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#Autorità Nazionale Palestinese
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DURANTE I LAVORI AGRICOLI, SCOPERTO MOSAICO BIZANTINO A BUREIJ, GAZA
DURANTE I LAVORI AGRICOLI, SCOPERTO MOSAICO BIZANTINO A BUREIJ, GAZA
Il Ministero del Turismo e delle Antichità dell’Autorità Nazionale Palestinese ha annunciato un importante ritrovamento archeologico con la scoperta di uno straordinario mosaico bizantino, databile tra il V e il VII secolo, all’interno del campo profughi di Bureij, nel centro di Gaza, a circa 1 km dal confine israeliano. Alcune fonti giornalistiche hanno riferito che un contadino locale, Salmane…
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sauolasa · 2 years
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Autorità Nazionale Palestinese: "A Nablus crimini di guerra"
Dopo l'ennesimo blitz israeliano costato la vita a sei persone la presidenza palestinese chiede agli Usa di far fermare le operazioni di Tsahal
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e-o-t-w · 1 month
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Eyes on the world #188
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Aprile non è cominciato da molto, ma già fa parlare di sé. 
Come capita da ormai 7 abbondanti mesi, cominciamo con le ultime dal fronte israelo-palestinese, per fare poi un fugace passaggio in Italia e in Ecuador, fino ad arrivare agli ultimi provvedimenti su scala europea, alle elezioni in Corea del Sud e a un importante questione con al centro attori italiani e Netflix. 
Ce n’è per tutti, tanto per cambiare. Cominciamo 👇 
🇮🇱 ISRAELE-HAMAS: L’ATTESA DI UN ATTACCO DELL’IRAN, IL RITIRO DA KHAN YUNIS, GLI ULTIMI NEGOZIATI 
(1) Solito recap di quanto successo nella settimana (piuttosto peperina) tra #Israele e #Hamas. Dopo il bombardamento israeliano contro l'ambasciata iraniana a #Damasco, che ha causato la morte di un importante generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane, l'#Iran sembra prepararsi a un possibile contrattacco contro Israele. Le autorità iraniane, insieme a fonti militari, hanno espresso l'intenzione di rispondere all'attacco israeliano, sebbene il modo e il momento dell'azione rimangano incerti. Il generale ucciso è stato commemorato durante il suo funerale, con promesse di vendetta da parte dei leader iraniani e dei loro alleati, come Hezbollah. Secondo fonti militari iraniane, le forze dell'Iran sono state poste in massima allerta e si preparano a un'azione preventiva per dissuadere ulteriori attacchi israeliani. Anche gli #StatiUniti e Israele si stanno preparando a un possibile contrattacco dell'Iran, con l'aumento del livello di allerta e l'adozione di misure per rafforzare la sicurezza delle proprie basi e postazioni militari. Nel frattempo, sul campo, Israele ha ridotto la presenza delle sue truppe nel sud della Striscia di #Gaza, ritirando la maggior parte della 98esima divisione dell'esercito. Le truppe ritirate erano attive a #KhanYunis e si ritiene abbiano completato le operazioni contro Hamas in quella zona. L'esercito ha affermato che le truppe hanno bisogno di riposo dopo mesi di combattimenti e saranno preparate per future operazioni. Il ritiro non indica un cessate il fuoco generale, ma l'intenzione di concentrarsi su operazioni mirate. Il premier Benjamin #Netanyahu (contro il quale si sono tenute diverse manifestazioni lo scorso fine settimana) ha sottolineato la determinazione di Israele a svolgere ulteriori operazioni militari, mentre il ministro della Difesa Gallant ha collegato il ritiro da Khan Yunis con un'eventuale operazione a #Rafah. Dello stesso parere anche il ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, che ha dichiarato su X che Netanyahu potrebbe perdere il sostegno come primo ministro se la guerra di Israele nella Striscia di Gaza non terminasse con un attacco a Rafah per sconfiggere Hamas. Tuttavia, ci sono speculazioni sul fatto che il ritiro da Khan Yunis sia stato influenzato dalle pressioni internazionali per ridurre la guerra e dalle tensioni politiche interne al governo israeliano, dove le forze estremiste influenzano ancora le decisioni. È stata anche la settimana che ha portato in primo piano la #Germania, contro la quale il Nicaragua ha avviato un procedimento presso la Corte internazionale di giustizia, accusandola di aiutare Israele a compiere un genocidio contro i palestinesi di Gaza tramite la vendita di armi. La Germania ha presentato la sua difesa, sostenendo che le vendite di armi sono state principalmente di natura difensiva. Da notare come la Germania sia il secondo maggior fornitore di armi a Israele dopo gli Stati Uniti. Infine, menzione anche alle per le delegazioni di Israele, Hamas e mediatori internazionali che si sono incontrate al Cairo per negoziare un cessate il fuoco a Gaza. La questione degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas è centrale nei colloqui. Dal 7 ottobre 2023, Hamas ha rapito circa 253 persone, ma solo 112 sono stati liberati, mentre altri sono stati uccisi o sono dispersi. I colloqui si svolgono separatamente, con la Germania (ancora lei) come uno dei mediatori. I negoziati hanno proposto uno scambio di ostaggi e prigionieri, ma la mancanza di informazioni precise rende difficile trovare un accordo. 
🇮🇹 INCIDENTE NELLA CENTRALE IDROELETTRICA DI BARGI, NEL BOLOGNESE. INDAGINI ATTUALMENTE IN CORSO 
(2) Torniamo in #Italia. Lo scorso martedì intorno alle 15, si è verificata un'esplosione presso la centrale idroelettrica di #Bargi, di proprietà di #Enel, nel bacino di Suviana sull'Appennino bolognese. Secondo il bilancio fornito dalla prefettura di Bologna, tre persone sono decedute, cinque sono state gravemente ferite (e trasportate negli ospedali di zona) e quattro disperse. L'esplosione, secondo il comandante dei vigili del fuoco di Bologna, Calogero Turturici, sembra sia avvenuta nel piano -8, dove si trovano i trasformatori elettrici, mentre gli operai stavano eseguendo la prova di messa in esercizio quando è avvenuto l'incidente. Le indagini della procura di Bologna sono in corso per individuare le cause e le eventuali responsabilità. La situazione dei soccorsi è complicata dall'inondazione della struttura, con oltre dodici squadre dei vigili del fuoco impegnate nelle operazioni di ricerca. L'esplosione, avvenuta a circa 40 metri di profondità, ha innescato un incendio e causato il crollo di un solaio, con il nono piano interrato allagato. Le testimonianze dei sopravvissuti parlano di un "rumore strano" seguito da una "fiammata". La situazione è resa ancora più difficile dal coinvolgimento di lavoratori esterni e di un ex dipendente di Enel. Questa ha avviato verifiche e ha confermato che la produzione nell'impianto è stata sospesa, ma non prevede interruzioni nel servizio elettrico. Tuttavia, a seguito dell'incidente, Cgil e Uil hanno proclamato uno sciopero di otto ore per giovedì, coinvolgendo i lavoratori di tutti i settori in Emilia-Romagna. Nel frattempo, le ricerche dei quattro operai dispersi sono riprese mercoledì sera dopo una ricognizione approfondita per garantire la sicurezza durante l'accesso alla parte più profonda dell'impianto, ancora allagata. I vigili del fuoco, dopo diversi tentativi, hanno identificato una condotta che continuava a scaricare acqua nell'impianto, ostacolando le operazioni. La rimozione dell'acqua rimasta è in corso, con l'ausilio di idrovore e gru, mentre il livello del lago è stato abbassato per consentire alle squadre di lavoro di operare in sicurezza. Gli sforzi sono concentrati nel liberare i piani otto, nove e dieci, dove si crede che possano essere trovate le persone coinvolte nell'incidente, e infatti ieri sono stati ritrovati i corpi di due dei quattro operai dispersi. 
🇪🇨 ECUADOR E MESSICO AI FERRI CORTI: ARRESTATO L’EX VICE-PRESIDENTE GLAS NELL’AMBASCIATA MESSICANA 
(3) Venerdì scorso, la polizia dell'#Ecuador ha effettuato un'incursione nell'ambasciata messicana a Quito, arrestando l'ex vicepresidente ecuadoriano Jorge #Glas, accusato di corruzione, concussione e altri reati. Glas aveva appena ricevuto l'asilo politico dal #Messico e si era rifugiato nell'ambasciata, che è formalmente considerata territorio messicano e non ecuadoriano. L'operazione di irruzione è stata insolita, poiché il diritto internazionale offre una protezione quasi totale alle ambasciate da interventi dei paesi ospitanti. Il presidente messicano Andrés Manuel López #Obrador ha condannato l'arresto come un atto autoritario e una palese violazione del diritto internazionale e della sovranità del Messico, annunciando la rottura delle relazioni diplomatiche con l'Ecuador. I rapporti tra i due paesi erano già tesi: il giorno prima dell'arresto di Glas, l'Ecuador aveva dichiarato persona non grata l'ambasciatrice messicana Raquel #Serur, in seguito a commenti di López Obrador sulle elezioni ecuadoriane vinte dal presidente centrista Daniel #Noboa. Secondo la ministra degli Esteri messicana Alicia Bárcena, alcuni diplomatici sono stati feriti durante l'operazione di arresto, mentre esperti di diritto internazionale hanno affermato che l'incursione nell'ambasciata viola la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1961. Glas, definito "probabilmente l'uomo più ricercato dell'Ecuador" dall'Associated Press, era stato vicepresidente durante il governo di sinistra di Rafael Correa tra il 2013 e il 2017. Era già stato condannato per corruzione nel 2017, e contro di lui c'era un altro mandato di arresto per nuove accuse. Le autorità ecuadoriane avevano chiesto al Messico il permesso di arrestare Glas all'interno dell'ambasciata, ma hanno deciso di fare irruzione dopo che il paese gli aveva concesso l'asilo politico. In un comunicato, la presidenza ecuadoriana ha dichiarato che il paese è sovrano e non permetterà a nessun criminale di restare libero. 
🇪🇺 MIGRAZIONE, CAMBIAMENTO CLIMATICO E ABORTO: GLI ULTIMI PROVVEDIMENTI PRESI DALL’EUROPA 
(4) Facciamo ordine sugli ultimi provvedimenti degni di nota a livello europeo. Innanzitutto, partiamo con il #Parlamento europeo, che ha approvato il Nuovo Patto sulla Migrazione e l'Asilo, una significativa riforma del "regolamento di Dublino" riguardante la gestione dei #migranti e dei richiedenti asilo nell'Unione Europea. Il Patto, frutto di quattro anni di negoziati, ha ottenuto il sostegno dei partiti di centrodestra e di alcuni di centrosinistra, ma è stato criticato dai partiti di sinistra e di estrema destra, soprattutto in Ungheria e Francia, per essere troppo moderato o svantaggioso per alcuni paesi. L'approvazione definitiva è ora affidata al Consiglio dell'Unione Europea, che dovrebbe esprimersi entro la fine di aprile. Il Patto prevede norme più severe sull'accoglienza per i migranti provenienti da paesi "sicuri" e introduce un meccanismo limitato di trasferimento dei richiedenti asilo dai paesi di arrivo a quelli interni dell'UE. Inoltre, modifica i percorsi di richiesta di asilo, stabilendo una procedura accelerata alla frontiera per alcuni profili e rendendo più facile l'espulsione per coloro i quali vedranno respinta la loro richiesta. Una delle riforme chiave è l'introduzione di un meccanismo di solidarietà "obbligatoria" fra i paesi di arrivo e quelli interni dell'UE. Questi ultimi dovranno scegliere se accettare un numero di migranti, fornire assistenza operativa ai paesi di arrivo o versare un contributo in un fondo comune. L'eventuale rifiuto potrebbe comportare una procedura di infrazione contro i paesi inadempienti. Tuttavia, diverse organizzazioni non governative hanno criticato il Patto, soprattutto per la procedura accelerata alla frontiera e per il rischio di negare l'accesso a diritti e servizi ai richiedenti asilo durante questo periodo. La riforma è stata anche oggetto di contestazioni per la sua politica riguardante i paesi terzi, come la Libia, e l'uso di fondi per gestire i flussi migratori.  
Restando in tema di provvedimenti degni di nota a livello europeo, martedì, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), un tribunale internazionale indipendente dall'Unione Europea, ha emesso pronunciamenti su tre distinti casi presentati da cittadini europei che chiedevano ai loro governi di adottare misure più incisive contro i cambiamenti climatici. In particolare, la Corte ha stabilito che uno stato ha violato i diritti umani dei ricorrenti perché non ha fatto abbastanza per contrastare il cambiamento climatico, rappresentando la prima volta che un tribunale internazionale ha emesso una simile sentenza e affermando l'obbligo degli stati di rispettare gli obiettivi stabiliti dai trattati internazionali. La Corte ha esaminato il caso presentato da un gruppo di anziane svizzere riunite nell'associazione "Anziane per il clima", che accusavano la #Svizzera di non aver rispettato gli impegni presi per contrastare il cambiamento climatico. Sebbene la sentenza non abbia conseguenze pratiche immediate, l'Ufficio federale di giustizia svizzero ha dichiarato che la studierà per determinare le azioni future necessarie. Nel frattempo, la Corte ha ordinato alla Svizzera di coprire le spese legali dell'associazione, ammontanti a 80.000 euro. Sebbene i paesi che riconoscono la Corte siano tenuti a rispettare le sue decisioni, la Corte ha lasciato loro ampia libertà nella scelta delle misure da adottare. Tuttavia, la decisione è stata definita "storica", poiché influenzerà gli approcci adottati da altri tribunali internazionali e nazionali su casi analoghi. La sentenza ha anche sollevato questioni procedurali significative. La Corte ha ammesso il ricorso dell'associazione "Anziane per il clima" ma ha respinto quello presentato dalle singole anziane svizzere, poiché non avevano dimostrato di essere "vittime" dirette delle violazioni denunciate. Inoltre, la Corte ha riconosciuto la legittimità dei ricorsi presentati dalle associazioni in materia di cambiamento climatico, anche se ha mantenuto uno standard elevato per quanto riguarda il danno causato. Tuttavia, la Corte ha respinto altri due casi, incluso quello presentato da sei giovani portoghesi contro 33 stati europei, affermando che i ricorrenti non avevano esaurito tutte le loro possibilità di azione legale nel proprio paese e che non avevano il diritto di fare causa ad altri paesi oltre al proprio. Questa decisione potrebbe avere ampie conseguenze su futuri casi analoghi.  
Ultima, ma non per importanza, la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo per includere nell'articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea il diritto all'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e all'#aborto libero, sicuro e legale. La risoluzione, non vincolante, chiede ai paesi membri di depenalizzare completamente l'aborto e di rimuovere gli ostacoli all'accesso alla procedura, condanna l'obiezione di coscienza e chiede l'introduzione di educazione sessuale e relazionale, oltre che l'accesso a contraccettivi gratuiti. Esprime anche preoccupazione per il finanziamento di gruppi anti-scelta e invita la Commissione Europea a garantire che tali organizzazioni non ricevano finanziamenti europei. Un provvedimento a suo modo storico, che potrebbe revitalizzare la lotta a chi ostacola il diritto all’aborto. 
🇰🇷 COREA DEL SUD: IL PRESIDENTE YOON SEMPRE PIÙ SFIDUCIATO, IL GOVERNO È PRONTO A DIMETTERSI 
(5) Le elezioni dell'Assemblea nazionale in #Corea del Sud hanno visto una netta vittoria dei partiti di opposizione, rappresentando un duro colpo per il presidente Yoon Suk-yeol e il suo governo di destra, eletto nel 2022 con un esiguo margine di voti. I risultati preliminari hanno indicato che il Partito Democratico di centrosinistra otterrà 175 seggi su 300, mentre il Partito del Potere Popolare di Yoon ne conquisterà solo 109. Il neo-partito Ricostruire la Corea otterrà 12 seggi. Yoon ha accettato i risultati e promesso un rinnovamento dell'amministrazione, mentre le dimissioni del primo ministro e di altri funzionari del governo sono state presentate, sebbene non siano state ancora confermate. Queste elezioni, considerate una sorta di voto di metà mandato per Yoon, sono state influenzate dalle crescenti critiche alla sua gestione, tra cui scandali legati alla sua famiglia, come quello riguardante una borsa di lusso ricevuta da sua moglie. Nonostante Yoon abbia ampi poteri costituzionali, il suo partito non ha mai avuto una maggioranza parlamentare, limitando l'attuazione delle sue politiche conservative. Sebbene le opposizioni non raggiungano la "super maggioranza" necessaria per modificare la Costituzione, una maggioranza solida potrebbe comunque ostacolare le riforme radicali promesse da Yoon, in settori come l'istruzione, il lavoro e le pensioni, oltre alla sua proposta di abolire il ministero per l'Uguaglianza di genere. 
🎬 ARTISTI 7607 CONTRO NETFLIX: GLI ATTORI CHIEDONO UN COMPENSO ADEGUATO ALLA PIATTAFORMA 
(6) La società di riscossione del diritto d'autore #Artisti7607 ha citato #Netflix in giudizio presso il tribunale civile di Roma, chiedendo un compenso adeguato secondo la legge europea e nazionale. Dopo otto anni di trattative, Artisti 7607 sostiene che Netflix violi la normativa sull'equo compenso, in quanto non fornisce dati completi sullo sfruttamento delle opere. Sebbene Netflix abbia dichiarato di aver tentato un accordo senza successo e neghi la violazione di legge, Artisti 7607 ha evidenziato la mancanza di trasparenza nei dati di visione. La società, nata nel 2012 per riscuotere il diritto d'autore, sostituisce l'IMAIE liquidato nel 2009, accusato di non distribuire i compensi raccolti. In precedenza, il Nuovo IMAIE ha raggiunto un accordo con Netflix per il pagamento dei diritti, ma Artisti 7607 ritiene che l'accordo non rispetti i principi di compensazione adeguata. Questa azione legale segue precedenti iniziative di Artisti 7607 contro Netflix e la partecipazione a lettere aperte chiedendo incontri istituzionali per discutere le questioni relative ai compensi degli attori. Tra gli attori coinvolti in queste iniziative ci sono Elio Germano, Valerio Mastandrea, Neri Marcorè e Claudio Santamaria. 
Alla prossima 👋 
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lamilanomagazine · 6 months
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Forum dell’Unione per il Mediterraneo: l’intervento del Ministro Tajani ed il focus sul conflitto in Medio Oriente
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Forum dell’Unione per il Mediterraneo: l’intervento del Ministro Tajani ed il focus sul conflitto in Medio Oriente Partecipazione del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani, all’VIII Forum regionale dell’Unione per il Mediterraneo. Il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, ha partecipato oggi a Barcellona all’ottavo forum regionale dell’”Unione per il Mediterraneo”. Nell’intervento in plenaria, nel ribadire la ferma condanna dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, Tajani ha confermato l’impegno italiano a sostegno della legittima Autorità palestinese. Ha poi sostenuto che è importante una diminuzione della spirale di violenza innescata in Cisgiordania, al fine di non inficiare future prospettive di dialogo fra israeliani e palestinesi. Salutando con grande favore il rilascio dei primi ostaggi, il Vicepremier ha sottolineato che si tratta di un risultato diplomatico di grande significato anche per il futuro del conflitto. “L’Italia è impegnata per fare affluire aiuti umanitari a Gaza, in particolare con l’invio di una nave con capacità sanitarie e il possibile approntamento di un ospedale da campo, ha dichiarato Tajani, aggiungendo che “siamo pronti ad assicurare il ricovero di minori palestinesi sul suolo nazionale, qualora necessario in collaborazione con gli Emirati Arabi Uniti.” Sul piano regionale il Vicepremier ha riconosciuto che esiste un rischio di escalation soprattutto per quanto riguarda la linea di demarcazione fra Israele e Libano, con particolare riferimento alle attività di Hezbollah. Per quanto riguarda le prospettive post-conflittuali, ha sottolineato che l’unica soluzione credibile e sostenibile della crisi è una ripresa del processo politico israelo-palestinese. Ciò consentirà di tracciare una chiara distinzione fra Hamas e il popolo palestinese, con la legittima aspirazione di quest’ultimo alla creazione di uno Stato in un processo che possa rafforzare anche la sicurezza di Israele. “E’ evidente – ha concluso Tajani - che ci dovrà essere una fase transitoria con il pieno coinvolgimento della Autorità nazionale palestinese”. La riunione di Barcellona è stata anche occasione per una serie di incontri bilaterali con ministri degli Esteri di Paesi che possono giocare un ruolo chiave in questo momento, soprattutto nella prospettiva di una de-escalation del conflitto a Gaza. Questi temi, insieme alle prospettive politiche per la risoluzione del conflitto, sono stati al centro del colloquio con il ministro degli Esteri saudita Faisal, presente alla riunione nella sua qualità di presidente del “Comitato arabo-islamico per la pace”, istituito al seguito del summit della Lega araba svoltosi di recente a Riad. In particolare, da parte saudita si guarda al futuro del processo di pace in Medio Oriente nell’aspettativa che da questa gravissima crisi possa nascere un nuovo impulso verso la soluzione “due popoli, due Stati”. Ciò implica anche un rafforzamento dell’Autorità nazionale palestinese che passa per la tenuta di elezioni che possano dare forza e nuova legittimità alla leadership palestinese. Nell’incontro con il ministro degli Esteri turco Fidan è emersa forte preoccupazione per i rischi di aggravamento della situazione umanitaria e degli sfollati a Gaza nel caso in cui dovessero riprendere le operazioni militari con piena forza. Ecco perché è importante unire gli sforzi affinché le pause umanitarie diventino più prolungate, strutturate e ripetute. Con il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib, Tajani ha sottolineato la necessità di tenere sotto controllo la situazione nel Sud del Libano, al confine con Israele, anche avvalendosi del ruolo di Unifil come canale di comunicazione fra le parti. È comune la consapevolezza che la ripresa di un orizzonte politico per i palestinesi possa servire a impedire che la strumentalizzazione del conflitto in corso da parte di formazioni estremiste e assicurare stabilità nella regione nel medio e lungo periodo. Con il ministro degli Esteri egiziano Shoukry, il Vicepremier ha confermato la disponibilità italiana a fornire assistenza medica alla popolazione di Gaza sia attraverso l’invio di una nave con capacità ospedaliere sia attraverso il dispiegamento di un ospedale da campo. Per entrambe queste iniziative è essenziale il sostegno e la collaborazione dell’Egitto, soprattutto dal punto di vista logistico e organizzativo. Tajani ha anche ringraziato l’Egitto per gli sforzi profusi per l’afflusso degli aiuti umanitari attraverso il valico di Rafah, l’impegno per la liberazione degli ostaggi e per il rilancio della prospettiva politica della formula “due popoli, due Stati”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Una escalation che gli Usa vogliono evitare a tutti i costi
Si complica la visita diplomatica di Biden in Israele. Dopo la strage all ospedale a Gaza salta il vertice in Giordania con Egitto e Autorità nazionale palestinese. Il racconto per RaiNews.it dell’inviato di RaiNews24 a Tel Aviv, Alessandro Marchettisource
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apsny-news · 1 year
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Ad Aqaba impegno tra l'Anp e Israele ma non sugli insediamenti - Mondo
Israeliani e Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno preso ad Aqaba, in Giordania, un impegno comune a fermare l’escalation e a prevenire ulteriori violenze in Cisgiordania. Questo quanto reso noto dall’agenzia ufficiale di Amman, la Petra. Ma sulla parte che riguarda gli insediamenti nei Territori, Israele ha negato i punti della intesa pubblicati dalla Petra, sostenendo che non ‘c’è alcun…
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corallorosso · 4 years
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Violenza e impunità: in Cisgiordania il Covid non ferma la "legge dei coloni" Violenza. Impunità. E’ la “legge dei coloni”. Che resta in vigore anche ai tempi del Covid. Dallo scoppio della pandemia, in Cisgiordania, si registra una inarrestabile escalation di violenza dei coloni sui civili palestinesi, con 127 attacchi solo dal 5 marzo. Mentre da un lato le autorità israeliane si sottraggono sistematicamente al compito di tutelare centinaia di famiglie dagli abusi (a cui sarebbero obbligate dal diritto internazionale, come nazione occupante), dall’altro intensificano le azioni di demolizione di immobili ritenuti abusivi, gli sfollamenti forzati e si impedisce l’accesso della popolazione palestinese ai terreni agricoli. In Cisgiordania, tra l’altro, si sono già verificati oltre 530 contagi da Coronavirus (e il sistema sanitario è del tutto impreparato ad affrontare l’impatto della pandemia, con appena 255 posti di terapia intensiva e 175 ventilatori polmonari per oltre 3 milioni di abitanti. È la denuncia diffusa oggi da Oxfam con il nuovo rapporto “Violenza e impunità in Cisgiordania al tempo del Coronavirus”, pubblicato all’indomani del voto di fiducia al nuovo governo di “unità nazionale” guidato da Benjamin Netanyahu. Il j’accuse di Oxfam, il silenzio dell’Italia: “Ci si dovrebbe chiedere dove sia finito il nostro senso di umanità se, nel bel mezzo di una pandemia globale, intere famiglie innocenti vengono lasciate senza una casa, mezzi di sostentamento, espropriate di ciò per cui hanno lavorato un’intera vita, ed esposte ancor di più al rischio del contagio, nella quasi assoluta indifferenza dell’opinione pubblica internazionale - rimarca Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia... (...) La speranza quindi a questo punto è che la comunità internazionale, Italia e Ue in testa, assumano una posizione che consenta, proprio in ragione della straordinarietà del momento che stiamo vivendo, di tornare a pensare ad una vera e giusta soluzione che porti la pace ai palestinesi e agli israeliani attraverso una strategia inclusiva, basata sui principi del diritto internazionale. Proprio in queste settimane un nutrito gruppo di parlamentari italiani di maggioranza ha consegnato un’interrogazione al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, volta a chiarire la posizione dell’Italia sul Piano presentato da Israele, rispetto a quali azioni concrete intende mettere in atto per prevenirlo e a quali ricorrere qualora Israele intendesse proseguire. Ad oggi il Ministero degli Esteri non ha ancora risposto, chiediamo quindi che ciò avvenga prima possibile.” Richiesta che rigiriamo al titolare della Farnesina e alle forze di sinistra che sostengono e fanno parte del governo Conte II. Il silenzio è complice. di Umberto De Giovannangeli
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nandocan-posts-blog · 7 years
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Palestina. Chi soffia sul fuoco
Palestina. Chi soffia sul fuoco
L’ambasciatore USA David Friedman al Muro del Pianto Roma, 1 ottobre 2017 – Martedì 26 settembre nei pressi di Har Adar, colonia di israeliani benestanti poco a nord di Gerusalemme. Al controllo di sicurezza sui pendolari polestinesi, un operaio delle pulizie estrae improvvisamente un’arma e apre il fuoco. Uccide un agente della polizia di frontiera e due guardie della sicurezza civile. Un altro…
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giancarlonicoli · 3 years
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3 mar 2021 17:50
L’UOMO DELLE STRAGI DI STATO - UN FORMIDABILE E AGGHIACCIANTE LIBRO DELLO STORICO GIACOMO PACINI RICOSTRUISCE L'IDENTIKIT DI FEDERICO UMBERTO D'AMATO, LO SPIONE DELL’UFFICIO AFFARI RISERVATI DEL VIMINALE CHE DETTE VITA ALLA “STRATEGIA DELLA TENSIONE” CON LA BOMBA DI PIAZZA FONTANA E L'ECCIDIO ALLA STAZIONE DI BOLOGNA - RICATTAVA POLITICI, COMPRAVA GIORNALISTI, SI INTRATTENEVA CON LICIO GELLI, STEFANO DELLE CHIAIE, ADRIANO SOFRI – FU LUI A CONSEGNARE IL “PIANO SOLO” DEL SUO NEMICO DE LORENZO A SCALFARI E JANNUZZI E DIVENNE IL CRITICO GASTRONOMICO DELL’”ESPRESSO”…
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Roberto Faben per "la Verità"
Agli italiani che ricordano il periodo storico, tra il 1969 e il 1980, quando l'atto di sostare in una stazione ferroviaria o di salire su un treno paventava immagini di ordigni esplosi e carni dilaniate, e che ancora si pongono domande sui mandanti ed esecutori delle stragi perpetrate nel Paese nel corso dei truci anni della «strategia della tensione», il nome di Federico Umberto D'Amato risulta poco noto.
Eppure con questa figura schiva che, attraverso una progressione di carriera, iniziata il 1° agosto 1943, quando entrò in polizia e fu assegnato al commissariato di Trastevere a Roma, divenne il più potente e ascoltato dirigente di quell'Ufficio affari riservati (Uar) del ministero dell'Interno, cellula istituzionale con ruolo di polizia politica e di intelligence al più alto livello, di fatto un super-servizio segreto, s' intrecciano gli enigmi tuttora scarsamente chiariti della Prima Repubblica durante la Guerra Fredda.
Come quelli che ancora sussistono sull'eccidio alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che ebbe un bilancio di 85 morti e centinaia di feriti. L'11 febbraio 2020, la Procura generale di Bologna ha formalizzato avvisi di conclusione delle indagini con ipotesi di reato quale presunto mandante e finanziatore della strage nei confronti di D'Amato, in concorso con l'ex-capo della loggia massonica segreta P2, Licio Gelli, con il banchiere Umberto Ortolani e con l'ex-direttore della rivista Il Borghese, Mario Tedeschi.
Gli indiziati sono tutti deceduti. Le imputazioni della Procura petroniana si basano su un appunto manoscritto in possesso di Gelli al momento del suo arresto a Ginevra il 13 settembre 1982, nel quale, sotto l'indicazione del numero di conto corrente del «Venerabile» all'Unione Banche Svizzere (525779-.Xs) e la dizione «Bologna», sono riassunte varie operazioni finanziarie avvenute tra il 1979 e il 1980 a favore di riceventi con nome in codice.
Una di esse, è destinata a un fantomatico «Relaz. Zaff.», personaggio oppure organizzazione che, nell'ottobre 1980, avrebbe ricevuto 850.000 dollari attraverso 5 bonifici. Non è la prima volta che questo documento finisce al centro di un'inchiesta giudiziaria, ma stavolta, la Procura di Bologna suppone che lo «Zaff» del manoscritto sia il criptonimo di D'Amato, dominus dell'Uar.
La tesi è che egli, appassionato di gastronomia - tanto da essere stato incaricato, nel 1977, dal settimanale di sinistra L'Espresso, di curare una rubrica di cucina, firmata con pseudonimi, e di dirigere la Guida dei ristoranti italiani - sia stato il destinatario degli emolumenti. L'identificazione di «Zaff.» in D'Amato si legherebbe al fatto che colui che amava essere soprannominato «lo Sbirro», avesse esaltato le proprietà dello zafferano in due righe di un suo libro del 1984, Menu e dossier.
Un altro indizio da decifrare è il versamento di 506.000 dollari, somma che corrisponde a quella del quarto bonifico a favore di «Zaff.», su un conto Ubs di Ginevra chiamato «Federico», forse provenienti dalla filiale peruviana del Banco Ambrosiano, eseguito da tale avvocato Michel De Gorsky, amministratore della società «Oggicane», che sarebbe riconducibile a D'Amato.
Questi fondi furono utilizzati nel novembre 1979 per l'acquisto di un appartamento a Parigi che fu in effetti, prima di essere venduto, di proprietà dello stesso ex capo dell'Uar. In attesa di conoscere maggiori dettagli sull'inchiesta dei pm bolognesi, lo storico Giacomo Pacini, che nel libro uscito per Einaudi La spia intoccabile.
Federico Umberto D'Amato e l'Ufficio affari riservati, parte da questi elementi per ricostruire cupi retroscena degli anni degli opposti estremismi. Tuttavia sostiene che la tesi accusatoria che vorrebbe D'Amato - nel 1980 direttore della polizia di frontiera - complice di Gelli nel finanziamento di cellule eversive neofasciste mediante fonti distratti dal Banco Ambrosiano e confluiti nelle banche di Ortolani, appare «estrema», «fino ai limiti della credibilità».
D'altra parte, un altro nodo, archiviato dalla Procura di Bologna, resta insoluto. È quello riconducibile alla «pista palestinese», in base al quale l'attentato del 2 agosto sarebbe stato un atto di rappresaglia del Fronte nazionale di liberazione della Palestina (Fnlp), per violazione da parte delle autorità italiane del «lodo Moro», accordo di non belligeranza con i palestinesi accettato dallo statista Dc, venuto meno con l'arresto novembre 1979 a Ortona (Chieti) di alcuni militanti di Autonomia operaia che trasportavano missili terra-aria Strela sovietici destinati ai palestinesi e, a Bologna, di Abu Anzeh Saleh, garante del Fnlp.
Ma, riguardo l'incriminazione di D'Amato, che rapporti intratteneva con Gelli? E qual era la sua storia? Pacini, paziente esploratore d'archivi, ne ricostruisce, con dovizia di riferimenti documentali, biografia e attività. Quando, nel luglio 1981, il ministro dell'Interno Virginio Rognoni chiese all'alto funzionario spiegazioni sul perché il suo nome apparisse tra gli iscritti alla P2, egli rispose di non aver avuto nulla a che fare con le attività della loggia.
E «che era entrato a farne parte solo per svolgere quei compiti di tipo informativo da sempre chiestigli dal ministero», gli stessi rapporti «di quelli che aveva avuto con militanti dell'estrema sinistra, dell'estrema destra, del Pci, del Msi, del terrorismo palestinese o con agenti dei servizi sovietici».
In un'intervista, definì Gelli «un cretino» che diceva «tremende banalità», pur sapendo essere «persuasivo, rassicurante», tanto che potenti, si trattasse di «un presidente del Consiglio pericolante () o un direttore di giornale» che temevano di essere sostituiti, si rivolgevano a lui nella suite all'hotel Excelsior di Roma, ma il suo scopo «non era politico, ma economico. Perché mai avrebbe dovuto sovvertire le istituzioni? Ideare un golpe? () Lui stava benissimo così, intrallazzando, facendo soldi a palate».
Federico Umberto D'Amato nacque solo per una coincidenza a Marsiglia il 4 giugno 1919. Era figlio di un commissario di polizia napoletano di origini aristocratiche e di un'operaia piemontese, attivista nel sindacalismo cattolico.
Si laureò in giurisprudenza a Roma nel 1942 e i suoi primi legami con l'intelligence si ebbero dopo l'8 settembre 1943 quando, schieratosi con gli alleati, dopo essere stato iscritto al Partito fascista, l'agente segreto statunitense James Jesus Angleton lo reclutò per recuperare per l'«Offices of secret services», antesignano della Cia, nel territorio della Repubblica di Salò, gli archivi dell'Ovra, la polizia politica di Mussolini.
Agli Affari riservati entrò nel 1960 e qui rimase, pur con qualche ostacolo, negli anni successivi, sempre in stretta collaborazione con la Cia, fino a diventarne direttore dal 1971 all'anno in cui esso fu sciolto, il 1974. In quel periodo l'Uar era una struttura piramidale che raccoglieva, attraverso infiltrati e collaboratori, informazioni si uomini politici (tra i quali Andreotti, Fanfani, Donat Cattin, Cossiga), sindacalisti, giornalisti (come Biagi e Bocca) e movimenti extra-parlamentari.
Alla base della piramide operavano squadre periferiche di ufficiali di pubblica sicurezza svincolati dalle questure e attivi in anonimi uffici privati. A discrezione di D'Amato era la «valutazione politica» dei rapporti pervenuti e la decisione di quali elementi trasferire alla magistratura e al ministro e quali no.
Per questo egli, almeno fino al 1984, quando andò in pensione, «detenne un potere così vasto», si sottolinea nel saggio di Pacini, «da condizionare perfino le scelte dei vari ministri dell'Interno in carica».
Anche Tina Anselmi, implacabile accusatrice della P2, in una puntata del dicembre 1989 di La notte della Repubblica di Zavoli, lo elogiò, sostenendo che «negli apparati di sicurezza ci sarebbero voluti più uomini della sua capacità e intelligenza».
D'altra parte, l'ex-capitano del Sid Antonio La Bruna, dichiarò ai giudici Mastelloni e Salvini che l'organizzazione di estrema destra Avanguardia nazionale, «era pilotata dall'Uar retto dal D'Amato» e altri verbali riferiscono che il suo leader, Stefano Delle Chiaie, implicato nelle indagini su piazza Fontana (1969), frequentava con familiarità gli ambienti dell'Uar e l'ufficio di D'Amato.
Tra rififi nei servizi segreti e catene di figure messe a tacere per sempre, in una sciarada di specchi e rimbalzi di responsabilità, di Federico Umberto D'Amato resta una sibillina intervista nella quale, mentre esibiva i manichini meccanici che collezionava e di cui amava definirsi il jongleur, il manovratore, sosteneva che «una strage, il più vile attentato che si possa fare, è anche il più facile, non lascia tracce» e, con tono tenebroso, «che le stragi possono essere fatte un po' da tutti».
Parti del suo archivio segreto ancora non si sa dove siano. Nel suo testamento, «somme di denaro di scarsa entità», rivela l'autore del libro, «compaiono, insieme alla titolarità di due appartamenti a Roma, come lascito ad Antonella Gallo, deceduta, compagna di D'Amato dopo la morte della prima moglie Ida Melani (il funzionario non aveva figli, ndr)».
Negli anni Sessanta fondò il club di Berna, reunion dei servizi di sicurezza europei, talvolta con partecipazione della Cia, ancor oggi esistente. In vita non fu mai processato. Dopo la sua morte, nel quartier generale Nato a Bruxelles, gli fu intitolata una delle sale più prestigiose, riconoscimento mai ottenuto da alcun agente dell'intelligence italiana.
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gdsradio7 · 4 years
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Negli EAU dopo l’accordo arabo-israeliano autorità nazionale palestinese ritira l’ambasciatore L'Autorità nazionale palestinese ha richiamato l'ambasciatore palestinese negli Emirati Arabi Uniti dalla sede di Abu Dhabi. Lo ha fatto sapere l'agenzia di stampa ufficiale palestinese.
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Muos di Niscemi, apparato difensivo o strumento di aggressione americana? 
Se, come pare oramai cosa certa, il Drone che, su ordine del Presidente americano Trump, a ucciso in Iraq il generale iraniano Quassem Soleimani, eroe nella lotta contro l’abominevole Isis, sia partito dalla base di Sigonella, in Sicilia, e sia stato gestito dal Muos di Niscemi, ecco allora la quadratura del cerchio.
 Non soffermiamoci in questo momento sulla condanna del vile attentato, che pure va fatta e con estrema forza, manifestando solidarietà all’Iran ed in generale a tutte le nazioni che lottano contro il mostro Isis.
Vogliamo invece riflettere, ancora una volta, sulla funzione che ha il Muos installato dagli americani a Niscemi in provincia di Caltanissetta.
Come abbiamo più volte sostenuto, lungi dall’essere un apparato difensivo il Muos è un vero e proprio strumento di aggressione. Non è strumento di difesa perché non sussistono le condizioni generali perché lo sia.
Nessuna minaccia diretta è in atto, né è prevedibile che ci sia in futuro, per la nostra Nazione e per l’Europa più in generale.
 La struttura risponde invece alla logica imperialista degli americani che, convinti come sono del loro Destino Manifesto, ritengono di essere i gendarmi del mondo e di poter stabilire, impunemente, la politica internazionale, asservendola ai loro esclusivi interessi.
 Ed è pacifico che per ottenere gli obiettivi prefissati non tengono in considerazione gli interessi legittimi delle Nazioni coinvolte. Le quali, supinamente accettano ordini e direttive succubi come sono del peso economico, militare, culturale americano.
 Poche voci si alzano a contrastare questo predominio, in Italia il MSFT da sempre avversa l’imperialismo americano, e tra gli Stati quanti hanno osato opporsi all’egemonia USA hanno pagato col sangue la loro linea di condotta. Ricordiamo come intere Nazioni siano scomparsi e come grandi Capi di Stato abbiano pagato con la vita il non volersi piegare alla dittatura USA.  
 Dicevamo che in Italia il MSFT ha lottato sempre contro l’imperialismo americano e che innumerevoli sono state le iniziative poste in essere a tal proposito.
 Vogliamo riportare un nostro scritto del Marzo 2015 con il quale stigmatizzavamo i rapporti di sudditanza della nostra Nazione nei confronti degli Stati Uniti.
 ...“La domanda è semplice e fin troppo semplice è, ahimè, la risposta.
La domanda: L’Italia è veramente una Colonia americana oppure si tratta solo di uno slogan politico? 
La risposta: Sì, siamo veramente una Colonia degli Stati Uniti d’America. Lo siamo dal punto di vista della cultura, sempre maggiori sono gli usi linguistici ed i riferimenti culturali con la Madre Patria USA; lo siamo per gli stili di vita, basta guardare cosa ci propinano continuamente i Media; lo siamo per le risorse economiche e finanziarie, basta vedere la grave crisi che abbiamo subito nell’ultimo periodo, crisi determinata dalla finanza internazionale e non certo da fattori produttivi; lo siamo per il mancato potere decisionale sul territorio dello Stato italiano. 
Tutto ciò perdura dalla fine della II Guerra Mondiale. Con rarissime eccezioni. 
Ricordiamo il sussulto d’orgoglio di Bettino Craxi, quando, essendo egli Capo del Governo, decise di opporsi alla cattura del Commando Palestinese atterrato nell’aeroporto di Sigonella.
In quell’occasione gli yankee dovettero fare marcia indietro dal proposito di imporre la loro autorità sulla nostra Nazione.  Questo è il solo caso di Orgoglio nazionale che io riesca a ricordare. Oggi, la spocchia americana si concretizza nel non osservare le disposizioni del TAR di Palermo che ha dichiarato illegittimi le autorizzazioni a procedere dei lavori del costruendo MUOS a Niscemi. Con un atteggiamento di assoluta presunzione gli americani hanno ripreso, dopo una pausa durata solo alcuni giorni, la costruzione del Mostro di Niscemi, come se nulla fosse. 
Tutto ciò in dispregio alle determinazioni del Tribunale italiano che ne inibiva la continuazione.  
Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore aveva esultato nell’apprendere della decisione del TAR di Palermo, vedeva coronato, con quella sentenza, uno sforzo durato anni, condiviso con altre organizzazioni politiche e non, tutte miranti a impedire la costruzione del MUOS ed a salvaguardare la salute dei siciliani.  
Avevamo scritto al Governatore della Regione siciliana, Crocetta, invitandolo ad attivarsi perché la determina del TAR diventasse compiuta con il fermo definitivo delle operazioni di costruzione. 
Avevamo scritto al Sindaco di Niscemi complimentandoci per il felice esito della battaglia congiuntamente condotta e che, finalmente, vedeva uno spiraglio di positività soprattutto per i suoi concittadini. Quanta gioia avevamo espresso in quelle lettere; C’eravamo illusi. Gli americani, quelli che si credono i padroni del mondo, quelli che possono sganciare impunemente bombe atomiche su inermi città, provocando milioni di morti; quelli che possono creare Stati da nulla e imporli a popolazioni residenti da millenni in quelle terre (Kuwait, Israele); quelli che possono determinare crisi economiche che riducono in povertà interi continenti, questi americani, possono fregarsene della sentenza di un Tribunale italiano e continuare nella costruzione di un mostro che, funzionale solo ai loro interessi strategici, porterà desolazione e morte in terra di Sicilia. Un moto di rabbia ci assale mentre scriviamo queste note, cresce in noi con la determinazione a non mollare la lotta.  
Riprenderemo come e più convinti di prima ad osteggiare la costruzione del MUOS.  
Ieri lo abbiamo fatto con manifestazioni nella Piazza principale di Niscemi; a Caltanissetta, avanti la Prefettura; chiedendo e ottenendo che si riunissero Consigli comunali aperti alle cittadinanze in diverse città dell’isola, ed ai quali abbiamo partecipato esplicitando la nostra posizione in merito al MUOS. Da domani pianificheremo una serie di azioni, ne parleremo nella prossima riunione di Segreteria regionale a Pergusa (EN), volte a continuare con maggiore efficacia l’opposizione alla ripresa dei lavori di completamento del MUOS.  
Ma intanto rivolgiamo un appello al Presidente della Repubblica, sia Egli, rappresentante al più alto livello del popolo italiano, ad intervenire perché il prestigio della nostra magistratura, l’autorevolezza delle nostre leggi, la dignità del Popolo italiano non siano derisi dalla tracotanza di una Nazione che NON può permettersi tutto questo. 
Sappia trovare, il nostro Presidente, il tempo ed i modi per riaffermare la Sovranità della Nazione Italiana. Non perdiamo, di fronte al mondo intero, oltre che il diritto all’autodeterminazione, anche quel poco di prestigio internazionale che ancora ci rimane”.
Mario Settineri
Segretario Regionale MSFT
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lamilanomagazine · 7 months
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Il Vicepresidente e Ministro Tajani, a Parigi alla Conferenza umanitaria internazionale per la popolazione di Gaza
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Il Vicepresidente e Ministro Tajani, a Parigi alla Conferenza umanitaria internazionale per la popolazione di Gaza Si è svolta a Parigi la Conferenza umanitaria internazionale per la popolazione di Gaza. Presente il Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani. Il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani, ha presenziato Parigi alla Conferenza umanitaria internazionale per la popolazione di Gaza, indetta dal Presidente francese Macron per coordinare il sostegno della Comunità Internazionale ai civili palestinesi. Oltre a quella del Capo dello Stato francese e di Autorità di vari Paesi, è stata confermata la partecipazione del Presidente della Commissione Europea Von der Leyen, del Presidente del Consiglio Europeo Michel, del Primo Ministro dell’Autorità Palestinese Shteyyeh, del Commissario Generale di UNRWA Lazzarini,del Capo degli aiuti di emergenza ONU Griffiths e del Presidente del Comitato Internationale della CroceRossa Spoljaric Egger. “L’Italia ha condannato con la massima fermezza la violenzaterroristica perpetrata da Hamas contro i civili israeliani ”, ha dichiarato Tajani, aggiungendo che “dobbiamo ora pensare a fare il massimo per evitare una crisi umanitaria a Gaza e l’Italia è pronta a fare la sua parte, come dimostrato dall’invio di due voli umanitari destinati a fornire un aiuto immediato ai civili nella Striscia”. In proposito, si ricorda anche, come annunciato dal Ministro della Difesa Crosetto, che la nave della Marina Militare italiana Vulcano, attrezzata con ospedale e sale operatorie, è in partenza per il Medio Oriente per accogliere feriti di Gaza. In occasione della Conferenza, il Vicepremier illustrerà ai partecipanti l’importanza che la Presidenza italiana del G7 nel 2024 intende attribuire alla situazione in Medio Oriente, con l’obiettivo di giungere a una soluzione credibile e duratura alla crisi, che parta dal sostegno dei partner all’Autorità Nazionale Palestinese e alla ripresa di un processo politico basato sul principio “due popoli due Stati”. Venerdì 10 novembre Tajani parteciperà inoltre all’apertura dei lavori della sesta edizione del “Paris Peace Forum”, piattaforma che riunisce Governi, organizzazioni internazionali, società civile e settore privato. Questa edizione del Forum è dedicata alla riforma della finanza globale, come strumento per la lotta alla povertà e per il contrasto al cambiamento climatico.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Progetto Israele-Egitto-Anp per giacimento gas a largo Gaza
(ANSA) – TEL AVIV, 18 GIU – Israele, Egitto e Autorità nazionale palestinese (Anp) “svilupperanno” il giacimento di gas marino a largo delle coste di Gaza. Lo ha annunciato l’ufficio del premier Benyamin Netanyahu specificando che lo sviluppo avverrà “nel quadro degli sforzi esistenti” tra Israele, Egitto e Anp “con particolare attenzione allo sviluppo economico palestinese e al mantenimento…
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nurmiblr · 6 years
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Il conflitto israelo - palestinese (in breve) e la scelta irrazionale di Trump
Molti dicono che a seguito delle parole di Trump, 45° presidente degli Stati Uniti d’America, ci aspetta una nuova Intifada.
Ma facciamo un passo indietro. 
Trump dichiara che Gerusalemme è capitale d’Israele, ignorando le condanne da parte dell’Ue e dell’Onu. 
Come mai questo riconoscimento ha scosso gli animi comuni? Da dove nasce questa tensione tra Palestina e Israele?
Facciamo due (o anche tre) passi indietro.
Siamo allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il Regno Unito era una grande potenza e aveva come obiettivo quello di ottenere l’appoggio dei paesi arabi contro gli ottomani durante la guerra. Fece promesse contrastanti tra loro e tra queste promise di sostenere l’indipendenza dei paesi arabi (eccetto alcuni). La Palestina non era inclusa in questi territori “esclusi dall’indipendenza”. Da questo malinteso nacque la prima “rivolta araba”.
Dopo qualche anno (1917) la Gran Bretagna pubblicò una dichiarazione in cui riconosceva il diritto per i sionisti di creare una propria nazione (o questo è quello che è stato recepito, visto che la dichiarazione riportava le parole “focolare nazionale” e non “Stato” o “nazione”). 
Così nacquero i primi conflitti tra arabi e sionisti (futuri israeliani).
Arabi ed ebrei vissero insieme con non poche difficoltà. Negli anni ‘30 l’Inghilterra decise di ritirare l’appoggio che fino a quel momento aveva dato agli ebrei palestinesi a causa dei loro comportamenti violenti, così questi ultimi cercarono l’appoggio degli Stati Uniti.
Nel 1947, quando la situazione divenne ormai ingestibile, l'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine) decise di dividere la regione in questione in 3 parti: uno Stato palestinese, uno ebraico e uno gestito direttamente dall’ONU.
Le nazioni arabe fecero ricorso.
Nel 1948 ci fu la “nakba” (in arabo “catastrofe”), ovvero l’esodo dei palestinesi al termine del mandato britannico. I palestinesi si videro privati di qualsiasi diritto, sia durante sia al termine del conflitto.
Nel 1987 abbiamo la prima Intifada, ovvero una sorta di ribellione attraverso scioperi e disobbedienza civile per contrastare l’occupazione israeliana.
Nel 1989 oltre 90 nazioni riconobbero la Palestina come stato.
Nel frattempo numerosi accordi di pace fallirono alimentando la nascita della seconda intifada (2000).
Nel 2007 Hamas (un’organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare considerata terroristica da molti stati) prese il controllo della Striscia di Gaza ed cacciò con la forza Fatah.
             PARENTESI SU HAMAS:
Hamas è l’organizzazione palestinese responsabile di numerosi attacchi suicidi contro l’esercito israeliano. Riesce a vincere inaspettatamente le elezioni del 2006 per il consiglio legislativo dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), entrando così in conflitto con il Partito Fatah.
Israele impose un blocco terrestre, aereo e marittimo per la Striscia di Gaza.
Da allora il conflitto israelo-palestinese si è fatto sempre più duro.
Ritorniamo al punto di partenza. Trump ha messo il piede in un terreno pieno di mine, ignorando non solo i delicati equilibri, spesso assenti, di quelle regioni, ma anche il valore storico di Gerusalemme.
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paoloxl · 5 years
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I rappresentanti europei sostengono che Israele sottopone i palestinesi a una “sistematica discriminazione”.
L’adolescente Ahed Tamimi, icona della resistenza palestinese, è stata condannata a otto mesi di carcere per aver schiaffeggiato nel 2017 un militare israeliano nella sua casa di Nabi Saleh, a nord di Ramallah, capitale amministrativa della Cisgiordania. Il soldato Elor Azaria è rimasto dietro le sbarre per 14 mesi dopo essere stato condannato da un consiglio di guerra per aver giustiziato un aggressore palestinese a terra gravemente ferito nella città di Hebron (sud della Cisgiordania) nel 2016. Dopo mezzo secolo di occupazione i rappresentanti diplomatici dei 28 Paesi dell’UE constatano la “sistematica discriminazione giuridica” di cui sono vittime i palestinesi in Cisgiordania. In un rapporto riservato rivolto ai responsabili del Servizio Esteri a Bruxelles e al quale “El País” ha avuto accesso, gli ambasciatori a Gerusalemme est e a Ramallah chiedono che Israele riformi la giustizia militare per “garantire un processo e una sentenza equi in base alle leggi internazionali.”
I diplomatici che firmano il documento rappresentano governi che spesso divergono apertamente in merito al conflitto israelo-palestinese, che però concordano nel descrivere il modo di funzionare concreto dell’occupazione israeliana in Cisgiordania come un “regime duale”. Benché non figuri nel testo l’espressione apartheid giuridico, il suo contenuto dà conto di una giustizia segregata. “Il rapporto è una cartografia della situazione dei diritti nella cosiddetta Area C, sotto totale controllo israeliano e che rappresenta il 60% del territorio occupato, con una serie di raccomandazioni rivolte a Bruxelles sostenute da tutti i capi missione,” precisa una fonte europea a Gerusalemme.
Ai palestinesi vengono applicati la legge marziale e i regolamenti stabiliti da un dipartimento del ministero della Difesa, e sono sottoposti ai tribunali militari di “Giudea e Samaria”, denominazione biblica coniata in Israele per definire il territorio della Cisgiordania. Questi organi esecutivi e giudiziari si basano anche su norme ereditate dai precedenti poteri coloniali o amministrativi. Ci sono ancora in vigore leggi ottomane (per esempio per confiscare terre palestinesi apparentemente non coltivate), britanniche (per operare detenzioni amministrative, senza imputazioni e a tempo indefinito, che ora colpiscono circa 440 prigionieri) e persino giordane, quelle dell’amministrazione presente sul territorio fino al 1967, quando Israele occupò i territori palestinesi dopo la guerra dei Sei Giorni. Secondo il rapporto annuale dei tribunali militari israeliani del 2011, l’ultimo disponibile, i palestinesi sottoposti a processo penale sotto l’occupazione hanno una percentuale di condanne del 99,74%.
Documento riservato.
Questo documento riservato dell’UE, con data 31 luglio scorso e che deve ancora essere preso in considerazione a Bruxelles, esamina la “la realtà di un’occupazione quasi permanente.” In Cisgiordania più di 2,5 milioni di palestinesi si vedono “privati dei loro diritti civili fondamentali” e devono far fronte a “numerose restrizioni della loro libertà di movimento.” Oltretutto da cinquant’anni l’economia palestinese è soggetta a un “sostanziale sottosviluppo”.
I rappresentanti diplomatici europei concordano nel difendere la soluzione dei due Stati come il percorso migliore verso una pace regionale. Riconoscono anche di comune accordo che lo sforzo della UE per “il processo di creazione di istituzioni statali e di sviluppo di un’economia palestinese sostenibile,” come prevedono gli accordi di Oslo del 1993, è compromesso dalle limitazioni giuridiche descritte nel rapporto, che tra i suoi destinatari ha anche i governi dei 28 Stati membri.
I 400.000 coloni ebrei che si sono stabiliti in Cisgiordania sono sottoposti solo alle leggi israeliane, in base ad uno status personale ed extraterritoriale. I 300.000 palestinesi che risiedono nell’Area C devono rispondere a una legislazione penale molto più rigida. Un colono deve comparire davanti a un giudice civile israeliano entro 24 ore, mentre un palestinese può essere portato davanti a una corte militare fino a 96 ore dopo.
I palestinesi vengono discriminati anche in materia di libertà civili, come quella d’espressione e di riunione, o di diritti urbanistici di edificazione. Le riunioni di più di 10 persone devono avere il permesso del comandante militare, che di rado lo concede. La pena per aver violato il divieto arriva fino a 10 anni di carcere. “Anche la riunificazione familiare, in particolare quando uno dei membri della famiglia ha doppia cittadinanza, palestinese e di un Paese europeo, viene resa difficile dalle autorità israeliane,” sottolinea la fonte europea consultata.
Tra il 2010 e il 2014 è stato concesso solo l’1,5% delle richieste di licenza edilizia presentate dai palestinesi nell’Area C della Cisgiordania. Di conseguenza più di 12.000 costruzioni sono state demolite in quanto accusate di essere illegali dagli amministratori militari dell’occupazione. L’Ue ha finanziato direttamente 126 progetti urbanistici palestinesi nell’Area C, dei quali sono 5 sono stati approvati da Israele.
“I palestinesi della Cisgiordania sono soggetti a meccanismi (legali) sui quali non hanno nessun diritto di rappresentanza”, puntualizza il documento riservato europeo, “dato che i militari israeliani sono un’entità esterna che risponde solo a un governo straniero.” Nel giugno dell’anno scorso circa 6.000 palestinesi (di cui 350 erano minorenni, come Ahed Tamini) si trovavano rinchiusi in carceri situate in territorio israeliano come “prigionieri per questioni di sicurezza”, chiamati così perché si tratta di casi di “violenza di origine nazionalista.”
Diplomatici a Gerusalemme e a Ramallah.
Il rapporto dei diplomatici dell’UE a Gerusalemme e Ramallah ritiene che Israele violi la legislazione internazionale per il fatto di spostare prigionieri e detenuti fuori dalla Cisgiordania, e nel contempo rende difficile il diritto di visita dei familiari.
Per delitti identici commessi nello stesso territorio esistono due diversi parametri giuridici. Le inchieste della polizia israeliana del “distretto di Giudea e Samaria” portano ad accuse formali contro coloni ebrei sono nell’8% dei casi di attacchi contro palestinesi o danni alle loro proprietà.
Secondo il giornale [israeliano] “Haaretz” il numero di “delitti dovuti al nazionalismo” commessi da abitanti delle colonie contro i palestinesi in Cisgiordania è aumentato di tre volte l’anno scorso, quando si sono registrati 482 incidenti di questo tipo, rispetto al 2017, durante il quale se ne sono contati 140. Nei due anni precedenti si era determinata una riduzione di questi attacchi in seguito alle conseguenze prodotte nel 2015 dalla morte di un bambino di 18 mesi, bruciato vivo, e dei suoi genitori in seguito a un attacco a Duma, località che si trova a nordest di Ramallah. Due giovani coloni sono in attesa di giudizio per questo attentato incendiario.
Il presidente Abbas volta le spalle alla società civile palestinese.
Il rapporto dei capi missione europei presso l’Autorità Nazionale Palestinese che si trovano a Gerusalemme e a Ramallah è critico anche nei confronti del governo del presidente Mahmoud Abbas, che riceve dalla UE aiuti finanziari essenziali per la sua sopravvivenza. La politicizzazione del sistema giudiziario, gli arresti arbitrari (anche di giornalisti), gli abusi e le torture nei centri di detenzione e l’uso sproporzionato della forza contro manifestanti pacifici, tra le altre azioni del governo palestinese, ricevono le critiche del rapporto diplomatico dell’Unione. Il rais Abbas non è sottoposto a controllo parlamentare ed emana leggi attraverso decreti su una società civile molto giovane, ma limitata dall’egemonia del dirigente ottuagenario.
Traduzione per Zeitun.info di Amedeo Rossi
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livioacerbo · 7 years
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Palestina, Hamas accetta condizioni di riconciliazione con Anp
Palestina, Hamas accetta condizioni di riconciliazione con Anp
Accordo tra i due gruppi rivali, dopo anni di scontri. Sì anche alle elezioni generali palestinesi che comprendano sia Gaza che la Cisgiordania. Mediazione dell'Egitto. Hamas e la rivale Autorità nazionale palestinese (Anp), controllata da Al-Fatah del … by Livio Acerbo #greengroundit from
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