Tumgik
#Signore Farfalle
pizza-tower-fracture · 9 months
Note
no pets?
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Peppino: Sadly, no... I can't afford to take care of one currently, but I would love to have-a cat again. I had-a one when I was younger. He was a great cat, my best friend even. I named him Signore Farfalle. I could fall asleep in no time just-a by hearing his purr.
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Peppino: That's...that's pretty nice actually, when I think about it. The idea of hearing voices and talking to them was kind of freaky at first but...you had-a all been so nice so far. It feels comforting to always have someone close-a to speak with.
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Peppino: Ah, it does...mostly with the lack of physical contact. It sincerely would-a be nice to just get a hug or even just a pat on the back once in a while...
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casual-asexual · 4 months
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quelle sono le farfalle della ritmica??? for cringefail man signor pioggia?¿
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riseofamoonycake · 11 months
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NOTE: The language of the story is ITALIAN!
Bene, che soddisfazione poter scrivere nella mia lingua madre di Shiva *^* Grazie per la richiesta, spero che questa one shot sia di tuo gradimento!
Su Ali di Farfalla
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🦋 Coppia: Shiva x Dea delle Farfalle
🦋Avvertimenti: menzione di nudità
🦋
Sei brava a nasconderti, anche se non lo fai apposta: è nella tua natura. Scivolare via veloce, cercare di passare inosservata e osservare il mondo da dietro le tue ali, al sicuro, è qualcosa che hai sempre adorato fare; forse perché non hai mai ritenuto di essere una creatura degna di attenzione, né speciale né abile in qualcosa di straordinario, e quindi non vedi in te una fondamentale importanza… forse perché raramente ti sei veramente approcciata alla realtà che ti circonda, e un po’ la temi anche, quindi preferisci guardarla senza farne parte, certa di non cadere nelle sue trappole.
Eppure, lui ti ha presa al laccio senza che tu neppure te ne accorgessi.
Sei bella, sebbene le tue paure ti frenino sempre su questo punto: forse non come Afrodite ― ma chi lo è, in fondo? Chi può gareggiare con lei? ―, ma possiedi la tua particolare luce e attrattiva che ogni superficie d’acqua ama riflettere, anche se spesso non lo vedi. Credi che questa si manifesti specialmente nella tua completa forma di farfalla; per questo ami assumerla tanto spesso e sentire il vento scorrere sul tuo piccolo corpo mentre vi corri in mezzo, completamente libera da ogni pensiero.
Eppure, nei suoi occhi rifulgi come un’intera costellazione.
Non hai mai desiderato essere toccata, men che meno da una divinità più importante di te: lo sai bene che cosa spesso succede quando un’entità dagli immensi poteri mette gli occhi su qualcuno di più debole, e il solo pensiero ti fa fremere le ali di paura e disgusto.
Eppure, con lui non sei proprio riuscita a trattenerti; e sei stata tu a iniziare.
Una piccola carezza sul collo: ciò è bastato ad attirare la sua attenzione in una giornata come tante, mentre vagavi per gli infiniti prati nella tua forma animale e la figura del Grande Shiva è comparsa davanti a te all’improvviso, nonostante fosse perfettamente ferma a riposare sotto un albero. Delicata e discreta, ti sei posata sui tatuaggi del Signore della Distruzione come rapita da un incantesimo, sfiorandoli leggermente con le ali mentre zampettavi lentamente sulla pelle e non riuscivi a staccarti da quel colore vivido e tanto attraente, dal profumo di gelsomino emanato da quella carne calda come il respiro di un vulcano; e quando sei volata via, finalmente libera dalla strana malia che ti ha intrappolata per un lungo istante, tutti gli occhi di Shiva erano spalancati e ti stavano fissando, studiandoti con attenzione. Quello che è successo dopo, per tanto tempo hai cercato di dimenticarlo: d’altronde, perdere il controllo su te stessa e apparire completamente nuda davanti a una divinità del suo calibro non è propriamente qualcosa di cui vantarsi… anche se lui è stato così gentile da voltare subito il viso e lasciarti correre via in pace, avvolta nella vergogna e nell’imbarazzo.
E ora?
Se la prima volta è stato un incidente, la seconda ha assunto la forma di una condanna: perché non c’è altro modo per spiegare l’attrazione per i suoi colori, per il suo profumo, che ti ha spinta nuovamente da lui.
Shiva ti ha guardata arrivare con calma, riconoscendoti immediatamente e tendendo una mano per permetterti di posarti; e quando lo hai fatto, l’ha chiusa appena perché tutte le dita accarezzassero le tue morbide ali, ma senza stringere abbastanza da impedirti la fuga. Non ricordi più le parole che ti ha mormorato, tanto era il tuo imbarazzo; ma come lui ha ridacchiato gentilmente non appena sei scappata, quello è rimasto impresso a fuoco nella tua mente… anche se non è una memoria così brutta.
E ora?
“Tu mi ricordi tempi lontani.”
Le mani di Shiva sono calde, delicate e rispettose mentre ti accarezzano i capelli e il viso, e si soffermano sulle tue ali. Non riesci ancora a realizzare ciò che sta succedendo, e per questo fissi stupita e confusa quel dio così grande, così importante, tutto intento a ricoprirti di attenzioni. La terza volta è questa, ed è iniziata al tramonto, quando è stato lui a trovarti e venirti incontro.
Come sempre, hai cercato di scappare; ma Shiva è stato più veloce e ti ha trattenuta per un polso, tuttavia senza farti male, tirandoti lentamente verso di sé. E da quando ti ha stretto tra le proprie braccia, tutte e quattro, non sei stata più capace di andartene.
“Sì, hai davvero lo stesso profumo del nostro villaggio. Se solo lui potesse conoscerti…”
Quante volte hai sentito dire che il Signore della Distruzione non ha pietà, che pensa solo a sé stesso e al proprio orgoglio? Eppure, se potessero vederlo ora, così come lo stai guardando tu… se solo tutti venissero toccati come lui sta facendo ora, forse si proverebbe meno dolore, anche fosse solo per un istante. Anche se questo, di attimo, è solamente per te.
“Il Sommo Shiva non dovrebbe perdere tempo con me…”, tenti di replicare; ma lui ti mette una mano sulla bocca, e tu comprendi che, in verità, è sempre stato lui a chiamarti. “Credo che invece sia tutto perfetto”, mormora mentre ti sfiora nuovamente le ali, per poi baciarle piano.
Tu arrossisci violentemente, tutto il corpo scosso da brividi; e a quel punto Shiva ti abbraccia con forza mentre ride, questa volta affondando il viso tra i tuoi capelli. Qualunque memoria tu abbia risvegliato in lui, è così bella da renderlo felice; e l’adorazione che prova nei tuoi confronti ti scalda il cuore, e ti fa credere che, dopotutto, anche tu sei qui per valere, fosse solo per lui.
Forse… forse non scapperai mai più, se questo è quanto riceverai.
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tma-traduzioni · 3 months
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MAGP007 - Leva e metti
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il decrepito computer dell’O.I.A.R. si accende di nuovo]
[Alice è nel mezzo di una spiegazione]
ALICE
– Quindi poi schiacci il bottone invio qua sopra e…
[La stessa cacofonia di suoni metallici di sempre]
ALICE
…questo è il tuo primo caso.
CELIA
Fico.
ALICE
Domande?
CELIA
Sembra abbastanza chiaro.
ALICE
(sorpresa) Davvero?
CELIA
Sì. Voglio dire, è un sistema antiquato, ma c’è di peggio. Non è come se stessimo lottando contro registratori a nastro e cartelline marroni.
ALICE
E non siamo minimamente turbate dalla parte “la mia pelle si è trasformata in farfalle” del caso?
CELIA
Nahhh.  Le farfalle non mi fanno paura. Tra l’altro, credo che tutti casi siano un po’ “strani” ed è per questo che li stiamo valutando.
ALICE
…Effettivamente.
[Sposta un po’  la sedia]
CELIA
Avevi detto che a volte alcuni vengono letti dai computer. In qualche modo quelli sono diversi dagli altri?
ALICE
Non proprio. Colin, quell’informatico strano, pensa che parte del sistema sia collegato alla scheda audio e perciò li sputa fuori a caso.
CELIA
Ne si sicura?
ALICE
Beh…no. Ma un minimo di senso ce l’ha.
CELIA
Avete mai controllato se i casi letti ad alta voce hanno qualcosa in comune?
ALICE
Non abbiamo mai notato niente di lampante. Tra l’altro, non possiamo fare niente per fermarli, quindi la maggior parte delle volte andiamo a perdere un caffè se ce ne tocca uno parlante. Solo ricorda, devi finire il tuo carico di casi, quindi non puoi sprecare troppo tempo su queste cose. 
CELIA
Chiaro.
ALICE
Altre domande?
CELIA
C’è un modo per cercare dei file in particolare?
ALICE
Tipo cosa?
CELIA
Oh, non lo so. Tutti i casi che parlano di… essere sepolti vivi, o della carne, o di… altro.
ALICE
Beh, c’è una barra di ricerca, ma non fa niente. Dovresti controllarli manualmente.
(sospettosa) – Perché lo chiedi?
CELIA
Sto solo cercando di capire tutto. Ah beh, suppongo che dovrò cercare Bigfoot nel tempo libero.
ALICE
(conquistata) Ha! Stai scherzando, ma c’era questo caso un paio di anni fa -
CELIA
Non dirmelo. Qualcuno è stato ucciso da una scarpa gigante?
[Alice ride]
ALICE
Ti troverai benissimo.
[Il computer inizia a riprodurre un caso]
CHESTER
Da: [email protected] A: [email protected] RE: Tendering resignation. 3 Febbraio
A chi di interesse,
Scrivo per informarvi che sto offrendo le mie dimissioni dal ruolo di manager della divisione del Hilltop Centre dell’Oxford People’s Trust, con effetto immediato. Non lavorerò per il mio periodo di preavviso e ammeno che non desiderate che questa diventi una questione legale, consiglio di pagarmi adeguatamente per quei giorni.
Sono consapevole che non siete i diretti responsabili degli eventi che hanno avuto luogo nella divisione del Hilltop Centre negli ultimi sei mesi, ma comunque non avete garantito un supporto adeguato nonostante i miei numerosi messaggi nei quali richiedevo un vostro intervento. Non mi rimane altra scelta se non quella di troncare ogni rapporto con questa società, che sembra tenere sì poco conto della mia salute, della mia buona volontà o gli anni che le ho dedicato.
Troverete un resoconto completo di quanto avvenuto allegato alla presente, e dovrebbe essere più che adeguato per i vostri registri. Mi aspetto che il mio prossimo stipendio venga pagato prontamente e nella sua interezza.
Saluti,
Dianne Margolis BA (hons), JP
Testo dell’allegato:
Io, Dianne Margolis BA (Hons), JP, sono vittima di negligenza da parte della direzione del  Oxford People’s Trust, e credo che i fatti riportati qui siano veri, secondo quanto mi è dato sapere.
Mi è stato conferito il ruolo di manager della divisione del Hilltop Centre il 17 agosto 2015, dopo la morte di Derek Chamber, il manager precedente. Avevo lavorato come volontaria sotto il signor Chambers per tre anni, per due dei quali lui era spesso assente a causa della sua malattia. Alla sua morte mi è stato offerto un periodo di prova per il ruolo manageriale dal signor C Clayton del OPT. Ho portato a termine periodo di prova e ho iniziato a gestire la sede ufficialmente dall’otto novembre 2015.
È diventato presto ben chiaro che anche se il signor C Clayton era il mio diretto superiore, nè lui, nè il dipartimento delle Risorse Umane mi avrebbero offerto supervisione nella gestione o alcun minimo supporto, e che qualsiasi richiesta di assistenza per trovare un nuovo volontario per il mio vecchio ruolo sarebbe stata ignorata.
Alla fine ho deciso di preparare personalmente, stampare e appendere volantini in formato A4 nei dintorni dell’Hilltop Centre nella speranza di attrarre volontari locali che già fossero familiari con la sede. (Prima mi sono accertata di avere il permesso dai custodi.)
È stato il 13 Novembre 2015 che ho ricevuto una richiesta d’impiego da un individuo che è entrato per fare domanda per la posizione. Comprendo che la mia incapacità di ricordare il suo nome o trovarlo tra i relativi documenti o email possa intaccare la credibilità del mio racconto, ma fatto sta che ha fatto domanda. Il colloquio del giovane non è stato eccezionale, in quanto non aveva alcuna esperienza nei lavori di beneficenza, non aveva una patente, né alcuna comprovata esperienza da commesso. Affermava, comunque, di conoscere l’Hilltop Centre meglio di chiunque altro, e dato che era l’unico candidato per il posto, ho deciso di dargli una chance.
Ha iniziato il suo periodo di prova di due settimane il 14 novembre 2015. Ho avvisato il signor C Clayton e le risorse umane dell’assunzione, e il signor C Clayton ha risposto che dovevo, “darmi una calmata,” e che era “tutto okay.” 
Il nuovo volontario ha avuto una serie di problemi durante il suo periodo di prova ed aveva difficoltà con l’inventario, il magazzino, l’uso della cassa, e le pulizie. Comunque, era puntuale, lavorava duramente, e aveva un’attitudine estremamente positiva. Addirittura aveva donato personalmente una pianta finta piuttosto grande in un vaso di ceramica vagamente inquietante, dalla forma di un volto umano che gridava.
Verso la fine del suo periodo di prova mi aveva detto che il lavoro gli stava piacendo, dato che era “tutto per una buona causa,”e che aveva un’amica che desiderava fare volontariato. Ero un po’ scettica su quanto una persona che frequentava questo giovane sarebbe stata d’aiuto, ma dato che il sito aveva ancora bisogno di almeno altri 5 membri del personale e che il signor C Clayton non rispondeva più ai miei messaggi, non avevo altra scelta se non farle un colloquio.
[Le leggere note in sottofondo crescono]
La giovane donna (anche il nome di lei al momento mi sfugge) ha iniziato il 26 novembre 2015 e aveva un simile livello di esperienza, bilanciato da un’etica lavorativa e un atteggiamento altrettanto entusiasti. Ho dovuto fare un richiamo informale a tutti e due per chiedergli di non ridere così tanto quando erano al piano principale, ma loro insistevano che “era tutto per una giusta causa,” e che al momento non c’erano clienti.
Anche la seconda volontaria ha fatto una donazione nella forma di un grande tappeto di pelle d’orso. Ho provato a contattare il Signor C Clayton per chiedergli della policy per gli oggetti di pelliccia vera, nello specifico per quelli di tali dimensioni, ma sono stata informata che era in un “sabbatico per lo sviluppo professionale” e quindi non raggiungibile. Ho deciso di metterla in magazzino sul retro, visto in particolare quanto erano affilate le zanne.
Tre giorni dopo l’inizio di questo secondo periodo di prova, mi ha detto che anche lei aveva degli amici che desideravano fare volontariato. Poiché tecnicamente ero ancora a corto di personale, ho acconsentito a incontrarli. A cose normali non avrei accettato così tanti nuovi arrivati tutti insieme, ma con il periodo di Natale alle porte e ancora senza una risposta dal Signor C Clayton, sentivo di prendere una decisione che era chiaramente nei limiti della mia autorità.
I due nuovi volontari hanno iniziato il 28 novembre 2015. Anche loro hanno fatto delle donazioni, un grande lampadario di vetro scuro e un enorme grammofono con una collezione di dischi che credo essere di canti gregoriani. Ero sorpresa che dei giovani donassero degli oggetti così esotici e gli ho spiegato che non era necessario, ma loro insistevano, affermando che era “tutto per una giusta causa.”
I volontari precedenti hanno iniziato a formare i nuovi arrivati mentre io aggiornavo i registri della sede, i documenti, e le altre carte che da allora sono andate perse. In quel periodo avevo tentato di inviare dei report mensili standardizzati ma il Sig. C Clayton non era rientrato dal suo periodo sabbatico, che avevo scoperto essere con paga completa alle Seychelles. Sono certa che ha avuto uno splendido soggiorno.
Il 30 novembre mi sono stati presentati altri 4 nuovi “volontari.” A quanto pare le mie istruzioni erano state fraintese e a tutti quanti era già stata offerta una posizione. Ho spiegato che questo andava contro le regolari direttive sull’assunzione dell’Oxford People’s Trust, ma ho deciso ciò nonostante di offrire loro un periodo di prova con l'obiettivo di coprire i turni dei volontari per il periodo di Natale.
Ho avvisato esplicitamente il giovane che avevo assunto per primo, comunque,  che non doveva far intendere che c’erano altri posti da volontari disponibili. Tutti e quattro hanno iniziato il giorno stesso e nonostante fossi stata molto chiara nel dire che non era necessario, anche loro avevano portato delle donazioni personali sotto forma di un cavallino a dondolo rozzamente intagliato, un orologio a pendolo che perdeva qualche genere di olio scuro, una raccolta dell’Enciclopedia Britannica pesantemente vandalizzata, e una vasta collezione di tele astratte, rispettivamente. Ho detto loro che non erano adatti alla vendita, ma le mie istruzioni di rimuoverli sono state ignorate. È stato a quel punto che ho iniziato ad avere la sensazione che stavo perdendo il controllo della situazione.
Il primo dicembre al mio arrivo ho scoperto che i nuovi impiegati avevano già aperto il negozio. Per essere chiari, non gli avevo fornito alcuna chiave e rimango incerta su come abbiano ottenuto una copia del mazzo. Intendevo affrontare immediatamente la questione ma inizialmente non mi è stato possibile trovarli dietro tutte le nuove donazioni che a quanto pare avevano accettato.
Nessuno degli oggetti era adatto alla vendita. Nello specifico, ricordo due voluminosi e sporchi abiti di crioline, una chaise longue con i cuscini imbottiti di qualche specie di sabbia ruvida, un avvoltoio impagliato, un’antica pressa per la stampa arrugginita, e una collezione di vecchia attrezzatura medica che sembrava essere stata utilizzata di recente. C’erano molti, molti altri oggetti, ma non ho avuto modo di fare un inventario completo poiché il pavimento del negozio ne era pieno.
Con molta fatica ho trovato il giovane che avevo assunto per primo nei pressi del retro del negozio, che rideva con un gran numero di giovani, inclusi i volontari precedenti e molti altri che non riconoscevo. Gli ho detto che i ritrovi sociali non erano permessi durante l’orario lavorativo, ma lui ha insistito che erano tutti volontari, e quando ho provato a intimare a tutti di andarsene dalla proprietà, loro si sono messi a ridere e continuavano a portare dentro altri oggetti.
Era chiaro ormai che la situazione richiedeva l’intervento dall’ufficio principale e quindi ho iniziato a farmi strada a spintoni verso il telefono. Ma mentre andavo ho visto che altre persone entravano nel negozio con delle donazioni: una specie di aquilone di pelle, un telescopio di ottone curvato in modo strano, una carriola piena di fossili che cambiavano, una manciata di spade, metri di corda… e stavano tutti ridendo e si dicevano l’un l’altro, “È tutto per una giusta causa!”
[La musica si fa più veloce, più affannata]
Con l’arrivo di sempre più persone, che si spingevano nel negozio, lo scaffale centrale è stato ribaltato e gli oggetti venivano schiacciati sotto i piedi. Una vasca di latta riempita di cibo ammuffito, una pila di vecchi apparecchi dentali,  una coppia di fagiani semi-macellati, vasi di quelle che sembravano essere mani sotto spirito; non riuscivo a vedere più le uscite e ancora altri volontari continuavano a entrare spingendo.
La pressione è diventata insopportabile ed ero bloccata da ogni lato, le mie spalle schiacciate contro una vecchissima tuta da immersione piena di segatura, con il collo piegato sotto un cestino da picnic rotto mentre della porcellana macchiata di sangue mi bucava i piedi. Non c’era nemmeno più abbastanza spazio per cadere ormai.
Ho provato a urlare, ma sono riuscita a produrre solo un rantolo mentre iniziavo a perdere i sensi. I miei arti erano contorti e tagliati da bordi che non potevo vedre, la bocca piena del sapore di rame di monente imperiali che mi piovevano addosso da un barattolo più in alto.
Fu allora che sono iniziati gli spari.
I volontari non hanno smesso di ridere, ma potevo sentire il rumore mortale degli impatti, e non potevo vedere le macchie di sangue attraverso quei pochi spazi che c’erano tra gli oggetti attorno a me. Di nuovo e di nuovo, c’era un rapido bum-bum-bum, e poi le voci ridenti sono state soffocate dal crescente scoppiettio delle fiamme.
Senza preavviso, la pressione è diminuita e sono caduta in un piccolo vuoto dietro una libreria ribaltata. C’era un sentiero davanti a me, dentellato con frammenti di legno e vetro che si spostavano costantemente con la pressione della folla. Mi sono trascinata in avanti verso i detriti rotti, rimanendo impigliata qualche volta, ma mi sono spinta avanti finché non sono ruzzolata fuori dall’uscita di emergenza - e giù sul marciapiede.
Disorientata, ho provato ad alzarmi in piedi, solo per essere spinta a terra da un uomo robusto vesti di nero, che mi ha chiesto di identificarmi, mentre mi pigiava un’arma da fuoco contro la nuca.
Ho urlato. Poi mi sono messa a piangere, grandi, profondi singhiozzi di paura con le costole rotte. Questo in qualche modo è sembrato soddisfarlo, e mi ha caricato su una spalla ed è uscito dall’Hilltop Centre, mentre il negozio di beneficienza bruciava dietro di noi. Giuro che ancora li sentivo ridere, sopra i colpi di mitragliatrice e il ruggito delle fiamme fuori controllo…
Mi è stato detto molto chiaramente che non devo rivelare il nome dell’agenzia di sicurezza che ha preso questa misura, quindi non lo farò. Né sono a conoscenza di quale individuo o organizzazione li ha assoldati, tranne che da quel che mi è dato sapere, sono certa che non lavoravano per l’Oxford People’s Trust.
Hanno anche detto in termini molto chiari che l’incendio deve essere trattato come un incidente, senza ulteriori indagini da parte dell’OPT. Se desiderate discutere ulteriormente di questo argomento con loro, posso fornirvi i contatti, ma lo sconsiglio vivamente.
A meno che non mandiate il Signor C Clayton, ovviamente. Credo davvero che si meriti di ricevere una “spiegazione completa” da loro.
Non contattatemi di nuovo, a meno che non sia per discutere di ulteriori risarcimenti.
[La registrazione si interrompe con un click]
[Torniamo all'ufficio dell’O.I.A.R.]
[Celia sospira poi ridacchia tra sé e sé]
[Alcie se ne accorge]
ALICE
Tutto bene?
CELIA
No, sì, sto bene, è solo… la voce mi ha presa.
ALICE
Chi, Chester? Non è poi così male. Meglio di Norris, quel piccolo rospo piagnucolone.
CELIA
Cosa scusa?
ALICE
Ci sono tre voci.
CELIA
E quelli sono i loro nomi?
ALICE
Beeeeeh… almeno, è così che li chiamo io.
CELIA
Chester, Norris e…
ALICE
Augustus.
CELIA
(lentamente) okay.
[Una pausa]
ALICE
Senti, se devi uscire un attimo per una boccata d’aria -
CELIA
No, sto bene davvero. Sai di chi è la voce di questo “Chester”?
ALICE
Uh, no. Perché? Sei a caccia di autografi?
[Celia ridacchia]
CELIA
È solo che per un attimo ho pensato di riconoscerla…
ALICE
Cioè, il sistema è stato costruito negli anni ‘90 - forse hanno chiamato, tipo, qualcuno della radio per farlo e tu l’hai sentito da piccola? 
CELIA
…Forse.
Non importa. Sono certa che non è nessuno di rilevante.
[Numerosi bip, la qualità dell’audio è cambiata, è più metallica: sta registrando un telefono]
[Sam bussa a una porta di metallo]
[Qualcuno sta digitando furiosamente dall’altra parte della porta]
SAM
(esitante) Ciao?
[Un’imprecazione ovattata dall’altro lato della porta]
[La porta si apre di scatto]
COLIN
Cosa?
(lamentandosi) Oh, sei tu.
SAM
Sì, ciao.
COLIN
(tono piatto) Che vuoi?
SAM
Scusa, non volevo interromperti o -
(nota l’espressione di Colin) In ogni caso, sì, mi stavo chiedendo se sai chi è “John”?
COLIN
John chi?
SAM
(ridacchia) Bella domanda.
COLIN
(stanco) Cosa?
SAM
Em, ho ricevuto questa strana email da “John” con un nome a caso e un indirizzo, e sembra una email interna, quindi…
COLIN
Qui non c’è nessuno di nome John.
SAM
Oh. Okay.
(inspira) Ne sei sicuro?
COLIN
Sì.
[Una pausa.]
SAM
Beh, c’è qualcun altro a cui posso chiedere, o…
COLIN
Senti, amico. Se ti agiti così per una email bizzarra, darai di matto quando vedrai la roba seria.
SAM
Quale… roba seria?
COLIN
Oh, vedrai.
SAM
È per quello che hai coperto la tua webcam-?
COLIN
Hai finito?
SAM
(fruscio di vestiti, tira fuori il cellulare) Beh senti, se vedi qualcosa da questo indirizzo email -
COLIN
Hey! Mettilo via! Non hai letto il cartello?
SAM
Sì, “Niente dispositivi elettronici esterni,” ma –
COLIN
(Si arrabbia) Ma hai pensato che non valeva per te.
SAM
È solo un telefono, non pensavo -
COLIN
No, non hai pensato! Tra tutti i senza cervello, idioti, stupidi -
SAM
Va-Va bene, senti, io… io vado.
COLIN
Dammelo!
[Colluttazione]
SAM
Stammi lontano!
COLIN
Ha già registrato troppo -
[Il telefono cade a terra]
[La registrazione è interrotta]
[Un’altra registrazione: stiamo ascoltando dal telefono di un ufficio]
[Lena sta parlando al telefono]
LENA
– Certamente, ma posso assicurarle che davvero, non c’è bisogno che…
[La porta si apre, Lena se ne accorge]
LENA
…si preoccupi. Adesso mi devo scusare, ma è successo qualcosa, quindi devo andare. Le manderò tutto appena posso. La prego di scusarmi.
[Lena posa il telefono]
[La linea cade con un click]
[Continuiamo ad ascoltare:]
LENA
Dovresti bussare prima di entrare.
GWEN
(Sprezzante) Lo so.
LENA
Allora ritengo che ci sia qualche emergenza che giustifica l’interruzione?
GWEN
Pensavo che questo lo volessi vedere.
LENA
Che cos’è?
GWEN
È piuttosto divertente, a dire il vero.
[Qualcosa viene appoggiato delicatamente sulla scrivania]
LENA
(pronta a un litigio) Gwen, cosa, di preciso, stai -
GWEN
(minacciosa) Fidati.
[Una pausa]
[Lena prende il telefono di Gwen e riproduce il video:]
KLAUS
(video, supplicando) Ti prego. Ti prego, non devi farlo!
LENA PIÙ GIOVANE
(video) Sappiamo entrambi che devo.
KLAUS
Io… potrei sparire di nuovo! Non lo verrebbero mai a sapere!
LENA PIÙ GIOVANE
Mi dispiace, Klaus.
[Una pausa]
KLAUS
(minaccioso) Beh, anche a me.
[Rumori di una colluttazione; Lena urla sorpresa]
LENA PIÙ GIOVANE
Klaus!
[Un colpo, passi di corsa]
[Uno sparo]
[Klaus scappa]
LENA PIÙ GIOVANE
Klaus! Merda…
[Lena interrompe il video con un bip.]
LENA
Sei consapevole che la maggior parte delle persone riterrebbero affrontarmi in questo modo un’idea piuttosto stupida?
GWEN
Ma è per questo che è divertente, no? Perché non solo ho un video di te che cerchi di assassinare qualcuno - (a malapena trattiene una risata) ancora meglio, ho diverse copie di teche fallisci nel tentativo.
LENA
E questo sarebbe meglio perché…
GWEN
Perché sospetto che l’unica cosa peggiore che essere condannata per tentato omicidio sia essere punita dalle persone che lo hanno commissionato.
LENA
…E tu pensi che non lo sappiano già?
GWEN
Stando alla mia fonte, credono che quest’uomo sia decisamente morto.
LENA
Fonte. Al singolare. Interessante.
E chi credi che siano i miei “padroni” in questo scenario?
GWEN
Chiunque siano, sospetto che abbiano il potere di ricompensarmi per averli avvertiti della tua… incompetenza. Forse con il tuo posto.
[Una pausa]
[Lena fa un respiro profondo]
LENA
Sei ambiziosa, Gwen, te lo concedo, ma non hai molta immaginazione. Stai ricattando me, personalmente, corretto? Per cosa? Non sono una donna facoltosa, di sicuro non se paragonata alla tua famiglia. Che cos'è che vuoi?
GWEN
Voglio essere coinvolta.
LENA
…Davvero?
Vorrei sapere come hai ottenuto questa informazione -
GWEN
Peccato.
[Lena radicchia]
GWEN
(sorpresa) Cosa?
LENA
È solo che è inaspettato! Forse per questo lavoro hai più fegato di quanto non pensassi. Ed è da un po’ di tempo ormai che mi serve qualcuno che si faccia avanti per il lavoro vero.
GWEN
Che intendi, di preciso?
LENA
Se vuoi delle risposte e dell’autorità, avrai la possibilità di guadagnartele. Ti sto nominando nuova “Collegamento Esterno.”
GWEN
Una… promozione?
LENA
Una specie. Spero che tu sia pronta quanto pensi. Considerati "coinvolta".
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio successivo]
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sciatu · 2 years
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Otto templi vi sono in quel di Agrigento, ognuno nell’antichità dedicato ad un dio potente e generoso. Io li visito chiedendo il perché, i segreti e la magia di quanto chiamano amore (da un idea di @aphroditeurania22).
Υπάρχουν οκτώ ναοί στον Ακράγα, ο καθένας στην αρχαιότητα αφιερωμένος σε έναν ισχυρό και γενναιόδωρο θεό. Τους επισκέπτομαι ρωτώντας γιατί, τα μυστικά και τη μαγεία αυτού που λένε αγάπη (από μια ιδέα της @ Aphroditeurania22).
TEMPIO DI GIOVE - OLYMPIEION - Tra tutti quelli a cui questi templi sono dedicati, il tuo è il più possente, degno del padre della forza, del sacerdote della giustizia, unico signore della bellezza. Tra tutti gli dei la tua parola è l’ultima e scrive la legge, la norma a cui noi umani e gli immortali tuoi figli, dobbiamo solo obbedienza. Tra tutti i tuoi poteri, quello che ti definisce e ti rende invincibile, il potere con cui domini uomini e natura è il vivere al di là del tempo. Eppure, per noi uomini, blasfemi e corrosi dai difetti dell’ego e dalla provvisorietà della carne, vi è un Dio che della sua fragilità del suo mutare con il tempo e nel tempo morire e rinascere, cambiare e restare immutato, indebolirsi e rafforzarsi, di questa sua tangibile limitata esistenza, ha fatto il suo potere più grande. Un Dio che, più veloce della tua saetta, può rubarci i suoi doni da un attimo con l’altro, rendendoci folli a ragione di un tradimento e spingerci noi stessi a tradire senza remore e vergogna. Un Dio che ci dona una felicità grande per quanto è grande il mare, o che può renderci aridi ed arsi di vita come un fiume asciugato e imbiancato dal sole d’agosto. Un dio per cui rinunciamo a noi stessi, rinneghiamo il nostro egoismo e doniamo tutto quello che è in nostro potere pur di far vivere e crescere il suo dono all’infinito. È questo Dio che ci rende dei e schiavi, questo Dio che gli uomini chiamano amore,  che ora è piacere della carne, ed ora è un legame sottile e forte come i fili di seta, fatto di sguardi, di carezze ed attenzioni, che trasformano passioni e carnalità in un legame intenso, immenso, invisibile, fragilissimo ed eterno anche se l’eternità non è dell’amore, ma l’amore rende ogni attimo eterno, ogni assenza una voragine infinita, ogni abbraccio un innesto di fiore su fiore a dare una nuova vita, a donare quei colori e profumi che i due fiori da soli non potrebbero mai avere. Tutto questo è quanto proviamo di questo nostro essere che è fragile e delicato, che vive come alcune farfalle un solo giorno o mille infinite estati e benché siamo mortali e senza alcun potere, la bellezza dell’amore cancella ogni invidia della tua divinità, ci fa trascurare l’eternità ed ogni altro paradiso, parchè è l’unica luce che illumina le tenebre dell’anima, l’unica debole fiamma che riscalda la gelida provvisorietà della nostra carne. La fortezza sempre assediata dalle nostre debolezze e dalla seduzione del piacere, dall’arroganza del nostro ego e le cui mura sono salde quanto la forza con cui ci doniamo a chi amiamo. Così come la tua immortalità ti rende padrone di ogni dio, questa immensa fragilità, ci rende dei e provvisori perché ci dona il loro potere sovrumano, ci santifica in ogni dolore che proviamo, giustifica i silenzi della vita che non può contenere o sapere, la gioia che proviamo. È questa fragilità, l’unica forza che abbiamo, l’unica ambrosia con cui ci nutriamo, la delicata, labile, provvisoria eternità che ci permette di vivere di giorno e di accettare le notti e l’assoluto nulla di cui sono gentili messaggere.
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goodbearblind · 2 years
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"Il mio vicino di casa è robusto.
E’ un ippocastano di Corso Re Umberto.
Ha la mia età, ma non la dimostra.
Alberga passeri e merli, e non ha vergogna,
in aprile, di spingere gemme e fogle.
Fiori fragili a maggio,
a settembre ricci dalle spine innocue
con dentro lucide castagne tanniche.
E’ un impostore, ma ingenuo: vuol farsi credere
emulo del suo bravo fratello di montagna
signore di frutti dolci e di funghi preziosi.
Non vive bene. Gli calpestano le radici
i tram numero otto e diciannove,
ogni cinque minuti, ne rimane intronato.
E cresce storto, come se volesse andarsene.
Anno per anno succhia lenti veleni
dal sottosuolo saturo di metano
E’ abbeverato d’orina di cani.
Le rughe del suo sughero sono intasate
dalla polvere settica dei viali.
Sotto la scorza pendono crisalidi
morte che non diverranno mai farfalle.
Eppure nel suo torbido cuore di legno
sente e gode il tornare delle stagioni."
(Primo Levi, Cuore di legno)
#primolevi
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corrierino · 1 year
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Il signor Bonaventura col retino sulle spalle esce a caccia di farfalle Sergio Tofano Tratto dal Corriere dei Piccoli nº 19 del 10 maggio 1959. Oggi sul blog.
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adamfall · 4 months
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Mi voltai e incrociai lo sguardo spaesato di un signore, che mi fece cenno di avvicinarmi. Aprii le labbra per domandargli spiegazioni, ma lui mi bloccò, inondandomi con un fiume di parole: "Lei è la mia amica, vengo qui a trovarla ogni giorno, da anni ormai. Sai, una volta era una fanciulla allegra e felice, che scherzava, correva e giocava come è normale a quell'età, ma poi scelse di trasformarsi in un busto, e da allora non l'ho mai più vista ridere. Non lo decise tutto insieme, lo sapeva sin da bambina. La sua mamma e il suo papà piangevano, le dicevano che avrebbe sofferto e che c'erano tante altre cose belle che poteva fare. Sognavano una figlia ballerina, farfalla o rondinella. Ma lei no, preferiva diventare un busto. Quella sera si rintanò sotto le coperte, spense la luce e smise per sempre di parlare. I busti non parlano, ripeteva, e lei non aveva alcuna intenzione di sembrare diversa dagli altri, di venire additata come quella stramba o accusata di voler primeggiare. Al contrario, si accontentava di essere un busto qualunque, esposto in una qualunque galleria d'arte, o addirittura negli scantinati. Ero rimasto soltanto io, a farle visita. Mi sedevo accanto al suo letto e, mentre i suoi genitori si disperavano e lei si pietrificava, le offrivo la mia compagnia. I primi tempi faticavo a tenere a freno la lingua e mi sfuggiva sempre qualche domanda, anche se imparai in fretta a starmene zitto. Quel volto fisso, lucido, era un monito sufficiente. I busti non parlano. Pian piano la pelle della mia amica si fece bianca e le labbra, ancora rossicce come sangue sulla neve, risplendevano dell'ultimo barlume di vita che si condensava in quei lembi di carne. Finché si fecero bianche pure quelle. Non sbavava più, non pativa più né fame, né sete, il suo naso non colava più. La portarono al museo e la misero in una stanza con la tappezzeria verde fino a metà del muro, ricamata con intrecci di fili che formavano fiori strani, molto meno belli di quelli veri.
Perché bisogna inventare fiori nuovi, artificiali, se quelli veri sono più belli?
La piazzarono in mezzo a questi due quadri, uno con un viale di alberi e una panchina, l'altro con un lampione pieno di farfalle marroni. Il guardiano mi disse che nel momento in cui avevano appeso quello con il lampione, il processo non si era concluso e il ragazzo non era ancora diventato quadro, anche se andava in giro a raccontare a tutti che era riuscito a creare un lampione così come l'aveva sempre desiderato. Lui però non era forte come la mia amica, che non ebbe mai il minimo tentennamento. Lui, proprio all'ultimo istante, quando la trasmutazione stava giungendo a termine, ci aveva ripensato e la voglia di tornare indietro aveva attraversato la sua mente. All'ultimo istante, quando ormai non ci si poteva fare più niente! E proprio per quel maledetto pensiero il lampione si era riempito di orrende farfalle marroni, più brutte di quelle vere. Lui aveva cercato disperatamente di scacciarle e invece erano rimaste là, incastonate nel tempo. E adesso se ne sta appeso, con tutti che passano, e dicono:
Ma che brutte farfalle, a che pensava?
Lei invece è perfetta, una statua perfetta. Aveva detto di voler diventare un busto, perché così non avrebbe avuto finte gambe per finte speranze. Il primo giorno sono andato a vederla, fiero come non mai. Lei è la mia amica, dicevo ai passanti, con l'ugola come una tromba". L'uomo si asciugò una lacrima con la manica del maglione, poi proseguì: "E la contemplavo: il nasino alla francese, le orecchie splendidamente proporzionate, la pelle liscia. Sulla fronte, però, notai una linea sottile, appena appena percettibile. Se aguzzi la vista, si nota anche adesso. Sarà una venatura del marmo? O forse ci saranno andati a sbattere mentre la trasportavano? E se invece ci avesse ripensato anche lei, all'ultimo istante, e quella rughetta sulla fronte rappresentasse l'ultimo no della sua vita? Se si è pietrificata con la ruga, adesso la ruga la corrode dentro e scava e penetra a ogni minuto che passa, mentre lei guarda tutta quella gente, immobile, e non può chiedere aiuto. E se qualcuno la tocca, la scheggia, la graffia? Mi capisci, vero?… Come potrei abbandonarla, come potrei lasciarla qui da sola? In vent'anni non sono mai mancato al nostro appuntamento, perché ho giurato di starle vicino fino al giorno in cui smetterò di respirare. E quando quel giorno arriverà, farò in modo che lei venga distrutta. Moriremo insieme, come insieme abbiamo trascorso la maggior parte delle nostre esistenze in questo museo". 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
Quanti anni ci vogliono perché le gambe ti si logorino e ti ritrovi come un busto romano, forte e bello sopra e monco sotto? E ti sforzi di assumere un’aria fiera, riuscendoci anche, per farti ammirare dagli altri, che ti passano intorno attoniti e poi vanno via. E quando sono alle tue spalle non sai cosa dicono, come si muovono, come respirano, se ridono o sono seri. E anche quando ti stanno di fianco, i tuoi occhi di marmo non riescono a girarsi. Ne puoi intravedere solo l’ombra ed è peggio, perché loro guardano te e tu ti accorgi di loro ma non li vedi.  Maledetti gli occhi, maledetti. - tratto da "La bambina che ringhia", il mio romanzo d'esordio in uscita tra pochi giorni. Un horror psicologico un po' disturbante, ma anche una storia d'amore, di simbiosi...e un gioco, una presa in giro. Nient'altro che un gioco. 🦋🦋🦋🦋🦋🦋
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Saurona: ecco la nuova farfalla il cui nome è ispirato al cattivo de Il Signore degli Anelli
Si chiamano Saurona triangula e Saurona aurigera le prime due farfalle appartenenti a un nuovo gruppo che gli scienziati hanno identificato con il nome dell’Oscuro Signore dei romanzi di JRR Tolkien. A sceglierlo la dottoressa Blanca Heurtas, curatrice della collezione delle farfalle del Museo di Storia Naturale di Londra. Huertas fa parte del team internazionale di 30 scienziati che ha studiato…
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gatto19 · 1 year
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karenlojelo · 1 year
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Margherita si passava le dita sul cuore per sentire se le faceva male e con gli occhi spalancati e le pupille dilatate cercava nel buio del locale di vedere se lui era arrivato; pensava ai segni che portava addosso di quel passato che ora pareva così lontano. Non faceva più male, era come una vecchia frattura che la senti solo quando cambia il tempo o tira troppo vento e quei giorni lei, di vento, ne aveva sentito abbastanza; così si era stretta nella giacca camminando per la strada, per tenerlo fuori, ma gli era entrato già dentro prima che avesse potuto dire: ‘aspetta un momento’. Aveva pensato anche, a un certo punto, che era meglio non provare più niente. Quella pace, quella padronanza di sé, quel restare indifferenti e godersi la giornata senza aspettare nessuna telefonata, senza il batticuore nel prepararsi per uscire, senza sentire le farfalle nello stomaco prima di ogni appuntamento. Non era poi così male. E quando lui era apparso all’improvviso, come certi autobus che non passano mai, lei aveva provato di nuovo quella strana sensazione di non riuscire più a respirare e aveva avuto paura. Le era passata per la mente quella frase di Nabokov: Lasciatemi essere romantico, signori e signore della giuria. Sono stanco di essere cinico. Lui le faceva quell’effetto e lei quasi non poteva sopportare di perdersi nei suoi occhi. I ragazzi sul palco continuavano a suonare quella canzone e lei immaginava di vederlo arrivare mille volte quando lui all’improvviso prendendole il viso tra le mani le disse 'eccoti'. ‘Ti ho aspettato tanto’, rispose lei a mezza voce. Lo so sussurrò lui baciandole la fronte. Margherita guardò il ragazzo con la chitarra che, come se le avesse letto nel pensiero, ricominciò a suonare una canzone che diceva: ‘ti ho amato per sempre e ti ho avuto per due ore...’ #karenlojelo #margheritalamoreuccidelentamente #libro #racconti #citazioni #kindleunlimited #indie #amore #love #libridaleggere #libriconsigliati #leggere #kindle #letteratura #paura #librichepassione (presso Every Where) https://www.instagram.com/p/CnoGuvXIPFV/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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rei-the-head-shaker · 3 years
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"<<Il suo dipinto preferito, signorina Delacour?>>
Il Signor Monociglio la prese alla sprovvista.
<<Mi scusi?>>
<<Ha detto di aver studiato storia dell'arte.>>
<<OH. Sì... ehm.>>
Ci pensò qualche secondo per poi rispondere sicura.
<<Garden Path, di Richard S. Johnson, un pittore contemporaneo. Non lo conosce quasi nessuno, è un gran peccato.>>
Sorrise cauta e lui ricambiò, stringendo gli occhi scuri in un'espressione gentile."
_"I nostri giorni alla casa delle farfalle" di Shanti Winiger
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ca-la-bi-yau · 4 years
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È inutile, di dormire non c'è verso. È un mese... Ma sono io che decido, sono io a non voler dormire, lo confesso. Una volta, tanti anni fa, avevo così paura di dormire, paura di affrontare i miei incubi, i miei demoni, l'oscurità. Ora è cambiato tutto, vero? Ma mi ritrovo sempre qui a non dormire. Sempre qui...
Ho infranto l'ennesima promessa, stanotte. Non sono mai stato in grado di mantenere le promesse, lo so. È dura ammettere di essere normali, di essere umani, di essere incoerenti... E bugiardi. Ho infranto un'altra promessa, tanto ormai non le conto più. Vi ho delusi una volta di più.
Non dormo, sento il sangue, sì, il sangue che pulsa e vorrei strapparmi le viscere, sì, sventrarmi e strapparmi le viscere e vederle marcire fra le mie mani e allora potrò metterle sul piatto e dirvi ecco, ecco, questo è quello che sono veramente. Questo è quello che sono, questo è quello che ho dentro, niente farfalle nello stomaco, niente coltelli nella schiena, solo marcio, solo degenerazione, solo sangue, bile e veleno. Non lasciare che la mia mano ti prenda. Una volta che tutte e cinque le dita si stringeranno intorno al tuo collo... È un attimo, un attimo solo. Degenerazione... Tutti ciò che tocco degenera, si secca e marcisce.
Sento il sangue sì, sento le viscere pulsare, tremo e mi vergogno, mi vergogno a morte. Sono solo un parassita... Prendo senza chiedere ma non mi dispenso dal dare. Ma cosa ho da dare? Veleno, sangue, bile, morte. Un parassita, tremendo, prosciuga sangue, prosciuga vita... Eppure noi parassiti siamo esseri così fragili, ammassi di cellule incapaci di vivere da soli, incapaci di provvedere al proprio sostentamento... incapaci di dare altro che non sia veleno, veleno, veleno e morte. Così terribili e così fragili.
Tremo, mi guardo e continuo a vergognarmi. Se c'è un'emozione che mi accompagna da tutta la vita è la vergogna. Sarebbe più poetico parlare di tristezza, malinconia... No, la mia migliore amica è la signora Vergogna, lei, l'unica che non mi ha mai abbandonato, in tutti questi anni, senza esitazione mi è rimasta accanto. Vergogna... Vergogna e Solitudine, già, mie care signore, mie care ancelle, mie care... Avete sempre avuto un rapporto burrascoso, non è così? Quante volte, Vergogna, mi hai spinto verso la Solitudine, mi hai spinto lontano dagli altri, lontano da tutti, chiuso, come uno scricciolo nascosto dentro un enorme vaso verde? E tu Solitudine, quante volte mi hai colpito così forte, sbalzato così lontano, quante volte mi hai costretto a tornare davanti a tutti, con Vergogna al mio fianco?
Che monologo stupido e senza senso. Mi stringo un po' di più sotto le coperte. Stanotte mi sento un po' più solo e domattima mi vergogneró un po' di più.
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olstansoul · 3 years
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Sacrifice, Chapter 23
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
"Ma davvero? Sto vedendo anche io quello che vedi tu?"chiese Natasha ma Wanda non ancora ebbe il coraggio di rispondere.
Aveva quel foglio in mano da quasi dieci minuti e non smetteva di guardare quella A cerchiata e scritta col pennarello rosso indelebile.
"Ti rendi conto? È davvero da tanto tempo che col signor Barton non arrivavo a questi risultati!"disse Natasha.
"Credo che abbiate fatto veramente un buon lavoro! Ecco perché quel risultato"disse il signor Barton rispondendo all'affermazione di Natasha e appena sentirono la sua voce entrambe alzarono la testa.
"Tutto merito suo"disse Natasha abbracciando Wanda di sorpresa.
"Non posso darlo per scontato signorina Romanoff ma la sua esposizione è stata davvero dettagliata"
Le sue guance si dipinsero di rosso e subito dopo il signor Barton se ne andò, non prima di rivolgere un sorriso leggero a Wanda.
"Non puoi capire quanto sono felice"disse Natasha e senza che Wanda se ne accorgesse l'abbracciò di sopresa per la seconda volta nell'arco di pochi minuti, ma stavolta erano fuori dalla classe del signor Barton.
Wanda rimase alquanto sorpresa ma appena sentì le braccia della bionda attorno a sé sorrise. Si sentiva veramente bene, certo quello che aveva non se ne era ancora andato ma credeva che con Natasha, Steve e Sam si sentisse meglio. E anche con James, anche se con lui era abbastanza diverso. Considerando che oltre ai semplici sorrisi e alle risate sguaiate che aveva con lui, si aggiungeva il fatto che aveva un batticuore che forse non avrebbe mai smesso di avere. Una tachicardia infinita, insomma.
"Oh, anche io sono felice!"disse lei rispondendo nell'abbraccio.
"Scusa, mi sono lasciata un po' andare..."
"Va tutto bene, Nat sta tranquilla"disse Wanda rivolgendole un sorriso.
"Vedo che qui ci sono parecchi festeggiamenti"disse una voce alle spalle di Natasha, era Steve che man mano si avvicinava insieme agli altri due.
"Ciao Steve!"disse lei diventando da un momento all'altro un po' nervosa.
"Ciao anche a te Nat...Wanda"disse lui alzando la mano verso la castana che ricambiò il gesto.
"Allora? Come mai tutta questa felicità?"chiese lui ma vedendo che Natasha non gli rispose Wanda prese le redini della situazione in mano.
"Beh, Nat è davvero felice perché era davvero tanto tempo che non aveva una A da parte del signor Barton. E ha detto che è tutto merito mio!"
"Si...si, è andata proprio cosi!"
"Beh, sono felice per te!"
Quando Steve smise di parlare, il silenzio si impossessò di entrambi. Ma anche se non c'erano parole o gesti, vedeva che fra loro due c'era qualcosa di più forte che le parole non avrebbero potuto esprimere. Wanda era quella che li guardava da fuori con occhi non troppo sognanti, ma vedeva che entrambi erano felici e sorrise un po' prima che arrivavano anche gli altri due a rovinare quel momento.
"È un programma di quelli che incontri l'anima gemella?"chiese Sam appena arrivato e Wanda scoppiò a ridere.
"Ma dai...non rovinare la scena!"disse lei riprendendosi dopo un po'.
"Oh no, sei arrivata troppo tardi! Sam deve sempre rovinare la scena!"disse James.
"Chiedo scusa! Non conosco le mosse di Wilson"
"No, non più Wilson. Falcon, chiamalo così la prossima volta"lo schernì James.
"No, non puoi ridicolizzare il mio cognome così..."
"Falcon?"chiese lei ridendo.
"Wanda, non ti ci mettere anche tu..."
"Ma volevo solo sapere che cosa significasse! Sai che io sono buona e non ti prenderei mai in giro..."
"Si, lo sappiamo! Ma facciamo che ti spiego perché si chiama così mentre torniamo a casa? Magari potresti cambiare idea e inizierai a chiamarlo così anche tu..."le propose James.
"Non ascoltarlo!"
"Troppo tardi, ha già iniziato"
James prese per le spalle Wanda e la fece girare verso la direzione opposta e insieme, come ormai facevano da un bel po' di tempo, se ne tornarono a casa mentre prendevano in giro Sam. O almeno era quello che faceva James, Wanda provava a non ridere.
"Ci vediamo stasera, no?"
"Stasera? Cosa c'è stasera?"
"Nulla di eclatante tranquilla..."disse lui avvicinandosi e poggiandole le mani sulle spalle.
"...andremo a casa di Sam, ci vediamo un film e poi non so..."
"Mi piacciono i vostri fine settimana alternativi, sembrano davvero divertenti"
"Si, perché ci sono io, c'è Nat, c'è Steve e c'è anche Falcon!"disse lui iniziando ad improvvisare un balletto sul marciapiede.
"La smetti di prenderlo in giro? Dopo se la prenderà anche con me...e poi quello che che credi che sia ballo, io lo boccerei direttamente"
"Osi contraddire le mie doti da ballerino provetto?"
"No, no ma se fosse qualcuno che ne saprebbe più di me sulla danza sicuramente ti contraddirà"
"Okay, okay la smetto...continuerò a prendere in giro Sam, senza balletto"disse lui e lei per l'ennesima volta scoppiò a ridere.
E ancora una volta per James il mondo sembrava essersi fermato. Avrebbe fatto di tutto per poter vedere il suo sorriso giorno e notte, non l'avrebbe ancora detto ad alta voce ma sapeva che nel profondo del suo cuore era così.
"Passo a prenderti io, va bene?"disse lui e lei annuì.
Una volta che entrò in casa, rimase in camera sua tutto il tempo cercando di non pensare al fatto che avrebbe visto James per la seconda volta in una sola giornata. Ed era la prima volta che si poneva questo problema, anche se di un vero e proprio problema non si trattava. Insomma, quando si incontravano nel pomeriggio per le ripetizioni non aveva quest'ansia ingiustificata addosso.
Non aveva centinaia e centinaia di farfalle nello stomaco e pensandoci ora, sapeva bene il perché di tutto questo. Il perché era James stesso.
"Mi stai rubando testa e cuore, ma io ti fermerò prima del previsto..."disse lei riferendosi a lui che in questo momento non c'era.
Si alzò dal letto e si diresse verso il suo armadio. Stette per cinque minuti a guardare i suoi abiti, sia quelli appesi che quelli piegati poi fece un respiro profondo iniziando a cercare qualcosa da mettere. Non aveva voglia di dover chiamare sua madre, sicuramente l'avrebbe intrattenuta ancora di più e lei non voleva. Ma nonostante l'assenza di sua madre, che qualche volta si improvvisava stilista, riuscì a trovare qualcosa di abbastanza decente per la sera stessa.
Prese un jeans ed un maglioncino bianco e nero, avrebbe indossato i suoi anfibi di pelle neri abbinati al giubbotto anch'esso nero di pelle e, per finire,il suo girocollo bordeaux.
Mise tutto quanto sul suo letto e andò in bagno facendosi la doccia, si vestì e poi si guardò allo specchio con un'espressione alquanto confusa.
"Okay, è arrivato il momento di usare quella roba..."disse riferendosi al piccolo cofanetto che aveva sulla scrivania.
In esso c'era qualsiasi roba che sarebbe servita per una make up artist, cosa che lei non era, ma soprattutto che non avrebbe mai usato fino a questo momento. Iniziò con un po' di fondotinta che applicò un po' ovunque, poi prese un ombretto e lo stese sulle palpebre, ora però iniziava la parte peggiore ovvero il mascara.
"Beh, per essere la prima volta che mi trucco non è andata male, dai..."
Posò il cofanetto da dove l'aveva preso e andò in bagno a lavarsi le mani, in quello stesso istante la porta di camera sua si aprì e sua madre entrò dentro.
"È appena passato un uragano da queste parti?"
"Si, scusa metterò a posto..."disse lei finendo di asciugarsi le mani e uscendo dal suo bagno.
"Dove vai? Ti vedo preparata..."
"A casa di Sam, hanno detto che ci vedremo un film, poi non so..."
"Oh, okay...andrai da sola?"
"Non so dove abita Sam, mi verrà a prendere..."
E in quello stesso istante la porta di casa suonò.
"James"
Restò per alcuni minuti ferma, pensando al fatto che questa sarebbe stata la prima volta che sua madre avrebbe visto James e chissà come sarebbe andata.
"Vado ad aprire la porta..."disse sua madre ma a quanto pare al piano di sotto non avevano voglia di aspettare molto tempo.
Infatti la porta di casa non fu aperta né dalla signora Maximoff tantomeno da Wanda ma da Clint che fu sorpreso ancor di più di James.
"Signor Barton?"
"James..."
I due rimasero a guardarsi, entrambi con un'espressione alquanto confusa sui loro visi.
"Clint, chi è la porta?"
"Oh, ehm...è James, il ragazzo con cui Wanda fa ripetizioni"
"Che piacere! Sono Magda"
"È un vero piacere conoscerla signora Maximoff"
"Ti prego, signora no. Preferisco il mio nome, anche se Wanda ha ragione, davvero un ragazzo a posto...lei non smette di parlare di te"disse lei un po' sottovoce.
"E tu non la smetti di spifferare tutto quanto"disse la sottoscritta da sopra le scale.
La sua voce fece sì che James alzò la testa verso di lei e per tutto il tempo che scese le scale, non ci fu un secondo in cui non le staccò gli occhi di dosso.
"Ciao James, vedo che hai conosciuto la mia cara mamma"
"Si, la signora...cioè, Magda è davvero molto solare"
"Te l'avevano mai detto?"chiese lei a sua madre.
"No..."
Restarono per alcuni secondi in silenzio, Wanda con lo sguardo basso, James che la guardava e sua madre che guardava la scena di loro due da fuori.
"Allora? A che ora tornerai?"
"Oh...beh credo..."
"A mezzanotte. Dopotutto anche il mio coprifuoco è a quell'ora lì..."
"Perfetto..."disse sua madre mentre Wanda non proferivano ancora parola
"L'accompagnerò io, non si preoccupi..."
"Grazie mille James...mi lasci due minuti con lei, se non ti dispiace?"
"Certamente, ti aspetto fuori..."
"Hai preso le..."
"Si, le ho prese!"
"Mi raccomando, già sai quello che devi fare..."
"Si, lo so bene"disse lei e sua madre si girò un attimo dietro di sé.
"Lo sai che è davvero bello? Dove li creano ragazzi così belli come lui? Insomma è un Dio sceso in terra, ma non so ancora se greco o rumeno..."
"Okay, ho sentito abbastanza...ci vediamo più tardi, va bene?"disse lei mettendo una mano sulla spalla e allontanando sua madre.
Chiuse la porta di casa sua alle spalle e James l'aspettava poco distante dalle scale del portico.
"Andiamo?"
Lui invece di risponderle, le fece cenno di passare davanti in modo tale che poi lui l'avrebbe seguita. E non sarebbe stato solo per aprirle la portiera ma, forse, l'avrebbe fatto per sempre. In modo che non l'avrebbe mai persa.
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adambenny · 3 years
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Adamo Bencivenga
La nubenda
La casa della nubenda è quella bianca sopra la collina, l’ultima del paese prima della provinciale, che corre lassù in alto tra i pioppi ancora in fiore, e la puzza e il rumore di gasolio e di benzina, di tante braccia nere, stipate sopra i camion, sudate in affitto, per un giorno o poche ore, per la raccolta del tabacco agli inizi di settembre. La sua casa è di pietra dura che domina il paese, la sua stanza è una mansarda cotta da quel sole, che all’orizzonte già s’appresta a scaldare un nuovo giorno, perché da lì si vede il mare, da lì tutto il paese, case, facce e fontane e il paese in attesa, stipato nella piazza davanti al santuario. Da lì si vede il mare e lo sposo che l’aspetta, rughe vecchie e viso cotto, mani ossute e pelle secca, baffetti anziani e brillantina, un cappello ed un bastone con un’aria soddisfatta per via della scelta e una gardenia bene in vista sulla marsina a righe grigie. Da lì la nubenda esce e sembra una bambina, da lì una donna esce come un santo in processione, da lì una Madonna o una Dea dell’amore, dentro un’aria spessa, mistica cammina, tra due file di sole donne, per le ultime avvertenze, tra le mani delle sarte per l’ultimo ritocco. Lei scende lungo le scale, attenta a non cadere, lentamente a capo chino, passo dopo passo, strascicando la sua coda di seta e di merletti, decorata dalle mani di fanciulle ancora in fiore. Cammina su quelle scarpe, fatte su misura, sono bianche, alte e intatte e sembra scivolare, tra file mute di finestre e logge d’altri tempi, addobbate con gli arazzi in onore della sposa, che la scortano fin dove, la piazza s’apre a festa, e la dirigono sicura senza dubbi né traverse, e la guidano in discesa perché sia facile il cammino, e più ardua l’ascesa semmai ci fosse un’incertezza. La nubenda scende avvolta nel suo pizzo, nessuno può vederla, nessuno, la sua bocca, men che meno i suoi occhi, arricchiti di kajal, sfumati d’antracite, che scrutano curiosi sotto il velo bianco panna, che sa di antico e sa di oro, di broccato e di Borboni, di nobiltà rurale, di forzieri in fondo al mare. Lei cammina verso il giorno e mostra fiera i suoi pendenti, che tintinnano come catene che la legheranno a vita, data in sposa a quel signore che l’ha scelta tra le tante, il più vecchio ed il più ricco con i gioielli di famiglia, la moneta con lo stemma fatta incastonare, che ora mostra in un monile per quel poco che si vede. Lei cammina verso la notte, la prima e poi le altre, con al seguito i bauli stracolmi del corredo, arricchito in tanti anni da finissime lenzuola, fin da quando adolescente, nella penombra della casa, ricamava il suo sogno sui teli di lino puro, con le tipiche accortezze che una donna deve avere, quando il sole all’imbrunire fa talamo e fa sera, quando la luna è ancora alta e il marito la rivuole. Perché lei scende quelle scale come un regalo e un’offerta, come un fiore dato in dono reciso per l’apposta, tra il brusio degli adulti che si tolgono il cappello, al passaggio di quel premio che sa di carne e d’abbondanza, e sa di latte appena munto tra gli odori della stalla, e sa di balia e governante cresciuta nell’ovatta, sotto gli occhi di famiglia per tenerla sempre intatta. Lentamente scende e mantiene il suo segreto, intimo e privato come il fruscio della seta, lei scende e sa di grano pronto per la falce, di pesce che s’impiglia grasso nella rete, e sa di mare prosperoso che sfama la sua gente, di preda e stive piene, di pirati e di razzia, di fianchi abbondanti, generosi nel suo andare, ad arco come viola stretta tra le gambe, come ora quel suo viso intravisto sotto il velo, sa di musica tzigana, di sabbia e carovane, di enigma e sorriso, di mistero da svelare, sa di zingara felice destinata al capobranco, durante il ballo che precede, la prima notte nell’alcova. Lei scende lentamente come un reo o una regina, come un branco di cammelli fieri nel deserto, e sa di mercanti e faccendieri per le vie della seta, che svendono le stoffe per un sorso d’acqua pura. Perché lei scende lentamente e chiunque possa dire, d’aver visto le sua dita ancora prive della fede, d’aver visto una novizia in dubbio per quei voti, e per un attimo soltanto, tra le labbra una preghiera, un miraggio all’orizzonte che corre lungo il filo, che nulla è ancora perso se non altro, il desiderio. Perché lei leggera scende, impalpabile si muove, come dentro un gineceo la prescelta fra le altre, come sposa s’abbellisce, s’adorna di ghirlande, e profuma le sue grazie, e vela le sue forme, quando aspetta il proprio turno, quando guida quell’istinto e gabba il proprio sposo, che la invita e la pretende, finché lui davvero creda, d’averla scelta come eletta, tra le tante preferita, tra le poche concubina. Perché lei leggera scende, tra gli spifferi d’incenso, che si spandono striati tra le grate della chiesa, e sa di sacro e di profano, di sandalo bruciato, d’ocra e d’amaranto, di canapa e cotone, d’amanti e conviventi nei postriboli d'oriente, di nubenda impreziosita che scende lentamente, data in cambio di mille olivi, già strapieni e più frondosi, o d’asini e di muli che lavorano la terra; data in sposa a chi alla fine, s’è svenato nell’offerta, comprata a peso d'oro per un baule di marenghi, lei nuda sulla stadera circondata dalle donne, ha atteso il terzo colpo per suggellare il suo destino e lo sposo ufficialmente ha preteso la sua mano. E lei leggera scende di fianco al suo segreto, e lo sguardo tra la folla pare scorga un viso bruno, che non somiglia affatto allo sposo, in attesa sull’altare, ma ad un giovane del posto che conosce molto bene, è bello, alto, magro con i muscoli di ferro, e il giovane la vede, discreto l’accompagna e una lacrima che scorre suggella il suo segreto, sembra dirle coi suoi occhi, che mai nulla sarà invano, nulla sarà ricordo se il suo cuore batte ancora, se la voglia non ha fine sotto il cono della luna, saranno baci caldi sotto l’ombra degli ulivi. Come ieri o l’altra sera quando tra le braccia forti, sarebbe bastato poco e forse anche meno, tra quei tanti baci buoni, segreti e clandestini, finiti giusto in tempo, trattenuti per dovere, per lasciarla tutta intera allo sposo che l’attende, per lasciarla tutta intatta al talamo stanotte, ma domani finalmente, sembra dirle con lo sguardo, che passata questa notte, sarà amore, amore vero, anche se non sarà il primo a cogliere quel fiore, ma non ci saranno più ragioni o altro impedimento, a far l’amore tra gli olivi, a varcare quella soglia, sorpassare quel confine fino ad oggi proibito. E lei scende maestosa, di fianco al suo segreto, lei scende più leggera nel vestito evanescente, di seta impreziosita da pietre luminose, da merletti e da ricami che ne adornano lo scollo, all´inizio del bel seno, con un velo che l´avvolge, per quegli occhi neri e maschi fuori dalla chiesa, per l’amore che l’attende passata questa notte. Perché lei scende lentamente con il suo incedere austero, per via di quelle labbra morbide e carnose, farfalle variopinte che sanno già dove posarsi, e la fanno incespicare ma è un attimo soltanto, per poi ricomporsi seguire il suo destino.
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goodbearblind · 3 years
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"Il mio vicino di casa è robusto. E’ un ippocastano di Corso Re Umberto. Ha la mia età, ma non la dimostra. Alberga passeri e merli, e non ha vergogna, in aprile, di spingere gemme e fogle. Fiori fragili a maggio, a settembre ricci dalle spine innocue con dentro lucide castagne tanniche. E’ un impostore, ma ingenuo: vuol farsi credere emulo del suo bravo fratello di montagna signore di frutti dolci e di funghi preziosi. Non vive bene. Gli calpestano le radici i tram numero otto e diciannove, ogni cinque minuti, ne rimane intronato. E cresce storto, come se volesse andarsene. Anno per anno succhia lenti veleni dal sottosuolo saturo di metano E’ abbeverato d’orina di cani. Le rughe del suo sughero sono intasate dalla polvere settica dei viali. Sotto la scorza pendono crisalidi morte che non diverranno mai farfalle. Eppure nel suo torbido cuore di legno sente e gode il tornare delle stagioni." (Primo Levi, Cuore di legno) . . #primolevi . Grazie @daniela.cavallo_ 🙏🏽 https://www.instagram.com/p/CUZRo10N-nZ/?utm_medium=tumblr
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