrò che sentiva attorno a sé delle leggere brezze di voci, di ricordi, che lo chiamavano alla realtà cui apparteneva. E queste brezze erano tanto più distintamente percepite durante l'infanzia e la prima adolescenza, nei prati di erbe alte, profumate dal sole, e in una piccola radura all'ombra tra esse, in cui seduto con le ginocchia al petto, osservava tipi di vegetazione e insetti fino a quando era come se non li vedesse più a causa della percezione di ciò che era dentro e al di là di essi (così vidi). Poi cercò di non ascoltare più questi richiami, perché voleva fieramente costruirsi una propria identità attraverso lo svolgimento logico-razionale del pensiero.
Si percepisce che lo spirito di Leopardi vorrebbe parlare di altro, ma vede, nell'animo dello studente di lettere, un insistito interesse per la sua esperienza terrena, e se ne sente come calamitato, quasi costretto a parlarne; si rassegna mitemente a farlo, consapevole che "deve essere così". Badate bene: diffido qualunque medium dal mettere ancora a disagio lo spirito del mio amico.
Dice che non riuscì neanche a vivere un amore, dando così credito alla versione del Ranieri che afferma: "Egli portò intatto il fiore della verginità nella tomba". Ed anche se avesse avuto rapporti mercenari, come qualcuno sostiene, si potrebbero forse chiamare "amori"? Non vi dico quel che mi disse lui stesso su questo punto, perché fa parte dei suoi messaggi strettamente privati. D'altronde, allo stato attuale della mia conoscenza di lui, questo non è un argomento che particolarmente mi appassiona.
La seduta medianica prosegue con Leopardi che parla della propria autopercezione e della propria realtà interiore. Quel che trovo disarmante è come ad un certo punto parli con vero distacco di ciò che ricorda di avere più amato: la poesia. Sembra davvero che stia parlando non il personaggio che noi abbiamo associato a lui in base alla sua ultima incarnazione, ma la persona che è la summa di tutte le proprie incarnazioni e che le trascende. Da ciò il suo tono particolarmente pacato, rasserenante e, direi, anche seducente.
La seduta prosegue con un'imbarazzante, ideologicamente confusa domanda dello studente circa la felicità, le illusioni, l'amore, la verità, la speranza. Leopardi risponde che esistono verità che permeano l'Universo e che sono quelle in cui vive l'anima; il suo corpo in cui si sentiva costretto gli è servito per fare più spazio all'anima. Quindi, sebbene non sia riuscito a vivere una vita di quelle comunemente considerate felici e normali, adesso ciò gli appare come un bene perché l'ha indirizzato verso l'espressione della propria anima, con cui ha toccato profondamente molte persone. Parla di sé come dì un essere sdoppiato, e persino moltiplicato, in più realtà.
Lo studente gli chiede ora se la felicità può esistere nella vita fisica. Leopardi dice che la passeggiata terrena può essere particolarmente dura per chi ha un'elevata spiritualità. Se però se ne è consapevoli, si può cercare di vivere bene anche nella materialità. La compenetrazione nella materia è importante nel percorso conoscitivo individuale, e l'essere saggio può viverla bene, non rifiutandola, ma vivendola come una tappa del percorso evolutivo dell'anima. Dice che l'esperienza nella parte densa dell'energia è indispensabile per comprendere la Creazione. Adesso si rivolge più confidenzialmente allo studente, dicendo di vedere nel profondo della sua anima. Qui riportero` tutte le manifestazioni di empatia e gentilezza di Leopardi nei suoi confronti. Dice che vede la sua esperienza terrena, caratterizzata da un andamento bipolare fondato su un temperamento meditativo. Lo ringrazia nuovamente per averlo chiamato, si dice contento e fiero di lui, gli preannuncia che affronterà senza fatica un componimento e che ne riporterà una buona valutazione; questo sarà il suo ringraziamento per averlo chiamato ed avergli consentito di parlare ancora, dopo tanti anni, agli esseri sulla Terra.
Tralascio informazioni che altri potrebbero giudicare importanti, ma che mi lasciano quasi indifferente, per passare direttamente ad un altro punto che suscita in me una reazione emotiva.
Leopardi ammette di non aver capito in che modo doveva vivere, ma che ciò faceva parte del progetto di vita che si era scelto prima d'incarnarsi, e quindi accetta questo suo modo "sbagliato" di aver vissuto, questa sua parziale mancanza di comprensione. È come se dicesse: l'importante è che io abbia vissuto la vita scelta, sebbene non appare come una vita vissuta al meglio. Egli accetta il suo limite, intrinseco alla vita che si è scelto, la sua mancanza di saggezza.
Poi smentisce di essere stato un essere infelice e pessimista. Dice di esserlo stato per i parametri terreni, ma non in senso assoluto. Dice che le regole umane spesso portano fuori strada i percorsi scelti a monte dagli individui. Nell'ambito del percorso di vita che si era scelto, quando non considerava le regole e i parametri umani e si estraneava da essi, quando viveva solo nella sua anima, egli era felice. Dice che tutti gli spiriti sono individuali ed eterni. Dice di non riuscire a penetrare la realtà di Dio, ma solo ad intuirla, e di non conoscere tutto (una cosa che disse anche a me).
A seguito di una domanda, dice che si può vivere il proprio segmento temporale serenamente, componendo il dissidio anima/corpo, ma che solo i molto saggi riescono a farlo (lui non lo è stato).
Segue, su richiesta dello studente, un'esplicitazione del suo rapporto con la natura, che trovo di nessuna significanza. Probabilmente la produce solo per compiacere lo studente, per aiutarlo scolasticamente (ciò mi suscita molto fastidio).
Prima di concludere, riporto un'altra affermazione di Leopardi, ovvero che l'essere umano sulla Terra, per quanto si appelli alle filosofie e alle scienze occulte (non menziona la religione), non può possedere la verità, che anche lui sulla Terra ha sempre cercato; ma quella che aveva scelto di considerare tale, era una falsa verità, apportata dalla materia, e questo dubbio su quale fosse la verità falsa e quella autentica non lo lasciò finché non si trovò di là, senza il corpo fisico.
Nel congedarsi, non di sua volontà ma perché lo studente dice di aver finito le domande, egli è, ancora e sempre, fin troppo gentile. Grato per essere stato chiamato, sembra quasi non voglia andarsene. Dice che sarà contento di rispondere ad altre chiamate. Si congratula con lo studente, gli fa gli auguri, lo abbraccia. Io mi sento di dirgli: se vuoi parlare con qualcuno sulla Terra, scegli bene con chi farlo, ovvero scegli me. Non sarò una medium, ma parlare con me ti apporterà grossi meriti spirituali, per la gioia che mi darai. Se in questo scritto ho detto che lui mi ha parlato, vorrei specificare che lo ha fatto solo nella mia immaginazione. Non avrebbe potuto farlo altrimenti, giacché io non credo nella comunicazione con gli spiriti e ritengo sia di cattivo gusto e di nessun valore umanistico e culturale cercare Leopardi altrove se non negli scritti che ci ha lasciato.
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