Tumgik
#la sindrome di stendhal
orlandooo · 8 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Asia Argento as Anna Manni
The Stendhal Syndrome
Dir. Dario Argento
13 notes · View notes
speedou · 2 years
Photo
Tumblr media
The Stendhal Syndrome (Dario Argento, 1996)
11 notes · View notes
sofysta · 2 months
Text
Tumblr media
Sarai la mia sindrome di Stendhal
97 notes · View notes
gelatinatremolante · 3 months
Text
Ah sì, la famosa sindrome di Stendhal, che provoca tachicardia, capogiri, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se sono localizzate in spazi limitati: quello che ho provato guardando su uno schermo le ultime foto di Zendaya.
20 notes · View notes
first-script · 6 months
Text
un amico mi ha detto che ho la sindrome di Stendhal perché ho pianto davanti il tramonto di Firenze.
Onestamente quelli che non provano nulla davanti tutto questo, non li capisco. E non mi sforzo nemmeno a capirli.🫶🏼
Tumblr media Tumblr media
10 notes · View notes
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
LA SINDROME DI STENDHAL
L'arte non può esaurirsi nell'atto del vedere: l'arte è un'estetica che si compie nell'ineffabile che suscita, in un'emozione indicibile, in un apparire che rimanda a un invisibile, a un sentimento profondo, insperato, struggente e implacabile. L'oggetto diviene un tramite, l'immagine il luogo di un mondo nascosto. Così, l'arte è opera d'incanto, allo stesso modo di un paesaggio nel quale la potenza senza scopo della natura, appaia espressione del sublime. In questa scia, la verità dell'arte non può essere commentata fino in fondo, perchè le parole possono solo immergersi nell'eco di una presenza palpitante, possono limitarsi a suggerire, silenziose, l'avventura dei sensi riflessa nell'anima. "La bellezza non è che una promessa di felicità", affermò Stendhal a proposito dell'arte. Dunque, una promessa inattingibile poichè segnata dalla necessità di attraversare il tempo, di essere un avvento. Il tempo dell'uomo e del suo sguardo, lì, in quel preciso istante di luce.
- Giorgione (1478 - 1510): "La tempesta", 1504 -1505 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia - In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
9 notes · View notes
a-tarassia · 2 years
Text
Non so se a voi succede, ma ci sono delle volte che quando vedo una foto o un’immagine mi perdo a fantasticarci dentro perchè c’è un qualcosa che ritrovo familiare e mi dico che chissà se in un’altra vita magari ho vissuto quello che vedo. Mi succede con Madre Emigrante di Dorothea Lange o con Ricordo di un dolore di Pellizza da Volpedo, secondo me è che le due donne ritratte hanno lo sguardo di mia madre, nostalgico, malinconico, quello sguardo che io riconduco alle donne del sud, uno sguardo duro, scuro, pieno e sofferto, non so come spiegarlo, mi sembra lo sguardo della terra. Mi succede che se guardo queste due immagini, mi perdo di nostalgia di quei momenti in cui qualcuno ha sofferto e io non c’ero per sostenerlo, una roba del genere. Un’altra immagine che mi muove molto è La fanciulla sulla roccia a Sorrento perchè è il momento che ambisco, vivo per arrivare a quella fanciulla e allora quando lo vedo sento mancanza e mi fa stare male. Non so sia sindrome di stendhal o semplicemente ci sono espressioni della realtà e dell’essenza e umana (arte) che mi toccano profondamente, com’è giusto che sia. Io mi perdo a guardare queste immagini e fantastico, mi chiedo quanti anni abbiano, cosa fanno nella vita e se la vita è stata dura con loro e quanto, se hanno una casa, che casa, se qualcuno li ama o se sono soddisfatti o stanchi e poi mi immedesimo. Ma boh chissà perchè vi sto dicendo ste cose, non c’ho voglia.
14 notes · View notes
daimonclub · 1 year
Text
Il mistero della bellezza
Tumblr media
La pietà di Michelangelo Il mistero della bellezza, un articolo che cerca di indagare il fenomeno della bellezza attraverso alcuni brevi testi e diverse riflessioni di vari autori. Fair is foul, and foul is fair: Hover through the fog and filthy air. William Shakespeare È vero, è vero senza errore, è certo è verissimo: ciò che è in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che è in alto, per fare il miracolo della cosa unica. Ermete Trismegisto Beauty is truth, truth beauty, that is all Ye know on earth, and all ye need to know to be a perfect stupid. Carl William Brown Se tutte le nostre donne dovessero diventare belle come la Venere dei Medici, per un certo periodo noi ne saremmo incantati; ma presto cominceremmo a desiderare qualcosa di diverso e, ottenuto questo, vorremmo vedere accentuarsi certe caratteristiche che modifichino i criteri vigenti. Charles Darwin Chiedete a un rospo cos’è la bellezza, il bello assoluto, il kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina, con i suoi due grossi occhi rotondi sporgenti dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo, il dorso bruno. Interrogate un negro della Guinea: il bello è per lui una pelle nera, oleosa, gli occhi infossati, il naso schiacciato. Interrogate il diavolo: vi dirà che la bellezza è un paio di corna, quattro artigli e una coda. Consultate infine i filosofi: vi risponderanno con argomenti senza capo né coda; han bisogno di qualcosa conforme all’archetipo del bello in sé, al kalòn. Assistevo un giorno a una tragedia, seduto accanto a un filosofo. "Quant’è bella!", diceva. "Cosa ci trovate di bello?" domandai. "Il fatto," rispose, "che l’autore ha raggiunto il suo scopo." L’indomani egli prese una medicina che gli fece bene. "Essa ha raggiunto il suo scopo," gli dissi, "ecco una bella medicina!" Capì che non si può dire che una medicina è bella e che per attribuire a qualcosa il carattere della bellezza bisogna che susciti in noi ammirazione e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispirato questi due sentimenti e che in ciò stava il kalòn, il bello. Facemmo un viaggio in Inghilterra: vi si rappresentava la stessa tragedia, perfettamente tradotta, ma qua faceva sbadigliare gli spettatori. "Oh, oh," disse, "il kalòn non è lo stesso per gli inglesi e per i francesi." Concluse, dopo molte riflessioni, che il bello è assai relativo, così come quel che è decente in Giappone è indecente a Roma e quel che è di moda a Parigi non lo è a Pechino; e così si risparmiò la pena di comporre un lungo trattato sul bello. Voltaire, Dizionario Filosofico
Tumblr media
Volto di donna La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla, e ogni mente percepisce una diversa bellezza. È persino possibile che una persona percepisca una bruttezza là dove un'altra prova un senso di bellezza: ogni individuo dovrebbe accontentarsi del suo sentimento personale, senza pretendere di regolare quello degli altri. La ricerca della bellezza reale o della bruttezza reale è altrettanto feconda quanto la pretesa di determinare ciò che è realmente dolce o ciò che è realmente amaro. Secondo la disposizione degli organi lo stesso oggetto può essere tanto dolce che amaro; e la sentenza ha giustamente stabilito che è inutile disputare sui gusti. È naturalissimo, e persino necessario, l'estendere questo assioma al gusto dello spirito, oltre che al gusto corporeo. Così il senso comune, il quale così spesso è in disaccordo con la filosofia, e specialmente con la filosofia scettica, si è ritrovato, una volta tanto, in accordo con essa nel pronunciare la stessa sentenza. David Hume, Della regola del gusto. Quando dico che la bellezza sconvolge, lo dico letteralmente, cioè mi riferisco anche ad aspetti psicopatologici. Conoscerete senz’altro la sindrome di Stendhal, che consiste nel fatto che alcune persone, di fronte a opere d’arte, sono a tal punto sconvolte da avere attacchi di panico, cioè da essere in una condizione di non padronanza di sé. La bellezza quindi non è una cosa tranquilla, la bellezza è qualcosa che ti sorprende. Ma come definire la bellezza? Tommaso d’Aquino dice in latino «pulchrum est quod visum placet», cioè "bello è ciò che quando lo guardi ti piace": tutto qua. Kant, invece, scrive che la bellezza è qualcosa che è senza concetto e senza scopo: vale a dire che, secondo Kant, la bellezza non può essere soggetta ad alcuna forma di teorizzazione – si coglie solo "intuitivamente" – e che essa è (anche questo è molto importante) “senza scopo” – perché la bellezza si inserisce nella categoria della inutilità. Thomas Mann per parlare di bellezza utilizza il verbo tedesco durchstechen, la bellezza "trafigge": qui si riconosce qualcosa di affine all’amore, infatti anche l’amore "trafigge". Bellezza e amore sono accomunati dall’avere la caratteristica di colpire.
Tumblr media
Bellezza della natura L’uomo si trova in una condizione di dipendenza dalla bellezza, in cui tu non sei soggetto ma sei colui che patisce. E anche l’amore, al pari della bellezza, si inserisce nella dimensione della inutilità. Perché quando ogni scopo funziona come anello per raggiungere un altro scopo forma una "cattiva infinità, ossia l’infinità negativa, non essendo che la negazione del finito il quale però torna a nascere di nuovo e quindi non è superato". E allora ci vuole qualcosa di inutile per dare un senso alla nostra vita – e cosa c’è di inutile nella nostra vita, che non ha bisogno di rimandare ad altro, che è significativo e pieno di senso? Io conosco solo l’amore e la bellezza, che sono due dimensioni inutili, ma proprio perché inutili sfuggono alla catena dell’utilità, entro cui ogni cosa rimanda ad altro per il suo significato. Umberto Galimberti, il Mistero della Bellezza Sintetizzando, secondo il filosofo Nicola Abbagnano si possono distinguere cinque concetti fondamentali del Bello, e precisamente: 1) il Bello come manifestazione del bene; 2) il Bello come manifestazione del vero; 3) il Bello come simmetria; 4) il Bello come perfezione sensibile; 5) il Bello come perfezione espressiva. La prima concezione è propria di Platone e poi di Plotino dove assume carattere teologico e mistico; la seconda è sviluppata nell'età romantica, per esempio in Hegel per il quale bellezza e verità sono la stessa cosa. Il concetto del Bello come simmetria è presente in Aristotele, che lo tramanda anche alla filosofia medioevale e al Rinascimento; la quarta concezione invece è quella con cui nasce e si afferma l'Estetica, per esempio in Baumgarten (Aesthetica, 1750), e l'ultima accezione rappresenta un completamento di questa in quanto si considera il Bello come espressione riuscita e quindi arte. Il bello richiama talvolta anche il concetto di bene. Se in generale Bene indica tutto ciò che ha valore, pregio e dignità, in filosofia tale concetto si presenta secondo due prospettive, una metafisico-oggettivistica, il Bene è la realtà perfetta e suprema, e una soggettivistica, secondo cui il Bene è ciò che si desidera e piace. La prima teoria è tipica del mondo antico e medioevale (Platone, Aristotele, Plotino e Tommaso), che parlano del Bene come fonte della verità, del bello, del conoscibile, Bene come Dio, etc.; la seconda del pensiero moderno e contemporaneo che definisce il bene solo in relazione al soggetto che lo vuole, e ciò sia in senso relativistico, sia come in Kant che parla del bene voluto da una volontà buona, cioè guidata da una legge universale. Alcune filosofie contemporanee infatti preferiscono parlare del valore anzichè del Bello, considerando il valore come una realtà assoluta ed ultima, e si inscrivono nella stessa concezione tradizionale del bene. Carl William Brown
Tumblr media
Bellezza del corpo Leggendo un libretto del filosofo Maurizio Ferraris sulla bellezza, scopriamo ancora varie cose interessanti. A Boston esiste, dal 1993, it MOBA (Museum of Bad Arts), un museo di "brutte arti" che organizza mostre, conferenze, sviluppando un'idea semplice ma efficace: prendi un po' di croste e le chiami con it loro nome. L'operazione non riesce sino in fondo, alcune opere non sono poi cosi male, e nel complesso si ha l'impressione che la percentuale di arte brutta non sia significativamente superiore a quella presente in molti musei di belle arti, antiche e moderne. Ma quello che importa e che il MOBA ironizza su un dogma verso cui il senso comune contemporaneo in materia d'arte tocca il massimo consenso. Cioe sulla tesi secondo cui la bellezza non e piu l'obiettivo fondamentale di quelle che una volta si chiamavano "belle arti", per distinguerle dalle arti utili. È un fenomeno che viene da lontano, e risale almeno al Romanticismo, caratterizzato da Hegel (al quale i romantici non piacevano affatto) come un predominio del contenuto sulla forma, come una disarmonia prestabilita e fortemente voluta. E non a caso nel 1853 un hegeliano, Rosenkranz, scrisse Estetica del brutto, cogliendo lo spirito dell'epoca (senza dimenticare poi che, in una tradizione che dai greci porta a Hume e a Voltaire, e viene contraddetta solo da teorie fortemente normative come il classicismo di Winckelmann, appare chiaro che la bellezza, in quanto qualità antropologica, reca in sé sempre un tratto ineliminabile di storicità e di relatività). Ovvio, per qualche decennio, tra Otto e Novecento, ci fu ancora qualche visitatore impreparato che di fronte a croste o a capolavori gridava "Brutto! Brutto!", ma oggi la verità è radicalmente diversa, e di fronte a quelle stesse croste o a capolavori si mormora "Bello! Bello!", non perché li si consideri belli, ma per far capire - in una maniera un po' contorta - che non si è di quelli che ritengono che un'opera d'arte debba essere bella. All'origine di tutto questo, sul piano dei costumi di massa, è ovviamente Duchamp: prendi un orinatoio, o uno scolabottiglie (curioso strumento, d'altra parte) o una ruota di bicicletta, lo esponi in un ambiente adatto (galleria, museo), gli dai un titolo e lo firmi, e lì realizzi la meravigliosa transustanziazione concettuale per cui un oggetto comune diventa un'opera d'arte. Da questo punto di vista, schivare la bellezza è centrale per evitare che qualche incompetente possa pensare che il miracolo dipenda dall'azione di proprietà estetiche, e non dall'invenzione concettuale. Già, le "proprietà estetiche", ossia, sempre nel parlar comune, le proprietà legate alla bellezza, nelle espressioni "chirurgia estetica", "istituto di estetica", "migliorare l'estetica" di un boiler (o magari di un orinatoio adibito a usi ordinari).
Tumblr media
Articolo sul bello e la bellezza Che fine fanno le proprietà estetiche, nel momento in cui l'arte sembra essere tutta concettuale, e infischiarsene della bellezza? E, questione subordinata e minore, che fine fa l'estetica, intesa come dottrina filosofica che si occupa del bello e dell'arte, nella convinzione, ormai non più garantita, che i due termini abbiano molto in comune? Il bello, se così possiamo dire, è però che l'estetica non è affatto morta, anzi, è in condizioni di salute molto migliori rispetto a qualche anno fa. Da una parte, trova nuovi campi di applicazione (per esempio l'universo dei consumi di massa e del web) e nuovi strumenti di indagine (come / nelle ricerche della neuroestetica). Dall'altra, ritrova significati che con il tempo si erano persi, per esempio l'idea che l'estetica non si occupi solo di arte ma anche di percezione (aísthesis, da cui il nome "estetica"). Come è possibile? Probabilmente, la diagnosi secondo cui la bellezza non conta sottovaluta due circostanze. La prima è che i discorsi sulla sparizione della bellezza vengono regolarmente costruiti su un tipo di arte, quella visiva, che è estremamente anomala. Perché proprio l'arte visiva ha subito più direttamente l'impatto della riproducibilità tecnica dell'arte, che ha sollevato gli artisti da obblighi rappresentativi che favorivano la maestria tecnica, anche se non necessariamente la bellezza. Poi, in modo crescente, c'è stata la producibilità tecnica delle opere, ossia il fatto che tra creare un'applicazione per un telefonino e produrre un'opera non c'è alcuna differenza di fondo. Il risultato è che la manualità non conta più niente in arti in cui, in precedenza, costituiva un elemento decisivo. E chiaro che qui abbiamo a che fare con un radicale cambio di registro, che viceversa non si è prodotto in altre arti, in cui la manualità non aveva sin dall'inizio alcuna importanza (per esempio, nella letteratura) o che sin dal loro sorgere sono state caratterizzate da una fortissima componente di riproducibilità e producibilità tecnica, come il cinema e le sue evoluzioni digitali. Questa trasformazione, però, non ha affatto comportato la scomparsa dell'estetica nel suo senso tradizionale di filosofia dell'arte, sia perché si tratta di spiegare la grandissima dose di concettualità delle arti visive, sia perché si tratta di fare i conti con gli sviluppi dell'opera d'arte nell'epoca della sua diffusione di massa e della sua producibilità tecnica. Ma accanto a questo c'è un secondo elemento forse anche più interessante, e cioè il fatto che non è per niente vero che la bellezza sia scomparsa. Se dal MOBA passiamo alla moda, nessuno si sentirebbe imbarazzato a dire che un abito è brutto, o bello, e d'altra parte non ci vuol molto per vedere quanto i giudizi estetici abbiano a che fare con una delle caratteristiche fondamentali dell'essere umano, il piacere e il dispiacere che viene provocato in noi dal semplice presentarsi sensibile di cose o di persone. Questo lo aveva visto bene Kant, e il ritorno a una estetica come aísthesis, come teoria della sensibilità, ha il merito di ricordarcelo.
Tumblr media
Sant'Agostino e il diavolo La bellezza ha lasciato alcune opere, ed è migrata altrove, trasferendosi, per così dire all'ambiente naturale (il paesaggio e la sua tutela) e culturale, incominciando dagli immediati dintorni dell'arte, come i musei, per venire ai vini, ai cibi, alla cura del corpo. E l'estetizzazione del mondo di cui tanto si è parlato ai tempi del postmoderno, ma è anche qualcosa di più, e cioè la consapevolezza del fatto che la sensibilità ci mette in contatto con una sfera reale e inemendabile (se il vino sa di tappo, sa di tappo, e non c'è sortilegio concettuale che tenga), insegnandoci che il mondo non è semplicemente come ce lo dipingiamo, o ce lo dipingono. Senza dimenticare poi che la bellezza può decidere della felicità delle persone come tutta una letteratura sull'amore e i sentimenti, che abbiamo cercato di antologizzare, dimostra con larghezza. Il nocciolo di questo aspetto lo ha colto bene Stendhal: "la bellezza è una promessa di felicità". Questa frase sposta il dibattito dalle sfere somme, e dai paragoni fuori luogo, al nocciolo della faccenda, dicendoci che la bellezza non è una entità magniloquente, bensì una proprietà terziaria (cioè espressiva) connessa a oggetti, opere, eventi e soprattutto persone: c'è qualcosa nel mondo che si stacca dalla nebulosa delle cose circostanti perché esprime qualcosa, e in particolare una promessa, quella di renderci felici. La promessa potrà non essere mantenuta per intero (ed è ciò che accade il più delle volte, il che spiega perché la bellezza ha una qualche parentela con l'inganno e addirittura con il pericolo, come in Rilke e in Fitzgerald), oppure potrà durare troppo poco (ed è per questo che la bellezza è legata alla malinconia e alla caducità, come nei versi di Baudelaire), ma intanto importa che in quel preciso punto del mondo ci sia una promessa di quel genere, che si rivolge proprio a noi. La bellezza, dunque, importa. Ma bisogna evitare l'eccesso inverso rispetto alla squalificazione novecentesca. L'idea di Dostoevskij secondo cui la bellezza salverà il mondo è in ultima analisi tutt'altro che benigna: non date né scienza né pane al mondo, dategli lustrini e veline, e che si accontenti. Insomma, si sente il vento, non tanto della follia, quanto piuttosto dello stupore a poco prezzo e del raggiro che pagheremo caro. Un rischio collaterale di questa frase così immodesta (perché veniva da uno scrittore, dunque da un professionista della bellezza) è inoltre di fare odiare la bellezza, e di farle preferire il brutto per il brutto. Il che, fra l'altro, è storicamente avvenuto. Non appena un artista, un critico, un filosofo, si sono infuriati con l'idea che la bellezza avesse la meglio sulla giustizia e sull'umanità, il primo gesto è stato per l'appunto teorizzare, o purtroppo anche realizzare, opere brutte, che non fornicassero con l'estetismo, che ci mettessero sotto gli occhi i dolori del mondo, senza redimerli, ossia lasciandoli brutti, anzi, aggiungendo bruttezza a bruttezza. E poi, già che ci siamo, si è provveduto a riempire il mondo di case brutte, di calzoni a zampa, di panini alla piastra, e ovviamente di opere che meriterebbero di finire al MOBA. Maurizio Ferraris, Bellezza Comunque possiamo aggiungere che sulle categorie estetiche del bello si è proprio detto tutto e il contrario di tutto, come sulle altre questioni del resto. Ad esempio, Edmund Burke, filosofo e politico irlandese del XVIII secolo, ha elaborato una particolare teoria del bello e del sublime nel suo saggio del 1757 intitolato: A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful ( Un'indagine filosofica sull'origine delle nostre idee del sublime e del bello). Secondo Burke, il bello e il sublime sono due concetti estetici distinti. Il bello si riferisce a ciò che è piacevole alla vista e all'udito, e che suscita una sensazione di armonia e proporzione. Burke ha descritto il bello come "ciò che è formato in modo tale da suscitare la semplice approvazione dello spirito". Egli ha sostenuto che il bello è un concetto universale, che può essere apprezzato da tutti gli esseri umani indipendentemente dalla loro cultura o dalla loro esperienza. Read the full article
4 notes · View notes
maremotosensoriale · 1 year
Text
Ti vedo e mi stordisco, poiché è bellissimo
il mio equilibrio si butta nel vuoto, ma vortica altissimo
ben nascosto nella tua pupilla c'è un discorso che brilla
e parla una lingua che solo gli occhi capiscono.
Turista nel tuo cuore, non mi fermerò tanto
ma avrò un orgasmo sondando la profondità del tuo sguardo.
- sindrome di Stendhal; dj fastcut, murubutu, mattak
5 notes · View notes
venus-es · 1 year
Text
La sindrome di Stendhal
chiamata anche sindrome del viaggiatore o sindrome dell'arte, è un fenomeno psicofisiologico che può verificarsi in individui particolarmente sensibili di fronte a opere d'arte o a situazioni di grande bellezza estetica. Prende il nome dallo scrittore francese Stendhal, che descrisse l'esperienza durante una visita a Firenze nel 1817.
I sintomi della sindrome di Stendhal possono includere vertigini, tachicardia, confusione mentale, palpitazioni, senso di svenimento, euforia o, al contrario, ansia e panico. Questi sintomi possono essere provocati dalla sovrastimolazione sensoriale e dalla forte emozione suscitata dall'esperienza artistica.
Non è una condizione clinica riconosciuta ufficialmente come disturbo psicologico, ma viene considerata un'esperienza transitoria. Tuttavia, in alcuni casi estremi, possono essere necessarie cure mediche o psicologiche per gestire i sintomi.
La sindrome di Stendhal è un termine colloquiale usato per descrivere una reazione intensa a opere d'arte, ma non è una diagnosi medica formale. È importante consultare un professionista sanitario qualificato per una valutazione accurata di eventuali sintomi o disturbi che si possano manifestare.
3 notes · View notes
capture-s-i · 2 years
Text
Tumblr media
La sindrome di Stendhal / Le Syndrome de Stendhal (Dario Argento, 1996)
8 notes · View notes
astra-zioni · 2 years
Text
Ieri ho visto in centro una ragazza stupenda a dir poco. Credo di aver avuto una sorta di sindrome di Stendhal. Che bella, la bellezza.
4 notes · View notes
sisif-o · 2 years
Note
Sei così bello che guardarti mi fa stare male
eh la sindrome di Stendhal dai su
4 notes · View notes
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti  
LA SINDROME DI STENDHAL 
L'arte non può esaurirsi nell'atto del vedere: l'arte è un'estetica che si compie nell'ineffabile che suscita, in un'emozione indicibile, in un apparire che rimanda a un invisibile, a un sentimento profondo, insperato, struggente e implacabile. L'oggetto diviene un tramite, l'immagine il luogo di un mondo nascosto. Così, l'arte è opera d'incanto, allo stesso modo di un paesaggio nel quale la potenza senza scopo della natura, appaia espressione del sublime. In questa scia, la verità dell'arte non può essere commentata fino in fondo, perchè le parole possono solo immergersi nell'eco di una presenza palpitante, possono limitarsi a suggerire, silenziose, l'avventura dei sensi riflessa nell'anima. "La bellezza non è che una promessa di felicità", affermò Stendhal a proposito dell'arte.  Dunque, una promessa inattingibile poichè segnata dalla necessità di attraversare il tempo, di essere un avvento. Il tempo dell'uomo e del suo sguardo, lì, in quel preciso istante di luce.
Giorgione (1478 - 1510): "La tempesta", 1504 -1505 circa, Gallerie dell'Accademia, Venezia
In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
9 notes · View notes
claudiotrezzani · 5 months
Text
Tumblr media
Almeno i fori erano più piccoli.
E' così che una pellicola Super 8 - a parità di larghezza "fuori tutto", per usare una terminologia nautica -  riusciva ad offrire una superficie impressionabile superiore a quella dell' 8 millimetri non Super.
Già, superficie impressionabile.
Aveva proprio da risultare impressionata - anzi, dolcemente vittima della Sindrome di Stendhal -  la pellicola, lì.
Dove, lì?
Al ghiacciaio della Mer de Glace, Chamonix.
Il risultato che ne ricavai fu stomachevole:
un traballante cortometraggio senza costrutto d'inquadratura ed ispirazione.
Del resto, avevo una decina d'anni.
Poco dopo il sito è visitato da Massimiliano Abboretti.
Tutta un'altra musica, invece della mia scomposta danza.
E sì, la superficie sensibile - formato Leica con macchina Nikon, per Massimiliano - maggiore aiuta, ma il La sonante s'intona con idea  vigorosa e  felicità d'esito.
Massimiliano è stato in grado d'elargirci intera la maestosità del luogo.
Accadeva nel 1978.
Ora la cosa è miltoniana.
Sì, come in Paradise Lost dello scrittore inglese.
Ma se in John la caduta era metaforica, qui è reale.
Qui, ora, vicino Chamonix, intendo.
Di tante case non è rimasto che qualche brandello di muro, tonante declamava Ungaretti.
Di tanti ghiacciai non è rimasta che una pallida ombra, qui, ora, vicino Chamonix.
Così, Massimiliano è cantore di un Paradiso Perduto.
Sapete, l'istanza documentaria in fotografia sovente mi trova tiepido alla delibazione.
Con Massimiliano, no.
Non perché non vi sia - c'è, e sprigiona graffiante potenza - l'istanza documentaria, qui.
Ma perché in Massimiliano si salda con profonda sensibilità artistica e sapiente perizia tecnica.
Il meglio dei due mondi, ed insomma.
Così la Fotografia, quando linguaggio esprime.
All rights reserved
Claudio Trezzani
0 notes
queerographies · 5 months
Text
[Donne di cristallo][Germano Romano]
Due donne, due personalità, due temperamenti. Le loro vite si incontrano per caso e si legano fino alla fine. Questo racconto si basa su argomenti specifici, come l’omosessualità, la fuga dall’Africa con barche di rifugiati, rapimenti, omicidi e su tutti la sindrome di Stendhal. Sara & Amina sono due donne costrette a difendere la loro unione combattendo innanzitutto contro il sessismo, ma anche…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes