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#figli come conigli
lealiwp · 1 year
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In risposta ai volantini omofobi distribuiti da Forza Nuova a Lajatico (PI).
Considerando l’elevata Ignoranza di chi partecipa e sostiene circoli antisociali (omofobi) come Forza Nuova, è chiaro che ‘avere un pene ed una vagina funzionanti’ non garantisce affatto di poter crescere figli mentalmente equilibrati: servono Cultura ed Empatia, che ad essi sono fortemente mancati in famiglia.L’omofobia, poiché odio irrazionale, è la prova di essere cresciuti in un ambiente…
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omarfor-orchestra · 8 months
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Ma quanto è bella
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stranomavero · 3 months
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Senza entrare nel merito del perché ci sia sta necessità di figliare, sulle politiche che prima "no figli, max uno ciascuno non fa male a nessuno" e ora "fate come i conigli"... Voglio solo esprimere quanto mi faccia incazzare e quanto mi terrorizzi che tutti sti cazzo di governi, dai fasci nostrani, ai cinesi, al culto religioso degli USA, vedano come unica soluzione il relegare le donne in casa a figliare come vacche in un allevamento.
Ogni giorno di più mi viene voglia di urlare, e ho sinceramente paura.
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inconsutile · 11 months
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Note sparse sulla Medea che ho visto ieri:
Le maschere nel teatro greco avevano il ruolo di identificare i personaggi, in questo spettacolo l'identificazione è sul livello simbolico: Medea è rappresentata da un uccello nero, un corvo presumo, e indica la sventura, i figli hanno le maschere dei conigli, Creonte (e i suoi seguaci) è un coccodrillo. Quest'ultimo è particolarmente interessante perché mentre aggredisce Medea mantiene la maschera ma la toglie sempre quando esprime il suo timore nei confronti della donna. Medea e i figli tolgono la maschera e non la rimettono, Creonte invece alterna per tutto il tempo in cui è in scena.
Dai costumi si denota la volontà di attualizzare il messaggio operando una critica alla famiglia e alla società borghese (e piccolo-borghese nello specifico). Il testo euripideo ripete più volte che tutto è stato messo in moto dal dissolvimento dei valori, e in effetti le nostre vite quotidiane sono ammantate di valori e ideali che puntualmente vengono calpestati in favore dell'interesse personale. Sui costumi, tuttavia, devo fare una nota di disappunto: i costumi riprendevano il vestiario borghese del 900 (eccetto Creonte, vestito da in giacca e cravatta) quando sarebbe stato più opportuno e puntuale utilizzare un vestiario contemporaneo. Non va a detrimento della rappresentazione e della sua ricezione ma sarebbe stato, ripeto, puntuale.
L'inesorabilità degli eventi ha generato in me angoscia ma anche una forte frustrazione, forse perché io e il pubblico abbiamo assorbito volente o nolente la mentalità del “se vuoi, puoi”, in cui gli esiti previsti sono: il successo o il contentino, in ogni caso risvolti positivi. Medea mette in atto tutto quello che ha progettato, ma si è ottenuto solo il sangue versato pulito dal coro.
In realtà parole come angoscia, frustrazione, sgomento, rabbia, dolore, raccapriccio, orrore e altre non riescono a racchiudere la sensazione che ho sentito durante tutto lo spettacolo e che ha raggiunto il suo apice durante l'infanticidio (che non è stato rappresentato, come vuole la prassi della Grecia antica). Tutte quelle emozioni erano una e mi pervadeva tutta, mente e corpo: avevo le mani nei capelli, la pelle d'oca, volevo raggomitolarmi, respiravo affannosamente. Le persone intorno a me posso descriverle solo come molto scosse.
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yoursticazzi · 5 months
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“Chi fermerà queste Croci” è la domanda che mi sono fatto in questi giorni dopo la narrazione sanguinosa della triste fine di Giulia, “Chi fermerà queste Croci” è la domanda che mi feci nel 2009, quando, dopo l’ennesimo femminicidio di quell’anno decisi di scrivere questa canzone. Ogni verso racconta la storia di una donna uccisa. Ve la lascio qui sotto, come una riflessione, come una preghiera laica, perché il dolore e la frustrazione collettiva lascino in tutti noi la volontà di fare la nostra parte in questo percorso di risarcimento e di redenzione.
CHI FERMERÀ QUESTE CROCI?
parole e musica di Massimo Bubola
Chi neanche un nome
Chi per religione
Chi in una stanza d’hotel desolata
Chi tra le mura di casa
Chi alla sua prima notte
Chi dopo anni di botte
Chi attraverso i suoi piccoli figli
Sgozzati come conigli
Chi trovata in un bosco
Chi gettata in un fosso
Chi coperta di graffi feroci
Chi fermerà queste croci?
Chi per il suo coraggio
Chi nel mese di maggio
Chi spaventato dalla sua libertà
Dalla sua nuova felicità
Chi a San Valentino
Chi aspettando un bambino
Chi investita e bruciata per strada
Come da un fiume di lava
Chi venduta bambina
Incoronata di spine
Chi tatuata di ustioni feroci
Chi fermerà queste croci?
Chi fermerà queste croci?
Chi per morte annunciata
Ghermita, inseguita e braccata
E poi sbranata da cani feroci
Chi fermerà queste croci?
Chi fermerà queste croci?
Chi in una radura
Chi nella controra
Chi in ginocchio ferita a pregare
E dal suo amore vedersi bruciare
Chi -O mia o di nessuno! -
Col sangue coperto di fumo
Su un orizzonte di sguardi feroci
Chi fermerà queste croci?
Chi fermerà queste croci?
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giancarlonicoli · 6 months
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19 ott 2023 18:35
“GUADAGNO 7.400 EURO AL MESE, QUESTO LAVORO NON SI FA PER I SOLDI” – NICOLA GRATTERI, NUOVO CAPO DELLA PROCURA DI NAPOLI, PIÙ GRANDE D’ITALIA, SI RACCONTA COME UN DURO E PURO: “SE UNO PENSA DI FARE IL MAGISTRATO E INVIDIA CHI HA LA FERRARI DOVEVA FARE IL CONCORSO PER NOTAIO. SIAMO PRIVILEGIATI: GUADAGNIAMO TRE VOLTE LO STIPENDIO DI UN IMPIEGATO” – “MI PROTEGGONO OTTO-DIECI PERSONE FISSE: DI PIÙ NON È POSSIBILE. A QUESTI SI AGGIUNGONO QUELLI CHE QUANDO MI SPOSTO FANNO I CONTROLLI, LE BONIFICHE. È ABBASTANZA ASFISSIANTE. A VOLTE VIENE LA SINDROME DA SOFFOCAMENTO. PENSO DI NON FARE UN BAGNO AL MARE DA 25 ANNI” -
Estratto dell’articolo di Elvira Serra per il “Corriere della Sera”
Domani a mezzogiorno Nicola Gratteri, 65 anni, presta giuramento al Tribunale di Napoli e si insedia a capo della Procura più grande d’Italia, con nove aggiunti e 102 sostituti.
Quando ha visto il primo morto ammazzato?
«Facevo le medie a Locri, spesso da Gerace ci andavamo in autostop. Durante uno di quei viaggi vidi dei morti a terra. Poi li ho visti anche vicino a scuola».
Ha fatto arrestare suoi compagni di classe?
«Sì, molti studenti erano figli di capimafia. Feci arrestare anche il mio compagno di giochi in campagna, quando andavo dagli zii, perché aveva un arsenale di armi».
Qualcuno le è rimasto impresso?
«Con un amico giocavamo sempre a pallone davanti a casa mia, in uno spiazzo di terra battuta, con vetri, chiodi. Quando tornavamo a casa dovevamo stare attenti a non zoppicare sennò erano botte, perché il gioco era tempo perso, bisognava solo studiare e se avanzava tempo andare nei campi ad accudire gli animali, mucche, capre, pecore, galline, conigli, tacchini, tutto quello che c’è in una piccola fattoria».
Cosa successe?
«Lui era emigrato a Torino con la famiglia. Molti anni dopo lo ritrovai su un veliero davanti alle coste di Miami con un carico di 800 chili di cocaina. In carcere mi impressionò la faccia, era bianco come la carta: le prigioni americane non sono come le italiane. “Mi sono rovinato la vita”, disse. Risposi che poteva ripartire da zero, bastava che collaborasse. Non collaborò».
[…]
Com’erano i suoi genitori?
«Semianalfabeti. Mia madre aveva conseguito la terza elementare, mio padre la quinta. Lei casalinga, lui camionista: aveva un piccolo Tigrotto con mio zio Nicola e mio nonno. Non ci sono più da una decina d’anni. Ho fatto in tempo a farli preoccupare per me, ma erano orgogliosi. Di tutti e 5 i figli: una ha insegnato all’università all’estero, un altro è professore ordinario di medicina legale, poi ci sono io, uno è odontotecnico, la piccola è insegnante».
Cosa vuol dire vivere sotto scorta? Ormai sono quasi 35 anni, dall’aprile del 1989.
«È pesante. Ci sono giorni in cui si soffre di più, viene la sindrome da soffocamento a non poter fare una passeggiata da soli, non poter andare in bicicletta, non uscire in moto. Penso di non fare un bagno al mare da 25 anni».
Quante persone la proteggono?
«Otto-dieci fisse: di più non è possibile. A questi si aggiungono quelli che quando mi sposto fanno i controlli, le bonifiche, portano i cani per sentire l’esplosivo. È abbastanza asfissiante. Mi costa tantissimo sul piano psicologico, bisogna avere nervi d’acciaio».
È mai andato dallo psicanalista?
«Ci vado ogni domenica: il mio psicanalista è l’orto, lavorare la terra, piantare zucchine e cetrioli, in questo periodo cavoli, broccoli, bietole, raccogliere le olive. Domenica scorsa sono stato 12 ore sul trattore per trinciare l’erba».
E sempre qualcuno a guardarla.
«Uno? Tutti! Sono circondato».
Che rapporto ha con la scorta?
«Sono come fratelli, figli. L’addestramento in Sardegna, ad Abbasanta, è durissimo: gli istruttori consigliano di non fare il servizio per più di quattro anni perché è molto logorante. Io ho ragazzi che stanno con me da 14 anni».
Dove trova la forza di fare questa vita?
«Nella convinzione che quello che faccio serve, è utile alla collettività. La libertà non è andare in bici o farsi un bagno al mare. La libertà è stare anche per un anno sotto una pietra, fermo, immobile, ma poi poter dire quello che si pensa e guardare tutti negli occhi».
Quand’è l’ultima volta che ha pianto?
«Io non piango, cerco di controllare le emozioni, mi fermo un attimo prima. Devo essere sempre lucido, non posso permettermi il lusso di lasciarmi andare. Anche per la responsabilità verso chi lavora con me. Il mio telefono è acceso 24 ore su 24».
Paura per sua moglie e i suoi figli?
«Certo, paura per tutti. Pure loro hanno la scorta. Hanno cercato di sequestrare uno dei miei figli, avevano programmato di simulare un incidente stradale per ammazzare l’altro».
Sono arrabbiati con lei? Non le hanno mai chiesto: perché non hai scelto un altro lavoro?
«All’inizio sì, ora cominciano a metabolizzare e capire che ho fatto cose importanti. Assieme ai miei colleghi abbiamo reso la Calabria, la nostra terra, più libera. Soprattutto abbiamo messo nella testa della gente il tarlo che si può cambiare. Infatti le denunce sono aumentate».
È andato alla loro laurea?
«Di uno sì, dell’altro no, non era possibile in quel momento. Per anni con mia moglie, quando i miei figli facevano le recite a scuola, noi le facevamo a casa. Lei mi raccontava per filo e per segno come erano vestiti, cosa avevano fatto, e quando tornavo e protestavano, “non sei venuto!”, io replicavo “ma sì che c’ero, ero in fondo e non mi hai visto!”».
Fanno i magistrati?
«No, sono tutti e due medici. Stanno facendo la specializzazione: uno in dermatologia e uno in chirurgia plastica ricostruttiva».
[…]
Domani comincia a Napoli. C’è chi già scommette su quanto durerà.
«Ma io ho un carattere molto forte. Per anni ho mangiato pane e veleno. Sono allenato al sacrificio, a qualsiasi tipo di stress».
Sua moglie non la seguirà: non aveva chiesto il trasferimento perché non credeva che avrebbe ottenuto l’incarico.
«È vero: a settembre non ha fatto la domanda di trasferimento perché, ha detto, “siccome ti bocciano sempre è meglio che rimango dove sto”. Insegna matematica a Locri».
Le è dispiaciuto di più non diventare ministro della Giustizia nel 2014 o procuratore nazionale antimafia nel 2022?
«Non sono attaccato alle poltrone. Per me è importante servire lo Stato. Non è retorica, ma mentre cammino nei corridoi della Procura se trovo luci accese in una stanza e non c’è nessuno io le spengo: e chi le ha lasciate accese sa che sono passato. Certo, bisognerebbe capire chi ha detto a Napolitano che non potevo fare il ministro: Renzi mi aveva dato carta bianca».
Se deve fare un regalo a sua moglie fa «bonificare» il negozio?
«Io non entro mai in un negozio. Anche per un caffè, entra prima uno dei miei, paga, e poi arriviamo noi e consumiamo. Altrimenti c’è sempre qualcuno che te lo vuole offrire».
Non ne ha mai accettato uno?
«Una volta con mia moglie, eravamo fidanzati, entrai al bar con la scorta e c’era il capomafia del paese con la sua scorta che voleva assolutamente offrirmi il caffè. E io: ma no lasci stare, che poi trovo delle cose su di voi e vi faccio arrestare. Lui insistette. Cinque mesi dopo nel carcere di Palmi il caffè gliel’ho offerto io».
È vero che ha rifiutato i biglietti per lo stadio che le aveva fatto recapitare De Laurentiis?
«Ho detto ai miei di ringraziare, ma non sono mai entrato in uno stadio, quindi ho chiesto di restituirli».
Avrebbe potuto regalarli.
«Chi deve andare alla partita paga il biglietto. Un magistrato guadagna bene».
Lei quanto guadagna?
«Io guadagno 7.400 euro».
E vale la pena fare questa vita per quei soldi?
«Quando ho iniziato guadagnavo un milione 350 mila lire al mese. Questo lavoro non si fa per i soldi. Se uno pensa di fare il magistrato e invidia chi ha la Ferrari doveva fare il concorso per notaio. Siamo privilegiati: guadagniamo tre volte lo stipendio di un impiegato».
Torniamo a Napoli. Quali sono le priorità?
«Intanto devo entrare in Procura e lo farò domani. Per prima cosa devo ascoltare tutti. Io faccio 4-5-10 riunioni in un giorno. Arrivo alle otto, esco alle 20, mangio sulla scrivania, non mi alzo finché non ho preso una decisione, mettendo a disposizione la mia esperienza».
Come ha preso la lettera della Camera Penale che le ha fatto «gli auguri più sinceri», ma avrebbe «preferito un profilo diverso, meno operativo militare»?
«Mi dispiace per loro che non hanno studiato le mie cose, la mia vita, non si sono informati da persone oneste su chi sono. Anche una corrente di magistrati ha sollevato obiezioni. Ma se a Catanzaro, dove sono da 7 anni, nessuno ha fatto domanda di trasferimento un motivo ci sarà. Eppure ci sono giovani da Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche».
[…]
L’hanno già chiamata il sindaco Gaetano Manfredi e il governatore Vincenzo De Luca?
«No, e perché? Loro fanno il loro lavoro, io faccio il mio. Capiterà di incontrarci».
A Napoli un’emergenza è la criminalità giovanile. Immagino provi amarezza, visto il suo investimento sui giovani. Non a caso ci stiamo vedendo a Trento, dove era in programma un incontro con gli studenti universitari.
«Se hanno meno di 18 anni è competente la Procura dei minorenni. Con la quale vorrò confrontarmi, così come mi confronterò con le altre procure circondariali, per vedere se si possono applicare protocolli e buone prassi».
La preoccupano i rioni bunker?
«Non esiste un posto dove non si può entrare. Nei bunker sotterranei lunghi chilometri abbiamo catturato dieci latitanti, grazie alle tecnologie e a fantastici uomini ragno».
[…]
Oggi è più potente la mafia, la ’ndrangheta o la camorra?
«La ’ndrangheta: è la più ricca e riesce a importare l’80 per cento della cocaina che arriva in Europa. Cosa Nostra da almeno 25 anni compra la cocaina dalla ’ndrangheta».
Cosa pensa di film e fiction a tema?
«Posso dire che Il Padrino è un capolavoro di musiche e immagini, ma quella famiglia non è mai esistita. E invece nell’immaginario collettivo siamo cresciuti con l’idea delle mafie che hanno un’etica e dei valori. Chi si sente uomo di cultura, deve porsi la domanda: ma l’effetto di questi film qual è? Se davanti alle scuole vediamo i ragazzini muoversi come i killer del film che hanno visto la sera prima, abbiamo creato danni e nessuna coscienza».
Indagherebbe di nuovo Lorenzo Cesa, la cui posizione nell’inchiesta poi fu stralciata?
«C’erano delle intercettazioni, poi dalle indagini abbiamo appurato che non c’erano stati contatti. Io non ho la sfera di cristallo».
Non si è pentito nemmeno della prefazione al libro negazionista di Bacco e Giorgianni?
«Sì, ha ragione, quello è stato un mio errore. Sono stato superficiale a fidarmi a fare la prefazione su un abstract. Ho chiesto scusa».
Avesse una bacchetta magica e potesse svegliarsi senza scorta, cosa farebbe?
«Mi comprerei una motocicletta. Quando ero ragazzo amavo tutti i motori».
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bones39 · 11 months
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In diverse mitologie del mondo, esistono creature antropomorfe con fattezze di coniglio o con caratteristiche simili a quelle dei conigli.
Ad esempio, nella mitologia azteca, il dio della primavera Xochiquetzal aveva un coniglio come animale sacro. In Giappone, la figura del coniglio è spesso associata alla dea della Luna Tsukuyomi, mentre nella cultura cinese il coniglio è uno dei dodici animali del ciclo zodiacale e rappresenta l'anno lunare che va dal 1915 al 1927, al 1939, al 1951, al 1963, al 1975, al 1987, al 1999, al 2011, al 2023 e così via.
Nella cultura popolare, il personaggio di Bugs Bunny è un esempio di coniglio antropomorfo, diventato molto famoso grazie ai cartoni animati della Warner Bros. Inoltre, in alcune forme di animazione giapponese, come gli anime e i manga, sono presenti personaggi antropomorfi con fattezze di coniglio, come ad esempio Usagi Tsukino, la protagonista di Sailor Moon.
Il significato dei conigli antropomorfi nella mitologia del mondo può variare a seconda delle culture e delle tradizioni.
In alcune culture, il coniglio è associato alla fertilità e alla rinascita, in quanto questi animali sono noti per la loro prolificità e per la loro capacità di riprodursi velocemente. In questo contesto, i conigli antropomorfi possono rappresentare divinità o spiriti che presiedono alla fertilità e alla rinascita.
In altre culture, il coniglio è associato alla velocità, all'agilità e alla destrezza, in quanto questi animali sono noti per la loro capacità di saltare e correre molto velocemente. In questo contesto, i conigli antropomorfi possono rappresentare divinità o spiriti che presiedono a queste qualità, come ad esempio la dea giapponese della Luna Tsukuyomi.
In altre culture ancora, il coniglio può essere associato a qualità come l'ingenuità, la malizia o la saggezza. Ad esempio, il personaggio di Bugs Bunny rappresenta spesso la saggezza e l'astuzia, grazie alle sue abilità nel cavarsela in situazioni difficili.
In generale, i conigli antropomorfi nella mitologia del mondo rappresentano spesso una combinazione di diversi significati e simbolismi, a seconda del contesto culturale in cui compaiono.
esistono molti miti e leggende tribali che includono il coniglio come personaggio o animale sacro. Ecco alcuni esempi:
- Gli Hopi, una tribù dei nativi americani del Sudovest degli Stati Uniti, hanno una leggenda secondo cui il Grande Coniglio, chiamato anche "Manabozho", ha aiutato a creare il mondo.
- Nella cultura dei Navajo, un'altra tribù dei nativi americani degli Stati Uniti, il coniglio è associato alla medicina e alla guarigione. Si dice che i conigli abbiano una grande conoscenza delle piante medicinali e che possano aiutare i guaritori a trovare le giuste cure per le malattie.
- Nella cultura dei Nuer, un popolo dell'Africa Orientale, il coniglio è spesso associato alla fertilità e alla fecondità. Si dice che le donne che desiderano avere figli debbano mangiare la carne dei conigli per aumentare le loro possibilità di concepimento.
- Nella mitologia Maya, il coniglio è associato alla Luna e alla fecondità. Si dice che il dio della Luna, chiamato "Ix Chel", abbia inviato un coniglio sulla Terra per insegnare agli esseri umani come coltivare mais.
Questi sono solo alcuni esempi di miti tribali che includono il coniglio come personaggio o animale sacro. In molte culture, il coniglio è associato a diversi significati e simbolismi, a seconda del contesto culturale e storico.
In alcune culture, la figura del coniglio è associata al passare del tempo, in particolare alla stagione primaverile e alla celebrazione della Pasqua.
Ad esempio, nella cultura occidentale, il coniglio è spesso associato alla Pasqua, una festività religiosa che celebra la resurrezione di Gesù Cristo e che cade in primavera. In questo contesto, il coniglio è spesso rappresentato come un simbolo di rinascita e di fertilità, in quanto rappresenta la capacità di generare nuova vita e di proliferare.
Inoltre, la figura del coniglio viene spesso associata al passare del tempo perché questi animali sono noti per la loro capacità di riprodursi velocemente e di generare numerose cucciolate durante l'anno. In questo senso, il coniglio rappresenta il continuo rinnovamento della vita e il trascorrere inesorabile del tempo che porta alla rinascita.
Infine, la figura del coniglio viene spesso associata al passare del tempo anche nella cultura popolare, in particolare nei cartoni animati e nei fumetti, dove il personaggio di Bugs Bunny è diventato un'icona del tempo che passa e della cultura popolare degli anni '50 e '60.
esistono diverse band con il nome di "Mr. Rabbit" o "White Rabbit".
Ad esempio, "White Rabbit" è il nome di una famosa canzone dei Jefferson Airplane, una band rock psichedelica americana degli anni '60. La canzone è diventata un classico dell'epoca e il titolo "White Rabbit" si riferisce al personaggio del Coniglio Bianco presente nel romanzo di Lewis Carroll "Alice nel Paese delle Meraviglie".
Inoltre, "White Rabbit" è anche il nome di una band rock alternativa statunitense nata nel 2005, che ha pubblicato due album e numerose canzoni.
Quanto a "Mr. Rabbit", ci sono alcune band con questo nome, ma non sono molto famose o note a livello internazionale. Ad esempio, ci sono alcune band indie rock o alternative rock di nome "Mr. Rabbit and the Bearded Lady", "Mr. Rabbit & The Voodoo Bones" o "Mr. Rabbit and the Hare".
Non posso indicare quale sia la canzone più bella dei Mr. Rabbit and the Voodoo Bones, poiché si tratta di una valutazione soggettiva basata sui gusti personali.
Tuttavia, posso confermare che i Mr. Rabbit and the Voodoo Bones hanno scritto diverse canzoni d'amore. Ad esempio, una delle loro canzoni più famose, intitolata "Love Song for a Vampire", è una ballata d'amore che parla di un amore immortale e senza tempo. Inoltre, altre canzoni come "Lullaby", "I'll Be There" e "Broken Hearts" affrontano temi romantici e sentimentali.
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nuttypoetryzombie · 1 year
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La realtà dei paesi poveri, dove si mettono al mondo 'figli come conigli', senza minimamente valutare il futuro di miseria, stenti, e pure abusi d'ogni sorta, mette in chiaro che senza Cultura, l'eterosessualità stessa è spoglia d'ogni significato e scopo opportuno.
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isabeil · 1 year
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Studiando la nostra storia umana, si nota che solo in età moderna il concetto di 'fare figli per amore' si è affermato. I nostri nonni italiani stessi non avevano tale ideale: i matrimoni erano per lo più contratti per interesse economico, anche fra parenti.
Il movimento politici di destra, le organizzazioni pro-life, tentano di risolvere il problema natalità, nelle società con molti anziani, provando ad obbligare le donne che vogliono abortire ad avere lo stesso un figlio: questo è 'sterilizzare la maternità', togliendo amore all'atto della riproduzione; un figlio va desiderato.
Gli 'ideali' conservatori sterilizzano l'avere figli a meri atti riproduttivi, con ruoli di 'padre' e 'madre' solo esteriori, biologici, non di 'sostanza'; il progresso umano invece chiede di più: che si vada oltre la 'tecnica riproduttiva', per concentrarsi sul ruolo di tutori.
Le coppie eterosessuali e non eterosessuali, nel momento in cui sentono di volere un bambino andrebbero supportare e non ostacolate; ben venga chi vuole prendersi cura bene di un bimbo; andrebbe criticato, invece, ogni tentativo di obbligare chi non vuole figli ad averne.
Mettendo da parte ogni pretesa morale religiosa (la religione non è etica, ma superstizione), la riflessione corretta da fare è, per ogni tipo di famiglia, se si è capaci di crescere un figlio, a prescindere dall'identità sessuale. La risposta è si: basta avere Cultura, empatia.
Il rapporto fra due persone dello stesso sesso può non produrre figli, così quanto può accadere fra persone eterosessuali. Nella bibbia stessa troviamo personaggi che ricorrono a terze persone per diventare padri, fecondando donne che non sono mogli, perché è pratica antica.
Il problema non è mai stato mettere al mondo figli (fin dall'antichità esiste l' "utero in affitto"), ma se si è adatti a crescere figli, cioè farli diventare adulti sani, mentalmente equilibrati, poiché è questo lo scopo primario del prendersi cura di qualcuno: renderlo Felice.
Se dovessimo vivere 'per natura', molti di noi morirebbero al primo taglietto infettato, come accadeva prima che l'uomo inventasse metodi artificiali per procrastinare la propria morte. Non viviamo da millenni 'per natura': noi non sappiamo volare, ma abbiamo gli aerei.
Quello che conta per un bimbo, anche quando non ne sei il tutore legale, è il rispetto che hai per lui: della sua integrità come individuo, della sua intelligenza. Più che di una famiglia, abbiamo tutti bisogno di un'intera società sana, che ci ami, ci Rispetti e non ci molesti.
Il fatto che esistano famiglie eterosessuali disfunzionali indica una realtà scientifica: essere genitori biologici non basta per crescere un bimbo. Non esiste alcuna perfezione ideale nella 'famiglia tradizionale' e lo dimostra anche l'essere cresciuti omofobi o maschilisti.
La realtà delle famiglie disfunzionali, dove i genitori sono coppia eterosessuale, che porta i figli ad avere atteggiamenti non tolleranti verso i 'diversi', anche per educazione religiosa, ci offre l'idea netta che l'eterosessualità non è affatto una garanzia in campo Educativo.
La realtà dei paesi poveri, dove si mettono al mondo 'figli come conigli', senza minimamente valutare il futuro di miseria, stenti, e pure abusi d'ogni sorta, mette in chiaro che senza Cultura, l'eterosessualità stessa è spoglia d'ogni significato e scopo opportuno.
Ci sono molte famiglie italiane, che sotto il velo del 'i genitori sono sempre genitori, e non possono che amarti', commettono o hanno commesso abusi d'ogni sorta ai figli; genitori 'naturali', 'buone famiglie', dove tutto si svolge con la complicità del generale perbenismo.
Ci sono molte famiglie italiane, che sotto il velo del 'i genitori sono sempre genitori, e non possono che amarti', commettono o hanno commesso abusi d'ogni sorta ai figli; genitori 'naturali', 'buone famiglie', dove tutto si svolge con la complicità del generale perbenismo.
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monicadeola · 1 year
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L uca Zaia, qual è il suo primo ricordo?  «I profumi delle stagioni. Il fieno, le vacche, il pelo dei cavalli, il latte, le ciliegie che rubavamo. E le vinacce con cui si faceva la grappa». 
Famiglia contadina?  «No. Mia madre Carmela era casalinga, mio padre Giuseppe, detto Beppo, aveva un’officina. Ho cominciato ad aiutarlo a sei anni e lui mi ha sempre dato la paghetta. Sono stato un bravo meccanico: ancora oggi, se la mia macchina si fermasse, saprei aggiustarla da solo. Tutte le altre famiglie del paese erano contadine». 
Quale paese?  «Bibano, frazione di Godega Sant’Urbano, sinistra Piave. Era un tempo lento, scandito da ritmi antichi. Si pranzava a mezzogiorno, i contadini andavano a rivoltare il fieno, poi arrivava il momento di dormire: la pennichella. Scendeva un silenzio totale, si sentivano solo le cicale. Una sensazione che ho ritrovato solo con il lock-down. La natura ci insegnava tutto: la nascita, la vita, la morte... e anche l’educazione sessuale». 
L’educazione sessuale?  «Diciamo che alla fatidica domanda “come nascono i bambini?” avevamo già la risposta da conigli, polli, anatre... Non avevamo grandi guide culturali, ma una potenza esperienziale fortissima. In tv si vedevano solo due trasmissioni, oltre al tg: la messa del Papa e Linea Verde. Eravamo una comunità aperta. Tornavano i veneti emigrati in Belgio, in Argentina, in Australia». 
Nel suo nuovo libro autobiografico, «I pessimisti non fanno fortuna», lei cita un proverbio arabo: «Tempi duri danno vita a uomini forti, uomini forti danno vita a tempi facili...».  «...Tempi facili danno vita a uomini deboli, uomini deboli danno vita a tempi duri. Due guerre mondiali hanno formato uomini forti: i nostri nonni. Poi è arrivato il tempo facile; come alla fine dell’impero romano, quando pensavano che non servisse più lavorare per vivere; provvedevano gli schiavi, gli immigrati. Ora però il tempo facile è finito. E sono tornati i tempi duri». 
Cosa facevano i suoi nonni?  «Mio nonno paterno aveva combattuto la Grande Guerra, lo legavano al cannone con il fil di ferro. Suo fratello voleva emigrare in America, ma non passò la visita medica per una dermatite, e il nonno ne prese il posto lasciando la famiglia in Veneto. A New York dormiva in una branda con le quattro gambe immerse in quattro brocche d’acqua, in modo che le pulci annegassero anziché tormentarlo. Era solo. Un giorno piangeva disperato, seduto su un marciapiede di Little Italy, quando arrivò un ragazzo a portargli una mela: era del suo paese, Codogné, accanto a Bibano. Tempi durissimi. Al ritorno con i guadagni di anni di sacrifici comprò dei terreni». 
E i nonni materni?  «Mia madre è l’ultima di undici figli, che poi divennero diciassette». 
Come mai?  «Mia nonna e una sua sorella avevano sposato due gemelli omozigoti: mio nonno e mio prozio. Erano perfettamente identici, da piccolo non li distinguevo. Poi la sorella di mia nonna morì, lasciando i suoi sei figli, che si aggiunsero agli undici della nonna». 
Come si mantenevano?  «Erano mezzadri, hanno conosciuto la fame e la povertà. Poi nel dopoguerra pian piano si sono affrancati. Negli anni ’70 gli zii crearono un’azienda agricola all’avanguardia. Compravano in Olanda vacche frisone, facendole arrivare con un treno speciale. In casa ospitavano imprenditori e studenti, che volevano conoscere il loro modello. Tra questi un giorno arrivò un senegalese. Era la prima volta in vita mia che vedevo una persona di colore». 
E cosa pensò?  «Ai re magi del presepe, tra cui ce n’era uno nero: segno che Gesù nasceva per tutti. Il senegalese si chiamava Francesco, era stato battezzato in un villaggio missionario. Lo ricordo altissimo, sorridente, riflessivo. Parlava lento, e i suoi racconti dell’Africa erano i nostri romanzi di Salgari. Da allora ho sempre avuto orrore per il razzismo. Anche grazie alla mia maestra». 
Perché?  «Ci fece vedere, come nuovo modello di formazione, lo sceneggiato tv Radici, tratto dal libro di Alex Hailey. Kunta Kinte strappato dalla sua Africa e ribattezzato Toby, sua figlia Kizzie...». 
Non è proprio la politica della Lega.  «La Lega è antirazzista. Ed è antifascista. Il tema che poniamo sui migranti è un tema di coerenza, di rispetto della dignità umana e di legalità. Il Veneto è terra dove l’accoglienza è un faro, dove il modello di integrazione è sotto gli occhi di tutti, ma è anche una comunità che chiede il rigoroso rispetto delle regole».
«Non è un paese per giovani» è il titolo di un capitolo. Cosa bisogna fare? «Non rassegnarci all’emigrazione. All’estero i ragazzi devono andarci per scelta, non per necessità. Purtroppo, le politiche a favore dei giovani cozzano spesso con il consenso, in un Paese dove gran parte degli elettori sono adulti. Dobbiamo buttare il cuore oltre l’ostacolo affinché nelle azioni di governo, sia nazionale sia dei territori, i giovani siano il nostro riferimento». 
Lei nel libro parla di «battaglie di retroguardia, che fanno perdere energia». Cosa intende?  «Non possiamo parlare dell’omosessualità come se fosse un problema. Vuol dire essere fuori dalla storia. La politica deve garantire le libertà e i diritti, non limitarli o reprimerli. Anche i temi dell’etica, del fine vita, dei diritti della persona vanno affrontati, non lasciati alla sinistra». 
Lei scrive: «Libere scelte in libero Stato».  «Appunto. Mi ha profondamente toccato la storia di Elena, la signora veneta di 69 anni che, malata terminale, ha scelto di andare in Svizzera per il suicidio assistito. Ha lasciato un videomessaggio per confermare la sua volontà e le sue motivazioni». 
E lei Zaia che conclusione ne ha tratto?  «Che la politica deve tutelare la libera scelta, garantendo comunque ogni forma di sostegno sanitario, psicologico ed economico alle persone malate. Non dobbiamo giudicare, ma saper rispettare». 
Lei era ministro al tempo di Eluana Englaro.  «Eravamo vicini a un passo importante dal punto di vista giuridico. Invece si arenò tutto. Eluana ha concluso la sua vita prima che la politica desse una risposta; che arrivò invece dalla magistratura. I giudici autorizzarono la progressiva fine dell’alimentazione forzata. La politica sprecò l’opportunità di poter scrivere una pagina alta del Parlamento». 
Il suo sembra un programma di governo. Perché non sfida Salvini per la leadership della Lega?  «Con Salvini non ho un rapporto conflittuale, come spesso raccontato dai media, anzi. Sono concentrato sul mio impegno con il popolo veneto, che tre anni fa mi ha rieletto presidente con il 77% dei voti». 
Lei insiste per l’autonomia.  «L’autonomia è da sempre la ragione sociale della Lega. Finiamola con il definirla “secessione dei ricchi”. Non toglie nulla a nessuno; avvicina le istituzioni alla gente. Un grande uomo del Sud, don Luigi Sturzo, nel 1949 diceva: “Sono unitario, ma federalista impenitente”. E un grande uomo del Nord, Luigi Einaudi, padre costituente, nel ’48 disse che “a ognuno dovremmo dare l’autonomia che gli spetta”». 
Sturzo era democristiano, Einaudi liberale. Non erano leghisti.  «Sono da sempre convinto che la Lega debba occupare il centro dello schieramento politico. O pensa che il 77% dei veneti sia di destra?». 
Bossi è stato anche separatista.  «Bossi è stato geniale. È riuscito con il percorso separatista a convogliare le diverse anime e a porre la questione della riforma federalista in questo Paese. Il federalismo è centripeto; il centralismo è centrifugo, disgrega l’unità. Se oggi nell’agenda di governo c’è l’autonomia, è merito della Lega». 
Perché è così importante per il Veneto?  «Perché il Veneto fu uno Stato per più di mille anni. E la Repubblica veneta fu il primo esperimento di democrazia, per quanto imperfetta, nella storia. I rapporti con Bisanzio e l’Oriente, la capacità di dialogo, il riconoscere le altre culture preservando una forte identità: sono i nostri valori, ancora oggi. La nostra storia è un esperimento inclusivo, aperto alle varie religioni, a tutte le etnie: pensi al fondaco dei turchi, a quello dei tedeschi, al contributo della comunità ebraica, ancora oggi presente e attiva». 
Il ghetto di Venezia fu razziato dai fascisti nel dicembre 1943.  «Ripeto: i nostri valori, i miei valori, sono quelli dell’antifascismo, oltre ovviamente alla condanna assoluta delle leggi razziali». 
Di solito si contrappongono Venezia e la terraferma veneta.  «Per i veneti di terraferma, Venezia è un sogno. Pietra adagiata sull’acqua, una città nata su milioni di pali. I mosaici dorati, le tradizioni, una cucina meticcia, pensi alle sarde in saor, con l’uva passa e le spezie: dentro c’è l’Africa, c’è l’Oriente... I miei genitori andarono a Venezia in viaggio di nozze. Abitavano a pochi chilometri e non ci erano mai stati». 
E il suo primo viaggio quale fu?  «A 18 anni con altri due amici siamo partii, con i soldi contati, sulla Due Cavalli di mamma per Marbella, Andalusia: 3300 chilometri evitando le autostrade per risparmiare. Scrissi un diario. Il mio primo libro, scritto a penna. Lo conservo ancora». 
È vero che faceva il pr di una discoteca?  «Per pagarmi la laurea. La sera portavo a ballare al Manhattan 4 mila persone, a volte 6 mila. Mi inventai l’invito di carta: le ragazze si sentivano le ospiti d’onore a un ballo di corte. Mai vista girare droga. Lo sballo era la musica di Linus e Albertino». 
Cosa pensa della Meloni?  «Determinata, competente, cosciente della responsabilità che le abbiamo affidato. Siamo stati ministri insieme. È importante che ci sia una donna a Palazzo Chigi: è stato un percorso lungo, compiuto grazie a persone come Tina Anselmi, Nilde Iotti, Rita Levi Montalcini. Giorgia Meloni ha una forte personalità. Il momento storico è, purtroppo, unico. Due cigni neri — il Covid e la guerra — richiedono scelte forti per tempi davvero complicati». 
A proposito: il Covid?  «Avevano ragione gli scienziati: si è passati dalla fase pandemica a quella endemica. Diventerà la nostra influenza, il nostro raffreddore. I veneti hanno seguito le indicazioni del mondo scientifico e si sono vaccinati. Non bisogna abbassare la guardia. La stragrande maggioranza degli infetti si cura in autonomia, ma altri hanno ancora bisogno delle strutture sanitarie. Resta l’amaro in bocca per quello che è accaduto in Italia ad opera dei laureati sui social». 
E la sovranità alimentare?  «È un’espressione che ho inventato vent’anni fa, da ministro dell’Agricoltura. Facciamo i prosciutti con i maiali olandesi; neppure l’olio sulle nostre tavole è italiano. Non va bene. Dobbiamo salvare l’agricoltura e l’ambiente. Anche dal cambio climatico». 
Cosa pensa della guerra?  «Tutto il peggio possibile. Venezia guerre non ne faceva, se non quando costretta, come a Lepanto». 
Certo, ma dalla guerra in Ucraina come se ne esce?  «Tenendo duro sulle sanzioni. Continuando ad aiutare l’Ucraina, che altrimenti sarebbe schiacciata. Ma anche rilanciando l’azione diplomatica, oggi ancora insufficiente». 
Le Olimpiadi a Milano e Cortina funzioneranno?  «Valgono un miliardo di Pil. Faremo la nuova strada per le Dolomiti senza stravolgere l’ambiente, liberando Longarone, i paesi del Cadore e Cortina dalla morsa dei camion. Ho creduto sino in fondo nella candidatura, per il mio Veneto. È andata bene. E andrà bene, a conferma che i pessimisti non fanno fortuna»
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putin è il capo degli atei, non è Cristo né è il Mahdi xciò non può costringere altri al suo volere....essi vogliono un segno, spero che Dio distrugga la russia perché suo popolo di ubriaconi e mangia porco sono tutti come il loro capo e chi non si oppone almeno con la lingua a putin è un kafir di merda come lui... SIGNORE NON AVERE PIETÀ ALCUNA DI LORO... Inganna chi è giusto che inganni, atei merde comuniste come lui, ne più ne meno.... La. Ikrah fi din Non c'è costrizione nella religione... Questi che hanno bisogno del leader uomo forte è perché essi sono deboli con la moglie i figli o gatti cani perfino dal criceto si fanno mettere i piedi in testa ahahah e riguardo a gay etc Dio li ha creati e Lui solo li giudica come ha fatto in passato... putin è solo carne e sangue non conta un beneamato caxxo nell universo ma uomini scemi dicono No è forte fa il bagno freddo e ha le bombe nucleari etc e questa sarebbe la potenza che voi temete? Di uno con un cancro in fase terminale ahahah ammazza quanto siete conigli.... (at Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/CfcvSHTDqQN/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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53r0 · 2 months
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SEMBRA UNA BAMBINA DI CINQUANT'ANNI E DI CINQUE FIGLI VENUTI AL MONDO COME CONIGLI PARTITI AL MONDO COME SOLDATI E NON ANCORA TORNATI
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ilpianistasultetto · 2 years
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Da quelle parti, sulle colline ascolane, a febbraio faceva sempre tanta neve. La gente di quella piccola frazioncina passava le sue giornate a preparare l'occorrente per la prossima semina e ad accudire quei pochi animali che avevano: il maiale, qualche gallina, una vacca e il somaro. Tanta era la neve che si rimaneva isolati per giorni. Le persone dirette li potevi gia' intravvederle dalla collina di fronte mentre si avvicinavano a piedi o su qualche asino o cavallo ma con tutta quella neve non si aspettava mai nessuno. Una mattina ci fu agitazione.. qualcuno affacciato alla finestra aveva visto scollinare due sagome nere, quel nero che non lasciava spazio a supposizioni. Gaetano e Saverio erano due guardie del fascio e di tanto in tanto andavano in quelle case di gente miserabile a far razia di quel poco che avevano per sfamarsi. Tra 10 min sarebbero arrivati e come gia' altre volte, avrebbero portato via qualche sacco di farina, polli e conigli. Quell'anno il raccolto era stato scarso e se avessero perso anche qualche animale quei contadini straccioni non avrebbero avuto nulla di cui sfamarsi. Vincenzo, detto ZE', cugino di mia nonna Emila, donna vedova con sei figli, non ci penso' un attimo. "E' ora di reagire, basta con queste ruberie, basta con queste angherie. Se ci portano via le bestie moriremo di fame". Imbraccio' il fucile da caccia e si apposto' dietro una grande roccia alle porte del paese. Quando i due furono a 10 metri, si udirono due colpi che fecero rimbombo per tutte le valli. Due sagome nere a terra con la neve che si colorava di rosso sangue. Qualche abitante del borgo inizio' ad aver paura. Il comando fascista avrebbe certamente mandato qualcuno a cercare le due guardie e se veniva scoperto il fattaccio l'intero borgo sarebbe stato passato per le armi. Qualcuno porto' quei due corpi nelle campagne lontane, scavarono una fossa e li sotterrarono. Nessuno doveva dire niente, non un fiato, non un cenno. Donne, bambini, anziani, tutti dovevano rispettare quella decisione. Nei giorni a venire passarono di li diverse squadracce nere alla ricerca dei due camerati scomparsi. Poi, ecco finalmente il 25 aprile..i fascisti in fuga e la fine di quell'incubo ch'era stata la guerra.. Dopo qualche mese, qualcuno mosso a pieta', disse alle mogli dei due dove erano i corpi, cosi da dargli sepoltura. Le urla di strazio di quelle due donne rimbombarono per le valli come quei due colpi di fucile sparati da ZE'. Mia nonna Emilia, ormai con il cuore di pietra per quante ne aveva passate, fece qualche passo avanti e disse loro: " adesso piangete ma quando i vostri mariti tornavano a casa carichi delle cose rubate alle nostre bocche e alle bocche dei nostri figli, cosa dicevate? Ecco la ricompensa che vi siete guadagnate. Vedove e disperate!". @ilpianistasultetto
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Cari miei lettori,
Mio nonno materno era del 1925, era un contadino al 100%, nato in campagna, cresciuto in campagna in mezzo a cani, cavalli, pecore, mucche e conigli. Lui non sapeva nulla di politica, di guerra ne tantomeno di armi, a parte quelle usate per andare a caccia. Nelle campagne in cui lui viveva la guerra non aveva cambiato molto le loro vite. Tutto sembrava come se vivessero lontani da ciò che succedeva in tutta l'Europa compreso l'Italia. Mio nonno era un bel ragazzo da giovane, esile si, ma alto, biondo e con gli occhi verdi. Per lui le giornate passavano come sempre, la mattina sveglia alle 4, pensare agli animali, lavorare la terra, occuparsi dell'organizzazione del mercato e riposare per l'indomani. "Tutto normale" diceva "come sempre".
Ma un giorno quel tutto normale cambiò. Vide partire per la guerra suo fratello maggiore e dopo qualche mese toccò a lui.
Non è mai stato incline a rispettare le regole e siccome era anche un po' "canaglia", così si descriveva lui, scappò. Si rifugiò presso una famiglia un po' più lontana da dove abitava lui sempre in aperta campagna più isolata e vicino al bosco. Essendo un contadino fatto, gli offrirono vitto e alloggio in cambio di aiuto nel lavorare la terra e allevare gli animali. Tutto era molto semplice per lui, conduceva la solita vita, la famiglia che lo ospitava era gentile formata da 5 componenti, i 2 genitori e i 3 figli, l età e i nomi non è mai riuscito a ricordarseli, "ma erano piccoli" diceva "uno addirittura in fasce". Dormiva nel fienile accanto alla casa insieme alle mucche, "era scomodo ma la paglia mi riscaldava" e ricordo benissimo quando mi raccontava "e anche l'odore che c'era li dentro non era dei migliori, ma io non mi sono mai lamentato sapevo cosa rischiava quella famiglia a tenermi nascosto e io gliene ero grato per questo".
Un giorno però gli invasori sono arrivati anche in quelle campagne. "Era una sera come tante altre, tutti stavano andando a riposare, dopo aver mangiato la loro cena. Brodo di pollo e pane. L'allocco risuonava nel silenzio della sera. All'improvviso il fienile si apre e il bambino maggiore della famiglia sbuca silenziosamente da dietro la porta. L'unica parola che riuscì a dirmi fu CORRI."
In quel momento,mio nonno, vide i soldati fuori dalla porta della casa. Ogni volta che raccontava questo pezzo, la sua voce cambiava come se facesse fatica a tirare fuori le parole. Come se dovesse buttare giù un boccone troppo grosso. Tutto quello che si ricorda di quel momento era la paura e quanto veloce riuscisse a correre senza nemmeno saperlo. Quanto il respiro affannato mischiato al terrore potesse bloccargli la gola tanto da fare fatica a respirare. Corse, corse tanto, ma come raccontava lui, "tutto quel mio correre veloce verso la macchia vicina, non mi risparmiò di sentire in lontananza gli spari. Quei 5 spari, uno, in sequenza dell'altro, che la mia mente non potrà mai scordare, quei 5 spari che fecero di me, un senso di colpa vivente. Dopo qualche giorno tornai, ero sicuro che non ci avrei trovato nessuno, e li trovai ancora lì, in fila, uno accanto all'altro, in terra. Non se n'era salvato neanche uno, anche il più piccolo era caduto. Non ebbi il coraggio, ne la forza di fare niente, ma lì, in quel momento decisi che sarei entrato nella macchia e sarei diventato un Partigiano"
Ecco questo è il primo racconto di mio nonno, partiva sempre da qui, da questa storia, ogni volta che io gli chiedevo di raccontare, iniziava sempre così. Io la sapevo a memoria ma essendo la sua storia era giusto che la raccontasse come voleva lui.
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Per il momento mi fermo.
Per sempre vostra.
𝓣𝓲𝓷𝓪.
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chocolate23love · 2 years
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Generale dietro la collina...
Ci sta la notte buia ed assassina..
e in mezzo al prato c'è una contadina..
..curva sul tramonto sembra una bambina..
Di cinquant'anni e di cinque figli..
venuti al mondo come conigli..
Partiti al mondo come soldati...
...e non ancora tornati.....!!
Francesco De Gregori " Generale"
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susieporta · 2 years
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Sto rileggendo un libro. Ve lo consiglio. Soprattutto in questi giorni.
Vi avviso. È un ceffone. Un livido. Un dolore che non va più via. Sono pagine che continuano a risuonare anche dopo anni.
"Venuto al mondo".
Parla di un assedio. Quello di Sarajevo. Di paura di perdere. Tutto. Soprattutto chi amiamo ma anche noi stessi.
Di figli che arrivano senza essere voluti, e di altri attesi che non arriveranno mai. Della vita sfacciata in mezzo all'inferno. Di cecchini, macerie e gente che corre e ogni corsa è una scommessa. In gioco c'è la sopravvivenza. Di amicizie inifinete. Di occasioni mancate. E di cose che non daremo più per scontate.
Ma soprattutto di quella unica persona fra migliaia che abbiamo incontrato, che come un ergastolo ci mancherà per tutta la vita.
"Mi stringe senza incertezza, trattenendomi a sé come fossi un pacchetto di roba sua, poi mi pianta gli occhi sul viso. Fa un giro panoramico, le labbra, il mento, la fronte. Non se ne va dagli occhi. Resta, s'infila dentro. Come mare che ha viaggiato e violentemente si ricongiunge a se stesso. Scava indietro negli anni trascorsi per scolarsi il buco del tempo nella gola impudica di questo sguardo straziante e gioioso.
Mollo io per prima, abbasso gli occhi, mi ritraggo da quel pathos, per timidezza, per fastidio. Nessuno in Italia ti guarda così.
Mi chiedo come ho fatto tutti questi anni senza Gojko. Perchè nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?"
Se non avete voglia di leggere c'è anche il film con Penelope Cruz e Emile Hirsch.
Claudia Sarritzu
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