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#utilitalia
leparoledelmondo · 8 months
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Perdite idriche
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Nella rete idrica italiana si registrano perdite idriche pari a 3,4 miliardi di metri cubi, vale a dire che nella fase di distribuzione dell’acqua ci perdiamo il 42,2% di quella emessa in rete (fonte Istat 2020). Si potrebbe esclamare: alla faccia della siccità!
Ma aggiungiamo un altro elemento alla situazione: stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso soddisferebbe le esigenze di oltre 43 milioni di persone per un intero anno.
Beh, cosa aspettiamo a sistemare i tubi che perdono? 
Il 25% della rete idrica italiana ha superato il limite di resistenza strutturale di 70-80 anni. Con l’attuale tasso di rinnovo della rete (3,8 metri all’anno per ogni km di condotte di acquedotto a fine vita) si calcola che forse tra 250 anni raggiungeremmo livelli di perdite accettabili ed “europee” intorno al 10% (fonte Utilitalia, federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua).
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scienza-magia · 1 year
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L'Italia ha bisogno di investire in infrastrutture idriche
Acqua, gli investimenti dell’Italia lontani dalla media Ue: invasi vecchi, perdite di rete e scarso riuso dei reflui aggravano gli effetti della siccità. Nella giornata mondiale dell'acqua il nuovo Blue Book, monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato presentata da Utilitalia, quantifica il gap infrastrutturale e di investimento tra Nord e Sud Italia, i diversi modelli di gestione e le priorità per ridurre l'enorme spreco, ormai insostenibile in tempi di cambiamenti climatici. Gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico raggiungono i 56 euro all’anno per abitante, in crescita del 17% dal 2019 (quando era a 49 euro) e del 70% dal 2012, ma il Paese è lontano dalla media europea (a quota 82 euro) e il miglioramento della qualità del servizio segna una netta differenza tra Nord e Sud. Un gap dovuto alla diversa capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali ‘in economia’, dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico, diffuse soprattutto al Meridione. Nel frattempo, solo l’11% dell’acqua piovana viene trattenuta dagli invasi esistenti, che hanno un’età media di 62 anni, il 60% della rete idrica ha più di 30 anni e il 25% ha più di mezzo secolo. Per non parlare del riuso diretto delle acque reflue depurate in agricoltura fermo al 4%, contro un potenziale del 23% e di 1,6 milioni di italiani privi del servizio di depurazione, soprattutto nel Sud e nelle isole. Tutti fattori di vulnerabilità che rendono il Paese impreparato rispetto ai cambiamenti climatici e alla loro influenza sul ciclo idrologico. D’altronde la disponibilità media di acqua degli ultimi 30 anni (circa 133 miliardi di metri cubi) è diminuita del 20% rispetto al periodo 1921-1950. Lo ricorda il nuovo Blue Book, monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato, presentata da Utilitalia per la Giornata Mondiale dell’Acqua e realizzata dalla Fondazione Utilitatis con la collaborazione di The European House – Ambrosetti e con Istat, Ispra, Cassa Depositi e Prestiti, il Dipartimento della Protezione Civile e le Autorità di Bacino.
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La gestione frammentata – Al centro dell’analisi le differenze tra Nord e Sud e, soprattutto, tra diverse gestioni. In gran parte del territorio italiano, il servizio idrico è integrato e gestito da un unico operatore industriale: questo avviene in 5.759 Comuni (il 76% del totale) per una popolazione di circa 47 milioni di persone (l’82% del totale), ma è un sistema maggiormente diffuso al Nord Est e al Centro (rispettivamente per 98% e il 92% dei Comuni) e in misura inferiore al Sud (il 52%). In alcune realtà, invece, la filiera del servizio idrico è frammentata, seppur gestita da operatori industriali. Si tratta di 343 comuni (circa 2,3 milioni di persone, il 4% della popolazione nazionale). Alcuni Comuni gestiscono ‘in economia’ il servizio idrico, con in capo allo stesso Comune almeno una delle attività di acquedotto, fognatura e depurazione (o tutte, laddove il servizio è integrato). Funziona così in 1.519 Comuni (il 20% rispetto al dato nazionale) pari a circa 8,2 milioni di abitanti serviti (circa il 14% della popolazione nazionale). La maggior parte di queste gestioni ‘in economia’ interessa il Sud: 1.206 i Comuni, per una popolazione di circa 7,7 milioni di persone. E tutto questo ha delle conseguenze.Il gap degli investimenti e l’urgenza – Perché se con l’avvio della regolazione ARERA, nel 2012, dopo anni di instabilità gli investimenti registrano un incremento (per il 2021 si stima un valore pro capite di 56 euro) sul territorio ci sono enormi differenze. Quelli realizzati dai gestori industriali per il Centro Italia sono di 75 euro l’anno per abitante, seguito dal Nord-Est (56 euro) e dal Nord-Ovest (53 euro). Decisamente più bassa la stima per il Sud, fermo a 32 euro l’anno. “Ancora bassissimi – si spiega nel Blue Book – i dati relativi alle gestioni ‘in economia’, con cui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro”. Solo che negli ultimi 9 anni la temperatura nelle principali città italiane è aumentata di 1,3°C e nel 2022 è stato dichiarato lo stato di emergenza per deficit idrico in dieci Regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Liguria, Toscana, Marche. Per superare il divario territoriale e migliorare il grado di resilienza delle infrastrutture alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici in corso sono necessari ulteriori investimenti. “Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica – aggiunge il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali”. Utilitalia stima che i gestori investiranno, nei prossimi anni, almeno 10 miliardi di euro (la metà dei quali entro il 2024) aggiuntivi rispetto agli interventi finanziati con circa 4 miliardi di euro dal Pnrr, per un volume complessivo di acqua recuperata stimato in circa 620 milioni di metri cubi. Il nodo dei consumi – Il primo passo, però, spiegano gli esperti è la riduzione dei consumi. Secondo i dati Istat, dal 2015 al 2019 in Italia sono stati prelevati circa 30,4 miliardi di metri cubi di acqua per i principali settori d’uso. Il 56% è stato prelevato per l’irrigazione, seguono l’uso civile con il 31% e il settore industriale manifatturiero con il 13%. Nonostante la riduzione dello 0,4% rispetto al 2018, la verità è che l’Italia si conferma, ormai da più di un ventennio, al primo posto tra i Paesi Ue per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei. In termini pro capite, l’Italia (155 metri cubi annui per abitante) si colloca in seconda posizione, preceduta solo dalla Grecia (158) e seguita a netta distanza da Bulgaria (118) e Croazia (113). E il maggiore prelievo di acqua per uso potabile avviene nel distretto idrografico del Fiume Po: 2,80 miliardi di metri cubi, pari al 30,5% del totale nazionale. Perdite di rete (157 litri al giorno per abitante) e interruzione dei servizi – L’incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni emerge dagli indicatori della qualità del servizio idrico, come dimostrano i dati sulle perdite di rete (da circa il 44% del 2016 al 41% del 2021) o sulla frequenza degli sversamenti e allagamenti in fognatura (dai 12 eventi l’anno ogni 100 chilometri di rete del 2016 ai 5 del 2021). Resta ferma la distanza tra Nord e Sud. Per esempio nel numero di interruzioni del servizio, che nel Meridione è di due ordini di grandezza superiore rispetto al Settentrione e nelle perdite di rete, che nelle regioni del Sud sono a circa 47% contro il 31% del Nord-Ovest. Il risultato? Istat stima che la quantità di acqua dispersa sia di 157 litri al giorno per abitante: “Calcolando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno”. Secondo i dato Istat, nel 2020, in nove regioni le perdite idriche totali in distribuzione sono state superiori al 45%, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%). Di contro, tutte le regioni del Nord hanno registrato un livello di perdite inferiore a quello nazionale, ad eccezione del Veneto (43,2%). Il Friuli Venezia Giulia, con il 42,0%, è in linea con il dato nazionale. In Valle d’Aosta, il valore minimo di perdite (23,9%), seppur in aumento di circa due punti percentuali rispetto al 2018. Un percorso a step: “Partire da riuso, diversificazione, cuneo salino e gestioni indistriali” – Utilitalia sottolinea, quindi, la necessità di adottare un approccio preventivo, dove le cosiddette ‘5 R’ – Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione – costituiscono le azioni non più rinviabili. E lancia otto proposte in diversi step: entro 3 mesi favorire il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali. Il riuso delle acque depurate a fini agricoli o industriali è un potenziale enorme: circa 9 miliardi di metri cubi all’anno, di cui soltanto il 5% viene sfruttato (475 milioni). Per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento idrico, in Italia, per esempio, le acque marine o salmastre ne rappresentano solo lo 0,1%, contro il 7% della Spagna e il 3% della Grecia. In questa direzione vanno i progetti che puntano a produrre acqua potabile dal mare attraverso la dissalazione. Le altre proposte, da attuare entro 6 mesi, sono quelle di rafforzare la governance dei distretti idrografici e semplificare la realizzazione degli investimenti, per poi promuovere l’uso efficiente dell’acqua, incentivando la riduzione delle perdite di rete e i comportamenti virtuosi. Infine, la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, come interconnessioni delle reti, grandi invasi multifunzionali e piccoli invasi a uso irriguo. Read the full article
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crazy-so-na-sega · 2 years
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È una BOMBA A OROLOGERIA che nessuno ha disinnescato, anche se da mesi se ne avverte sempre più forte il ticchettio. E il timer ha ormai quasi esaurito il conto alla rovescia: all’esplosione mancano appena dieci giorni. Il 1° ottobre inizierà l’anno termico e a quel punto decine di società energetiche non avranno più gas a sufficienza da erogare ai clienti e cominceranno una dopo l’altra a fallire.
Potrebbero esserci 70 default prevede Utilitalia, associazione che riunisce 450 utilities..
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(GUARDAMI COME GUARDI IL FORNELLO DEL GAS....)
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lamilanomagazine · 1 month
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Il cimitero monumentale di Alessandria grazie alle diverse iniziative di valorizzazione culturale, viene inserito nell’“atlante dei cimiteri italiani”.
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Il cimitero monumentale di Alessandria grazie alle diverse iniziative di valorizzazione culturale, viene inserito nell’“atlante dei cimiteri italiani”. Nell’attuale edizione dell’“Atlante dei cimiteri Italiani” presentato alla fiera di settore “TANEXPO” che si è svolta a Bologna dal 4 al 6 aprile, è stato inserito il cimitero monumentale di Alessandria; la pubblicazione è uno degli obiettivi stabiliti nel Protocollo d'Intesa siglato nel 2016 tra Utilitalia-SEFIT (Servizi Funerari pubblici Italiani) e Ministero della Cultura (al tempo era denominato Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), finalizzato all'individuazione di azioni condivise di promozione turistica e valorizzazione culturale dei cimiteri monumentali e dei luoghi della memoria. Per ogni cimitero è presente una scheda in cui sono comprese informazioni su orari, posizione geografica, curiosità, indirizzi utili, una breve descrizione del sito, una selezione di monumenti e tombe di particolare rilevanza storico-artistica, indicate anche in mappa, e una selezione di monumenti e luoghi della città che presentano legami con quelli individuati all'interno del cimitero. Questo inserimento è un buon risultato corsi conseguito grazie alle iniziative di valorizzazione culturale condotte sul sito cimiteriale cittadino secondo il Patto di Collaborazione sottoscritto tra il Comune di Alessandria e la Sezione di Alessandria di Italia Nostra APS, a cui aderisce la società “Gestioni Cimiteriali s.r.l.” che gestisce i servizi cimiteriali comunali. Sono otto i luoghi del Cimitero Monumentale di Alessandria pubblicati e si riferiscono alle tombe di note famiglie e personaggi cittadini: il compositore e musicista Pietro Abbà Cornaglia in connessione a Palazzo Cuttica di Cassine, sede del Conservatorio “Antonio Vivaldi”; la famiglia Borsalino in relazione al “Borsalino Museum”; l’artista Rodolfo Gambini, la cui tomba era ornata da una statua dello scultore Attilio Strada autore del monumento eretto in memoria del pilota automobilista svizzero Carlo Pedrazzini ubicato in via Pistoia; l’industriale Angelo Verzetti il cui ritratto si trova presso la Pinacoteca dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo”, struttura di cui è stato benefattore; il patriota risorgimentale Andrea Vochieri in connessione alla Cittadella dove si trova la cella della sua detenzione; la famiglia Guerci in relazione all’omonima galleria situata tra via San Giacomo della Vittoria e via San Lorenzo; la famiglia Civaglieri Inviziati Sappa, in ricordo di Carlo Inviziati primo mecenate del noto scultore alessandrino Carlo Caniggia, autore del bassorilievo raffigurante “Alessandria che premia le Belle Arti” ubicato nella Sala Giunta del Palazzo Comunale; infine la famiglia Valizone in relazione al Duomo cittadino. Sull’argomento è degna di segnalazione l’intervento svolto in occasione della conferenza d’apertura dott.ssa Renata Santoro, coordinatrice TTL Nazionale di Valorizzazione cimiteri italiani Utilitalia-Sefit e Responsabile Promozione e Valorizzazione cimiteri Torino che proprio per la presentazione della pubblicazione ha trattato il tema: “L'arte e la storia dei cimiteri quale potenziale utile per tutte le realtà”; in quest’ambito sviluppato l’argomento “patrimonio cimiteriale italiano portato alla luce” toccando aspetti sociologici, antropologici, artistici, economici e normativi con l’intento di porre nuove prospettive in merito alle relazioni fra comunità e cimiteri, essendo questi ultimi un vero e proprio “patrimonio” di riferimento; una tematica che coincide con gli obiettivi promossi per la citata opera di valorizzazione del cimitero monumentale di Alessandria.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 4 months
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Gestione delle acque reflue: quale ruolo giocano le aziende private?
La gestione delle acque reflue è una questione sempre più al centro dell’attenzione dei cittadini e dei decisori politici, con l'obiettivo di trasformare questo problema in una risorsa che rispetti l’ambiente e la salute della popolazione. Si tratta di un settore particolarmente complesso, in cui operano sia imprese pubbliche che aziende private attraverso sinergie orientate all’innovazione e alla tecnologia Tra le realtà più innovative in questo campo c’è GAZEBO S.p.A., azienda italiana che dal 1963 progetta e produce impianti per la depurazione delle acque e antincendio. Come si legge anche su gazebo.it, tutti gli impianti sono realizzati con vasche prefabbricate monoblocco in cemento armato di ultima generazione, con investimenti continui in ricerca e sviluppo che rendono i prodotti GAZEBO unici in termini di qualità, durabilità e sicurezza. Naturalmente, oltre all’impatto positivo dell’eccellenza raggiunta da alcune aziende in questo settore, in Italia sarà possibile ottenere ulteriori progressi concentrando maggiori investimenti nel settore. Aumenta la spesa per le acque reflue in Italia, ma servono maggiori investimenti In base ai rilevamenti dell’Istat relativi al triennio 2020/2022, l’Italia ha speso 46,6 miliardi di euro per l’ambiente nel 2021, in crescita di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. In particolare, mentre la metà della spesa nazionale è stata destinata alla gestione dei rifiuti, pari a circa 24 miliardi di euro, il 22% ha interessato la depurazione delle acque reflue, con un aumento del 7% in confronto al 2020 e una spesa complessiva di 10 miliardi di euro per la raccolta e il trattamento dei reflui. Benché la Commissione Europea abbia rilevato un miglioramento negli ultimi anni nell’ambito della gestione delle acque reflue nel nostro Paese, gli investimenti in questo settore non sono ancora in linea con quelli degli altri paesi europei. Secondo l’Agenzia Europa dell’Ambiente, in Italia spendiamo solo 16 euro per abitante all’anno per realizzare nuove infrastrutture adibite alla raccolta e al trattamento delle acque reflue e per l’ammodernamento di quelle più obsolete, a fronte di una media europea di 41 euro all’anno per ogni cittadino.  In questo contesto un’opportunità da non perdere è legata al PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanziato dai fondi comunitari del Next Generation EU. Secondo un report di Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas, i gestori spenderanno 10 miliardi di euro nei prossimi anni, con 2,5 miliardi di euro di investimenti in fognature e depurazione. L’importanza del riuso delle acque reflue con il contributo di innovazione e ricerca Negli ultimi anni l’Unione Europea ha spinto gli stati membri a investire in ricerca e innovazione nell’ambito del riuso delle acque reflue, una soluzione considerata essenziale per garantire un approvvigionamento di acqua potabile più sicuro e ridurre l’impatto ambientale. Secondo l’Ispra, inoltre, riutilizzare le acque reflue depurate offre anche un beneficio economico, in quanto permette di usufruire di una risorsa idrica a costi più bassi grazie alle minori spese legate al riciclo rispetto ai costi per lo smaltimento. Naturalmente ciò richiede il raggiungimento di un determinato livello di qualità e il rispetto di certi requisiti igienico-sanitari, risultati impossibili da ottenere con i metodi convenzionali. Per questo motivo si stanno studiando tecnologie innovative per il trattamento e la disinfezione delle acque reflue, in grado di assicurare processi più efficienti e sicuri per beneficiare di acqua depurata di qualità elevata a costi contenuti finalizzata soprattutto all’impiego in campo agricolo. Al momento, secondo la società indipendente REF Ricerche appena il 4% delle acque depurate viene riusato in Italia, soprattutto per mancanza di condizioni normativo-regolatorie adeguate a favorire una maggiore diffusione di queste soluzioni, mentre il nostro Paese ha un potenziale del 23% del volume depurato che potrebbe essere riusato. Anche a livello globale la situazione non è migliore, infatti in base a un rapporto di Unep e GRID-Arendal solamente l’11% delle acque reflue viene riutilizzato nel mondo sprecando questa risorsa preziosa. Al contrario, una gestione corretta delle acque reflue potrebbe consentire di soddisfare il fabbisogno idrico irriguo di una superficie pari a quella del Paraguay, ovvero irrigare circa 40 milioni di ettari di campi coltivati. Per ottenere questi risultati servono però investimenti e tecnologie innovative, ma anche una maggiore sinergia pubblico/privato per vincere questa sfida complessa a vantaggio dell’ambiente e della collettività, uno sforzo che secondo Utilitalia potrebbe permette di sfruttare 9 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno soltanto in Italia riutilizzando le acque reflue depurate in agricoltura. Foto di kubinger da Pixabay Read the full article
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Acqua, energia, rifiuti, le utilities e la transizione sostenibile
ANSA Incontra – In collaborazione con Utilitalia Acqua, energia, rifiuti. Le utilities, le aziende che gestiscono questi settori chiave, hanno un ruolo determinante nella transizione ecologica. Alle sfide, agli strumenti e all’innovazione necessaria per uno sviluppo sostenibile economico, sociale e ambientale del nostro Paese è dedicato l’ANSAIncontra con Utilitalia che verrà trasmesso in…
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editorialstaff2020 · 1 year
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Agrifood Forum 2023, terza edizione dell’evento digitale dedicato alla sostenibilità del sistema agroalimentare 28 marzo 2023, ore 9.30
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Organizzato da Rinnovabili.it con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e la collaborazione di Santa Chiara Lab - Università di Siena, Earth Day Italia, Fondazione Symbola, Consorzio Italiano Biogas, ANIGhp e Utilitalia.
“Sostenibilità in agricoltura, costo o valore?” è il tema su cui quest’anno si confronteranno istituzioni, associazioni, aziende e innovatori per individuare progetti e strategie che rispondano alle due grandi sfide del nostro tempo: il cambiamento climatico e la necessità di fornire cibo sano a una popolazione che cresce senza esaurire le risorse del Pianeta
ROMA, MARZO 2023 – Agrifood Forum, l’evento digitale dedicato all’agricoltura e all’alimentazione sostenibili, torna per il terzo anno dopo il successo delle edizioni precedenti.
L’evento, che si svolgerà il 28 marzo, è organizzato da Rinnovabili.it, il quotidiano sulla sostenibilità ambientale diretto da Mauro Spagnolo, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e la collaborazione di Santa Chiara Lab - Università di Siena, Earth Day Italia, Fondazione Symbola, Consorzio Italiano Biogas, ANIGhp e Utilitalia.
Apriranno i lavori gli interventi di Maurizio Martina (vicedirettore generale FAO), Francesco Lollobrigida (ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste), Massimiliano Giansanti (presidente Confagricoltura), Ettore Prandini (presidente Coldiretti).
Il tema di Agrifood Forum 2023 è “Sostenibilità in agricoltura, costo o valore?”. I panel previsti – acqua, energia, profitto, innovazione – sono dedicati a quattro settori strategici per l’agricoltura.
La sostenibilità è un concetto dinamico che si sviluppa lungo tre direttrici: ambientale, economica e sociale. Gli obiettivi della sostenibilità coinvolgono ormai tutti i settori della produzione e in particolare quello dell’agricoltura, con le sue implicazioni sulla qualità del cibo e le sue ricadute sulla salute delle persone.
La filiera agroalimentare è un settore chiave dell’economia italiana che rappresenta circa il 15% del Pil nazionale: occupa 1 milione 408mila addetti, genera un valore aggiunto di circa 65 miliardi, l’export ha superato i 60 miliardi nel 2022.
Tuttavia, il susseguirsi esponenziale di eventi estremi, come alluvioni, siccità, nuove fitopatologie e insetti alieni, sta mettendo a dura prova il settore agricolo, quello zootecnico e la filiera del cibo. È più che mai urgente adottare soluzioni rapide ed efficaci per rispondere alle grandi sfide a cui è chiamato il mondo dell’agrifood: la trasformazione dei cicli produttivi, lo sviluppo di tecnologie innovative, l’autoproduzione e l’efficienza energetica, il risparmio idrico, la garanzia del profitto equo e il sostegno al suo valore sociale.  
L’agricoltura e la zootecnia sono messe sotto accusa perché ritenute responsabili di una parte rilevante delle emissioni climalteranti. Nel corso dell’evento vedremo che invece l’agricoltura può essere un’alleata preziosa della sostenibilità ambientale, e proprio da questo comparto produttivo possono venire soluzioni interessanti.
L’Europa pone limiti sempre più stringenti per raggiungere gli obiettivi climatici fissati per i prossimi decenni. È realistico pensare di vincere questa sfida ambientale e produttiva? Posto che dobbiamo vincerla, bisogna uscire dalla logica del conflitto per adottare una visione comune improntata alla concretezza: saranno necessari il gioco di squadra, la capacità di agire con lungimiranza, l’adozione di strategie realizzabili, la spinta all’innovazione e l’attenzione alle persone. Abitiamo tutti lo stesso Pianeta e abbiamo un obiettivo comune: garantire la sopravvivenza della Terra, che è anche la nostra.
Anche in questa edizione, l’obiettivo di Agrifood Forum è stimolare un dibattito sui temi chiave che sfidano il settore agroalimentare: «Abbiamo scomposto Agrifood Forum 2023 nei principali asset che supportano la profonda e straordinaria transizione che sta vivendo l’intera filiera del cibo: l’energia, l’acqua, il profitto, l’innovazione tecnologica. L’evento rappresenta ormai una scadenza irrinunciabile per la politica, gli stakeholder e per tutti gli operatori della filiera agrifood. Un’occasione unica in cui confrontarsi, condividere gli obiettivi, capire gli indirizzi dei decisori. Mentre da una parte crescono sempre di più le emergenze ambientali – come la drammatica siccità di quest’anno – registriamo un importante sviluppo delle tecnologie dei sistemi di lavorazione agricola e un sempre maggiore interesse da parte di operatori e finanziatori stranieri ad affacciarsi al nostro mercato. Sono sicuro che, come nelle scorse edizioni, parteciperanno all’evento migliaia di persone», dichiara Mauro Spagnolo, direttore responsabile di Rinnovabili.it
 L’evento è gratuito e aperto a tutti. Per consultare il programma completo e iscriversi all’evento cliccare qui
  Rinnovabili.it è la testata on-line sulla sostenibilità, l’efficienza energetica e l’uso delle fonti rinnovabili, diretta da Mauro Spagnolo. Nata nel 2007, da oltre 15 anni fornisce ogni giorno un servizio informativo completo e puntuale nell’ambito di undici sezioni tematiche (Ambiente, Energia, Green Building, Economia circolare, Mobilità, Agrifood, Formazione, Innovazione, Cultura, Green Economy, Turismo sostenibile), oltre a 16 Blog monografici, una newsletter settimanale e un periodico mensile. Attraverso la sua rete tecnica si occupa da anni di formazione, progettazione e innovazione tecnologica.
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corrieredelweb · 1 year
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Utility e innovazione, al via il progetto Utilitalia Innovation
http://dlvr.it/SjrJyR
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telodogratis · 2 years
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Secondo il dg di Ama, Roma è più pulita di Londra e Parigi
Secondo il dg di Ama, Roma è più pulita di Londra e Parigi
AGI – “Lo dicono tutti, da Ispra a Utilitalia. La differenziazione dipende dalla grandezza della città. Roma non è come Cittadella, dove lavoravo prima di tornare nella Capitale. In ogni caso facciamo meglio di Londra che è al 33%, Parigi al 25%, Berlino al 39%”. Lo afferma Andrea Bossola, direttore generale dell’Ama, in un’intervista a Repubblica, a proposito della raccolta differenziata nella…
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lamilanomagazine · 3 months
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Presentata a palazzo Zanca la virtuosa gestione dei rifiuti nella Città Metropolitana di Messina
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Presentata a palazzo Zanca la virtuosa gestione dei rifiuti nella Città Metropolitana di Messina. La virtuosa gestione dei rifiuti nella Città Metropolitana di Messina è stato il tema centrale dell'evento "65% e oltre! Efficienza e Sfide in Sicilia: Riduzione, Riutilizzo, Riciclo e Recupero", ospitato nel salone delle Bandiere di palazzo Zanca, e organizzato dalla Partecipata del Comune di Messina, la Messinaservizi Bene Comune. All'appuntamento, presenti il sindaco Federico Basile, il Direttore generale del Comune di Messina Salvo Puccio e la presidente della Messinaservizi Bene Comune Maria Grazia Interdonato unitamente alla governance aziendale, hanno preso parte l'on Giuseppe Lombardo; l'on Cateno De Luca; e il presidente della SRR Messina Area Metropolitana Danilo Lo Giudice. Hanno partecipato tra gli altri, Fabio Costarella Responsabile Progetti Territoriali Speciali Consorzio CONAI; Carlo Montalbetti Direttore Consorzio COMIECO; Andrea Campelli Direttore Relazioni Esternee Comunicazione Consorzio COREPLA; Carmine Pagnozzi Direttore Generale Consorzio BIOREPACK; Roccandrea Iascone Responsabile Comunicazione e Relazioni Esterne RICREA; Calogero Picone Ingegnere Ancitel EA - Progetto Sviluppo Raccolta Centro-Sud Italia CoReVe; Massimo Centemero Direttore Generale del Consorzio Italiano Compostatori; Francesca Mazzarella Direttrice Fondazione UTILITATIS; Andrea Massimiliano Lanz Responsabile del Centro Nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare – Ispra; Filippo Brandolini Presidente UTILITALIA; e Calogero Giuseppe Burgio Dirigente Generale Dipartimento dell'Energia della Regione siciliana. Il convegno si è sviluppato attraverso gli interventi dei partecipanti che a vario titolo, ma accomunati tutti da un unico obiettivo, "da città della munnizza a modello da esportare" e raccontare come la città ha cambiato volto, attraverso la presentazione dei risultati raggiunti dal 2018 ad oggi; illustrare gli obiettivi futuri nell'ambito del ciclo dei rifiuti a Messina; le linee guida dell'ambizioso progetto di superare la soglia del 65%; e dimostrare che è possibile raggiungere questo traguardo grazie all'aggregazione e all'innovazione. Il programma dei lavori si è avviato con i saluti istituzionali del sindaco Federico Basile, che nel ringraziare i partecipanti all'evento, promosso per celebrare i risultati raggiunti dal Comune di Messina oggi definito Comune virtuoso in tema di raccolta rifiuti ha tracciato una breve disamina storica del settore evidenziando che "i risultati raggiunti oggi partono dalle 'ceneri' di quella società Messinambiente quando nell'anno 2018 ero Direttore generale e Sindaco era l'on. Cateno De Luca e questa città era conosciuta come la città della munnizza. A partire da quell'anno è stata avviata una vera rivoluzione abbiamo messo in atto scelte coraggiose per dare il via ad un percorso virtuoso che oggi ci restituisce un risultato importante". "Se oggi siamo in grado di proporci come modello – ha continuato Basile – non è soltanto frutto di un percorso di progettualità e di investimenti dell'Amministrazione ma il risultato e l'orgoglio sono dell'intera Città e dei cittadini, perché la raccolta differenziata parte dai cittadini e dalla loro comprensione a mettere in pratica le buone regole. Pertanto, se siamo diventati un modello nazionale tutto ciò è frutto di una perfetta sinergia". Il sindaco Basile ha sottolineato poi che la perseveranza, la resilienza e l'impegno della Messinaservizi sono stati fattori determinanti per i risultati raggiunti e saranno sempre gli elementi guida per guardare ad un futuro sempre migliore. Per migliorare "chiedo però ai cittadini – ha concluso Basile – un ultimo sforzo che li porti sempre più a differenziare i rifiuti sempre con maggiore attenzione". A seguire il Direttore generale Puccio ha sottolineato, richiamando il periodo in cui da dirigente alla Regione siciliana si è occupato di emergenza rifiuti, il peso di una distorta politica regionale sul tema e della relativa carenza di impiantistica che invece rappresenta la base per garantire il corretto circolo dei rifiuti. "Nonostante l'impiantistica rimane il nodo cruciale da parecchie legislature Messina ha raggiunto traguardi impensabili. Già nel 2014 ricordo – ha detto Puccio – Messina chiedeva gli impianti, ed è riuscita a fare la sua parte da quando Cateno De Luca ha avviato la rivoluzione a Messina nel settore rifiuti; merito poi a Federico Basile per aver continuato investendo nella linea già tracciata, grazie a Giuseppe Lombardo, Mariagrazia Interdonato, e a tutta la Messinaservizi Bene Comune per l'attestazione di questi i risultati. Fermo restando – ha concluso il Direttore Generale - che è la Regione a dovere imprimere una svolta basandosi sull'attuazione delle direttive europee e cercare di creare delle sinergie tra le SRR siciliane, noi come Amministrazione di Messina nonostante l'abominevole costo di 400 euro a tonnellata e la carenza di impianti, faremo tutto il possibile per abbassare la Tari, secondo la nostra visione fondata su qualità, economia e risparmio". È seguito poi un video in cui è stato proiettato il decorso che ha portato all'eliminazione in città dell'ultimo cassonetto filostrada, cui è intervenuto l'onorevole Lombardo visibilmente emozionato - come ha sottolineato - ricordando gli sforzi e il lavoro sostenuto in quegli anni quando era alla guida della Messinaservizi. "Il sogno di Messina - ha detto Lombardo - è diventato realtà. Abbiamo lavorato tanto e siamo disposti affinchè il sogno di Messina diventato realtà, lo diventi anche per l'intera Regione. Per questa ragione sono pronto ad affrontare ancora ulteriori sacrifici anche a Palermo per riscattare l'intera Sicilia rispetto alla gestione dei rifiuti", così ha concluso l'onorevole. È stata poi la volta dell'on. Cateno De Luca ed ex sindaco di Messina, che impossibilitato a presenziare ha tracciato attraverso un video la rivoluzione in tema di rifiuti a Messina del quale ne è stato l'artefice durante la sua sindacatura, e con la sua lungimiranza e grazie alla continuità amministrativa con Basile sindaco "Messina conosciuta come la città delle baracche e della munnizza – ha detto De Luca – oggi è un Comune virtuoso. Il ringraziamento va ovviamente alla società, all'Amministrazione ma soprattutto ai cittadini che hanno compreso. Il risultato di Messina è ancora più soddisfacente se guardiamo al dato generale. Ci siamo riusciti nonostante in Sicilia il piano rifiuti è ancora carta straccia e mancano le infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti. In Sicilia il dato relativo alla percentuale di raccolta differenziata è aumentato perché Messina con grande coraggio ha avviato questo percorso di cambiamento raggiungendo numeri importanti. Adesso c'è un nuovo obiettivo, bisogna andare oltre il 65%. Non c'è dubbio che il modello Messina oggi può essere adottato anche dalle altre città metropolitane." E di Messina modello da imitare all'interno di una SRR, lo ha ribadito anche il presidente Lo Giudice, che unendosi ai precedenti interventi ha detto "Messina è un modello da imitare per gli ottimi risultati raggiunti, i progetti ci sono, ma il problema rimane sempre la gestione rifiuti da parte della nostra Regione. È necessario un cambio di rotta importante, abbiamo le possibilità per farlo, i cittadini sono anche pronti lo ha dimostrato Messina, ma è la Regione siciliana che deve mettere le Amministrazioni comunali in condizioni di potere raggiungere determinati obiettivi, soprattutto quello di consentire ai Comuni di diminuire notevolmente i costi abbassando la tariffa per i cittadini, i quali sono i veri protagonisti di questa strategia." È toccato poi alla presidente della Messinaservizi Interdonato raccontare come è cambiata la gestione dei rifiuti e quali sono gli standard che oggi la società si prefigge. "La nuova gestione dei rifiuti nella Città di Messina, ha raccontato la Presidente è partita a gennaio 2019, quando la raccolta dei rifiuti per circa l'82% era svolta con cassonetti stradali (raccolta RSU indifferenziato) e la percentuale di raccolta era circa il 18% effettivo. Dopo la necessaria pianificazione e la predisposizione del piano industriale, il nuovo servizio e la nuova organizzazione sono stati attivati a partire da settembre 2019. L'ultimo cassonetto stradale è stato rimosso a maggio 2021, dopo soli 32 mesi. La percentuale di raccolta differenziata a regime (anno 2022) ha superato il 43%, raggiungendo un anno dopo la percentuale del 53% ponendo Messina all'ottavo posto tra tutte le città con popolazione oltre 200.000 abitanti. La nuova organizzazione dei servizi è stata concepita ed attuata secondo l'obiettivo del raggiungimento dei livelli di raccolta differenziata previsti dalla normativa (65%) e dell'attivazione del servizio porta a porta integrato in tutto il Comune di Messina. Senza la raccolta differenziata a Messina i costi di smaltimento in discarica sarebbero stati decisamente più alti. In realtà con l'aumento dei costi di smaltimento i minori costi nel periodo 2017-2023 sono stati pari a 43 milioni di euro. Dati di assoluto rilievo che hanno consentito al comune di Messina di affrontare la situazione dell'innalzamento dei costi di smaltimento con un minore impatto rispetto agli altri comuni metropolitani della Sicilia". Anche la presidente Interdonato ha evidenziato le criticità con cui devono confrontarsi quotidianamente e tra queste, la carenza degli impianti, oltre alla necessità di coinvolgere maggiormente gli utenti, ma si è detta fiduciosa poiché in cinque anni la società ha raggiunto obiettivi concreti grazie al proprio management, composto da donne e uomini che hanno sposato un progetto ambizioso. "Abbiamo dimostrato che anche in una città metropolitana del sud Italia si può fare la raccolta differenziata, raggiungendo e superando le grandi città del centro e nord Italia", così ha concluso la Interdonato. A conclusione la partecipazione e l'intervento dei protagonisti del mondo dei Consorzi di filiera che operano nel settore dei rifiuti a 360 gradi ha confermato la bontà del lavoro svolto dalla città di Messina. "Messina ha le carte in regola per diventare un modello", è stato il coro unanime emerso a margine dell'incontro. "Nel settore delle carte del cartone, ha affermato Montalbetti Direttore COMIECO, la città di Messina registra il migliore risultato di raccolta al sud, seconda solo a Bari. Trai capoluoghi del Sud con ab>100.000, Messina è al secondo posto per raccolta di carta e cartone effettuata nel 2023." "La percentuale di differenziata di Messina, nel 2022, ha ribadito il responsabile CONAI per il centro sud Costarella, ha superato per la prima volta il 53%. Gli sforzi stanno dando i risultati che, in un quadro di criticità regionale, rafforzano ancora di più l'impegno del Comune e di Messinaservizi. Questo è il momento di impegnarsi ancora di più perché la città metropolitana faccia un deciso passo avanti per raggiungere il 65% di raccolta differenziata." "Messina, ha ricordato Mazzarella Direttrice Fondazione UTILITATIS, è la più virtuosa delle città metropolitane della Sicilia. La percentuale della raccolta differenziata si attesta al 53,5%, oltre 10 punti in più rispetto alla percentuale del 2021 (42,9%), superando il valore di raccolta differenziata della Sicilia. Purtroppo, si evidenzia la carenza di infrastrutture regionali. Il Sud Italia continua infatti a presentare un significativo deficit impiantistico che non consente la piena circolarità delle risorse, contribuendo inoltre al differenziale di spesa per il servizio di igiene urbana con altre zone del Paese." Dello stesso tenore gli interventi di Campelli per COREPLA; Pagnozzi per BIOREPACK; Iascone di RICREA; Picone Referente Sicilia bandi ANCI-CoReVe; Centemero del Consorzio Italiano Compostatori; Lanz del Centro Nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare-Ispra; e Brandolini Presidente UTILITALIA. Infine, le conclusioni dei lavori della giornata sono state affidate al dirigente regionale Burgio.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 5 months
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Ceneri defunti: cosa ha stabilito il Vaticano
Ceneri defunti: il Vaticano fornisce nuove disposizioni per la loro conservazione. La prassi della cremazione è sempre più diffusa così come la dispersione delle ceneri. In virtù di ciò, l'arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, cardinale Carlo Maria Zuppi, ha presentato al Dicastero della dottrina e della fede una richiesta di chiarimento in materia. La cremazione in Italia Secondo i dati diffusi da SEFIT Utilitalia, in Italia nel 2022 sono risultati operanti 91 impianti di cremazione, solo 2 in più rispetto all'anno precedente. Tali impianti hanno effettuato, sempre nel 2022, 259.915 cremazioni di cadaveri e 45.986 cremazioni di resti mortali. Nel 2021 le cremazioni di cadaveri erano state 244.186 e quelle di resti mortali 45.987. Per resti mortali si intendono i cadaveri inconsunti per i quali sono scaduti i termini di sepoltura. Se si considera il rapporto tra mortalità e sistema di sepoltura, la cremazione, nel 2022, è stata scelta da circa il 36% degli italiani. Si consideri che nel 1995 la percentuale delle cremazioni era appena al 3%. Cosa motiva l'ascesa di questo trend? Prima di tutto motivi pratici ed economici. Con la cremazione si chiude il capitolo sepoltura in modo definitivo: non si passa cioè per la fase dell'esumazione, con i relativi costi e l'impatto emotivo. Gli anni della pandemia, poi, che hanno visto un aumento vertiginoso della mortalità, hanno spinto ulteriormente verso questa scelta. Altro trend in ascesa, di cui, per ovvi motivi, non si conoscono i numeri è quello della dispersione delle ceneri in un luogo ritenuto caro all'estinto. Complice forse certa cinematografia americana, anche nel nostro Paese si sta diffondendo l'uso di disperdere le ceneri dell'estinto in un luogo da egli stesso indicato. Un trend che il nostro ordinamento giuridico ha recepito dando indicazioni precise. Cosa dice l'ordinamento italiano sulla conservazione delle ceneri La legge 130/2001 prevede che dopo la cremazione, l'urna cineraria, sigillata e con le indicazioni del defunto (nome, cognome, data di nascita e di morte) possa essere alternativamente tumulata, interrata o affidata a un familiare in rispondenza alle volontà del defunto. Elemento da non dimenticare è che non esistono concessioni eterne e pertanto una volta scadute i resti mortali sono trasferiti in spazi comuni dedicati. Quanto alla dispersione delle ceneri, essa deve avvenire solo in aree appositamente destinate a ciò all'interno di cimiteri, in natura o in aree private. In quest'ultimo caso ci deve essere l'autorizzazione dei proprietari. E' vietato disperdere le ceneri nei centri abitati e creare eventi con fini di lucro intorno alla dispersione. Per la dispersione in mare, laghi o fiumi, si può procedere solo in tratti liberi da natanti e da manufatti. La dispersione può essere eseguita da: - coniuge - altro familiare avente diritto - esecutore testamentario - rappresentante legale di un'associazione che abbia nel proprio statuto la cremazione dei cadaveri di propri iscritti In mancanza di queste figure, viene eseguita da personale autorizzato dal comune. La conservazione delle ceneri dei defunti secondo il Vaticano E' in questa cornice in cui va inquadrata la lettera di chiarimento inviata dall'arcivescovo di Bologna, nonché presidente della CEI, cardinale Carlo Maria Zuppi, al Dicastero della dottrina e della fede. Lettera che poneva due quesiti in materia di ceneri di defunti. Il primo quesito riguardava la conservazione delle ceneri di un defunto; il secondo la conservazione cumulativa commista delle ceneri dopo la scadenza delle licenze cimiteriali. Il cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero della dottrina della fede, ha risposto che una minima quantità di ceneri può essere conservata in un luogo caro al defunto mentre la gran parte va conservata in un luogo sacro che sia un cimitero o altro luogo adibito a questa funzione dall'autorità ecclesiastica. Il cardinale Fernandez ha precisato che l'esigenza di mantenere le ceneri in un luogo sacro evita che vengano meno le preghiere e il ricordo dei parenti ed eventuali mancanze di rispetto verso le spoglie una volta passata la prima generazione di parenti. Per quanto attiene alla conservazione commista delle ceneri, il prefetto ha precisato che è possibile definire un luogo sacro e permanente dove ospitare le urne. Queste però devono riportare l'indicazione del defunto per preservarne la memoria nominale. Le decisioni prese, secondo don Davide Cito, sono un modo per andare incontro agli affetti. Il docente di Diritto penale canonico, vicerettore della Pontificia Università della Santa Croce, nominato dal papa consultore della Congregazione per l’Educazione cattolica, ha precisato che purché non venga oscurato il senso cristiano della sepoltura rappresentano un modo per venire incontro alle diverse sensibilità. In copertina foto di Katja Fissel da Pixabay Read the full article
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awesomecloudcity · 3 years
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