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#Claudia Rossi Valli
scenariopubblico · 1 year
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#FICFest: 11 maggio
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Il primo appuntamento della quinta giornata del #FICFest è stato la presentazione del progetto I linguaggi del corpo/oltre le barriere per raccontare l'umanità, tenuto presso Scenario Lab.
Avviato nel 2021 e concluso nel 2023, I linguaggi del corpo, coordinato da Luca Recupero, ha avuto l'obiettivo di dare voce ai giovani attraverso la creatività per favorire l'inclusione e l'integrazione tra sociale. Un binario delle attività ha utilizzato la danza contemporanea, attraverso dei laboratori coordinati da Silvia Oteri e Marta Greco. Il movimento è stato lo strumento comunicativo impiegato, capace di mettere in relazione i corpi e abbattere le barriere linguistiche e culturali. Parallelamente ai diversi laboratori di movimento è stato avviato un corso per videomaker della danza, coordinato da Laura Schillirò e Riccardo Napoli, coinvolgendo numerosi giovani del territorio.
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La presentazione è stata aperta da una performance che ha portato in scena le esperienze vissute durante i laboratori che si sono svolti durante i due anni. I protagonisti sono stati gli amatori, uno dei gruppi interni al progetto, che si sono esibiti utilizzando sia il corpo che la voce. Ad aprire l’azione è stato, infatti, il testo recitato da due partecipanti: pensieri ed emozioni che hanno istaurato una connessione intensa con il pubblico.
Come emerso, per gli amatori è stato un viaggio, una scoperta, una liberazione, un nuovo metodo di conoscenza per il proprio corpo e quello degli altri.
Successivamente alla performance, sono stati presentati quattro cortometraggi di videodanza realizzati dai partecipanti del corso di videomaker. Le riprese sono state registrate in diversi luoghi: liceo A. Musco di Librino, Scenario Pubblico, Metropolitana di Catania, Palestra LUPo. I primi due lavori proiettati sono stati concepiti come brevi documentari del progetto stesso e sono stati realizzati durante il primo anno. I secondi, invece, sono stati due cortometraggi di fiction ideati e prodotti durante il secondo anno.
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Il progetto I linguaggi del corpo oltre le barriere ha coinvolto il gruppo amatori, il liceo coreutico A. Musco, il liceo Turrisi Colonna, l’associazione Prospettiva, il centro di prima accoglienza ‘Il Nodo’, Save the Children, ‘Penelope’ casa delle donne. Tutti i partecipanti hanno avuto la possibilità di frequentare i laboratori tenuti dai coordinatori e di partecipare a incontri con ospiti tra cui: D Ilenia Romano A Claudia Rossi Valli N Sonia Mingo Z Annalisa Di Lanno A e i danzatori della Compagnia Zappalà Danza, V Lucia Carolina De Rienzo (COORPI), I Enrico Coffetti (CRO.ME), D Marco Longo, E Paolo Favaro, O Nello Calabrò.
A seguire, alle 21.30, nella Black Box è andato in scena Viva la mamma di Gioia Maria Morisco, coreografa, drammaturga ed ex danzatrice della Compagnia Zappalà Danza.
Come si può dedurre dal titolo è stata la maternità il tema principale. Un quadro chiaro che ha rappresentato ogni sfaccettatura della figura materna, miscelando forza, rabbia, felicità e sana follia che contraddistinguono la vita di tutti i giorni della donna-madre.
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La danzatrice ha saputo coinvolgere il pubblico, con l'estrema verità dell'azione in termini espressivi e coreografici, con una spontaneità così naturale da abbattere, sin da subito, la parete tra l'interprete e lo spettatore.
Morisco ha installato la situazione-tipo di una mamma occupata a prendersi cura del figlio. I suoi comportamenti sono stati talmente reali da rendere quasi visibile il figlio immaginario. Con ironia, tra pianti e risa, la partitura fisica ha davvero colpito il pubblico immerso in un’atmosfera tragicomica.
L'ironia è stata elemento base di tutta la rappresentazione per designare lo staccamento dallo stereotipo di donna-madre e di presentare, al contrario, quello di un corpo bisognoso, felice e stremato.
Viva la mamma, andando alla ricerca di spazi più nascosti della gravidanza e della maternità, ha indagato ogni possibile peculiarità, dipingendo la solitudine femminile tra disperazione e felicità.
Il #FICFest continua oggi, 12 maggio, con i seguenti appuntamenti:
h. 17 - Lecture (a cura di Toula Limnaios, Ralf R. Ollertz, presso White Box di Scenario Pubblico). h.19 - Female escape (a cura di Collettivo SicilyMade, presso Scenario Lab). h. 20.45 - Magie, trucchi, fanciulle spiritate e altri rimedi contro il malcontento dilagante (a cura di Emanuele Coco, presso Scenario Pubblico).
Credits Redattore: Shamira Renzi Reporter: Maryterry Rizzi, Martina Giglione Media: Ania Kaczmarska, Martina Giglione Revisione: Sofia Bordieri
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Launched in 2021 and concluded in 2023, The Languages of the Body, coordinated by Luca Recupero, aimed to give youth a voice through creativity to foster social inclusion and integration. One track of activities used contemporary dance, through workshops coordinated by Silvia Oteri and Marta Greco. Movement was used as the communicative tool, capable of connecting bodies and breaking down language and cultural barriers. Parallel to the various movement workshops, a course for dance “videomakers” was launched, coordinated by Laura Schillirò and Riccardo Napoli, involving numerous young people from the area.
The presentation was opened by a performance that brought to the stage the experiences lived during the workshops that took place during the past two years. The protagonists were  amateurs coming from one of the project group’s, who performed using both body and voice. The opening action was, in fact, the text recited by two participants: thoughts and emotions that established an intense connection with the audience.
As it turned out, for the amateurs it was a journey, a discovery, a liberation, a new method of knowledge for their own bodies as well as the others.
Following the performance, four short video dance films made by the participants of the videomakers course were presented. The projects were recorded in different locations: high school A. Musco in Librino, Scenario Pubblico, Catania Subway, Palestra LUPo. The first two works were presented as short documentaries of the project itself and were made during the first year. The second, on the other hand, were two short fiction films conceived and produced during the second year.
Project The Languages of the Body Beyond Barriers involved the amateur group, A. Musco Choreographic High School, Turrisi Colonna High School, Prospettiva Association, 'Il Nodo' first reception center, Save the Children, 'Penelope' women's home. All participants had the opportunity to attend workshops held by the coordinators and participate in meetings with guests including: 
D Ilenia Romano A Claudia Rossi Valli                                    N Sonia Mingo C Annalisa Di Lanno  E and the dancers of Compagnia Zappalà Danza, 
V Lucia Carolina De Rienzo (COORPI),  I Enrico Coffetti (CRO.ME),  D Marco Longo,  E Paolo Favaro,  O Nello Calabrò.
Moving forward, at 9:30 p.m., we could watch in the Black Box  Viva la mamma by Gioia Maria Morisco, choreographer, playwright and  a former dancer with Compagnia Zappalà Danza.
As can be guessed from the title, motherhood was the main theme. A clear picture portraying every aspect of the mother figure, mixing strength, anger, happiness and healthy madness that mark the everyday life of the woman-mother.
The dancer was able to engage the audience, with the extreme truth of the action in terms of expression and choreography- a spontaneity so natural, that from the very beginning she broke down the wall between performer and spectator.
Morisco presented the typical situation of a busy mother taking care of her child. Her behaviors were so real that the imaginary child was almost visible. With irony, between tears and laughter, the physical score really struck the audience, introducing a tragicomic atmosphere.
Irony was the basic element of the whole performance in order to show the detachment from the stereotype of woman-mother and to present, on the contrary, a body that is needy, happy, but also exhausted.
Viva la mamma investigated the most profound spaces of pregnancy and motherhood, focusing on every possible feature and portraying the female loneliness between despair and happiness.
The #FICFest continues today, on the 9th of May with the following events:
h. 17 - Lecture (presented by Toula Limnaios, Ralf R. Ollertz, in White Box, Scenario Pubblico).
h.19 - Female escape (presented by Collettivo SicilyMade, in Scenario Lab).
Credits Redaction: Shamira Renzi Reporter: Maryterry Rizzi, Martina Giglione Media: Ania Kaczmarska, Martina Giglione Text revision: Sofia Bordieri Translation: Ania Kaczmarska
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a--piedi--nudi · 4 years
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Vita, lascia questo corpo danzare fino alla fine, lascialo vibrare ad ogni nota, meglio di qualunque parola lui mi farà capire… La morte e la fanciulla coreografia di Abbondanza Bertoni musiche di Franz Schubert danzatrici: Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas e Claudia Rossi Valli Foto di Simone Cargnoni
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persinsala · 4 years
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Tra Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora e Olginate, la sedicesima edizione de Il Giardino delle Esperidi fa muovere i primi passi alla stagione festivaliera del Belpaese.
L’aspirazione era già alta prima che inverno e primavera venissero compromessi dalla diffusione del Covid-19 e dalle relative misure restrittive. Oggi, superato il primo mesiversario della ripartenza e lanciato il cuore oltre l’ostacolo, la brigata di Campsirago Residenza, organizzatrice del festival, decide che è arrivato il momento di provare a ripensare le condizioni materiali in cui sarà possibile esperire l’atmosfera del teatro en plein air e mettere alla prova tanto la disponibilità e l’interesse del pubblico, quanto la creatività e la resilienza degli artisti.
Il risultato è un cartellone ampio e fitto di spettacoli dal mattino alla sera, con la novità di una sezione dedicata ai ragazzi e la conferma della propria declinazione sul contemporaneo. Dalla Natura, tema inizialmente individuato, alla Luna, focus attuale, il passo è stato breve, perché le Esperidi confermano de facto la necessità di una riflessione artistica sul corretto e responsabile posizionamento del Pianeta rispetto a un ecosistema che deve, per forza di cose, dalle sue radici ai suoi sviluppi, essere rivisto in maniera radicale.
Un riposizionamento dalla terra alle stelle che, dunque, non ha sconvolto (e forse non sarebbe potuto essere diversamente, vista la complessità organizzativa imposta dalle norme nazionali e regionali sulla gestione postpandemica) i fondamentali di una manifestazione che, ormai adolescente e a vele spiegate verso la maturità, anela a cogliere entrambe le facce della crisi di un’epoca le cui fondamenta sono ormai franate, ma in cui, allo stesso tempo, sarà possibile scorgere nuove e feconde opportunità di ricostituzione per reggere l’urto del pessimismo in un’ottica scevra da nichilismo.
La nostra presenza è stata limitata ai primi due giorni di festival, quando le novità sono ancora tangenti all’incertezza, ogni cosa, anche la più scontata, necessita – dopo essere stata definita sulla carta – di essere sperimentata sul concreto e ogni routine deve affrontare gli inevitabili imprevisti che sempre possono minacciare lo spettacolo dal vivo e, in particolare in questi tempi bui, attendere al varco i coraggiosi organizzatori di ambiziose attività culturali come le Esperidi.
La prima giornata è stata aperta dallo spettacolo per bambini Favole al telefono di e con Anna Fascendini. Si tratta della messa in scena di un progetto di riflessione sulla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari che ha coinvolto decine di compagnie su tutto il territorio nazionale durante il periodo di confinamento e che vede il coinvolgimento attivo dei bambini nella costruzione di storie fantastiche a partire dal loro stesso vissuto. L’allestimento, purtroppo un po’ perché incastrato in una gestione macchiettistica della relazione con i piccoli complici, un po’ perché ingessato in un forzato spontaneismo creativo, è sembrato essere ancora lontano dal restituire in maniera adeguata nella forma e nei contenuti l’audace tentativo di riscoprire e attualizzare il genio di Rodari.
A tarda serata, è scoccata l’ora di Weiss Weiss. L’essere del non essere. Sulla sparizione di Robert Walser, un esplicito omaggio al controverso e geniale scrittore elvetico da parte della compagnia sperimentale del Teatro della Contraddizione con la direzione di Marco Maria Linzi.
Lo spunto drammaturgico è il Jakob von Gunten, il poetico e immaginifico romanzo in cui, con tratti profondamente autobiografici, Walser raccontò l’eccentrica vicenda di un giovane che, alla ricerca dell’indipendenza, decise di iscriversi alla scuola di formazione per servitori Benjamenta.
Il dramma dipana una storia contorta e intrecciata, letteralmente interminabile, con svariati pseudo-finali e un alto tasso di paradossalità – ulteriormente potenziato da riferimenti visionari ad altre opere dello stesso autore. Suggestivo nella composizione scenografica, funzionale nella vestizione dei personaggi (anche se stucchevole nei banali echi burtoniani e alla The Walking Dead dei tableaux vivants attraverso i quali si realizza scenicamente), ottimo nella tenuta attoriale e poderoso nella disciplina nella loro direzione, lo spettacolo del Teatro della Contraddizione aderisce a un registro brechtiano con innesti kantoriani e si mostra volutamente freddo – per l’impostazione straniante – e consapevolmente lontano da ogni fruizione popular – per la restituzione onirica slegata dalla razionalità e i tempi estremamente dilatati.
Weiss Weiss, al netto della lodevole volontà di proporre un personaggio che in Italia non gode del meritato riconoscimento, è un esempio di teatro ingenuamente furioso nella reazione alle secche del conformismo, ma clamorosamente disciplinante, dunque perfettamente contraddittorio rispetto alle proprie intenzioni di scardinamento dello status quo e, di conseguenza, arido per chi si aspettava in qualche modo mutuata la controversa poetica di Walser in un atto visivamente meno legato a un flusso di parole degno del Novecento di Baricco trasposto nel kolossal da quasi tre ore di Tornatore.
Se da un lato lo spettacolo cerca di sfidare l’accomodante comprensione borghese collocandosi maldestramente nella prospettiva di un lirismo patetico e moralistico, dall’altro esso risulta essere talmente esasperante nel ripetere ad libitum momenti e scelte insignificanti – se non proprio contraddittorie – dal punto di vista storico, psicologico ed estetico da vanificare soluzioni che parevano essere se non proprio vincenti, quantomeno efficaci. Dall’improbabile accento russo degli interpreti all’esondazione zombie oltre la quarta parete nel corso dell’ennesimo finale, dall’insistito frontalismo alla pedante predica di Jacob, dalla piatta bidimensionalità in cui viene degradata l’interessante composizione scenografia alla dirompente dolcezza e ingenuità con cui il protagonista inveisce contro i benpensati esplicitando didascalicamente la propria alterità, Weiss Weiss rimane purtroppo inconsistente per chi non conosce il soggetto della narrazione ed estraneo per chi, avendone già cognizione, ne avrebbe avuto abbastanza dopo un quarto d’ora.
Ombre, ma anche luci, hanno caratterizzato la seconda giornata. Tra gli eventi di assoluto livello, il secondo talk del festival, un interessante incontro tra Vittorio Agnoletto, Oliviero Ponte di Pino e Michele Losi sul tentativo di esplorare gli abissi della relazione tra teatro e contesto pandemico, e soprattutto il «cammino esperienziale e sensoriale» Alberi maestri, un percorso drammatizzato per un numero limitato di spettatori erranti e muniti di cuffie ambientali capaci di riprodurre, insieme al racconto, una «performance itinerante ed esperienziale alla scoperta del mondo degli alberi e delle piante, principio e metafora della vita stessa» (note di regie tra caporali).
Nonostante alcuni passaggi risultino superficiali (in particolare l’affermazione secondo la quale una costruzione civile necessiterebbe di fatica mentre un albero crescerebbe quasi spontaneamente sottovaluta il portato etico e politico della cura ecologica che pure rappresenta il core del progetto) e il fatto di aver esperito un percorso senza perfomer (perché donato fuori programma a un piccolo gruppo che, partendo in giorno successivo, non avrebbe avuto modo di partecipare), il «viaggio, collettivo e individuale al tempo stesso», promosso da Alberi Maestri rimane un momento potente, catartico e convincente della semplicità di un’arte in grado di recuperare la propria connessione intima e diretta con la vita di ognuno.
Trattandosi ancora di uno studio, sospendiamo il giudizio su Annotazioni per un Faust _studio per luoghi remoti di Tommaso Monza e della compagnia Natiscalzi DT, anche se la pochezza creativa e la sensazione di aver assistito a un disegno coreografico poco più che amatoriale siano state, rispettivamente, preoccupanti e imbarazzanti.
Il rapporto tra l’essere individuale e il corpo sociale presentato attraverso una successione di sketch comici e la decostruzione di una comunicazione superflua rispetto al gesto (e viceversa) caratterizza il nostro ultimo spettacolo, TRE_quanto vale un essere umano?, il working in progress diretto da Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, con la collaborazione drammaturgica di Marta Dalla Via, e prodotto da Qui e Ora Residenza Teatrale e Zebra.
Francesca Albanese, Silvia Baldini e Laura Valli rappresentano donne comuni, comuni come i vestiti che indossano. Lo schema è semplice, quasi spartano: le tre performer si dimenano di fronte al pubblico in una danza semplice e senza sosta; ognuna di esse, senza soluzione di continuità, risponde in maniera caustica o beffarda alle domande proiettate sul fondo del palco alle loro spalle; il pubblico partecipa euforicamente prima con grasse risate, poi lasciandosi contagiare dall’esplosione del ballo di gruppo sulle melodie di Mueve la colita nella versione di Dj El Gato.
A perplimere non è tanto la percezione di una serie di quadri giustapposti e non ancora adeguatamente legati o la snervante reiterazione di un unico meccanismo drammaturgico basato sulla ricerca della complicità del pubblico attraverso passi di danza infantili, tantomeno le pantomime forzate, le strizzatine d’occhio alla parte più commerciale della cultura pop o un testo scritto in un italiano sgrammaticato che non ha alcuna motivazione drammaturgica specifica.
Di questo allestimento che prova ad aggredire con gioiosa polemica parole (clandestino, omosessualità) e atteggiamenti mainstream (il sessismo, il body shaming), che cita statistiche più o meno a caso su vizi e virtù cui il genere femminile sarebbe costretto dal patriarcato, che estremizza il proprio sarcasmo fino a essere irritante e che individua la catarsi nell’autocompiacimento, a deludere sorprendentemente è stato l’acritico atteggiamento di superiorità di cui è figlio, ossia l’insopportabile prosopopea progressista di chi vede nell’auto-accettazione il fulcro della felicità di coloro i quali, trovandosi per vari motivi in una situazione di alterità, dovrebbero semplicemente sottomettersi senza inficiare o, quantomeno, rendere problematica la norma da cui enfatizzano la propria distanza,
Il problema non è la vetusta forma drammatica dello spettacolo, quanto i contenuti con cui la riempie e nei confronti dei quali mostra una sconcertante ricezione passiva.
Di fronte ai mortificanti cliché culturali che TRE utilizza in un regime totalmente comico e non umoristico, quindi di completa omologazione, lo spettacolo risulta incapace di innestare alcuna riflessione e di farsi carico dell’intima sofferenza della realtà che rappresenta. Guardando i suoi personaggi sembra che i mostri che quella realtà la abitano e a cui pure fa allusione (per esempio, con la sconfortante battuta sulle donne con una costola in meno per colpa di Adamo, quando non è vero neanche il contrario) si possano lasciare alle spalle semplicemente non pensandoci troppo, chiudendosi bene a chiave nel proprio ottimismo.
Un conato buonista che, sinceramente, non fa ben sperare per la versione definitiva di questa produzione.
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Esperidi on the Moon – XVI Edizione da sabato 27 giugno a domenica 5 luglio 2020 Colle Brianza, Olgiate Molgora, Ello, Olginate
sabato 27 giugno, ore 16.00 Villa d’Adda Sirtori, Olginate Campsirago Residenza presenta: Favole al telefono da un’idea di Anna Fascendini regia Anna Fascendini produzione di Campsirago Residenza (debutto live teatro ragazzi)
ore 21.30 Villa d’Adda Sirtori, Olginate Teatro della Contraddizione presenta: Weiss Weiss. L’essere del non essere. Sulla sparizione di Robert Walser di e diretto da Marco Maria Linzi con Micaela Brignone, Fabio Brusadin, Silvia Camellini, Simone Carta, Sabrina Faroldi, Arianna Granello, Alessandro Lipari, Marco Mannone, Eugenio Mascagni, Stefano Montani, Magda Zaninetti video artist Stefano Slocovich costumi Margherita Platè aiuto regia e foto Daniela Franco suoni live Leonardo Gaipa scene Marco Maria Linzi, Sabrina Faroldi, Fabio Brusadin, Ryan Contratista foto bdyuri_video (teatro)
domenica 28 giugno, dalle ore 10.30 alle ore 16.00 Alberi maestri Da Mondonico a Campsirago composizione nello spazio Michele Losi drammaturgia Sofia Bolognini, Michele Losi coreografie Silvia Girardi costumi e scene Stefania Coretti suono Luca Maria Baldini, Diego Dioguardi in scena Luca Maria Baldini, Liliana Benini, Sofia Bolognini, Noemi Bresciani, Silvia Girardi, Arianna Losi, Michele Losi, Valentina Sordo un progetto di Pleiadi, Campsirago Residenza in collaborazione con The International Academy for Natural Arts (NL) Sponsor tecnico Fratelli Ingegnoli
ore 18.00 Villa d’Adda Sirtori Olginate talk a cura di Oliviero Ponte di Pino, in collaborazione con Ateatro, con Vittorio Agnoletto
ore 20.30 Parco di Villa d’Adda Sirtori, Olginate Natiscalzi DT presenta: Annotazioni per un Faust _studio per luoghi remoti un progetto di Tommaso Monza coreografia e regia Tommaso Monza, Claudia Rossi Valli danza e azioni sceniche Compagnia Natiscalzi DT musiche originali dal vivo Giorgio Mirto produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni, Natiscalzi DT con il sostegno di Anghiari Dance Hub, Tendance Festival, Festival OrienteOccidente organizzazione Vittoria Lombardi / cultureandprojects (prima replica sperimentale, danza, site-specific)
ore 22.30 Parco di Villa d’Adda Sirtori, Olginate Qui e Ora Residenza Teatrale presenta: TRE_quanto vale un essere umano? Working progress ricerca materiali Francesca Albanese, Silvia Baldini, Silvia Gribaudi, Laura Valli con Francesca Albanese, Silvia Baldini, Laura Valli regia Silvia Gribaudi, Matteo Maffesanti collaborazione drammaturgica Marta Dalla Via produzione Qui e Ora Residenza Teatrale e Zebra (performance)
Per aspera ad astra / Il Giardino delle Esperidi Tra Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora e Olginate, la sedicesima edizione de Il Giardino delle Esperidi fa muovere i primi passi alla stagione festivaliera del Belpaese.
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SAETTANTI BOUMMM!
We chose the space because of its rhythm and a sound landscape to scan the architecture of the movements: the skatepark of Catania and the futurist poetry “Paesaggio + Temporale” by Giacomo Balla made in 1915. The movement define our identity, evocative or assertive in its quality. Choreography relates to time and blading plays the space. In their relation, the diversity and what they share, the dance. Life. Could dance be thought as the rhythm of the events of existence?
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persinsala · 5 years
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Teatro Cantiere Florida. Stagione 2019/2020
Teatro Cantiere Florida. Stagione 2019/2020
Anche quest’anno Il Teatro Cantieri Florida, gestito a tre da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Versiliadanza e Murmuris (Materia prima) daranno vita a una programmazione ricca, che si muoverà agilmente tra danza contemporanea e prosa. (more…)
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persinsala · 6 years
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È andato in scena domenica 3 dicembre nel pomeriggio Lo Schiaccianoci, opera con modalità del tutto nuove, a cura della compagnia Natiscalzi, in un unico atto ma davvero esplosivo. Movimento, stile pop, tappeti elastici, colori, costumi, fantasia e voci bianchi sono solo alcuni degli ingredienti di questa innovativa e davvero gustosa ricetta.
Clara non è solo una bambina vissuta in un tempo passato. Clara non è nemmeno solo una bambina per età anagrafica. Clara è quella parte dell’animo infantile e sognatore di tutti gli esseri umani. È così che ci viene presentata in questa moderna trasposizione: una ragazza, ormai cresciuta, ma che immagina il proprio Natale, uno diverso dal solito. È il racconto di innumerevoli e bellissimi regali che destano gioia e felicità, sentimenti esternati nella danza moderna e non conformista, tra i quali il curioso e interessante dono di un soldatino, ovvero uno schiaccianoci; lo schiaccianoci appunto. Quante cose i bambini possono immaginare partendo semplicemente da un oggetto… Ed è proprio quello che la favola tradizionale, divenuta nota grazie al genio di Čajkovskij a fine Ottocento, racconta. Uno schiaccianoci trasformatosi in principe che, per salvare la sua principessa, si scontra con il re dei topi e giunge poi con lei in un regno fatato, gioioso, accogliente e movimentato dal suono dei valzer e dei balli tradizionali. A essere narrata, con il movimento del corpo dei sei ballerini, a cui poi se ne aggiungono altri accompagnati dai dieci bambini del coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice, è l’estati del momento, la spensieratezza che il regno della fata Confetto concede ai propri visitatori. Si tratta di movimenti continui, fluidi e delicati, dall’immensa potenza espressiva. Grazie all’uso di un tappetto elastico tutti possono muoversi in quel vortice di serenità. Questa ragazza, che si identifica in Clara, è immersa nel mondo magico dello Schiaccianoci grazie al vinile che le viene regalato per Natale; conosce, infatti, già questa storia, aveva già visto il balletto in passato e aveva sempre immaginato di danzare su quelle note e adesso realizza ciò che immaginava. Immagina che lei sia quella Clara e che la sua famiglia prenda le parti di quella della protagonista. Tutti i ballerini tornano bambini e nella loro infanzia sognano e desiderano. Il clima natalizio è più che mai riprodotto oltre che dalle scenografie semplici ma tematiche, anche dall’uso di coriandoli di neve lanciati sul palco. Il colore è garantito dall’uso di certi costumi di animali e personaggi fantastici. Nel complesso uno spettacolo davvero godibile, come dimostra il giovanissimo pubblico incuriosito e attento ai movimenti e alle bellissime musiche. La presenza del coro di bambini dona ulteriore atmosfera e garantisce l’immersione totale in questo mondo magico.
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Tosse (1)
Lo spettacolo è andato in scena Teatro della Tosse Piazza Renato Negri 6, Genova 8 dicembre 2017 all’interno della rassegna Resistere e Creare – Pubblico Corpo
Lo Schiaccianoci opera fantastica in atto unico, per ensemble di danzatori e tappeto elastico coreografia di Tommaso Monza, Claudia Rossi Valli con Marco Bissoli, Francesco Collavino, Michela Cotterchio, Elda Gallo, Tommaso Monza, Seydi Rodriguez Gutierrez, Claudia Rossi Valli musica dal vivo Angel Ballester Veiz e Maria Norina Licardo disegno luci Andrea Gentili organizzazione Michele Fanni produzione Natiscalzi DT, Compagnia Abbondanza/Bertoni col sostegno di Lavanderia a Vapore, Vignale Monferrato Festival, Festival Oriente Occidente
durata 90 min. circa
Lo Schiaccianoci È andato in scena domenica 3 dicembre nel pomeriggio Lo Schiaccianoci, opera con modalità del tutto nuove, a cura della compagnia Natiscalzi, in un unico atto ma davvero esplosivo.
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A CHORAL SINGING
The sound materializes from the written words like the movement arises from the architectural shapes. The movement, the skatepark and the sound elements do not only juxtapose themselves, but they mix and melt till the point to change from independent melodies to choral singing.
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TIME
We measure time trough movement. The movement of the planets, the shadow of the sundial, the sand in the hourglass, the pendulum. The watch hands chasing each other in circle.
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SKY
The empty space is full of sky. The movement happens inside this sky. The body of those who dance is aware of the sky in space. Dance is immersed in the sky.
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Giacomo Balla. Paesaggio + Temporale. 1915.
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MANIFESTO
#RESEARCHONMOVEMENTSANDTIME is an ongoing project about the relation between time, space and love, through the only tool we really own: the body, and the only language we really share: the movement. The research will be recorded on video, pictures, written thoughts and also collecting the materials that inspires it.
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