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#cyberbullismo
thelesbianpoirot · 11 months
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The most sensitive tumblr girlies will come in your inbox and tell you to kill yourself, like darling, you have five self diagnosed mental illnesses and three pronoun pins you bought for 30 each dollars on Esty, maybe you shouldn't try to cyberbully. A man got shot in front of my house this week, and that is a common occurrence every couple of months, I could die from male violence at any moment, I ain't killing myself, and you who can't make a phone call cannot bully me into it, why are we fighting sister when we could be fingering each other?
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greenpickles987 · 2 months
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First Poster
@chaeify(huh yunnies) and Dat1OrangeCatMan cyberbulling me edivence
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#cyberbulling #cyberbullied
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potuzzz · 2 months
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La risposta di Jolanda Renga, figlia di Ambra Angiolini e di Francesco Renga, a tutti quegli hater che ogni giorno la offendono. Riflettiamo perché è davvero triste che una ragazza debba affrontare tutto questo. Davvero inaccettabile. Jolanda sei una meravigliosa guerriera.
"Ciao, sono Jolanda, la figlia brutta. ‘Sei brutta' è una cosa che mi dico sempre, da quando sono piccola e mi vedo allo specchio, da quando mi vedo nelle foto. 'Sei brutta, hai il naso brutto, il sorriso brutto, il neo brutto, le gambe brutte, tutto brutto’.
Devo dire che all'inizio ci sono rimasta male, molto male, quindi oggi, al posto di dirmi così, ho deciso di chiedermi scusa. Scusa perché ho dato importanza alle parole di queste persone. Il mio sogno per fortuna non è essere bella e neanche essere la sosia dei miei genitori. Il mio desiderio nella vita è fare cose che contano. Mi piacerebbe migliorare il mondo, quindi sono felice di me stessa perché ogni giorno cerco di fare qualcosa, dando il massimo. Ho sempre pensato che le cose più importanti sono quelle che non si possono vedere, quindi tengo molto di più alla mia anima anziché alla mia faccia, perché non resterà per sempre, invece il mio cuore e la mia anima sì e dovranno restare belli e puliti.
Penso che, se la cosa peggiore che si dice di me è che sono brutta, allora posso stare tranquilla. Di certo non si può dire di me che sono cattiva o egoista. Io vorrei dire a tutti quelli che si sentono come me che, finché avranno cura e rispetto di se stessi e degli altri, brilleranno sempre di una luce diversa. Le persone gentili sono belle per davvero. Non permettete agli altri di cambiare questa parte speciale e unica di voi, anzi rendetela un punto di forza".
#Respect #piuamore #donnefelici
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giuliano-jiulian · 6 months
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Un ragazzo che non conoscevo se ...ammazzato soffriva di cyberbullismo
Io ne soffro da anni soffro di altre cose lui un idolo io nessuno non sono niente e non sarò mai niente appena mi tolgo da questo mondo voglio vedere se non sono nessuno...
Volevo essere ammirato invece niente
Mi sa che ricomincerò a tagliarmi...
E tutti muti io faccio cazzo mi pare il corpo e mio ....
Halloween sta arrivando e io non si come finirò....."forse rimarrò a casa" i malati a casa ....ricordiamolo che uno che a una malattia deve stare sempre a casa non può manco lavorare e cerco e nessuno risponde porco dio
Questo è l'inferno e spero di bruciare più che mai oggi morire e togliermi da questo mondo
Se mi a mazzate mi fate un favore a me e alla umanità grazie prego ciao
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marikabi · 1 year
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Come banane
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Siamo come banane perché siamo etichettati da chi ci conosce (o pensa di conoscerci) e a nostra volta etichettiamo chiunque e qualunque cosa, spesso anche a sproposito. Lo facciamo per comodità, perché la nostra mente ama le categorizzazioni al fine di non perdersi nella complessità e nella stragrandissima varietà che trovansi nell’universo.
Più etichettiamo e infiliamo roba (volti, eventi, situazioni, persone) nei nostri archivi mentali più c’illudiamo di aver chiarito e pulito i nostri pensieri e riordinato le nostre scale di valori, confermandole invece che confutarle con sani e spesso salvifici dubbi.
Le categorie, ovvero anche le tassonomie - elenchi più o meno esaustivi di cose, persone, animali, piante, santi, interessi e nemici di Salvini, marchi sponsorizzati dalla Ferragni, astri, colori Pantone, libri di Andrea Camilleri - hanno nell’antichità rappresentato lo scibile e dalle tassonomie di un tempo derivano anche le prime enciclopedie. Un paio di esempi - estremi - per tutti: Bouvard et Pécuchet (personaggi di un incompiuto romanzo di Flaubert che volevano categorizzare le conoscenze scientifiche e si ritrovarono a catalogare i luoghi comuni) e Linneo (celeberrimo e puntiglioso naturalista svedese).
Se Charles Darwin non avesse avuto la fissa di catalogare piante, insetti, animali, ciottoli, ossa, conchiglie e fiori sin da piccolo, noi non avremmo avuto la più completa e ragionata disamina delle dinamiche evoluzionistiche che hanno rifondato la filogenesi.
Anche le categorie che applichiamo agli umani (belli, brutti, intelligenti, superbi, cafoni, bizzarri e tanto altro) aiutano ad orientarci, quindi. Lo facciamo da sempre, da quando eravamo cavernicoli, onde evitare personaggi poco raccomandabili ed associarci a soggetti che - già allora - rinforzavano la nostra comfort zone e la nostra bolla, nel senso che non rappresenta(va)no minacce per la nostra sopravvivenza, fisica e psichica: gente simile a noi, che la pensava come noi, con gli stessi gusti gastronomici, e così via fino a categorizzarci per religioni, colore della pelle, politica, squadre di calcio, marche di caffè, pandoro o panettone.
Marc’Aurelio cominciò appunto con un piccolo elenco di personaggi da evitare nel suo A sé stesso.
Nulla di nuovo, pertanto, se abbiamo importato le categorie anche sui social, luoghi pieni delle cosiddette bolle, dove elenchi e selezioni di argomenti e persone vengono peraltro favoriti e/o aggravati da perversi algoritmi.
I social - non si sbaglia mai a ricordare che sono mezzi, come il telefono, la radio, YouTube - sono diventati un’estensione di noi stessi. Hanno ampliato la cerchia di conoscenze (l’amicizia è altra ed alta cosa) e le categorizzazioni risultano vieppiù importanti ed utili nel selezionare o farci selezionare le persone da seguire.
Proprio nel 2023 cade il ventennale della creazione di Facemash, il prototipo di Facebook, da parte di Mark Zuckerberg. Dal momento in cui venne messo in rete, questo totem dei social (ancora il più diffuso al mondo) ha creato una rete così vasta da diventare - virtualmente - la terza nazione più popolosa sul pianeta.
Pensate che Facebook - assieme agli altri social - ci abbia fornito amicizie e vero conforto? Ovviamente no. Seppur nati per mettere in contatto gente, i social sono diventati un palcoscenico personale, più che un salotto accogliente per chiacchierare amabilmente. 
Un palcoscenico siffatto divora quotidianamente storie ed emozioni. C’è chi non sta al gioco al massacro delle proprie immagini, dei propri sentimenti (e della propria vita privata) e diminuisce lo sharenting (la condivisione parossistica) magari aspirando al ghosting (scomparire). C’è chi invece cerca spasmodicamente la ribalta: fare l’influencer diventa il sogno di chi un tempo aspirava a diventare facilmente famoso come calciatore (o moglie di)/cantante/attore/modella.
(Va da sé che diventare famosi come Astrosamantha - alias di Samantha Cristoforetti - non è impresa semplice, pertanto non risulta comunemente appetibile e l’astrofisica - la materia di studio, cioè - non riscuote lo stesso gradimento del gossip.)
Adesso si può diventare famosi semplicemente ossessionando la gente con le proprie immagini, con la propria quotidianità (non sempre esaltante e dorata) e - ahimè - anche con le proprie miserie umane.
Nasce mediante tali sistemi il fenomeno Kardashian, prototipo di vita spiata a favor di telecamera: famiglia famosa per la faccia da esibizionisti che hanno saputo mantenere negli anni.
Tuttavia, non tutti sono così abili con immagini e parole. Infatti, non tutti siamo diventati Kardashian o Ferragnez e tanti, pur di farsi notare, esagerano nell’esporsi, esagerano nelle parole e nei toni e nei filtri fotografici, sia sui social pubblici (Twitter, Instagram, TikTok), che sulle chat.
Lunga premessa - anche un po’ storica - per arrivare al tema: comportarsi nelle chat.
Ormai non possiamo più farne a meno: Whatsapp soprattutto, ma anche Telegram ci aiutano perfino al lavoro.
La cosiddetta comunicazione differita, tramite messaggi scritti, vocali e video, è il sistema imperante, avendo scalzato le telefonate. Il differimento ci fa sentire quasi onnipotenti, perché, nel momento in cui registriamo, il destinatario non può ribattere. Magari lo farà appena dopo, ma nel momento siamo noi, le nostre idee e soprattutto le nostre parole ad imporsi, in quanto non siamo costretti ad ascoltare l’interlocutore. Non ci piace ascoltare nessuno, se non noi stessi. (Fateci caso, anche nei talk-show televisivi: ci sono giornalisti che prima di fare una domanda all’ospite fanno comizietti di un quarto d’ora e l’ospite, poi, risponde spesso off topics, interessato solo alle proprie idee comunque sia.)
E poi c’è il filtro, la lontananza, il rapporto diadico tra noi e l’apparecchio, più che tra noi e il destinatario del messaggio. Così, inconsapevolmente aggiungiamo un sentore di arroganza in più a ciò che diciamo.
A dir la verità, molti aggiungono più che un sentore, guastando irreparabilmente la comunicazione, la quale diventa ostile.
E non ce ne accorgiamo mica. Liti, incomprensioni, bannamenti, ingiurie ed improperi sono sempre in agguato, dentro una chat o in un thread di Twitter: l’incomprensione è l’humus sul quale prolifica l’ostilità digitale.
Se si può, la situazione peggiora quando gli agenti (emittenti e destinatari) sono ragazzi, pre-adolescenti o adolescenti. 
La strutturazione adolescenziale del Sé è faccenda complessa e nel Terzo millennio è diventata addirittura tragica. Si legge da più parti della debolezza psichica dei nostri ragazzi e ragazzini che non reggono il peso del giudizio del branco, fosse anche quella dei partecipanti alla chat della scuola/della palestra/dell’oratorio o gli spietati confronti di immagini su Instagram (dopo esserci smostrati a colpi di filtri, tipo Mona Insta in gallery).
Ci vorrebbe una materia di studio ad hoc, ma poiché non siamo in Norvegia (a scuola è previsto un corso educazione alla comunicazione digitale), dobbiamo correre ai ripari in autonomia.
Tuttavia, abbiamo un aiuto nel (densissimo) manuale  scritto da Carlotta Cubeddu e Federico Taddia: Penso, parlo, posto (il castoro ed.), che abbiamo presentato sabato 11 febbraio 2023 nella sala ragazzi della Biblioteca provinciale (a Corso Europa) nell’ambito del Festival della letteratura per ragazzi organizzato dall’associazione Ebbridilibri, capitanata dall’infaticabile Marina Siniscalchi.
Carlotta ha intensamente interagito con il pubblico, ponendo domande insidiose per dimostrarci come la comunicazione digitale può essere pericolosa, ma ci ha anche insegnato a difenderci con le parole non ostili, come pure a non diventare banane.
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tecnowiz · 2 months
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Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali
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Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali? Nell'era digitale in cui viviamo, l'accesso costante ai dispositivi tecnologici ha portato con sé nuove forme di aggressioni, specialmente tra i più giovani. Le aggressioni digitali possono assumere diverse forme, tra cui cyberbullismo, stalking online e altro ancora.
Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali? Impara a identificare i segnali di cyberbullismo e scopri le strategie per difenderti dagli aggressori online
È fondamentale saper riconoscere questi comportamenti dannosi per poter intervenire il prima possibile in modo da evitare che possano degenerare a provocare conseguenze deleterie. In questo articolo, esploreremo come individuare e affrontare le aggressioni digitali, offrendo consigli pratici e strategie di difesa.
Cos'è un’aggressione digitale?
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Le aggressioni digitali si verificano quando una persona utilizza i mezzi digitali per danneggiare, molestare o minacciare gli altri. Queste azioni possono avere gravi conseguenze emotive e psicologiche sulle vittime. Un’aggressione digitale può manifestarsi in vari modi, ad esempio con messaggi minacciosi, divulgazione di informazioni private, diffusione di notizie false e altro ancora.
Quali sono i segnali di un’aggressione digitale?
È importante essere consapevoli dei segnali che ci arrivano da parte di una vittima. Spesso sono non molto evidenti perché la vittima cerca in tutti i modi nascondere il proprio stato d’animo. Alcuni di questi segnali includono: - Cambiamenti nel comportamento: Se una persona diventa improvvisamente ansioso oppure diventa riluttante nell'utilizzare i social media o altri mezzi digitali, potrebbe essere un segno di aggressione online. - Riduzione dell'autostima: Le vittime di aggressioni digitali possono manifestare una diminuzione dell'autostima o una maggiore ansia riguardo alla propria immagine online (di questa specifica conseguenza ne parleremo in un prossimo articolo). - Isolamento sociale: Gli adolescenti (ma non solo loro) che subiscono un’aggressione online possono ritirarsi dal contatto sociale o cercare di evitare situazioni in cui potrebbero essere esposti a ulteriori attacchi.
Come difendersi dalle aggressioni digitali?
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Confidarsi Parlare con un adulto di fiducia è sempre la prima cosa da fare. Per esempio, un genitore, un insegnante o un consulente scolastico. È altresì vero che queste figure non possono pretendere che i giovani si rivolgano a loro in modo automatico. Bloccare e segnalare: Gli adolescenti dovrebbero essere incoraggiati a bloccare e segnalare gli aggressori sui social media e altre piattaforme online. Questo può aiutare a interrompere il comportamento dannoso e proteggere la vittima da ulteriori attacchi. Coltivare consapevolezza digitale: Gli educatori e i genitori possono svolgere un ruolo fondamentale nell'insegnare agli adolescenti l'importanza della consapevolezza digitale. Questo include l'educazione sulle conseguenze delle loro azioni online e l'adozione di comportamenti responsabili e rispettosi nei confronti degli altri utenti.
Conclusione
Le aggressioni digitali rappresentano una seria minaccia per la salute mentale e il benessere delle vittime. È fondamentale educare gli utenti su come riconoscere e affrontare queste forme di abuso online, nonché fornire loro le risorse e il sostegno necessari per difendersi. Con la consapevolezza e le strategie adeguate, è possibile creare un ambiente online più sicuro e rispettoso per tutti.
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest, Tumblr e Instagram per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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Bullismo e cyberbullismo: i carabinieri incontrano gli studenti di Magione A seguito della Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, istituita dal Ministero dell'Istruzione nell'ambito del contributo annualmen...
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k-zonesblog · 3 months
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CYBERBULLYING ISNT RIGHT #fyp #fpyシ #fpyツ #foryou #foryoupage #fypシ゚viral #foryourpage #fypage #cyberbullying #cyberbullyingawareness #cyberbullyingprevention #cyberbullyawareness #bullying #bullyingawareness #bullyingisnotcool #antibullying #antibully #antibullycrew #antibullyingsquad #anticyberbullying #anticyberbulling
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staipa · 3 months
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/la-tua-cattiveria/?feed_id=1276&_unique_id=65a7bee0d416a %TITLE% Sempre di più, sempre più spesso si stanno ripetendo eventi di questo genere in rete. Si tratta di Cyberbullismo. Non è molto diverso da quello di cui ho parlato in passato (https://short.staipa.it/4bdv2) e sui cui temi, per chi lo volesse, propongo anche qualche evento su chiamata (https://short.staipa.it/zswjq). Il solito trito e ritrito bullismo di cui tutti hanno sentito parlare un milione di volte e di cui tutti sanno l'esistenza pur se spesso lasciandolo proseguire per inerzia. C'è qualcosa di diverso però da come era il bullismo qualche anno fa, perfino di come era il Cyberbullismo, anni fa. La differenza sostanziale è che tu che stai leggendo, io che sto scrivendo, il giornalista di turno, perfino il telegiornale, perfino la paginetta social del paesino locale non sono più solo complici silenziosi che stanno a vedere e non muovono un dito e che stando zitti permettono all'atto di bullismo di procedere. Tu che stai leggendo, io che sto scrivendo, i media, chiunque condivida, discuta, rielabori, scriva su alcuni temi, ci trasformiamo direttamente nei carnefici inconsapevoli, nei bulli più o meno consapevoli. Non sfogando la nostra rabbia, frustrazione, o giudicando qualcuno, ma anche solamente discutendo e riportando la notizia in un luogo virtuale dove altri ne abbiano accesso. O commentandola. Non mi metterò a riportare i casi, tanto chiunque stia leggendo avrà in mente cosa è accaduto in questi giorni, o avrà in mente casi passati o futuri quando questo articolo verrà riletto, e varrà così fino a quando questo articolo diventerà totalmente incomprensibile. Se questo avverrà (e non avverrà) vorrà dire che il fenomeno sarà scomparso e che le persone avranno imparato ad usare consapevolmente queste tecnologie. Quello che accade è che un evento, una situazione, un commento, una foto, un video diventano improvvisamente virali, diventano improvvisamente di pubblico dominio in una maniera dirompente -l'affermazione corretta sarebbe "diventano disruptivi"- questo genera una pioggia di commenti, spesso da persone che criticano e giudicano la situazione, e questo ne amplifica la visibilità. Ne parlavo paragonando questo genere di fenomeni alla vita del vecchio bar di paese quando scrivevo de La percezione della realtà nei social (https://short.staipa.it/6p4y1). In qualche modo si può pensare che questo sia un meccanismo normale, solamente ingrandito dalla presenza su Internet, e dalla condivisione sui social, ma è così solo in parte. Se ci limitiamo a questo assunto ci sentiamo assolti in molti. Troppi perché si possano comprendere e mettere nella giusta prospettiva alcune situazioni e finiamo quasi sempre per derubricare i casi eclatanti, come i suicidi di chi ci finisce in mezzo, a fatalità, a colpa degli haters, o a colpa di animi fragili che in qualche modo hanno finito per cercarsela. Assolverci ci fa sempre sentire bene, ci fa sentire un po' migliori dei colpevoli che ci circondano, se poi riusciamo a sentirci migliori anche delle vittime il bias è fatto. Cosa sfugge in questo ragionamento semplificato? Sfugge che ognuno di noi ha un ruolo. E se prima dell'era dei social i ruoli potevano dividersi in vittima, bullo e osservatore e la bilancia poteva (e doveva) essere regolata dai numerosi osservatori, ora tutto è molto più complesso. I ruoli sono diventati almeno tre: vittima, bullo, condivisore, osservatore. Posto che io non sto scrivendo in questo momento né alle vittime, né ai bulli, il difficile è scegliere come posizionarsi tra gli ultimi due ruoli, il condivisore e l'osservatore. Per farlo è necessario comprendere meglio come funzioni oggi il veicolare delle notizie. Intanto i due ruoli: Condivisore: si tratta di chi (volontariamente o meno) contribuisce al fatto che una determinata notizia diventi virale (disruptiva) Osservatore: si tratta di chi vede la notizia e la lascia passare senza schierarsi, condividere, opporsi o sfruttarla in qualche modo
I social network (ma anche i media tradizionali come la televisione e i giornali) campano su quello che ritengono essere di interesse dei loro utenti. Se si parla molto di qualcosa, quel qualcosa viene amplificato maggiormente per produrre guadagni da quell'audience. Non importa come se ne parli, ma importa che se ne parli. Questo dovrebbe essere il primissimo elemento che dovremmo avere in testa quando ci approcciamo a determinate notizie. Condividi la notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti la notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Metti una reazione sulla notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti criticando la vittima? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti criticando i bulli e difendendo la vittima? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Non condividi, non commenti, non metti reazioni? Stai dicendo che quel tema è di scarso interesse e non ti interessa se ne parli. Bada bene, non stai dicendo che non vuoi che se ne parli, ma solo che non è di tuo interesse. Non solo, ti stai spostando dalla parte dell'osservatore, di quello che vede ma non si schiera e non difende la vittima. Il problema è tutto qui. Se un tempo l'osservatore poteva in qualche modo diventare difensore, nella attuale situazione di uso dei social network l'osservatore può quasi solo peggiorare la situazione o lasciarla tale. Perché anche commentando per difendere la vittima il rischio è quello di scatenare ulteriori visualizzazioni, ulteriori bulli, ulteriori haters. E quindi? Meglio fingere che nulla stia accadendo che schierarsi per difendere qualcuno? Io non ce l'ho una risposta e probabilmente di volta in volta, di caso in caso io stesso scelgo un comportamento differente perché anche avere una risposta prefissata sarebbe una semplificazione scorretta. Il pensiero critico, l'uso consapevole della tecnologia, non hanno necessariamente una risposta univoca ma sono una ricerca di un modo diverso di pensare e di ragionare, appunto maggiormente consapevole. Scegliere un'azione nella consapevolezza di quali conseguenze questa azione possa portare e non lasciandosi trasportare dal puro impeto del momento. Quello che resta è che è anche colpa nostra quando qualcuno lontano si uccide, o anche solo soffre, a causa della nostra partecipazione alla viralità -disruptività- di una notizia che lo riguarda. È importante esserne consapevoli, è importante rendersi conto che la goccia nell'oceano, funziona nel bene, ma funziona anche nel male e se tante gocce se ne stessero semplicemente zitte, talvolta, qualcuno potrebbe non morire.
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sardies · 4 months
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Concluso il percorso scolastico della Polizia locale di Sassari contro il cyberbullismo
Sassari. Martedì 19 dicembre, alle 9, nella sala convegni della Camera di Commercio di Sassari si concluderà il progetto di educazione scolastica curato dalla Polizia locale. La campagna di sensibilizzazione contro bullismo e cyberbullismo, chiamata #tuttiperuno, ha visto protagonisti alunni e alunne degli istituti scolastici cittadini di ogni ordine e grado. Ospite significativo e atteso…
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ultimaedizione · 8 months
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Cyberbullismo: tra scuola e famiglia
A settembre inizia la scuola Ed ecco di nuovo che in tema di Cyberbullismo si ripropone il problema di  come prevenirlo e come gestirlo. Preliminarmente è doveroso sottolineare – e non ci stancheremo   di dirlo –  che il web non va demonizzato. Tuttavia, se non usato correttamente, può diventare luogo di pericoli. WEB LUOGO DI CRESCITA SE USATO CORRETTAMENTE  Infatti, da luogo di informazione e…
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classystarfishdreamer · 10 months
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Intervista a Nadir Malizia
NADIR MALIZIA, GLI ALUNNI A SCUOLA VANNO COINVOLTI IN INCONTRI I GENITORI E GLI INSEGNANTI DEVO ESSERE UNA RETE DI SALVATAGGIO PER I LORO FIGLI. Chi è Nadir Malizia? Sono un uomo che è riuscito a tirare fuori il meglio di sé stesso con tutti suoi difetti. Ci risulta che tu sei molto attivo nel sociale. Che messaggio ti senti di dare ai diversamente abili? Si esatto. Da sempre mi occupo di…
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giuliano-jiulian · 7 months
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😂🤣oggi come geri un Leone da tastiera mi a scritto in anonimo e lo bloccato perché francamente le cose non si dicono in anonimo nemmeno qui ma si dicono in faccia se ai un problema con me me lo dici in faccia non certo in faccia detto ciò ti auguro di essere trattato come tu ai trattato a me 🙏🏻
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tecnowiz · 3 months
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Cyberbullismo e aggressioni digitali: il lato oscuro dell'utilizzo sbagliato della tecnologia da parte dei giovani
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Cyberbullismo e aggressioni digitali: Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia digitale ha permeato ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Tuttavia, mentre i progressi tecnologici hanno portato numerosi vantaggi, assistiamo ad un aumento delle aggressioni digitali, specialmente tra i più giovani. Queste aggressioni sono spesso il risultato di un utilizzo sbagliato della tecnologia, evidenziando la mancanza di conoscenza e consapevolezza in molti utenti.
Il lato oscuro dell'utilizzo sbagliato della tecnologia da parte dei giovani: affronta il fenomeno del cyberbullismo e delle aggressioni digitali con consigli e strumenti per proteggerti
Le aggressioni digitali possono manifestarsi in varie forme, tra cui il cyberbullismo, il sexting, il revenge porn e furto di identità. Queste azioni dannose sono alimentate da un mix di fattori ma spesso hanno radici nella mancanza di consapevolezza sull'impatto reale che un comportamento online può avere sulla propria vita e su quella degli altri.
Il ruolo fondamentale dell'educazione digitale
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Per affrontare il problema delle aggressioni digitali, è essenziale investire nella formazione e nell'educazione digitale degli utenti. Non esiste e non esisterà mai una tecnologia immune da rischi proprio perché è l’utente che decide come utilizzarla e per quali scopi (mi riferisco soprattutto alle piattaforme social). I giovani, ma non solo, devono essere consapevolizzati sugli effetti a lungo termine delle loro azioni online tramite un’educazione e formazione attiva. La scuola, i genitori e le istituzioni educative devono collaborare per fornire una guida attiva, insegnando competenze digitali e formando utenti web pronti e consapevoli. In tutto questo, le piattaforme digitali giocano un ruolo cruciale nel plasmare il comportamento online. Esse devono assumersi la responsabilità di creare un ambiente virtuale sicuro e di contrastare comportamenti dannosi. Implementare politiche di moderazione più efficaci e promuovere la consapevolezza. Tra gli utenti sono passi fondamentali per mitigare il fenomeno delle aggressioni digitali ma dobbiamo sempre ricordarci che sono strumenti nelle mani degli utenti e il loro modello di business si basa sul coinvolgimento del contenuto.
Collabora con la nostra associazione
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L'Associazione per la prevenzione del cyberbullismo e delle aggressioni digitali si impegna attivamente nella sensibilizzazione, nella prevenzione e nell'assistenza alle vittime di queste forme di violenza online. L'obiettivo principale dell'associazione è quello di educare le persone su come utilizzare in modo responsabile e sicuro le tecnologie digitali, fornendo informazioni sulle conseguenze negative del cyberbullismo e delle aggressioni digitali. Attraverso campagne di sensibilizzazione, workshop e incontri formativi, l'associazione mira a creare una cultura digitale rispettosa e inclusiva. Promuovono inoltre la consapevolezza sui diritti e sulle responsabilità online, incoraggiando una cittadinanza digitale responsabile. Se vuoi sostenere i progetti dell’associazione collegati alla pagina principale per fare il tesseramento oppure in alternativa puoi consultare il sito web dove puoi trovare tutte le informazioni possibili. Puoi trovarci nei principali canali social come Facebook oppure su Instagram, ma anche su Linkedin e guardare i nostri video su Youtube.
Conclusione
Le aggressioni digitali sono una realtà che non possiamo ignorare e la chiave per combatterle risiede nell'educazione e nella consapevolezza. Ecco perché è nata Human Tecnologia, un’associazione di promozione sociale che ha come obiettivo il contrasto alle aggressioni digitali tramite la formazione degli utenti. Crediamo che questa sia l’unica modalità che riesca a dare risultati nel medio lungo periodo e non costringa la società a ricorrere a soluzioni del tutto inutili quando è ormai troppo tardi. Read the full article
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Bullismo, studenti in piazza a Pietrafitta per gridare "no" A Pietrafitta alunni in piazza per dire no al bullismo. E’ quanto accaduto la settimana scorsa in occasione della “Giornata contro il bullismo ed il c...
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