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#lacrimata
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Caspar David Friedrich, Un uomo e una donna in contemplazione della luna, 1819, olio su tela, cm 34 X 44. Berlino, Alte Nationalgalerie.
A Silvia di Giacomo Leopardi
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventú salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io, gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu, pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dí festivi
ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negâro i fati
la giovanezza. Ahi, come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
questo è quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
Il nome "Silvia" è ispirato alla ninfa protagonista della Aminta di Tasso. Simbolo di tutti i sogni di gioventù infranti da una morte prematura.
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comesullenuvole · 5 years
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La lacrimata sepoltura
Ieri giorno di festa abbiamo con solennità trapiantato i pini delle vicine collinette sul monte rimpetto alla chiesa. Mio padre pure tentava di fecondare quello sterile monticello; ma i cipressi ch’esso vi pose non hanno mai potuto allignare, e i pini son ancor giovinetti. Assistito io da parecchi lavoratori ho coronato la vetta, onde casca l’acqua, di cinque pioppi, ombreggiando la costa orientale di un folto boschetto che sarà il primo salutato dal sole quando splendidamente comparirà dalle cime de’ monti.
E ieri appunto il sole più sereno del solito riscaldava l’aria irrigidita dalla nebbia del morente autunno. Le villanelle vennero sul mezzodì co’ loro grembiuli di festa intrecciando i giuochi e le danze di canzonette e di brindisi. Tale di esse era la sposa novella, tale la figliuola, e tal’altra la innamorata di qualcuno de’ lavoratori; e tu sai che i nostri contadini sogliono, allorché si trapianta, convertire la fatica in piacere, credendo per l’antica tradizione de loro avi e bisavi, che senza il giolito de’ bicchieri gli alberi non possano mettere salda radice nella terra straniera.
Frattanto io mi vagheggiava nel lontano avvenire un pari giorno di verno quando canuto mi trarrò passo passo sul mio bastoncello a conformarmi a’ raggi del sole, sì caro a’ vecchi: salutando, mentre usciranno dalla chiesa, i curvi villani già miei compagni ne’ dì che la gioventù rinvigoriva le nostre membra; e compiacendomi della frutta che, benché tarde, avranno prodotto gli alberi piantati dal padre mio. Conterò allora con fioca voce le nostre umili storie a’ miei e a’ tuoi nipotini, o a’ quei de Teresa che mi scherzaranno dattorno. E quando le ossa mia fredde dormiranno sotto quel boschetto alloramai ricco e ombroso, forse nelle sere d’estate al patetico sussurrar delle fronde si uniranno i sospiri degli antichi padri della villa, i quali al suono della campana de’ morri pregheranno pace allo spirito dell’uomo dabbene, e raccomanderanno la sua memoria ai lor figli. E se talvolta lo stanco mietitore verrà ristorarsi dall’arsura di giugno, esclamerà guardando la mia fossa: egli innalzò queste fresche ombre ospitali! -O illusioni! e chi non ha patria, come può dire: lascerò qua o là le mie ceneri? [...]
Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita io cercherò forse invano il resto della mia età che mi verrà rapito dalle mie passioni e dalle mie sventure; ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrime, dalle lagrime di quella fanciulla celeste. E chi mai cede a una eterna obblivione questa cara e travagliata esistenza? Chi mai vide per l’ultima volta i raggi del sole, chi salutò la Natura per sempre, chi abbandonò i suoi diletti, le sue speranze, i suoi inganni, i suoi stessi dolori senza lasciar dietro a sè un desiderio, un sospiro, uno sguardo? Le persone a noi care che ci sopravvivono, sono parte di noi. I nostri occhi morenti chiedono altrui qualche stilla di pianto, e il nostro cuore ama che il recente cadavere sia sostenuto da braccia amorose, e cerca un petto dove trasfondere l’ultimo nostro respiro. Geme la Natura perfino nella tomba è il suo gemito vince il silenzio e l’oscurità della morte.
M’affaccio al balcone ora che l’immensa luce del sole si va spegnendo, e le tenebre rapiscono all’universo que’ raggi languidi che balenano su l’orizzonte; e nella opacità del mondo malinconico e taciturno contemplo la immagina della Distruzione divoratrice di tutte le cose. Poi giro gli occhi sulle macchie de’ pini piantati dal padre mio su quel colle presso la porta di quella parrocchia, e travedo biancheggiare tra le frondi agitate da’ vendi la pietra della mia fossa. E pare di vederti venir con mia madre, a benedire, o perdonar non foss’altro alle ceneri dell’infelice figliolo. E predico a me, consolandomi: forse Teresa verrà solitaria sull’alba a rattristarsi dolcemente sulle mie antiche memorie, e a dirmi un altro addio. No! la morte non è dolorosa. Che se taluno metterà le mani nella mia sepoltura e scompiglierà il mio scheletro per trarre dalla notte in cui giaceranno, le mie ardenti passioni, le mie opinioni, i miei delitti - forse; non mi difendere, Lorenzo; rispondi soltanto: Era un uomo, e infelice.
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ecuadorlife · 6 years
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Tiger moth, Agyrta lacrimata by Andreas Kay Via Flickr: from Ecuador: www.flickr.com/andreaskay/albums
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teenromancee · 4 years
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XXI- A Silvia
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
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garkissimo · 4 years
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Che poi.
Che poi, a sconvolgermi, non sono tanto le insinuazioni sul fatto che per fare il coming out a due puntate (GF VIP venerdì sera e Verissimo tra qualche giorno) abbia intascato quanto io guadagno in tre anni di lavoro, o le voci maligne che accusano Garko di aver di fatto deviato l’attenzione dalle ben più gravi accuse dell’ormai mitologico #AresGate che avrebbe implicazioni meno personali e più serie, o i commenti infimi sulla scelta dei modi, dei toni e del contesto per le sue rivelazioni non rivelanti. E non voglio citare nemmeno i cori di “esticazzi” che si sono levati tra chi diceva di sapere già con certezza e tra chi sostiene, falsamente si intende, che la sua vita prosegua uguale con o senza le suddette rivelazioni. 
A sconvolgermi nel profondo è che per la prima volta nella storia della televisione l’apparizione così ben orchestrata, annunciata e lacrimata del nostro Toniofortebracci non abbia sbancato a mani basse lo share della serata. E che abbia addirittura perso, non per l’unico degno avversario odierno nel simbolico universo delle divinità greche del palinsesto, l’Alberto Angela nazionale, che nemmeno era in onda. 
Ma per il Tale e Quale Show di Carlo Conti. Il Tale e Quale Show. 
Capite? Non so davvero dove andremo a finire. 
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el-elux · 5 years
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A Silvia
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
Giacomo Leopardi, Canti
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lolalolita-x · 4 years
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Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
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kkokkie97-blog · 5 years
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Anche perìa fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro i fati la giovinezza. Ahi come, come passata sei, cara compagna dell’età mia nova, mia lacrimata speme! Questo è il mondo? questi i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi, onde cotanto ragionammo insieme? questa la sorte delle umane genti? All’apparir del vero tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano. -Giacomo Leopardi-🌹 https://www.instagram.com/p/BvcevQjgnnd/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=9kjaayd4wqvz
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narkaj17 · 3 years
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Nel mare ci sono gli Aquiloni
Un attimo, un istante, un salto.
La ricerca d'una vita intera, chi sei, le tue passioni, desideri, misteri... la felicità: un sogno puro e bello quanto flebile e fioco.
Cerchi l'evasione dal mondo, così grigio ed incerto, un'emozione per animare il cuore, una sensazione per sentirti nuovamente vivo.
Apri gli occhi, e guarda.
Ascolta con gli occhi del cuore, osserva con quelli della mente, ammira la luce intensa, così radiosa da accecare, e guarda oltre l'orizzonte.
La luce si infrange, il mondo si scioglie, e come le fiamme il roseo arancio s'accende, e galleggiano le anime dei visionari.
Perdi la tua cecità e guarda.
Colori dalle infinite sfumature, danze di cirri e nuvole, canti e suoni indecifrabili, balli di decorati spiriti nell'etere.
Dalle tenebre si erge la luce, profumo d'aria salmastra, lacrimata quiete d'autunno. E dall'arancio sorge la nebbia.
Il tempo non esiste, chiudi gli occhi, apri le ali e vola.
Nel mare ci sono gli Aquiloni.
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cafestilnovista · 6 years
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Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d'amore.
Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? Questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
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Giacomo Leopardi, "A Silvia"
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tonymartorelli · 4 years
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è una perturbazione Atlantica. Lacrimata. • • • #travel #photooftheday #uselessphoto #photo_of_the_day #myfeatureshoot #uselessphotography #somewheremagazine #barettoaccademia #livorno #doubleexposure #digitalart #photooftheday #funnyillusion #doubledouble #transparency #creativism #doubleexpomagazine https://www.instagram.com/p/B8d2gRoKlWG/?igshid=1w6u0ho9mrf52
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jardinsenmarche · 7 years
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Récolte très simple sur les rameaux couchés de Crataegus munda. Une aubépine pleureuse prostrée étonnante avec ses longues épines rectilignes acajou et ses couleurs de feuillage en automne.
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anightrain01-blog · 7 years
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Silvia, rimembri ancora Quel tempo della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno. Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il tempo mio primo E di me si spendea la miglior parte, D'in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Ed alla man veloce Che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice Quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia La vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Un affetto mi preme Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perchè non rendi poi Quel che prometti allor? perchè di tanto Inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il core La dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Nè teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d'amore. Anche peria fra poco La speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati La giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero Tu, misera, cadesti: e con la mano La fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano.
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Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce
Agli anni miei anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano. 
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pamphletstoinspire · 6 years
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THE BOOK OF TOBIAS Or Tobit* - From The Douay-Rheims Bible - Latin Vulgate
Chapter 7
INTRODUCTION.
This Book takes its name from the holy man Tobias, whose wonderful virtues are herein recorded. It contains most excellent documents of great piety, extraordinary patience, and of perfect resignation to the will of God. His humble prayer was heard, and the angel Raphael was sent to relieve him: he is thankful, and praises the Lord, calling on the children of Israel to do the same. Having lived to the age of one hundred and two years, he exhorts his son and grandsons to piety, foretells the destruction of Ninive, and the rebuilding of Jerusalem: he dies happily. Ch. --- The Jews themselves have a great regard for the book of Tobias; (Grot. Sixtus Senens. viii.) which Origen (ad Afric.) says they "read in Hebrew," meaning probably the Chaldee, (C.) out of which language S. Jerom translated it, preferring to displease the Pharisaical Jews, rather than not to satisfy the desires of the holy bishops Chromatius and Heliodorus. Ep. t. iii. W. --- The Greek version seems to have been taken from another copy, or it has been executed with greater liberty by the Hellenist Jews, between the times of the Sept. and of Theodotion. C. --- Huet and Prideaux esteem it more original; and Houbigant has translated it in his Bible, as the Council of Trent only spoke of the Latin editions then extant; and S. Jerom followed in his version the Hebrew one of a Jew, as he did not understand the Chaldee. H. --- The Syriac and the modern Hebrew edition of Fagius, agree mostly with the Greek, as that of Munster and another Heb. copy of Huet, and the Arabic version, both unpublished, are more conformable to the Vulgate. The most ancient Latin version used before S. Jerom, was taken from the Greek; and the Fathers who lived in those ages, speak of it when they call the book of Tobias canonical. S. Aug. leaves it, however, to adopt S. Jerom's version, in his Mirrour. The copies of all these versions vary greatly, (C.) though the substance of the history is still the same; and in all we discover the virtues of a good parent, of a dutiful son, and virtuous husband, beautifully described. H. --- "The servant of God, holy Tobias, is given to us after the law for an example, that we might know how to practise what we read; and that if temptations assail us, we may not depart from the fear of God, nor expect help from any other." S. Aug. q. 119. ex utroque Test. --- The four first chapters exhibit the holy life of old Tobias, and the eight following, the journey and affairs of his son, directed by Raphael. In the two last chapters they praise God, and the elder Tobias foretells the better state of the commonwealth. W. --- It is probable that both left records, from which this work has been compiled, with a few additional observations. It was written during (C.) or after the captivity of Babylon. E. --- The Jews had then little communication with each other, in different kingdoms. Tobias was not allowed to go into Media, under Sennacherib; and it is probable that the captives at Babylon would be under similar restrictions; so that we do not need to wonder that they were unacquainted with this history of a private family, the records of which seem to have been kept at Ecbatana. The original Chaldee is entirely lost, so that it is impossible to ascertain whether the Greek or the Vulg. be more conformable to it. The chronology of the latter seems however more accurate, as the elder Tobias foretold the destruction of Ninive, twenty-three years before the event, which his son just beheld verified, dying in the 18th year of king Josias. The accounts which appear to sectaries to be fabulous, may easily be explained. Houbigant. --- Josephus and Philo omit this history. C.
* One of the seven Deutero-Canonical books, missing from most non-Catholic Bibles.
The additional Notes in this Edition of the New Testament will be marked with the letter A. Such as are taken from various Interpreters and Commentators, will be marked as in the Old Testament. B. Bristow, C. Calmet, Ch. Challoner, D. Du Hamel, E. Estius, J. Jansenius, M. Menochius, Po. Polus, P. Pastorini, T. Tirinus, V. Bible de Vence, W. Worthington, Wi. Witham. — The names of other authors, who may be occasionally consulted, will be given at full length.
Verses are in English and Latin. HAYDOCK CATHOLIC BIBLE COMMENTARY
This Catholic commentary on the Old Testament, following the Douay-Rheims Bible text, was originally compiled by Catholic priest and biblical scholar Rev. George Leo Haydock (1774-1849). This transcription is based on Haydock's notes as they appear in the 1859 edition of Haydock's Catholic Family Bible and Commentary printed by Edward Dunigan and Brother, New York, New York.
TRANSCRIBER'S NOTES
Changes made to the original text for this transcription include the following:
Greek letters. The original text sometimes includes Greek expressions spelled out in Greek letters. In this transcription, those expressions have been transliterated from Greek letters to English letters, put in italics, and underlined. The following substitution scheme has been used: A for Alpha; B for Beta; G for Gamma; D for Delta; E for Epsilon; Z for Zeta; E for Eta; Th for Theta; I for Iota; K for Kappa; L for Lamda; M for Mu; N for Nu; X for Xi; O for Omicron; P for Pi; R for Rho; S for Sigma; T for Tau; U for Upsilon; Ph for Phi; Ch for Chi; Ps for Psi; O for Omega. For example, where the name, Jesus, is spelled out in the original text in Greek letters, Iota-eta-sigma-omicron-upsilon-sigma, it is transliterated in this transcription as, Iesous. Greek diacritical marks have not been represented in this transcription.
Footnotes. The original text indicates footnotes with special characters, including the astrisk (*) and printers' marks, such as the dagger mark, the double dagger mark, the section mark, the parallels mark, and the paragraph mark. In this transcription all these special characters have been replaced by numbers in square brackets, such as [1], [2], [3], etc.
Accent marks. The original text contains some English letters represented with accent marks. In this transcription, those letters have been rendered in this transcription without their accent marks.
Other special characters.
Solid horizontal lines of various lengths that appear in the original text have been represented as a series of consecutive hyphens of approximately the same length, such as ---.
Ligatures, single characters containing two letters united, in the original text in some Latin expressions have been represented in this transcription as separate letters. The ligature formed by uniting A and E is represented as Ae, that of a and e as ae, that of O and E as Oe, and that of o and e as oe.
Monetary sums in the original text represented with a preceding British pound sterling symbol (a stylized L, transected by a short horizontal line) are represented in this transcription with a following pound symbol, l.
The half symbol (1/2) and three-quarters symbol (3/4) in the original text have been represented in this transcription with their decimal equivalent, (.5) and (.75) respectively.
Unreadable text. Places where the transcriber's copy of the original text is unreadable have been indicated in this transcription by an empty set of square brackets, [].
Chapter 7
They are kindly entertained by Raguel. Tobias demandeth Sara to wife.
[1] And they went in to Raguel, and Raguel received them with joy.
Ingressi sunt autem ad Raguelem, et suscepit eos Raguel cum gaudio.
[2] And Raguel looking upon Tobias, said to Anna his wife: How like is this young man to my cousin?
Intuensque Tobiam Raguel, dixit Annae uxori suae : Quam similis est juvenis iste consobrino meo!
[3] And when he had spoken these words, he said: Whence are ye young men our brethren?
Et cum haec dixisset, ait : Unde estis juvenes fratres nostri? At illi dixerunt : Ex tribu Nephthali sumus, ex captivitate Ninive.
[4] But they said: We are of the tribe of Nephtali, of the captiveof Ninive.
Dixitque illis Raguel : Nostis Tobiam fratrem meum? Qui dixerunt : Novimus.
[5] And Raguel said to them: Do you know Tobias my brother? And they said: We know him.
Cumque multa bona loqueretur de eo, dixit angelus ad Raguelem : Tobias, de quo interrogas, pater istius est.
[6] And when he was speaking many good things of him, the angel said to Raguel: Tobias concerning whom thou inquirest is this young man's father.
Et misit se Raguel, et cum lacrimis osculatus est eum, et plorans supra collum ejus,
[7] And Raguel went to him, and kissed him with tears, and weeping upon his neck, said: A blessing be upon thee, my son, because thou art the son of a good and most virtuous man.
dixit : Benedictio sit tibi, fili mi, quia boni et optimi viri filius es.
[8] And Anna his wife, and Sara their daughter wept.
Et Anna uxor ejus, et Sara ipsorum filia, lacrimatae sunt.
[9] And after they had spoken, Raguel commanded a sheep to be killed, and a feast to be prepared. And when he desired them to sit down to dinner,
Postquam autem locuti sunt, praecepit Raguel occidi arietem, et parari convivium. Cumque hortaretur eos discumbere ad prandium,
[10] Tobias said: I will not eat nor drink here this day, unless thou first grant me my petition, and promise to give me Sara thy daughter.
Tobias dixit : Hic ego hodie non manducabo neque bibam, nisi prius petitionem meam confirmes, et promittas mihi dare Saram filiam tuam.
[11] Now when Raguel heard this he was afraid, knowing what had happened to those seven husbands, that went in unto her: and he began to fear lest it might happen to him also in like manner: and as he was in suspense, and gave no answer to his petition,
Quo audito verbo Raguel, expavit, sciens quid evenerit illis septem viris, qui ingressi sunt ad eam : et timere coepit ne forte et hunc similiter contingeret : et cum nutaret, et non daret petenti ullum responsum,
[12] The angel said to him: Be not afraid to give her to this man, for to him who feareth God is thy daughter due to be his wife: therefore another could not have her.
dixit ei angelus : Noli timere dare eam isti, quoniam huic timenti Deum debetur conjux filia tua : propterea alius non potuit habere illam.
[13] Then Raguel said: I doubt not but God hath regarded my prayers and tears in his sight.
Tunc dixit Raguel : Non dubito quod Deus preces et lacrimas meas in conspectu suo admiserit.
[14] And I believe he hath therefore made you come to me, that this maid might be married to one of her own kindred, according to the law of Moses: and now doubt not but I will give her to thee.
Et credo quoniam ideo fecit vos venire ad me, ut ista conjungeretur cognationi suae secundum legem Moysi : et nunc noli dubium gerere quod tibi eam tradam.
[15] And taking the right hand of his daughter, he gave it into the right hand of Tobias, saying: The God of Abraham, and the God of Isaac, and the God of Jacob be with you, and may he join you together, and fulfill his blessing in you.
Et apprehendens dexteram filiae suae, dexterae Tobiae tradidit, dicens : Deus Abraham, et Deus Isaac, et Deus Jacob vobiscum sit, et ipse conjungat vos, impleatque benedictionem suam in vobis.
[16] And taking paper they made a writing of the marriage.
Et accepta carta, fecerunt conscriptionem conjugii.
[17] And afterwards they made merry, blessing God.
Et post haec epulati sunt, benedicentes Deum.
[18] And Raguel called to him Anna his wife, and bade her prepare another chamber.
Vocavitque Raguel ad se Annam uxorem suam, et praecepit ei ut praepararet alterum cubiculum.
[19] And she brought Sara her daughter in thither, and she wept.
Et introduxit illuc Saram filiam suam, et lacrimata est.
[20] And she said to her: Be of good cheer, my daughter: the Lord of heaven give thee joy for the trouble thou hast undergone.
Dixitque ei : Forti animo esto, filia mea : Dominus caeli det tibi gaudium pro taedio quod perpessa es.
Commentary:
Ver. 1. Joy; though as yet he only took them for Israelites. M. --- Gr. "and they came to the house of Raguel. But Sara met them, and saluted them, as they did her, and she introduced them into the house."
Ver. 2. Anna. Gr. and Heb. Edna, "pleasure." --- Cousin. Gr. adds, "Tobit." H. --- It is not certain that they were cousin-germans. C.
Ver. 5. My. Gr. "our brother. But they replied: We know him. And he said: is he well? But they answered: He is both alive and in health. And Tobias said; He is my father."
Ver. 7. Went. Gr. "leaped up." --- A. Gr. "my good... man. And hearing that Tobit had lost his sight, he was grieved, and wept."
Ver. 9. After. Gr. "and they gave them a cordial reception. And they slew (sacrificed) a ram of the flock, and placed much food before them," (H.) to shew their regard. Gen. xviii. 6. C. --- "But Tobias said, to Raphael: Brother Azarias, mention what thou saidst to me on the road, and let the affair come to perfection. And he explained the matter to Raguel. And Raguel said: Eat and drink, and be merry. It behoveth thee to have my child. Yet I will lay the truth before thee. I gave my child to seven husbands, and when they entered in to her, they died the very night. For the present, therefore, be merry. And Tobias said: I will taste nothing here, till you produce and place her before me. And Raguel said: Take care of her henceforth, according to judgment: (H. or the law. C.) you are brother and sister. May then the merciful God grant you the greatest prosperity. And he called Sara, his daughter, and she came to her father: then taking her by the hand, he gave her," v. 15. H. --- S. Ambrose (Off. iii. 14.) reads in the same manner, (C.) and commends the candour of Raguel in disclosing the truth, though it might have prevented his daughter from marrying; (W.) a case where people allow themselves (C.) too much liberty, in concealing defects. H.
Ver. 14. Moses. It was not so much in force during the captivity, particularly as Raguel had only moveables; and therefore the seven former husbands had not been near relations. M. --- It was a disgrace to refuse marrying a relation, who was an heiress. Num. xxxvi. 6. Ruth iv. 6. C.
Ver. 15. Hand. This was the mode of confirming agreements, in Media. Alex. Genial v. 3. --- The custom prevailed in marriages, (Lament. v. 6. Isai. lxii. 8.) as it does still among Christians. --- It. Gr. "her for a wife to Tobias, and said: Behold: take care of her according to the law of Moses, and go to thy father. And he blessed them. And he called Edna, his wife, and taking a book, wrote a note, (H. or contract. C.) and sealed it, and they began to eat." H. --- It was almost universally the custom to have such writings, particularly where polygamy prevailed. The wives of lower condition were taken without formality. C.
Ver. 18. Chamber. Different from that where they kept the feast, and perhaps (H.) not the same with the nuptial chamber, which had been so unfortunate, in order that Sara might not be so much alarmed. C.
Ver. 19. Wept, at the recollection of what had happened. M.
Ver. 20. And she. Gr. adds, "received the tears of her daughter; and said, have confidence, child." - For the. Gr. "instead of this sorrow, have a good heart, daughter." H.
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Le battaglie contro la moda moscia-pastello dei racconti italiani.
Sui giornali campeggia il suo cognome, gigantesco, nel tipico nero-grigio dei quotidiani; in televisione il suo viso, portato a manifestarsi da milioni di pixel, riempie salotti e cucine; Internet è una polveriera dove le testimonianze si incuneano le une sulle altre. La fisionomia generale della storia rimane, mentre luoghi e date cambiano a seconda del prisma da cui son generati.
Il trauma non permette ai ricordi di avere il sigillo di garanzia. Il rilievo fondamentale è che K. S., tra il 2008 e il 2009, toccò per venti minuti filati i genitali dell’allora seienne W.D., mentre il padre di quest’ultimo non guardava.       Oppure che K.S. sfiorò involontariamente i genitali di W.D. per qualche secondo, mentre il padre dava loro le spalle. O ancora che K.S. sbottonò i pantaloni di W. D. e tirò giù i suoi, il tutto mentre il padre di W.D. andava a prendere la telecamera per non sprecare la perfetta luce pomeridiana.
Il fatto è che K.S., in un passato non meglio definito, avvicinò le parti intime di W.D. per un tempo imprecisato; ma non solo, a quanto pare.
All’accusa di molestie sessuali scagliata da quest’ultimo, altri giovani volti dello showbiz si sono messi in fila a spingere per raccontare la loro storia di abusi subiti da K.S., il quale per anni avrebbe approfittato della sua posizione di potere per traviare le menti, violare i corpi, allungare le mani. Dopotutto, era come essere toccati dalla dea della Fortuna; quando K.S. provava ad inserire le sue cinque dita nel tuo spazio consacrato significava che stavi per abbandonare l’opaco mondo delle comparse per accedere all’Olimpo delle particine.
A quanto pare, il vizietto è andato avanti per anni senza che a nessuno si imporporassero le gote di indignazione; è andato avanti fino a due giorni fa, il giorno dell’appassionata e lacrimata confessione di W.D.
***
Il problema, per come la vedono loro, è che da queste dichiarazioni si scatenerà una valanga di conseguenze che investirà anche lo studio di doppiaggio.
Sono arrivati entrambi, il direttore e il suo assistente, da un’ora e mezza e non riescono a smettere di sfogliare i giornali che parlano dello scandalo. Pensano che esistono gli estremi affinché dai piani alti del Ministero venga fatta pressione alla produzione per sospendere il doppiaggio, di rimandarlo a quando lo scandalo si sarà congelato e cristallizzato in stanche alzate di spalle, tipo «Ah, pedofilia, giusto…? Capirai, con tutto quello che c’è adesso nel mondo…».
Le sigarette non aiutano il flusso di pensieri a sciogliersi in comprensibili e razionali gesti da fare, ma è la loro maschera preferita per presentarsi sereni davanti al loro team, una squadra di doppiatori encomiabili che forse si vedrà sfumare il lavoro davanti agli occhi per colpa di un effetto domino. Sanno di doverli rassicurare e soprattutto di far capire loro che lavoreranno a pieno regime fino a prova contraria.
Alle nove e tre quarti cominciano ad arrivare alla spicciolata, in gruppetti di due o tre; quando passa R.C., il doppiatore ufficiale di K.S., il direttore del doppiaggio gli fa un occhiolino. Lui alza il pollice, vuole dire “Tutto okay”.
L’atmosfera è visibilmente diversa, la tensione che si taglia con il coltello, come la nebbia nella Bassa Lodigiana; sono arrivati alla settima scena, da 16’21’’ a 19’35’’, in cui c’è il primo vero dialogo tra E.R., moglie del personaggio di K.S. e la figlia di sedici anni, in piena crisi anarco-adolescenziale.
Le due doppiatrici si posizionano davanti a microfoni e copione: la prima fa i suoi esercizi di rilassamento vocale; l’altra tiene stretto il suo mala buddista. Guardano decise verso la cabina e danno segno di essere pronte. È una scena facile: dopo un primo e un secondo tentativo, la terza registrazione è ottima e viene tenuta.
Il direttore del doppiaggio ringrazia l’assistente e lo invita a sedersi; gli ha portato altri quotidiani con notizie sugli episodi di pedofilia di K.S.; non capisce bene perché ma ogni dettaglio di quella materia oscura lo porta più vicino all’indicibile sconcezza della vicenda. E questa cosa non gli dispiace, sente anzi di poter esorcizzare solo studiandola da vicino.
Chiede un quarto caffè all’assistente, posiziona un braccio a spigolo sullo schienale della sedia, e si mette in attesa per l’ottava scena, dove il personaggio di K.S. si affaccia per la prima volta a guardare dentro la casa dei vicini. È un monologo di non più di trenta secondi, perciò sono sicuri di registrare velocemente, nel giro di tre, quattro tentativi. R.C. arriva e si piazza davanti al microfono, fa un sorriso un po’ teso al direttore del doppiaggio che gli risponde di rimando. R.C. fa segno di essere pronto.
 «Era come vedere la bellezza, l’essere giovani, l’amore, per la prima volta e tutti indissolubilmente insieme. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello spettacolo nemmeno per un attimo. Non volevo distoglierlo nemmeno per un attimo, perché ci ero capitato in mezzo senza ragione, senza meriti. Non sarebbe ricapitato tanto facilmente di trovarsi faccia a faccia con la beatitudine di quel corpo candido, intoccato, virginale».  
Non sa cosa stona, ma gli chiede di rifarla due, tre, dieci volte e il doppiatore palesemente si indispettisce: si danno una pausa per bere e schiarirsi le idee. Dentro la cabina, riascoltano imperterriti. R.C. è un professionista, ma la sua voce scorre incredibilmente bene fino a “candido, intoccato, virginale”. Il direttore gli chiede di ripeterla l’ultima traccia mentre leggiucchiano ancora svagatamente i giornali sormontati dalla faccia paonazza di K.S.
Succede in un attimo: si guardano e si capiscono. Entrambi i loro corpi reagiscono all’istante con la pelle d’oca.
«Hai notato la ‘r’ rotica? E… le esalazioni alla fine della frase?»
L’assistente conferma, con gravità: «Sì. Sembra quasi che… insomma, capito no?»
Non possono fare a meno di ascoltare di nuovo, sono dei professionisti e non possono lasciarsi suggestionare così tanto, mentre la voce al velluto di R.C. si fa strada, lenta, nei loro brividi.
«Non vorrei essere io a dirlo, ma…»; l’assistente tenta di indirizzare il colpo.
«Ma?»
«Se abbiamo una possibilità, una sola dico… è eliminare la fonte del problema. Noi, si potrebbe…»
«Noi… cosa?»
L’assistente controlla che non ci sia nessuna spia rossa accesa nello studio.
«Il film è già stato distribuito in America, non possono farci nulla. Ma noi…»
«L’hai sentito anche tu, vero?»: si guarda nervoso intorno, sperando di non essere sentito. «Quella voce è segnata ormai, è sporca di-di… qualcosa. Ti sembra di vedere un bambino abusato; te la senti strisciare addosso, porca puttana! E dal Ministero ci mettono due minuti a chiamare e dire game over…»
Il direttore esala un sospiro per calmarsi: «E quando glielo diciamo? Adesso che stiamo facendo la scena?»
«Mandalo via con una scusa, digli che lo senti raffreddato e che lo richiamiamo tra due-tre giorni. E intanto ne cerchiamo un altro. Faccio un paio di telefonate a quelli di Milano e in mezza giornata siamo apposto»
«Siamo apposto, eh, dici?»
 ***
Dopo tre giorni di permanenza forzata a casa, R.C. non viene richiamato per terminare il doppiaggio. Tenta in tutti i modi di contattare altre produzioni, altri studi, altri colleghi con progetti da avviare, ma nessuno osa più lavorare con lui.
Ogni volta che si sente dire che “Nessuno vuole lavorare con un pedofilo”, fatica per far capire che lui non è K.S., e che è pronto per altri ruoli, altre storie.
Mesi dopo, è chiaro che, almeno momentaneamente, il mondo del doppiaggio gli è precluso; deve aspettare che si plachi la tempesta e che un altro pedofilo hollywoodiano venga colto in flagrante. Per il momento può accontentarsi del lavoretto che ha trovato: non è granché dignitoso, ma la paga è incredibilmente buona. E nessuno gli fa problemi.
Un giorno avrà la sua vendetta; ne è convinto e pensa intensamente a questo ogni volta che alza la cornetta del telefono e dice: «Hotline Spicy, sono Kevin. Dimmi, amorino».
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