Tumgik
#e sono ancora innamorata della persona più sbagliata di tutte
viiibess · 8 months
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avevo tanta paura di perderlo e adesso mi chiedo se veramente provassi qualcosa per lui
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Era da tempo che volevo scriverti questo post, perché vorrei riassumere quello che è successo in questi anni che forse ancora, non ti è chiaro e spero che con questo ultimo tentativo tu possa capire il perché ho chiuso la nostra storia è perché non voglio alcun confronto.
Quando ci siamo conosciute hai conosciuto un determinato tipo di Fre: solare, sorridente, piena di amicizie, libera, senza pensieri, disponibile e rispettosa per se stessa. Tu ti sei innamorata di quella Fre, della Fre del 2014.
Da quando abbiamo iniziato la nostra storia, tutto questo mio spirito di gioia e di vitalità, piano piano si è spento. Perché? Accanto avevo si, una persona che mi amava, tantissimo, ma in modo totalmente errato: la mia espansività non andava bene, il contatto fisico, anche minimo, non lo volevi, un complimento da parte mia fatto ad un’amica era troppo, il “mi piace” in instragram, il commento “figa/bella/🔥”, il commento da parte mia o delle mie amicizie sulle storie, tutto questo non andava bene. Ti parlavo di uscire? E subito tu ti ingelosivi, infastidivi, non mi parlavi, eri scazzata; quindi ho iniziato a non dirti che uscivo, a mentirti perché per me era insostenibile e non solo per me ma anche per le persone con cui ero a cui chiedevo di non fare la storia/foto sennò tu ti arrabbiavi. Prendevo un impegno con qualcuno? Tu ti arrabbiavi, spostavi l’impegno, avevi bisogno? Subito pronta ad aiutarti. Tutta questa tua gelosia eccessiva, tossica, mi ha portata ogni giorno a spegnermi sempre più: sono scomparsa dalle mie amicizie, dalla mia famiglia, vivevo solo in funzione di te, non avevo voglia di iniziare nuove attività, ma non perché non lo volessi ma perché la mia mente è stata così tanto plasmata dai tuoi comportamenti che ero arrivata a pensare “Oddio se inizio quetso lavoro, questo corso, questa attività, se trovo un lavoro più distante, lei si incazza” e così succedeva. Ho dovuto mandare giù il rospo della mia festa di laurea, della mio giorno di laurea e della mia patente. Tutto ciò condito con le mie amicizie che dall’altra parte si incazzavano con me ogni giorno chiedendomi perché mi comportavo così, perché ogni volta che venivi nominata io mi scaldavo subito, iniziavo a rispondere di merda a loro per difendere te, anche se loro non avevano detto nulla di male. Gli unici desideri che avevo era che le persone accanto a me ti conoscessero come ti ho conosciuta io e di poter ritornare ad essere la Fre di anni fa stando con te. Ma nemmeno questo è avvenuto: Mi sta sul cazzo Sara, Margherita, quelle delle superiori, Alessandra, tutti quelli del Boschetto, addirittura amiche etero che mi scrivono solo per vedermi (3 messaggi di richiesta in un mese) sono troppo invadenti, appiccicose; la mia famiglia, quindi non avevo nemmeno la possibilità di fare qualcosa assieme a loro con te perché, puntualmente, ogni perosna che ti facevo conoscere ti stava sul cazzo. Ed io cosa ho fatto? Ho messo da parte tutto per concentrarmi solo su di te, perdendo sempre più le perosne che mi volevano bene. Tutto ciò, a parte che non doveva essere normale, ma per me era diventata la normalità (non uscire, uscire solo con te, non parlarti più delle mie cose, trattenermi nell’essere espansiva e sorridente) era condito dal fatto del tuo essere poliamorosa: io non ho aperto bocca. Uscivi con Elisabetta, Valentina, Lucrezia, Fucsia Braids (all’intento del gruppo gente che ci provava), Martina che è andata anche oltre ed io continuavo sempre più a spegnermi, senza amicizie o sempre fatte di nascosto, sentendomi sbagliata per non si sa quale motivo, quando davvero ti davo tutta me stessa ogni giorno della mia vita mettendomi da parte. Io ti lasciavo esprimere così com’eri, ti sostenevo in tutte le tue scelte, tu mi buttavi giù a partire dai lavori al sabato sera (ricordiamoci che mi sono licenziata perché tu puntualmente ti incazzavi perché lavoravo) a qualsiasi idea che avevo che non comprendesse il noi due assieme o il te. Se tu mi avessi lasciata essere come mi hai conosciuta tutto ciò non sarebbe accaduto ed il tuo poliamore sarebbe stato una parte di te che avrei amato e non odiato, se mi lascivì uscire con gli amici, conoscerli senza fermarti subito, se fossi stata calorosa e non fredda o scazzata sempre avrei accettato tutto. Per anni Sara, in particolare, Sofia, qualche volte hanno provato a scriverti a provare a creare un rapporto ma non c’è mai stato. Tu pretendevi fossero loro a scriverti per prima, quando tu eri la prima a non scrivere a loro. Arrivando al 7/12 Ancora una volta ti incazzi perché dopo 3 mesi e mezzo
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miss-sunshine · 4 years
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I primi sette anni della mia vita sono stati felici, credo.
Non mi ricordo molto della mia infanzia, credo che dopo tutto ciò che ho passato il mio cervello abbia rimosso molte parti del mio passato.
Torniamo al principio.
Quando avevo 7 anni, mia madre mi disse che era incinta di mio fratello, ero molto felice di avere un fratellino, lo volevo così tanto.
Il 28 maggio nacque, ero super eccitata di avere un piccolino in casa.
Pochi mesi dopo i miei genitori si separano, aspettarono la fine della scuola per farlo.
Mia madre cacciò di casa mio padre in malo modo, io non capivo perché, non li avevo mai visti litigare, credevo fossimo felici tutti e quattro, quando in realtà non lo eravamo affatto.
I giudici dettero l’affidamento condiviso per me e mio fratello, avremmo dovuto passare ogni fine settimana con mio padre, e le festività avremmo dovuto fare a turno.
Due settimane dopo che mio padre andò via di casa si fidanzò con una ragazza, era simpatica e trattava molto bene me e mio fratello.
Andavamo da mio padre il venerdì, sabato e domenica.
Poi divenne solo sabato e domenica.
Successivamente solo la domenica.
Ed infine, mai.
Mio padre mi ha lasciato segni indelebili addosso.
Mi ricordo in modo molto confuso dei momenti che per una bambina di 8 anni sono stati traumatici.
Mi ricordo ad esempio quando mio padre tentò di suicidarsi prendendo un enorme quantità di pasticche di ogni tipo davanti a me e mio fratello.
Mi ricordo quando,con un altra fidanzata, il giorno di Natale eravamo nel lettone grande io, mio fratello, mio padre e la sua compagna, e lui si mise a fare sesso con Lei. Mentre io e mio fratello eravamo nel letto con loro.
Mi ricordo molto bene però, quel momento in cui mi disse in una piazza del mio paese, che sarebbe partito con la sua compagna, che ci avrebbe lasciati.
Io lo odiavo così tanto, mi aveva fatto male al cuore, mi aveva ferita e traumatizzata, così gli sputai addosso tutto l’odio che provai nei suoi confronti.
E se ne andò.
Sono dieci anni ormai che lui non c’è, so che è vivo, ma non per me. Non per mio fratello che neanche lo conosce.
Per molto tempo non ho visto mia madre, faceva più di tre lavori, io mi prendevo cura di mio fratello per come potevo, per fortuna c’era mia nonna che si prendeva cura di lui, anche se provava un enorme odio nei miei confronti, che mi ha riversato per più di dieci anni, umiliandomi, facendomi del male psicologicamente, distruggendomi L’anima.
A 8 anni sono caduta in depressione, cosa che è durata per dieci anni, adesso per fortuna ne sono fuori.
Dopo un paio di anni mia madre trovò la felicità in un uomo, era simpatico, trattava molto bene me e mio fratello.
Ci amava come figli suoi, ci trattava come dei piccoli principini, stavamo bene insieme, eravamo una famiglia.
Poi mia madre mi disse che era incinta nuovamente di un fratellino, ero felicissima, non vedevo l’ora di incontrare il mio fratellino.
Il 28 settembre venimmo sfrattati dalla nostra vecchia casa, mia madre nonostante lavorasse sodo non riusciva a gestire tutte le spese.
Per fortuna trovammo una casa, era fredda, non avevamo l’acqua calda, stavamo molto male, ma nell’animo eravamo felici, o perlomeno loro.
Il 13 novembre nacque il mio fratellino.
Il regalo più bello che qualcuno potesse farmi, ero innamorata persa di lui, mi prendevo cura di lui, lo cullavo, gli davo da mangiare, ero come una piccola mamma per lui.
Per fortuna il comune ci dette una casa, eravamo felici di avere una casa con l’acqua calda, grande e accogliente, non sapevo ancora che in quella casa avrei provato a suicidarmi molte volte.
Ad aprile del 2015 ci trasferimmo in questa casa, stavamo bene.
Mia madre trovò un lavoro in un ristorante, lavorava tutto il giorno, ma io e i miei fratelli stavamo con il suo compagno, che era come un padre per noi.
All’inizio andava tutto bene, io lentamente da sola stavo riuscendo ad uscire dalla depressione. Ero molto forte e non lo sapevo.
Una sera però, il compagno di mia madre mi molestò fisicamente.
Mi toccò il seno, io rimasi pietrificata, non sapevo che cosa fare, avevo 14 anni.
Le sue molestie continuarono per mesi, poi la smise.
Io stavo zitta.
Per paura.
Subivo, e soffrivo in silenzio.
Ero ricaduta nella depressione, forse era anche peggiore della prima.
Quasi un anno dopo le molestie decisi di dirlo a mia madre.
La prese malissimo.
Mia nonna mi dava della puttana, mi diceva che se fossi tornata in Albania( luogo di nascita di mia madre e del suo compagno) mi avrebbero uccisa per aver disonorato il loro nome.
Era colpa mia non sua.
Ero io l’errore, non lui.
Mia madre la sera stessa che glielo dissi cercò di uccidersi, questo atto mi sconvolse.
Non avevo mio padre, non potevo permettermi di perdere anche lei.
Non potevo distruggere la famiglia che si era creata.
Non volevo che i miei fratelli perdessero il padre che avevano.
Così decisi di mentire.
Dissi che era tutta una bugia per avere delle attenzioni.
Ci credettero, ma non sarei mai più stata tratta come prima, se all’inizio avevano un minimo di riguardo nei miei confronti, da quel momento in poi mi avrebbero trattato di merda, mi avrebbero picchiata rinfacciandomi ciò che avevo fatto.
Mi sentivo morire dentro, io volevo morire.
Avevo continuamente attacchi di panico, d’ansia e di crisi.
Ero in uno stato così profondo di depressione.
Chi mi guardava dall’esterno pensava io stessi bene, nascondevo bene la mia tristezza e la mia voglia di morire.
Provai a tagliarmi le vene, ma non ci riuscii, provai a ingerire delle pillole, ma non ci riuscii nuovamente.
Pensavo costantemente ai miei fratelli e al dolore che avrei provocato loro.
Grazie ad una persona molto importante per me, ho smesso di provare ad uccidermi.
Sempre grazie al suo aiuto sono uscita dalla depressione un anno fa.
L’unico vero sostegno emotivo che avevo durante la mia depressione era la musica.
Erano gli one direction.
Iniziai a seguirli il 25 luglio 2010, trovai un loro video di X factor per caso su YouTube, mi innamorai subito di un ragazzo biondo, li trovavo interessanti quindi iniziai a seguirli.
Anno dopo anno li amavo sempre di più, erano parte di me, erano gli unici in tutta la mia vita che non mi giudicavano, che non mi umiliavano, che non mi facevano sentire sbagliata.
E beh che dire quel ragazzo biondo era sempre più bello.
È stato il mio primo amore, mi innamorai follemente di lui a 8 anni, e adesso, che ne ho 18 continuo ad essere follemente innamorata di lui.
Per vari motivi non sono mai riuscita ad andare ad un concerto degli one direction, ci stavo male, volevo davvero conoscere le persone che mi facevano sentire giusta nel mondo.
Che mi amavano ma non sapevano di farlo.
Mi hanno sempre sostenuto con le loro canzoni, anche se non capivo molto, col tempo però grazie a loro ho avuto modo di migliorare molto il mio inglese, e così riuscivo a capire i testi.
Mi ero innamorata non solo di quel ragazzo biondo, ma anche di altri 4 ragazzi e delle loro canzoni.
Passava il tempo, io stavo sempre peggio psicologicamente, ma quando ascoltavo gli one direction era come se fluttuassi in un mondo diverso, in un mondo fatto di musica, di amore, di rispetto, di felicità.
Quando zayn se ne andò dalla band mi sentii male, uno dei miei più grandi amici, mi abbandonava, ma sapevo che non lo avrebbe fatto per sempre.
Col tempo gli one direction sono diventati sempre più grandi, e io con loro.
Quel ragazzo biondo diventava sempre più bello ed io ero sempre più innamorata di lui.
Dopo tutto ciò che avevo passato non credevo più nell’amore.
Per me non esisteva cosa più falsa dell’amore, tranne che per quel ragazzo biondo, lui mi faceva credere nell’amore.
L’amore che io provavo per lui era vero, era puro.
Con il passare degli anni, gli one direction decisero di prendere una pausa.
Il mio mondo crollò.
Non potevano andarsene.
Senza di loro nella mia vita io sarei stata persa.
Diciotto mesi doveva durare, io ci credevo.
In realtà passarono 5 anni, ognuno di loro aveva una carriera da solista.
Io li ascoltavo tutti.
Tutti e cinque.
Quei cinque ragazzi erano la mia ragione di vita, era grazie a loro se in fin dei conti ero ancora viva.
Harry, Louis, Liam, Zayn erano maledettamente belli, bravi, di talento.
Avevano fatto carriera, ed io ero sempre con loro, sono sempre stata con loro. Ero così fiera dei miei 4 amici.
Poi c’è il ragazzo biondo, che è l’amore della mia vita, e non lo dico giusto per.
Quel ragazzo biondo che mi rubò il cuore a 8 anni, continuava a farlo, costantemente.
Con la sua musica.
Con il suo talento.
Con la sua bellezza.
Ma soprattutto con la sua umiltà.
Ho sempre sognato che un giorno, magari con un po’ di fortuna, lo avrei incontrato, saremmo diventati amici.
E che finalmente io sarei stata in grado di parlargli dell’amore che provavo per lui.
Mi bastava essere anche solo amica sua. Mi sarebbe bastato stargli accanto.
Sapere di averlo vicino mi basta.
È questo che auguro a me stessa.
Un giorno, mi auguro di poter incontrare il ragazzo biondo e gli altri suoi 4 amici.
Mi auguro di poter dire loro quanto li amo, quanto sono fiera di loro, e di ringraziarli per quanto loro hanno fatto per me.
Questa è la storia di una mia cara amica di nome Giulia
the first seven years of my life were fun, i guess...
i don’t remember much from my childhood, i guess with all of the bad memories my brain deleted most of my childhood.
well let’s stay on track.
when i was seven years old, my mom told me that she was pregnant with my brother. i was very happy, i always wanted a little brother.
On May 28 he was born, i was really happy to have a small baby in the house.
After a few months my parents decided to get divorced and they waited until the last day of school to officially do it. My mom kicked out my dad from our house and i didn’t know why.. i thought we were a happy family but apparently we weren’t. The judges gave a shared custody to my brother and I. We spent the weekend at my dads while during the holidays our parents took turns. After two weeks my dad got himself a new girlfriend. she was nice and she treated my brother and i really well. We started seeing our dad every week on Friday, Saturday and Sunday. After a while we saw him only on Saturday and Sunday, then only on Sunday.
And after a while, we stopped seeing him.
My dad left me a lot of unforgettable and non-fading emotional bruises. For example i remember that time my dad attempted suicide in front of my brother and i filling himself with a huge amount of different pills.
I remember when he had sex with her girlfriend on the same bed right next to my brother and I.
Specially though, I remember that time he told me he was going to move away with his girlfriend and that he was going to leave me...
I hated him. He broke my heart, he hurt me and traumatized me so I just couldn’t keep it to myself and i told him how much I hated him,
and he moved away.
It’s been ten years now. I know he’s alive, but not for me, and neither for my little brother that barely knew him.
I didn’t see my mom for a long time. She had three jobs and she was never around. I took care of my brother as best as i could. Luckily also my grandma took care of him, even though she hated me and she humiliated me for ten years. She mentally killed me and she destroyed my soul.
When I was 8 years old I became depressed and it lasted for ten years. Now i’m fortunately not struggling with it anymore.
After a couple of years my mom started happily seeing another man. He was nice and he treated my brother and I really well. He loved us and he treated us like his children. We finally seemed a happy family.
After a while my mom told me she was expecting another baby and that i would’ve had another small brother. I was very happy and i couldn’t wait to see him. On September 28 we realized we couldn’t afford our house, and even though my mom worked very hard, we had to move out.
Luckily we soon found another house, but it was cold and we lived without hot water. It was hard but i guess we were happy on the inside, at least my mom and her new boyfriend were.
On November 13th my other little brother was born. I was very happy and I took good care of him. I played with him, fed him... I was like a young mom to him.
Fortunately afterwards the municipality gave us a nice and big house with hot water. Little did I know that further that month i would’ve attempted suicide in that house.
We moved in that house on April 15 and everything was going well.
My mom found a job in a restaurant and while she worked all day my little brothers and I stayed with my moms boyfriend and he was nearly a father to us.
Everything was fine unti one night my moms boyfriend harassed me sexually. I was petrified. He touched me where he shouldn’t have and I didn’t know what to do, I was only 14.
These harassments continued for months and then he stopped.
I didn’t say anything to anyone, i was vert scared. I kept my my mouth shut and i suffered.
I started struggling with depression again and if possible it was even worse than the last time.
After a year full of harassments I decided to tell my mom.
She was destroyed.
My grandma though started acting worse and calling me word such as “slut” and she told me if I ever had to go back to Albany ( the country where my mom and her new boyfriend were from) they would’ve killed me because of what a disgrace i was to my family.
Apparently to them it was all muy fault and I was the problem and not him.
The same night my mom attempted suicide and I was shocked. I had already lost my dad, i couldn’t lose her too.
I couldn’t destroy the family she created.
I couldn’t let my brothers grow up without a father figure.
So I decided to lie.
I told them that everything I told them was just a bunch of lies and that I just wanted more attention to myself.
Well they believed me but I was no more treated like before. They started hurting me and reminding me of what I did.
I felt like dying, I actually wanted to die. I had continuous panic attacks and anxiety attacks.
I was in a deep depression state.
The people that watched me from the outside and that didn’t know me very well thought i was happy because i managed to hide all of the pain.
I wanted to die. I tried cutting myself but it didn’t work. I tried to take a lot of pills together but i failed again.
I thought about my younger brothers and about the huge amount of pain it would’ve caused them.
Today I’m alive thanks to a very important person. Thanks to him i’m not depressed anymore.
Music helped me a lot back when I was depressed, but not just any type of music.
One direction.
I started following them on July 25 in 2010. I casually saw one of their X Factor videos on Youtube and I fell in love with them, specially with a blond boy there.
Years passed and i was more and more interested in them. They didn’t judge me, or humiliate me and they were now a part of me. I was alway always more and more i. love with the blonde boy. He was my first love. I fell in live with him when I was 8 years old... Today I’m 18 and I’m still in love with him. Due to many reasons I never made it to any of their concerts even though i really wanted to meet them because they made me feel right in the world. They loved me even though they weren’t aware of it. Their songs helped me a lot, even though I couldn’t understand much, but thanks to them i learned more English and I finally started to really understand their lyrics.
I wasn’t just in love with the blond boy, but with all 5.
Things weren’t ok at home, but when I listened to their music it was like they took me to another world, full of happiness.
When Zayn left the band, I was really sad. I felt like one of my friends was abandoning me, but I knew he wasn’t going to leave me forever.
In time One Direction grew a lot as a band and I grew with them.
I was more and more in live with that blonde boy. You know with everything i’d been through, I couldn’t believe in true love. I actually thought that there was noting more false than love, but whatever I felt for that blonde boy was real and pure.
After a couple of years One Direction decided to go on a hiatus.
My hole world fell apart.
I was noting without them and they couldn’t leave me like that.
The hiatus was meant to last 18 months, but 5 years have now passed and they’re still going on with their solo carriers.
I listen to all of them.
All five.
Those five boys were my reason to live, and after all it’s thanks to them that today i’m still alive.
Harry, Louis, Liam and Zayn are five incredibly nice, handsome and talented guys.
I’m really proud of my four friends.
And then there’s the blonde boy, the love of my life.
He stole my heart when i was 8 years old and till this day he continues doing so.
With his talent.
With his music.
With his handsomeness.
But specially with his humility.
I always hoped of meeting him someday, and maybe becoming friends with him.
I could finally tell him how I feel, but just being friends with him is more than enough.
Just being thee with him.
Knowing that he’s there with me.
And this is what I hope for.
I hope to meet that blonde boy and his 4 friends.
I hope to meet them tell them how much I love them and how much I’m proud of them and finally to thank them for everything they’ve done for me.
This is the story of my special friend named Giulia
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daniinreallife · 4 years
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“Vecchia” Cotta
“Le nostre impronte non sbiadiscono sulle vite che tocchiamo.” 
Ho letto questa frase come didascalia sotto una foto di Instagram. Inizialmente ho pensato fosse stata pronunciata da qualche personaggio storico letterario importante, o che fosse parte di un grande classico della letteratura che non ho mai letto. E invece è una frase del film Remember Me. Niente di sbagliato in questo, è anche un bel film, ma ancora una volta idealizzo cose e poi vengo delusa dal mio stesso cervello. Questa frase mi è rimasta impressa come un tatuaggio per mesi, da quando ha fatto capolino nella mia mente; non se n’è mai andata.
Era agosto l’anno scorso, ed ero nel bel mezzo di una delle innumerevoli guerre con me stessa, con parti di me che vogliono una cosa, ed altre che vogliono l’opposto. Faceva tanto tanto caldo e cinque mesi prima avevo concluso la prima, unica relazione seria della mia vita. Ecco un flashback nel flashback per dare contesto: una volta purificato tutto il cattivo sangue che avevo fatto scorrere nelle mie vene nei mesi d’inverno, avevo iniziato l’estate a mente fresca, ripromettendomi che l’avrei vissuta all’insegna della leggerezza, del divertimento e del disimpegno. All’inizio ho frequentato diversi ragazzi, il primo dei quali era una mia cotta epocale dai tempi delle medie. Ero così su di giri all’idea che potessi piacere a uno come lui (sì, era questo l’effetto che mi faceva) da non accorgermi che ero strafatta di desiderio di amore e infantile infatuazione, e vedevo cose che non erano. Come tutte le cose che solitamente mi riprometto, non ho minimamente mantenuto la leggerezza e il disimpegno che volevo, e ho detto al suddetto ragazzo che stavo iniziando a provare qualcosa per lui. Di tutta risposta, se l’è data a gambe, lasciandomi ancora una volta sconfitta, amareggiata e incazzata con l’amore. Senza entrare troppo nei dettagli su quanto quel ragazzo fosse in realtà un deficiente, è giusto dire che quella batosta è però servita a farmi prendere sul serio ciò che avevo stabilito per me stessa. Da quel momento, avrei davvero seguito le mie regole. E così sono passata per altre frequentazioni senza scopo; non me ne pento, penso ancora che una ragazza single dovrebbe pensare a divertirsi come meglio crede, non a trovare marito. Tuttavia, come tutte le storie che si rispettino, ben presto è successo qualcosa che non mi sarei aspettata.
Dopo aver conquistato la mia cotta epocale, insieme a diversi altri ragazzi che mi avevano attirato in passato, mi sentivo inarrestabile. Sentivo di poter attrarre a me qualunque uomo volessi. Era diventato quasi uno sport per me; volevo vedere se riuscivo ad attirare qualsiasi ragazzo potesse interessarmi. Per un po’ è stato divertente (anche se sbagliato perchè li illudevo e poi li abbandonavo, cattiva bambina), ma stava diventando una cosa che facevo involontariamente, anche su persone che non volevo attirare. Un giorno, sdraiata con i miei amici su un agglomero di teli mare in spiaggia, ci si sono avvicinate persone che i miei amici conoscevano, ma che io avevo solo sentito nominare. Con il sole caldo del tramonto, mi copro gli occhi con la mano per vedere meglio, e identifico un certo ragazzetto, anche lui una mia vecchia cottarella, ma molto più latente rispetto a quella precedente. Non saluto nessuno, ma li guardo e ascolto le loro chiacchiere. A una certa penso anche di essermi alzata per parlare con altre persone; fatto sta che mi sono detta: “Basta, con lui non proverai a far niente, non è giusto.” In quel momento interpretai quel pensiero come pigrizia, come noia di fare sempre la stessa cosa. Qualche giorno dopo, puntuale come un orologio svizzero, quel ragazzo mi ha iniziato a seguire su instagram, una delle mosse più significative e inequivocabili della nostra generazione, specialmente se inizi a seguire qualcuno che non conosci ufficialmente o con cui non hai mai parlato. 
Per farla breve, io e il ragazzo in questione, che chiameremo Mauro, ci siamo frequentati per una o due settimane. In quel lasso di tempo ho dato un nuovo significato all’espressione: “Sembrava ci conoscessimo da sempre.” Passavamo le ore a chiacchierare di tutto, a ridere per le battute idiote sue o mie, non c’era alcun disagio. Ero ansiosa prima di vederlo, ma quando eravamo insieme il tempo si fermava, o avrei voluto che lo facesse. Eravamo in una bolla di leggerezza e felicità, che mi sono trovata a scoppiare. Mauro ha iniziato a presentarmi ai suoi amici, a dire e agire in maniera particolare, una maniera che mi ha fatto capire che era preso. E non poco, nè in maniera leggera. Non appena me ne sono accorta, mi sono allontanata. Non volevo una relazione, volevo leggerezza, divertimento, disimpegno. Non potevo impegnarmi con qualcuno, e non potevo continuare a frequentarlo perchè l’avrei ferito. Perchè non provavo lo stesso. Giusto? 
La risposta a tale domanda mi è arrivata nei giorni successivi, come un enorme, violento schiaffo in faccia. Mi mancava. Sentivo la sua mancanza. La mancanza di qualcuno che conoscevo da due settimane. Mi mancava stargli vicino, parlargli, ridere con lui, baciarlo. Mi mancava lui. E così, dato che condividevamo la stessa spiaggia, mi ci sono riavvicinata, in punta di piedi. Senza mai sbilanciarmi troppo per non dare un’idea sbagliata, senza mai essere libera di essere me stessa. Ma era difficile; quando lo guardavo era come se mi specchiassi in un’acqua cristallina e non mi riconoscessi. Vedevo in lui piacere nello starmi vicino, che però mal celava il malessere dello starmi accanto come... amico? Conoscente? Come una persona non ben identificata. I giorni passavano, come le settimane e infine i mesi. Il sentimento che pensavo di non avere, o non volere, cresceva in silenzio, lontano dagli altri ma pericolosamente vicino a lui. Abbiamo iniziato a parlare allo stesso modo, fare lo stesso tipo di battute e gli stessi riferimenti a episodi del passato. Abbiamo iniziato ad avere una sintonia anomala per due persone che si conoscono appena. E io su queste cose rifletto tanto. Ci ho riflettuto così tanto che è arrivato agosto, dove questa guerra interiore ha avuto inizio. Ho scoperto che sarei andata a vivere a Roma tre giorni prima della mia partenza. Sono stata felicissima, e lo sono ancora. Sono innamorata di quella città come mai avrei pensato possibile. La mia ultima sera, Mauro e i suoi amici avevano deciso di dare una “festa di fine estate” nel locale della città in cui andavamo sempre tutti. Io sono uscita con i miei amici, e prevedibilmente ci siamo diretti nello stesso posto. E’ stato inevitabile trovarci, un po’ perchè eravamo entrambi lì e un po’ perchè ho incrociato il suo migliore amico e sono rimasta a parlarci fino a che Mauro non è venuto a cercarlo. Da lì, mi sono un po’ aggregata al loro gruppo. Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo iniziato a passeggiare per il lungomare e io e lui siamo rimasti indietro. 
Ho deciso di sfogarmi e dirgli la verità: quanto fosse stato incredibile conoscerlo, quanto strana mi sentissi nello stare con lui, ma uno strano piacevole, rigenerante. Gli ho detto quanto mi sia dispiaciuto aver stroncato il nostro rapporto ancora prima che potesse davvero nascere e soprattutto, gli ho detto che spero di potermi tenere in contatto con lui, che non voglio perdere una persona così preziosa appena dopo averla trovata. In pratica, gli ho detto che lo volevo ancora nella mia vita. Una mossa egoista, visto che volevo restargli vicino senza garantirgli una relazione o un rapporto più profondo. Nonostante questo, però, sono stata contenta di dirgli tutto ciò che pensavo, mettendo da parte orgoglio o castelli fasulli che ereggevo nella mia mente. Lui ha ricambiato le belle parole; era evidente che pensassimo le stesse cose l’uno dell’altra. In preda ai fumi dell’alcol da parte sua e per via della mia partenza il giorno dopo, abbiamo finito per baciarci per ore poggiati ad un chiosco gelati chiuso sul ciglio della strada. Erano le 3 del mattino, non c’era praticamente nessuno, e anche se ci fosse stato, noi non ci saremmo fermati. Sono stati i baci più passionali che ci siamo dati, e non volevo che finissero. Parte di me voleva anche proporre di scendere in spiaggia per... stare più comodi. Ma non ho detto niente. Temevo che qualsiasi parola o passo falso avrebbe frantumato quel momento che mi sembrava così fragile e così intenso. Dopo esserci consumati, ci siamo salutati senza fiato, e lui si è incamminato da solo sul lungomare per raggiungere i suoi amici. Io sono tornata a casa, e il giorno dopo mi sono trasferita, rimpiangendo qualcosa che non c’era stato e che non sapevo neanche se volessi o meno.
Durante i mesi d’autunno ci siamo tenuti in contatto, ma più gli scrivevo e più mi accorgevo di un’insolita freddezza da parte sua. Mi ci sono mangiata le mani. Ho anche parlato con il suo migliore amico, una persona che stimo moltissimo, e che mi ha dato quel tough love di cui avevo bisogno. Mi ha fatto realizzare che Mauro aveva tutti i diritti di ergere un muro tra me e lui, anche se magari non lo stava facendo intenzionalmente. Non mi dava nessuna colpa per quello che era successo, ma non poteva permettersi di lasciarsi andare con una persona che non poteva dargli ciò che cercava. Lo stesso ragazzo mi ha fatto anche notare come in quei mesi d’estate lui mi avesse messo il suo tempo su un piatto d’argento; si era completamente dedicato a me ogni volta che volevo. Io non potevo dire lo stesso. C’era sempre una parte di me che mi ricordava di non sbilanciarmi perchè ehi, una relazione non è quello che voglio. Così facendo c’è sempre stato uno squilibrio tra le due parti. Dopo un lungo discorso ho deciso che non avrei mai più fatto niente per ferire Mauro, perchè anche se lui avrebbe potuto perdonarmelo, io non ci sarei riuscita. 
Quindi abbiamo smesso di sentirci assiduamente, ma nei mesi d’inverno mi ha invitata alla sua festa di compleanno, nonostante ci fossero solo pochi amici intimi, ed è venuto a Roma con due suoi amici a febbraio. Tra le mie lezioni all’università e i loro impegni in città, siamo riusciti a vederci solo un pomeriggio. Siamo stati colti dalla pioggia e ci siamo rifugiati nel locale in cui avevo iniziato a lavorare da poco. E’ stato un pomeriggio divertente, leggero, ma è valso molto di più che una normale uscita a Roma per me. La sera Mauro e i suoi amici sono andati a cena in un ristorante molto lontano dalla mia zona, e non ho potuto vederli. Il giorno dopo sono partiti, e ho chiacchierato un po’ con lui mentre era sulla strada del ritorno. Stavo impazzendo, non riuscivo a smettere di pensare a lui e a quanto mi fosse mancato. Gli ho scritto “sei un pensiero fisso,” e in tutta risposta, mi ha inviato lo screen di una pagina delle sue note in cui c’era scritta una poesia. Una poesia che parlava di me. Quando l’ho letta il mio cuore deve aver perso un paio di battiti. Non solo era bellissima perchè parlava di Roma e di me, ma perchè era la dimostrazione che non ero l’unica dei due ad avere ancora in testa l’altro. Non ci sono state molte interazioni dopo quella conversazione. Io non sono tornata nella mia città per 5 mesi causa pandemia, e tra due giorni potrò finalmente uscire. 
Quando penso ad una nostra ipotetica conversazione vado in surriscaldamento, un po’ come il mio computer in questo momento. Ho anche scritto tra le mie note del telefono tutto il discorso che vorrei fargli. Vorrei dirgli che Robin Scherbatsky ci ha insegnato che servono due cose fondamentali: la chimica e il tempismo. Noi abbiamo sempre avuto la prima, ma per il secondo ci ho dovuto lavorare un po’. Penso anche che in questi tre mesi lui potrebbe aver incontrato qualcun altro, potrebbe essere impegnato, potrebbe non volermi più in quel modo. Sono solita lasciarmi scappare occasioni d’oro per la paura, ma farmi scappare lui sarebbe una cosa che rimpiangerei per sempre. Ho tanti piani per la mia vita e per il mio futuro, voglio lavorare all’estero e avere una carriera fruttuosa, il che è spesso incompatibile con una relazione stabile, specialmente con qualcuno che viene dal mio stesso paesino in Italia. Nonostante questo, però, glielo devo dire. Gli devo parlare, fargli sapere che se lui ci sta io ci sto, che ha lasciato un’impronta indelebile sulla mia vita, che non sbiadirà mai. Devo farglielo sapere e accettare qualsiasi cosa mi dirà, anche se è un rifiuto. Ma deve saperlo, solo così posso superarla e tornare ad essere serena.
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gsconosciuta · 5 years
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quale strada devo imboccare? -Aspetto un messaggio di A per uscire stasera. Il corpo perfetto, l'entusiasmo della giovinezza e l'incapacità di direzionarlo, ha negli occhi un gelo che mi è nuovo. Sono sinceramente curiosa di svelare gli enigmi di un ragazzo privo di obiettivi, ma sicuramente con la voglia di cercarli, che vive (o si lascia vivere?) un'esistenza di feste, sport, rumore costante (sarà per coprire la confusione che ha dentro?). Non ho abbastanza coraggio nè sicurezza per rischiare di prenderlo per mano e forse sì, un po’ temo anche di scoprire che dietro a quelle attenzioni e a quegli sguardi ci sia maggiore banalità di quanto io abbia immaginato. -Per errore (o forse no?) invio un messaggio a B, nel leggere le risposte sorrido, un cratere nostalgico si fa largo nel cuore. Uomo fuori, bambino dentro, presenta i vizi, le virtù e le contraddizioni di questa condizione. Averlo accanto significherebbe essere presa per mano la mattina e dover coccolare un cucciolo la sera. Nel suo sguardo ,espressione di tali ossimori, scorgo come mille schegge che riflettono contenuti differenti:una la luce e l'entusiasmo di mille progetti, una la furbizia che inquieta, un'altra l'insensibilità (acquisita per esperienze che l'hanno segnato?), un'altra ancora l'insicurezza, e poi la ricerca d'affetto, la sconfitta dei desideri carnali sulla ragione e l'esperienza, lei soprattutto che tenta sempre di mettersi un punto e completare il puzzle degli orizzonti della coscienza(come sento di capirlo!). -Con calma ormai quasi quotidiana, ascolto e rispondo alle note vocali di C, pozzo di cultura e in questo momento stimolo estremo per i miei neuroni impazziti alla ricerca di risposte. Lui più che risposte mi lascia continuamente domande,tuttavia formulate in modo così splendidamente ineccepibile, frutto di riflessioni tanto profonde e sofferte, che risulta per me come per un uccellino senza famiglia il dono di un pasto già in parte macinato. C è una riscoperta per me, un sipario che ho più volte chiuso senza avere la pazienza di curiosarci dietro. Non so descrivere cosa trasmettano i suoi occhi perchè ammetto di non aver mai provato seriamente a interpretarli, spaventata, turbata, o semplicemente annoiata dal sincero interesse che mostravano per i miei, un'interesse che mai ho ricevuto con la stessa spontaneità. Eppure la sua presenza mai mi ha fatto saltare un battito, mai mi ha permeato di alcun brivido d'eccitazione (sarà perchè non gli ho mai dato l'occasione di provocarlo?) -Poichè si è aperta per me la stagione della caccia agli amori (a quanto pare più a quelli passati) mi ricordo di D, della sua presenza perfetta ai miei occhi di ragazzina, delle sue parole sempre appropriate al momento, del suo profumo che annebbiava ogni mio tentativo di produrre un lucido pensiero. D danzava davanti ai miei occhi in ogni suo gesto e lui si che sarebbe stato una sicurezza incrollabile, un amore dolce, intenso, passionale. Così lo immaginavo benchè il suo sia quello che meno abbia potuto sperimentare. Nella lontananza di adesso mi pare il più adatto alla mia tempesta emotiva. Non che fosse un uomo senza insicurezze, però le sue mi sono sempre parse le uniche per le quali la mia fragile coscienza avrebbe saputo trovare una risposta. Forse saremmo stati un puzzle perfetto, per come era in grado di infondermi coraggio e consapevolezza dei miei mezzi e per come io sarei stata in grado (veramente o solo nelle fantasie?) di farlo viaggiare sui binari più sicuri, lui che brillante, eccezionale e troppo amante del rischio, rischiava di far annegare tutti i suoi talenti in una bottiglia di grappa, di far ballare tutti i suoi sogni con la persona sbagliata. E in verità così ha fatto e ora ci separano ben altre frontiere oltre a quelle dell'età. -Infine, ultimo, ma sicuramente primo per l'importanza che occupa nei miei pensieri, per il ruolo che ha ricoperto nella mia crescita e per quello che ricopre ancora, sebbene ricco di aspetti controversi, sta E. Egli è il nido di tutti i miei ricordi più felici e purtroppo anche di quelli più tristi, più insidiosi e turbolenti. Costituisce la più grande conquista e al contempo il più grande fallimento, le ali per cominciare a volare, ma anche l'ancora che mi fa andare giù a picco. E potrebbe essere il titolo di quasi tutti i post che ho pubblicato qui poichè devo ammettere che sia stato la mia più grande cotta ed il mio primo e unico ti amo. Non basterebbe un romanzo per descrivere tutte le sfaccettature di un rapporto che ancora non mi spiego nemmeno io (ma se qualcuno leggendo tutto questo ha dei consigli da darmi sono qui pronta e disperatamente bisognosa di accoglierli). E non è bello come A, nè attraente come B e D, nè uno stimolo costante come C. Al contrario sono io a dover sempre pungolare la sua pigrizia esistenziale, a nutrire in tutti i modi possibili la sua bassa autostima e a cercare (a volte quasi elemosinare) la sua presenza, le sue idee e la sua dolcezza. Queste tre qualità, capacità di esserci quando è il momento, di pensare in modo intelligente ed originale e di donare un amore vero e profondo, lui le possiede eccome, ma ecco non sempre sono stata io il loro destinatario o beneficiario. Eppure mi sono innamorata di loro (e di molto altro) in maniera così travolgente e accecante, da lottare con tutte le mie energie, la mia vitalità (a volte smarrendola) e servendomi di ogni mio talento per conquistarlo. Ci sono riuscita? Ebbene chiunque mi conosca ora non potrebbe affermare il contrario, eppure io sento, e questo presagio suona come una minaccia costante alla mia felicità, di aver ottenuto solo una fetta rispetto alla torta per la quale stavo combattendo. Banalizzando potrei chiedermi: una fetta di amore, ma una torta di amicizia? Oppure una torta di uno e dell'altro assieme? E poi ancora mi domando: e io cosa sto donando? Sicuramente ho donato il tempo, tutto quello che avrei potuto e forse anche quello che non avrei dovuto e ora sto facendo i conti con qualche rimorso, ma soprattutto troppi rimpianti che vedono protagonisti B,C,D e qualcuno che si sta formando ora su A, che non riesco a fare a meno di lasciar scorrere e depositarsi sulla catasta dei dubbi. E, amico mio, amore mio, con te ho condiviso le mie passioni più grandi, ho imparato a costruirmi un pensiero critico (talvolta anche troppo) su ogni persona o fatto che mi circondi e infine sempre assieme e grazie a te ho trovato il coraggio per allontanarmi di così tanti chilometri dalla tua presenza e mettere a rischio il preziosissimo rapporto che abbiamo costruito per scoprire me stessa e per solo sperare che il nostro futuro sia assieme si, ma sia un futuro consapevole prima di tutto. Porterò a termine questa missione, questo viaggio che ora mi pare aver perso la sua originale destinazione? Arriveranno mai delle risposte oppure porterò a casa solo una valanga in più di dubbi?  Raccogliendo la mia voglia di vivere, di sorridere e di lottare ancora, provo ad abbandonare qui queste letterine almeno per un po’, per afferrare una G protagonista del suo percorso e sperare di ritrovarla più bella, forte e determinata alla fine.
gsconosciuta
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comelegno · 4 years
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Resoconto.
Per qualche ragione, scrivere ciò che mi sta succedendo mi aiuta a metabolizzarlo, eppure non lo faccio da un po’. Non perché la mia vita sia stata piatta nell’ultimo periodo, tutt’altro! E’ stato il periodo delle “prime volte”, di vario genere e natura. La più importante, dal mio punto di vista, è la mia prima volta in amore, perché sì, sono innamorata. Non l’avrei mai detto e invece eccomi qua.  E’ stato tutto così veloce, improvviso e inaspettavo. Ho superato quelli che credevo fossero ostacoli solo perché mi ero fatta un’idea dell’amore e del “ragazzo ideale” totalmente sbagliata. Semplicemente è arrivata la persona giusta.  Certo, le relazioni interpersonali non sono mai tutte rose e fiori, ma sto così bene, così in pace. Spesso mi chiedo se sia normale amare una persona così tanto, ma ancora di più se sia normale essere amati così. Lui mi ama e lo capisco da come mi guarda, da come mi sorride, da come mi sfiora, da come mi ascolta con attenzione anche se parlo tanto. Non pensavo fosse possibile, non per me almeno. Per me, eterna solitaria ed indecisa, piena di insicurezze. Ero arrivata quasi al punto di pensare di avere un problema, o essere, il problema. O di non esserne in grado. E invece no, c’è speranza per tutti. E’ stato più naturale di quanto pensassi, ma credo che questo sia anche merito della persona che ho accanto.  Mi sento una persona diversa, cresciuta. Era così che doveva andare.  Adesso non mi resta che sprofondare in quegli occhi verdi. 
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autodecomposizione · 5 years
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Mi hai detto che sono davvero una gran bella persona, in gamba, simpatica, dolce, con un grande cuore. Mi hai detto anche che tu eri diverso, che ormai non riuscivi più a legarti alle persone, che ti avevano fatto tanto male e ne eri ancora avvolto. Mi hai detto che ti faceva piacere parlare con me, che mi avevi raccontato tante cose di te che nessuno conosceva. Mi hai detto che ti dispiaceva perché ero venuta a contatto con la brutta persona che sei e che mai avresti voluto farmi soffrire. Mi hai detto che ero libera di andarmene da un momento all’altro e che però ci saresti stato male. Mi hai detto che non volevi affrettare le cose, che la frenesia e l’egoismo rovinavano tutto e che io ero troppo pura per questo. Mi hai detto che sono semplice e hai decorato questo aggettivo come se fosse un gran pregio, significava essere limpida e a te andava bene perché avevi conosciuto tante maschere nella tua vita. Mi avevi detto che avevi capito dove portarmi, che avevi trovato un posto giusto per me e che anche se non lo fosse stato a te sembrava okay. Mi hai detto proprio tante cose quella sera ed io ero rimasta senza parole perché lo scopo delle tue non l’avevo capito. Alla fine non me ne sono andata, odio andarmene se non ci ho provato fino in fondo. Alla fine non ho dato retta neanche ai consigli dei miei amici che mi esortavano a lasciarti perdere perché non ne valeva la pena, ma io faccio sempre di testa mia e questo forse tu non lo sai. Quella sera avrei voluto dirti tante cose che non sapevi ma non ci sono riuscita. Avrei voluto dirti che è vero che sono semplice ma solo nella mia complessità. Avrei voluto dirti che cambio umore spesso anche se non lo rendo evidente. Avrei voluto dirti che non mi arrabbio mai, ma mi irrito per ogni singola cosa non mi vada a genio e che so essere davvero stronza. Avrei voluto dirti che non so starmene zitta in un posto senza agire, che sono stanca di guardare da fuori come uno spettatore e aspettare che qualcuno agisca per me. Avrei voluto dirti che non ho paura di scoprire come sei fatto davvero. Avrei voluto dirti che sono complessa almeno tanto quanto te e avremo potuto aiutarci a vicenda. Avrei voluto dirti che sono estremamente egoista ed orgogliosa. Avrei voluto dirti che non mi piacciono i giochi di parole, le frasi articolate con tanti se e tanti ma. Avrei voluto dirti che sono davvero limpida in tutto quello che faccio e che dico, che non mi piacciono le bugie e che me ne hanno rifilate fin troppe. Avrei voluto dirti che do il massimo in tutto quello che faccio, che sono determinata e davvero tanto pignola. Avrei voluto dirti che non mi fido mai fino in fondo e che questo mi ha portato a sentirmi sempre un po’ sola. Avrei voluto dirti che per arrivare al mio cuore non bastano un paio di frasi buttate lì, qualche buongiorno e dei complimenti. Avrei voluto dirti che non ero innamorata di te perché tu non me ne avevi dato modo, ma che mi interessavi almeno quanto io interessavo te. Avrei voluto dirti che qualsiasi posto andava bene se per te significava qualcosa. Avrei voluto dirti che sono davvero poco gestibile e che se cercavi qualcosa di facile io ero la persona sbagliata. Avrei voluto dirti che non corro dietro a nessuno ché mi basta la palestra per tenermi in forma. Avrei voluto dirti che ti avrei aspettato solo se mi davi un motivo valido per farlo altrimenti sarei andata via. Avrei voluto dirti che mi sento una persona completa e non ho bisogno di qualcuno che cerca di prendermi in giro. Avrei voluto dirti che non tutte erano come la tua ex. Avrei voluto dirti tante cose quella sera, soprattutto che se ero rimasta un motivo c’era ma che non dovevi darmi per scontata perché un’altra cosa che non sapevi è che sono tanto volubile e mi annoio facilmente. Adesso non so dove sono finite tutte queste parole che non ti ho detto. Adesso non so neanche se ci sarà l’opportunità di dirtele, così le scrivo qui in modo incasinato e senza preoccuparmi troppo della punteggiatura. Ah, ecco un’altra cosa che non sai: mi piace scrivere (non di te però).
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sciatu · 5 years
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L’INGORDO MANIACO - PER QUANTO E’ GRANDE “SEMPRE” 
Alla fine arrivò la stazione di Provvidenza, quella in cui doveva scendere dal nostro treno per incontrare il suo amore e lasciarmi sul treno della vita per andare chissà dove. Lo capii un giorno quando in negozio entrò una ragazza fascinosa, con capelli lunghi di un rosso Tiziano scuro, vita stretta, il seno bilanciato al sedere e due occhi di un verde marino. Venne subito da me e mi porse il telefono “non mi funziona – disse con un accento straniero – puoi guardare cos’ha?” e mi guardava con quegli occhi da dea marina come se volesse capire cosa avessi dentro Io lo accesi e vidi sullo screen una foto di lei con Provvidenza che sorridevano felici. “sei Evelyn?” Chiesi “si “ rispose asciutta lei pronta alla battaglia. “allora vieni che ti offro qualcosa” dissi cordiale invitandola al bar accanto al nostro negozio. Ordinai subito due cannoli e due caffè di quelli buoni, sedendomi accanto a lei. “Allora dimmi tutto” le dissi proteso in avanti come se aspettassi da lei chissà quale rivelazione. Lei mi guardò stupita e si rilassò “Allora sai di me ed Enza” “Certo, sono stato il primo a saperlo” “e questo non ti dà fastidio? Tu sei il fidanzato non ti fa….. rabbia?” Sorrisi “Moltissima, ma dimmi, lei con te è felice?” “si penso di si” “Te lo confermo io è felice, era felice quando mi ha detto che ti aveva incontrata a Monaco, era felice quando l’ho portata a Catania a prendere l’aereo per passare con te il week-end un mese fa, tra parentesi allora era in crisi, non sapeva cosa fare se lasciar perdere la vostra storia o volare fino da te a capire se valeva la pena continuare. Io le ho detto che in certe partite bisogna puntare tutto quello che si aveva per dare senso al gioco e lei ha preso l’aereo. Era infine felicissima quando sei arrivata: quando il tuo aereo è atterrato mi ha mandato un SMS “E’ atterrata! inizia la mia nuova vita!” ” “Non capisco, tu hai sempre saputo tutto?” “Si, lei mi ha detto tutto appena ti ha conosciuto” “ma tu non sei geloso?” “moltissimo, ma lei ti ha detto ti amo no?” “si” rispose fiera, pronta a difendere quello che Provvidenza le aveva detto. “Allora la mia gelosia e io stesso non contiamo più nulla! Lei non mai ha detto ti amo da quando aveva diciotto anni. Non l’ha detto neanche a me: di fronte a questo, conti solo tu” Bevve lentamente il caffè forse solo per ragionare. “Ma tu chi sei per lei? Io non l’ho capito bene; tutte le zie sanno che ama le donne e tutte a dire Alfio, Alfio, Alfio! Se chiedo a lei, lei mi risponde che sei un amico, ma tu sei ovunque nei suoi pensieri.” “io sono il suo pacemaker! Sto attaccato al suo cuore, ne regolo i battiti, ma non vi sono mai entrato: quello è il tuo posto, li ci sei solo tu” Lei mi guardò incerta se credermi o no “Ascolta: lei ha fatto pazzie per te e tu hai lasciato il tuo lavoro e sei venuta qui a provare a stare insieme e costruire qualcosa. Se lei non fosse stata sicura di te, non ti avrebbe fatto venire. Lei non è una irresponsabile specie con chi ama.” “È vero, per questo le voglio bene, ma sono confusa” “Adesso lo sei, ma tra qualche settimana sarà tutto chiaro” “Lo spero – fece tirando un sospiro – a volte mi chiedo se ho fatto bene” Sorrisi “Ma tu hai fatto l’amore con lei, sei stata con lei a passeggiare sulla spiaggia, a cenare al faro, a ballare con lei guardandola negli occhi, ad ascoltarla quando ti racconta la sua giornata, a vederla uscire dalla doccia, a sentirla contro di te di notte a letto quando dorme e se si gira ti abbraccia nel sonno?” Le venne un sorrisetto malizioso “Certo” “E non è stato bellissimo?” “Tantissimo” fece quasi stupita di riconoscerlo “Allora hai fatto bene!” Sorrise. “ci penso un po’ - fece alzandosi - ti immaginavo peggio, ma io non ho una grande opinione degli uomini, sono contenta che forse mi sono sbagliata. Voglio parlarne con lei, quello che mi piace è che tu non ti nascondi” Le feci confezionare un vassoio di cannoli e glielo diedi “Portaglielo vedrai che le piaceranno” “Ma così capisce che sono stata qui…” “E tu dille la verità, che volevi capire chi ero e che ti ho dato i cannoli perché così ti fa vedere come si mangiano” “con la bocca no ?” Disse guardandomi senza capire. “Si ma a letto vi sono tanti altri modi per mangiarli…” Lei mi guardò qualche secondo “Ora capisco come facevi il pacemaker! Vi siete divertiti voi due…” “Ora tocca a tè…” “questo è sicuro: solo a me!” fece minacciosa “Solo a te” ripetei alzando le mani al cielo “ti faccio sapere Alfiuccio, se mi piacciono torno!”
E se ne parti lasciando una scia di voglia con un retrogusto di desiderio nel suo  ancheggiare che il cameriere, che se lo stava studiando con attenzione e che stava rientrando in negozio guardandola, andò a sbattere contro la porta. Mi alzai rassegnato. Avevo fatto il brillante solo per non creare problemi tra loro, ma in realtà mi giravano le sfere riproduttive in modo esagerato. La situazione l’avevo immaginata tante volte e ora che si stava concretizzando non mi era facile accettarla. Provvidenza con i suoi sorrisi riempiva le mie giornate ed il suo corpo accendeva le mie notti, senza di lei ero come un albero in inverno. Tornai in negozio a finire di sistemare la merce arrivata che ecco sulla porta apparve Marcello “Alfiuccio na parola” fece allungando il braccio destro con l’indice puntato come quando in classe doveva andare in bagno. Solo che questa volta oltre all’indice faceva apparire anche il mignolo “Marcello haiu cuffari” “un minutu chi ci voli” Rassegnato dissi “Sintemu” “Ricordati che poi tu e Provvidenza dovete venire da Don Nino per le prove” “Marcello ma se vi sposate tra sei mesi, che minchia facciamo adesso le prove?” “Alfiu e chi ni sacciu jo! Don Nino ci ha detto che dobbiamo farle ora perché poi è occupato” “Ma chi è l’ASL che pare abbiamo prenotato una Tac che ci vogliono sei mesi per farla?” “Comunque, guarda che viene anche Evelyn” “Ah – feci serio serio – Marcello, non mi dai mai una gioia” “La vita non ne da a me e tu me la cerchi? Comunque è una brava ragazza ci siamo usciti a mangiare ed è veramente una bella persona; Provvidenza le vuole bene, non l’abbiamo mai vista così innamorata e …felice” “Ma ora che sei diventato amico suo?” “Alfiu lo sapevi che finiva così, ci dovevi pensare prima!!! Ni videmu e quattru!” E se ne andò. Lui in fondo era disorientato, come lo era Alessandra e come lo ero io. Che Provvidenza non era più quella di un anno prima e che tutti speravamo che lei trovasse quanto cercava era un sentire comune, ma ora che aveva trovato quell’amore che le mancava, eravamo tutti un po’ persi, perché non sapevamo cosa sarebbe successo, come si sarebbe comportata con Evelyn e con noi.
Alle quattro mi presentai nella sacristia di don Nino e poco dopo arrivarono anche i futuri sposi con Provvidenza ed Evelyn che camminavano mano nella mano. “Che bella chiesa – disse Evelyn – fa venire voglia di sposarsi” “Anche noi abbiamo deciso di sposarci - annunziò felice Provvidenza – ora stiamo pensando un po’ a tutto ma presto manderemo le partecipazioni.” “Ancora non abbiamo deciso niente – fece Evelyn guardando seriamente Provvidenza quasi a rimproverarla –- ora vediamo, devo trovare un lavoro e poi fra due, tre anni vedremo” Provvidenza fece la faccia scocciata, poi si illuminò nuovamente “Adotteremo dei bambini! Saremo una famiglia!” “questo si – fece convinta Evelyn – io voglio un bambino da coccolare con Provvidenza. Una vera famiglia non l’ho mai avuta e se mi sposo la voglio!” Arrivò il vecchio don Nino che appena mi vide si gettò le mani ai capelli “e tu che ci fai in chiesa? Quannu mai u diavulu vinni in chiesa” “Don Ninu non incominciamo, io sono il testimone” “Ah e lo sposo lo sa chi sei tu – e rivolgendosi a Evelyn che gli era vicino - ma lei u sapi che ogni volta che si confessano le sue zite poi mi devo fare una doccia fredda per le brutte cose che dicono?” Evelyn scosse la testa rimproverandomi con lo sguardo; don Nino si accorse che non conosceva Evelyn e le chiese “Ma lei chi è fidanzata cu iddu?” “Io no – fece lei candidamente – sono fidanzata con lei” ed indicò Provvidenza “Ah – commento don Nino – poi osservando meglio Provvidenza spalancò gli occhi – Ahhhhh - ripetè e ovviamente mi ritenne responsabile anche di questo - U vidi se tu fussi statu nu bravu figghiolu a st’ura una di dui era zita cu tia!!!” Incominciammo le prove con don Nino che ci spiegava cosa dovevamo fare e i momenti della celebrazione. Alessandra e Marcello scelsero l’inno all’amore di San Paolo come lettura e finimmo quindi le prove. Evelyn, che era una restauratrice, chiese informazioni sugli autori di alcuni quadri e don Nino incominciò a descriverle tutte le opere della chiesa portandosela dietro di altare in altare con noi che li seguivamo come i cani seguono il padrone. Evelyn gli spiegò come sistemare le cornici tarlate dei vecchi quadri e lui la ascoltò con ammirazione. Alla fine il sagrestano lo chiamò per la messa serale e don Nino ci salutò a malincuore. Arrivato da Evelyn che aveva preso in simpatia le chiese “ma voi due siete veramente zite?” “si padre e ci vogliamo sposare e vorremmo anche dei bambini se Dio ce lo permette” Allora don Nino prese le loro mani e le strinse “nulla è impossibile a Dio specialmente quando c’è l’amore. Isaia 56,47: non dica l’eunuco, ecco io sono un albero secco” e le segnò sulla fronte, poi rivolgendosi a me: “u vidi loro il senso della famiglia ce l’hanno, ma tu….” Ed allargando le braccia se ne andò rassegnato al diavolo che gli era entrato in chiesa. Andammo a mangiare una pizza in piazza duomo commentando l’avversione che don Nino aveva per me e la simpatia mostrata ad Evelyn e Provvidenza.
Il tempo passava ed Evelyn era diventata ormai una figura consolidata del gruppo. Uscivamo spesso tutti e tre e alle varie feste ci presentavamo senza nessun problema, anche se tutti capivano che Provvidenza non stava più con me; la luce delle loro anime felici era più grande di quella crepuscolare che tutti vedevano in me ed io, se devo dire la verità, ne ero contento, ammiravo la felicità di Provvidenza come Michelangelo doveva aver ammirato la Pietà: mi sentivo l’autore nascosto della gioia che mostrava e della bellezza che quella felicità le dava. La sua mancanza piano piano mi pesava ed accettavo di uscire con loro solo per vederla e per annotare, giorno dopo giorno, che il suo amore per Evelyn aumentava.   Non riuscivo però ad avere brutti pensieri su Evelyn. Don Nino le aveva chiesto se poteva sistemare alcune cornici della sacristia e lei passava le giornate nella chiesa; all’ora di pranzo o quando c’erano le funzioni, veniva in negozio a parlare con me. Mi raccontò la sua vita; si era sposata giovanissima piena di illusioni e di ingenuità, ma il marito, uno sfaccendato play-boy,  le trasmise una malattia venerea convincendola a fare una isterectomia che solo più tardi lei capi essere completamente inutile. Intanto però non poteva avere più figli e da questo le nacque un odio profondo per gli uomini. Ovviamente lasciò il marito ma la sua esperienza la segnò moltissimo perché si era sposata pensando di avere tanti figli come sua madre che era di origine italiana. Invece si ritrovò defraudata dell’amore di madre e della sua giovinezza e resa diffidente verso tutti. Ora però questo suo amore con Provvidenza l’aveva travolta e cambiata; non riusciva neanche a capire come aveva fatto a lasciare la sua vita agiata di Monaco per starsene in un appartamentino di Messina. Ma non ne era pentita e questo me lo disse molte volte. Portava sempre con se un album da disegno pieno di nudi della sua amata, disegni che aveva fatto lei osservando Enza e quando me lo fece vedere, il mio cannolicchio si svegliò improvvisamente come se stavamo giocando con Enza al gioco della pignolata; in quei disegni il corpo di Enza appariva solare ed esplosivo con tutta quella sensualità che aveva quando amava, ed Evelyn aveva saputo coglierla in ogni più piccolo dettaglio; il suo album segreto mi fece capire che Evelyn aveva per Enza un amore totale, quell’amore per cui il mondo esiste solo come cornice e sottofondo dell’amata. Alla fine diventò mia amica visto che il nostro argomento di discussione principale era sempre lei: Provvidenza. La mia ormai ex zita non la vedevo più da sola, ne avevamo modo di parlarci più di tanto. Il tempo passava, Evelyn aveva trovato altri lavori e Provvidenza era impegnata con il concorso per diventare notaio  a cui doveva partecipare verso Giugno. La cosa la coinvolse molto ed Evelyn se la prendeva perché si sentiva trascurata. Finito il concorso, se ne andarono comunque a Tahiiti per passare da sole ed insieme le ferie; Evelyn amava Gaugain ed era tanto che desiderava andare in quel posto lontanissimo. Al loro ritorno sempre più felici e sempre più innamorate, le vidi sempre di meno anche perché Evelyn era andata a lavorare in una chiesa dall’altra parte della città e a pranzo non la vedevo più e Provvidenza aveva incominciato a lavorare presso un notaio di Rometta. Ci fu finalmente il matrimonio di Marcello ed Alessandra in una settimana caotica vissuta tutta di corsa che sfociò in una giornata di caldo terribile con don Nino che fece una predica in cui se la prese con chi non pensava all’amore ma solo al suo piacere, cosi che Provvidenza ed Evelyn mi guardavano con riprovazione scuotendo la testa mentre Marcello ed Alessandra se la ridevano. La serata si concluse con bevute a mai finire e il bouquet della sposa finito in mano alle due testimoni. Alla fine però invidiai Marcello perché aveva avuto quello che più di tutto desiderava, mentre io ero ancora, come diceva mio padre “n’aceddu nta l’aria”, cioè senza nessuna idea di cosa avrei fatto della mia vita. C’è una cosa che per l’amore è più deleteria del tradimento ed è la quotidiana normalità, quella che è come la polvere che ricopre le cose e che da belle e interessanti le rende vecchie e banali e questa normalità stava lentamente corrodendo i nostri rapporti allentandoli e svuotandoli.   Marcello era ormai impegnato con la famiglia e ci vedevamo per sfuggita e con i minuti contati, Provvidenza era presa con lo studio notarile tra testamenti e vendite di case, Evelyn sistemava vecchie statue tarlate, e confessionali vetusti. Io restavo in negozio dietro a vecchiette che non capivano come funzionava il telefono e adolescenti che volevano l’ultimo modello di cellulare. Sembrava di vivere un'altra vita in cui lentamente stavamo invecchiando, ignorandoci e dimenticandoci. Avevo già adocchiato una ragazza nuova che lavorava nel laboratorio della pasticceria T. i cui cannoli erano eccezionali. Già ero entrato in confidenza e presto mi sarei fatto avanti. Era finito ottobre ed i morti erano appena passati. Era un sabato pieno di vento e di acqua e già dalle sei per strada non c’era nessuno. Stavo raccogliendo gli ultimi cellulari dalla vetrina pronto a chiudere il negozio, e finalmente far finire la giornata noiosa e atona nella sua ottusa banalità. Qualcuno entrò in negozio ed io dissi un “Arrivo” frettoloso. Quando alzai gli occhi la riconobbi: era Provvidenza. Si levò un cappello che la proteggeva dalla pioggia, liberando i lunghi capelli che portava. Era bellissima. Il negozio fu invaso dal suo profumo. “Come stai – chiese sorridendo – Evelyn è andata a casa dei suoi per un paio di settimane, cosi pensavo che potevamo mangiare una pizza! Insieme” “È un’ottima idea – feci contento – chiudo il negozio e andiamo. “ L’osservai attentamente perché era tanto che non la vedevo. Il volto era serio e si mordicchiava il labbro inferiore come quando era nervosa. “Tutto bene?” “Veramente no – disse con la faccia triste – con Evelyn abbiamo litigato, o meglio abbiamo avuto una discussione… niente di serio, per questo se ne è tornata qualche settimana da sua madre… per pensare un po'” La guardai seriamente “Perché avete litigato?” “Perché a Natale volevo dire alla famiglia che a primavera ci saremmo sposate e lei non voleva. Dice che è troppo presto, che dobbiamo pensarci” “e perché vuole pensarci?” “Perché vuole essere sicura… in verità penso che il salto da Monaco a Messina sia stato troppo lungo. Non so se le piace stare qui” “Io non capisco che senso c’è a volervi sposare, non siete come Marcello ed Alessandra che per stare insieme si sono dovuti presentare in chiesa di fronte a mille parenti!” “non capisci, per noi è una conquista…” “Sarà ma se il risultato è farvi litigare che senso ha?” “è che lei ha sempre sognato una famiglia con bambini e sposata secondo i crismi. Si vuole rifare della sua brutta esperienza che ha avuto quando era giovane. Ma proprio il ricordo del suo primo matrimonio la sta frenando: allora fece tutto di fretta senza pensarci troppo.” “ma voi, se vi volete bene, siete già sposate – dissi non capendo il problema, lei però scuoteva la testa - Va bene dai; ne parliamo dopo. Vai dietro che usciamo da li” Lei entrò nel corridoio che portava dritta all’uscita posteriore mentre sui lati dava sullo studio e il magazzino. “Hai fatto bene a venire – dissi contento – Marcello questa sera è dalla suocera e sono solo; andiamo a mangiare al Duomo, poi beviamo qualcosa” Chiusi la porta e spensi la luce lasciando solo quelle della vetrina. Quando mi girai nel corridoio non vidi nessuno. Feci qualche passo e stupito la chiamai “Provvidenza?” Qualcuno mi afferro e mi tirò dentro lo studio che era al buio, mi spinse contro il muro e…. mi baciò. Riconobbi subito le sue labbra, la sua mano, il suo respiro, il calore del suo corpo contro il mio, l’odore della pioggia sul suo impermeabile. Quella sua voglia dominante e decisa che era tanto che non sentivo! Fu come quando liberi un’aquila e questa da che era in una piccola gabbia, a che se ne vola in alto, nell'azzurro libera e felice. Cosi sembravamo nello stringerci e nel cercarci, nel riscoprirci e nell'amarci, arsi l’una dell’altro, accesi dallo stesso fuoco, drogati dallo stesso bisogno, volavamo nel cielo infinito dei nostri corpi, percorrendo strade ben note e che solo ora ci rendevano conto che ci erano mancate. “Evelyn - pensai, ma fu solo un pensiero che affondò subito nel mare della passione e della voglia - se non ci pensa lei, perché ci devo pensare io?” Mi chiesi o forse non me lo chiesi neanche, troppo preso nel farle un torto e nel pensare che non aveva importanza. La spinsi sulla scrivania levandole l’impermeabile. Fu tutto qualcosa in automatico (la sua gonna che si alzava, il pantalone che scendeva) e fatto con passione, (la sua lingua intorno alla mia, il calore della sua pasticceria, quel suo seno morbido come un bignè alla crema) e soprattutto tutto veniva fatto con una grande voglia  (il suo desiderio già liquido, il mio ondeggiare metodico e ritmico, le sue gambe che mi stringevano contro di lei, le sue braccia sul mio corpo); non so quanto durò, so che lo volevamo, che tutto accadeva di corsa forse non come doveva accadere e senza un perché apparente, ma accadeva perché per me non poteva non accadere, ed anche se era al buio, di nascosto e in affanno, bruciammo tutto il desiderio che avevamo ed era la cosa più bella che mi era capitata da quando Provvidenza mi aveva parlato di Evelyn. Dopo mi sentii in colpa. Ci si sente sempre incolpa dopo, e per me sentirmi in colpa quando era troppo tardi era una specialità A cena dissi a Provvidenza che avevamo fatto una cazzata, una grandissima cazzata. Lei sorrise, tranquilla come se non fosse successo nulla “No, abbiamo fatto la cosa più giusta che potevamo fare” e continuò a sorridere per tutta la serata senza voler tornare sull'argomento.
Fatto sta che da quel momento i sensi di colpa mi assalirono. Avevo tradito l’amicizia e la fiducia di Evelyn e questo mi disturbava, mi faceva sentire sporco; proprio io l’avevo tradita che quando lei inveiva contro gli uomini definendoli traditori e incapaci avevo difeso il genere maschile dicendole che non era vero, che non eravamo tutti traditori, sentendomi persino offeso per il suo commento! Non ci dormii per un paio di notti. Lo so, se guardi le vicende precedenti di questa storia assurda, sono certo che non ricorderai di me alcuna qualità o merito: sono bugiardo, superficiale, sempre pronto ad inseguire solo il mio piacere, incapace di porre un minimo pensiero costruttivo tra in mio inconcludente inquilino del piano basso e la pasticceria dell’amante del momento. Però, proprio perché riconosco di non avere nessuna qualità o merito, ci tenevo a quel poco di rispetto che mi ero guadagnato tramite le mie amicizie; senza Marcello e Provvidenza o Evelyn, in fondo non avrei avuto nessuno.
Presi il coraggio a due mani e qualche settimana dopo chiamai Provvidenza dicendole ancora una volta che dovevamo chiedere scusa ad Evelyn perché questo era onestamente quello che volevo fare. Non ero un traditore come Giuda o San Pietro e non mi sarei ne impiccato ne pentito, ma volevo in ogni caso fare qualcosa per rimediare. Lei invece, tutta contenta, mi disse che Evelyn sarebbe venuta la settimana dopo e che aveva deciso di fare come le aveva proposto Provvidenza e di sposarsi a breve. Lei era felicissima. “Come … e quello che abbiamo fatto” chiesi stupito “Ma che conta…. dimenticalo” rispose lei sbrigativa, con quel modo di fare pratico ed essenziale che hanno le donne. Stavo per rispondere, ma lei disse che doveva andare e mi salutò. Preso da sensi di colpa ancora più grandi, quando Marcello passò a trovarmi gli raccontai cosa era successo e lui mi guardò con gli occhi sbarrati. “ma tu … tu si …. si” e non riusciva a trovare le parole per definire la mia vigliaccata tanto era oscena ed orribile, restò qualche secondo sospeso nel nulla, poi continuò: “si na rannissima testa di minchia!! Se lo sa Evelyn lascerà Provvidenza e lei come minimo si ammazzerà….” Poi preso dalla rabbia se ne dopo avermi chiamato in tutti i peggior modi possibili. Insomma, mancavano una decina di giorni a Natale, tutti erano felici ed io ero preso da angoscia e disperazione. Mi chiamò Provvidenza: “ascolta per Natale vieni a mangiare a casa mia con le zie e la famiglia” “Ma no Provvidenza …, mio padre…” inventai sul momento “Porta anche lui…” “Ma no lui è abituato a passarlo dalla zia…” Ci fu uno scambio di telefono e sentii la voce di Evelyn che decisa disse: “Alfio, devi venire, dobbiamo fare un annuncio importante, sia io che Provvi ci teniamo alla tua presenza, parlerà Provvidenza con tuo padre, lo convince lei…” Alla fine lasciai tutto alla decisione di mio padre incapace di dire una parola contraria ad Evelyn. La mia tristezza aumentò. Avrebbero sicuramente parlato del prossimo matrimonio ed io ero l’unica persona che poteva rovinare tutto. Mi sentii più di un verme. Qualche giorno dopo mio padre entrò in negozio dopo il pranzo tutto euforico. Mi disse che aveva sentito Provvidenza e che le aveva detto che lui sarebbe andato dalla zia ma che io sarei stato presente anzi avrei portato anche un dolce di natale. Provai a dire che non volevo lasciarlo solo e lui si arrabbiò, gridando che lo facevo sentire un vecchio rimbambito e che dovevo andare dalla mia zita. Mi rassegnai. Decisi di piegarmi alla sorte in parte contagiato dall’euforia di mio padre che si era messo a regalare cioccolatini a tutti quelli che entravano in negozio invitandoli ad essere felici, in parte consolato dal fatto che tutto quello che avevo fatto con Provvidenza e quella fiammata d’amore che avevo sentito, non importava a nessuno e meno che mai a lei. Arrivando il giorno di Natale mi preparai lentamente come se dovevo andare in tribunale, mentre papà sembrava un galletto e girava per case cantando “una furtiva lacrima”. Prima di uscire mi abbracciò e mi disse di fare “Tanti, tanti, tanti, ma tanti auguri  a Provvidenza ed Evelyn”  e mi diede il Buccellato che la zia mi faceva ogni anno, dicendomi che dovevo portarlo a lei. Io pensai che si era innamorato di lei e che aveva perso per me ogni considerazione visto che le regalava il dolce che la zia faceva solo per me. Presi anche un enorme vassoio di cannoli e mi diressi verso casa di Provvidenza con la morte nel cuore. Quando entrai nell'appartamento all’ultimo piano, c’erano parenti ovunque. Nel salone dove avevamo fatto la veglia al povero zio Epifanio ora c’era una gran tavolata riempita di cose da mangiare come per un matrimonio, al posto del catafalco dello zio vi era un grande presepe in ceramica di Caltagirone con due enormi alberi di natale ai lati. Vagai un po’ con il vassoio e il Buccellato in mano salutando questo e quello che mi facevano tutti degli sbrigativi auguri: ormai non ero più lo zito di Provvidenza che certificava la “normalità” della nipote, ero quello che l’avrebbe potuta portare sulla buona strada e che aveva fallito. Era questo che più o meno leggevo nei loro sguardi. Mi sentivo il quattordicesimo invitato, quello che si fa sedere a tavola solo perché se no si è in tredici e porta sfortuna. Per loro valevo meno del mio Buccellato che avevo portato e che tutti salutarono con un goloso entusiasmo! Arrivai in cucina ed entrando vidi che c’erano Provvidenza ed Evelyn che stavano aiutando le zie nell’enorme pasto che stavano preparando. Feci appena in tempo a salutarle da lontano che Zia Tindara, che dirigeva la cucina,  mi buttò fuori dicendomi di andare a mettere il vassoio di cannoli e il Buccellato sul buffet in fondo alla stanza da pranzo su cui vi erano tanti dolci che si poteva aprire una pasticceria. Arrivò il momento di sedersi e a capotavola si sistemò il papà di Provvidenza e tutti gli zii, zie e cugini si disposero intorno alla tavola imbandita piena di centrotavola, di candele dorate e ricoperta da una elegante tovaglia rossa su cui brillavano piatti costosissimi mentre un esercito di bottiglie di vino completavano la lussuosa decorazione natalizia. Io ero finito alla sinistra del padrone di casa con due sedie vuote prima di arrivare a capotavola; alla mia sinistra, zia crocifissa che parlava urlando con la zia Assunta che non sentiva. Zia Immacolata, vedendo tutti al loro posto disse di accendere le candele che erano sul tavolo e di incominciare a mangiare. Apparvero Provvidenza e Evelyn che erano andate a cambiarsi e che subito comunicarono battendo le mani che dovevano dirci qualcosa di importante. Evelyn aveva un vestito rosso e Provvidenza uno bianco ed erano truccate in modo elaborato come se stessero andando ad una prima teatrale. O ad un matrimonio.
“Voglio dire qualcosa prima di incominciare - esordi Provvidenza in piedi alla destra di suo padre, mentre Evelyn, accanto a lei, le stringeva felice la mano - è una cosa per me ed Evelyn bellissima, che vogliamo condividere con voi…” Guardò tutti quanti sorridendo mentre arrossiva. Evelyn la guardava estasiata “E’ qualcosa che non a tutti forse piacerà - e mi guardò ed io pensai che forse quanto stava per dire qualcosa che mi avrebbe in qualche modo ferito - ma me ne assumo io tutta la responsabilità e in ogni caso ne ho parlato con Evelyn e lei ne è felicissima” La guardò piena di tenerezza mentre gli occhi di Evelyn brillarono “Ecco, ora dirà che si sposeranno ed io non solo non la vedrò più ma sarò anche il Giuda che ha tradito e che non sarà mai perdonato. Ora che si sposano, qualsiasi cosa che ha fatto con me non ha più significato, ma il mio atto, come potrò mai giustificarlo ad Evelyn?”   Sentii un terribile bruciore allo stomaco come se l’inferno stesse incominciando a bruciarmi da li. “Ecco io voglio dirvi che ….– incominciò di nuovo Provvidenza ma si fermò esitante e guardò Evelyn che le disse con un sorriso di continuare, così prese coraggio e con un filo di voce aggiunse – aspetto un bambino!”
Sentii distintamente nell'assoluto silenzio, le lancette della pendola muoversi: Tac, Tac, Tac. Poi successe la fine del mondo; le zie incominciarono a gridare e braccia in alto corsero verso Provvidenza per abbracciarla e baciarla, ma erano tante che chi arrivava dopo le altre stringeva, Evelyn come se lei fosse in attesa, ridendo e piangendo nello stesso momento incapaci di trattenere la gioia e le lacrime. I maschi in piedi batterono le mani e qualcuno incominciò ad aprire lo spumante previsto per i dolci. Zia Crocifissa e zia Assunta mi saltarono al collo gridando “Alfiuzzu Alfiuzzu” soffocandomi di baci e pungendomi con i loro baffi. Per un quarto d’ora non si capì più niente mentre zio Ruggero, che era il poeta di famiglia, creò una quartina in rima per inneggiare alla neo mamma anche se nessuno l’ascoltava. Finalmente tutti si calmarono e Provvidenza venne a sedersi alla mia destra e quindi, accanto a lei Evelyn che così era vicina al padrone di casa. Quando Provvidenza si sedette accanto a me io la guardai e lei felice mi baciò con un immediato scroscio di applausi e lacrime delle zie. Solo allora realizzai che sarei diventato papà. Incominciammo a mangiare ed ogni volta che volevo parlarle, c’era qualcuno che alzava il calice per fare un brindisi alla neo mamma, o qualcuno che si avvicinava con il bicchiere in mano per baciarla e farle le sue personali congratulazioni suggerendole di chiamare il nascituro con i nomi di famiglia: Epifanio, Filadelfio, Cateno, e soprattutto Letterio. Io ero stordito e non capivo. Se lei era in attesa, allora Evelyn doveva sapere che io, insomma avevo fatto qualcosa con Provvidenza e allora perché non era arrabbiata? La guardai e lei incontrando il mio sguardo alzò il bicchiere e mi mandò un bacio. Ero nel pallone più assoluto. Non riuscivo a capire e a mangiare, bevevo solo angosciato. Dopo circa quattro ore di pranzo, essendo finite le portate, i dolci, il vino e la lucidità dei commensali, mi alzai lentamente e mi diressi verso il bagno. Mi levai la giacca e mi sciacquai la faccia per riprendermi un po’, dopo tutto il vino che avevo bevuto. Entrò Provvidenza che si avvicinò a me sorridendo “Scusa se non te l’ho detto prima. Sei contento?” “non è che ho ancora metabolizzato la cosa ma penso che devo essere felice” “Tuo padre era contentissimo quando gliel’ho detto. Mi ha chiamato tre volte quel giorno per sapere quando nasceva, se era maschio o femmina e come lo volevo chiamare” Ora capivo tutta l’euforia di mio padre degli ultimi giorni; era il suo grande sogno poter rincominciare da capo con un erede più serio di quello che, purtroppo per lui, al momento aveva. “Ma Evelyn ?” chiesi sotto voce preoccupato. Provvidenza non mi rispose ma guardò la porta come se avesse sentito qualcosa “Evelyn puoi entrare, la porta è aperta” La maniglia restò ferma qualche secondo poi lentamente si abbassò e da una fessura della porta apparve il volto di Evelyn “Posso? non è che state parlando di cose vostre” Provvidenza allungo solo il braccio con la mano aperta ed Evelyn entrò prendendole la mano. Mi ricordai che mi ero preparato tutto un discorso in cui mi prendevo la colpa dell’azione infamante che avevo fatto dichiarando l’innocenza di Provvidenza che non voleva cedere alle mie brame bestiali “Evelyn io….” incominciai “Ma lo sai cosa ha fatto questa pazza della tua zita quando sono tornata?” Fece Evelyn con un tono che bloccò il lungo e fantasioso racconto che mi ero inventato. Provvidenza sorrise e si strinse a lei sorridendo “Mi prende all'aeroporto e mi porta a Venetico, mi fa entrare e mi fa sedere sulla poltrona grande in salotto, prende un cuscino e me lo mette ai piedi e si inginocchia e già io penso a un nuovo gioco erotico; poi prende e mi leva gli anelli e i bracciali dalla mano destra e mi dice “Devo dirti due cose, una forse brutta e una bella, bellissima” Io la guardo e penso che mi voglia dire quanto le sono mancata “La prima cosa è che quando non c’eri sono andata da Alfio e ho fatto l’amore con lui” Io l’ho guardata stupita, poi ho perso il lume della ragione e le ho dato uno schiaffo che le ha fatto girare la testa chiamandola “Putain” e mi stavo alzando per andarmene” Si avvicinò alla guancia di Provvidenza e le diede un bacio “Scusami – le disse – scusami ancora per averlo fatto e per pensato male, poi tornò a guardarmi e commossa continuò – Lei mi strinse le gambe e mi disse: “Non ancora, devo dirti un’altra cosa ti prego. Io voglio bene ad Alfio, non ha molte qualità se non quella che sa amare, che sa porti al centro del suo mondo e donarti tutto l’amore di cui hai bisogno. Non voglio che lui scompaia dalla mia vita come quando si scende ad una stazione e ci si dimentica di chi era seduto nel nostro scompartimento. Non voglio che diventi un ricordo, un amico occasionale, voglio che sia sempre presente nei miei giorni, perché lui ha avuto tanta pazienza con me, la pazienza di chi ci ama e che è disposto a soffrire in silenzio pur di restarci vicino. Ma quello che ho fatto l’ho fatto perché ho pensato a quello che abbiamo discusso prima della tua partenza, allo sposarci tra uno o tre anni. Mentre eri via ci ho ragionato e mi sono detta che non aveva senso. Io sono sicura di te, ti amo come non ho mai amato e come non voglio amare nessun altro. Tu sei ormai il mio mondo, la mia nuova vita, i miei domani, i miei sogni, i miei desideri, il mio respiro e non mi serve un pezzo di carta o una cerimonia per esserne sicura o per avere la certezza di quello che già so; sei già tutto quello che voglio, tutto quello che desidero, tutto quello di cui ho bisogno oggi, domani, sempre: un sempre grande quanto tutta la nostra vita, tutti i nostri giorni ed oltre. Se tu vorrai sposarmi tra tre anni o anche domani, per me va bene se è questo che ti farà stare bene e se è questo quello che vuoi, io però non ne sento più la necessità: tu sei già mia, così come io sono tua. Ho pensato anche a quanto hai detto che sposarsi era un modo per poter adottare un figlio ed essere una famiglia, quella famiglia che desideri, che completerà l’amore che abbiamo. Ma io con le carte ci lavoro e ci vivo e so che non sono le carte che portano i figli, perché i figli sono amore e l’amore nasce dall'amore, così mi sono ricordata di don Nino quando ha detto “non dica l’eunuco: ecco io sono un albero secco” e ho capito che se ti amavo, se dovevo costruire una nuova famiglia con te già da ora, dovevamo avere un figlio nostro adesso, che doveva nascere con l’amore per il nostro amore, perché è questo quello che tu vuoi più di tutto ed è questo quello ci renderebbe veramente una famiglia, senza bisogno di carte e cerimonie. Per questo sono andata da Alfio e gli ho chiesto ancora il suo amore, per poterti dare l’amore che tu vuoi” Io l’ho guardata e non capivo “Mon Dieu, ma cosa vuoi dire?” e lei mi ha sorriso con quei suoi occhioni umidi per lo schiaffo che le avevo dato e mi ha detto “Aspetto un bambino, il nostro bambino” E li ecco ho capito quanto mi amava, quanto il suo amore fosse più grande immensamente più grande del mio, perché lei aveva l’amore delle certezze, quelle che io avevo sempre cercato ed avevo paure ad accettare. Lei vuole darmi tutto quello che ho desiderato, tutto quello che rende l’amore, amore vero. Per avere questo bambino le si allargherà il sedere come quello della zia Immacolata e le verranno delle tette come quella di una mucca, ma non ha pensato a se stessa, ha pensato a noi: è questo il vero amore, il nostro amore” Evelyn si mise a piangere abbracciando Provvidenza e me. “ Ti amo, ti amo ti amo. Non voglio più carte o cerimonie, devo solo amarti come meriti e come voglio” le disse tra le lacrime stringendola Provvidenza sorrise, poi sbianco “Evelyn …..” “Oui mon amour…” “Sto per vomitare…” “Oh mon Dieu…” fece Evelyn che la prese e la portò vicino alla tazza giusto in tempo perché Providenza svuotasse tutto quello che aveva mangiato tra singulti e spasimi “Vado a chiamare la zia “dissi ed uscii di corsa mentre Evelyn le teneva la fronte accarezzandola; a sentire quei conati stavo anch'io male anche se avevo mangiato pochissimo. “Ma petite maman….” la diceva Evelyn accanto a lei. La zia stava giocando a sette e mezzo ma quando senti di Provvidenza scappò verso il bagno seguita da chi non giocava. Portammo provvidenza nel letto dei suoi genitori sempre con Evelyn che le stava accanto parlandole teneramente. Mentre rendeva un po’ di colore guardavo Provvidenza vedendola provata ma felice;  le erano venute due occhiaie terribili e pensai a quanto doveva amare Evelyn e a quanto doveva amare anche me anche se in tono minore dato che, invece di farmi andare alla deriva lontano da lei come mi era successo con Giovanna, mi aveva legato a lei per sempre perché non mi perdessi. Perché non la perdessi. Zia Gioconda entrò in camera con il cellulare di Evelyn “C’è stu cosu chi continua a fare pinghe pinghe” Evelyn lo prese in mano “È il promemoria, mia cugina Jenne dovrebbe essere arrivata alla stazione con il bus dall’aeroporto di Catania, Provvidenza l’ha invitata a stare un po’ con noi, poverina non va mai da nessuna parte ed è sempre sola – poi aggiunse seccata guardando Provvidenza - proprio ora doveva arrivare!” “ci va Alfio a prenderla – fece lei sorridendo e mi guardò - Alfio per favore vai tu a prenderla, lascia qui con me Evelyn” “Va bene - le dissi contento di uscire e di poter far qualcosa per loro due – ma come è?” Evelyn stava per rispondere “non ti preoccupare le abbiamo mandato una foto tua, ti riconoscerà lei” rispose velocemente Enza “Ma parla italiano?” “Sua madre è la sorella di mia madre che è italiana, lo capisce perfettamente” fece Evelyn sorridendo. Stavo per andare ma Provvidenza mi richiamò e facendomi abbassare mi disse in un orecchio “Non la portare qui che c’è tutto questo casino, falle fare un giro e appena mi riprendo veniamo a prenderla – poi mi prese per la camicia tirandomi verso di lei – poi ricordati che sono la madre di tuo figlio ed ho diritto a un bacio ogni volta che te ne vai” e mi baciò velocemente. Cosi uscii andando a cercare la cugina. In verità volevo schiarirmi le idee perché erano successe tante cose una di seguito all’altra e mi sembrava di perdere il filo. Incominciai a pensare a tutto quello che era successo da quando avevo conosciuto Enza: la visita a zia crocifissa, Ellen, Annarita e la pignolata, Giovanna e mi sembrò che con Provvidenza, eravamo lentamente risaliti insieme dalle profondità di quel mare di solitudine in cui ci eravamo conosciuti per tornare in superficie a rivedere la luce e respirare. Quando arrivai alla stazione era già buio pesto e vidi che il pullman da Catania, era già li, ma a parte il conducente non c’era nessuno e visto che era già buio e faceva freddo, mi arrabbiai. Mi guardai intorno dandomi dello stupido perché non avevo chiesto il cellulare di questa  rompiscatole di Jenne. Pensai di chiamare Provvidenza così presi il cellulare e feci scorrere la rubrica. Qualcuno mi batté sulle spalle e quando mi girai il buio si colorò di rosso. Rossi erano i capelli, di un rosso intenso e ricci come una criniera di leone, rosse le lentiggini intorno agli occhi di un verde marino come quelli di Evelyn, rosse le labbra e grandi mentre sorridevano circondate due piccole fossette sulle guance tonde e dal color della panna montata. Un giubbotto rosa avvolgeva un maglione e dei pantaloni bianchi che illuminavano la piazza di sensualità visto che rivestivano un corpo simile a quello di Evelyn. La guardai stupito e affascinato: era come se Giovanna fosse riapparsa improvvisamente. Un tablet bianco si materializzò tra le sue mani. “Ciao sono Jenne” vi era scritto a grossi caratteri e subito dopo “Sei Alfio?” “Si ciao sono Alfio , non parli italiano?” Dissi parlando lentamente come facciamo quando pensiamo che lo straniero che ci ascolta sia tanto stupido da non capire Fece la faccia di chi è dispiaciuta e si indicò la gola dove vi sono le corde vocali e con la testa fece segno di “No” “Non puoi parlare…” chiesi stupito Faccina triste e ancora  “No” con la testa. Il cuore mi fece un sobbalzo, era cosi che mi ero sempre immaginato la mia Giovanna chiusa nel corpo di quell’essere omonimo che aveva preso il suo posto e che da qualche parte la teneva prigioniera nel silenzio più triste. “ma dov’eri andata?” Faccino felice, indicò il bar e si passò la mano sullo stomaco, aveva fame, faccina triste, testa che diceva no: il bar era chiuso. “Ma se hai fame possiamo andare qui vicino, c’è Irrera – e poi con esitazione – ti piacciono i dolci?” Faccina felice con testa che diceva “si” lentamente e con occhi chiusi “Moltissimo” tradussi “Allora mettiamo il trolley in macchina e andiamo. Ti faccio assaggiare il cannolo, lo hai mai mangiato?” “No” fecero i suoi riccioli lasciando una scia del profumo delicato che ha il vento di marzo quando porta la primavera. “il cannolo è come la felicità, lo devi assaggiare - le dicevo mentre mettevo il trolley in macchina continuando a guardarla con la paura che sparisse - è come tornare bambini e sentire le carezze della mamma, oppure - le dissi guardandola negli occhi - è come quando baci per la prima volta “ Lei mi guardò, un piccolo lampo le passò negli occhi e sorrise. “Qui da Irrera fanno i migliori cannoli di Messina, vedrai – le dissi incamminandomi mentre mi seguiva un passo indietro ed io ero tanto contento di averla vicino che non smettevo di parlare – poi verrà Evelyn a prenderti, noi abbiamo finito da poco il pranzo e non penso che questa sera mangeremo, per cui ti conviene mangiare qualcosa ora. Se vuoi poi ti porto a mangiare un po’ di focaccia, la focaccia qui a Messina è buonissima. Se non la vuoi stasera magari domani, ci possiamo vedere domani? che dici, magari andiamo a Taormina. Sei mai stata a Taormina …?” Lei allungò il passo e mi raggiunse e con la sua prese la mia mano e me la strinse quasi a fermarmi in quella corsa dove i miei passi seguivano la velocità, e la gioia, delle mie parole. Mi fermai e guardai la sua mano nella mia e poi alzai lo sguardo per vedere il suo volto. Sorrideva, o meglio, il suo sorriso faceva più luce dei lampioni nella strada e i suoi occhi l’amplificavano come se intorno non vi fosse più Messina e tutto quello che conteneva, ma solo lei. “Jenne vuol dire Giovanna vero?” le chiesi, perché d’improvviso capii che tutto quello che avevo dato a Provvidenza, lei me lo stava restituendo in silenzio, Jenne fece segno di “Si” con la testa e sorrise allargando quelle sue labbra che erano belle come un’alba e pensai che a baciarle sarebbe stato come baciare la panna o un raggio di sole o una nuvola. Lei non lo sapeva, o forse lo sapeva ma voleva che tutto accadesse per come doveva accadere, non sapeva che avrei riempito i suoi sogni di panna, il suo corpo d’amore e che l’avrei rivestita di cioccolato e glassa al limone, avrei farcito di crema pasticcera la sua anima, divorandola, mordendola, leccandola ed amandola ogni minuto della mia vita; lei non lo sapeva, ma forse lo immaginava che lei sarebbe stata la mia cassata ripiena di dolcissimo amore con gocce di cioccolato per la passione e frutta candita per i giorni felici che le avrei dato; lei non lo sapeva ma forse voleva che la portassi vicino al paradiso da cui abbracciato a lei saremmo lentamente tornati su questo mondo come una foglia morta che plana sul prato scivolando nell’aria; lei non lo credeva ma forse pretendeva che le insegnassi a parlare d’amore e le sue parole sarebbero state belle come i biscotti all’anice o i buccellatini, golose come le sfinci di san Giuseppe ed il suo corpo sarebbe stato per me un buffet di piccola pasticceria su cui raccogliere il suo amore, su cui lasciare tutto il mio; lei non ci pensava, ma forse già immaginava che saremmo stati come la pignolata ed a turno ora saremmo stati la passione della cioccolata, ora la tenerezza del limone. Lei non lo sapeva, ma forse lo capiva che io già l’amavo, già da oggi, per ogni altro domani, per quanto è grande e immenso il sempre di cui parlava Provvidenza, per tutta la nostra vita e oltre!
(nota di ferribotti – questo è l’ultimo racconto dell’ingordo   verso Natale pubblicherò  su Amazon tutta la storia apparsa sul blog, insieme a tre racconti inediti e alla storia di come è nato).
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15.02.2019
E’ in momenti come questi che capisco di quanto io non riesca a rendermi conto di che cosa sto facendo. 
In momenti in cui rimango sveglia ore nel cuore della notte a chiedermi che cosa ne sarà di noi, in cui sogno come sarebbe bello tornare ad essere quelli che eravamo, fare cose insieme solo io e te. Nei momenti in cui prego di non vederti, di non incontrarti e poi ci rimango male quando non ci sei. Nei momenti in cui ancora spero che il messaggio che mi fa vibrare il cellulare sia il tuo. Quando il mio cuore ha un momento di panico se rispondi nella chat del gruppo. 
E’ quando penso in tutti i modi a come evitare di invitarti alla mia festa di laurea quando sei una delle uniche persone con cui mi interesserebbe davvero stare. Quando penso a come evitare di partecipare alle uscite di gruppo e poi mi faccio i film mentali immaginandomi come potrebbe avvenire la svolta che aspetto da mesi. Secoli. Mi sembra siano passati anni dall’ultimo bacio che ti ho dato, dall’ultima volta che mi hai scritto, dall’ultima volta che mi hai guardata invece che fingere che non esistessi, che non fossi a meno di un metro di distanza da te. 
E’ quando mi immagino insieme ad un’altra persona, quando ti immagino insieme a lei. Quando mi dicono che sono bellissima, che sono interessante, intelligente. Quando non so che cosa pensare di te, quando mi accorgo che non mi fido più, che mi infastidisci. 
Questi sono i momenti in cui capisco che quello che mi salva è una minuscola parte di me che ti odia. Sei riuscito a conquistarmi passo dopo passo, pezzettino dopo pezzettino. Ne hai lasciato indietro uno. 
Non è nel mio carattere sapermi proteggere. Sono solo menefreghista di natura su tutte le cose. Una persona appena conosciuta non mi stimola interesse e quindi risulto essere sempre la solita stronza snob apatica del cazzo che si crede chissà chi. Non rispondo ai messaggi sui gruppi, archivio le chat, non partecipo alle battute, non rido, sto in silenzio. Questo è il modo in cui il mio essere ha deciso di difendersi dagli attacchi esterni. Ma tu hai buttato giù tutto, piano piano, giorno dopo giorno. Mi hai fatta parlare, ridere, uscire di casa, rispondere sul gruppo, in chat privata, alle storie su instagram. 
Quando ho chiuso con A. il lato dolce della mia personalità, si è messo le mani sul volto e ha cominciato a frignare disperatamente. La snob menefreghista ha sbuffato, si è alzata roteando gli occhi al cielo e con un movimento svogliato si è spostata il ciuffo sul lato sinistro. Si è avvicinata con la sua solita camminata da stronza che sa cosa vuole e sa che può prenderselo e ha dato un colpetto sulla spalla dell’altra. “siediti un momento” le ha detto dandole una spintarella. Poi l’ha seguita guardandola schifata. Ha aspettato che prendesse posto dove lei era stata fino ad un momento prima, poi ha aggiunto. “Adesso lascia fare a me”. Dopo quattro anni che non aveva più di tanto voce in capitolo, adorava l’idea di avere di nuovo il potere. 
Ha amato vedere quanto la nuova ragazza di A. non fosse alla sua altezza. Quanto le stavano bene i jeans di tre taglie più piccoli. Quanto i capelli corti la facessero sembrare più grande. Quanto gli occhiali nuovi fossero esattamente come li voleva lei. Quanto i voti agli esami rispecchiassero le sue aspettative. Quanto fosse bello sentirsi all’altezza. 
E non ha chiesto aiuto a nessuno, non si è mai voltata a guardare la ragazza seduta dietro di lei. Non si è mai preoccupata se le servisse qualcosa, se avesse bisogno di un abbraccio e forse solo di un giorno in cui avere la sua libertà. 
Non ha mai avuto bisogno di nulla se non si se stessa.
Quando ti ha visto non ti ha nemmeno notato. Da Mc ha fatto i complimenti ai tatuaggi di un altro ragazzo mentre tu mostravi i tuoi. Il giorno dopo, quando ha saputo che ti era piaciuta ha roteato gli occhi al cielo. “Che palle, un altro”. Al compleanno di M. quando ti ha rivisto ti ha ignorato tutta le serata, non ha ballato con te quando ti sei avvicinato e non ha nemmeno accettato lo shot che le hai offerto. Non ti ha accettato su facebook, non ti ha risposto su instagram, non ti ha dato la minima possibilità di fare qualcosa. 
“Amo, guarda che mi ha scritto”
E lei sbuffava. “Che cosa vuole?”
“Vederti, usciamo stasera?”
“Tu gli piaci davvero tantissimo”
“Se vuole possiamo scopare”
“Guarda che mi ha scritto ieri” “propone sempre un miliardo di cose pur di vederti” “Ieri mi ha fatto una tenerezza, povero ci sta davvero male” “Hai visto come ti guardava?” “Mi ha detto che eri bellissima” 
“Mi ha appena scritto in privato che ti adora” 
“Solo perché sono brilla?”
“Sì” “Ma poi lo sai che lui ti adora sempre”
E a furia di roteare gli occhi al cielo, giorno dopo giorno, si è resa conto che qualcosa dietro di lei stava mutando. Che la sedia si era liberata e che la parte dolce e innamorata dell’amore, le si era fatta vicina. E guardava, si interessava. “Che carino che è” “Mi dispiace così tanto farlo soffrire” “Guarda come sta bene vestito così” “Che dolce però”. Rideva, e a furia di divertirsi si è fatta un passo avanti, l’ha affiancata e poi superata. 
E lei si è fatta un passo indietro, perché anche se non è nella sua natura essere convinta, si fidava. E’ rimasta lì con le braccia incrociate ad aspettare che tu facessi una mossa sbagliata, ma non l’hai fatta. 
“Siamo sicure di volerlo fare?”
“Sì!” ha risposto entusiasta l’altra.
“Non lo so”
“Proviamoci ad uscirci una volta” 
L’ha lasciata fare, le ha dato il permesso di baciarti, però poi ha ricominciato a sbuffare.
“Non lo so”
“Ma come no?!”
“Non ho voglia di stare di nuovo dietro a qualcuno”
“Dopo tre anni, possiamo anche darcela una possibilità!”
Ha sospirato e poi ha annuito. Si sono vestite, truccate, sistemate. Hanno mangiato la chocoppa insieme a te, hanno accettato il peluche e poi si sono sedute con te nei sedili posteriori della tua auto. 
Quando il portone della palazzina si è chiuso alle loro spalle, si sono guardate per un lungo secondo. “Lo vedi?” Ha chiesto quella carina che quella sera aveva dato il meglio di sé.
“sì” ha risposto lei con un sorriso. Ha sciolto le braccia e si è andata a sedere. 
Due settimane dopo aver lasciato tutto nella mani dell’altra, lo scatto che ha dovuto fare per sorreggerla gli è costato molto. “Che cazzo sta dicendo” ha chiesto con un filo di voce la ragazza dolce che stava aggrappata a lei come fosse stata la sua unica via di salvezza. 
Sono rimaste ad ascoltare entrambe senza proferire parola, poi si sono piano piano rimesse dritte e hanno trovato il modo più semplice per uscirne in fretta. Quando sono arrivate a casa una ha pianto e l’altra l’ha consolata, poi con il tempo hanno cominciato di nuovo a staccarsi. 
Una ha continuato a piangere e l’altra ha ricominciato a disprezzarla. 
“Che cosa devo fare?” Le ha chiesto due mercoledì fa, con le guance rigate dalle lacrime e il cuore in frantumi. 
“Cancellarlo” Ha risposto lei fredda come il ghiaccio. “Siediti che faccio io”. L’ha spinta e lei è andata senza farselo ripetere due volte. 
L’ha guardata mentre si sedeva poi si è voltata dandole le spalle e si è trovata davanti te. Ti ha guardato con disprezzo, perché tante volte avevano deluso la dolcezza ma senza mai andare ad intaccare l’orgoglio. Tu non l’hai guardata. Lei ha continuato a farlo per interi minuti e alla fine si è chiesta come cazzo facessi ad essere così bello. 
E adesso, spesso si alternano. Un po’ stanno in piedi a dominare la situazione, un po’ se ne stanno sedute sulla sedia a pensare. Spesso si ritrovano vicine. Quando quella forte domina e regge l’idea di odiarti e non volerti vedere, poi viene avvicinata dall’altra che chiede. “C’è?” e ti cerca, perché vuole vederti. E lei si arrabbia, ma poi la consola perché sa che la colpa è anche sua.
Questi sono i momenti in cui non so che cosa sto facendo. Che non so che cosa devo fare. Sono i momenti in cui per farle stare bene entrambe serviresti tu ma non ci sei e io non ho il coraggio di chiederti di darmi una mano. Ne a te ne a nessun altro. Perché ho paura, entrambe hanno paura di che cosa potrebbe succedere. Una ha paura che gli dirai di nuovo di no, l’altra non sopporta di essere di nuovo rifiutata. E si aggrappa a quel poco di caratteraccio che le è rimasto per poter affermare con certezza che non la meriti, e che non vede l’ora che tu te ne renda conto. 
Ci gode un sacco a pensarci, a immaginarsi la scena e la racconta a voce alta ridendo e facendo ridere anche la dolcezza che tra le lacrime poi domanda, ogni volta. “Ma se torna lo perdoniamo, vero?”. 
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Dicono che l’amore non si sceglie, ma che è lui a sceglierti. Che non puoi aspettarlo perché non sai mai quando arriva, ma che quando arriva ti stravolge totalmente dalla tua monotonia. Dicono che soffrire per amore è lecito, che quando sei innamorata ti si annebbia la ragione, si diventa pazzi, vogliosi e bramosi di ancora più amore. Dicono che l’amore fa male, che ti spezza in due, se non in mille pezzi, che ti fa passare la fame, che ti toglie tutte le forze. Dicono che ci si innamora sempre della persona sbagliata, di quella che ti farà soffrire, che porta guai e mai della persona più simile a noi, con i tuoi stessi sogni e le tue stesse voglie che di sicuro ti renderebbe la vita più semplice.
Io invece dico che l’amore ci fa sentire vivi.
Dico che non c’è cosa più bella di guardare gli occhi della persona che ami e vederci dentro il mare, e perché no, anche un po’ te stessa.
Non c’è niente di meglio che restare svegli la notte, quando si è innamorati, e pensare, sognare, immaginare la vita nella quotidianità passata insieme a quella che credi essere la tua metà. E poi penso che non c’è di meglio al mondo che soffrire per amore. Quella si che ci fa capire tante,troppe cose. Soffrire per chi ci ha delusi, per chi ci ha illusi, per chi il giorno prima ci ha fatto credere di essere speciali ed il giorno dopo ci ha fatto scivolare nel dimenticatoio. Soffrire per chi non ha capito un accidente della tua persona, di ciò che possiedi, ma sostiene di aver capito già e pretende di modellarti al pensiero che prematuramente si è fatto di te. E allora lì viene fuori tutta la tua determinazione, la tua forza ed il tuo coraggio per far capire quanto spessore tu possiedi.
Soffrire per amore... è come se fossimo in presenza di una sinestesia , accostare due termini che appartengono a sfere diverse. Com’è possibile che accanto ad una parola così bella e piena di significato come “amore” ci sia quella parola che tanto temiamo, che ci spaventa e non vorremmo mai provare?
Io credo che soffrire per amore ci faccia essere grandi, grandi da capire per cosa e soprattutto per chi vale la pena soffrire, grandi da farci trovare una soluzione, un rimedio a quella sofferenza che sembri non passare mai, grandi da farci rimboccare le maniche e capire che mai nessun amore sarà più grande di quello che dobbiamo provare per noi stessi, per il proprio Io.
Mi sono sempre chiesta se valesse la pena di soffrire così tanto per amore. E tutt’oggi non riesco a trovare ancora una risposta, forse a causa della mia bipolarità. Credo, anzi sono più che convinta, che la sofferenza in se’ per se’ dovrebbe essere bandita tra i sentimenti, perché ti annienta e ti trascina inesorabilmente in un buco nero. Ma la sofferenza, determinata da un fattore così grande ed importante come l’amore, contiene in se qualcosa di speciale. Contiene la magia della paura di sbagliare tutto e farti del male da sola, il timore di mettere i tuoi sentimenti a nudo difronte alla persona sbagliata.
Nella maggior parte dei casi è così, ma è proprio questa la spettacolarità del cosiddetto “soffrire per amore”.
Ed io sono così tanto sicura che vale la pena soffrire per te, ma non chiedermi perché, visto che l’amore tu non sai neanche che cos’è.
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tempestalunare · 3 years
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Pensavo fosse quello giusto ma mi sono sbagliata.. In pochi secondi mi ha lasciata, bloccata su whatsapp senza una spiegazione, senza un motivo valido. Non capisco perché in così poco, pochissimo tempo le persone siano in grado di far finire una cosa che piano piano si stava costruendo in due e non in uno. Una cosa così bella che bastava un buongiorno per farmi stare bene.
Spero soltanto che tutto quello che mi ha fatto passare lo possa sentire anche lui un giorno e che si penta di questa decisione che ha preso su due piedi dicendolo prima hai suoi amici e a me chissà quando me lo voleva dire. Sarei stata su un filo di un rasoio costantemente quando lui aveva già preso la sua decisione senza volermi prima affrontare.
Un vigliacco, un verme, uno stronzo, un pezzo di merda, un coglione, uno senza palle, uno senza spina dorsale e potrei andare avanti all'infinito. So solo che non mi sono mai innamorata così di una persona, spero soltanto che tutto l'amore che ho non svanisca per uno stupido cretino senza palle.
Ancora non ho realizzato del tutto quello che sta succedendo. Troppe cose tutte insieme.
Sabato 17 luglio mi aveva scritto che non mi voleva lasciare e che non voleva diventare cattivo con me. Mercoledì 21 luglio mi ha lasciata senza pensarci due volte preoccupandosi del fatto che avessi rotto i coglioni ai suoi "amici" quando mi sembrava più che legittimo chiedere una cosa simile per fare chiarezza nella mia mente.
Mi ha bloccata.
Mi ha tolto la possibilità di poterlo sentire un'ultima volta.
Lo chiamavo e mi riattaccava subito.
Gli scrivevo nei messaggi normali e non mi degnava nemmeno per un secondo.
Era il mio tutto, il mio mondo, il mio cuore.
E lui ha preso tutto questo e lo ha frantumato in pochi secondi.
Lui che per me era la persona più buona, più gentile, più sensibile, intelligente, spiritoso, simpatico, serio, perverso come me, c'era tutto questo fra me e lui, e in poco tempo è svanito tutto lasciandomi con una sensazione di menefreghismo totale, indifferenza e tanta voglia di scopare anche. Lui che è stato il mio primo vero ragazzo, la mia prima volta e la prima volta che sentivo di amare qualcuno per come era e come mi faceva sentire con poco. Riusciva a farmi passare tutte le ansie e paranoie che avevo. E adesso?
Come si può andare avanti dopo una cosa del genere? Ma lui soprattutto, dopo quello che ha fatto, come si sentirà? Si sentirà bene sicuramente perché non ha più il peso della fidanzata. Forse ero troppo paranoica, forse mi preoccupavo troppo. So solo di essere stata una brava persona come sempre e come sempre ci ho rimesso io. Quante emozioni contrastanti. Dovevo dare retta al mio cervello molto tempo fa, prima di farlo entrare nella mia vita e di farmela stravolgere così.
Che persona infame che si è rivelata alla fine.
Un vero e proprio vigliacco che per risolvere i problemi blocca le persone e scappa via.
Un coglione che prima lo dice agli amici che ci siamo lasciati e a me no.
È tutto troppo assurdo per essere vero, ma so che prima o poi ritornerà e a quel punto avrò io la meglio su di lui. Su quella faccia di merda che si ritrova ma che mi faceva stare tanto bene. Le lettere che gli ho scritto e con tanta superficialità le leggeva senza troppi problemi buttandole poi a casaccio nello zaino. Per lui non valevo niente alla fine. Come l'anello che mi aveva regalato che si è rotto. Era un segno.
Un segno che mi ha fatto capire che dovevo lasciarlo prima, nonostante tutto.
Dovevo essere io quella che vinceva sta volta. Non lui. Non gli altri.
È una vita ingiusta per le persone come me.
Buona notte.
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animerotte · 6 years
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non volevo scriverti ancora, continuando a rendermi ridicola, patetica e rompi palle. ma non riesco a mettermi l'anima in pace. non mi capacito come io e te siamo finiti così, ci siamo bruciati troppo in fretta, ed è una cosa che odio. vorrei poter capire cosa è successo, cos'hai, cosa non hai, perché io resto la stessa. io ti amo, e non smetterò, lo sappiamo entrambi. ci ho provato a far funzionare la cosa, ma nonappena mi son detta che dovevo metterci tutte le mie forze per essere una persona migliore per te, tu hai cominciato ad allontanarmi. perché? perché fai così? perché devi essere così fottutamente menefreghista, strafottente? perché alla fine mi fai sempre male, mattia? penso sempre sia colpa mia, al mio essere come sono, e al fatto che per capire che devo lasciarti stare, ci devo sbattere il muso mille volte, devo proprio scottarmi. non so proprio come fare con te, tu mi hai in pugno, oramai, e lo odio da morire. ti odio da morire. e odio questa nostra storia che non ha fatto altro che creare danni. perché sei così felice senza di me? io che non riesco a smettere di pensarti, parlare di te, per un attimo. ci sono momenti in cui nei nostri ricordi ci affogo, mi fermo e aspetto che mi travolgano, uno ad uno. sono schiaffi che però mi lasciano il cuore un po' più felice, un po' più contento che tutto ciò ci sia stato. mi sono dilungata in troppi discorsi, io volevo semplicemente ricordarti, che finché posso, finché riesco, ti aspetto. non m'importa se sembro stupida o morbosa, io ti aspetto. ritornerai, prima o poi; e se non lo farai, la batosta mi farà tanto male da cambiare idea. io non ti sto scrivendo questo perché voglio tornare da te, non lo farei mai, io ti scrivo per farti capire che anche dopo il male che mi provochi, ti amo. e mi dispiace se hai dubitato di questo fatto, non sono brava ad esternare i miei sentimenti e ne sei consapevole, ma ti amo. ti amo nonostante tutto, ché le tue parole non le dimentico. spero che tu possa darmi una spiegazione, perché voglio seriamente capire cosa sta succedendo, dove poter migliorare. abbiamo sempre combinato un sacco di casini, per ripicche, gelosie, o semplicemente per orgoglio. perché non ci amiamo e basta? di solito è questo che conta, no? non so più se da parte tua l'amore che provi sia vero o meno. non sei più una certezza, mi mandi fuori di testa. questo messaggio è una contraddizione continua, vorrei tanto parlarti e dirtele a voce, tutte queste robe. ma chiederti se posso chiamarti sarebbe troppo umiliante, ridurrei la mia dignità a terra. tu mi fai male, io ti lascio, e poi sono io che ritorno. e lo sai perché ritorno? perché preferisco avere la parte più amara di te, anziché niente. mi sto proprio rincoglionendo. non sono mai stata così innamorata. e la cosa triste, è che sono innamorata della persona sbagliata.
un messaggio che non invierò mai.
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tutttttaatuamadreee · 4 years
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è finito un’altro anno, anno cominciato malissimo, la morte di una bisnonna e la perdita delle mie più care amiche, una cosa che mi ha ferita nel profondo e di cui ancora ci soffro se solo ripenso al dolore che ho provato un quel periodo e a tutte le lacrime versate, da me poi che non piango mai, quest’anno poi è un po’ migliorato, ho recuperato i rapporti con quelle amiche e stretto i rapporti con altre, mi sono innamorata di un ragazzo della mia scuola, che però non ricambiava, tanto ci sono abituata e ho passato un’estate fantastica tra risate, cazzate e feste, estate conclusa con agosto, mese in cui ho incontrato gabriele, mio primo vero amore e mio primo bacio, stavo benissimo in quel periodo e stavo benissimo con lui, finalmente potevo rispondere bene alla domanda “come stai?” ma purtroppo questo periodo è passato veloce con la rottura di questa storia per colpa sua, sono stata malissimo e questa è stata un’altra mia ricaduta, una delle peggiori, purtroppo lo penso ancora e mi fa ancora male, iniziata la scuola nel mese di settembre ho conosciuto un’altro ragazzo, con cui è durata poco, un limone ed era finita lì ma non mi dispiaceva e non mi dispiace tuttora, forse era solo un passatempo per cercare di dimenticare gabriele, ma non ha funzionato, poi con ottobre le cose con la mia migliore amica sono andate peggiorando, almeno per me, forse lei non se ne è nemmeno mai accorta che stavo male a causa sua ma non dicevo niente perché sono una deficiente del cazzo che mi prima di se stessa mette sempre gli altri al primo comandamento, un’altra ricaduta, stavo male dentro e non riuscivo a caccaiarlo fuori. A novembre ho conosciuto un ragazzo, uno di quelli stronzi che ti usano soltanto e dopo che hanno finito il loro lavoretto ti lasciano lì senza una spiegazione precisa, ennesima ricaduta, ma non forte come quella di gabriele, gabriele rimarrà sempre una delle mie cadute più forti. Con il passare però dei mesi e dei ragazzi che ho conosciuto rimaneva sempre la cotta per il ragazzo della mia scuola, e c’è tutt’ora e tutt’ora ancora non ricambia, è davvero tanto importante per me, non lo conosco benissimo, abbiamo parlato poche volte ma lo considero come un mio amico come una persona vicina a me, siamo così simili si tante cose, sono sempre a un passo dal dichiarami e poi mi tirò indietro, non voglio prefissarmi obbiettivi per questo nuovo anno, ma vorrei solo riuscire a dichiararmi e vedere come ve a finire, nel bene e nel male. Questo 2019 è finito con me che non sono ancora riuscita a dire all mia amica quello che penso e che provo, o almeno ci ho provato ma con scarsi risultati, pensa di avere ragione lei, di fare tutto bene e non di sbagliare niente facendomi pure pesare il fatto che quella sbagliato sono io, e sapete forse inizio a pensarlo, forse inizio a pensare che quella sbagliata sono veramente io, che forse se ogni mia storia è andata a finire male, se ogni ragazzo di cui mi innamoro non ricambia, se non riesco a tenere nessun amico affianco a me è tutta colpa mia e del mio carattere di merda, però poi per alcuni secondi torno alla realtà e penso che alla fine non è colpa mia, forse un po’ si, ma non è colpa mia, è colpa degli altri che non riescono a capirmi e a comprendere questo mio carattere, proprio forse perché è chiuso e non riesco ad aprirmi facilmente, proprio perché forse sono un po’ più intelligente, sensibile e forse un po’ più vera della gente che mi sta intorno soffro perché alla fine siamo noi quelli che soffriamo di più quindi dico che per questo 2020 non voglio pormi obbiettivi ma voglio solo viverlo libera senza pensare prima agli altri, voglio sempre mettere prima me e non voglio più farmi usare e essere trattata male da nessuno, voglio essere più forte e se ci riuscirò dovrò solo ringraziare me stessa e nessun altro perché nella vita alla fine ti puoi fidare solo di te stessa e di nessun altro perché la gente che ti sta intorno ha solo maschere sul viso, tu non la conoscerai mai per ciò che e veramente quindi mia cara, rimboccati le mani, respira, smetti di piangere e credi in te stessa.
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diocane-lei · 7 years
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Sembra come se non ci sia mai tempo, mai tempo per chiarirci, mai tempo per rassicurarci, per cercare di capire qualcosa di quel che sta succedendo e succederà. Il mio viso spento stasera era per questo, ho avuto la fortuna di poterti stare accanto in ogni attimo questi giorni, tutto così veloce, il primo bacio, la prima volta; ti sono stata accanto mentre dormivi e ti ho svegliata la mattina quando tu ancora volevi dormire, fa strano stasera non poterti avere qui nel letto. Io non oso neanche immaginare come sarà tutto questo tempo, il solo pensiero mi fa sentire così vulnerabile, sono sbagliata io che mi affeziono troppo in fretta? Sentirò la tua mancanza in qualunque cosa farò, e se stasera fa un po’ male non averti qui, allora che ne sarà dei mesi in cui non ci vedremo? Saremo forti abbastanza? Non basta una notte per scrivere le innumerevoli domande, per esprimerti quello che sto provando adesso, per fortuna ora predominano le cose belle, come quando mi guardi con quegli occhi senza dire niente, ecco questa è una cosa bella e anche per questo non basterebbe una notte per parlarne. Sono una persona molto chiusa, non amo esternarmi così tanto, sopratutto esprimendo quel che provo sia in fatto di frustrazione che di sentimenti perché ho sempre paura che magari qualcuno possa andare a colpire proprio lì, ma visto che il tempo ,come ho già detto, sembra sempre poco e stasera diocane mi sento dolce, meglio approfittarne. Io non so che cosa è successo, prima che arrivassi quella sera ero totalmente tranquilla, poi ti ho vista camminare e da lì non ci ho capito più niente. Eri molto più bella di come ti ricordavo, avevi quell'andatura da nervosetta che mi ha fatto subito sorridere, poi potrei uscirmene adesso con quelle cose tipo “ si mi piace la tua voce i tuoi occhi le tue labbra e blablabla” ma sarebbe tutto troppo scontato e sai quanto io lo odi; quindi faccio subito un asterisco e saltando le numerose notti insonne che abbiamo passato in giro pur di non lasciarci andare arrivò subito a un istante prima del primo bacio. Io avevo capito tutto, sapevo che stava per succedere, sono diventata logorroica e tu mi hai detto “shh” io mi sono girata e tu booom mi hai guardata, quei pochi secondi che sono passati dallo sguardo alle tue labbra sono durati anni, ed ecco qua, come mi hai presa. Ora mi sento parte di un qualcosa di nostro e che non potrà mai essere di nessun altro. Tu mi conosci ? Ecco un altra domanda, la prima che mi sono posta quando parlavo e parlavo prima del bacio. Ma non volevo fosse per pena, quindi tenni tutto per me. Racconto solo questo mio PV, perché gli altri li abbiamo condivisi insieme. Però sai cosa, ho capito di starci totalmente dentro quando mentre facevamo l'amore ed eravamo completamente prese, io continuavo a sentire l'odore della tua pelle e me ne sono innamorata completamente. Mà di te? Sta succedendo? E se succede ci starò male? Non lo so; io tutte queste cose non le posso sapere finché non le provo. Quindi mi butto, non posso proprio lasciarti, nonostante la distanza, nonostante il fatto che non sarà semplice non vederti e non vivere ogni giorno come la bolla di felicità che si era creata fino oggi. Sono pronta ad aspettarti, se questo ci porterà magari a qualcosa di serio. Basta volerlo, e io ti voglio più di ogni altra cosa in questo momento. E quando tu non avrai la forza io te ne darò un po’ della mia e viceversa. Poi se dovesse succedere qualcosa di male o dovessimo prendere un altra decisione basta parlarne. Vorrei che questa relazione fosse basata sulla fiducia prima di tutto. Mo basta direi, mi pare un po’ tanto e anche di avere un po’ esagerato. Scusa per tutte queste parole. Sei bellissima, possiamo provare a farcela, non credi?
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ragazzo-fenice · 7 years
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#storie
Era una strana serata di agosto. Ero andata a lavoro con la voglia di non fare niente. Con la stessa sfacciataggine dato che ero in turno con la collega con la quale avevi problemi. Lei era ormai andata via di casa da 8 mesi. Ero arrabbiata. Anche se qualche giorno prima eravamo state al telefono per due ore, come se nulla fosse mai accaduto. Quella sera ci fu un battibecco a lavoro. E tanto per cambiare, mio padre che è il mio superiore, aveva dato ragione alla collega piuttosto che sentire le mie parole. Mi venne a prendere lui, che per calmarmi a chiusura mi fece fare un giro in paese, poi tornò davanti al luogo del mio lavoro. Erano le 2 passate e quei due erano ancora a parlare di lavoro là fuori. Tornammo a casa, prendemmo un cornetto e andammo a letto.... Avevo un battesimo quella mattina... ci prepariamo e ci avviamo. Chiamo l'altro collega per raccontargli i fatti della serata, per metterlo quantomeno in guardia su quanto detto e ad un certo punto mi chiude il telefono in fretta. Qualche minuto dopo mi chiama la moglie per dirmi di spegnere il telefono e che mi stava venendo incontro alla chiesa. Era una bella domenica soleggiata. Arriva una chiamata. Papà. Dentro di me mi chiedo cosa abbia da dirmi dato che ero ancora alterata con lui per quanto accaduto la notte scorsa. Ma rispondo, perché di solito non chiama mai... rispondo al mio solito modo scocciante e superbo. Mi chiede di andare da casa quando finisco e non chiude la chiamata... lui non aveva già la forza. Sapete quando avete un presentimento? Come se qualcosa lontano da voi non sta bene e tutta la natura vi manda segnali? Come vidi la moglie del mio collega venirmi incontro scoppiai a piangere! Sapevo che lei non c'era più. Nell'atrio della chiesa più grande del mio paese, buttai un urlo e cominciai a piangere nel modo peggiore possibile. LEI NON C'ERA PIÙ. La mia sorellina, la mia ragione di vita nonostante i litigi e la separazione, lei non c'era più. Stava andando a lavoro. Alle 6 la mattina, e aveva preso sonno e uscita fuori strada. Manca poco al suo 4 anniversario da quando è scomparsa e la mia vita è andata a rotoli. Svegliarsi con qualcosa che ti manca, vivere... diventa faticoso. Tutto è faticoso. Avrei dato la vita per lei, che era nel fiore dell'età. Che finalmente era uscita dal suo tunnel di "depressione" dopo essersi lasciata col ragazzo, che aveva deciso di vivere la sua vita come lo farebbe ogni ragazzo/a a 22 anni. E tutte le mie tenebre sono tornate a galla. Ho ripreso a tagliarmi i polsi, a sapere di essere "la figlia sbagliata che è rimasta in vita".. e ho preso scelte che ora non rifarei. E soprattutto ho cominciato a cercare nella gente la mia mancanza... ma nessuno può prendere il posto di qualcun altro. E alla fine mi sono innamorata di quell'unica persona che poteva somigliare a lei. Mi sono innamorata di qualcuno che non è chi ho affianco, che mi provoca un dolore al petto forte e che ho deciso di seguire per il resto della mia vita, come se fosse il mio "fratello" mancato!
@liberadi-essereme
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"Quando posi gli occhi su qualcuno e il tuo cuore comincia a battere non é cosa da tutti i giorni. Il brutto é che non puoi sapere se é giusto o no ma sai che il cuore con lui batte più forte. E succede che ti innamori,così dal nulla della persona più sbagliata che ti potesse capitare sotto gli occhi. Quella persona che prima ti fa sentire quello che vuoi sentire,che nonostante sia incapace di provare qualcosa nei confronti delle sue ragazze ti fa credere di essere speciale e tu ti affezioni. E sai che quando una come te si affeziona é un viaggio di solo andata. E nonostante gli allontanamenti e riavvicinamenti tu sei ancora qui di nuovo a scrivere di lui e a scrivere che ti manca. Attrazione fisica c'é sempre stata tra me e lui , diceva di volermi bene e forse me ne poteva volere davvero. Ma perché fare così? Vero che sono cambiata e che non mi sono fatta più andare bene tutte le cose da parte sua ,ma pure lui é cambiato. La persona di cui mi ero innamorata aveva lo sguardo più dolce coperto da una maschera di coattagine e stronzaggine che doveva mostrare. Ma con me lo sguardo dolce lo aveva,gli attegiamenti e le attenzioni che mi dava quando cercava di rimediare alle stronzate che faceva. Come mi levava i capelli bagnati dal viso in quel giorno di pioggia nell'autobus a due centimetri dal viso e ancora non era mai successo nulla. Il mio cuore temevo mi sarebbe potuto uscire dal petto. Credevo di poter morire dall'emozione. E nonostante ora siamo diventati due estranei a me manca ,cazzo come mi manca. Anche se siamo diventati due estranei ,anche se non ci siamo più visti ,anche se quando lo rivedrei non saprei più chi ho davanti. Ma le persone che mi fanno battere così forte il cuore io non ce la faccio a lasciarle andare ,non del tutto almeno. E non può essere finita davvero,perché come dice una frase un addio non detto non può essere la fine. Quindi amore mio sappi che sentirai parlare ancora di me,sappi che mi guarderei ancora in quegli occhi che ti piacevano tanto e che mi vedrai arrossire ancora solo all'incrociare del nostro sguardo , ci sarà di nuovo quella scossa nei nostri occhi che ci farà tornare uniti perché tu con me eri diverso. Tu con me facevi prevalere la parte buona e mi mostrarvi la presenza del tuo cuore. Le cose sono cambiate anche come anche i miei sentimenti,ma io ti aspetto qui."
Con amore,me. ♡
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