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#la varietà nei colori non è per me
sonego · 4 months
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"non ho nessun vestito giallo" <- eh beh ti vesti sempre di nero al massimo blu e quando sei in mood sportivo rosso
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lunamagicablu · 2 years
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I segreti della natura sono incredibilmente stimolanti e generosi. Si apprendono lezioni di vita che non vengono insegnate a scuola Camminare in Madre Natura, il Regno naturale di Dio Con Consapevolezza, ti porterà saggezza e perspicacia.
La sua bellezza nei fiori è mostrata ovunque. Anche nel cuore dell'inverno, quando molto è spoglio Ci sono sempre splendori e miracoli da vedere Quando scegli di guardare attraverso gli occhi dell'Anima .
In inverno quando tutte le foglie cadono da un albero I rami intricati sono visibili per l'ispezione Estendendosi in avanti e verso l'alto, nel cielo Anche noi espandiamo la nostra coscienza verso l'alto.
Poi arriva la primavera a ravvivare e alleggerire le nostre giornate La natura manifesta la sua perfezione in molti modi, Fiori meravigliosamente delicati e puri fioriscono per un po' Mostrandoci di apprezzare l'ORA, poi lasciati andare con un sorriso.
L'estate dona la miracolosa abbondanza della natura I fiori di travolgente bellezza danno più evidenza Della varietà della vita, sono le forme, i colori e le dimensioni Tutti sono semplicemente perfetti agli occhi onniscienti di Dio.
L'estate si trasforma in autunno o come dicono alcuni, in autunno Il cambiamento è nell'aria e la natura ascolta la chiamata, Le foglie prendono colore, poi appassiscono e muoiono Come tutti gli esseri umani, inclusi te e me
Il ciclo è completo, un anno è passato La natura ripeterà eternamente la sua meravigliosa canzone Insegnandoci attraverso la Consapevolezza, anno dopo anno Se siamo aperti alla sua saggezza e pronti ad ascoltare
Tutto questo viene fornito a un ritmo sicuro e costante La natura è perfetta, non c'è mai bisogno di correre Tutto si compie, in un tempo tutto suo Il segreto della natura è la pazienza, ce l'ha mostrato.
Trina Graves ************************** Nature's Secrets are incredibly inspiring and generous. Life lessons are learned that are not taught in school Walk in Mother Nature, the natural Kingdom of God With Mindfulness, it will bring you wisdom and insight.
Its beauty in flowers is shown everywhere. Even in the dead of winter, when much is bare There are always splendours and miracles to behold When you choose to look through the eyes of the Soul.
In winter when all the leaves fall off a tree The intricate branches are visible for inspection Stretching forward and upward into the sky We too expand our consciousness upwards.
Then comes spring to brighten and lighten our days Nature manifests its perfection in many ways, Beautifully delicate and pure flowers bloom for a while Showing us you appreciate the NOW, then let go with a smile.
Summer bestows the miraculous abundance of nature Flowers of overwhelming beauty give more emphasis Of the variety of life, are the shapes, colors and sizes All are simply perfect in the omniscient eyes of God.
Summer turns into fall or as some say, fall Change is in the air and nature hears the call, The leaves take color, then wither and die Like all human beings, including you and me
The cycle is complete, a year has passed Nature will eternally repeat its wonderful song Teaching us through Awareness, year after year If we are open to his wisdom and ready to listen
All of this is delivered at a safe and steady pace Nature is perfect, there is never a need to rush Everything is accomplished, in its own time The secret of nature is patience, he showed us.
Trina Graves 
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lamilanomagazine · 1 year
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Modena: “Cyrano de Bergerac” al Teatro Storchi dal 16 al 19 marzo
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Modena: “Cyrano de Bergerac” al Teatro Storchi dal 16 al 19 marzo. Cyrano De Bergerac arriva al Teatro Storchi di Modena dal 16 al 19 marzo (giovedì e venerdì ore 20.30, sabato 19.00 e domenica 16.00) con la regia di Arturo Cirillo, anche nel ruolo del protagonista. Una produzione MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. Cyrano, il poeta-soldato nato più di un secolo fa dalla fantasia di Edmond Rostand, è radicato nell’immaginario collettivo e, come tutti gli archetipi, è stato oggetto di numerose reinterpretazioni nei diversi linguaggi. Il pubblico avrà, inoltre, occasione di incontrare il regista Arturo Cirillo e la sua compagnia, sabato 18 marzo alle ore 17.00 durante l’appuntamento con “Conversando di teatro” promosso da ERT e Associazione Amici dei Teatri Modenesi in collaborazione con il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università di Modena e Reggio Emilia. A moderare l’incontro, a ingresso libero, Angela Albanese, professoressa associata di Letterature Comparate presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali. Grazie alla collaborazione con FIADDA Emilia-Romagna, la replica di domenica 19 marzo è sovratitolata per permettere alle persone con ipoacusia o sordità di poter seguire il lavoro nella sua completezza. «Cirillo rappresenta un imprescindibile trait d'union fra l’arte del grande attore italiano e la nuova scena, capace di essere sempre popolare» come lo definiva il giornalista e critico Renato Palazzi. Nelle sue mani, il classico di Rostand diventa uno spettacolo dove non mancano risate, canzoni e costumi sfavillanti, dietro cui si cela un’anima sofferente; pailettes, colori, suoni e luci di ribalta, in un’atmosfera da teatro varietà, evocano suggestioni di un mondo ormai lontano ma ancora capace di suscitare emozioni, nostalgie e ricordi. Un richiamo autobiografico e un ritorno all’adolescenza, quando il regista vide per la prima volta un musical con Domenico Modugno e Catherine Spaak al Politeama di Napoli: «riandare con la memoria a quella esperienza di giovane spettatore – commenta Arturo Cirillo – è per me risentire, forte come allora, l’attrazione per il teatro, la commozione per una storia d’amore impossibile e quindi fallimentare, ma non per questo meno presente, grazie proprio alla finzione della scena. Lo spettacolo che almeno trentacinque anni dopo porto in scena non è ovviamente la riproposizione di quel musical, ma una continua contaminazione della vicenda di Cyrano di Bergerac, accentuandone più il lato poetico e visionario e meno quello di uomo di spada ed eroe della retorica, con delle rielaborazioni di quelle musiche, ma anche con elaborazioni di altre musiche, da Èdith Piaf a Fiorenzo Carpi. Un teatro-canzone, o un modo per raccontare comunque la famosa e triste vicenda d’amore tra Cyrano, Rossana e Cristiano attraverso non solo le parole ma anche le note, che a volte fanno ancora di più smuovere i cuori, e riportarmi a quella vocazione teatrale, che è nata anche grazie al dramma musicale di un uomo che si considerava brutto e non degno d’essere amato. Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato». Arturo Cirillo si è avvicinato al teatro attraverso lo studio della danza, sia classica che contemporanea. Si diploma, come attore, all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma nel 1992. Ha lavorato come interprete con Massimo Castri, Pierpaolo Sepe, Davide Iodice, Annalisa Bianco e Virgilio Liberti, Tito Piscitelli, Massimiliano Civica e, soprattutto, con Carlo Cecchi, restando nella sua compagnia dal 1993 al 2002. Tra i premi ricordiamo: numerosi Ubu sia come regista che come interprete, il Coppola-Prati, l’Hystrio, il Vittorio Gassman, il Vittorio Mezzoggiorno, il Franco Enriquez e l’ANCT in più occasioni. Successivamente si dedica anche alla regia teatrale: Mettiteve a fa’ l’amore cu me! di Eduardo Scarpetta, Le cinque rose di Jennifer, L’ereditiera e Ferdinando tutti di Annibale Ruccello, Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia, La piramide di Copi, L’inseguitore di Tiziano Scarpa, La morsa di Luigi Pirandello, Il vantone di Plauto/ Pasolini, Lo zoo di vetro e La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams, Liolà di Luigi Pirandello, Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta e Lunga giornata verso la notte di Eugene O’Neill. Nel cinema ha lavorato come attore con Mario Martone, Silvio Soldini, Wilma Labate, Tonino De Bernardi, Francesco Suriano. Per la lirica firma le regie di L’Alidoro di Leonardo Leo e direzione di Antonio Florio; Napoli milionaria! di Nino Rota da Eduardo De Filippo con la direzione musicale di Giuseppe Grazioli; La donna serpente di Alfredo Casella, condotta da Fabio Luisi e successivamente da Gianandrea Noseda; La cenerentola di Gioachino Rossini diretta da Lin Yi-Chen. Nel 2018 porta in scena La scuola delle mogli di Molière, una co-produzione MARCHE TEATRO, Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile di Napoli. Nel 2019 debutta al Napoli Teatro Festival Italia con Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen con l’adattamento di Antonio Piccolo, produzione MARCHE TEATRO e Teatro di Napoli-Teatro Nazionale. Ancora per MARCHE TEATRO porta in scena nel 2021 Il gioco del panino di Alan Bennet e nel 2022 Cyrano de Bergerac insieme a Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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seoul-italybts · 2 years
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[✎ ITA] Intervista V , Taehyung BTS : PROOF – Collector's Edition ⠸ eng : © BOMHARU1230 ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ 28.09.2022 💜⟭ 6 / 7 ⟬💜
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Quale credi sia più importante: il passato, il presente o il futuro?
V: Credo il presente sia il più importante. Rispetto al passato e al futuro, il presente può mostrarmi quello che sono e a che punto (della mia vita) mi trovo. Non posso aggrapparmi al passato o fare affidamento sul futuro, ma il presente è ciò che sto affrontando ora. Credo che concentrarsi sul passato o sul futuro significhi soltanto perdersi ciò che più conta ora. Quindi credo il presente sia il più importante. E poi penso che il presente possa essere molto diverso a seconda della mia percezione del mondo. Le preoccupazioni e lo stress che mi spingono ad andare avanti sono tutti qui nel presente. Quindi, sì, la mia risposta è presente.
Che cosa significa "passato" per te?
V: Ricordi ed un inizio, visto che tutte le esperienze vissute fino ad ora hanno avuto inizio nel passato. Intendo i concerti, le premiazioni, i brani che ho cantato, tutto quanto...
Quando pensi al passato, che tipo di emozioni ti suscita?
V: È come quando si incontra qualcuno dopo tanto tempo. È un'emozione dolce e soffusa di quel genere. Come quando incontri un amico delle elementari dopo tanti anni.
Qual è il tuo primo ricordo in assoluto?
V: Quando ero piccolo, vivevo con i miei nonni. Credo il mio primo ricordo sia una passeggiata con mia nonna e mio nonno al parco e quanto ci siamo divertiti in quell'occasione. Se ripenso alla mia infanzia, sento la mancanza degli amici con cui giocavo all'asilo.
Qual è stato il tuo primo luogo o spazio del cuore?
V: La mia primissima camera da letto personale, quando vivevo nel dormitorio di Hannam-dong. Credo sia particolarmente speciale perché era la prima volta che avevo una stanza tutta per me, al dormitorio.
Quanti anni ti senti?
V: 30 anni. Dato che sono entrato nel mondo adulto prima degli altri, non ho avuto tempo di sperimentare quelle emozioni ed esperienze proprie solo all'adolescenza. Inoltre, ho imparato a conoscere davvero il mondo per quello che è più o meno quando frequentavo il primo anno di superiori; quindi, sì, sento di essere cresciuto più in fretta degli altri, sotto certi aspetti. È una cosa un po' triste. A ben pensarci, credo proprio la mia età interiore sia più matura di quella effettiva.
Nel corso della tua esistenza come membro dei BTS, c'è stato forse un qualche cambiamento che ha reso la tua identità (Kim Taehyung) più vivida o sbiadita?
V: Credo la mia vita come Kim Taehyung sia ormai sbiadita. In compenso, quella come V dei BTS è molto più vivida. Ho passato la maggior parte della mia esistenza nei panni di V, quindi ho vissuto più esperienze e mi sono concentrato maggiormente su ciò che riguarda V. Credo di non aver mai avuto tempo a sufficienza da dedicare a Kim Taehyung. Quindi, ora, anche se forse è un po' una mossa irresponsabile, sto cercando di riesumare qualche aspetto che appartenga solamente a Kim Taehyung. E poi, anche se la mia vera personalità non è poi così vivida, trovo i colori soffusi siano comunque molto belli quindi, in realtà, non ho fretta di svelare la mia identità. Voglio che sia un processo naturale.
Hai mai fatto concretamente qualcosa affinché V e Kim Taehyung coesistano?
V: Perché queste due identità potessero coesistere, ho cercato di dividerle e considerarle come due persone diverse. Ho tenuto Kim Taehyung così com'era perché ci sono lati di me che non posso cambiare, anche volessi. Attraverso V, invece, ho cercato di mostrare al mondo altri aspetti inediti ed un "io" diverso. Ho indossato una maschera di ferro, praticamente (ride). Ho cercato di separare le mie due personalità per mostrarne le differenze.
Quanto sono simili il te stesso di tutti i giorni e quello che mostri al mondo, in quanto membro dei BTS?
V: Quando sono sul palco insieme ai BTS, l'immagine che mostro è un po' diversa, ma credo, almeno, di essere uguale (a come sono nel quotidiano) quando filmo il nostro varietà. Al 100%. Sì, mentre filmavamo il programma <Run BTS> credo proprio di essermi mostrato esattamente come sono normalmente. Ancor ora, credo proprio il me stesso più autentico sia quello che emerge maggiormente, senza alcun fronzolo.
Com'è il tuo 'io' attuale?
V: Sono schietto ed onesto. Non mi piace girare intorno alle cose. Se c'è qualcosa che voglio fare o se ho qualcosa da dire, solitamente non perdo tempo e lo faccio subito.
Il tuo "io" del presente è diverso da quello del passato?
V: Alcune cose di me sono cambiate. Il me stesso del passato era solare e adorava la gente. Ora ho più preoccupazioni e sono più riflessivo. Mi piace ancora la gente, ma se proprio devo dire qualcosa che è cambiato (a questo proposito), ora mi piace la "mia gente" [*le persone a lui più vicine e care]. Impiego anche più tempo a capire se una persona possa effettivamente far parte della "mia gente", al primo incontro.
Col senno di poi, qual è stato il tuo momento più buio?
V: Credo il momento peggiore sia stato nell'era 'Fake Love'. Non credo di aver mai completamente superato quella canzone. Penso di esserci riuscito solo col tempo. Con il passare del tempo, la situazione si è un po' alleggerita. Sì, credo ci sia stato un momento in cui, gradualmente, ho iniziato a percepire tutto diversamente. Non è stato un cambiamento repentino come il lancio di una moneta, no, graduale, molto lento.
Se dovessi scrivere una lettera al te stesso del passato, cosa gli diresti?
V: Gli scriverei "Sai già qual è la risposta". Ciò che gli direi è "Hai già trovato la risposta alle tue domande, quindi non lasciarti sviare e affronta con sicurezza il tuo percorso". Quando dovevo scegliere che strada imboccare, essendo insicuro e piuttosto smarrito, ricordo ancora quanto ho faticato, rimuginandoci ancora ed ancora. Ma, pensando ora alle mie scelte e alla direzione presa, è evidente avessi già le risposte a portata di mano. Non avevo alcun motivo di essere indeciso o confuso a riguardo e mi dispiace il me stesso del passato abbia dovuto affrontare un tale smarrimento. Ad ogni modo, scriverei una lettera simile.
Chi credi ti conosca e saprebbe descriverti meglio?
V: La "mia gente". Le persone a me più vicine e care.
Che cosa consideri indispensabile nella tua vita quotidiana?
V: La temperatura cardiaca. Credo sarebbe un bel problema se i temperamenti del cuore svanissero. Se non potessi più provare freddezza o calore nel mio cuore, penso non potrei neanche più riconoscere le persone a me care e distinguere il bene dal male.
Qualcosa che ti ripeti spesso, ultimamente?
V: Ciò che ripeto più spesso è "Ah, che noia".
A che velocità stai vivendo, al momento?
V: Sul cruscotto c'è scritto 100 km/h, ma l'impressione è quella di andare ai 2000, tipo? E dico 100 km orari perché sono ancora piuttosto impegnato, ma ne percepisco 2000 perché, solitamente, sono una persona rilassata. Non sono affatto il tipo da essere indaffarato, quindi tutto mi sembra più frenetico di quanto sia effettivamente. Ora che ci penso, però, 2000 km orari sembrano un po' troppi, magari, allora, meglio dire 500? (ride).
Ed è l'andatura che hai scelto o è una velocità cui ti sei dovuto adeguare?
V: Credo io mi ci sia adeguato. La vita nei BTS, in generale, è piuttosto frenetica. Abbiamo molte esibizioni e tante altre cose da preparare. Fortunatamente, stiamo ricevendo un sacco di amore quindi, per sdebitarci, dobbiamo tenere quest'andatura così veloce. Visto che i BTS, arrivati a questo livello, devono lavorare sodo, anche se la velocità cui stiamo andando è diversa dalla mia, cerco di stare al passo. Credo valga lo stesso per gli altri membri.
C'è qualcosa cui ti stai dedicando, ultimamente?
V: Sono appassionato di jazz. Già solo le atmosfere jazz sono davvero belle. Quando ascolto del jazz, mi sembra di essere coccolato dalla musica. È una sensazione che provo spesso e mi è anche di grandissimo conforto. Ci sono molti brani jazz che hanno quell'effetto su di me.
Che canzone consiglieresti?
V: Vorrei consigliarvi un'artista di nome Etta James. È quasi come se la sua musica mi dicesse "ottimo lavoro, sei stato bravo". Quindi, quando sono solo a casa o quando sto tornando in auto, da lavoro, ascolto quella musica e mi sento sollevato. In quei momenti non posso che pensare a quanto sia fantastica la musica. Sono davvero felice esista della musica che sappia confortarmi e coccolarmi così.
Quale colore credi ti rappresenti meglio?
V: Rosso. Mi piace la sua intensità. E poi il rosso ha tante altre sfumature di colore. Tutte queste gradazioni hanno un'atmosfera diversa eppure, ognuno di questi colori, nessuno escluso, è acceso quanto la tinta d'origine. Io vorrei essere altrettanto multi sfaccettato e ardente e infatti faccio del mio meglio per mostrare tanti diversi lati di me.
Se dovessi paragonarti ad un aroma, quale sarebbe?
V: È difficile sceglierne solo uno perché ce ne sono molti che mi piacciono. Temo non ci sia una risposta specifica, perché cambio sempre idea sugli aromi che mi piacciono. Ma non sarebbe male profumare dell'aroma che piace alla persona che mi sta di fronte.
Che cosa è cambiato e cosa è rimasto lo stesso, con l'andare del tempo?
V: Quando ero più giovane, facevo fatica perché non riuscivo a reggere il lavoro che mi era assegnato, ora, invece, cerco di divertirmi e godermelo nel farlo. A volte va tutto per il meglio e secondo le mie aspettative, ma anche quando è più difficile, cerco ad ogni costo di divertirmi.
Hai un qualche valore o principio in cui credi fermamente?
V: Devo restare in salute per le persone che mi vogliono bene, questo è uno dei miei propositi principali. In passato non mi curavo molto della mia salute perché non pensavo fosse così importante, quindi non posso dire di aver prestato fede a questo principio. Ma ultimamente la salute è una delle mie priorità assolute. Ho provato su pelle che se mi faccio male o se succede qualcosa durante le esibizioni ecc, poi non posso mostrare e dare il meglio di me. Quindi la salute è la mia priorità principale e cerco di non infortunarmi.
Quale momento della giornata senti maggiormente come tuo?
V: Tra le 2 e le 3 di notte. È quello il momento che sento maggiormente come mio.
È anche un orario in cui non lavoro. È alle 2 di notte che posso effettivamente terminare la mia giornata. Ed è quello l'orario in cui posso veramente dire "ora è il momento di Kim Taehyung".
C'è qualcosa cui pensi spesso prima di andare a dormire, ultimamente?
V: Ogni notte, quando mi metto a letto, penso: "Stavolta cerchiamo di dormire più di 7 ore". Nel periodo in cui soffrivo di insonnia, il mio pensiero fisso era "Devi dormire". Credo non riuscissi a dormire perché avevamo molti impegni mattutini. Mi dicevo "Devo mettermi a dormire perché domani devo svegliarmi presto", ma così facendo riuscivo ancor meno ad addormentarmi ed era un circolo vizioso. Ora ho molti pensieri in meno. Non soffro più di insonnia e mi godo tutte quelle piccole cose che posso fare nelle prime ore del mattino. Quindi, adesso, penso a cose tipo: aspetta, mettiamoci ancora un goccio di burro cacao, ancora un sorso d'acqua e poi a nanna, magari potrei leggere qualche webtoon, attacchiamo qualche video YouTube di legna che brucia e scoppietta. Di questi ultimi tempi, non avendo più molti impegni la mattina, faccio tutte quelle piccole cose che mi restano da fare e seguo il corso naturale della giornata, andando a dormire quando ho voglia e senza preoccuparmi dell'orario.
Hai fatto qualche sogno che ti è rimasto impresso, ultimamente?
V: Ho sognato che andavo al mare con 8 o 9 persone a me care. Passeggiavamo sulla spiaggia, giocavamo a pallavolo e a palla prigioniera.. Poi, non sto scherzando, ad un certo punto tutte quelle persone finivano per essere mangiate. Solitamente, se si è al mare, al massimo si può immaginare di essere attaccati dagli squali. Nel mio sogno, stranamente, tutta quella gente è stata mangiata dalle cozze, alcune persone sono state portate via, altre sono scomparse ecc. Venivo mangiato anche io e diventavo un fantasma. Sì, è un sogno che ho fatto di recente, della serie, che razza di sogno è? Cosa significa?
E cosa provavi nel sogno?
V: È stato piuttosto buffo. Non so come, ma credo fossi vagamente consapevole si trattasse di un sogno perché sapevo non era possibile fosse la realtà. Quindi anche in pieno sogno mi chiedevo "Ma cosa significa?" e mi veniva da ridere. Quando, nei sogni, mi diverto e rido poi mi dispiace svegliarmi. A dire il vero, passassero anche solo 5 minuti dal momento in cui mi sveglio, solitamente non ricordo cosa ho sognato durante la notte, ma è divertente e mi piace quando i sogni sono buffi.
Poniamo che la vita sia una strada, quanto pensi di averne percorsa?
V: Credo di non essere neppure ancora arrivato a metà strada. Se la vita umana può durare circa 100 anni, io ne ho 28 quindi ho appena appena superato un primo quarto della mia esistenza. Visto che non ne ho percorsa molta, ci sono ancora un sacco di cose che voglio fare e altrettante da dimostrare. Non voglio neppure farmi domande e congetture su cosa troverò alla fine di questa strada, voglio semplicemente percorrerla. Cioè, non ho neppure ancora concluso un capitolo della mia esistenza. Credo quando riuscirò a concludere almeno un capitolo, allora saprò cos'è che voglio fare ed avrò una visione più chiara della mia vita.
Tre parole chiave che ti rappresentano?
V: Amore, salute e felicità. Non me ne vengono in mente altre, a parte queste, perché per me l'amore è importante, la felicità che deriva dall'amore è importante, e per sdebitarmi dell'amore di chi mi vuole bene o con coloro cui io voglio bene devo mantenermi in salute. Sono convinto quelle siano tre cose davvero fondamentali.
Credi nel destino?
V: Ho sempre creduto nel destino. Mi si presenteranno sempre molte strade tra cui scegliere, ma solo una è quella che desidero imboccare. Sono convinto che i BTS saranno sempre parte della mia vita, qualsiasi cosa succeda, anche quando avrò 50 anni o sarò un nonnino. È per questo motivo che credo nel destino.
C'è un qualche personaggio – di un drama o di un film – cui vorresti assomigliare?
V: Thomas Shelby di < Peacky Blinders >... Mi raccomando, dovete assolutamente guardarlo. C'è un'atmosfera pazzesca. Ha un certo non so che... che non saprei neppure descrivere. Un giorno o l'altro vi mostrerò sicuramente ciò che intendo! Lasciatemi ancora un po' di tempo, e vi farò vedere.
Se tu potessi partire per un'altra dimensione, dove ti piacerebbe andare?
V: Preferirei restare qui. Tutti coloro cui voglio bene sono qui, e la mia priorità principale è crearmi tanti bei ricordi con le persone a me care.
Se tu dovessi filmare un documentario sulla tua vita, quale canzone vorresti includere nei titoli di coda?
V: La sto scrivendo proprio in questo periodo la "canzone della vita" e prima o poi la finirò. Per quanto riguarda il titolo, credo una volta menzionato potrebbe cambiare, ma per ora è "Colore".
Tra tutti gli album della discografia dei BTS, qual è quello più prezioso, per te?
V: <LOVE YOURSELF 轉 ‘Tear’>. Il periodo in cui lavoravamo a questo album è stato il più difficile per me. Credo, sotto molti aspetti, sia un album che non sono riuscito a superare bene, quindi, ancor oggi, è qualcosa su cui devo lavorare.
Che emozioni ti suscita?
V: Quando lo ascolto, ricordo ancora vividamente quel periodo difficile. Credo le emozioni che mi suscita siano ancora le stesse di allora. Inoltre credo di non aver saputo esprimere al meglio 'Fake Love'.
Quando è stato il tuo momento della verità (moment of Proof / il momento in cui hai potuto dimostrare quanto vali effettivamente)?
V: La prima volta che una canzone scritta da me è stata selezionata e poi pubblicata. Stando a stretto contatto con persone che scrivono musica, ho iniziato a lavorarci anche io e, alla fine, con un po' di fortuna, una mia traccia è stata scelta. È stato il mio primo lavoro che veniva ufficialmente presentato al mondo. Non avete idea di quanto fossi emozionato. A ripensarci ora, credo quello sia stato il mio "momento della verità".
A parte al mondo, c'è qualcosa che vorresti dimostrare a te stesso?
V: Voglio crescere. Voglio diventare una persona che sappia crescere e maturare con costanza. Voglio dimostrare a me stesso che posso migliorare e voglio vedere quale sarà il risultato di questa crescita personale.
Singularity
Che significato ha questa canzone, per te?
V: A dire il vero, questa canzone è arrivata in un momento in cui avevo tanti pensieri confusi rispetto a chi fossi realmente, se Kim Taehyung o un artista di nome V. Ora che quel periodo difficile è superato, questo brano ha ancor più valore perché è la prova tangibile di come sono riuscito ad accettare me stesso, sia in quanto Kim Taehyung che nei panni dell'artista V.
Prendiamo, ad esempio, il video per il comeback trailer: se il viso nella pozza potesse parlarti, cosa direbbe?
V: Non sono un granché nei giochi in cui bisogna capire il labiale, quindi, anche quell'altro me stesso mi bisbigliasse cose, non riuscirei a capirlo (ride).
C'è qualche altro lato di te che vorresti mostrare?
V: Credo che ad ogni nuova canzone ed esibizione io stia già presentando diversi e nuovi lati di me. Quindi, sì, a seconda del brano mi creo un'immagine che sia il più vicina possibile al ruolo che ricopro in esso. Mi piace un sacco vedere quanto io possa cambiare da canzone a canzone, e intendo per atmosfera, modo di muovermi, intensità dello sguardo ecc. Credo siano quelle le altre facce della mia personalità. Con ogni nuova canzone, mostro un nuovo me stesso. Spero continuerete a prestare molta attenzione ed interesse per queste mie metamorfosi.
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Che significato ha questa canzone, per te?
V: È una canzone che ascolto spesso. Ha una bella melodia ed un testo altrettanto buono. È un orario che apprezzo particolarmente.
Quando non è giornata, come ti tiri su di morale?
V: Cerco di svuotarmi la mente e di non pensare a niente. Allora, magari, gioco, guardo film, mi faccio una bevuta o faccio due chiacchiere con qualcuno. Cerco di fare cose che mi tengano la mente occupata.
Cos'è che riesce a darti maggior conforto?
V: Già solo il fatto di vivere ed esistere insieme alle persone a me care è fonte di grande conforto e piacere, per me.
C'è forse qualcosa che hai scoperto solo recentemente riguardo te stesso?
V: Credo d'essere una persona da whiskey. Ultimamente bevo spesso whiskey mischiato all'acqua tonica. È davvero delizioso. Sono anche fortunato che non mi vengano mal di testa o i postumi da sbornia. Prima bevevo solo vino. A dire il vero, sono appena 10 giorni che ho iniziato a bere anche il whiskey (ride) ed è perfetto per chiudere bene la giornata. La prima volta che l'ho assaggiato, erano circa le 7 di mattina e stava nevicando. Ah, e poi mi piace particolarmente osservare la luna dalla finestra; quindi, quando bevo, se inizio a sentirmi un po' brillo, spengo le luci e guardo la luna sopra il fiume Han. È davvero bella. C'era anche questa [*mia] canzone intitolata “소등” (Luci spente), ma non so dove sia finito il file. È un vero peccato.
Qual è solitamente il tuo stato emotivo quando è mezzanotte?
V: Dipende da giorno a giorno. A volte sono su di giri, altre annoiato... Solitamente, a quell'ora, videogioco con i miei amici. È un po' il mio modo di chiudere la giornata. Quando torno a casa da lavoro, mi metto subito a giocare e tutti i miei hyung sono già online. Quindi dico "Eccomi" e giochiamo insieme. Di solito ci troviamo online, altre volte, invece, dal vivo e passiamo un po' di tempo insieme. Ciò che provo in quei momenti è tipo, "Ah, quanto mi diverto".
Poniamo che il tempo dovesse fermarsi per un giorno e tu fossi l'unico ancora cosciente ed in grado di muoversi, che cosa faresti?
V: Credo cercherei di svegliare tutti gli altri, del tipo: "Hey, sveglia! Che cosa state facendo fermi lì?", farei così.
Che cosa significa l'album "Proof" per i BTS?
V: È un album che racchiude e mette ordine in una stagione della mia e delle nostre vite. Credo la definizione migliore sia "un album che chiude solo uno degli stadi nell'enorme esistenza dei BTS". È davvero un progetto importante, ma trovo difficile spiegare ciò che significa effettivamente per noi. Ma se proprio devo darne una descrizione, credo si possa dire rappresenti una fase della nostra carriera in cui possiamo tirare tutti il fiato per un po' (ride).
Trad eng: © BOMHARU1230 | Trad ita: © Seoul_ItalyBTS Twitter
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newsintheshell · 2 years
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Anime in Home Video: le novità di gennaio 2022
Da Bleach ad Attack on Titan, passando per le nuove edizioni di Colorful e The Monkey, oltre a quelle eco friendly di Metropolis e Steamboy: c’è di che fare spazio nella videoteca. 
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Di seguito trovate tutte le novità anime in arrivo in home video nel corso di questo mese.
20 GENNAIO
COLORFUL (Limited Edition numerata a 1.000 copie)
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In esclusiva su FAN FACTORY per Anime Factory, l’incredibile capolavoro acclamato dalla critica, uscito nel 2010 e pluripremiato in patria (Mainichi Film Awards e Japan Academy Awards come miglior film d’animazione) e nei più prestigiosi festival internazionali (Mention spéciale e Prix du public al Festival d’Annecy), tratto dal romanzo best-seller della celebre autrice Eto Mori (Dive!!).
L’affermato regista Keiichi Hara (Miss Hokusai, The Wonderland, Un’estate con Coo) dirige un dramma impegnato con la semplicità e l’eleganza propria dei grandi narratori, realizzando un film d’autore poetico in grado di segnare nell’intimo lo spettatore.
Tra il mondo celeste e il mondo terreno, vaga la mia defunta anima. Un angelo (?) di nome Purapura mi dice: Tu sei un’anima colpevole che è morta dopo aver commesso un grosso sbaglio, ma ti è stata concessa l’opportunità di ritornare nel mondo terreno. La mia anima entra così nel corpo di uno studente di nome Makoto Kobayashi, che si è appena suicidato. Dietro una parvenza di normalità si celano infelicità, delusioni e risentimento, negli affetti famigliari e nella quotidianità della vita scolastica. Tuttavia i rapporti tra me, che non mi comporto come quel Makoto, e le persone che mi circondano stanno iniziando a cambiare…
Il regista Hara ha catturato la magia del momento fugace, inatteso. Battute tra amici, scherzi senza importanza, il sorriso di qualcuno che ti attrae, promesse innocenti, uno sguardo che è sempre presente quando ti guardi indietro... Gli spettatori si renderanno conto che la nostra vita quotidiana si basa su cose inaspettate e si tinge di una grande varietà di colori. (Eto Mori, autrice del romanzo originale).
Extra:
4 Cards da Collezione
Booklet esclusivo di 24 pagine con schede personaggi, interviste a regista e doppiatori, approfondimenti, gallerie.
Trailer
Original Preview
Teaser
Prezzo:
BLURAY € 11,99 (Pre-ordina ora)
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THE MONKEY - LE GRANDI AVVENTURE DI GOKU
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La storia che ha ispirato Dragon Ball! Le avventure di Goku nel classico firmato dal Dio dei Manga Osamu Tezuka, in un cofanetto da collezione curato da Yamato Video e distribuito da Anime Factory, contenente la serie completa in una nuova versione, con doppiaggio italiano storico rimasterizzato e completamente integrale, corredata di sottotitoli basati su una nuova traduzione fedele all'originale. 
Un mago-scimmiotto è costretto ad accompagnare un monaco buddista a recuperare alcuni testi sacri in India, accompagnato da una compagnia eterogenea: Gocò (Son Goku) la superscimmia, il reverendo Sanzo, il maiale Akay ed il kappa Sagojo (qui trasformato in un avido cercatore di tesori munito di pala), nonché la fatina rosa Tatsuko, sono tutti pronti ad affrontare mostri e pericoli per portare a termine la loro difficile missione.
I 39 episodi, andati originariamente in onda nel 1967, sono stati diretti da Gisaburo Sugii (Dororo, Street Fighter II V).
Extra:
Promo televisivi originali (sottotitolati)
Sigle senza crediti
Booklet di 28 pagine con le sinossi degli episodi e gli sfondi originali
Prezzo:
BLURAY € 69,99 (Pre-ordina ora)
DVD € 59,99 (Pre-ordina ora)
26 GENNAIO USCITE SPOSTATE AL 2 FEBBRAIO
BLEACH (Box 2)
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Il secondo cofanetto in edizione First Press curato da Dynit, che porta in home video il cosiddetto The Entry Arc, ovvero gli episodi dal 21 al 41 della storica prima serie animata tratta dal popolarissimo shonen manga, edito nel nostro paese da Panini Comics sotto l’etichetta Planet Manga, che ha reso celebre Tite Kubo in tutto il mondo. 
Ichigo e suoi amici riescono, seppur con qualche difficoltà, a superare lo spazio tra il regno dei vivi e la Soul Society, e arrivano all’interno del Rokungai, la città delle anime alla deriva, dove abitano gli spiriti che vengono condotti alla Soul Society. Il salvataggio di Rukia, inizia ora!
Andati in onda fra il 2004 e il 2012, i 366 episodi che compongono l’intera serie sono stati diretti da Noriyuki Abe (Great Teacher Onizuka, Yu Yu Hakusho) e prodotti presso STUDIO PIERROT (Black Clover, Boruto: Naruto Next Generations).
Dopo tanti anni, l’anime tornerà eccezionalmente sulle tv giapponesi da ottobre, con il Thousand Year Blood War Arc, al fine di concludere finalmente la storia. 
Extra:
Slipcase (copertina)
Cartolina
Poster
Contenuti speciali:
Booklet 32 pagine
D-Trailers
Prezzo:
BLURAY € 49,99 (Pre-ordina ora)
DVD € 39,99 (Pre-ordina ora)
L’ATTACCO DEI GIGANTI - THE FINAL SEASON (Box 1)
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Arriva finalmente in home video la prima parte della stagione finale (la seconda è appena iniziata e la potete seguire in simulcast su Crunchyroll), dell’epica serie animata tratta dal celebre manga di Hajime Isayama, edito in Italia da Panini Comics sotto l’etichetta Planet Manga, assieme ai vari spinoff.
Finalmente svelata la verità e la natura dei Giganti: l'umanità ha compiuto dei sacrifici immensi, ma bisogna andare avanti. Sono passati sei anni dall'attacco del Gigante Colossale. Il Corpo investigativo conduce un'indagine al di fuori del Wall Maria. Il mare verso cui arrivano per la prima volta gli esseri umani dentro le mura. La libertà è davvero oltre l’orizzonte? La storia di Eren Yaeger entra in una nuova fase.
Questo primo box in edizione limitata proposto da Dynit, raccoglie gli episodi dal 60 al 75, realizzati dallo studio MAPPA (Dorohedoro, Jujutsu Kaisen, Banana Fish), che nel 2020 ha raccolto l’eredità lasciata da WIT STUDIO (Kabaneri of the Iron Fortress, Vinland Saga, The Ancient Magus’ Bride), al quale dobbiamo le tre stagioni precedenti e gli OAD.
Extra:
3DCG special – Staff talking
Sigle di testa e di coda senza crediti
ChimiChara Theatre
Spot e video promozionali
D-trailers
Prezzo:
BLURAY € 59,99 (Pre-ordina ora)
DVD € 49,99 (Pre-ordina ora)
27 GENNAIO
METROPOLIS
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Eagle Pictures porta in versione “green” il capolavoro targato studio MADHOUSE (ACCA: L'Ispettorato delle 13 Province, Overlord, One Punch Man) tratto dall’omonimo manga di Osamu Tezuka.
Uscito originariamente nel 2001, il film d’animazione diretto da Rintaro (Galaxy Express 999 - The Movie, Capitan Harlock), riesce al contempo ad omaggiare anche il celebre film datato 1927 di Fritz Lang.
Nell'anno 2026, un gruppo di industriali governa il pianeta, relegando i lavoratori in un mondo sotterraneo, in cui subiscono ogni sorta di maltrattamento. Tuttavia, un androide dalle sembianze femminili li ispira alla rivolta.
Green box è una rivoluzionaria sostituzione dei tradizionali box in plastica e ha un impatto positivo sugli obiettivi di sostenibilità grazie al mancato utilizzo di plastica e alla riduzione di emissioni nel processo produttivo. La confezione è infatti interamente realizzata in cartoncino.
Extra: 
Card da collezione
Prezzo:
BLURAY € 17,99 (Pre-ordina ora)
STEAMBOY
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Entra nella Anime Green Collection di Eagle Pictures l’originale film d’animazione ideato e diretto da Katsuhiro Otomo, il creatore di “Akira”.
Realizzata presso STUDIO 4°C (I Figli del Mare, La Fortuna di Nikuko) e SUNRISE (Mobile Suit Gundam: Hathaway, Code Geass: Lelouch of the Rebellion), la pellicola ha fatto il suo debutto al cinema nel 2004.
Nel 1866, Ray Steam, figlio di una famiglia di scienziati di Manchester, trascorre giorni e notti a escogitare nuove invenzioni. Un giorno, il ragazzo riceve una misteriosa sfera metallica inviatagli dal nonno, senza conoscerne l'importanza.
Green box è una rivoluzionaria sostituzione dei tradizionali box in plastica e ha un impatto positivo sugli obiettivi di sostenibilità grazie al mancato utilizzo di plastica e alla riduzione di emissioni nel processo produttivo. La confezione è infatti interamente realizzata in cartoncino.
Extra:
Card da collezione
Prezzo:
BLURAY € 17,99 (Pre-ordina ora)
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Autore: SilenziO)))
FONTE: [1] [2] [3]
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app-teatrodipisa · 4 years
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IL LIBRO LIBeRO — Irene Bendinelli
Salpammo all'alba.
Eravamo uno sparuto gruppo di curiosi spiriti all'avventura, fermamente intenti a emulare le leggendarie imprese del multiforme eroe Ulisse. Il cielo sopra di noi conservava ancora il respiro lento delle ultime luci stellate della notte, mentre stralci dorati di un nuovo giorno si preparavano a indicarci la rotta.
Eravamo privilegiati spettatori di uno scenario mai visto prima: maestoso, bellissimo, come tante rose tee da poco sbocciate in una meraviglia di colori! Il nostro giardino fiorito era lievitato, sollevato da schiumose onde del Mare-Oceano-Mari.
Cavalcammo, come intrepidi indiani nelle vaste praterie americane, verso spazi aperti, immensi, nell'infinità delle acque salate. Nessuno ci avrebbe potuti fermare! Eravamo più forti di mille eroi della mitologia greca, più coraggiosi di tutti i soldati del mondo riuniti in battaglia e più liberi di centomila palloncini sospesi nell'aere.
Il vento a favore ci guidava come un caro padre che prende il figlio per mano e lo conduce verso i sentieri della sua vita futura. Sostenuti dalla forza di Eolo, ci sentivamo padroni dell'universo, dei mari, delle terre, dell'aria e della miriade di stelle lassù.
Continuava a navigare fiera e sicura la nostra imbarcazione in legno, con tre gonfie vele bianche issate: erano tre morbide nuvole di ovatta, calate sulla linea dell'orizzonte. Intanto gli spruzzi d'acqua e sale ci rinfrescavano, permettevano di farci sentire sui volti tutta la carica esplosiva dell'estate e sancivano l'unione tra noi marinai e le creature marine. Ci sentivamo anche noi come dei pesciolini.
– Esploratori seguaci di Nemo, sgargiante bandiera a strisce bianche e arancioni, all'arrembaggio! Il tesoro dell'isola è già nostro!
Niccolò era completamente assorto in quell'avvincente lettura, che non si era distratto neanche da suoni e suonetti provenienti dal telefono mobile. A capofitto tra quelle pagine sfogliate con vivo interesse, aveva la possibilità di diventare un ottimo marinaio a bordo del vascello Poseidone.
– Agli ordini, capitano! - rispose la ciurma al completo, mentre il Mare-Oceano-Mari riempiva l'anima.
La direzione era quella giusta, puntando ancora per diverse miglia a Nord. La freschezza di quell'acqua salata, sempre più chiara e limpida, ci rinfrescava anche i pensieri, che viaggiavano leggeri leggeri, sorretti da quelle tre gonfie vele bianche.
Da marinaio semplice avevo ancora tanto da imparare, ma la passione e la curiosità non mi mancavano certamente, così controllare la nave, svolgere la regolare manutenzione e talvolta provvedere alla distribuzione del cibo nella cambusa erano attività che non mi spaventavano minimamente. In tutto questo, non perdevo mai di vista il nostro saggio ed esperto capitano Hogart, pronto a guidarci nell'impresa e a risolvere qualsiasi genere di situazione: gli imprevisti, per lui, erano semplicemente nodi di velluto da sciogliere grazie a piccole mani dalle dita elastiche.
Niccolò interruppe la lettura e si osservò le mani. Anche le sue, come quelle descritte nel romanzo, erano mani piccole, con dita peraltro elastiche, proprio perché lui era ancora un bambino. Sarebbe voluto entrare in quella storia, Niccolò, far parte di quella ciurma, aiutare il capitano Hogart a sciogliere i nodi degli imprevisti e dimostrare agli altri marinai, a se stesso, ma soprattutto ad alcuni suoi compagni di classe che aveva coraggio da vendere, anche se a scuola appariva spesso introverso. Le sue, erano ancora mani misurate per impugnare le penne e le matite, morbide per proteggere un cucciolo di gatto e delicate per assemblare in mille diverse costruzioni i mattoncini Lego. Sarebbero diventate capaci, però, non troppo tardi, di ammainare le vele, manovrare il timone, sfidare la forza dei venti e utilizzare tutti gli attrezzi del mestiere marinaresco.
Il sole, intanto, si preparava a troneggiare nel centro della volta celeste. Splendido splendente si sarebbe fatto alto, una palla infuocata, luccicando ininterrottamente sulle creste lievi di quella meraviglia che era il Mare-Oceano-Mari. E l'acqua si sarebbe ancor di più riscaldata e la vita a bordo del vascello Poseidone si sarebbe illusa di stare pigramente in vacanza.
Uno stormo di gabbiani, saziato dall'abbondanza di pesci, decollò veloce dalla superficie azzurra screziata di bianco ai chiari riflessi sconfinati del cielo, diretto verso una mèta ben precisa, per vivere una nuova stagione in un'altra terra.
Un'isola accogliente stava aspettando anche i nostri marinai.
Si delineò di lato alla loro vista un curvilineo profilo di un timido scoglio, col capo di poco alzato e ricoperto da una rigogliosa vegetazione. Mentre la distanza dal veliero all'isola si riduceva, mentre si annullava la presenza di uomini e animali nei paraggi, ardeva il desiderio di approdarvi, la frenesia di corrervi a piedi nudi e di scoprirne il fatidico tesoro. Pirati e galeotti si erano sfidati, su altri mari e in altre epoche, per appropriarsi di gemme e monete in quantità; temerari cercatori d'oro si erano spinti per secoli oltre quelle acque, per nobilitare ogni volta di più le loro imprese; sognatori di altri tempi – e forse anche di questi – erano cresciuti con il sale della fantasia e la speranzosa convinzione di far rotta all'isola di Utopia.
Poche erano le carte nautiche che segnalavano la presenza di quell'isola, a differenza di molte che la ignoravano completamente, indicando al suo posto una qualsiasi corrente acquatica. Ma poiché il mistero si infittisce se un'antica pergamena polverosa viene scovata per caso in una rimessa, trovano invece il loro senso la curiosa esplorazione, l'audace avventura e l'entusiasmo della partenza.
Il capitano Hogart, da vero capitano, fu il primo a scendere dall'imbarcazione, per assicurarsi che su quella terra, emersa dai fondali marini, non si nascondessero insidie. Soltanto pappagalli dai grandi becchi gialli e dalle ampie piume variopinte, appesi sulle legnose fronde di contorte mangrovie, intonarono un acuto saluto di benvenuto.
“Ci siamo!” pensò Niccolò. “Vediamo ora cosa succede.”
I marinai, con la gioia che sarebbe esplosa nei loro petti se non fosse stata contenuta dalle divise a righe bianche e blu, seguirono fedelmente il loro capitano. Parevano una fila ordinata di formiche in processione, caute e silenziose, ma ancor più attente e curiose, alla ricerca di cibo, di briciole di pane. L'ultimo della ciurma, col viso florido e raggiante per la fierezza del compito assegnatogli, issò sulla sponda orientale della riva l'alta bandiera del Poseidone: un tridente grigio rivolto in su, sostenuto dalla possente mano destra del dio Nettuno, protettore di tutti i mari e della loro piccola compagnia.
– Ricordate il richiamo dell'eroe Ulisse ai suoi compagni di viaggio! Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza! – rimbombò così potentemente la voce di Hogart, da far volare via in un istante tutti i pappagalli che li avevano accolti.
“La conoscenza, la conoscenza!” pensai.
Da tre mesi della mia vita mi trovavo a bordo di una nave, che già consideravo come una seconda casa, io che da piccolo non volevo più uscire dalla vasca durante il bagnetto e che giocavo a ore sulle pozzanghere come fossero laghi da attraversare. Avevo imparato tanto finora: ogni uscita in mare aperto era una sfida con me stesso e con la natura, ogni gesto da compiere un esempio di solidarietà verso gli altri, ogni nubifragio una prova da superare per crescere, ogni porto raggiunto una sicurezza da custodire con affetto.
Mentre tali pensieri mi rimbalzavano nella mente, i miei piedi marciavano allineati a quelli degli altri marinai alla scoperta di quell'isola. L'aria era talmente intrisa di un silenzio paradisiaco, che si riuscivano a percepire i respiri affannati e i battiti accelerati dei nostri cuori.
Li avvertiva anche Niccolò quei respiri e quei battiti, che filtravano da quei luoghi fantastici alla cameretta reale del bambino, grazie alle pagine ingiallite di quel romanzo, appartenuto da generazioni alla sua famiglia.
L'isola, con una superficie grande quanto mille uomini in cerchio, odorava di essenze rare, di dolci profumi fruttati e di fresche fragranze floreali. Il lungo viaggio assolato sul Mare-Oceano-Mari trovava il suo meritato riposo all'ombra di nodose mangrovie, di maestose palme verdeggianti e di piante dai fiori tropicali mai visti prima, che infondevano pace e serenità.
Quell'isola era tutta per loro, per quei prodi marinai!
La costa orientale era contornata da un'innumerevole varietà di conchiglie, alghe, ricci e legnetti, adagiati su basse dune sabbiose, mentre la zona a Ovest era battuta da forti venti impetuosi, che si infrangevano su dure e ripide falesie, come se due stagioni naturali si contendessero il controllo di quella dispersa roccaforte.
Nel mezzo stavano loro, i coraggiosi marinai, in equilibrio tra estate e inverno, tra caldo e freddo, nel protetto spazio centrale dove terra, roccia, fiori e frutti convivevano in armonia. Non c'erano tracce di tesori, di bauli, di gemme e di ori, ai quali la ciurma non pensava già più, felice com'era di starsene lì tranquilla e beata. Nel cuore di quell'isola svanivano i rancori e le paure, le ansie e i  problemi, sostituiti dalla calma quiete delle anime, dalle perfette solitudini ritrovate e dall' intramontabile desiderio di libertà mai sopito. Altre isole avrebbero raggiunto, altre avventure avrebbero vissuto, altre storie avrebbero raccontato, ma quella era l'isola alla quale non avrebbero più rinunciato, l'isola del Poseidone, dove ognuno si sentiva libero. Come vento libero.
Niccolò sentì entrare, dalla finestra aperta della camera, un soffio d'aria fresca. Era l'imbrunire di una sera alla fine di aprile, era la briosa brezza di quell'isola, sostenuta e tramandata dall'eco esplosivo della letteratura che aveva trasformato le pagine del libro in onde di libertà, amata libertà.
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tenitchyfingers · 5 years
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Dimostrazione: una recensione veloce veloce di Endgame che non parla della trama? 
Ok, parliamo della costruzione della storia che risolve un botto di plot thread lasciati a penzolare nei film precedenti SENZA PER FORZA DIRE QUALI PLOT THREAD, ma limitandoci a puntare il dito sul fatto che se hai avuto domande nei film precedenti molto probabilmente Endgame le risponde quindi vale la pena andarlo a vedere, wink wink nudge. 
Parliamo degli effetti speciali, come sempre eccellenti a casa Marvel Studios. Parliamo del fatto che la colorazione delle scene è tornata molto spenta e de-saturata come nei primi film, invece di continuare con la colorazione intensa delle scene di Thor: Ragnarok o i due film dei Guardiani della Galassia, e che secondo i gusti questo fattore potrebbe essere un difetto. Per me sicuramente lo è, anche perché parliamo di film tratti da fumetti dai colori molto accesi e saturati, che “bucano” la pagina, dove i neri sono neri, non rossi o gialli o blu spenti e sporchi, e risaltano tutti gli altri colori per contrasto.
Parliamo delle interpretazioni degli attori, ottima (anzi, eccellente) soprattutto nel caso di Robert Downey Jr, del fatto che a Paul Rudd sia stato dato del materiale dal respiro molto più ampio e che gli siano state date possibilità di esprimere una varietà di stati d’animo più vasta rispetto a quello che gli avevano dato da fare nei due Ant-Man in cui essenzialmente era un personaggio goofy e maldestro, e nel secondo gli era stato permesso di mostrare dell’affetto ma niente di drammatico, mentre qui ha avuto la possibilità di flettere altri muscoli che soprattutto per un attore principalmente comico non si possono mostrare molto spesso. E quindi Endgame ci dimostra che Paul Rudd è un attore a tutto tondo capace di fare il buffone ma anche di cimentarsi in scene più serie. 
Parliamo del fatto che sebbene Thor sia stato un po’ banalizzato e che forse la piega presa dopo Thor: Ragnarok non sia stata interamente benefica al personaggio, rimanga comunque un personaggio con lo stesso cuore dell’inizio, che ha raggiunto un livello di maturità rispetto alla prima apparizione nel franchise e che è stato smontato e poi rimontato; del fatto che Hulk ha decisamente guadagnato molto dai manierismi e dalle espressioni di Mark Ruffalo, al di là della pseudo-romance con Natasha dei tempi di AoU che era veramente una cosa imbarazzante, una cosa che avrebbero dovuto retconnare per quanto a cazzo era stata fatta e per quanto fosse sbucata fuori dal nulla.
Parliamo del fatto che sono stati inseriti tantissimi easter egg che rimandano ai character arc e costanti rimandi a battute e one-liners di film precedenti, cosa che può piacere o no ma che sicuramente è stata fatta per chi l’MCU l’ha seguito tutto dall’inizio. Del fatto che per chi c’è stato fin dall’inizio - ma anche per chi è cresciuto con i fumetti - questo film sia una festa e una celebrazione e assolutamente un must. 
Visto? T’ho fatto una recensione al volo in 5 minuti 5 del cazzo di film senza spoilerare. È possibile, ma dopotutto bisogna anche sapere di che minchia stai parlando. E chiaramente il tipo non sa una tega. Ovviamente se dovessi scrivere qualcosa di professionale dovrei avere una copia screener da riguardare un po’ di volte, ma ahimè non ce l’ho e non ho soldi per andarmelo a rivedere altre 2 o 3 volte al cinema e quando l’ho visto ero troppo presa dai feels per guardare il lato tecnico, quindi vabbè sticazzi. 
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armflavor08-blog · 2 years
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Come vendere la tua televisione
Ci sono diversi modi per vendere i tuoi televisori. L'inverno e la primavera sono le stagioni di prime vendita per i televisori. Entro febbraio, i modelli attuali saranno stati nei negozi per un anno, quindi il loro prezzo sarà ridotto di conseguenza. I mesi estivi e di primavera sono anche grandi tempi per acquistare nuovi televisori perché le vendite di closeout sono di solito attraverso la fine della stagione. Quindi, quando i nuovi modelli sono pronti per essere in vendita, troverai incredibili offerte su modelli più vecchi. Risoluzione dei pixel: il rapporto di contrasto di un'immagine è una misura della quantità di contrasto tra le aree bianche nere e più scure sullo schermo. Più alto è il rapporto di contrasto, più vivido l'immagine. La luminosità dell'immagine misura l'impatto dei colori ed è misurata in CD / M2 o il numero di candele necessarie per illuminare l'immagine. Nonostante la varietà di caratteristiche e specifiche fornite con televisori, la parte più importante del set è la sua risoluzione dei pixel. Rapporto aspetto: il rapporto aspetto di un televisore determina la sua qualità. Una vasta gamma di produttori utilizzano diversi rapporti di aspetto per mostrare i loro programmi. Nella televisione U.S., definizione standard utilizza un ratio di proporzioni di 16: 9, ma alcuni paesi, come il Canada, scegliere di visualizzare programmi precedenti in un rapporto 4: 3. Tuttavia, i paesi non ATSC preferiscono ridurre la risoluzione orizzontale da immagini anabilmente ridimensionanti di immagini. Aggiorna tariffa: velocità di aggiornamento più rapide Rendere i televisori migliori, ma il processo non è privo di svantaggi. La modifica del rapporto di aspetto di un televisore non è senza difficoltà. Anche se può essere un grande vantaggio, il processo di transizione può essere una sfida significativa. Inoltre, può rendere il tuo aspetto televisivo piatto. Questo problema è esacerbato dal fatto che la maggior parte dei televisori è analogica. È importante ricordare che i televisori analogici e digitali hanno diverse velocità di aggiornamento, quindi la frequenza di aggiornamento del televisore è importante. Aspect Ratio Modifica: Sebbene i televisori siano in grado di modificare i propri rapporti di aspetto, il processo non è senza problemi. La transizione da un tradizionale a un HDTV richiederà del tempo, quindi puoi aspettarti alcune battute d'arresto minori nel frattempo. I nuovi modelli possono gestire diversi rapporti di aspetto e alcuni modelli possono supportare più formati, incluso 4K e HD. Aspect Ratio è un fattore molto importante per i televisori. Smart TV: smart TV sono il futuro dell'intrattenimento. Con Wi-Fi integrato, è possibile eseguire il contenuto di streaming e connettersi ad altri dispositivi. Puoi anche utilizzare Internet per trovare app e sfogliare la vasta libreria di app sul televisore. Ci sono molte opzioni disponibili per il tuo divertimento. Con tutte queste caratteristiche, i televisori possono diventare più intelligenti. Se hai figli, puoi usarli in camera da letto o sul divano. La caratteristica più intelligente è la possibilità di controllare il suono e la temperatura. Connessione Internet: la connettività Internet è essenziale per i televisori moderni. Gli smart TV possono connettersi a Internet e offrire una varietà di funzionalità, tra cui una webcam, WiFi e servizi di streaming. Puoi anche collegare la tua TV alla rete Wi-Fi della tua casa, il che rende ancora più utile per lo streaming di contenuti e giochi. Con Wi-Fi integrato, la tua TV può diventare intelligente. Un televisore con Wi-Fi può connettersi a servizi di streaming, eseguire app e persino riprodurre video. https://6126993260956.site123.me/ Il modo migliore per risparmiare denaro sulla tua televisione è quello di acquistare intorno. Puoi spesso trovare le migliori offerte su Internet per la tua TV. Puoi anche confrontare i prezzi online. I marchi più popolari hanno i prezzi più convenienti. Inoltre, hanno le migliori caratteristiche e possono essere facilmente aggiornati. Puoi aggiornare il televisore in un modello di fascia alta e godere delle ultime funzioni e tecnologie. Se sei nel mercato per una nuova TV, vale la pena controllare diversi punti di prezzo prima di acquistarlo.
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L'acquisto di una TV con un display HDR è un'idea eccellente. Rispetto ai modelli più anziani, HDR consente immagini di qualità superiore e contenuto video. Alcuni televisori possono anche visualizzare film in alta definizione. I televisori di migliore qualità offrono il miglior contrasto del colore. Se stai cercando una TV HDR, cerca uno che ha la tecnologia più avanzata. Se vuoi risparmiare denaro e ottenere l'immagine di alta qualità possibile, considera un modello di fascia alta.
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petitefraisejewelry · 6 years
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La nuova collezione Leaf-Life
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{Read the English version here}
Non  c’è giorno migliore di San Valentino per celebrare la rinascita della vita della primavera in arrivo!
La nuova collezione Leaf-Life è finalmente qui!
La nuova collezione “Leaf-Life”, che gioca sull’assonanza tra le parole “foglia” e “vita” in lingua inglese, celebra l’energia della Natura e la varietà di colori e forme con cui essa si manifesta sulla Terra, in particolare durante la primavera e l’estate. La collezione vuole anche raccontare alcune delle credenze e dei significati che culture diverse hanno attribuito ad alcuni alberi nel corso del tempo.
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Un giorno dello scorso settembre (2017) il mio sguardo è stato catturato da un libricino esposto nella vetrina di una libreria del mio quartiere. Il titolo è “The little guide to leaves” edito da Quadrille Publishing, con le belle illustrazioni di Tom Frost. Dopo qualche giorno che gli ronzavo intorno, ho deciso di acquistarlo. Le informazioni che ho trovato al suo interno mi hanno interessato moltissimo e mi hanno spinto a creare una nuova linea di gioielli.
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In particolare, sono rimasta affascinata da questi alberi con le loro storie.
Sicomoro: in alcune aree del Galles si pensava che questo albero tenesse a bada le fate; i Nativi Americani credevano che i sicomori fossero piante di magia e mistero, e li chiamavano “ghosts of the forest”, cioè “i fantasmi della foresta”.
Ippocastano: gli Antichi Greci lo associavano con Zeus, la fertilità, l’abbondanza e la buona fortuna.
Betulla bianca: è connesso con l’arrivo della primavera. I Celti usavano ramoscelli di betulla per scacciare gli spiriti dell’anno passato.
Frassino: per i Vichinghi, il frassino era un albero sacro. Lo chiamavano “World Tree”, cioè “Albero del Mondo”. Stando alla loro cultura, le sue radici raggiungevano gli Inferi e i suoi rami raggiungevano il mondo dei cieli.
Quercia: simbolo potente di forza e resistenza, ed elemento comune in molte mitologie, è correlato con una vasta serie di divinità come Zeus e Thor. Il suo nome latino, robur, significa “forza”. I Celti credevano che la quercia fosse un albero di sapienza sacra. Oggi, si sa che la quercia sostiene più specie selvatiche di qualsiasi altro albero.
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Ho anche voluto aggiungere alcune foglie tropicali alla collezione: ospitando milioni di straordinarie forme di vita, le foreste tropicali mi danno l’immagine di un’esplosione di vita e colori.
I miei gioielli con foglie hanno le loro radici anche nei dipinti preraffaelliti e nell'Art Nouveau. L'Art Nouveau  è uno "stile internazionale di arte, architettura e arte applicata, ispirata dalle forme e strutture naturali, in particolare dalle linee curve delle piante e dei fiori” (tradotto da Wikipedia inglese). Questo movimento artistico nacque nel Regno Unito, con i design floreali di William Morris. Uno dei miei artisti preferiti dell'Art Nouveau è Alfons Mucha, di Praga: i suoi dipinti, illustrazioni e pubblicità sono per me fonte di ispirazione.
Vedi tutta la galleria di foto sul mio sito qui.
Acquista i gioielli della collezione Leaf-Life nel mio shop Etsy qui.
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Foto: Lorenzo Berni
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Foto: Lorenzo Berni
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Foto: Lorenzo Berni 
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sabrinasanseverino · 4 years
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Buon pomeriggio raggi di luce, sono le 17 è l ora del tè magari con le foglie di ... Mirtilla vi fa compagnia con un nuovo fiore : L' ortensia ! . La pianta dell’Ortensia è coltivata in Cina fin dai tempi della dinastia Ming. Oggi la si può trovare in diverse tonalità di colori: dal bianco al blu passando dal rosa al violetto. . Durante il civud19: Facciamoci aiutare dai fiori L ' Ortensia – porta il messaggio ideale per il momento che stiamo tutti vivendo. L'ortensia è un bellissimo fiore, facile da coltivare nei nostri giardini e anche in vaso. Questo è il messaggio che arriva da questo fiore. "con me imparerai che il cambiamento è positivo e che non ne devi avere paura, poiché tutto è in trasformazione e solo nella trasformazione puoi sperimentare le tue capacità. Rilassati quindi e lascia spazio alle novità, alla tua capacità di decidere in totale libertà. E osserva come questo processo possa essere semplice se tu impari ad attingere alla tua forza interiore. Lascia che dubbi, incertezze, paure svaniscano per lasciar posto alla tua vera essenza. Resta in connessione con me e con i miei colori. Sono tua amica e attraverso il contatto con me attingerai alla tua forza” . . La leggenda narra che l’esploratore naturalista, Philibert Commerson, diede questo nome all’Ortensia perché la dedicò alla sua amante Hortense Barrè, che l’aveva accompagnato, vestita da uomo, nella spedizione guidata da Bouganville. . Questo fiore viene donato per rivelare l’amore o un ritorno di fiamma, ma il suo significato varia in base al suo colore: l’Ortensia bianca indica la nascita dell’amore e sta a significare che tutti i pensieri sono rivolti alla persona amata. Quella di color blu si regala ad un’amante capricciosa per cui però si prova un amore ardente e profondo. La varietà rossa assume, invece, il significato dell’unicità dell’amore e l’invito a consumarlo. .ci sono altre curiosità e il tè che ho scritto nel mio blog , link in bio , spero anche anche voi avete una bellissima Ortensia! #fiori #flowerstagram #flowers #plants #plants🌿 #natureonthepage #viverelestagioni #alritmodellestagioni #viviunavitachetisomiglia #nascostanelmiofiore #colcuorediunafata #polveredipoesia https://www.instagram.com/p/CAaijcPAlX0/?igshid=gcw6cweyv511
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praticalarte · 4 years
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La tavolozza di Anders Zorn
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Il nome del pittore svedese Northern Light: Nordic Art at the Turn of the Century
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 ha scritto: “Zorn era noto perché eseguiva i suoi quadri usando una scala di colori molto sobria, limitata a bianco, ocra, vermiglione e nero avorio.” Hans Henrik Brummer, scrisse nel libro 1986 catalog on Zorn
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, “fondamentalmente il suo registro si limitava a nero, bianco terra gialla e vermiglione; Altri pigmenti sono usati raramente e solo se necessitano accenti locali.” Parecchi insegnanti di pittura contemporanei, come Jeff Watts, usano la "Tavolozza di Zorn" (a volte sostituendo il rosso di cadmio chiaro al vermiglione) come strumento didattico perché costringe gli studenti a lavorare con una gamma limitata di colori dai quali però devono cavare abbastanza scelte tonali da coprire le esigenze di gamma della maggior parte dei soggetti pittorici. Il grigio nel contesto di una tavolozza tanto limitata può - per interferenza - apparire con un tono bluastro. Recentemente, alcuni autori, hanno sollevato dubbi sull'uso di questa tavolozza tanto limitata da parte di Zorn. Bob Bahr dell'American Artist, ha cercato di stabilire che la "cosiddetta" tavolozza di Zorn "si può considerare un ottimo mezzo di pittura ma è un errore attribuire la sua paternità a Anders Zorn.” Bahr cita Birgitta Sandström, la direttrice del museo della Collezione Zorn a Mora, in Svezia, che dichiara di avere “difficoltà anche a comprendere l'ipotesi che Zorn abbia lavorato con la tavolozza specializzata che viene considerata associata a lui” a causa del fatto che il blu e e il verde sono stati trovati in alcuni dei suoi dipinti, e perché quei colori sono stati trovati tra i materiali del suo studio. La Sandström ci fa sapere che “17 tubetti di blu di cobalto sono presenti tra i 243 tubetti di colore lasciati da Zorn nel suo studio a Mora.” Merit Laine, curatore delle stampe e dei disegni conservati nel Museo Nazionale di Stockholm, “concorda con la constatazione che il concetto di una "tavolozza Zorn" è un po' un termine improprio.”
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Non pretendo di essere un esperto del pittore Zorn, ma parlando da pittore, credo che questi commentatori si sbaglino non avendo colto il nocciolo della questione. Nessuno vuole affermare che Zorn abbia sempre usato esclusivamente quella tavolozza ultra limitata. Ovviamente, molti dei suoi dipinti (come quella qui a fianco) utilizzano una gamma più ampia di colori, tra cui blu. Credo che ci sia anche un problema logico nel tirare in ballo la presenza di tubi di colore blu superstiti. Il fatto non prova gran che. Nel mio caso, il fondo della mia cassetta dei colori è zeppa di decine di colori che non uso mai. Alcuni di questi, come il"Verde Aubusson" e il "Blu Tuareg", sono stati comprati solo perché costavano pochissimo e non sono mai stati usati; altri non sono stati mai toccati da vent'anni. Certi sono così costosi che non me la soo mai sentita di "consumarli". Altri ancora hanno perso l'etichetta e non so più che cosa sono. Certi sono così tossici che li evito come se fossero scorie radioattive. Alcuni sono attaccata al fondo del cassetto perché hanno perso olio di lino che seccando li ha incollati li. Io uso spesso tavolozze limitate, ma non avrei mai immaginato che qualcuno in futuro potrebbe cercare di capire che colori uso frugando nella mia cassetta dei colori.
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Quali sono invece le prove che Zorn abbia spesso usato la famosa tavolozza di quattro colori? Prima di tutto moltissimi dei suoi dipinti sono evidentemente realizzati usando una gamma cromatica molto stretta, che potrebbe essere stata dipinta proprio con quei pochi colori. Teoricamente un pittore potrebbe ottenere dipinti con un'apparenza simile a quella ottenuta da Zorn anche lavorando con una tavolozza estesa. Una analisi chimica potrebbe dare risposte più sicure, ma la maggioranza dei pittori che Zorn nominava come suoi esempi ispiratori, come Frans Hals, Diego Velasquez, and James M Whistler, usavano tavolozze molto limitate. Parlare di tavolozze limitate per gli artisti del periodo di Zorn era argomento consueto e comune nell'ambiente professionale artistico del suo periodo. Esistono inoltre moltissime testimonianze di colleghi pittori del periodo che parlano nei loro scritti della tavolozza limitata che questo pittore utilizzava. Per esempio, il pittore di formazione europea Landscape Painting” del 1909, scrive: “Un pittore esperto non si lascia disturbare da pigmenti inutili. Seleziona quei pochi toni che sono realmente essenziali e getta da parte il resto come legname inutile. L'artista svedese, Zorn, usa solo due colori: vermiglio e giallo ocra, dato che gli altri due pigmenti presenti sulla sua tavolozza: bianco e nero, sono la negazione del colore. Con questa tavolozza, semplice fino alla povertà, egli ha tuttavia ritenuto - con ragione - che fosse possibile dipingere una immensa varietà di paesaggi e figure.
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Guardando le sue tavolozze, quelle conservate nel museo Zorn, possiamo notare qualche tocco di giallo cadmio, e forse piccole quantità di blu o verde, ma ci troviamo di fronte a una piccola tavolozza ed a una piccola scatola, cosa che sembra sottolineare la prevalenza dei principali quattro colori.
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Infine, ecco il suo autoritratto, dove è chiaramente visibile la sua tavolozza, con i quattro colori in bella mostra: bianco, ocra, rosso e nero. Zorn era consapevole della propria immagine, era certamente consapevole di ciò che stava comunicando con la sua immagine agli altri artisti mostrando orgogliosamente la propria tavolozza di soli quattro colori. Ciò che i dubbiosi devono comprendere è che quella tavolozza limitata, non è segno di impoverimento, piuttosto di padronanza sicura delle proprie risorse. Con le parole di Brummer, “disporre di risorse limitate potrebbe essere un bene.” Gli esperimenti di Zorn con la sua tavolozza limitata sono la dimostrazione del suo virtuosismo, un segno della sua forza come pittore. LINK UTILI Anders Zorn complete works (website) Anders Zorn on Wikipedia LIBRI Northern Light: Nordic Art at the Turn of the Century
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Anders Zorn: Paintings and Drawings: Volume 19
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Landscape Painting
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by Birge Harrison Color and Light: A Guide for the Realist Painter
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Un ringraziamento a Tim Adkins per la foto della tavolozza. Read the full article
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margiehasson · 4 years
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I look per capelli più alla moda del 2020!
È già il nuovo anno ed ecco che i look avvistati sulle passerelle di questo inverno 2020 fanno venire voglia di sperimentare tantissimi nuovi look.
Ho super voglia di provare mille acconciature. Quante come me hanno i capelli super lunghi? Frisé, dettagli in metallo, fermagli bon ton colmi di strass super colorati oppure dai toni neutri sono assolutamente intramontabili nei nostri infiniti look. Non resta che anticipare i tempi quindi e pensare a tutti i trend da seguire per essere al passo con la moda! Il mese della moda è già trascorso, e a Milano soprattutto, noi, blogger italiane, abbiamo visto tante novità! Ho provato a replicare le varie acconciature, ora sono pronta per affrontare le acconciature del nuovo anno!
Nel mondo “hair“ si assiste a una grande varietà di stili e pettinature, pronte a soddisfare tutti i più svariati o estrosi gusti! Quest’estate abbiamo assistito al ritorno degli anni Novanta sia per le acconciature che per gli outfit a tema! Quest’inverno invece i frisé tornano a fare capolino e a dettare moda, vedremo esplodere chiome super vaporose specie se lunghe, quasi cotonate, che mettono da parte ricci troppo definiti e ad effetto un po’ finto!
Via libera ai capelli super gonfi e non perfettamente pettinati! Siete lisce e non volete abbandonare la vostra piega naturale? Benissimo! Quest’inverno suggerisce: Frangia! Questa sarà di super tendenza e permetterà una mega riuscita del vostro look! Ma le meno coraggiose diranno di “aver paura” di tagliare le loro chiome! Bene, affidatevi alle frange sintetiche! Assolutamente perfette, basterà trovare il vostro preciso tono di capelli!
Alla fine, arricchite il tutto con i frontini bombati dai mille colori oppure dai diffusi fermagli strass! “Osare” quindi sarà la parola d’ordine per affrontare per il periodo che verrà!
Ps: tutte le mie acconciature saranno accompagnate da nuovi make-up, ma questo lo scopriremo nei prossimi articoli ✨
 Photo credits @la_manzoni_
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pruzhiinki · 7 years
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Dream Machine Review
Non sono il tipo di persona che fa recensioni, però in questo caso voglio fare un’eccezione.
Partiamo dal fatto che si tratti della band che direi seguo da più tempo, che nonostante bruschi cambiamenti di sonorità nel corso della loro discografia li ha sempre adorati ed apprezzati, senza dover per forza ghettizzare la musica elettronica come hanno fatto e fanno molte fan ora. Io non critico i gusti altrui, ognuno può pensarla come vuole, però sono qua per esprimere semplicemente il mio misero parere.
 Intanto chiarifichiamo che sto parlando dei Tokio Hotel, band tedesca molto celebre per coloro che sono stati adolescenti negli anni 2000 e che ha suscitato parecchio scalpore non tanto per la musica che è (o meglio era) semplicemente pop rock, ma più per tutto il contorno di immagine.
Ora sono cresciuti parecchio: Bill e Tom Kaulitz hanno ventisette anni, Gustav Schäfer –ora padre di famiglia – ne ha ventotto e Georg Listing fra poco sarà trentenne.
Fa paura eh? Mi sento parecchio vecchia anch'io.
 Ma andiamo all’album.
 Parto da un giudizio generico, dicendo che questo album ha pregi e pecche come ogni cd di questa band, eccetto lo storico Zimmer 483, al quale tutti i fan sono legati e lo etichettano come l’opera madre .
A primo ascolto, un po’ per l’emozione un po’ per altre cose non sono riuscita ad inquadrarlo bene, ma mi è piaciuto subito, questo è certo. Tuttavia le opinioni che ho espresso in nove minuti di messaggio vocale alle mie amiche sono ben altre rispetto a ciò che scriverò qua sotto.
Per capire bene i pezzi, infatti, consiglio di ascoltarlo un paio di volte. Qua non si parla più delle canzoni acchiappone di Zimmer o Humanoid, che al primo ascolto già si vola: Dream Machine richiede un bel po’ di attenzione per essere ben compreso.
 Per quanto riguarda i pregi, comincio dicendo che le sonorità siano la prima cosa che mi ha colpito; se in Kings Of Suburbia c’era un accozzaglia di generi un po' elettronico, un po’ pop, un po’ dubstep, un po’ rock e non si capiva dove andassero a parare, qua finalmente hanno scelto un settore e basta.
Chiaro, c’è chi ha apprezzato di più l’eccessiva varietà di generi di Kings Of Suburbia, reputando questo album monotono e che le canzoni si confondano l’una con l’altra.
Ma il mio orecchio attento, ahimè, non la pensa così.
Mi piace il fatto che ogni canzone abbia comunque un mood molto più cupo, quando nell’album precedente, tolta qualche perla, c’erano cos'è troppo allegre per il mio gusto personale.
Qua l’album sembra aver scelto un genere misto fra musica elettronica, pop e che vada verso il darkwave. Una versione frociarola del darkwave ecco, un gaywave.
Per quelli che conoscono il genere e stanno per lanciarmi i sassi, alzo le mani al cielo: in Germania sono bravi a fare quello, che lo si associ al pop, al rock o al metal.
Quasi tutti i brani sono in minore, cosa molto gradita.
 Un altro punto di forza di questo cd sono le linee vocali: molto orecchiabili, le senti una volta e automaticamente le impari. Non te le togli più dalla testa, anche se alcune sono un po’ ripetitive, ma credo che quella sia una costante di ogni tormentone che si rispetti.
Non mi hanno fatto granché impazzire i brani con troppi effetti sulla voce (tranne una di cui vi parlerò dopo), anche perché per quanto Bill Kaulitz non sia Freddy Mercury e la sua tecnica vocale sia quasi inesistente, il suo timbro o lo ami o lo odi.
Il punto è che se lo ami sei fottuto, fine.
A mio gusto personale è veramente sexy, un po’ “strappalacrime” in alcuni punti.
Ma io ovviamente parlo da fan, non sarò mai totalmente oggettiva su questo, nemmeno fra un milione di anni!
 Altra cosa bella è stata che finalmente si sono autoprodotti per davvero , con l’aiuto della Sony, e non per finta: il nome di Tom Kaulitz è onnipresente nei credits, quindi merita un applauso bello grosso!
 Se posso aggiungere, infine, una cosa che ho trovato molto geniale è la semplicità dei pezzi. Oggi giorno quelli che fanno i grandi cultori di musica giudicano sfigati chi non ha perfezione tecnica o non sa comporre un riff di chitarra in 12/8 a 200 bpm.
È li che sbagliano.
La semplicità la sanno eseguire tutti, è vero, un giro di do e un quattro quarti sono una vera cagata, ma il punto è: vi siete mai chiesti perché questi brani funzionano?
Perché è l’interpretazione che rende vincente il tutto. Una cosa semplice con una bella interpretazione può suonare molto meglio e caricare molto di più di una composizione mega complessa che però risulta piatta all’ascoltatore.
Io penso sempre che i cd non siano dei saggi di composizione, i cd devono respirare, l’artista deve comunicare con l’ascoltatore e se il linguaggio è semplice e con carattere allora l’ascoltatore sarà molto più in grado di capire e sarà più attento è coinvolto.
La semplicità è una caratteristica dei Tokio Hotel dai tempi di Durch den Monsun e se li ha fatti vendere un casino di dischi c’è sicuramente un perché.
 Veniamo ai difetti.
 La prima pecca di questo cd è sicuramente il lessico. I testi fanno chiaramente capire che nonostante i gemellini vivano in America da ben sei o sette anni e lavorino con madrelingua  e parlino tutti i giorni in inglese, il loro linguaggio è rimasto un po’ troppo scolastico e cade nel banale, tranne per qualche frase semplice ed effetto.
Avrei suggerito di lavorare per lo meno con un autore: lo hanno fatto per anni, non gli avrebbe fatto meno onore farlo anche questa volta.
 Altra pecca è il numero di tracce: dieci. Come fai a far uscire solo dieci tracce in tre anni se fai solo quello di mestiere?
Quarantuno minuti di musica ti lasciano un po’ l’amaro in bocca e nonostante l’ultimo brano chiuda perfettamente l’album e alcune tracce durino parecchio, la tua testa a fine cd pensa “E ora? È già finito?”
 Altra pecca, ma questa è una cosa più di immagine, lo shoot del cd.
Onestamente non vado matta per i loro outfit, non riesco sinceramente a capire cosa centrino col sound in generale. A differenza della copertina che rievoca parecchio “Stranger Things” e che comunque fa passare ognuno di loro come un personaggio di un film, questa cosa negli shoot interni si perde parecchio (anche se adoro lo scatto a centro del libretto). È un peccato, perché è fin dai tempi di Schrei che hanno questa immagine, ossia che ognuno di loro sembri un personaggio di una fiction.
 Ma passiamo ai brani.
 Si apre con l’atmosferica Something New, che penso sia il brano più curato di tutto l’album. Se gli altri pezzi sembrano un po’ scritti in fretta, qua la questione proprio non traspare.
In sol bemolle minore, tonalità non troppo comune nel pop, lentamente comincia con un intro creato da synths molto cupi, che sembrano quasi alieni. Ci trasporta, insieme alla voce di Bill, carica di riverbero tanto quanto probabilmente Enya ai tempi d’oro, dentro il mondo di Dream Machine. Un mondo astratto, dove l’aria che si respira è completamente diversa da quella degli altri cd. Non ci sono altri termini per descrivere questo pezzo, se non atmosferico perché è proprio quello che è: un ouverture che piano piano si carica sempre di più di strumenti ed effetti elettronici fino ad un apex strumentale, accompagnato da qualche acuto della voce. I colori di questo brano rispecchiano perfettamente il video musicale: un deserto, i colori della terra, anche se io ci vedo molto spazio e molta oscurità dentro, soprattutto nella prima parte.
  Boy Don’t Cry è il vero apripista di Dream Machine, una traccia in re minore molto dance, con un simpatico arpeggio funky nelle strofe. Una canzone tutta per ballare o per fare sesso, non saprei, perché istiga a entrambe le cose. Punto di forza di questa canzone è soprattutto il riff di tastiera presente due volte: carico e deciso, adatto proprio al limone in mezzo alla pista della discoteca. La voce qua è molto elettronica e carica di autotune, ma penso che ci stia tutta, compreso il falsetto quasi innaturale di Bill.
Molto particolare e sensuale il bridge: un piccolo drop che sicuramente dal vivo sarà interessante ascoltare. Nel testo, in quel punto, invece di “she took me dancing” hanno piazzato il verbo in tedesco (“she took me tanzen”) e probabilmente ciò evidenzia il fatto che si tratti di un’avventura in Germania. Per quanto riguarda le lyrics un po’ ambigue,  sembra che parli dell’avventura con una ragazza(?!!?) tedesca, forse una friendzone… La cosa bizzarra è che questa traccia credo sia la più gay di tutto il cd. Quando mi è stato riferito che forse loro sono intenzionati a fare un video musicale su questo brano, la prima cosa che ho pensato è stata Bill a strusciarsi in mezzo a seimila corpi palestrati e lucidi di olio, non di certo ad una bella bonazza che balla nuda la lap dance. Ma questi sono dettagli miei... Questo pezzo può piacere o non piacere, ma nel mio caso è definitivamente un si, dato che tira fuori la stripper che c'è in me.
  Il terzo brano del cd è Easy, che a primo ascolto non avevo apprezzato appieno, anzi, non mi era particolarmente rimasto. Tuttavia, dopo la terza volta che l’ho sentita, questa è diventata una delle tracce che apprezzo di più. Qua siamo sul pop elettronico classico, con la bella cosa che si sentono un po’ di strumenti veri, anche se distorti negli effetti , in la minore. Poi modula alla sua relativa maggiore nel ritornello, cosa carina per conferire un pelo in più di malinconia al cantato, ma allo stesso tempo gioia alla strumentazione, dando movimento alla canzone per evitare che rischi di diventare piatta.
Il testo esprime un’amicizia finita, forse uno dei testi più curati dell’album, espressi con la voce che finalmente sembra liberarsi un po’ di qualche effetto e dell’autotune. Questo brano ha solo due pecche: l’inizio del ritornello che ammazza il crescendo che si crea prima, a fine della strofa e quindi laddove sembra che la canzone debba esplodere invece finisce in calma piatta. Tuttavia recupera benissimo sul “we can't go back now”, melodia semplice che esprime appieno le parole. Queste credo siano le frasi rudimentali, ma che però ti rimangono impresse nella mente e hanno il loro perché su come vengono cantate.
L’altra pecca credo sia l’uscita in fade out che mi sembra un po' buttata lì.
Mi pare di aver scorto nei primi due ritornelli anche un pedale su una nota sola con la chitarra che mi sembra molto figo, irrompe prepotentemente in tutta l’elettronicità che abbiamo sentito finora.
  Rimaniamo in la, ma questa volta andiamo in maggiore e sto parlando del secondo singolo che hanno fatto uscire : What If. L’atmosfera torna ad essere molto sexy e piccante, carica e frizzante,  rispetto alla canzone precedente. Strumenti veri ed elettronici si mischiano in quasi egual misura, mentre il ritornello rimane sempre molto in testa come un martello pneumatico. Il testo ahimè lo trovo un po’ demenzialmente semplice, poi magari dietro c’è tutta la filosofia nichilista sul sesso, però non è quello che ho colto io. Già dal primo ascolto in preview, nella mia testa percepivo tanti colori ed è quello che effettivamente ho visto nel loro videoclip: un arcobaleno di luci mentre loro sono immersi nella natura, una giungla di foglie. Che volesse rappresentare l’istinto animalesco e notturno di chi è a caccia di avventure? Non ne ho idea.
Però è stata un’ottima idea usarla come singolo, mi sembra la traccia del cd più indicata per riavvicinare il pubblico alla loro musica, anche perché è estremamente orecchiabile, più di tutte le altre, credo.
 Il mood si trasforma completamente con la traccia delle ansie: Elysa.
Molte la amano, molte la trovano moscia, io sono esattamente a metà. Non che la trovo moscia, anzi, però c’e una parte di me che non la apprezza completamente o non mi ha ridotto in lacrime come ha fatto con molte altre fan. Qua si legge la palese inclinazione per Adele da parte di Bill : siamo in fa minore, tonalità della famosissima Hello, e finalmente si decide a tirare fuori un po’ di qualità vocali, immerse in un’atmosfera veramente da “emo”. Io vedo colori scuri, viola, nero, blu notte… mi sembra di nuotare in un mare di emozioni negative che pian piano mi trascinano verso il basso, ed è per questo forse che questa è una delle tracce che sento di meno quando magari sono sull’autobus. Fantastico il bridge e l’ultimo ritornello, con un bell’acuto che cerca con tutte le sue forze di strappare le lacrime dagli occhi dell’ascoltatore. Il testo ora è leggermente ambiguo fra lutto e rottura: sembra parli di un amore finito, ma da come ne parla sembra quasi funereo, quasi come se la ragione per questa canzone sia proprio morta davvero.
L’autotune sulla voce, grazie a Dio, è quasi del tutto assente, forse per rendere la veridicità delle emozioni senza artifizi elettronici.
Musicalmente anche questa, come Something New, è una delle tracce più curate anche sotto l’aspetto musicale: bellissimi tutti i crescendi che vanno al contrario rispetto alla voce quando invece è quasi ridotta a un sussurro (“scars were bleeding” etc etc), e i giri di tastiera velocissimi è un po’ bachiani (che cazzo ho detto….).
  Rimaniamo in minore ma ci spostiamo in la, respirando un’aria completamente diversa, quasi sognante, con la traccia che porta il titolo dell’album: Dream Machine. Non a caso è il secondo brano più lungo del cd e qua risentiamo un po’ di chitarre funky e riff di tastiera molto orecchiabili. Questo brano, tuttavia, mi sembra creato sulla falsa riga di Covered in Gold dal precedente album: la sonorità è simile, ma se in Covered in Gold abbiamo drop elettronici al massimo, acuti e momenti di intensità, qua si respira solo tranquillità, non c’e una gran tensione vocale. Musicalmente ci sono dei punti di climax, vocalmente un po’ meno, credo che forse il punto di massima tensione sia quello dove la strumentazione è assente e dove finalmente Bill canta in voce piena e non con quel colore un po’ sussurrato è un po’ atmosferico. I colori di questa canzone sono decisamente meno intensi di Elysa : rosa tenue, arancione pastello… Un tramonto sulla spiaggia di Los Angeles con un bel cocktail di frutta in mano, il perfetto cielo color zucchero filato, quindi sembra quasi introdurre la traccia successiva.
Non è uno dei brani che mi ha fatto più impazzire, anche il testo lascia un po’ a desiderare, però non è brutto .
L’argomento all’inizio sembra sempre un amore finito, poi però una parte  suggerisce che parli della band, che finalmente ha cambiato sonorità, che sono persone nuove, non sanno che direzione avrà la loro musica ma non ritorneranno sui loro passi. La frase che rimane più in testa è il “Let’s get High” che si sente e risente cento volte in tutta la canzone, così tanto che rischi di rimanere fatto all’ascolto. Ma credo che ci stia: già l’atmosfera del brano è di per se molto delicata, l’idea della marijuana conferisce ancora più questa idea di rilassamento e trascendenza.
  Cotton Candy Sky è esattamente un tono sopra alla traccia precedente, ma sfortunatamente è cento scalini sotto tutte le altre tracce a mio giudizio. Se l’introduzione promette bene, purtroppo il resto della canzone non è così. È carina, orecchiabile, ma non corrisponde granché al mio gusto personale. Gli effetti sulla voce qua sono tremila, al punto che Bill nel ritornello sembra più una tastiera dotata di parole, eccetto il “we ain’t gonna get no sleep” che invece mi è piaciuto molto e tira fuori tutta la sensualità che questa canzone merita di far sentire sia nella voce che nella base. Bello anche il bridge munito di “battimani”, conferisce  groove e movimento.
Se i New Order avessero deciso di fare una traccia con Justin Timberlake e Immanuel Casto, questo probabilmente  sarebbe il prodotto finale: come ho già detto, potremmo chiamarlo gaywave.
Tuttavia, in generale, prediligo la base della canzone più che il cantato che un pochettino annoia.
Il testo sembra parli di un’avventura con un uomo ma io ci leggo, per quelle maliziose  che seguono il movimento, un po’ di twincest: Bill ha avuto le sue delusioni d’amore, Tom ha divorziato… Entrambi realizzano che non potranno mai avere una vita sessuale ed amorosa finché hanno l’un l’altro e sono costretti ad end up alone. E poi, guarda  caso, quel Cotton Candy Sky è nato dalle foto che postava Bill su Instagram nei giorni in cui lui e Tom hanno fatto questa fuga romantica di compleanno…. Coincidenze? Io non credo.
Vabbè, fangirling a parte, andiamo avanti.
 Se la canzone di prima non mi aveva fatto impazzire, questa invece mi ha fatto salire la pelle d’oca. Better si apre con un arpeggio al pianoforte in re minore, con un bell’effetto di cd antico messo sul giradischi. Costruita fondamentalmente su tre accordi, è uno dei brani più vincenti di Dream Machine, si stacca dal sound totalmente elettronico, tirando fuori un po’ l’atmosfera dark che si respirava ai tempi di Zimmer e Humanoid. L’unica pecca di questo brano è purtroppo il ritornello, non perché sia brutto, anzi, ma perché è un’autocitazione bella e buona. Tenete presente Stormy Weather, tratta proprio dal loro cd precedente, e poi ascoltate questa e capirete che sono parenti stretti, sono gemelli, proprio come Bill e Tom: Stormy Weather è più dubstep e carica, Better più malinconica e sentimentale. Ma le note del ritornello sono quelle, fine, non ci stanno santi.
La voce finalmente è scarica di autotune praticamente del tutto, ha corpo ed è un pugno allo stomaco, malinconica e rassegnata nelle strofe, speranzosa e piena di forza nei ritornelli.
Le strofe mi ricordano vaghissimamente Valentine’s Day dei Linkin Park, ma questo è solo un mio sentore.
Interessante la base di strumenti, mi sembra di sentire una sorta di fisarmonica elettronica e la trovo una scelta particolare. I synth associati agli accordi del pianoforte anche quelli sono davvero splendidi, tutto l’insieme mi ha fatto venire i brividi. Il testo parla sempre di una rottura, una versione un po’ più poetica del detto “meglio soli che male accompagnati”. E come dargli torto, povero Bill.
  Se in Dream Machine sentivo sapore di Covered in Gold, in questa As Young As We Are sento un po’ Dancing in The Dark. Spaziale e carica, ci abbassiamo di mezzo tono dal brano precedente (do diesis) e anche se è un po’ ripetitiva, anche questa è una delle tracce vincenti dell’album a mio parere personale.
Dark, i synth e le chitarre rendono un mood quasi rock, interrotte da qualche break di solo pianoforte.
Spero di sentirla live, perché questo mi sembra uno dei perfetti pezzi da concerto, il ritornello da cantare con un coro da stadio, con tanto di accendini accesi. Orecchiabile, non troppo allegro per quanto il testo mandi comunque messaggi positivi e spensierati alla Leb Die Sekunde. Il beat della canzone incita sempre di più a muovere il capo, senza entrare nell’eccesivo mainstream.
Il testo mi sembra un po’ buttato lì, ma ha il suo perché, forse proprio per la spensieratezza del messaggio stesso della canzone: velocità del viversi la vita di tutti i giorni, senza fermarsi ai momenti di dolore.
 La chiusura veramente strappalacrime sta nel brano Stop, Babe. Anche questa è una costante dei Tokio Hotel e anche questa volta non hanno cambiato le tradizioni, chiudendo l’album con un brano triste ma con un messaggio felice: prima Unendlichkeit, poi An Deiner Seite (By Your Side),  poi Zoom (into me), poi Great Day e ora questa.
La scelta della tonalità credo sia strettamente connessa al testo, molto bello anche se mi ha lasciato un po’ perplessa questo “in your kitchen lights”: parla di due persone, una delle due, la voce narrante (o meglio cantante) è una persona che ha sofferto per amore in passato e non è pronta a fare il passo successivo ma ad una certa ce la fa perché è la cosa più giusta da fare, quella di lasciarsi andare alle emozioni positive di questo nuovo amore.
La scelta di un brano in maggiore ( mi) come chiusura dell’album è bella anche perché fino ad ora la stragrande parte dei brani in minore ci hanno comunque tenuto in un’atmosfera cupa, triste e di sofferenza. Questa è la luce in fondo al tunnel del dolore, quindi sensatissima oltre che bellissima. Dà un messaggio di speranza fra synths elettronici mescolati a strumenti veri (che finalmente prevalgono!), la voce senza tanti effetti, eccetto un po’ di riverbero che ci sta perfettamente, conferisce profondità ed importanza al testo.
La mini pecca è forse la frase che introduce il ritornello, dato che come melodia ricorda un po’ The Reason degli Hoobastank ( creatività cercasi, mannaggia a Tom!), ma per il resto è un brano davvero che rende.
Adoro il finale con le più voci a cappella che si mischiano fino ad essere una voce sola con la frase che tutte le fans a fine di questo cd penseranno della band: “nothing’s better  than you.”
  Quindi ricapitolando:
 Tracce Top: Better, Stop, Babe, Something New, As Young As We Are, Boy Don’t Cry.
Tracce MEH.: Easy, What If, Elysa, Dream Machine
Tracce Nope: Cotton Candy Sky
  Concludo dicendo che so di essere stata un tantino prolissa, ma dovevo sfogarmi! Ormai questo album so che sarà un loop continuo almeno fino ai giorni delle date italiane e non sono l'unica a pensarla così. Ho alcuni amici che comunque non seguono i Tokio Hotel e hanno apprezzato davvero questo disco, quindi spero di riavvicinare alla loro musica un po’ di persone con questo post!
Concludo facendo un grosso applauso a loro perché nonostante non avessi grandi aspettative, mi hanno reso felice e hanno colpito nel segno un’altra volta.
 Bravi ragazzi, sehr gut!!
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beautyscenario · 4 years
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In occasione del lancio della nuova collezione di fragranze di Le Couvent, di cui Jean-Claude Ellena è direttore creativo, ho intervistato il famoso scrittore di profumi per parlare di giardini, profumi, anosmia e…
Non esiste appassionato di profumi che non conosca Jean-Claude Ellena. Allievo di Roudnitska, uno dei maestri indiscussi della profumeria, Monsieur Ellena ha firmato creazioni indimenticabili, e grandi best seller, per importanti maison di fragranze e brand di nicchia. L’anno scorso ha sorpreso tutti diventando il Direttore Creativo di Le Couvent un brand d’alta profumeria, ma dal prezzo accessibile, con oltre il 99% di ingredienti naturali. In occasione del lancio delle nuove fragranze ho intervistato Monsieur Ellena e abbiamo parlato di profumi, giardini, libri che tiene sul comodino e molto altro ancora….
Photo: courtesy thecut.com
Jean-Claude Ellena e Le Couvent
Questo é un nuovo capitolo della sua vita: da maestro profumiere a Direttore Creativo. Ci parla di questo suo ruolo?  Diventare direttore creativo ed essere, allo stesso tempo, compositore di profumi  è un ruolo nuovo nel settore. Che io sappia nell’industria nessun direttore creativo è anche naso. In quanto committente il profumiere che è in me deve farsi da parte perché venga fuori lo stile del profumiere a cui è stata commissionata la creazione del profumo. Come direttore creativo aspetto sia il naso ad attivarsi e, a partire dalle sue proposte, mi prendo il tempo necessario per rispondere. Il mio gusto è diverso dal suo, le sue preferenze non sono le mie. Io lo aiuto a rendere più preciso quel che desidera esprimere, a trovare il gusto del suo amore, perché possa dare il meglio di sé. Quanto ai costi non saranno mai l’elemento determinante di una scelta di una fragranza, rispetto ad un altra.
Lei non ha mai fatto mistero che ama lavorare al silenzio, con il canto degli uccelli come sotto fondo, e in compagnia solo di un assistente. Immagino che da quando è Diventato Direttore Creativo di Le Couvent le sue abitudini saranno cambiate. No, non così tanto. Una volta partita la commissione, ricevo via posta le proposte. È al telefono, ma soprattutto per posta, che avvengono gli scambi. Possono essere tecnici, ma più spesso discutiamo di estetica.
  I nasi che lavorano alla creazione delle fragranze, sotto la sua direzione creativa, sentono il peso della sua fama? Certo, e mi dispiace. Mi è successo di ricevere come complimento: lavorare con lei è stata una “master class”. 
Come sono stati scelti i nasi? Sono noti o emergenti? Alcuni sono dei profumieri esperti, altri giovani e promettenti. A seconda dei nasi mi devo adattare. Quelli più esperti hanno il loro “savoir-faire”, sono degli artigiani legati al loro sapere e meno flessibili. Al contrario i profumieri più giovani si aspettano molto dalla mia direzione, così come io mi aspetto molto da loro.
Ho letto che del progetto fa parte anche sua figlia Celine, con cui aveva già lavorato. Quanto di Jean-Claude c’è in Celine come approccio e modo di lavorare? Si rivede in lei? Lavoriamo assieme nello stesso luogo, nello stesso laboratorio. Credo ci sia uno stile “Ellena”, che è un modo di vedere, di sentire, di intendere, di creare profumi, che si basa essenzialmente su una collezione di materie prime di qualità, un lessico personale, non troppo elaborato ma che, grazie a questa economia di risorse, permette di esprimere un’emozione sincera e una lettura facile dei profumi.
Come é possibile essere un brand di ‘nicchia’ ma con un posizionamento accessibile come Le Couvent? Come collezionista di quadri ho sempre prediletto gli acquerelli ai dipinti ad olio. Nei primi c’è una sensibilità emotiva che mi tocca, mentre gli oli sono conservatori. Il “niche brand” sta all’acquerello come i quadri a olio stanno alle grandi marche.
Il giardino come tema ricorrente nella carriera di Jean-Claude Ellena 
Il giardino è un tema ricorrente nella sua carriera; dalla collezione firmata per la maison di cui è stato “parfumeur exclusif”, alla rosa del giardino di Edmond Roudnitska, che ha ispirato una delle sue ultime creazioni. Online ho trovato, tradotto e pubblicato sul mio sito, un bellissimo articolo. In esso dispensa consigli su come creare un giardino ispirato al mondo dei profumi. Il suo giardino rispecchia la sua professione ed è ricco di piante dai mille profumi o?   Il mio giardino non è quello di un profumiere. Non coltivo gelsomini, rose, tuberose o fiori d’arancio. Per dimenticare il mio lavoro, prendere una pausa, ho creato un giardino in tre colori: bianco, blu e un pò di rosa. Questa scelta si è imposta perché i fiori bianchi e soprattutto i blu sono rari, quindi permettono di conoscere meglio le diverse varietà e di avere un risultato ottimale. Torno pertanto alla nozione di stile, di semplicità, per avere un giardino leggibile.
La collezione Colognes Botaniques Absolues ci porta alla scoperta di giardini leggendari. Per lavoro presumo ne avrà visitati diversi. Mi piacerebbe sapere se c’è qualcuno in particolare che l’ha maggiormente colpita. Tra i giardini maestosi, quello di Alhambra a Granada in Spagna è uno di quelli che mi emozionano intimamente. A tal punto che il primo giorno l’ho visitato due volte e la mattina dopo una terza volta. La presenza dell’acqua, delle ombre, il ritmo. L’armonia dei giardini arabi è la manifestazione di un paradiso terrestre. Quanto ai profumi essi cambiano secondo le stagioni; per il Parfum Aqua Palmaris della Maison de Parfums Le Couvent ho privilegiato il neroli, il fior d’arancio, una carezza orientale.
Jean-Claude Ellena sull’anosmia e i suoi odori preferiti
So che lei non indossa profumi, come molti altri colleghi, ma ci sarà stato un tempo in cui lo avrà fatto. Di quel tempo mi piacerebbe molto sapere il profumo da lei indossato. Non indosso profumi per non essere disturbato quando lavoro su un profumo. È il motivo principale, ma non è l’unico. L’altro è di far riposare il mio naso, perché l’attività olfattiva è quella che richiede più energia al cervello. Agli esordi della carriera indossavo un’Eau De Toilette aromatica creata da mio padre, di cui ero molto orgoglioso.
Tra tutte le fragranze che ha creato quale le somiglia di più? Quale potrebbe rappresentare, in parte, la sua personalità? Tutte, perché ognuna di esse rappresenta un lato della mia personalità che è complessa.
L’olfatto é considerato la “Cenerentola” dei sensi, soprattutto in un’epoca come la nostra. In molti si sono resi conto della sua importanza grazie al Covid, che tra i sintomi può procurare una temporanea anosmia. Ho parlato con diverse persone a cui il virus ha provocato anosmia e tutti mi hanno detto della disperazione provata all’idea di non poter sentire più gli odori. Parlando quindi di olfatto e odori qual è il suo odore preferito? Quello di cui non potrebbe fare mai a meno. Noi esistiamo attraverso il nostro olfatto; non sentire più è terribile perché l’assenza di odori mi accosta agli scomparsi, ai morti. Il desiderio passa attraverso l’odore dell’altro, desiderare l’altro è volere il suo odore. Gli odori più importanti per me sono quello di mia moglie, dei miei figli. Poterli sentire significa saperli vivi e sentirmi vivo io.
Le letture di Jean-Claude Ellena
Qual è il libro tiene sul comodino in questo periodo? Vita di Henry Brulard di Stendhal, che è la sua biografia, pubblicato in Italia da Adelphi (N.d.T.).
C’è uno scrittore che descrive bene gli odori e i profumi? Lo scrittore francese è Jean Giono, da leggere Il ragazzo celeste, pubblicato in Italia da Guanda (N.d.T.). L’autore italiano è Giuseppe Tomasi di Lampedusa, descrivendo la sua infanzia in Sicilia, che servirà al suo capolavoro: Il Gattopardo, pubblicato da Feltrinelli (N.d.T.).
Jean-Claude Ellena: conversazione olfattiva sui giardini, profumi e altro ancora In occasione del lancio della nuova collezione di fragranze di Le Couvent, di cui Jean-Claude Ellena è direttore creativo, ho intervistato il famoso scrittore di profumi per parlare di giardini, profumi, anosmia e...
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tmnotizie · 4 years
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SAN BENEDETTO – Tra i protagonisti del mondo della cultura uno dei primi a muoversi nel momento di emergenza in maniera decisa è stato Mario Vespasiani.
Attraverso un’iniziativa concreta, è riuscito a coinvolgere persone di ogni fascia d’età e luogo geografico, a stimolare e sollecitare all’osservazione del contesto quotidiano, invitando a servirsi della propria fotocamera e facendo un particolare uso dei social network.
L’artista ha concepito un’idea intuitiva quanto efficace, capace di spostare, anche per un solo istante l’attenzione delle gravissime problematiche quotidiane per rivolgerla a cose e prospettive a volte sconosciute ma che appartengono ad ognuno di noi.
Vespasiani ha pensato di creare una serie di relazioni fatte da immagini condivise – come fossero testimonianze dirette sopravvissute alle ansie ma anche alla tanta confusione – chiedendo ad ogni partecipante di esprimere il suo stato d’animo osservando un particolare intimo, uno scorcio del proprio universo domestico che dà origine a una storia personale e a un racconto fino ad ora mai considerato, fatto di forme e colori propri.
Cosa ha dato origine all’iniziativa?
“Per aspera ad Astra (attraverso le asperità sino alle stelle) è una esortazione a non abbattersi di fronte agli ostacoli e alle difficoltà, un motto latino che avevo già in testa da tempo, ma che non avrei mai immaginato compiersi in una simile direzione, se penso al ritmo delle giornate che hanno preceduto la pandemia, sono stato mosso da questa convinzione: l’osservazione di noi stessi e la condivisione di un istante per contrastare la paura, interiore e dell’altro, di un elemento invisibile come di un vicino di casa. Vista tale frammentazione della società ho pensato di ricostruire un ipotetico ed infinito mosaico che si compone tassello dopo tassello, dove ogni immagine è una presenza, una persona”.
E come è nata l’idea?
“L’iniziativa nasce come sentimento di sentimento di vicinanza e di incoraggiamento reciproco, si tratta di una “mappa dell’universo quotidiano” da costruire insieme. Invitando ciascuno a scattare una fotografia originale di un particolare del luogo dove ci si trova a vivere catturando i dettagli astratti e carichi di colore di cui ognuno è davvero protagonista e scopritore. Nel titolo e presente anche un elemento chiave, un gioco di parole che invita a cogliere la forma astratta nelle figure presenti in casa (nel cortile o nel giardino, per chi lo ha)”.
Cosa si aspetta dall’evento?
“Lo scopo dell’evento è sia di sensibilizzare all’osservazione profonda e meravigliata di ciò che abbiamo intorno e che spesso non notiamo, ma anche di costruire un racconto che nasce da una condizione inusuale. Viene richiesta una sola immagine per ciascuno, la quale inizialmente sarà pubblicata in rete e poi con le altre formerà un’opera collettiva a tutti gli effetti.
Per aspera ad astra come dicevo richiama anche un ulteriore elemento significativo, ossia il cercare le forme non subito visibili nel mondo reale degli oggetti, come quando di notte rivolti alle stelle proviamo a unire i puntini e riconosciamo una figura”.
Quali sono le motivazioni che l’ hanno spinta?
  “L’idea prosegue la mia ricerca sull’indagine del mondo interiore ed esterno, dell’infinitamente grande come del minuscolo. Così in un momento tanto delicato, ho pensato di rivolgermi alle persone sparse in ogni angolo del paese, di ogni età e livello culturale, per mostrare la bellezza dello stare insieme, anche solo a livello mentale e poi digitale, facendo forza sulla creatività che non ha limiti, anche quando le più impensabili barriere sembrano scoraggiarla.
Ho fatto questo ragionamento: quando la paura prende il sopravvento va ad intaccare il sistema immunitario, sentirsi di colpo rinchiusi in casa peggiora l’umore e continuare a pensare ai mille pericoli non fa che alimentare l’ansia.
Perciò ho immaginato un evento opposto, in grado di portare a osservare il quotidiano non in maniera cupa, ma curiosa e sorprendente”.
I colori sono stati da sempre il carattere distintivo della sua arte, quanta importanza hanno nella nostra vita?
“Fin dal mio esordio sono stati sempre presenti, in quanto ogni opera richiama una particolare narrazione simbolica, data non solo dai temi ma anche dalle tonalità che gli abbinamenti trasmettono. Mi interessa l’energia che si manifesta attraverso le vibrazioni cromatiche e spesso, anche per via dei grandi formati adoperati, ogni tela ha un effetto ipnotico: si può parlare di cromoterapia, ma è anche altro.
Credo nell’importanza non scontata dei colori, purtroppo ne siamo sommersi e non ci meravigliamo più delle cose ovvie, per questo a ciascun partecipante ho chiesto, di guardarsi intorno ma anche di far attenzione alle sfumature che più lo attraggono, perché nelle cromie come nelle forme astratte, ognuno ritroverà la propria personalità, che poi riconoscerà in mezzo a quelle di tutti gli altri”.
  Ora alcune domande brevi: parla spesso di meraviglia, quanto conta questo modo di guardare il mondo?
  “La ricerca dello stupore suscita curiosità e questo moto che parte dall’interno, combatte non solo l’invecchiamento della mente, ma anche dello sguardo, da cui poi deriva una conclusione o peggio un giudizio, che per molte persone su certi argomenti, è definitivo”.
Il suo progetto è aperto a tutti?
  “Certo, è proprio quello lo scopo: alimentare la partecipazione per me significa allenare la mente, ossia adattamento e nuove condizioni di confronto. Non importa se non hai mai fatto questa cosa, conta l’approccio, la vitalità, la voglia di provarci.
Stiamo tutti affrontando una difficoltà che ha cambiato il nostro stile di vita e forse il nostro modo di vivere futuro? Vediamo allora se è possibile creare già da ora un altro punto di vista”.
Ma gli assalti d’ansia riusciranno a farcelo trovare?
  “La condizione umana fin dall’origine ha in sé una simile agitazione, data dal ciclo naturale degli eventi: nascita, crescita, morte e di quest’ultima mi sembra che avevamo escluso il senso e l’insegnamento già prima della pandemia, presi dall’accumulo e dalla distrazione”.
  Avevamo perso il contatto col dolore?
  “Esatto, infatti la frase: “tutto andrà bene” mi sembra sia diventato il motto scaramantico degli ingenui, di chi non si è mai interessato al mondo reale ma solo al proprio tornaconto. Abbiamo dimenticato che il negativo, l’ombra, sono parte della vita, presi dall’esorcizzare la paura della fine, che poi è sempre di qualcun altro”.
  Vuole dire che non si esce dall’egoismo?
  “Muovendomi da sempre nel mondo dell’arte ho scoperto fin da subito che l’avidità era la nuova legge e considerato che l’arte anticipa i tempi, l’egoismo oggi lo possiamo classificare come un valore primario, dato dalla solitudine e dalla frammentazione della nostra società, narcisista ed individualista”.
Qual è la sua visione del presente?
  “Vedo una società che ha fatto del guadagno il suo parametro vitale e se questo rallenta il battito, si coglie un senso di annegamento nel vuoto. Tutti di corsa e se poi c’è uno stop non si sa non solo dove andare, ma anche chi si è. Questa crisi la stavano già subendo la teologia, la filosofia e persino l’arte, dove ci sono troppi professori a fare lezione, ma rarissimi maestri”.
Vuole dire che esiste solo lavoro e distrazione?
  “La distrazione è per chi si annoia di quello che fa regolarmente: io amo quello che faccio non mi annoierei nemmeno in una stanzetta da solo, invece di fronte ad un programma di intrattenimento pomeridiano, potrei capitolare”.
  Quindi cosa consigla di fare?
  “Come creatura ho un forte radicamento nella natura e contemporaneamente conservo un saldo appiglio nella tradizione spirituale. Quando ad esempio si capirà l’importanza di un sentimento solidale e della preghiera scopriremo un potentissimo beneficio a livello fisico, che va dal regolarizzare il respiro, al rilassamento della muscolatura e degli organi periferici fino al cuore e ai polmoni, dalla stimolazione dei sensi di apprendimento fino all’attenuazione del dolore”.
Per concludere possiamo dire che questo suo progetto si presenta come una corale opera meditativa?
  “Senza dubbio, l’arte ci chiama ad un sentimento di empatia, ci commuove e libera, ma ci mette anche in comunicazione con qualcosa che al di fuori e probabilmente al di sopra di noi, dobbiamo insegnare la benevolenza e a prendersi cura degli altri. Semplicemente perché il male fa male e il bene fatto ritorna. Dobbiamo allora conservare questo spirito solare e coraggioso ogni giorno, anche quando sarà finita questa emergenze e completato il progetto”. 
Ci può indicare come fare a partecipare e dove trovare tutte le altre immagini?
PER ASPERA AD ASTRA  La visione quotidiana del nostro universo
  Come partecipare: 1) Osserva con attenzione quello che ti circonda in casa. 2) Scopri negli oggetti, nei dettagli, nei profili, le forme astratte che attraggono il tuo sguardo. 3) Aggiungi (se vuoi) nome, cognome e la città dove hai scattato la foto. 4) Invia la tua migliore foto all’indirizzo: [email protected] 5) Le immagini diventeranno parte di questo grande racconto collettivo visibile su Instagram. 6) L’opera crescerà sul web e quando raggiungerà una certa ricchezza e varietà, diventerà reale.
Cos’è un’opera astratta: L’arte astratta è fatta di immagini che esprimono concetti attraverso la combinazione di forme, colori e linee, si ottiene semplificando sempre più l’immagine, fino a renderla irriconoscibile e affidando ai colori e alle nuove forme che si creano altri significati.
Dove vedere tutte le immagini: Instagram – Mario Vespasiani
Altre informazioni: 
www.mariovespasiani.it
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giancarlonicoli · 5 years
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17 NOV 2019 13:11
ARCHEO - I RICORDI (AL VETRIOLO) DI ANTONELLO FALQUI: “MIKE BONGIORNO ERA BRAVO MA ARIDO CON LE DONNE. RASCEL ERA PERFIDO: QUANDO SBAGLIAVA, DAVA LA COLPA AGLI ALTRI. CON NUREYEV VENIMMO QUASI ALLE MANI. ERA LEGGIADRO, MA AVEVA UN CULONE E DETESTAVA ESSERE RIPRESO DA DIETRO - QUANDO GUARDO LA TV DI OGGI MI INCAZZO. GLI AUTORI SONO PATETICI. I REGISTI NON SANNO NEANCHE DA DOVE SI COMINCI. MINA ODIAVA ANCHE ROMA. SOSTENEVA CHE I ROMANI FOSSERO VILLANI. BERLUSCONI, CON MEDIASET, HA INVOLGARITO TUTTO E LA TV DI ANTONIO RICCI È DOZZINALE. QUANDO LO BOCCIAI ALL'ESAME DA PRESENTATORE, BAUDO PARLAVA SICILIANO STRETTO, ERA CAFONE E VOLGARE”…
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Condivido in pieno:  Nella sua tv c'è un paradosso. Nasce a Milano, nella culla della moda, ed è provinciale.
Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano" del 13 aprile 2014
I coltelli d'avorio sono chiusi nella teca: "Una mania di mio padre che li collezionava" perché le armi sono una tentazione: "Non bisognerebbe mai custodirle in casa" e rimandano sempre un sinistro riflesso: "Il regista Enzo Trapani, un caro amico, teneva in bella vista sulla parete le sue pistole. Un giorno più triste di altri ne prese una e si sparò".
A 88 anni, le memorie di chi inventò i varietà televisivi più moderni del ‘900 italiano sfumano in controluce. Dietro tende, libri e velluti, oltre un portone solido come la stretta di mano che concede indifferente al bastone, Antonello Falqui ha smesso di fare i conti con l'età: "Invecchiare disturba, ma avendo iniziato a riflettere sul senso della fine già un quarto di secolo fa, non mi farò sorprendere. Quando lavoravo non lasciavo molto spazio all'esitazione. Allora ero giovane, deciso e con le idee molto chiare. Oggi molto meno. Non mi ricordo i cognomi, i dubbi sono aumentati e i confini tra il bene e il male restano confusissimi".
Seduto su una poltrona, con le Muratti sul tavolo: "Ne fumo 15 pacchetti alla settimana" e una consapevole, impressionante somiglianza con Aldo Grasso: "Me l'hanno detto, non hanno torto", Falqui ritrova le costellazioni del suo passato solo a tarda notte. Quando: "La robaccia che propongono in tv evapora" e alle ore più improbabili, nel silenzio, sugli schermi clandestini dei canali tematici passano buchi neri e asteroidi, meteore, stelle e frammenti di Canzonissima, Studio Uno e Milleluci: "Le trasmettono di nascosto, alle 3 di mattina e li capisco.
Era un'altra tv. Un'altra civiltà. Un'altra cultura. Non vogliono avere raffronti". Pausa: "Altrimenti la gente penserebbe ‘ma si sono rincoglioniti?'". Pianeti lontani, figli di una Rai in cui lavoravano Flaiano e La Capria: "Come i suoi coetanei, Dudù venne via da Napoli perché lì non si può fare niente. La città è magnifica, ma in sincerità, che si combina a Napoli? A sud amano esagerare. Mettono al mondo 10 figli, poi la vettovaglia scarseggia e alla fine si trovano male. La filosofia è generosa, non troppo meditata".
A Roma: "Peggiorata, imbarbarita, ancora bellissima", in una famiglia "con qualche ristrettezza economica", da unico erede di sua madre "Alberta, casalinga e di Enrico, critico letterario" Falqui ha sempre abitato. "Se si esclude un lampo milanese all'inizio dei '50, non l'ho mai lasciata. Con i miei abitavo in Via Giulia, di fronte a Ponte Sisto. All'inizio di quei portici, vivevano Carlo e Mario Verdone, mio insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia. Era un uomo sapiente e buonissimo, promuoveva tutti".
Promosse anche lei.
Iniziai nel cinema. Aiuto regista di Curzio Malaparte e poi di Anton Giulio Majano nel primo orrendo film da attore di Mastroianni. Marcello era meraviglioso. Simpatico. Nelle pause ci raccontavamo l'infanzia.
Come arrivò in televisione?
Sandro Pugliese, il direttore dei programmi della Rai di allora, era molto amico di mio padre. Si lamentava: "Ho solo verbosa gente di teatro qui. Teorici e parolai. Non c'è nessuno che curi l'immagine". Non me lo feci ripetere e corsi a Milano per sperimentare. Firmai da regista la prima trasmissione in assoluto della tv di Stato. Si intitolava "Arrivi e partenze". L'esordio di Bongiorno. Mike intervistava personaggi celebri in partenza.
Era il gennaio del 1954.
Bongiorno nel mestiere era bravo, ma un po' arido con le donne. Non le trattava bene. Stava con un'attrice, Flora Lillo. Andavamo a sciare al Sestriere. Lui partiva per conto suo e la abbandonava nella baita, tristissima.
Che televisione era quella dell'epoca?
Non volevo alfabetizzare il Paese come il maestro Manzi, ma solo intrattenerlo con grazia ed eleganza. Così provai a trasformare la tv e spostai in quel contenitore il teatro di rivista, già declinante all'inizio degli anni '50. L'avanspettacolo lo conoscevo bene. Facevo sega a scuola per andare a vedere Rascel al Bernini. Era fantastico. Evadeva dalla classica corrente del comico. Accostava arditamente, osava, rischiava. Poi certo, come tutti i bassi e i brutti, era cattivo.
I bassi e i brutti sono cattivi?
Non è determinismo, è la verità. Prenda Brunetta, non è forse cattivissimo? Rascel, cresciuto nei teatrini felliniani, sui palchi della Barafonda in cui il pubblico era indisciplinato e se non gradiva il numero ti tirava addosso un gatto morto, era proprio perfido. Quando sbagliava, dava la colpa agli altri. Una volta con Garinei e Giovannini dimenticò la parte e invece di scusarsi se la prese con l'uomo che azionava le luci: "O lui o me" gridava.
A lei capitava di litigare?
Raramente. Con Nureyev però, faccia a faccia, venimmo quasi alle mani. Era leggiadro, ma aveva un culo molto grosso e detestava essere ripreso da dietro. Gli spiegai che seguire un ballerino che volteggia senza immortalare le terga era impossibile, ma quando si rivide, perse la testa, si incazzò e gettò un cappuccino caldo sul monitor. I cameraman commentarono ad alta voce: "Anvedi questo". Poi si avvicinarono truci. Lo volevano ammazzare. Io anche.
Lei aveva fama di decisionista.
Ero duretto, ma sapevo farmi voler bene. Ai miei tempi l'autore non entrava in studio. Che mettesse becco sulla scaletta poi, era impensabile. Mi occupavo di tutto. Scene, costumi, testi. Quando guardo la tv di oggi mi incazzo. Gli autori sono patetici. I registi non sanno neanche da dove si cominci. Fanno solo stacchi, per lo più sbagliati.
Lei con Mina non si sbagliò.
La conobbi per la prima volta nel Musichiere condotto da Riva. Un capitolo era dedicato agli urlatori. Lei e Celentano uscivano dalle ombre di un Juke-Box. Capii che c'era un talento insuperabile, una strada fantastica da percorrere insieme. Nessuno è stato o sarà mai più come lei.
Fu difficile incanalare il lampo?
La rassicuravo. Mina odiava il pubblico e la routine. Quando andava alla Bussola doveva passare attraverso un corridoio. Ai lati, due file gonfie di assalitori che la toccavano e allungavano le mani. In realtà odiava anche Roma. Sosteneva che i romani fossero villani e un po' aveva anche ragione. I paparazzi prendevano i numeri di targa, ci seguivano, rompevano le palle. All'epoca della nostra storia d'amore ci costrinsero a emigrare.
Mina non amava l'aereo.
In viaggio eravamo felici. Se ne fregava. Andammo in Jamaica. Da New York a Montego Bay. Poi, sbarcando da un volo minuscolo, atterrammo sulla punta estrema dell'isola. Al Frenchman's Hotel credevamo di essere soli. Ci fecero firmare il registro degli ospiti. Leggemmo il nome di 10 conoscenti. Eravamo affranti: "Non si può stare in pace neanche qui".
Ha amato molto in vita sua?
Ero un infedele, un convinto libertino, mia moglie ne ha passate di tutti i colori. Noi libertini ci riconoscevamo alla prima occhiata, eravamo quasi una setta, con i De Sica ci capivamo al volo. Il lavoro non mi aiutava a dimostrarmi retto. Si creavano situazioni imbarazzanti. Ai 2.000 metri del rifugio di Passo Pordoi, in una baita che è la metà della stanza in cui conversiamo adesso, io e Letizia Della Rovere, fedifraghi, pensavamo di essere al riparo. Entrammo e ci sorprese Pino Calvi, il maestro di musica: "Signori qual buon vento vi porta fino a qui?".
Anche Mina è stata un tuono. Finita la tempesta già non c'era più.
Ritirarsi a 35 anni, sulla soglia della maturità, al comparire della prima ruga per conservarsi bella fino all'ultimo istante, mi è sempre sembrato un peccato di vanità. Lo hanno fatto solo lei e Greta Garbo. Non ci sentiamo da 25 anni, siamo due timidi e forse non sapremmo neanche cosa dirci. Ma è meglio così. È bellissimo proteggere il ricordo delle persone amate. Riscoprirlo immutato. Mai avuto una discussione con lei. Uno screzio. Si fidava. Si faceva servire.
Si favoleggiò sulla sua rivalità con Raffaella Carrà.
Menzogne. Erano amiche. Mina metteva a proprio agio chiunque. La Carrà comunque è la donna più determinata che abbia mai visto. Una combattente mostruosa. In Milleluci, Mina era una diva senza pari, ma Raffaella riusciva ad avere lo stesso gradimento. Provava fino all'alba, era animata dal fuoco sacro. Alla prova dei fatti, non sbagliava una virgola.
Prima di Milleluci, ci fu Studio Uno, eredità di una trasvolata americana.
Mi nutrii del know-how americano, ma loro ricambiarono le attenzioni. Studio Uno era settimanale. A New York erano stupiti. Per fare una cosa del genere impiegavano un anno. Intuii che per creare straniamento bisognava rinunciare alle scenografie, immaginare uno studio vuoto in cui il fondale combaciasse con il movimento, esprimersi in un altro modo disegnando un'oasi di bianco che con gli attori vestiti di nero producesse un contrasto. Mettere luci e microfoni in scena. Con Garinei e Giovannini discutemmo. Venivano dalla rivista, dal Rugantino, da un'accozzaglia di scene, dai colori forti. Si guardavano intorno e non capivano: "Ma è vuoto".
Fatica e costi esorbitanti?
Balle. Le leggende fanno il loro corso, ma non hanno senso. Allo spettacolo lavoravamo 6 giorni alla settimana. La domenica era libera e le spese erano poco più alte della media. La differenza era nella qualità. Quando Mina canta la sigla della rubrica "È l'uomo per me" sull'aria della sua canzone, tra i pretendenti ci sono Mastroianni, Cervi e Gassman. Una cosa seria.
Con Gassman eravate in buoni rapporti?
Dopo Randone, era il più grande attore italiano di sempre. Aveva avuto 5 mogli, denaro, plauso critico e successo, ma era afflitto da preoccupazioni minime: "Non sono più come una volta, sto perdendo la memoria e decade anche il fisico". La chiamava depressione, ma io non riuscivo a spiegarmela con razionalità. Una sera per convincerlo che si trattava di sciocchezze tenemmo aperto un ristorante fino alle 5: "Tutti possono essere depressi tranne te" arringavo. "Sei alto, bello, intelligente. Andiamo, Vittorio mio, tu dalla vita hai ricevuto tutti i doni".
Le molte mogli erano anche il sintomo di un'inquietudine profonda?
Vittorio, almeno in parte, somigliava a Bruno Cortona, il suo personaggio del Sorpasso. Era duro e istintivo, ma buono. Mai come Chiari. Un pezzo di pane morto senza una lira perché i soldi preferiva darli agli altri. Non aveva alcun senso del denaro, Walter. Era un prìncipe. Una persona che sapeva conquistare Ava Gardner e rialzarsi dopo una caduta. Quando venne coinvolto in un'infondata storia di cocaina con Lelio Luttazzi, ne uscì benissimo. A Lelio, per dire, quella vicenda rovinò completamente l'esistenza. Non lo aiutò nessuno. Una vergogna.
Censure dell'età democristiana?
Neanche mezza. Ettore Bernabei, il più grande dirigente della tv pubblica di sempre, probabilmente l'unico, era un vero signore. Parco, sobrio, discreto. Mai una parola su calze a rete, gemelle Kessler, ospiti o sketch. E sì che Bernabei era un democristiano sfegatato.
Lei lavorò anche per Filiberto Guala, amministratore delegato della Rai del ‘54. L'uomo che si presentò con un limpido piano: "Chi sono io? Un moderno crociato chiamato a lottare per il sepolcro della pubblica coscienza e venuto a cacciare pederasti e comunisti".
Uno che a differenza di Bernabei mi i rompeva i coglioni su tutto. Dal Can-can alle luci peccaminose. Si è fatto frate, si immagini la testa che doveva avere. Mi divertivo con altre persone. Con Marchesi, Villaggio, Dino Risi e Fellini, giocavamo sempre al varietà della vita. Ce la godevamo. Quando veniva a trovarmi Federico erano subito mangiate surreali. Lui era sublime. Bugiardo come la peste. Glielo dice anche la Magnani in Roma: "A Federì, va a dormì". Lui le chiede se può farle una domanda e lei rapida: "No, nun me fido".
Fellini era amico di Andreotti. Lei si è mai interessato di politica?
Molto più oggi di ieri. Sono sempre stato socialista, mai votato Pci. Renzi mi sembra volenteroso, ma non so se potrà mantenere quel che ha promesso. Ha molti ostacoli. Grillo era meglio come attore. La politica della distruzione non mi affascina. Lei scrive per il Fatto?
Sì.
Per caso è comunista? Glielo chiedo per curiosità. Il mio rinnovato interesse per la politica prende il via dagli anni '90, dall'avvento di Berlusconi. Il suo arrivo ha radicalizzato i piani. In politica e in tv. Quarant'anni fa, la tv viaggiava in prima classe . Ora è diventata triviale. Berlusconi, con quella Mediaset lì, ha involgarito tutto.
L'ha mai conosciuto?
Per portarmi a Milano mi tenne a colloquio per 3 giorni in un palazzo a due passi dalla Rai. Entravo di nascosto e lo trovavo, preparatissimo, dall'altra parte del tavolo. Aveva studiato programmi, testi e persino inquadrature. Voleva gli spiegassi la tv.
Che impressione le fece?
Era un fenomeno nell'eloquio e aveva certamente un estro non comune. A parlare non lo fregava nessuno e d'altronde, se non avesse avuto talento non sarebbe mai arrivato a fare le puttanate che ha fatto. Detto questo, non avevo nessuna voglia di finire sotto padroncino perché la Rai ha molti difetti, ma almeno il padroncino non ce l'ha. Ha i Cda emanati dalla politica che sono un male, ma un male minore. Così rifiutai un miliardo di lire all'anno per tre stagioni. Era l'83. Berlusconi, incredulo, mi invitò a riflettere: "Porti l'assegno in bianco in Rai e veda cosa le dicono".
Lei lo portò?
Sissignore. Andai da Emanuele Milano, il direttore di Rai1 e lui sbiancò. Si mise le mani nei capelli. Balbettò: "No, aspetta, ora vediamo, adesso risolviamo, ti prometto che cambiamo il contratto". In effetti lo migliorarono, senza però sfiorare neanche lontanamente le cifre di Berlusconi. Nella sua tv c'è un paradosso. Nasce a Milano, nella culla della moda, ed è provinciale. Nel '60 in tv andava Gazzelloni. Oggi vanno le Veline.
Guardi che Antonio Ricci si arrabbia.
Mi dispiace, ma la sua tv è dozzinale e volgare. Non mi piace. Come, esclusa forse Non è la Rai, che almeno aveva l'idea delle ragazzine, non mi piace neanche la tv di Boncompagni. Non si può elevare il nulla a massimo sistema. Il nulla è solo il nulla. È vuoto.
Potrebbero ribattere che la sua è una visione filtrata dagli anni. Una visione che confligge con gli ascolti.
E io risponderei che non c'è prova che alla gente piaccia veramente quella robaccia come giurano i santoni di una certa dialettica molto in voga. Dicono: "Il pubblico vuole questo", ma è una bugia. Solo un espediente per scusarsi e giustificarsi. Il pubblico vuole altro. Basta darglielo. Ma il pubblico va anche allevato, quasi educato. Se gli dai l'immondizia si avvilisce. Si abbrutisce.
Perché ha smesso di lavorare per la tv relativamente presto?
Non c'erano più i miei dirigenti e non c'era più la mia Rai. Quella in cui per varcare il profilo del Cavallo si veniva sottoposti a un esame difficilissimo ed era richiesto il sapere. Oggi dominano incompetenza, cooptazioni politiche e raccomandati. Purtroppo si vede. Ed è un peccato. Sa cosa è stata la tv per gli italiani?
Cosa è stata?
Una manna. Un aiuto dal cielo. Li ha resi svelti, gli ha insegnato a leggere e a scrivere, gli ha aperto le teste. Ora gliele sta richiudendo.
Se le chiedessero aiuto per una nuova tv?
Li lascerei nel loro brodo. Non esistono più le categorie, è saltato tutto e io non sono un presenzialista come Freccero. Metto l'idea per farmela massacrare? No, l'idea non la metto. Lei mi chiede come si può pensare a una nuova forma televisiva, ma forse dovrebbe chiedersi prima con quali figure potrebbe nascere. Rifare la tv di ieri nel 2014 sarebbe impossibile. L'unico con cui, se gravemente minacciato, potrei pensare di collaborare è Fiorello.
Lo apprezza?
È il solo che si avvicini al nostro modello. A Walter Chiari. In più sa anche cantare. Purtroppo gli dipingono attorno durate eccessive. Il varietà dovrebbe durare un'ora, al massimo 75 minuti. Oltre si sbrodola. Si annoia e ci si annoia. In un'ora ci sono 40 idee. Ma in due ore e mezza, può star tranquillo, non ce ne saranno mai cento.
E di Fabio Fazio? Per qualcuno è il nuovo Baudo. Lei all'esame bocciò il presentatore.
Fazio non mi dispiace, quel che fa lo fa discretamente. Baudo racconta sempre l'episodio della sua bocciatura con la pretesa di ironizzare. Dice: "La lungimiranza di Falqui, figuratevi, mi respinse". Rivendico la scelta. Lo bocciai perché non bisogna pensare al Baudo di oggi. Parlava siciliano stretto, era cafone e volgare, nulla a che vedere con quello di oggi.
I rapporti tra voi?
Con Baudo non ho mai lavorato. Lui non si capacitava: "Hai lavorato con tutti e non con me" e io, calmissimo, senza emozione: "Perché io e te non abbiamo nulla da dirci".
Se pensa a domani?
Ci penso con la serenità di chi ha condotto un'esistenza felice. Cammino poco e presto compirò 90 anni. Ma ho fatto il lavoro che sognavo e ho tenuto più di 20 milioni di italiani di fronte a una tv che mi permette di guardarmi ancora in faccia. Poi vado ancora al cinema. Ho visto il film di Sorrentino. Bellissime immagini per carità, ma non le è sembrato un po' astruso?
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