Tumgik
#ecco sapete a chi chiedere
deathshallbenomore · 1 year
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indoviniamo tuttə insieme chi ha acquistato una quantità industriale di rooibos “perché è tipico, è caratteristico, è locale, costa poco” senza essere sicura che le piacesse, e infatti non le piace neanche così tanto? esatto
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ambrenoir · 8 months
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Ecco perché i 4 accordi Toltechi aiutano nel cammino verso la libertà
1. “Essere impeccabile con la tua parola”
“La parola è potente. Usatela nel modo giusto, usatela per condividere l’amore. Ditevi quanto siete meravigliosi, quanto siete grandi. Ditevi quanto vi amate. Usate la parola per rompere tutti i piccoli accordi che vi fanno soffrire… Questo accordo da solo può cambiare la vostra vita. L’impeccabilità della parola può guidarvi verso la libertà personale, verso il successo e l’abbondanza. Può togliervi la paura e trasformarla in gioia e amore.”
2. “Non prendere nulla personalmente”
“Il mondo intero può spettegolare su di voi, ma se non lo prendete in modo personale siete immuni. Se qualcuno vi manda il suo veleno emozionale, voi non lo inghiottite. Il veleno rifiutato peggiora la situazione di chi l’ha inviato, ma non la vostra. Vedete ora quanto è importante questo accordo.”
3. “Non fare ipotesi”
“Abbiate il coraggio di chiedere finché la situazione non vi sembrerà chiara e anche allora evitate di pensare che sapete tutto ciò che c’è da sapere su quel determinato argomento. Una volta udita la risposta, non c’è più bisogno di supporre nulla, perché conoscete la verità. Trovate il coraggio anche per chiedere ciò che desiderate. Gli altri hanno il diritto di rispondere sì o no, ma voi avete sempre il diritto di chiedere. Allo stesso modo, quando gli altri vi chiedono qualcosa, è vostro diritto concedergliela oppure no.”
4. “Fai sempre del tuo meglio”
“Dite no quando volete dire no e sì quando volete dire sì. Avete il diritto di essere voi stessi e potete esserlo soltanto se fate del vostro meglio. Quando non lo fate, vi negate il diritto di essere voi stessi. Questo è un seme che dovreste coltivare nella mente. Non sono necessarie conoscenze o grandi concetti filosofici, né essere accettati dagli altri. Esprimete la vostra divinità essendo vivi e amando voi stessi e gli altri. E’ un’espressione divina dire: “Ti voglio bene”.
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claudiotrezzani · 10 months
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Chi ha scattato sa dov'era. Che poi, mica detto. Sia per difficoltà di topografica individuazione. Sia per labilità di memoria, trascorso tempo. La mia memoria, soprattutto. Ecco allora lo strumento prezioso della geolocalizzazione enbedded in file. Ma conta niente, questo. Perché univocamente definire, limita. Serve all'archivio, non all'emozione. Può allora giovare svuotar l'oggetto, nel consegnarlo agli osservatori. Svuotar l'oggetto? Sapete, io so dov'ero quando ho realizzato la fotografia a corredo di questo brano. Cripta di chiesa, non è importante che chiesa. E non è importante la letteralità della situazione. Perché univocamente definire limita, dicevo. Io ci vidi una anabasi, anche se Ciro Il Giovane non c'entra. Una inclinata anabasi verso luce, nonostante sbarre. Come la finestra fosse di prigione, non di cripta. Ma c'è chi va ben oltre. Clara Gavazzeni va ben oltre. Mi scrive: ombre e impronte. Sì, quell'intonaco scrostato come superficie di umano calpestio. C'è da chiedere a Senofonte se quell'orma è del satrapo che muove contro il  Gran Re di Persia, sto ritornando all'analogia dell'anabasi. Eccoli, i fili. Chi scatta conosce la letteralità; chi guarda vola alla metafora. Chi scatta eppur tenta straniarsi; chi guarda rafforza e nobilita il tentativo. Questa fotografia ha iniziato a viaggiare quando Clara vi ha posto il suo sguardo alato. Per cui, sì, l'oggetto è da svuotare. Ogni fotografia è suscettibile di svuotamento. Per rinascere, svuotarsi. Arricchirsi di novella vita, la vita di chi guardando trasfigura. All rights reserved Claudio Trezzani
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sfiorisce · 1 year
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Carissimi compagni di viaggio, 
mi ricordo ancora il giorno in cui vi ho scoperti, tutti insieme, ero così emozionata e rassicurata all’idea di avervi trovato perché sapevo che grazie a voi ogni cosa sarebbe stata sotto il mio controllo.
Mi siete venuti in aiuto in diversi momenti, nei dubbi ma soprattutto nei silenzi, laddove mancavano informazioni voi, prontamente, avete colmato le lacune. Vi ho amati e odiati, siete stati anche motivo d’ansia e di lacrime, ne abbiamo passate tante insieme. Ma adesso che pian piano vi sto salutando un po’ mi dispiace, quasi che mi ero affezionata a voi, chissà chi vi verrà a sostituire, impiegherò del tempo a riconoscervi? O sarà immediato?
Una volta sola ho avuto il coraggio di parlare di voi ma ahimé non siete piacuti, pazienza.
Chi sono i miei compagni di viaggio? Beh, non ha importanza saperlo.
Sono solo pezzi delle mie insicurezze che, periodicamente, assumono forme diverse. 
A volte sono persone, a volte vestiti, quaderni, parole, penne, non ha importanza  il loro aspetto, conta solo il loro significato.
Che poi si sa, non siamo circondati da oggetti ma solo dalle nostre idee su di essi, dalle nostre proiezioni e pensieri. Conta per noi più l’oggetto in sé, la persona in sé o l’idea che noi abbiamo di essi?
Non ce ne rendiamo conto spesso, però a volte le nostre paure ed insicurezze possono assumere persino l’aspetto di una persona che ci vuole bene, questa all’improvviso, ai nostri occhi, diventa un nemico e non la riconosciamo più. Poi quando spariscono le paure, perché vanno ad assumere un’altra forma, allora ritroviamo la persona di un tempo e pensiamo “ecco dov’era finita! “.
Dunque, i miei compagni di viaggio, per un periodo hanno un certo aspetto, poi cambiano e ne assumono un altro, poi un altro e un altro ancora.
Ed è così che per un po’, una persona mi risulta meno tollerabile, una situazione irrisolvibile, un ostacolo invalicabile, una paura senza limiti, possono trascorrere anche dei mesi, poi torno sui miei passi, questo perché i miei compagni di viaggio avevano preso casa lì poi ad un certo punto si sono trasferiti altrove.
Tornando al discorso di prima, siamo circondati dalle nostre idee e da poco altro, per carità, l’altro c’è, ma in una piccola percentuale rispetto alle idee. Ognuno si costruisce il proprio mondo e sulla base dei propri pensieri ogni persona o cosa assume un significato particolare, in effetti dentro al nostro mondo siamo un po’ soli.
Pesa più l’dea e la proiezione di noi stessi in ciò che ci circonda.
Cosa potranno essere i miei compagni di viaggio nei prossimi mesi? Magari i quaderni su cui scriverò gli appunti dei miei ultimi esami? 
Non so, per il momento è in corso il trasferimento, qualcuno che mi sembrava ostile ora scopro che non lo è davvero, qualcuno che mi sembrava amico ora lo odio.
Ogni tanto tutta la mia vita in effetti sembra assumere un aspetto completamente diverso. 
Un po’ devo ammettere mi sembra una messa in scena inutile.
Me li immagino così i miei soldatini di schiaccianoci, si affannano per costruire il set di una scena del film, io sempre la protagonista, si stabiliscono poi gli antagonisti, i luoghi, gli alleati, le dinamiche e ciak si gira! 
Poi si smonta tutto, in fretta e furia, i ruoli cambiano e si ricomincia.
Però, voi ultimi e fedelissimi compagni di viaggio, di certo voi mi siete rimasti nel cuore e non vi dimenticherò con facilità, che mi sia di lezione e che impari da quello che mi avete fatto vivere. 
Lasciatemi un incoraggiamento! Insegnatemi almeno voi qualcosa di prezioso.
Leggo queste parole agli attori del set, mentre i soldatini smontano ciò che c’è da smontare, loro ne hanno passate tante sapete? 
Un po’ mi fanno tenerezza questi poveretti schiaccianoci, guidati da me, hanno dovuto affrontare guerre, delusioni, vasi rotti, violoncelli, urla strazianti e chi più ne ha più ne metta. Talvolta potrei anche chiedere loro di mettere su un set più rassicurante, però questo mi è possibile solo se voi, compagni di viaggio, mi insegnate come.
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der-papero · 3 years
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Andiamo a rubare con Papero - Lezione 9 (parte 1) - Per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare???
Buongiorno, miei cari Paperdiscepoli, si torna a parlare di Internet, e oggi vediamo come funziona un DNS, e nella successiva seconda parte come incular ... ehm ... come alterare il suo funzionamento per fargli fare quello che vogliamo.
Poiché la lezione di oggi verte su come chiedere informazioni per recarsi in un determinato luogo, chi meglio del Nostro Maestro Supremo può introdurre l'argomento?
Bon, pagato il mio perenne tributo alla divinità napoletana che mi ha permesso di essere quello che sono, andiamo subito sul pezzo che, se ce la facciamo, interrogo pure oggi e, se va bene, boccio anche qualcuno.
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Nota: @belinde aveva già affrontato l'argomento con una simpatica storia che potete leggere qui: https://belinde.tumblr.com/post/647396407510220800
Fino a questo momento, parlando di Internet, io ho sempre parlato di indirizzi IP, anche perché quelli sono gli identificativi di ogni dispositivo connesso ad Internet. Ma sapete anche, dall'esperienza quotidiana, che per navigare non è che vi mettete a sparare numeri a lotto, bensì digitate un indirizzo simbolico, facile da ricordare, e il vostro browser si collega poi al server giusto (in teoria, e capirete nella seconda parte perché ho scritto in teoria). Ad esempio, per collegarvi a Tumblr, scrivete www.tumblr.com, e non 192.0.77.40, ovvero il suo reale indirizzo IP, e il browser fa il resto.
Ma come fa il browser a capire che a www.tumblr.com corrisponde 192.0.77.40? Venite con me!
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Usando una delle mie famose metafore, supponiamo che il Rag. Fantozzi stia cercando l'indirizzo della Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare.
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Cammina per strada e all'improvviso incrocia il Rag. Filini.
"Scusi, Filini, sa dirmi dove abita la Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare?"
Con quel suo solito fare da tuttologo-che-non-sa-un-cazzo, risponde "no, ragioniere, guardi, non lo so, ma me ne occupo io, sono esperto di queste cose, sa? Non si muova da qua, eh?" - "quindi io non vado?" - "no, non vadi, ragioniere, mi aspetti qui".
Filini si reca in un posto dove c'è un esperto che potrebbe conoscere la contessa. Chiede: "scusi, sa mica dove posso trovare la Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare?". L'esperto, dal forte accento romano e con una panza importante, risponde
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"AO', non ce o so dove sta a Contessa tua, venite tutti qua a rompe li coglioni alla gente onesta e lavoratrice, ma li mortaaaaaci vostri!" - "Mario, ma chi è alla porta?" - "Niente, Teresi', è un altro di quei cornuti che vonno sape' daaaa Contessa. Senti, aaa coso, te voglio aiuta', stamme a senti': conosco un posto dove ce stanno tutti i Viendalmare ... TIE', va' qua, e di' che te manno io, HAI CAPITOOOO???".
Armato di santa pazienza, si dirige in questo altro luogo, bussa e risponde il classico imprenditore della Milano da bere. "Cosa è che vuole? Parli piano e scandito, che ho fatto un casino questa notte al Pirata, 2500 euro di champagne ..." - "Guido, ma chi è alla porta?" - "Ma niente, tesoro, è il classico drogato che rompe i coglioni! Ma cosa vuoi, testa?"
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"Si', chiedo scusa, volevo chiedere se sapeva dirmi dove posso trovare la Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare" - "'scolta, animale, io non ho mica da perdere tempo qua, eh, ho da partire per l'Hotel Cristallo di Cortina. Ma sembri uno simpatico, mi scatta l'approvazione, voglio aiutare un giovane come te! Conosco gente importante, gente giusta, con tanto grano, che sanno tutto riguardo ai Mazzanti-Viendalmare. Vai qui, di' che ti manda il Dogui, risultato ga-ran-ti-to! Oh, rapido, mi raccomando!"
Inizia a preoccuparsi che non ne verrà mai a capo, e si reca nella terza casa, dove trova un signore abbastanza basso, un po' in carne, pochi capelli col riporto. "SIIII?" - "Sì, chiedo scusa, sa per caso dove posso trovare la Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare?" - "OOOO MADONNA BENEDETTA DELL'INCORONETA, tutti qua venite? Chi le ha deto il mio indirizzo?" - "Un certo Dogui"
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"Maleducheti sindacheti maledetti lama carniti bentorneti e bentroveti!" - "Nico', chi è?" - "Ma niente, Addolereta, è un terrone maledetto, che se non se va gli spezzo la noce del chepocollo e gli metto le vertebre a trecollo! Sì che conosco la maledetta disgrazieta Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare, la trovi qua, e dille che mi sta sulle pelle" - "In senso epidermico?" - "Noooo di pelle, di rottura di pelle, MI HA ROTTO LE PELLE, VA BENEEEE?????".
Finalmente riesce a tornare dal ragioniere, che l'avevamo lasciato lì per strada ad attendere per tanto tempo, con l'indirizzo della Contessa.
Subito dopo, passa un certo Calboni, e chiede "Scusi, Filini, sa mica dove posso trovare la Contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare?" - "Sì, ecco l'indirizzo".
E il ragioniere, sussurrando in preda al disagio, "ma ... ma ... come? scusi, eh, io ho aspettato tutto questo tempo!"
Calboni, mollandogli un pizzicotto: "EEEE BRAVO, PUCCETTOOOO!!!"
Filini: "oooohhhh, insomma, ragioniere, non stia sempre a lamentarsi, eh. E adesso vadi, su, VADI!".
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Trasliamo questo stupendo racconto nel mondo dell'Internette. Premetto che gli indirizzi IP che userò nell’esempio sono inventati di sana pianta.
Nel mondo dei computer, i server che conoscono i vari indirizzi IP e hanno una mappa di quali siano gli indirizzi sulla base dei nomi simbolici vanno sotto il nome di DNS, Domain Name System.
Guardiamo insieme la seguente figura.
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Il Rag. Fantozzi è il nostro PC, sa che vuole andare su www.google.com, ma non conosce l'indirizzo IP corrispondente. Il Rag. Filini è il primo DNS col quale il nostro PC parla, ed è quello del nostro Internet Provider (ISP). Il PC conosce l'indirizzo IP di questo DNS (204.75.1.27), perché gli viene indicato dal nostro gestore quando il nostro router si collega per la prima volta al provider. Ogni DNS possiede nella propria memoria una tabella che, per semplificare la spiegazione, supponiamo vuota in un primo momento.
Quando digitiamo www.google.com nel browser, il nostro PC, come prima azione, chiede al DNS del nostro provider quale sia l'indirizzo IP corrispondente. Il DNS guarda nella propria tabella (in azzurro) e non trova alcuna occorrenza. A questo punto, mette in attesa il nostro PC e si rivolge ad uno dei Root DNS del pianeta. I Root DNS sono un insieme di server che appartengono a vari enti governativi/enti pubblici/grandi corporazioni, dovrebbero essere 13, e che hanno i primi riferimenti verso altri DNS server. Gli indirizzi di questi Root DNS sono noti a tutti, quindi ogni DNS li conosce a priori.
Il DNS del nostro provider, con la richiesta numero 1 (ovvero Filini che si rivolge al romano), chiede di www.google.com al Root DNS, con l’indirizzo 175.10.97.24. Questo cerca www.google.com nella sua tabella, non trova nulla, e risponde "non conosco www.google.com, ma posso venirti incontro e dirti chi conosce gli indirizzi che finiscono in .com". Così restituisce al DNS del provider l'indirizzo del server DNS di tutti gli indirizzi .com, ovvero 15.3.104.9. A questo punto (così come Filini si rivolge al milanese), con la richiesta 2, il DNS del provider si rivolge al secondo server DNS, 15.3.104.9, e chiede nuovamente di www.google.com. Succede la stessa cosa che è capitata prima: cerca nella propria tabella, non trova www.google.com, ma risponde "non conosco www.google.com, ma posso aiutarti, e dirti chi conosce tutti gli indirizzi che finiscono in .google.com", ovvero 75.21.57.4. Infine, con la richiesta 3, il DNS del provider si rivolge a 75.21.57.4 (il pugliese), chiede di www.google.com, questo server DNS cerca nella propria tabella, trova l'indirizzo di www.google.com che corrisponde a 9.3.209.95 e lo restituisce al provider.
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Oltre a restituire l'indirizzo IP, restituisce anche una indicazione di tempo, nell'esempio che ho fatto è pari a 24 ore. In pratica la risposta sarà "sì, conosco l'indirizzo di www.google.com, è pari a 9.3.209.95, e sappi che sarà sempre questo per le prossime 24 ore, quindi puoi fare a meno di richiedermelo fino a domani".
A questo punto, il DNS del nostro provider annota, nella sua tabella interna (azione 4), che a www.google.com corrisponde 9.3.209.95, che l'indirizzo è valido per 24 ore e finalmente, dopo una lunga attesa, comunica l'indirizzo al browser del nostro PC, che potrà finalmente connettersi e scaricare la pagina. L'intervallo temporale per il quale un indirizzo rimane valido si chiama TTL, ovvero Time To Live. La tabella interna di ogni server DNS va sotto il nome di Cache.
Il nostro vicino di casa (Calboni) chiede pochi istanti dopo, allo stesso DNS 204.75.1.27 (perché ha il nostro stesso provider, magari) l'indirizzo di www.google.com. Poiché l'indirizzo è già nella tabella e le 24 ore non sono ancora trascorse, il DNS non dovrà più fare tutto il cinema di chiedere in giro per il pianeta, potrà direttamente rispondere con l'indirizzo giusto, facendoci fare la figura dei puccettoni.
Ecco come tutti gli indirizzi che usate quotidianamente per navigare e connettervi ai vari servizi vengono tradotti in indirizzi IP, grazie al lavoro costante e paziente di migliaia e migliaia di server che hanno in pancia una rubrica più o meno lunga di nomi e indirizzi IP.
Ovviamente, poteva mancare la nostra rottura di coglioni per rompere tutto il giocattolo? CERTO CHE NO, e vedremo come scassare tutto il sistema con una tecnica che va sotto il nome di
DNS Cache Poisoning
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thousandyears3005 · 2 years
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L'unica mia costante nella vita?
Siete voi.
Dalle amicizie di merda, alle ex che ti hanno tradito, dalle persone che meno ti aspettavi che ti potessero ferire/deludere a quelle con cui non hai niente a che fare eppure devono romperti il cazzo. Da quelli che ti giudicano senza sapere un minimo di te, a quelli che pur sapendo tutto o quasi, lo fanno ugualmente.
Tutti voi, belle facce davanti e poi dietro si salvi chi può.
Sapete qual'è la costante di tutti voi che ho purtroppo incontrato nella vita?
Che in un modo o nell'altro siete sempre ritornati.
La gente torna sempre, come la merda, che non se ne va, galleggia.
Ecco voi siete la mia merda.
La differenza tra noi? Io ho chiuso, da tempo, voi invece no.
Ad alcuni di voi ci sono voluti giorni, altri mesi, altri ancora addirittura anni; ma la costante è sempre la stessa, siete tutti ritornati, buffa come cosa.
Il fatto è che siete il nulla. Siete zero.
Davvero pensate che basta chiedere scusa e puff tutto apposto?
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Un consiglio, faccio parte del vostro passato? Lasciatemi lì che è meglio, e soprattutto: andate avanti.
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corallorosso · 4 years
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Qualche giorno fa mi sono preso del “classista” perché ho fatto notare che siamo il paese con meno laureati in Europa assieme alla Romania, il paese che guida la classifica europea per quanto riguarda l’analfabetismo funzionale assieme alla Spagna, il paese europeo nel quale, secondo uno studio dell’Ocse, la percezione dei cittadini è più distante dalla realtà dei fatti su una moltitudine di temi di attualità. In pratica, secondo molte persone, far notare che siamo diventati un paese profondamente ignorante, è “classista”. E sapete perché? Perché da anni, ormai, la politica e buona parte dell’informazione fanno a gara a spiegarci che “la colpa non è del popolo”; che “il popolo ha sempre ragione”, che “il mondo l’hanno rovinato quelli in giacca e cravatta”, i famosi “professoroni” nemici giurati di ogni partito o movimento populista. La cultura, per buona parte del nostro paese, ormai è vista come un disvalore. Così fioccano i no mask, i no vax, i negazionisti, i no 5g e tutto quel campionario di idioti che ormai abbiamo imparato tristemente a conoscere bene. Perché la parola del tizio con la 3a media che si informa sui siti internet, per tutti loro, vale quanto quella dello scienziato, anzi, di più, perché il suddetto tizio informato non è pagato da chissà quale potere forte. Tutto questo, probabilmente, è iniziato qualche anno fa, quando Beppe Grillo gridava sul palco che bisognava mettere una “massaia che sa far quadrare i conti a casa” a fare il ministro dell’economia. E molti hanno creduto che fosse un ragionamento sensato. Ad alcuni di noi, lì per lì, è sembrato di vivere dentro un film distopico, poi ci siamo abituati. Fatto sta che oggi, anche a sinistra, far notare che è urgente innalzare il livello culturale medio del paese, risulta un discorso “snob”, “classista”. Forse in molti hanno dimenticato la lezione di Gramsci. Non ci sarà mai modo di correggere gli errori sistemici nei quali siamo immersi, dal razzismo alla violenza, dal sessismo all’incapacità di distinguere chi si approfitta di loro politicamente, se non si parte dalla cultura. Perché, da sempre, un popolo ignorante è più facile da controllare, da raggirare. Basta agitargli un “nemico immaginario” davanti agli occhi per ottenere un consenso plebiscitario. L’aveva capito Goebbels (e prima di lui Le Bon) e di sicuro non lo hanno dimenticato gli attuali leader populisti e sovranisti. La differenza tra l’egemonia culturale teorizzata da Gramsci e gli attuali, ridicoli, fan della “competenza” sta nel disprezzo per il popolo. Bisogna amare il popolo, per volere che sia migliore. E Gramsci amava il popolo. I “progressisti” attuali, nella stragrande maggioranza dei casi, lo disprezzano. Vedono l’ignorante come uno al quale togliere il diritto di voto, non come un compagno da aiutare, come una vittima inconsapevole di un sistema malato. Ecco: il bug del sistema sta tutto lì. Così le destre populiste e sovraniste hanno buon gioco a dire alle masse di ignoranti che va tutto bene, che sono perfetti così, che hanno una marcia in più degli altri “perché sono italiani”, tanto, dall’altra parte, hanno quelli che, effettivamente, li disprezzano. E voi chi votereste? Per chi simpatizzereste? Per uno che vi dà del coglione e vi vuole togliere il diritto di voto o per uno che vi dice che siete dei gran fichi così come siete? La sinistra ha abbandonato quelle persone e le ha lasciate nelle mani della destra populista, è un dato di fatto. Parlare di “cultura” non è e non deve essere un modo per tracciare una riga tra “noi” e “loro”, chiedere cultura per tutti, rivoluzionare un sistema che la nega, dovrebbe essere il primo punto nell’agenda di qualsiasi partito che voglia dirsi “di sinistra”. E ora, se volete, ripetetemi pure che sono classista. Emiliano Rubbi
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donaruz · 3 years
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Non sono un ladro ne' un assassino: sono semplicemente un ribelle. Non vi riconosco il diritto di interrogarmi, perche' qui, sono io l'accusatore.
Accuso questa societa' matrigna e corrotta, in cui l'orgia, l'ozio e la rapina trionfano impuniti e anzi venerati, sulla miseria e sul dolore degli sfruttati. Voi cianciate di furti, voi mi chiamate ladro come se un lavoratore che ha dato alla societa' trent'anni della sua avvilente fatica per poi non avere neppure il pane per sfamarsi, un cencio per coprirsi, un canile in cui rifugiarsi, potesse mai essere un ladro.
Voi sapete bene che mentite, voi sapete meglio di me che e' furto lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che se al mondo vi sono dei ladri, questi vanno cercati tra coloro che oziando gozzovigliano a spese dei miserabili, i quali producono tutto, con le proprie mani martoriate.
Voi stessi sareste capaci di condividere cio' che sto per dirvi: che scopo dell'essere umano e' la liberta' e il benessere. Ma la prima non puo' trionfare se non grazie alla rivolta contro chi devasta la civile convivenza perseguendo soltanto il proprio profitto, e il secondo si realizzera' soltanto con la violenta distruzione degli intollerabili privilegi di un'oligarchia razziatrice.
E' per questo che sono anarchico. Perche' ho il diritto di essere libero riconoscendo come limite alla mia liberta' la liberta' altrui. E ho consacrato ogni mio pensiero, ogni mia parola e ogni mio sforzo, tutta la vita, a debellare i vostri insani principi di autorita' e proprieta', aspirando a distruggere il vecchio ordine sociale, perche' non ritengo assurdo ne' utopico che dalle nostre menti, dai nostri cuori e dalle nostre braccia possa scaturire un mondo migliore, dove liberta' e benessere siano il frutto dell'eguaglianza e dell'armonia, in una societa' che bandisca lo sfruttamento e persegua le regole della solidarieta' e della reciprocita', in nome del rispetto della vita umana che voi, difendendo i piu' sordidi interessi delle classi privilegiate, soffocate con leggi che insegnano e propagano il disprezzo e la sopraffazione.
Sareste cosi' temerari da negare tutto cio'?
A smentirvi basterebbero le brutali statistiche delle quali cito qualche esempio: nelle fabbriche di vernici o di specchi, i lavoratori sono avvelenati dai sali di piombo e di mercurio, falciati a migliaia nel vigore degli anni, quando sappiamo che la scienza ha dimostrato che questi micidiali sistemi di produzione potrebbero, con poca spesa e minimo sacrificio, essere sostituiti da metodi e prodotti inoffensivi. Le fabbriche di giocattoli intossicano con eguale disinvoltura gli operai che li confezionano e i bambini a cui sono destinati, per non parlare delle miniere, bolge orrende dove migliaia di disgraziati, estranei al mondo, al sole, a un barlume di affetto, sono destinati all'abbrutimento per fare la fortuna di un ignobile pugno di parassiti. Tutto il vostro sistema di produzione e' un insulto alla vita, e un crimine contro l'umanita'.
E lo sfruttamento dell'uomo non e' ancora il piu' feroce e cinico: che dire dello sfruttamento della donna, verso la quale la vostra societa' e' addirittura piu' spietata?
Oh, io le ho viste, e tante, gagliarde, nel fiore della giovinezza, piene di salute, arrivare dalle campagne avare alla citta' piovra. Rideva nei loro occhi la speranza, con sana freschezza nutrivano la fiducia di giungere finalmente nella terra promessa del lavoro, della prosperita', del benessere. Le ho riviste qualche tempo dopo, uscire dai vostri ergastoli senz'aria e senza luce che chiamate fabbriche, lavorando dieci, dodici o quattordici ore per il pane, sognando un'agiatezza che l'onesta fatica non concedera' mai, le ho riviste anemiche, stanche, esauste, nauseate da un lavoro schiavista e dal vostro cinismo. Le ho riviste a tarda notte nelle taverne dei sobborghi, sul lastricato, tra le pozzanghere, guadagnarsi il pane e un rifugio ricorrendo al piu' umiliante mercimonio. Le ho riviste nelle celle delle gendarmerie, schedate, bollate dal marchio dell'infamia, queste poverette che la vostra societa' ipocrita relega al margine. Le ho viste intristirsi, inasprirsi sotto la sferza della fatica e della miseria, non credere piu' nella vita, non credere piu' nell'avvenire, non credere piu' nell'amore, proprio loro che all'amore si erano concesse sorridendo e avevano salutato la nuova culla con lacrime di gioia. E sotto quell'accidia ho visto germinare le delusioni che si trasformano in disperazione, scatenando violenze e l'abbandono della famiglia, questo istituto a vostro dire sacro di cui vi autoproclamate sacerdoti, custodi e paladini.
E in cuor mio, non vi ho piu' perdonato.
Sono un operaio che non ha sopportato a capo chino, e prima, ero carne da cannone, tornato dalla bassa macelleria del 1870 straziato dalle ferite e spezzato dai reumatismi. Nei tristi androni dell'ospedale ho avuto tempo, molto tempo, per riflettere su quanto la patria aveva voluto da me e quanto la patria mi aveva dato. Prima mi avete annebbiato il cervello di menzogne, odio e furore selvaggio, per poi farmi avventare in nome dell'onore e della gloria della Francia, tra rulli di tamburi e squilli di fanfare, contro il nemico.
Il nemico? Li ho visti faccia a faccia, i nemici: erano poveracci come noi, che avanzavano verso la carneficina mesti, docili, inconsapevoli quanto noi di essere strumento di calcoli che di la' come di qua dalla frontiera rinsaldavano i diritti feudali di vita e di morte sui sudditi.
Il nemico e' qui. Dentro le frontiere segnate dal capriccio e dalla bramosia di profitto dei governi. L'umanita' che soffre e lavora, quella e' la nostra patria. Il nemico, e' l'oligarchia ladra che si ingozza sul nostro sudore. Non ci ingannate piu'.
Voi ci avete spediti al di la' del mare contro popoli che chiedevano soltanto di mantenere inviolato il proprio focolare. In nome della vostra civilta' ci avete incitato allo stupro, al saccheggio, alla strage, per sete di conquista. E dopo tanto orrore e ferocia, avete la sfrontatezza di giudicare i disgraziati che vedendosi negato il diritto a una dignitosa esistenza, hanno avuto almeno il coraggio di andarsi a prendere il necessario la' dove abbonda il superfluo?
Ecco perche' mi trovo qui: per aver gridato forte e chiaro cio' che Proudhon si e' limitato a pronunciare a bassa voce davanti a un'accademia di benpensanti: che la proprieta', se non nasce dal lavoro, se non germoglia dal risparmio, dall'abnegazione, dall'onesto vivere, e' un furto. Voi avete fatto della proprieta' un'istituzione. Egoista e una pratica selvaggia a cui tributate venerazione, mentre i miserabili devono a essa i dolori, l'odio e le maledizioni.
Io non tendo la mano a chiedere l'elemosina. Io pretendo che mi sia riconosciuto il diritto a riprendermi cio' che mi e' stato tolto da una congrega di accaparratori, ladri e corrotti.
Non mi ingannate piu'. E, in cuor mio, non vi perdono.
CLEMENT DUVAL
La fiaccola dell' Anarchia fb
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amberphone · 4 years
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Cari genitori,
vi dedico questa lettera per poter finalmente dire o meglio scrivere, tutto ciò che non vi ho mai detto perché non ne ho avuto il coraggio. Volevo dirvi che non sto bene, non mi sento mai capita e compresa da voi, so di essere una ragazza difficile da comprendere ma credo che ogni genitore debba soffermarsi a capire il proprio figlio. Sono delusa e non mi sento mai a mio agio con me stessa ma tutto ciò non riesco a dirvelo perché so già che non potreste mai capire, io con voi non ho mai avuto un confronto diretto, in cui si parla di ciò che io considero giusto e di ciò che voi considerate sbagliato, facciamo soltanto finta che vada tutto bene ma penso che in realtà tutti sappiamo che non è così. Io non parlo mai delle cose che mi succedono, e quella volta in cui lo faccio mi sento aggredita e incompresa e ciò tende a farmi chiudere più in me stessa, vorrei tanto che voi proviate a mettervi al mio posto perché ho bisogno di un punto di riferimento, di una persona che ci sia sempre per me e su cui io so di poter contare, e per me quella persona dovrebbe essere la propria madre o il proprio padre perché sono gli unici che ci saranno sempre nel bene o nel male. Qualche volta avrei bisogno di un abbraccio anch'io, di un ti voglio bene o anche solo di un sono fiero di te... Ma so che tutto ciò non potrà mai accadere, ecco perché quando sono in casa mi chiudo nella mia cameretta e non voglio sentir nessuno, perché non mi sento capita e preferisco evitarvi. Avrei tanto voluto avere un buon rapporto con voi, uno di quelli in cui posso raccontarvi tutto quello che mi succede intorno senza aver paura di essere giudicata e criticata da voi. Quello che sto per raccontarvi è una cosa che non sapete di me, io purtroppo o per fortuna sono una ragazza che crede molto alle favole, o che comunque nella propria testa spera sempre finisca con un lieto fine come nei film, ed è forse questa l'unica cosa che mi fa avere ancora quel briciolo di speranza che le cose possano cambiare, e credetemi l'unica cosa che voglio è questa. Io spesso mi sento fuori posto e mai apprezzata per ciò che sono o per come sono e questa è una cosa che mi fa star male, ho passato tante di quelle notti a piangere sotto le coperte per cose che mi accadevono o che mi dicevate e non ho mai voluto chiedere aiuto a nessuno. Perché vuoi o non vuoi sono anche queste le cose che ti fanno crescere e ti portano a diventare ciò che sei, e io so di non essere il massimo però ci provo ed essere una persona migliore e di essere più comprensiva con voi, ma molte volte ho trovato un muro di fronte a me in cui sono andata a sbattere e a farmi male. Ma in fin dei conti tutto questo mi è servito, mi è servito a capire tante cose e ad essere più forte, a capire chi non voglio essere e ciò che voglio diventare, a pormi delle domande a cui col tempo ho trovato delle risposte e adesso sto cercando di star meglio e soprattutto di apprezzare ciò che ho e le persone che mi stanno affianco sia quando sto bene che quando sto male. Tutto ciò è anche grazie a voi, sto crescendo, e mi sento fortuna ad essere ciò che sono e ad avere due genitori, che si non sono perfetti però li ho e non mi hanno mai fatto mancare il pane in tavola e questa non è una fortuna che hanno tutti, quindi sotto questo punto di vista mi sento più che privilegiata. Non vi odio perché non posso, tutti infondo al loro cuore vogliono bene ai propri genitori e anch'io ve ne voglio, a questo mondo nessuno è perfetto e non ve ne faccio una colpa, questo mi servirà per il mio futuro ed anche d'insegnamento. Grazie per tutto, sia per le cose positive che per le cose negative, vi voglio bene.
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Tumblr media
Ciao! Avete mai pensato di utilizzare i bug del cervello per vendere eticamente? In questo articolo proverò a fare una lista di baias cognitivi e come possono essere utilizzati per la vendita.
Ovviamente parliamo di una vendita etica, non per fregare la gente.
**Inoltre potrete capire che trucchi possono essere utilizzati su di voi. **
Achoring Baias => è un pregiudizio cognitivo in cui un individuo dipende troppo da un'informazione iniziale offerta per formulare giudizi successivi durante il processo decisionale.
Esempio: vendere significa truffare la gente.
Voi continuate ad insistere dicendo “ Non è vero, non è vero”
Il vostro interlocutore continua a pensarlo
Come risolverlo. Ci sono modi diversi. Le opzioni sono due
Emotivo => comunicazione del brand emotiva e priori
Lógico => un discorso che deve terminare con “ Come vede le sue tesi sono infondate signor Mancini” . Ricordarsi che la logica quasi mai vende.
Una frase che ho notato funzioni molto è sottolineare le condizioni che obbligano la persona all’ acquisto e dire una frase del tipo:
“Anche se io ti ho convinto a comprare lo yogurt tu lo yogurt lo avresti comprato lo stesso perché dovevi fare la cacca”
Il che è una palese presa in giro, perché l’olio di ricino, la crusca, le prugne avrebbero dato lo stesso effetto. Ma non menzionarle e dire di non avere scelta a volte fa sentire senza scelta davvero.
Availability Euristic => L'Euristica della disponibilità è una scorciatoia mentale che si basa su esempi immediati che arrivano alla mente di una determinata persona quando valuta un argomento, un concetto, un metodo o una decisione specifici.
“ Gli squali non sono abituati alla carne umana, quindi non la cacciano. Noi siamo per gli squali come il Sushi per tua nonna. Potrebbe mangiarlo ma non è abituata e quindi non lo fa”.
Questo argomento è sostenuto d una scorciatoia mentale => le nonne amano i piatti tradizionali e non il Suhi ( fatto tutto da dimostrare)
Se andate da persone che :
Da anni hanno bisogno di servizi di informatica
Di marketing
Di Vendita
Che già usano quei servizi, è estremamente facile che compreranno i vostri se li sapete vendere meglio. E dentro questo gruppo ci sono tutte le informazioni per essere e vendersi al meglio.
Bandwagon Effect : Lavoro per ( aggiungiere nome di grande brand ) . Se una cosa è stata scelta di molti la vostra proposta verrà maggiormente sottolineata. Se avete fatto centinaia di clienti mettetelo nel sito. Evitate di dire che avete lavorato con grandi brand. Viviamo nell’era della terziarizzazione dove io ho fatto la voce di Google Maps 4 anni fa ( se il vostro google bestemmia in marchigiano sapete chi è stato), ma non vado a dire in giro che ho lavorato per google. A meno che non abbiate lavorato in reparto o influito in modo significativo, non è rilevante dirlo
l bias blind spot è il bias cognitivo di riconoscere l'impatto dei bias sul giudizio degli altri, mentre non si riesce a vedere l'impatto dei bias sul proprio giudizio
Io che parlo
“La gente è proprio scema a comprare servizi da 300 euro al mese di SMM sperando di beccare un cliente”. Ma io sono la stessa persona che scrive come un pazzo due ore al giorno per il mio blog su Tumblr sperando che la mia content strategy mi aiuti ad procurarmi lead. Con scarsi risultati. Ma io sono un fighissimo scrittore di nicchia, loro no. O almeno questo è quello che penso nella mia testa.
Per vendere, basta fare leva sul confirmation Bias, e non dire la verità ( che 1 post su 10 becca 10 like e gli altri 2 di cui uno da una vecchietta che mis talkera)
Choice supportive baias => La distorsione a supporto della scelta o la razionalizzazione post-acquisto è la tendenza ad attribuire retroattivamente attributi positivi a un'opzione che è stata selezionata e / o a ridurre le opzioni dimenticate
Quello che pensa il cliente dopo che ha acquistato per 450 euro un servizio di SMM a 5 post a settimana con immagini, due video da 4 minuti al mese, gestione delle ads, copy, pixel installato, e sis ente soddisfatto del suo acquisto. A due mesi di distanza e zero risultati l’ effetto del baias svanisce.
Note: se fai parte di quel gruppo di persone che con 450 euro e un sacco di content riesce a ottenere risultati, ti faccio i miei complimenti: ora inizia a venderti almeno per 800
Clustering illusions => tre amiche sono state tradite dal ragazzo, quindi tutti i ragazzi tradiscono. Il fatto che un evento ripetuto vicino a noi possa darci l’illusione di essere una statistica. E così non è. In particolare questo genera obiezioni sull’efficacia del marketing, del servizio vendite, e di qualunque servizio al mondo. Semplicemente sappiate quali KPI la vostra azienda cliente deve monitorare, e leggeteli in modo da capire se potette aiutarli o meno.
Confirmation bias. Se mi faccio un’idea tendo a confermare questa . Motivo per cui si dice sempre la prima impressione è quella fondamentale.
Questo porta ad un paradosso che vi voglio presentare: il paradosso delle figure di merda: all’aumentare delle pessime figure aumenta la possibilità di migliorare la propria presentazione.
Da qui deriva l’ assunto: se sei agli inizi invia pure email con l’ indirizzo [email protected], manda email scritte male formattate peggio e senza firma ( come faccio io regolarmente e perdendo anche clienti grazie a questa pratica) , manda presentazioni scarse della tua azienda, a patto che la gente ti invii un feedback. Ecco, se non ti metti a piangere perché il cliente brutto e cattivo ha ferito i tuoi sentimenti, potresti ottenerne un discreto vantaggio.
A patto che il potenziale cliente ti risponda, tu continua a chiedere e a migliorare. Io con alcuni sono arrivati a pagarli per avere un feedback.
Conservation bias. La gente se deve scegliere se dare da mangiare alla famiglia o a voi, sceglie la famiglia. Certo a livello mondiale il concetto di conservazione è diverso. In Italia le spese di marketing le scarichi e c’ è chi con 20k in banca non investirebbe 1000 eu al mese x 3 mesi nemmeno con una pistola puntata alla testa. Di base il trucco e far diventare la narrativa del costo per acquisizione cliente un mantra in modo da normalizzarlo. Se ci fossero più post sull’argomento visti da migliaia di imprenditori, allora si potrebbe abbattere la barriera di coloro che vedono i costi di marketing come un extra.
Paradosso di Stockdale: coloro che sovrastimano gli esiti positivi di un’attività tendono a fallire più facilmente ( cfr capitolo sull’imprenditoria nel libro) questo perché ci sis sente più arrivati e più protetti, in realtà il cigno nero è dietro l’ angolo
Conservative Minset: il nostro cervello è fatto per essere conservativo e per vedere ogni cambiamento come brutto, sporco e cattivo. Più rendiamo questo cambiamento che rappresentiamo per gli altri quando vendiamo come supponente, arrogante, shady, pesante, mutatore, rivoluzionario, peggiori saranno i risultati,
Di contro, se riuscite ad essere divertenti, chiari ed esplicativi, a legarvi con la realtà delle persone, più facile sarà la vendita.
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weirdesplinder · 3 years
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Lista di libri romance con un pizzico di paranormal.
Quando un lettore mi lancia una sfida sapete che sono sempre pronta ad accettarla. Stavolta mi avete chiesto una lista di romanzi rosa storici con influenze paranormal….
Avete idea di quanti ce ne sono?!
E’ un numero immenso! Ho dovuto scremare molto i titoli o sarebbe stata una lista infinita.Spero che la mia selezione vi piaccia, ho scelto di includere ciò che mi ispirava o ho letto, ma sappiate che mancano molti, ma molti davvero molti titoli disponibili anche in italiano.
Ecco dunque la lista:
- Iniziamo con una delle mie autrici preferite Amanda Quick e la sua serie PARANORMAL ROMANCE, la ARCANE SOCIETY SERIES, che narra le vicende di una società segreta nata in Inghilterra nel medioevo per motivi…diciamo alchimistici e di ricerche esoteriche legate ai poteri psichici, ma che proprio nell’Inghilterra vittoriana diventa una società dedita ad aiutare persone con poteri psichici. Solo antiche famiglie nobili dotate di poteri psichici per ora ne sono membri, ma piano piano le cose stanno cambiando e il capo del consiglio, da sempre un membro della famiglia Jones (dal primo capostipite che creò la società), ora ha anche istituito una sezione per investigare su crimini commessi da persone dotate di poteri.
E’ a questo punto, durante il regno della regina Vittoria in Inghilterra, che inizia la nostra storia. Sembra che qualcuno abbia rubato importanti documenti storici legati al capostipite della società, compresa la segretissima formula per creare una pozione in grado di ampliare i poteri psichici e che l’abbia ricreata. Cosa proiita visto che da sempre si sa che la pozuione ha la tendenza a rendere pazzo o morto chi la prova.
Ma qualcuno sta tentando di ricrearla e migliorarla….e sta commettendo omicidi pur di ottenere ciò che vuole. Parte da qui il primo libro della serie.
Non vi elenco i libri che la compongono perchè ho già dedicato un post a questa serie in passato, lo trovate a questo link:
https://weirdesplinder.tumblr.com/post/107333521723/arcane-society-series
- Passiamo ad un altra serie romance paranormal molto famosa e pubblicata in Italia sempre dai romanzi Mondadori, la St. Leger legacy, una trilogia di Susan Carroll
1.La moglie ideale
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Nella rocciosa Cornovaglia sorge un castello di cui si raccontano storie che mettono i brividi. Tra quelle mura vive Anatole St Leger, artefice dei brividi. Il quale però è ormai deciso a sposarsi. Così manda a Londra il cugino Septimus a scegliergli la sposa adatta. La prescelta? Madeline Breton, una fanciulla intelligente e leale. Ma Anatole non ha idea di come comportarsi per conquistarla. E Madeline, dietro la maschera del castellano ed eremita, saprà vedere l’uomo del proprio cuore?
2. Amante di sogno
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Lance St Leger, unico erede dell'antico castello di famiglia. Lance St Leger, a cui un misterioso potere tramandato da generazionipermette di separare lo spirito dal corpo. Lance St Leger, nomade della notte. Ed è durante una di queste notti che il suo spirito incontra l'incantevole lady Rosalind Carlyon, la quale lo scambia per il fantasma di sir Lancelot du Lac. Invece di svelarle l'arcano, notte dopo notte Lance gioca con lei, tentandola fino a mettere in gioco il proprio cuore. Il cuore di un uomo reale, ma come rivelarlo alla donna che ama?    
3. Magia di mezzanotte
Valentine St Leger, discendente di un potente mago, ha la facoltà di assorbire il dolore delle persone, ma non può cambiarne il destino. Kate Fitzleger è innamorata di Val da tutta la vita e non ha alcuna intenzione di lasciare che una sciocca leggenda rovini la sua felicità: “Ai St Leger è proibito cercarsi le loro compagne. Se lo fanno, il seguito sarà solo morte e tragedia. Sono costretti ad affidarsi ai servizi del “Cercatore di Spose”. Perciò alla vigilia di Ognissanti, quando gli spiriti del Bene e del Male si confondono, Kate si ribella al fato creando una potente pozione d’amore. Ma le cose non vanno affatto come lei ha immaginato…
- Una serie che ho molto amato è la serie Magic di Patricia Rice che racconta le avventure delle magiche donne della famiglia Malcom e dei fin troppo meticolosi uomini della famiglia Ives, che chissà come finiscono quasi sempre per sposarsi. Le donne Malcolm hanno la magia nelle vene, mentre tutti gli uomini Ives sono uomini di scienza.
1. Merely Magic (forse inedito in Italia o introvabile ormai in italiano)
Trama: Una donna dotata del dono della magia vive una vita solitaria nei boschi finchè non incontra per caso un aristocratico ossessionato dalle stelle e dall'astrologia. Uno sconosciuto che porterà l'amore nella sua vita e la cambiarà per sempre.
2. Qualcosa di magico
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Trama: Dunstan Ives ingiustamente accusato di aver ucciso sua moglie, ha giurato a se stesso che avrebbe per sempre evitato tutti coloro che con tanta superficialità l'avevano condannato, e che non si sarebbe mai più lasciato irretire dal fascino di una donna. Ma non aveva ancora conosciuto Lady Leila Staines, una creatura meravigliosa che gli fa un'offerta che lui non può assolutamente rifiutare. Dunstan sente di nuovo scorrere nelle vene emozioni che ormai credeva sopite, ma deve fare i conti con il passato…
3. Il tocco magico
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Trama: Felicity, figlia del marchese di Malcolm, sente i segreti delle persone, solo toccandole. Un dono molto speciale, che lei vive invece come una condanna: l'orrore di convivere con i dolori e le angosce di chi la avvicina. Decisa a liberarsi dei suoi scomodi poteri, Felicity parte con la sorella alla ricerca del libro magico che potrà spezzare l'incantesimo. Ma durante il viaggio l'incontro con Ewen Ives le farà scoprire una nuova sensazione: perchè toccando quell'uomo affascinante ha provato un formicolio di piacere anziché la consueta sofferenza? Forse c'è un lato buono nel sortilegio.
4. Magico momento
Trama: Alla morte del padre e del fratello in un misterioso incidente, il giovane Harry diventa duca di Sommersville, ereditando il castello di famiglia e molti debiti. L’unica via d’uscita è sposare l’amica Christina che, oltre a una ricca dote, ha un dono: legge l’aura delle persone. Il castello è popolato di fantasmi che sembrano chiedere l’aiuto della novella sposa. Quale mistero si nasconde tra le spesse mura dell’antica dimora? Christina cerca la complicità di Harry, ma egli, addolorato e pieno di preoccupazioni, dovrà imparare a fidarsi di lei prima di aprire il cuore all’amore…
5.  Amore magico
Trama: I dipinti di lady Lucinda Malcolm sono spesso causa di scandali in società: per un arcano dono la giovane è in grado di rappresentare eventi futuri. Ed è proprio per uno dei suoi quadri che Sir Trevelyan Rochester viene accusato di omicidio. Per opposte ragioni, Lucinda e Trev si rifugiano nel Sussex e si incontrano, senza però riconoscersi. La strada che li porterà alla verità è lastricata di insidie, ma anche di passione…
6. Magic Man
Inedito in Italia
Trama: Per Aidan Dougal, ogni intimità è impossibile e perciò il matrimonio sembra fuori questione e anche chiedere aiuto non è da lui finchè un nemico lo costringe ad accettare l'aiuto di una donna….
- La strafamosa Elizabeth Boyle è autrice anche di una serie di romanzi paranormali che hanno come protagonisti i membri della famiglia Marlowe, che vengono in possesso di un anello magico che dà a chi lo porta il diritto a vedere esaudito il suo più grande desiderio – cosa che inevitabilmente causerà guai a non finire ai malcapitati proprietari.
1. Incanto al risveglio
Charlotte Wilmont, povera e insignificante, ha un desiderio segreto: essere amata dal compassato e fascinoso Sebastian Marlowe, visconte di Trent. Solo la magia sembra essere in grado di realizzare quel desiderio. Una bella mattina, infatti, l’ignara Charlotte si sveglia in una lussuosa camera da letto al fianco di lord Trent in persona, scoprendo di essere diventata la cortigiana più celebre di tutta Londra. Ma saprà anche conquistare il cuore dell’amato?
- Naomi Bellis, ha scritto invece una serie ambientata tra Francia e Inghilterra all’epoca della Rivoluzione francese, in cui le pericolose missioni degli agenti dello spionaggio inglese si intrecciano alle lotte di potere tra alcune famiglie dotate di poteri magici ereditari. La serie conta tre libri:
1. Invito al buio
Da mesi Sarah Leaford non riceve notizie dal padre, lord Simon Carleigh, che si è recato da Londra a Parigi per affari. Decisa a trovarlo, Sarah segue il consiglio del fantasma della madre e si mette in contatto con Jack il Gentiluomo, il ladro più abile e conosciuto della città. Quello che la fanciulla non sospetta è che Jack ha un conto in sospeso proprio con suo padre. Ma tra lei e Jack è già scoccata la scintilla del desiderio…  
2. Al calare delle tenebre
Nicholas Saville, visconte di Redfern, e Helen Barrett sono fidanzati e innamorati. Tuttavia Nicholas, a causa di continue e misteriose missioni all’estero, non sembra trovare il tempo per sposarla. Quando Helen rinuncia a lui, si fa avanti lord Waring, losco figuro che la giovane ha sempre detestato. Ma la collana di zaffiri rosa che il pretendente le regala sembra pervasa di un’oscura magia che la seduce. E Nicholas dovrà rischiare davvero tutto per riconquistare la sua amata Helen.
3. Ladro nell’ombra
Gabriel d’Aubrigny, cavaliere di Lesgardes, uomo di segreti e complotti, fa ritorno in Inghilterra deciso a iniziare una nuova vita. Ma il furto di tutto ciò che possiede lo costringe ad accettare un nuovo incarico: smascherare Balthazar, sinistro personaggio che minaccia il trono servendosi della magia nera. Il fato vuole che anche Anne Tremaine, la donna che lo ha derubato, abbia il medesimo avversario. Gabriel e Anne sono così costretti a formare una complicata alleanza, che li porterà a scoprire non solo sconosciuti poteri magici per salvare il paese, ma anche la loro inaspettata passione.
- Lucy Blue ha scritto la trilogia paranormale “Bound in Darkness” con prsenti dei vampiri, formata dai libri:
1.IL BACIO DELLA TENEBRA
Coinvolto in un feroce scontro fra vampiri, Simon viene tramutato lui stesso in un non-morto. Intrappolato in una notte senza fine, si mette sulle tracce di un calice leggendario, l'unico oggetto che potrebbe salvarlo. Una ricerca che lo porta al castello della splendida lady Isabel e la sua vita viene nuovamente sconvolta. Isabel non sa di possedere la chiave per la redenzione dell'affascinante cavaliere oscuro. Nè può immaginare i pericoli in agguato nella passione che subito li avvolge.
2.IL CAVALIERE DEL DIAVOLO
Tristan DuMaine, cavaliere normanno, fa ritorno al castello di famiglia… sotto forma di vampiro. Tristan ha un’unica ossessione: vendicarsi di Siobhan, la bellissima guerriera sassone che è stato costretto a sposare. Eppure, in un mondo di barbarie e violenza, al di là dell’odio implacabile Tristan e Siobhan scopriranno di essere destinati ad amarsi per l’eternità
3.ANGELO OSCURO
Gareth sta tornando nelle Highlands, con una missione: vendicare la morte del padre. Attaccato da una banda di fuorilegge, viene tratto in salvo da Roxanna, donna bellissima ed enigmatica. Il suo segreto? L’immortalità tragica delle creature delle tenebre, e Gareth potrebbe essere la sua prossima preda. Eppure, uniti da un antico potere, la principessa vampiro e il cavaliere mortale scopriranno che il desiderio può essere più forte del destino.
- Invece Linda Fallon (pseudonimo di Linda Winstead Jones), ha scritto una serie romance con fantasmi. Si tratta della Serie Shades, romantica, aventurosa e paranormali appunto. Che fu pubblicata nel 2005 nella collana Mystere. I tre romanzi che la compongono sono ambientantoìi nell'Ottocento in America:
1. Nel cuore della notte
Titolo originale: Shades of midnight
Link: https://amzn.to/38TitZQ
Trama: Eve Abernathy scopre che la sua nuova casa è infestata da due spettri, Viola e Alistair, che ogni sera mettono in scena la tragedia della loro morte. Stanca di assistere ad accoltellamenti e suicidi, Eve si fa iutare da un esperto di fenomeni paranormali, quello stesso Lucien Thorpe che due anni prima l'ha abbandonata sull'altare. Mentre cercano il vero motivo della morte di Viola, Eve e Lucien scopriranno che il loro amore è tutt'altro che un fantasma.
2. Luna di miele con fantasmi
Titolo originale: Shades of winter
Trama: Il giorno delle nozze di Eve e Lucien si avvicina e tutto è pronto. Il tanto desiderato matrimonio, già annullato due anni prima a cerimonia iniziata, sta per essere celebrato. Questa volta niente può andare male… finché il presidente della Società dei fantasmi di Plummerville non racconta di ectoplasmi che infestano l’Honeycutt Hotel, e il richiamo è troppo forte per il famoso medium Lucien. Solo Eve potrà salvare la sua anima dallo spirito del male.
3. Ombre purpuree
Titolo originale: Shades of scarlet
Trama: Lucien, famoso medium ed Eve, la sua giovane moglie, si trasferiscono nella villa di Glover Manor per liberarla dalla presenza sinistra e minacciosa dei fantasmi di due gemelle. Mentre Lucien cerca di stabilire un contatto con l'aldilà, Eve è in grave pericolo per l'intervento dello spirito di un bambino. Solo scoprendo la verità sulla tragica morte delle gemelle, Lucien potrà salvare la moglie e coronare con lei il sogno di un figlio.
Visto che vi ho sempre parlato di serie fino ad ora, concludo la lista con due romanzi singoli:
- Magia proibita, Jo Beverly
In miseria dopo la morte dei genitori, Meg Gillingham ha un’unica scelta per salvare la sorella minore dalla grinfie di un uomo spregevole: rivolgersi a una statuetta magica che esaudisce i desideri. Ma sempre in cambio di qualcosa… Quello che Meg non si aspetta è di ricevere una proposta di matrimonio da un affascinante nobiluomo, lord Saxonhurst, la cui vita però è disseminata di oscuri segreti. Che potrà lasciarsi alle spalle solo se Meg riuscirà a fidarsi di una magia ancora più speciale: quella dell’amore.
- Il pensiero e l’amore, Paula Labud
Tristan Deveraux, affascinante ed enigmatico figlio di un lord inglese e di una principessa gitana, ha una nuova pericolosa missione: scortare un brillante scienziato ed Emily, la sua bellissima nipote, dai campi di battaglia spagnoli alla salvezza in terra inglese. Ciò che però Emily neppure immagina è che Tristan riesce a leggere i suoi pensieri. E che è pronto a invadere la sua mente con la promessa di una passione travolgente…
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giulia-liddell · 4 years
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Appuntamento
(No, alla fine non mi sono fatta venire in mente un titolo migliore)
Parole: 9007
No beta, we die like men
Fandom: Sanremo RPF
Ship: Anacore
Avvertimenti: sdolcinatezze, panico, catene di conversazioni infinite, disastri vari, verosimiglianza questa sconosciuta, principi disney, pov che cambia come cambia il vento, sicuramente errori grammaticali come se piovesse…
Note autore: Si dice scrivi di quello che conosci, no? Ah ah ah, no. Sempre legata al Cenone AU, però davvero non serve sapere gli incroci familiari da noi stabiliti (anche perché direi che ho spiegato quelli che compaiono)… L’ho più o meno circa molto vagamente collegata all’ultima anacore che ho scritto, ovvero “Cena”… C’è una micro menzione alla cesarotti… E incredibilmente mi sono ricordata di postare una fic senza lasciarla a prendere polvere per giorni… 
Leo era arrivato a casa di Marco per la loro serata di videogiochi poco dopo il suo rientro e la scena che si era trovato davanti quando l’amico gli aveva aperto la porta era a dir poco strana. Intanto Marco non aveva spiccicato una parola, poi dopo averlo fatto entrare era andato a sedersi sul divano per fissare un punto nel vuoto ed infine Leo aveva notato che il tavolo della sala era pieno di tazze e tazzine mezze bevute di liquidi non meglio identificati e di quaderni scarabocchiati. Era chiaro che qualcosa non andava. «Marcolino…? Tutto bene, bro?» Leo si era avvicinato con cautela prima di sedersi accanto all’amico ed azzardare ad appoggiargli una mano sulla spalla. «Benissimo.» aveva sussurrato con un filo di voce. Leo aveva annuito poco convinto «Sì… Se lo dici tu… Ma non mi stai mandando segnali molto rasserenanti, bro.» aveva risposto piegandosi di lato per provare ad incrociare il suo sguardo, senza successo. Anastasio sorrise. Sarebbe stata normalmente una cosa positiva, ma Leo non poté fare a meno di pensare che il suo sorriso appariva un po’ inquietante, come se un robot stesse cercando di imitare le espressioni facciali umane. «Ok, Marcolino mi stai ufficialmente spaventando. È successo qualcosa? Devo chiamare qualcuno? Ehm… Lauro? Cally magari? Rancore?» Leo cercò di parlare con tono calmo, ma non gli riuscì benissimo «NO!» esclamò di botto Anastasio e Leo sobbalzò sul posto preso di sorpresa. «Okay! Okay… Non chiamo nessuno… Ehm… Che dici ti aiuto a mettere un po’ in ordine intanto, tu rilassati e magari dopo mi dici cosa è successo, va bene?» rispose appena sentì che il suo battito cardiaco era tornato più meno alla normalità. Senza attendere la risposta di Marco, Leo si alzò dal divano ed iniziò a raccogliere le varie tazze e tazzine sparse. Alcune erano piene di caffè altre sembravano piene di tè o di qualche tisana, in ogni caso Leo era sollevato di non aver sentito odore di alcol provenire da nessuna delle tazze. Almeno il coma etilico era da escludere come possibilità… Rimaneva la probabile tachicardia da eccessiva caffeina e teina, ma era una cosa più gestibile.
Leo appoggiò le tazze accanto al lavandino e iniziò a pulirle con calma, mentre col il telefono premuto tra una spalla e un orecchio cercava di fare una telefonata. «Ohi, Tecla?» chiese appena sentì che qualcuno aveva risposto «Sì, ciao Leo. Tutto okay? Non sei da Anastasio? Pensavo che ti saresti fatto vivo prima di andar via…» rispose con voce pimpante, ma confusa la ragazza dall’altro capo «Ehm… Sì, sì, sono da Anastasio, ma… Ecco è un po’…» Leo si interruppe per cercare di la parola giusta e buttò lo sguardo verso il divano dove Marco continuava a fissare il vuoto e bisbigliare qualcosa «È un po’ strano… Sai mica se gli è successo qualcosa? Ti ha detto niente? A te o alle ragazze? O hai sentito qualcosa dagli altri?» chiese mordicchiandosi il labbro nervoso. Tecla si fermò un attimo a pensare «Non mi pare di aver sentito niente dagli altri su Anastasio, no… Aspetta un secondo.» disse prima allontanarsi leggermente dal telefono e chiedere a chiunque fosse accanto a lei «Ehi, mio fratello dice che Anastasio si sta comportando in modo strano… Chiede se ne sapete qualcosa o se avete sentito qualcosa in merito.» arrivò una risposta che Leo non fu in grado sentire «Gabri e Lula dicono di no e che neanche Fadi e Matteo ne sanno niente… Magari prova a chiedere a Blu e Fasma? O Lore, Ema e Paolo? O anche Eugenio che magari ha sentito qualcosa da Riccardo? Vuoi che chieda anche a zio Nicola?» rispose Tecla al fratello «No, no, lascia perdere lo zio… Però sì l’idea di sentire un po’ dagli altri è buona, adesso mando messaggi in giro. Grazie, sorellina.» concluse Leo «Di niente, mi dispiace non poterti dare informazioni… Dimmi se migliora o se scopri qualcosa, mi raccomando.» rispose Tecla prima di salutare il fratello. Era genuinamente preoccupata per la situazione di Marco anche se non lo conosceva molto bene, che carina. Leo appoggiò il telefono e finì di lavare le tazze. Incredibile che Anastasio ne avesse così tante.
Dopo aver finito con il lavandino Leo tornò in sala per sistemare ordinatamente i quaderni sparsi in giro, assicurandosi di non guardare cosa ci fosse scritto sopra. In quel momento Marco sembrò ravvivarsi un attimo sentendo il telefono di Leo che squillava. Leo riprese immediatamente il telefono per vedere che aveva una videochiamata in arrivo da Eugenio. Era strano, ma non troppo. «Eugenio? Come mai-» chiese appena rispose alla telefonata ma fu subito interrotto «Ehi Leo, fammi vedere Anastasio un attimo.» Leo girò subito la videocamera senza fare domande per mostrare Marco nella sua posa fissa da ormai venti minuti buoni. Eugenio scoppiò a ridere e Leo girò nuovamente la telecamera «Cos’hai da ridere? Sai cosa è successo?» chiese subito speranzoso. Da fuori l’inquadratura arrivò la voce di Riccardo «È successo che quel cretino di mio cugino ha trovato l’anima gemella!» Eugenio rise ancora e Leo rimase sempre più confuso. Cosa voleva dire che Anastasio aveva trovato l’anima gemella? «Che sta dicendo Riccardo? Credevo avessimo già stabilito che Marco stava andando dietro a Rancore?» chiese Leo mentre Eugenio cercava di non soffocare dal ridere «Sì, sì, certo. Quello che vuole dire Riccardo è che Blu e Fasma hanno parlato con Cally, che ha parlato con Rancore, e poi ha chiamato Lauro ed Edo, che hanno chiamato Levante, che poi ha parlato con Elodie, che ha chiamato Giordana, che a sua volta ha chiamato Enrico, che ha parlato con Elio, che ha parlato con Riccardo che era con me e mi ha detto tutto… Hai capito dove voglio andare a parare?» spiegò Eugenio parlando velocissimo. Leo scosse lievemente la testa mentre socchiudeva gli occhi come per concentrarsi «No.» sussurrò piano «Come no? Gli ha chiesto di uscire! Rancore gli ha chiesto di uscire!» rispose Eugenio ridendo ancora ed esultando, mentre Riccardo prese al volo il telefono prima che cadesse. Leo rimase un attimo immobile a rielaborare le parole di Eugenio «Ah… AH. AH! ODDIO!» disse Leo appena realizzò qual era la situazione «Esatto.» aggiunse Riccardo annuendo gravemente «Ci penso io a lui.» affermò Leo con serietà «Chi c’è con Rancore?» chiese subito. Eugenio scosse la testa «Non lo so, Riki tu lo sai?» chiese voltandosi verso Riccardo «Ehm… Al momento Rancore sarebbe solo… Però credo che Cally stia andando da lui…» rispose subito lui. Leo tirò un sospiro di sollievo «Oh, meno male… Cioè diciamo che ci fidiamo di Cally…» disse sottovoce pensando a quanto Cally avesse la capacità mandare Rancore al manicomio per quanto gli volesse bene. «Ehi!» lo rimproverò Riccardo «Attento a quello che dici di Cally! È omofobia questa, lo sai che Cally è una lesbica.» aggiunse subito cercando di suonare serio. Leo lo guardò con faccia neutrale «Riccardo… Non so come dirtelo, ma… Sono queer ed innamorato del mio migliore amico.» disse con fare teatrale cercando di non ridere. «Giusto, giusto…» rispose Riccardo annuendo «Comunque mi fido di Cally… Cioè può essere un po’… Cally…. Ma sa quando c’è bisogno di serietà. Sono sicuro che gestirà Rancore con delicatezza. Intanto io penso ad Anastasio…» concluse Leo dando un’ultima occhiata all’amico sul divano, sempre immobile come una mummia «Riccardo tratta bene mio cugino come al solito ed Eugenio cerca di fare il bravo, poi vi aggiorno, vi voglio bene, ciao!» salutò mentre Eugenio e Riccardo rispondevano con un coro di “ciao” e qualche bacio mandato con le mani.
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Cally rimase ad aspettare cinque minuti buoni davanti la porta della casa di Rancore prima che lui gli aprisse. Aveva lo sguardo quasi assatanato di qualcuno che è stato sveglio una notte intera per fare qualcosa di altamente stressante ed inutile come riordinare completamente la dispensa della cucina. In realtà Cally si accorse presto che era stato impegnato, probabilmente per tutto il pomeriggio, in un’altra attività assai inutile. Quando seguì Tarek dentro casa, verso la cucina dove stava ritornando, notò una distesa infinita di vassoi pieni di biscotti. «Ho chiesto ad Enrico un paio di ricette…» disse a bassa voce Rancore come se fosse bastato a spiegare il caos che regnava nella sua cucina in quel momento, poi si piegò verso il forno per tirare fuori un’altra teglia piena di biscotti. Cally emise un fischio di sorpresa «Wow… Lo vedo… Vuoi unirti alle girl scout? Niente in contrario eh… Posso?» indicò un biscotto che sembrava al burro su uno dei vassoi, Rancore si limitò ad annuire e lui assaggiò entusiasta «Comunque…» riprese mentre continuava a mangiare «Sai che ho sentito la grande notizia… Mhhh… Buono, ma mi dispiace quelli di Enrico non si battono… Raccontami un po’.» concluse Cally mentre si prendeva un vassoio di biscotti e trascinava Tarek in salotto per sedersi sul divano. «Tu cosa sai? E come fai a saperlo esattamente?» chiese confuso Rancore mentre Cally cercava di offrirgli i suoi stessi biscotti, lui fece un sorriso soddisfatto «Ho le mie fonti… Fasma mi ha detto che Blu ha sentito da te che hai fatto una qualche gaffe e hai chiesto ad Anastasio di uscire, ma ha detto con gli hai spiegato i dettagli… Poi ha detto che sembravi un po’ nel panico, che è strano perché tu sei sempre piuttosto composto, tranne quando ti incazzi, che va beh vorrei anche vedere come fa uno ad incazzarsi e restare composto… Quindi insomma ho pensato di venire a vedere come te la cavavi perché Blu era preoccupatissimo, che sai com’è lui che si preoccupa per tutti… Per quello ti ho chiamato per venire qui… Poi ho chiesto consiglio a Lauro ed Edo perché magari mi sapevano dire come fare… E poi sono venuto qui. Quindi mi vuoi dire che è successo o devo andare a chiederlo ad Anastasio?» rispose Cally sbocconcellando un altro biscotto. «No, ti prego non parlare con Anastasio… Ti dico tutto io, solo dammi un momento.» si affrettò a rispondere Rancore e Cally alzò le mani in segno di resa. Tarek sospirò profondamente ed iniziò a raccontare.
«Allora avevamo deciso di andare a fare un giro perché Anastasio voleva comprare qualcosa da bere per questo pomeriggio, dato che ha invitato Leo a giocare con lui a Rocket League e io dovevo comprare dei libri… Quindi ci siamo detti “perché non andare insieme e fare quattro chiacchere?” e allora ci siamo incontrati davanti al centro commerciale…» Rancore fece subito una pausa come se stesse riflettendo sull’ordine degli eventi e intanto Cally commentò «Oh, ma che carini, andate a fare compere insieme… Però dai che nerd che sei… “Dovevo comprare dei libri”, bel modo di rovinare il romanticismo…» disse mentre continuava a mangiare e Tarek lo fulminò con lo sguardo «Insomma, ci siamo fatti un giro ed abbiamo chiacchierato, di cose normali, di cazzate, ridendo ogni tanto… Ho aiutato Anastasio con la spesa… Lui mi ha aiutato con i libri… E poi ci siamo fermati a prenderci qualcosa al bar… Io non lo so che mi è preso, ma stavo lì a guardarlo parlare ed era… Era Marco, no? Insomma ho avuto la pessima idea di chiedergli della sua vita sentimentale.» continuò a spiegare Rancore e Cally si lasciò sfuggire un esagerato “ouch” continuando a mangiare i biscotti come fossero popcorn «Lo so, lo so… Sono un coglione… Quindi stavo lì zitto e buono mentre lui mi parlava di qualche appuntamento a cui era andato e che non avevano funzionato molto bene e che ad un certo punto aveva iniziato a temere di non essere adatto e per quello aveva smesso di provarci… Che insomma è ovviamente un’enorme cazzata perché se mai sono gli altri a non essere adatti a lui, ma comunque io lo ascoltavo e provavo a non incazzarmi e non pensare a gente che ha avuto il coraggio di trattarlo male o farlo sentire in imbarazzo ad un appuntamento… E intanto lui ha detto che avrebbe anche una cotta per qualcuno, ma che si sente un po’ senza speranza e che se chiedesse un appuntamento verrebbe rifiutato ed a quel punto non ci ho visto più, perché dai come cazzo si fa a rifiutarlo e poi che cazzo di diritto c’hanno gli altri di farlo sentire così, insomma ecchecazzo… Quindi così dal nulla me ne sono uscito con “ti porto fuori… Per un appuntamento… Domani sei libero, no?”. Così, a cazzo… Tra l’altro gli sarò sembrato un cazzo di stalker che ha memorizzato la sua cazzo di agenda o cazzate del genere… E lui insomma se ne sta lì e mi fissa per una cazzo di eternità e sembra che stia pensando ad un cazzo di piano per darsela a gambe… E io sto per mettermi ad urlare cazzo, perché cazzo ho perso il controllo e non avrei dovuto dire una cazzata simile e lui mi fa “Un appuntamento? Io e te? Tipo da soli? Cioè un appuntamento vero?” e io vado in tilt cazzo…» Rancore si bloccò come se stesse rivivendo il momento e Cally ne approfittò per alzarsi «Scusa eh, ho finito i biscotti, prendo un altro vassoio ed arrivo.» disse velocemente sparendo in cucina e ritornando trionfante con un vassoio pieno di quelli che sembravano biscotti allo zenzero.
Si piazzò di nuovo sul divano, riprese a mangiare e fece un cenno a Tarek per dirgli di continuare la storia. «Quini io lì come un cazzo di coglione che gli faccio “Ah sì un appuntamento… Proprio un appuntamento… Io e te… Perché così non avrai solo brutte esperienze, no? Cioè insomma io e te ci conosciamo, quindi andrebbe bene e potresti dire di essere andato ad un appuntamento decente… Cioè sì insomma, vuoi venire a questo appuntamento con me?”, che insomma gli sarò sembrato pure un presuntuoso del cazzo con quel “così non avrai solo brutte esperienze” come se fossi infallibile come un cazzo di principe Disney…» Cally scoppiò a ridere talmente forte che si dovette aggrappare ad una delle spalle di un molto confuso Tarek «Oh, se mi dovevi prendere per il culo potevi evitare di venire, eh? Sono abbastanza bravo a farlo da solo, grazie.» gli disse lui contrariato mentre Cally cercava di calmarsi «No, scusa… È che sei proprio un coglione… Che deficiente… Ah… Tarek ti voglio bene, ma sei proprio un cretino insomma… Ma comunque tutta sta scena perché me la stai a fa’? Che, ti ha detto di no?» riuscì a dire appena fu di nuovo in grado di respirare normalmente. «No, no… Marco ha detto sì… Anzi testuali parole “A-ah. Mh-mh. K. A domani.” con la voce di uno che cerca di parlare senza ossigeno, e poi è scappato via… Mi ha lasciato i soldi per pagare però.» rispose Tarek provocando un’altra grassa risata da parte di Cally «Tarek sei un caso disperato… T’ha detto di sì, no? E di che ti stai preoccupando?» gli chiese tra una risata e l’altra rischiando di rovesciare il suo prezioso vassoio di biscotti. Rancore sospirò profondamente e scattò in piedi per camminare avanti ed indietro davanti al divano «Lo so che mi ha detto sì, ma insomma non è che la situazione fosse proprio ideale e sai che lui è molto buono… Cioè immagino che si sia sentito un po’ messo all’angolo e io, coglione, ho continuato ad insistere e a comportarmi come se fosse stata una richiesta assolutamente normale… Insomma io voglio davvero uscire con lui e gli ho fatto questa cosa orribile di farlo sentire quasi costretto ad accettare… Che poi sì è vero che l’ho proposto per lui perché mi dispiace che abbia avuto delle brutte esperienze, però è stato molto egoistico da parte mia proporlo… Cioè mi sono approfittato della situazione per uscire con lui in pratica, che schifo di amico sono? E poi adesso non so che fare… Dovrei chiedergli di annullare tutto? E poi si chiederebbe perché e come glielo spiegherei? E domani che faccio? Gli ho chiesto un appuntamento con un giorno di anticipo non ho mica organizzato niente, no? E se lo odiasse? E se andasse bene? Voglio dire sarebbe meraviglio se andasse bene, ma per lui sarebbe una cosa platonica e io probabilmente ne morirei se andasse bene e poi si tornasse amici come prima perché in fondo ho proposto la cosa come un favore ad un amico… E poi oltre a quello come mi comporto? Come mi vesto? Cos’è che dice “voglio che questo sembri un vero appuntamento per darti una vera bella esperienza, però non ci tengo davvero in senso romantico lo giuro non è che sono cotto di te da una vita praticamente, non ti preoccupare non ci vedrò assolutamente niente di più in questa situazione”?» Rancore continuava a parlare quasi troppo velocemente perché Cally lo capisse «Oh, oh, oh. Respira. Non siamo ad una gara di freestyle, non mi devi impressionare… Intanto, col cazzo che annulli l’appuntamento, ormai devi vivere con le conseguenze delle tue azioni come un vero uomo. Secondo, chissene frega di che fate? Lo puoi anche portare al parco a mangiare take away e andrebbe bene, il segreto per un buon appuntamento non è l’attività che si fa è la compagnia quindi rilassati se non gli piacesse la tua compagnia avrebbe smesso di parlarti da un pezzo… E poi ti stai davvero preoccupando del “se va bene”? Se va bene dichiari il tuo amore immortale per lui e te lo sposi, che domande… Sul come vestirti, tanto il tuo armadio è all’ottanta per cento nero… Magari evita il cappellino, lo so che è il tuo “trademark”, ma ecco insomma no… Poi boh, truccati, mettiti una camicia che sia stirata e presentati con un regalino… Io personalmente preferisco i fiori, ma credo che tu sappia meglio di me cosa va bene ad Anastasio. E per il resto fai la tua miglior imitazione di un “cazzo di principe Disney”.» gli disse Cally con calma dopo essersi alzato ed averlo afferrato per le spalle nel tentativo di farlo stare fermo. «Adesso ti fai una bella camomilla, magari due, ti prepari la cena e rimandi tutti i pensieri relativi a questa storia dell’appuntamento a domani, okay? Ti dispiace se mi porto via dei biscotti?» aggiunse subito dopo Cally con un gran sorriso «No, certo fa’ pure… Hai ragione… Proverò ad affrontare la cosa con più calma… CAZZO!» Tarek tornò molto in fretta nel panico, Cally interruppe la sua operazione di riempimento di un sacchetto di biscotti «Wow, è durato molto il tuo proposito di prenderla con calma… Cosa c’è adesso?» chiese con tono esageratamente sarcastico mentre Tarek si mise le mani nei capelli «Non ci siamo messi d’accordo sull’orario… L’ho invitato io, quindi è giusto che lo vada a prendere, ma non gli ho dato un orario… Adesso che faccio? Lo chiamo? E come faccio a parlargli? Gli scrivo? E che cavolo scrivo?» Rancore ormai parlava più da solo che a Cally che intervenne subito «Dammi il tuo telefono.» gli disse allungando una mano. Incredibile che dovesse fare tutto lui. Come avrebbe fatto Rancore senza il suo genio? Tarek gli appoggiò riluttante il telefono in mano e Cally si mise a scrivere qualcosa «Aspetta, aspetta che fai?» chiese preoccupato Rancore «Troppo tardi.» rispose lui restituendo il telefono. «Hai scritto ad Anastasio, ma sei pazzo?» cercò di protestare Tarek, ma Cally stava già uscendo dalla porta con un sacchetto pieno di biscotti ed un ultimo tenuto tra le labbra «Beh, qualcuno doveva pur farlo ci si sente domani! Ciao!» rispose prima di chiudere la porta.
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«Oh no, oh no, oh no.» si mise a cantilenare Marco scattando all’improvviso in piedi, mentre Leo si allarmò di nuovo, diamine era appena riuscito a calmarlo. «Cosa c’è adesso, Marcolino?» chiese con pazienza alzandosi in piedi anche lui. Anastasio gli piantò il telefono davanti alla faccia «Guarda! Tarek mi ha scritto!» disse mentre Leo cercava di tirare leggermente indietro la testa per poter leggere «Uhm “Ti vengo a prendere domani alle 19. Ciao! Faccina che sorride e manina che saluta.”. Non mi sembra nulla di negativo… Conferma che non stava scherzando, no? Quindi ottimo, no bro?» lesse Leo con calma «Sì, sì… A-ah. Ottimo. Certo. Tarek mi ha chiesto di uscire per un appuntamento platonico perché gli facevo pena e io devo cercare di non cuocere di più nel mio brodo per tutto il tempo… E non ho idea di come rispondergli. BRO NON SO COME AFFRONTARE QUESTA COSA, AIUTO.» rispose Anastasio continuando a muoversi con fare nervoso e a sbracciarsi rischiando di colpire in piena faccia Leo un paio di volte, che però riuscì a schivare perfettamente i fendenti accidentali dell’amico «Okay dammi il telefono rispondo io per te.» disse Leo con rassegnazione e si fece consegnare il cellulare «Allora un “Okay perfetto! Ti aspetto domani per le 19. Ciao! Faccina che sorride e manina che saluta” dovrebbe andare bene. Ecco fatto. Adesso ti prego, distraiti. Giochiamo un po’ così mi puoi stracciare a Rocket League che io non ci ho mai giocato, ti sentirai meglio fidati. Tutte queste preoccupazioni per l’appuntamento con il tuo principe rimandale a domani. Va bene?» concluse Leo «Va bene.» concordò Anastasio prima di cominciare a preparare la partita.
Quando per Leo fu il momento di andarsene per prima cosa chiamò sua sorella «Ohi, Tecla. Sto tornando a casa. Anastasio sta meglio… Credo che abbia elaborato meglio questa cosa dell’appuntamento, scusa per il migliaio di messaggi spero di non aver dato fastidio a te e alle ragazze…» disse mentre si avviava verso casa, sentì che Tecla sospirò di sollievo «Oh meno male che Marco si è calmato… No, figurati non ci hai dato fastidio, ci fa piacere aver aiutato almeno un pochino… E poi sai che speriamo tutti in quei due.» rispose Tecla con una risatina e poi riprese «Ah Blu ci ha detto che ha sentito da Cally che lui era da Rancore e che si è occupato di lui… Non so come sia andata però perché Blu non è riuscito a parlare con Cally… Ti dispiacerebbe chiamarlo e sentire da lui? Per essere sicuri che anche Tarek stia bene…» aggiunse con tono leggermente preoccupato e Leo sorrise. Quanto era dolce la sua sorellina «Certo, certo, adesso lo chiamo non ti preoccupare… Se non sono già andate via salutami le ragazze e se ti tocca di apparecchiare a sparecchiare ci penso io, mi raccomando… A dopo, ciao!» salutò cercando di rassicurarla e Tecla ricambiò il saluto prima di chiudere la telefonata. Subito Leo selezionò il numero di Cally per chiamare lui, non vedeva l’ora di scambiarsi opinioni «Ciao! Allora eri da Rancore? Come è messo? L’hai mandato tu il messaggio al posto suo vero?» disse prima ancora di assicurarsi che Cally fosse effettivamente in linea «Certo che il messaggio l’ho mandato io, quello lì stava fusissimo… Ha trasformato casa sua in una pasticceria… Che coglione… Ma lo vuoi sapere che ha detto “Ah Anastasio la prenderà come una cosa platonica”? Ah. Che cretino. Ma la cosa che davvero mi ha fatto spaccare è che mentre mi stava raccontando tutto manco fosse ‘na tragedia greca, ha detto che nel suo chiedere l’appuntamento ha detto qualcosa tipo “così avrai un’esperienza positiva una volta tanto” e gli sembrava una frase molto arrogante perché non è che lui sia “infallibile come un principe Disney”! Testuali parole!» gli raccontò subito Cally con entusiasmo cercando di non ridere troppo «Wow! Davvero ha detto la cosa sul non essere un principe Disney? Non ci credo… Certo che per non avere assolutamente idea di quello che passa per la testa dell’altro e per non sapere con che nomignoli li chiamiamo, creano troppe coincidenze… Anche Anastasio ha detto qualcosa tipo “Ah Rancore la prenderà come una cosa platonica”… Io non so più cosa dobbiamo fare con questi due, giuro…» ripose Leo sospirando.
«Senti, ma se li facessimo seguire da Eugenio e Riccardo? Così per essere sicuri che non facciano disastri…» propose Cally con serietà «No, no… Devono farcela da soli… Dobbiamo avere fiducia in loro… Dai stanno andando ad un appuntamento vero, chiamandolo appuntamento e non quell’idiozia del “facciamo finta”, cavolo quando Marco me l’ha raccontato lo volevo uccidere… Gli voglio bene un sacco, ma santo cielo che nervi che mi fa venire a volte…» rispose Leo stringendo i pugni solo al pensiero di quell’occasione mancata per il suo amico «Parla quello… Leo, ti devo ricordare di che casini combini tu?» commentò Cally in tono sarcastico «Senti. Io almeno ci provo, okay. Ci ho provato, tante volte. Non è colpa mia se non se ne rende conto, va bene? E poi che c’entro io, questa intera operazione non riguarda me, o sbaglio?» rispose Leo sulla difensiva e Cally ridacchiò «Ah. Leo… Che caso disperato pure tu… Comunque domani io torno a casa di Rancore per aiutarlo a prepararsi, ti consiglio di fare lo stesso con Anastasio. Ma ti prego, NON dargli consigli su come vestirsi, non hai assolutamente il permesso di rovinare mio cugino… Chiedi a tua sorella al massimo, quando ti dà consigli lei sei sempre vestito più decente… Possibile che tutti i geni buoni li abbia presi Tecla? È pure più furba di te… Mah… Comunque poi ci aggiorniamo tutti, io intanto racconto tutto ai miei cugini, sono certo che Levante e Lauro saranno entusiasti… Secondo me loro avrebbero detto di sì all’idea di farli seguire da Eugenio e Riccardo, avrebbero potuto fare una diretta… Avremmo potuto seguire l’intero sviluppo della vicenda…» concluse Cally e Leo lo rimproverò subito «No, noi non violeremo la loro privacy così, punto… Ce la faranno. Lo so… Va bene prometto di non dare consigli sull’abbigliamento… E dai abbi un po’ di fiducia in Marco, è tuo cugino in fondo…» rispose Leo un po’ sconsolato «Ah. Proprio perché è mio cugino non ho fiducia il lui… Comunque Lauro mi sta riempiendo di messaggi, ti saluto, ciao.» concluse Cally prima di chiudere improvvisamente la telefonata. Leo sospirò ancora una volta. Se Rancore ed Anastasio si erano ridotti in queste condizioni quel giorno, non riusciva ad immaginare come sarebbe stato il giorno dopo.
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Anastasio corse verso la porta appena sentì suonare il campanello e la aprì con un unico straordinariamente fluido movimento «Ehi, sì entra pure…» disse distrattamente a Leo prima di fermarsi di colpo «Oh, ciao Tecla.» salutò la ragazza che ricambio con un sorriso e un gesto della mano «Come mai anche tu qui? Non che non mi faccia piacere averti…» chiese subito il padrone di casa scostandosi per far entrare i due fratelli «Leo mi ha assunta come tua stylist… In cambio ha promesso permettermi di acconciargli i capelli uno di questi giorni.» spiegò Tecla con un altro sorriso ed una risatina «Oh, wow… Voglio assolutamente delle foto dei risultati quando lo farai. E grazie Leo per averla reclutata, non ho la più pallida idea di cosa mettermi… Vi posso offrire qualcosa?» continuò Anastasio da bravo padrone di casa «Di niente bro, in realtà abbiamo noi qualcosa per te, o meglio Tecla ha qualcosa per te.» rispose Leo indicando con fare teatrale la sorella che estrasse dalla borsa alcune bustine di camomilla agitandole davanti al naso di Anastasio «Ottima idea, grazie Tecla! Vado a mettere su dell’acqua.» rispose lui cercando di afferrare le bustine, ma la ragazza tirò indietro il braccio e le passò al fratello «No, no… Ci pensa Leo, tu devi farmi vedere il tuo armadio.» rispose Tecla facendogli l’occhiolino «Giusto, giusto…» commentò lui prima di guidarla verso la sua camera ed aprire il suo armadio.
Tecla rimase ad osservare con calma il guardaroba di Anastasio, osservando soprattutto le opzioni delle sue maglie «Mhhh, intanto noto con piacere che qualche colore nel tuo armadio c’è, meno male… Oh quello è il completo rosso che hai messo a Natale, vero? L’ho visto grazie alla diretta, ti stava molto bene…» commentò «Sono sicura che avrai fatto un figurone con Tarek.» aggiunse con un sorriso dolce ed un occhiolino, Anastasio abbassò lo sguardo imbarazzato «Grazie Tecla, sei molto carina, ma no, non credo che Tarek ci abbia fatto caso… Insomma non ci fai mai caso… Eh… Sono un po’ un caso disperato…» Tecla fece una smorfia di finta impazienza «Allora… Mettiamola così… So che mio fratello si confida con te quando ha bisogno di sostegno per la sua cotta con Fasma, quindi hai presente com’è lui con Fasma?» Anastasio annuì e Tecla continuò «Bene. E hai presente com’è Fasma con lui?» chiese ancora la ragazza alzando le sopracciglia e facendosi avanti per dargli il segnale di rispondere «Palesemente interessato, ma troppo timido per dire qualcosa?» rispose di getto Anastasio e Tecla sorrise «Precisamente. Quindi tu e Tarek come siete secondo te?» rispose lei con tono di incoraggiamento. Anastasio rimase un momento a fissare il vuoto mentre ponderava le parole di Tecla «No, no… Non è assolutamente il caso di me e Tarek… Cioè Tarek non mi vede così… Mi ha invitato in senso platonico e io sto andando nel pallone solo perché vorrei che non fosse così ed ho paura di sbagliare qualcosa, ecco… Non è il nostro caso…» disse alla fine Anastasio dopo averci pensato. Tecla sospirò e scosse la testa divertita «Eh… Come vuoi tu Marco… Ma non escludere completamente la possibilità… Dato che stasera dovete fare questo appuntamento, che è stato sì proposto in forma platonica, ma comunque deve sembrare un appuntamento vero, tu prova a fare più attenzione a come si comporta Tarek… Magari, anche se tu credi che non sia così, hai una chance… Intanto che ci pensi, fammi vedere come ti stanno questi.» disse Tecla, dopo gli allungò un paio di jeans scuri e strappati sul davanti e si voltò di spalle coprendosi gli occhi per dargli privacy.
«Okay. Fatto.» disse Anastasio e subito Tecla si voltò di scatto entusiasta «Oh! Perfetti… Ti stanno perfetti! Allora l’idea che avevo avuto dovrebbe andare bene… Hai una t-shirt bianca? Proprio bianca e basta o al massimo con una scritta sopra o un disegno in nero, niente fantasie o altri colori…» chiese mentre prendeva qualcosa dall’armadio. «Ehm, sì… Ecco…» rispose Anastasio recuperando alcune magliette da un cassetto. Tecla le guardò e gli occhi le si illuminarono gli occhi quando prese in mano una delle ultime. Era una maglietta bianca con una versione stilizzata in bianco e nero di “La grande onda di Kanagawa” «Questa è perfetta! Allora mettiti questa e sopra questa camicia di jeans, non ti azzardare ad abbottonarla, mi raccomando. E infine un paio di scarpe da tennis bianche dovrebbero andare bene…» gli disse Tecla passandogli una camicia in denim recuperata dal suo armadio prima di uscire dalla stanza. «Aspetta! Dici che dovrei farmi la barba?» chiese Anastasio quando ormai la ragazza era già uscita «Assolutamente no!» rispose decisa «Vestiti in fretta che la camomilla è pronta!» aggiunse subito dopo e Anastasio obbedì.
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«E io che speravo di trovarti qualcosa che non fosse nero…» commentò Cally sconsolato dopo aver passato in rassegna l’armadio di Rancore «Io non ho ancora capito perché devi scegliere tu quello che devo mettermi.» rispose Tarek sfregandosi la faccia con una mano «Perché in quanto lesbica ho più stile di te e hai bisogno di tutto l’aiuto possibile per sembrare un vero principe e conquistare mio cugino…» rispose Cally sorridendo soddisfatto «Ma non mi avevi detto di avere delle Henleys! Questo migliora la tua situazione.» aggiunse subito ripescando un paio di maglie dall’armadio «Delle che?» chiese Rancore confuso «E comunque il mio obbiettivo non è “conquistare” Marco… Voglio solo fargli passare una buona serata, perché se lo merita… È una cosa platonica. Devo mettere i miei sentimenti in secondo piano. E la smetterai mai di prendermi per il culo per la cosa del principe? Poi è strano sentirti che cerchi di buttarmi tra le braccia di Anastasio, insomma è tuo cugino…» aggiunse subito mentre Cally sbuffava «Quanto sei noioso… Allora prima di tutto una Henley è questo tipo di maglia a maniche lunghe con tre o quattro bottoni in alto… Seconda cosa, no ovviamente non smetterò mai di prenderti in giro per la storia del principe… Ed infine, proprio perché Marco è mio cugino non mi dispiacerebbe se combinaste qualcosa… Insomma ho la rara occasione di sistemare felicemente ben due persone che fanno parte della mia vita, rende le cose molto più facili.» rispose con calma Cally mentre alzava due maglie modello Henley, entrambe nere che aveva selezionato «C’è qualche differenza tra queste due? Buchi? Strappi? Macchie?» chiese subito e Rancore scosse al testa primi di indicarne una «Quella lì si è un po’ ristretta perché ho sbagliato a lavarla…» disse e Cally gli passò la maglia da lui indicata «Allora metti questa.» commentò secco «Ma ti ho appena detto che si è ristretta!» cercò di protestare mentre Cally risistemava l’altra nell’armadio «Appunto, metterà in risalto i muscoli… Ma devo proprio spiegarti tutto?» commentò Cally facendo l’occhiolino mentre usciva dalla stanza.
«Oh! Perfetto!» esclamò Cally quando Rancore uscì dalla sua camera dopo essersi vestito «Cioè completamente nero… Però almeno il nero ti sta bene… Comunque aggiungi una giacca di pelle e sei a posto.» concluse Cally facendo un segno di approvazione. Tarek si passò una mano dietro al collo «Davvero sicuro che vada bene? Non sembra troppo, vero? Mi hai pure fatto prendere dei fiori… Dovrei farmi la barba magari?» chiese improvvisamente insicuro «Certo che vai bene! Ma non azzardarti a farti la barba. Piuttosto non hai una matita? Metti un po’ di matita.» rispose Cally «Sicuro? Non so se è il caso…» Cally sbuffò «Vuoi essere figo oppure, no? Se continui a dubitare dei miei consigli ti prendo a calci. Vai, prima che mi incazzi.» gli rispose.
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Rancore si presentò a casa di Anastasio puntualissimo. Cioè in anticipo di quasi mezz’ora, ma per fortuna Anastasio era pronto da un pezzo, grazie ad una buona dose di ansia. Era stranamente più calmo del giorno prima però, anche se comunque non voleva dire che era completamente rilassato, anzi. Era terrorizzato.  Leo e Tecla, che erano ancora da lui, lo incoraggiarono ad andare immediatamente «Ho la mia copia delle chiavi, appena ve ne siete andati noi usciamo e chiudiamo casa per te, okay bro?» disse Leo con un sorriso facendo dondolare le chiavi davanti agli occhi dell’amico «Grazie mille bro… E grazie mille anche a te Tecla, sei fantastica.» disse Anastasio prima di correre fuori dalla porta più veloce che mai, sentendo l’ansia che saliva. Rancore che si era appoggiato ad un muro mentre lo aspettava, si mise subito quasi sull’attenti appena lo vide uscire dalla porta. Cazzo. Quanto sta bene. Cazzo. E ha messo l’eyeliner. Oddio ha messo l’eyeliner. E ha dei fiori. Fiori. Ha dei fiori. Che belli! Tulipani rossi. Qualcuno mi ha preso dei fiori. Rancore mi ha preso dei fiori. Tarek mi ha preso dei fiori. Okay, piantala Marco. Pensa platonico. «Ehi.» disse un filo di voce facendo un gesto con la mano. Rancore gli allungo il mazzo di tulipani rossi con un gesto quasi meccanico «Ehi. Ecco… Mi sembrava giusto prenderti qualcosa… Dato che è un appuntamento… Stai molto bene comunque…» disse Tarek leggermente imbarazzato. Non sembrava agitato però. Anastasio era sicuro di star dando l’impressione di essere un coniglio spaventato, mentre Tarek gli sembrava così calmo. Ovviamente per lui non era difficile come per Marco, lui lo vedeva come un incontro platonico, per far un piacere ad un amico. «Certo. Ehm, grazie e wow sono bellissimi e… Molto rossi.» Che cazzo sto dicendo? “Molto rossi”. Ma che cazzo? Okay presto, dì qualcosa, qualsiasi cosa. «Ehm… Che cosa abbiamo in programma?» chiese subito sperando di non aver mostrato troppo imbarazzo. Rancore sorrise con sicurezza e gli fece l’occhiolino «È una sorpresa, no?» rispose dopo aver fatto strada verso la sua macchina ed avergli aperto la portiera. Anastasio si sedette rigido come un pezzo di legno tenendo il bouquet di fiori ben stretto in mano. Senza dire nulla Tarek accese la radio e partì. Marco cercò di fare caso a che strada esattamente stavano facendo, per cercare di capire esattamente che tipo di appuntamento Tarek avesse programmato, ma fu distratto dalla musica della radio e si mise a cantare piano. Rancore ridacchiò un momento prima di unirsi a lui nel loro karaoke improvvisato. Dopo un po’, quando la pubblicità tornò in onda Marco si rese conto che stavano uscendo dalla città «Oh, dove mi stai portando?» chiese divertito, ma anche leggermente preoccupato. Non che non si fidasse di Tarek, anzi, però non avere idea di quale fosse la loro meta lo teneva un po’ sulle spine. «Adesso vedrai, non manca molto promesso… E non ti preoccupare non ho intenzione di rapirti.» rispose Rancore sarcastico con un sorriso. Iniziò a rallentare e svoltò su una strada sterrata. Erano in una zona di campagna, vicini al fiume. «Eccoci.» disse Rancore parcheggiando la macchina e scendendo. Eh? Come “eccoci”? Siamo in mezzo al nulla. Forse mi sono sbagliato. Era tutto uno scherzo adesso mi molla qui. «Qui?» chiese Anastasio cercando di non sembrare troppo spaventato dall’idea di essere abbandonato in mezzo al nulla «Sì, qui. Abbiamo circa un’oretta ancora di luce per mangiare e poi… Sorpresa!» rispose Rancore con voce pimpante. Anastasio non si sentì molto tranquillizzato, mentre Tarek gli appariva così sereno.
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Tarek era nel panico. Questa poteva rivelarsi la decisione peggiore della sua vita. Ma in sua difesa non aveva avuto molto tempo per pensare ad organizzarsi. Anche se era colpa sua che aveva rivolto un invito con un giorno di anticipo. Ormai erano due giorni che si dava del coglione. Almeno aveva come consolazione che se questa fosse stata l’ultima volta che Marco gli avrebbe permesso di vederlo, avrebbe potuto conservare il ricordo di quanto stava bene vestito così. Prese le coperte e le buste dal bagagliaio poi fece strada a Marco verso il punto che aveva scelto. Per incredibile botta di fortuna quel periodo dell’estate era il momento designato al taglio dell’erba e significava che avevano a disposizione un bel prato tagliato di fresco. Tarek stese la coperta più grande e più spessa ed invitò Marco a sedersi. «Allora.» cominciò mentre tirava fuori i contenitori vari dalle buste «Ho cucinato tutta la mattina per questa cosa, quindi sii buono con me ti prego… Sono due torte salate diverse, un po’ di snack vari che ammetto di aver comprato perché non è ancora arrivato il giorno in cui riesco a fare le patatine bene in casa… E una torta dolce al cacao… E da bere ovviamente… Non ti costringerei a bere l’acqua di fiume, giuro. Ho preso anche del vino, ma io non posso berlo perché devo guidare, quindi puoi anche bere direttamente dalla bottiglia o finirtela tutta se ti va, ma preferirei che tu non lo facessi non so quanto possa fare bene.» annunciò mentre disponeva i contenitori delle torte, già perfettamente tagliate e un paio di piatti.
Anastasio rimase fermo un attimo a guardare in rapida successione tutte le cose che aveva appena appoggiato e poi la sua faccia. Ecco perfetto, ho scazzato. Pensa che sia una cazzata o che io sia un coglione. Cazzo. Ho rovinato tutto. Oddio. «Wow.» disse semplicemente Marco con un’intonazione che non permetteva assolutamente a Tarek di capire se fosse contento o schifato dalle sue azioni «Ehm… Io… Ecco… Non so se ti può andare bene…» cercò di giustificarsi, ma Anastasio lo interruppe subito «No, no, no… Questo è già il miglior appuntamento a cui io sia mai andato, scherzi? Mi sei venuto a prendere, mi hai portato dei fiori… Diamine hai pure cucinato per me… E… Wow… Insomma… È davvero… Wow… Non so neanche trovare le parole…» Oh. Oh, okay. Gli piace. Ottimo. Grandioso. Wow. Che bello. Oh, mi sento molto meglio. Rancore prese un respiro profondo e rispose, senza quasi fare attenzione a quello che diceva. «Oh, meno male… Temevo davvero che… Insomma che non ti piacesse… Volevo fare qualcosa di bello… E… Ecco… Ci tengo davvero a questa cosa perché te l’ho chiesto in maniera schifosa ma…» No, non dirlo. Non ci credo che lo sto dicendo. Cazzo, stai zitto. Non rovinare tutto. Oddio. Taci, coglione. «Insomma io volevo chiedertelo davvero, però ho un po’… Sbagliato… Cioè non avrei voluto farlo così… Io non so perché…» non riusciva neanche a costruire una frase decente e sentiva che era sempre più difficile parlare e poi Marco continuava a guardarlo con quegli occhioni spalancati «Tarek? Cosa… Cosa avresti davvero voluto chiedermi?» disse Anastasio guardandolo con gli occhi ancora più spalancati e l’espressione più confusa. Se lo dico adesso rischio di rovinare tutta la serata, cazzo. Però non ce la faccio davvero a non dirlo. Cazzo. «Ecco… Marco… Io volevo davvero chiederti un appuntamento. Un vero appuntamento. Non da amici. Un appuntamento. Tipo romantico.» riuscì a buttare fuori alla fine Tarek e poi si ritrovò quasi a trattenere il respiro mentre aspettava che Marco reagisse in qualche modo. Ormai l’ho detto non posso tornare più indietro. Però mi sta guardando così spaesato. Cazzo, lo sapevo ho rovinato tutto. «Ah.» rispose Anastasio.
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Marco sentiva che il suo cervello aveva appena smesso di funzionare. Quindi questo è un appuntamento. Con Tarek. Sono ad un appuntamento con Tarek. Perché mi ha chiesto di uscire. Tarek mi ha chiesto di uscire. A-ah. Bene. Okay. Fantastico. «Quindi… Questo è un appuntamento. Un vero appuntamento?» aggiunse appena sentì di riuscire a fidarsi della sua voce. Tarek abbassò lo sguardo «Ecco… Se vuoi… Io non avevo intenzione di metterti alle strette così… Possiamo anche fare di nuovo finta, per me va bene, non ti darò più fastidio, promesso.» rispose a bassa voce evitando il suo sguardo. «NO. No, no, no. Mi va bene. Eccome se mi va bene, Tarek.» cominciò a dire Anastasio senza riuscire a trattenersi «Questo è un appuntamento. Punto. Mi va benissimo. Non avrei voluto niente di diverso. Assolutamente no, non provare a rimangiartelo.» quando finì di parlare e si rese conto di cosa aveva appena detto si coprì immediatamente la bocca con le mani ed arrossì. Oh no. Non posso tornare indietro da questa… Cazzo. Che scena pietosa. Rancore si mise a ridacchiare e si buttò all’indietro sulla coperta «Ah, no, certo che non me lo rimangio. Come potrei con così tanto entusiasmo da parte tua? E poi ho ottenuto un appuntamento da Anastasio! Sarei un’idiota a rimangiarmelo!» disse mentre continuava a ridacchiare. Oh, okay. Wow. «Immagino che adesso è meglio se mangiamo, altrimenti finisce il tempo di luce…» aggiunse subito Rancore e Marco riuscì solo ad annuire mentre si preparava per mangiare.
Le torte di Tarek erano ottime. Continuava a sorprendersi di quanto fosse bravo a far sembrare le cose più semplici degne dell’alta cucina. «Mhhhhhh. Dio.» commentò mentre assaporava il primo boccone «Il giorno in cui rifiuterò la tua cucina sarà il giorno in cui mi avranno scambiato con il mio clone malvagio e sarà il segnale per farti capire che non sono io e che lo dovrai uccidere.» aggiunse dopo una piccola pausa e poi si voltò verso Rancore «Davvero ottime, Tarek… Tarek…? Ci sei?» sventolò una mano davanti al volto imbambolato di Rancore che sembrò riprendersi «Eh? Sì, sì, certo… Stavo solo… Ehm, grazie…» balbettò ancora mezzo stordito prima di ricomporsi «Quindi… Ehm… Dato che è ufficialmente un appuntamento… Dovremmo conoscerci un po’ che ne dici?» aggiunse con tono squillante ed un sorriso entusiasta. Marco era confuso. Conoscersi meglio? Loro? «Sì, ma… Come esattamente potremmo conoscerci meglio? So più o meno tutto quello che c’è da sap-» iniziò a chiedere, ma fu subito interrotto «No, tu sai le cose basilari. Come mi chiamo, dove abito, che lavoro faccio… Ma non sono quelle le cose importanti. Le cose importanti sono quelle strane. Quelle che normalmente non chiederesti mai a nessuno, ma che possono dire molto della tua compatibilità con un’altra persona… Per esempio: se potessi viaggiare nel tempo, in che anno andresti e perché?» ribatté Rancore prima di sorridere e continuare a mangiare. Anastasio rimase un momento sorpreso, ma iniziò a riflettere immediatamente sulla domanda «Oh. È un’ottima domanda… Così su due piedi credo il 1999.» rispose e Tarek corrugò la fronte «Un anno in cui eri già nato… Come mai?» chiese incuriosito sporgendosi in avanti «Perché ero troppo piccolo per ricordarmelo… Ed era l’anno prima del nuovo millennio… Chissà che anno che deve essere stato… Che speranze che ci dovevano essere per il futuro e come era diverso il modo di fare e le ansie di massa che ancora non esistevano… Ci pensi, non c’era ancora stato l’attentato delle torri gemelle… L’atteggiamento generale doveva essere davvero molto diverso e poi riesci ad immaginarti i festeggiamenti sfrenati per capodanno? Il capodanno del nuovo millennio! Insomma, me lo immagino come un anno figo, tutto qui…» spiegò Anastasio mentre Rancore lo guardava e lo seguiva con attenzione. «Oh. È… È un’ottima riposta… Adesso mi sento un po’ stupido per la mia…» commentò ma subito Anastasio lo incoraggiò a parlare con un gesto della mano «Ecco… Di getto ho pensato al 1985… Per il concerto del Live Aid…» spiegò Rancore. Marco rimase un attimo senza parole «No, anche io vorrei andare a vedere il Live Aid! Posso cambiare la mia risposta?» esclamò d’impulso facendo scoppiare a ridere Tarek. Cazzo quanto è bello quando ride.
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Tarek continuò a tirare fuori tutte le domande più assurde che gli venivano in mente ed ascoltando le risposte di Marco si scioglieva sempre di più. Lo adoro. Cazzo quanto lo adoro. «Okay, sogno più strano che hai fatto?» chiese ancora mentre ormai erano passati al dolce. Marco fece di nuovo quella cosa. Assaggiò la torta chiudendo gli occhi ed emettendo versi di apprezzamento. Come cazzo fa una persona ad esser così fottutamente adorabile e figa allo stesso tempo? Tarek si passò una mano sulla faccia disperato cercando di nascondere il suo piccolo momento di tilt «Tutto okay?» gli chiese Marco. Quello manco si è accorto di cosa ha fatto. «Sì, sì… Stavo solo… Aspettando la tua risposta…» tentò di dissimulare Rancore e sembrò funzionare «Ah, sì. Hai ragione… Sogno più strano… Uhm… Non so se me ne ricordo uno in particolare… Ah, aspetta uno ce l’ho! Ho sognato che avevo una paperella di gomma gigante come animale domestico… Parlava… Era anche divertente…» rispose Anastasio con uno sguardo trionfante stampato in faccia e Rancore non poté fare a meno di ridere «Wow. Una paperella di gomma parlante… E gigante… Okay, ammetto che è molto strano… Io invece… Uhm, ne ho fatti tanti… Oddio, questo non ti piacerà, ma conta come strano quindi… Una volta ho sognato che tua zia Rita cercava di combinarmi a tutti i costi con Alberto.» rispose Rancore e si godette l’adorabile faccia di confusione di Marco «Mia zia Rit- ASPETTA! Intendi mio cugino Alberto? Mia zia provava a combinarti con Urso? Oddio. Oddio, che schifo. Argh. Ma è orribile!» Anastasio continuava a fare smorfie una più divertente dell’altra «Sì, abbastanza… Soprattutto sapendo quanto non sia assolutamente normale per tua zia fare cose del genere… Però un po’ era divertente… Non ricordo i dettagli, ma praticamente creava delle specie di trappole alla Willy il Coyote per farmi “casualmente” finire tra le sue braccia o cose simili…» continuò a spiegare Rancore trattenendosi dal ridere quando Marco alzò le braccia per fermarlo «No, no, no, fermo ti prego! Non voglio immagini mentali di te tra le braccia di mio cugino! Però, cazzo, adesso sono curioso di sapere come è finito! Dannazione, Tarek!» disse velocemente continuando a fare facce schifate e Rancore scoppiò a ridere «Okay, okay! È finito bene, non preoccuparti. Non ho baciato tuo cugino sotto il vischio o cose simili… Sono stato salvato dai malvagi piani di zia Rita alla fine.» concluse sopprimendo ancora gli ultimi strascichi di risata. Anastasio riuscì a rilassarsi «Oh, meno male… È vero che mi hai avvertito che non mi sarebbe piaciuto, ma cazzo… Comunque “sei stato salvato”? E chi ti avrebbe salvato? Non dirmi un altro dei miei cugini perché giuro che ti picchio.» disse con tono più calmo e Tarek si fece scappare un sorriso soddisfatto «Beh, ovviamente sono stato salvato dall’unico ed il solo principe azzurro… Anastasio, erede al trono delle Terre Rosse, Cavaliere del Sacro Ordine dei Lanciapiatti e scapolo più ambito di tutti i regni.» rispose con tono solenne facendo l’occhiolino. Oddio è arrossito. Marco arrossito. Oddio è adorabile. «Oh. Okay. Bello.» rispose sottovoce.
Quando finirono di mangiare Tarek decise che era arrivato il momento della sua sorpresa. Recuperò da una delle buste il suo mini amplificatore e lo collegò al telefono «Che combini?» chiese Anastasio incuriosito «Beh, ti ho portato in mezzo al nulla, ma non significa che non possiamo fare niente… Quindi solo per questa sera ti sorbirai un dj set privato di Rancore.» Tarek cercò di sembrare sicuro di sé mentre rispondeva ma in realtà temeva che Marco potesse ridere della sua idea… O delle sue scelte musicali… Invece lui fece un sorriso a trentadue denti «Oh, wow.» commentò mentre Tarek faceva partire la playlist che aveva creato apposta per la serata. Non era nemmeno sicuro di come gli fosse venuta in mente l’idea di una “discoteca privata all’aperto” però gli era sembrata una buona trovata. Marco non aveva detto niente di negativo ed aveva subito iniziato a seguire il tempo della musica, con una scioltezza che aveva preso Tarek di sorpresa. Subito si unì anche lui, concedendosi di fare qualche mossa stupida per far ridere Anastasio. Gli sembrò incredibile come un po’ di musica ed il sorriso di Marco riuscissero a calmarlo completamente. Oh, sta andando bene. Che bello. Continuarono a ballare senza imbarazzo per forse un’ora intera, prima che Anastasio si fermasse per un momento e chiedere una pausa «Non hai niente di più tranquillo in playlist? Non so, musica più da karaoke? Credo di non aver mai ballato così tanto nemmeno in discoteca…» commento mentre si sedeva sulla coperta. Tarek sorrise «Ah perché quello lo chiami ballare?» scherzò mentre prendeva il telefono per cambiare traccia «Comunque è buffo che tu mi abbia fatto questa domanda, perché ho un’ottima canzone di chiusura…» aggiunse facendo una pausa drammatica prima di far partire la canzone. Marco si bloccò improvvisamente «Un lento?» chiese incerto quando sentì le prime note. «Ehi, che appuntamento è se non abbiamo un momento per un ballo imbarazzante?» scherzò ancora Tarek a bassa voce porgendo le braccia a Marco per aiutarlo ad alzarsi «Conduco io, tu rilassati.» aggiunse poi in un sussurro aiutandolo a posizionare correttamente le braccia. Non era perfetto. Era più un ciondolare a tempo di musica che altro, ma andava più che bene. Riusciva a sentire che nonostante la rigidità iniziale Marco si stava rilassando sempre di più e poi lo sentì appoggiare la testa contro la sua spalla. Non riesco quasi a crederci. Sta accadendo davvero. Cazzo, spero che non sia un sogno. Quasi istintivamente strinse leggermente più forte Marco, come per assicurarsi che fosse davvero lì.
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Marco era certo di non aver toccato il vino che Rancore aveva portato, eppure era anche certo di essere ubriaco. Non riusciva a capire se quello che stava succedendo era vero, se si trovava veramente dove pensava e se Tarek lo aveva davvero stretto a sé per ballare un lento. Quando la canzone finì per Marco fu come cascare improvvisamente dal cielo. Non sapeva più come parlare o cosa dire. Sentiva che avrebbe dovuto in un qualche modo esprimere quello che stava pensando e provando, ma non sapeva nemmeno esattamente come descriverlo. Tarek gli sorrideva ancora e sembrava così calmo. «Grazie.» fu l’unica parola che riuscì a sussurrare mentre si distanziava leggermente. Rancore corrugò la fronte «Per cosa?» chiese confuso studiando la sua espressione. Marco abbassò lo sguardo ed iniziò giocherellare con l’orlo della maglietta «Grazie, per questo… Per tutto… Per te… Non avrei mai potuto sperare in niente del genere… Io non so nemmeno cosa dire… È bello sentirsi in sintonia con qualcuno, ecco… E quel qualcuno sei tu… Quindi mi piace stare con te.» disse con uno sforzo non indifferente, costringendosi a deglutire forzatamente alla fine. Complimenti. Che discorso meraviglioso, davvero scorrevole. Che idiota che sono. Rancore si passò una mano sul viso sospirando «Cazzo… Sei incredibile… Io… Non riesco davvero a credere di essere così fortunato da trovarmi qui con te in questo momento.» sussurrò e Anastasio si sentì mancare il fiato, ma Tarek riprese a parlare «Io… Spero che tu voglia uscire di nuovo con me.» disse con sincerità e Marco annuì con forza non fidandosi della propria voce. Tarek si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto «Oh. Bene. Grandioso.» disse mentre continuava a sorridere contagiando anche Marco.
Tra di loro cadde un silenzio naturale quando si misero entrambi a sedere avvolti nelle coperte di scorta per ammirare il cielo notturno. Stavano quasi per addormentarsi quando pensarono che fosse meglio tornare a casa e sempre in silenzio, con molta calma, raccolsero tutto il materiale portato da Rancore e riposero tutto in macchina. Quando Marco si sedette di nuovo in macchina, rimettendosi il bouquet di tulipani rossi sulle gambe, appoggiò la testa sul sedile osservando Tarek dalle palpebre semichiuse. Tarek allungò il bracciò destro verso di lui e prese la sua mano delicatezza, stringendola appena.
Arrivò il momento di salutarsi di fronte alla porta di Marco ed improvvisamente tornarono entrambi ad essere nervosi «Non sono sicuro di… Come…» iniziò a balbettare Tarek e Marco scattò in avanti per lasciare un bacio veloce sulla sua guancia e si rifugiò immediatamente dietro il portone dopo aver sussurrato un “buonanotte”.
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«LEO! QUINDI HAI SENTITO?» esclamò Cally al telefono con la voce fin troppo pimpante «Sì, Cally… Marco mi ha appena raccontato tutto… DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE FESTAGGIARE! CHIAMA TUTTI! FACCIAMO UN GRUPPO! QUALCUNO DEVE SCRIVERE UNA CANZONE SU QUESTA COSA GIURO!» rispose Leo facendosi prendere subito dall’entusiasmo «Ma Cally, toglimi una curiosità… Hai consigliato tu a Rancore che fiori prendere?» aggiunse subito dopo con più calma. Cally si fece scappare una risatina «Certo che sì.» confermò «Ah. Da quando sai il linguaggio dei fiori?» chiese ancora Leo «Ehi, sono pieno di sorprese… Ci sono tante cose che non sapete di me… Comunque mio cugino non dovrà mai saperlo, chiaro? Se parli mi assicurerò che tu diventi un altro dei miei segreti.» rispose serio Cally «Certo, certo… La mia bocca è cucita.»
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LA CAFFETTIERA del mattino
Stamattina mentre aspettavo che salisse il caffè, in tivù Terence Hill raccomandava di stare a casa e, chissà perché, mi sono venuti una serie di pensieri. All’inizio parecchio stupidi, tipo: e gli amanti? Non gli amanti che si amano, intendo i fedifraghi. Tappati in casa con coniuge e figli: hai voglia messaggiarsi. Ci puoi stare quanto seduto in bagno con la doccia accesa prima che l’altro se ne accorga? Sì, va be’, la spesa, il tempo d’andare in farmacia, ma mica puoi andarci tutti i momenti. Ho immaginato lo spasmo, il tormento, il desiderio, lo strazio: ti amo, mi manchi, voglio stare sempre con te! Mi sa che questo virus risolverà un sacco di situazioni confuse.
Sorrido a questo pensiero e me ne arriva un altro, ancora più idiota: e le ricrescite? In due settimane i capelli crescono quasi un centimetro, a me anche due. Tempo un mese e le star di tutto il mondo, quelle che si sono selfate senza make up, faranno a gara a chi ha la ricrescita più bianca e lucente. Farà bene a un sacco di noi. Intanto, però, qualcuno si dispera e nella disperazione si fanno cose assurde, tipo rubare le tempere ai figli. E lì ho visualizzato vivaci ricrescite giallo leone, blu pesciolino, rosa principessa, verde dinosauro. Mi viene la curiosità e faccio una ricerca: proprio ora una famosa azienda di giochi per bambini ha in corso un’offerta: “Speciale multi-pack, 2 confezioni da 6 flaconi. Colori acrilici a base d’acqua molto versatili per dipingere su tutte le superfici. Finitura lucida e brillante ad asciugatura rapida, impermeabile”. Che sia venuto in mente anche a loro? Questo pensiero mi fa ridere e mi consola dei miei capelli grigi, e dei dieci anni in più che mi appioppano. Ho rinunciato alla tinta molto tempo fa per pigrizia, e dopo aver letto il libro Io non mi tingo, di Anne Kreamer. Comunque, vivendo in campagna è una scelta comoda. Pensando agli spazi aperti mi viene in mente chi soffre di claustrofobia, come mia madre. Una volta, alla Rinascente, spaventata dalle scale mobili troppo affollate, ha pensato di fare cosa furba entrando nel grande ascensorone, due metri per tre, che in quel momento era vuoto. Chi ha presente di cosa parlo sa come funzionano quegli ascensori. Arrivata al piano, le porte non le si sono aperte davanti e lei ha cominciato a dare in escandescenza: aprite! Aiuto! Muoio! Fatemi uscire! Finché un tizio le ha bussato gentilissimamente su una spalla e l’ha invitata a voltarsi. (Scusa, mamma, ma tanto la storia che hai dovuto sfilare in mezzo alla folla che sghignazzava davanti alle porte spalancate alle tue spalle la sanno tutti). Per fortuna anche lei vive in campagna, se no a quest’ora starebbe dando in escandescenza battendo i pungi contro la porta di casa: aiuto, aprite, muoio, fatemi uscire! Mi arriva un messaggio, è di T. e lei mi porta a pensare a chi è in casa solo. Ma proprio solo solo. Che finché è una scelta va bene, ma quando sei obbligato… Nessuno con cui fare colazione, nessuno con cui pranzare, cenare, guardare il tiggì e condividere l’ansia che cresce, nessuno a cui fare una carezza, a cui chiedere un abbraccio, che in questi giorni serve, hai voglia se serve. Ho chiuso gli occhi e mi sono vista davanti alla porta di T. con una massa di amici. Le suoniamo, lei viene ad aprire, io le salto al collo e le invadiamo casa. Ecco, amici soli, io adesso vorrei fare proprio questo, saltarvi al collo, riempirvi di baci e stritolarvi in un abbraccio. Penso che sono super iper fortunata a vivere in campagna con un marito per bene, due cani e tre gatti e mezzo. Ammetto però che l’istinto di correre dai nostri genitori anzianetti, la notte in cui è girata la bozza del decreto, c’è venuto e pure forte. Chissà, penso, se è successo che qualcuno, fuggito dalla zona rossa e arrivato in piena notte in alta val Badia, si sia accorto in quel momento, davanti alla porta chiusa della baita, col gatto che ululava nella gabbietta e i bambini che dovevano fare la cacca, d’aver lasciato a casa le chiavi? La sola immagine mi fa scompisciare dal ridere, tanto che mi vengono le lacrime. Mio marito vede che singhiozzo davanti alla caffettiera e viene a farmi una carezza. Poi lui torna a guardare le news e a me vengono pensieri più seri. Penso a chi è dipendente da qualcosa, droga, alcol, gioco, e alle loro famiglie. Penso a chi una casa non ce l’ha e per consolarmi mi dico: “Be’, magari è felice d’avere per sé tutta la città”. Poi però mi ricordo che vive dell’elemosina dei passanti e… Penso a chi accudisce un malato grave, e si sentiva già solo e abbandonato prima. Penso che se il virus entra nel campo di Moira… Poi smetto di pensarci perché se no non mi riprendo più per tutto il giorno. E faccio una donazione all’UNHCR (https://www.unhcr.it) Penso agli animali nei parchi e mi ricordo che il Safari Park Lago Maggiore ha lanciato una richiesta d’aiuto: leoni, zebre, giraffe, hanno cibo solo per due settimane (https://www.safaripark.it) Penso alle vittime rinchiuse in casa col proprio carnefice. Padri, madri, mariti violenti, bestie feroci ingabbiate e cariche di devastante energia. E sento proprio il bisogno di fare un appello: vicini di casa, se sentite gridare non fate finta di niente. Non parlo delle grida di donne, uomini e figli esasperati, quelle, figurati, in ‘sti giorni... No, dico le grida delle vittime. Si riconoscono. Se le sentite, se lo sapete, chiamate la polizia, i carabinieri, SOS donna, il 1522 Aiutiamo chi è in difficoltà.
State a casa e state bene, mi raccomando.
_ Elisabetta Gnone
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Arringa del rivoluzionario anarchico Clément Duval – Gennaio 1887
“Non sono un ladro né un assassino: sono semplicemente un ribelle. Non vi riconosco il diritto di interrogarmi, perché qui, sono io l'accusatore.
Accuso questa società matrigna e corrotta, in cui l'orgia, l'ozio e la rapina trionfano impuniti e anzi venerati, sulla miseria e sul dolore degli sfruttati. Voi cianciate di furti, voi mi chiamate ladro come se un lavoratore che ha dato alla società trent'anni della sua avvilente fatica per poi non avere neppure il pane per sfamarsi, un cencio per coprirsi, un canile in cui rifugiarsi, potesse mai essere un ladro. Voi sapete bene che mentite, voi sapete meglio di me che è furto lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che se al mondo vi sono dei ladri, questi vanno cercati tra coloro che oziando gozzovigliano a spese dei miserabili, i quali producono tutto, con le proprie mani martoriate.
Voi stessi sareste capaci di condividere ciò che sto per dirvi: che scopo dell'essere umano è la libertà e il benessere. Ma la prima non può trionfare se non grazie alla rivolta contro chi devasta la civile convivenza perseguendo soltanto il proprio profitto, e il secondo si realizzerà soltanto con la violenta distruzione degli intollerabili privilegi di un'oligarchia razziatrice.
E' per questo che sono anarchico. Perché ho il diritto di essere libero riconoscendo come limite alla mia libertà la libertà altrui. E ho consacrato ogni mio pensiero, ogni mia parola e ogni mio sforzo, tutta la vita, a debellare i vostri insani principi di autorità e proprietà, aspirando a distruggere il vecchio ordine sociale, perché non ritengo assurdo né utopico che dalle nostre menti, dai nostri cuori e dalle nostre braccia possa scaturire un mondo migliore, dove libertà e benessere siano il frutto dell'eguaglianza e dell'armonia, in una società che bandisca lo sfruttamento e persegua le regole della solidarietà e della reciprocità, in nome del rispetto della vita umana che voi, difendendo i più sordidi interessi delle classi privilegiate, soffocate con leggi che insegnano e propagano il disprezzo e la sopraffazione.
Sareste così temerari da negare tutto ciò?
A smentirvi basterebbero le brutali statistiche delle quali cito solo qualche esempio: nelle fabbriche di vernici o di specchi, i lavoratori sono avvelenati dai sali di piombo e di mercurio, falciati a migliaia nel vigore degli anni, quando sappiamo che la scienza ha dimostrato che questi micidiali sistemi di produzione potrebbero, con poca spesa e minimo sacrificio, essere sostituiti da metodi e prodotti inoffensivi. Le fabbriche di giocattoli intossicano con eguale disinvoltura gli operai che li confezionano e i bambini a cui sono destinati, per non parlare delle miniere, bolge orrende dove migliaia di disgraziati, estranei al mondo, al sole, a un barlume d'affetto, sono destinati all'abbrutimento per fare la fortuna di un ignobile pugno di parassiti. Tutto il vostro sistema di produzione è un insulto alla vita, e un crimine contro l'umanità.
E lo sfruttamento dell'uomo non è ancora il più feroce e cinico: che dire dello sfruttamento della donna, verso la quale la vostra società è addirittura più spietata?
Oh, io le ho viste, e tante, gagliarde, nel fiore della giovinezza, piene di salute, arrivare dalle campagne avare alla città piovra. Rideva nei loro occhi la speranza, con sana freschezza nutrivano la fiducia di giungere finalmente nella terra promessa del lavoro, della prosperità, del benessere. Le ho riviste qualche tempo dopo, uscire dai vostri ergastoli senz'aria e senza luce che chiamate fabbriche, lavorando dieci, dodici o quattordici ore per il pane, sognando un'agiatezza che l'onesta fatica non concederà mai, le ho riviste anemiche, stanche, esauste, nauseate da un lavoro schiavista e dal vostro cinismo. Le ho riviste a tarda notte nelle taverne dei sobborghi, sul lastricato, tra le pozzanghere, guadagnarsi il pane e un rifugio ricorrendo al più orrendo mercimonio. Le ho riviste nelle celle delle gendarmerie, schedate, bollate dal marchio dell'infamia, queste poverette che la vostra società ipocrita relega al margine. Le ho viste intristirsi, inasprirsi sotto la sferza della fatica e della miseria, non credere più nella vita, non credere più nell'avvenire, non credere più nell'amore, proprio loro che all'amore si erano concesse sorridendo e avevano salutato la nuova culla con lacrime di gioia. E sotto quell'accidia ho visto germinare le delusioni che si trasformano in disperazione, scatenando violenze e l'abbandono della famiglia, questo istituto a vostro dire sacro di cui vi autoproclamate sacerdoti, custodi e paladini.
E in cuor mio, non vi ho più perdonato.
Sono un operaio che non ha sopportato a capo chino, e prima, ero carne da cannone, tornato dalla bassa macelleria del 1870 straziato dalle ferite e spezzato dai reumatismi. Nei tristi androni dell'ospedale ho avuto tempo, molto tempo, per riflettere su quanto la patria aveva voluto da me e quanto la patria mi aveva dato. Prima mi avete annebbiato il cervello di menzogne, odio e furore selvaggio, per poi farmi avventare in nome dell'onore e della gloria della Francia, tra rulli di tamburi e squilli di fanfare, contro il nemico.
Il nemico? Li ho visti faccia a faccia, i nemici: erano poveracci come noi, che avanzano verso la carneficina mesti, docili, inconsapevoli quanto noi di essere strumento di calcoli che di là come di qua dalla frontiera rinsaldavano i diritti feudali di vita e di morte sui sudditi.
Il nemico è qui. Dentro le frontiere segnate dal capriccio e dalla bramosia di profitto dei governi. L'umanità che soffre e lavora, quella è la nostra patria. Il nemico, è l'oligarchia ladra che si ingozza sul nostro sudore. Non ci ingannate più.
Voi ci avete spediti al di là del mare contro popoli che chiedevano soltanto di mantenere inviolato il proprio focolare. In nome della nostra civiltà ci avete incitato allo stupro, al saccheggio, alla strage, per sete di conquista. E dopo tanto orrore e ferocia, avete la sfrontatezza di giudicare i disgraziati che vedendosi negato il diritto a una dignitosa esistenza, hanno avuto almeno il coraggio di andarsi a prendere il necessario là dove abbonda il superfluo?
Ecco perché mi trovo qui: per avere gridato forte e chiaro ciò che Prodhon si è limitato a pronunciare a bassa voce davanti a un'accademia di benpensanti. Che la proprietà, se non nasce dal lavoro, se non germoglia dal risparmio, dall'abnegazione, dall'onesto vivere, è un furto. Voi avete fatto della proprietà un'istituzione egoista e una pratica selvaggia a cui tributate venerazione, mentre i miserabili devono a essa i dolori, l'odio e le maledizioni.
Io non tendo la mano a chiedere l'elemosina. Io pretendo che mi sia riconosciuto il diritto a riprendermi ciò che mi è stato tolto da una congrega di accaparratori, ladri e corrotti.
Non mi ingannate più. E, in cuor mio, non vi perdono.”
Tratto da Nessuno può portarti un fiore di Pino Cacucci
❤❤✊
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app-teatrodipisa · 4 years
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L’Italia al tempo del Coronavirus  — Erika Kolman
| Giorno 14 di Quarantena
Caro Coronavirus,
Sarebbe giusto iniziare questa riflessione proprio così. Sono passi ormai quattordici giorni di quarantena dal giorno in cui il “Coronavirus” ha deciso di fermare non solo l’Italia ma tutte le Nazioni del mondo dalla loro quotidianità. Molti lo hanno maledetto, molti altri lo hanno visto come la giusta punizione ai nostri vizi, altri ancora come un’arma chimica cinese creata in laboratorio per ammalare il mondo. Insomma ognuno ha guardato questo virus con occhi diversi, ognuno nel suo piccolo ha cercato di descriverlo e di trovare una spiegazione alla sua esistenza. Ecco, una spiegazione, perché’ siamo troppo abituati a “spiegare”, cerchiamo di spiegare tutto: il moto dei pianeti, la vita, la morte, la nascita, le malattie, anche quando una vera spiegazione non c’è. 
Abbiamo un così grande bisogno di spiegare, un così grande bisogno di razionalizzare la realtà. Ogni giorno mi viene fatta la stessa fatidica domanda: “Come stai?”. Domanda lecita e piacevole che ha l’intrinseco significato di: “Come stai oggi rispetto a ieri?” “C’è stato qualche cambiamento?” “Cosa è accaduto di altro?”. Questa domanda non mi irrita anzi mi fa piacere, ma ci sono svariate affermazioni che invece proprio non riesco a sopportare come: “Quante cose ti staranno mancando”, “Quanto ti manca il tuo ragazzo”, “Quanto è difficile tutto questo per voi giovani”. Affermazioni che denotano una vera e propria ignoranza e presunzione. Ma andiamo per gradi. 
Partiamo dal semplice significato etimologico della parola “mancanza” - Insufficienza, privazione, assenza: m. d'autorità, di nutrimento. Beh non mi sembra di avere nessuna di queste “mancanze”. Molti di noi non le hanno. E allora perché’ parliamo sempre senza cognizione di causa? Oggi abbiamo realmente perso il vero significato delle cose, viviamo in una società di “tutto e subito”, di “surplus di valori, affetti e sentimenti”. 
Sapete chi ha delle vere mancanze? 
Chi ha perso qualcuno in questa orribile battaglia senza volto ne’ cura , chi è casa da solo senza che nessuno lo possa confortare, chi è lontano dalla sua famiglia, chi non ha la forza di andare a fare la spesa, chi è anziano, chi una casa neanche ce l’ha , chi avrebbe necessità di un’operazione urgente, chi è malato di tumore o deve fare la dialisi, chi è diversamente abile, chi non ha neanche voce per chiedere aiuto, chi il Coronavirus l’ha visto in faccia, chi ha dovuto decidere chi salvare. Ecco queste sono le persone che possono dire di avere delle “mancanze”, ma di cosa mai mi dovrei lamentare io che sono in quarantena nella mia casa con la mia famiglia, il sangue del mio sangue, la mia ragione di vita, con chi mi ha fatto nascere e crescere giorno dopo giorno ancor prima che esistessero il “ragazzo, l’amica, il compagno etc.”, cosa potrei mai dire io? Di cosa mi potrei mai lamentare? Impariamo ad essere meno stupidi, meno ipocriti, impariamo ad apprezzare la vita, le piccole cose quotidiane, impariamo in questo tempo a riconoscere di nuovo i nostri affetti, i veri valori, il sole che ci accarezza la faccia, il sorriso di tua nonna o di tua mamma, impariamo ad osservare di più, impariamo a saper “aspettare” perché’ l’attesa fortifica, l’attesa non è un mostro cattivo, l’attesa non ti porta via proprio nulla. Quella è la morte. 
Impariamo ad “A-S-P-E-T-T-A-R-E”, impariamo in questo tempo a riflettere, a ritrovarsi, ad ascoltare, noi stessi e gli altri. Conosciamoci finalmente per la prima volta, presentiamoci a noi stessi e attendiamo. Fuori da casa nostra ci sono persone che muoiono. Non è giusto. Non siamo giusti. Un tempo le persone sapevano aspettare, un tempo era “il tempo” il vero valore della vita. 
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der-papero · 4 years
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App Immuni: la verità sul GPS
Madooo ragazzi, questo è un cinema senza fine. Ringrazio ancora @kon-igi per avermi dato lo spunto per iniziare questa ricerca, e ringrazio anche il mio collega qui in SAP, che lavora sulla app tedesca ed è l’autore della modifica che, 5 giorni fa, ha introdotto l’uso del LocationManager (ovvero il componente che si prende cura di tracciare le posizioni). Stamattina mi ha dedicato 5 minuti del suo tempo per chiarirmi le idee.
Ho bisogno che ci prendiamo tutti una bella tazza di quello che ve pare, perché la storia è bella contorta.
Innanzitutto, ci tengo a precisare che i complottisti continueranno ad avere il becco chiuso, questo post non contraddice quello che ho scritto ieri, ovvero sia la app italiana che quella tedesca NON ACCEDONO ALLA LOCAZIONE DEL DISPOSITIVO. E questo continua ad essere un fatto accertato e convalidato.
Tuttavia, quel messaggio che Kon ha letto nella App Immuni ha molto senso, però chiariamone gli ambiti, e soprattutto capiamo perché qualcuno abbia fatto una cazzata in termini progettuali grande quanto un grattacielo.
Per chi non avesse seguito le puntate precedenti, queste app per il tracciamento del COVID si basano su una tecnologia chiamata Bluetooth Low Energy (BLE), che è, semplificando all’osso, simile al Bluetooth normale, ma consuma molto meno in termini di energia (tenete bene a mente questo aspetto!), e non ha bisogno di pairing, perché il suo unico scopo è solo lo scambio di dati di identificazione (chiamati Beacon).
Ora, questi Beacon contengono dei dati “raw”, una manciata di byte, il cui significato non è rilevante ai fini della nostra discussione.
Se andiamo a spulciare l’Android SDK, alla voce BLE troviamo
https://developer.android.com/guide/topics/connectivity/bluetooth-le
questo paragrafo, sul quale possiamo iniziare a bestemmiare:
Because discoverable devices might reveal information about the user's location, the device discovery process requires location access. [...] Declare the permissions in your application manifest file. For example: [...] <uses-permission android:name="android.permission.ACCESS_FINE_LOCATION" />
Ecco, qui siamo nella merda, ma chiariamo bene il punto. Non è che la app ha bisogno del GPS per funzionare, bensì il modulo BLE, per costruire i dati grezzi di cui parlavamo prima, ha bisogno di utilizzare il GPS (i motivi mi sono ancora sconosciuti). Questa è una puttanata di dimensioni galattiche, perché ok, i dati di geolocalizzazione non finiscono nelle mani della app (sorry complottisti, il codice sorgente dimostra che la app non sta tracciando l’utente), ma usare il GPS di continuo inficia il basso consumo della batteria che ci eravamo prefissati con l’uso del BLE!
Inoltre, dal punto di vista formale, anche se la app non usa i dati di localizzazione, su esplicita richiesta di Android, deve comunque dichiarare ufficialmente di voler usare il GPS, altrimenti il BLE potrebbe non funzionare (il perché ho usato il condizionale lo spiego dopo), ed è qui che i complottisti hanno carne sanguinante per le loro fauci. E soprattutto è stata raccontata una bugia ai non addetti ai lavori, cosa ancora più grave.
Qui Google (non so se Apple sia nella stessa barca) ha commesso una cazzata madornale, vi basta leggere questo flame, risalente al 2015!!!, relativo al casino del BLE + GPS:
https://issuetracker.google.com/issues/37065090
Perché ho usato il condizionale prima? Perché molti produttori di hardware BLE, venendo a conoscenza della cosa, hanno agito pro-attivamente, facendo in modo che i dispositivi funzionassero anche senza la richiesta esplicita dell’attivazione del GPS [1]. Ahimè, questo rende la soluzione hardware-dependent, ovvero, a seconda del dispositivi, la vostra attuale app Immuni può funzionare, oppure essere non più di un fetentissimo screensaver.
Qui Google ha provato a metterci una pezza, introducendo il concetto di Companion Device, che potete leggere sempre all’indirizzo riportato prima, relativo all’Android SDK:
If your app is being used on a device that runs Android 8.0 (API level 26) or higher, use the Companion Device Manager API. This API performs device discovery on your app's behalf, so your app doesn't need to request location permissions.
In pratica, questa a Napoli si chiama la classica pezza a colori, ovvero l’uso del GPS rimane (quindi addio batteria), ma hanno inserito un componente aggiuntivo, nel sistema operativo, che si preoccupa di compensare la lacuna “GPS” relativa al BLE, liberando la app dall’onere di dover chiedere i permessi per l’uso esplicito del GPS. Questo toglie la carne sanguinolenta dal banco dei complottisti, ma comunque non risolve il problema del consumo di batteria, che è molto più importante di qualche chiacchiera su FB, e inoltre vale solo per i dispositivi con Android 8.0 o superiori. Per farvi un esempio, un possessore di un Samsung Galaxy S7 s’attacca dove sapete già.
Difficile adesso capire come si metterà la cosa. Le app hanno il GPS disabilitato, e sono state rilasciate con questa limitazione, che le rende potenzialmente inutilizzabili (su alcuni device già funzionano). Lo scenario più plausibile è che qualcuno un domani si cosparga il capo di cenere, dichiari pubblicamente che l’uso del GPS è strettamente legato al BLE, e che andrà attivata esplicitamente la localizzazione. E la parte davvero brutta (non vorrei essere nei suoi panni) è che dovrà essere molto più chiaro di me nel fare lo spiegone.
[1] https://www.polidea.com/blog/a-curious-relationship-android-ble-and-location/
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