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#sovversivi
conte-olaf · 1 year
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soldan56 · 5 months
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- Zia Giorgia?
- Sì?
- È vero che tu governi il Paese?
- Io e altre persone, sì.
- È difficile?
- Molto. Certi giorni però è anche bello. Per esempio domani inauguro a Roma una mostra su Tolkien.
- Chi?
- Non conosci Tolkien? Ma, tesoro mio, è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. L’autore del Signore degli Anelli, il mio romanzo preferito. Un libro che mi ha cambiato la vita.
- Perché?
- Perché ha influenzato la mia persona e definito quelli che oggi sono i miei ideali politici.
- E di che parla?
- È una grande storia. Un’epica fatta di onore, coraggio, fratellanza e cameratismo. Vedi, c’è questo piccolo gruppo di impavidi che deve sconfiggere un esercito molto più numeroso e attrezzato.
- Come i partigiani?
- Eh no! No cazzo! Non come i partigiani!
- …
- Scusa, io… scusami, non so che m’è preso. Mi spiego meglio: c’è questo manipolo di combattenti che muovendosi fra i boschi…
- Come i partigiani.
- No! Non sono come i partigiani! Sono diversi! Sono una compagnia, un pugno d’uomini, una… una…
- Brigata?
- Una squadra! Una squadraccia! La squadraccia dell’anello. Tosti, gagliardi, virili! Aragorno, Gimlio, Legolazzo!
- E che fanno?
- Fanno la marcia su Rohan.
- La che?
- Non importa. Ti basti sapere che questi sono uomini d’altri tempi, individui tutti d’un pezzo, come non se ne scrivono più. E insieme uniscono le forze per…
- Resistere?
- Assolutamente no! Semmai per difendere i confini della Terra di Mezzo. Pensa che nella squadraccia c’è un nano, un elfo, un umano, un…
- Che bello, sono inclusivi.
- Non sono inclusivi! Porca mignotta non possono essere inclusivi! Loro cercano l’omogeneità culturale. Via gli orchi, via i goblin, via pure gli elfi. Si tollerano i nani giusto perché ce li abbiamo in coalizione.
- Ma tu hai detto…
- Silenzio. C’è Aragorno, destinato a diventare re…
- Re?
- Reazionario. Il leader forte di cui la Terra di Mezzo ha disperato bisogno. E poi ci sono gli hobbit.
- Cosa sono gli hobbit?
- Sono i veri protagonisti della storia. Un popolo fiero e genuino che vive isolato dal mondo in una magica terra incontaminata chiamata Contea. E nella Contea trascorrono liete giornate in comunità bevendo e fumando erba rilassante.
- Come un centro sociale.
- Col cazzo! Un centro sociale! Come t’è venuto in mente?! È una comune hobbit!
- E che differenza c’è?
- Che questi stanno a piedi nudi e ballano e cazzo è un centro sociale.
- Te l’avevo detto.
- Ma non è neanche la Contea il punto. Il punto del libro è… è la guerra, il conflitto, le battaglie.
- Le battaglie contro chi?
- Contro Sauron e il suo malvagio regime. No, aspetta. Non regime, mi correggo: regno. Regno di Mordor che si trova dietro a un cancello di colore opposto al bianco…
- Cioè nero.
- Per cortesia, è solo un colore, non strumentalizziamolo. Si rischia di farlo diventare la solita coperta di Linus della sinistra. Insomma, questo Sauron ha creato una specie di stato autonomo dentro la Terra di Mezzo…
- Tipo la Repubblica di Salò?
- C’hai dodici anni! Dove cazzo hai imparato cos’è la Repubblica di Salò?
- A scuola.
- Devo assolutamente parlare con Valditara… Insieme a Sauron, che per quanto ne sappiamo potrebbe pure venir fuori da certi ambienti contestatori e sovversivi, ci sono i suoi cavalieri del colore non rilevante. Si chiamano Nazghul.
- Sembra nazisti.
- E invece no. E se volesse dire studenti? Se volesse dire zecche buoniste a cavallo di mostri alati? Mo conosci pure la lingua di Tolkien! Arrogante! Comunque non vorrei che adesso passasse l'idea sbagliatissima che i neri son tutti i cattivi e gli altri tutti buoni. Per dire, Saruman è bianco ma è anche cattivo.
- Okay. Chi è Saruman?
- Un tizio che parla da un balcone.
- E quando non parla dal balcone?
- Bonifica.
- Zia…
- …
- Perché fai così?
- Così come?
- Ti affanni nel tentativo disperato di accostare questo libro alla destra radicale?
- Be’, non ne abbiamo tanti.
- D’accordo, ma evidentemente questo non funziona.
- A noi piace questo.
- Perché proprio questo?
- Perché se riusciamo a trovare un modo per farci associare ad Aragorn e Frodo, in questa Storia vinciamo noi.
Non è successo niente
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lunamagicablu · 1 month
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“Gli animali hanno propri diritti e dignità come te. È un ammonimento che suona quasi sovversivo. Facciamoci allora sovversivi: contro ignoranza, indifferenza, crudeltà.” MARGUERITE YOURCENAR ******************** “Animals have their own rights and dignity like you. It's a warning that sounds almost subversive. Let us then be subversive: against ignorance, indifference, cruelty." MARGUERITE YOURCENAR 
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curiositasmundi · 4 months
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[...]
E così anche Vizzardelli ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità. Come in un romanzo di Kafka, ma in versione Lidl, lo raggiungono gli agenti della Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, la Digos. Già il nome dovrebbe suscitare terrore e, per l’appunto, lo identificano. Gli chiedono i documenti e, quel che è peggio, lui li consegna. Anzi, li fotografa col suo telefonino (quello della polizia non funziona) e li invia, chinando di buon grado il capo alla propria normalizzazione. Intanto il culturame grida allo scandalo, al clima pesante del Paese, al fascismo che ritorna strisciante. A Vizzardelli è dedicata qualche apparizione nel santuario televisivo, un paio di editoriali benpensanti. I martiri da salotto esibiscono a favore di telecamera i loro documenti: si autoidentificano per un po’ di pelosa e veloce solidarietà all’urlatore loggionista. Ancora per qualche giorno seguiranno un altro po’ di strumentalizzazioni bigotte e poi, c’è da giurarci, ci si dimenticherà di questo perché qualcuno fermerà un altro treno in corsa, o perché qualcuno ha messo una stella rossa a sormontare l’albero di Natale della Capitale o perché qualcun altro ha messo liquido verde nei navigli. Invece quella richiesta di “identificazione” è grave. Gravissima. Perché denuncia un clima, è vero. Ma non un clima recente. Un clima che ha oramai troppi anni e al quale sembriamo assuefatti.
Quello in cui è obbligatorio avere con sé i documenti, anche se si passeggia per strada, anche se si mangia una pizza, anche se si dice un’ovvietà retorica in un teatro impomatato. Un mondo in cui dobbiamo continuamente essere visionati dalle telecamere, seguiti, verificati, controllati, tarati, giudicati. Normalizzati. Un modello sociale in cui chi si ribella al prototipo binario “bene/male” offerto dallo Stato, vivrà infelice. Ma è lo Stato stesso che si offre di correggere i sovversivi. Il più forte dispone, il più debole obbedisce. Chi grida in un teatro frasi un po’ banali ma vagamente allusive, va identificato, anche se bonariamente. Gentilmente sorvegliato. Messo sotto controllo perché potrebbe essere un deviante dal sistema. Ma non è una novità di questo governo di centro-destra, o di destra, o di destra destra. È il mantra polveroso di una società di diseguali al quale si conformano da troppo tempo tutti. O quasi.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Il Gen. Videla, nel 1977, dichiara davanti ad un gruppo di giornalisti inglesi: « Sovversivo non è solamente l'individuo che imbraccia un fucile o ha tra le mani una bomba, ma anche colui che diffonde idee contrarie alla civiltà "occidentale e cristiana" ». Valutazioni di questo tipo venivano manifestate in continuazione dai nostri sequestratori e rendono l'idea di chi sarebbero stati coloro che avrebbero composto la gamma di vittime di questa crociata nazionale destinata a preservare l' "ordine occidentale e cristiano". L'obiettivo fondamentale era quello di frenare le mobilitazioni popolari tendenti a gridare sulle piazze rivendicazioni economiche e politiche. Tali mobilitazioni avevano dimostrato di essere molto attive e diffuse in città come Córdoba, perciò bisognava distruggere il movimento operaio e popolare organizzato e annientare le organizzazioni rivoluzionarie. Nell'ambito di questo progetto, le vittime della repressione avrebbero abbracciato un ampio raggio sociale e non sarebbero state, perciò, un piccolo numero. Operai, intellettuali, studenti, artisti, scienziati, religiosi, professionisti, uomini e donne del nostro popolo, tacciati di sovversivi, sono vittime del terrorismo di Stato. Molti di essi sono avviati a campi di concentramento, come quello de "La Perla" a Córdoba. Questo campo di detenzione clandestina, sotto la giurisdizione della 3" Armata dell'Esercito, entra in funzione nel marzo del 1976 come sede dell'OP3 —Gruppo speciale di Operazioni del Distaccamento di Intellighenzia 141 — e continua le sue attività fino al termine del 1978. Per uno dei suoi capannoni, che copriva approssimativamente un'area di 300 mq., sono passate centinaia di prigionieri, calcolabili all'incirca sui 2.000. Dopo essere rimasti in funzione per alcuni anni, questi campi di detenzione clandestina, molto diffusi in tutto il territorio nazionale, recentemente sono stati smantellati. Anche "La Perla". Dove sono tutti quelli che sono passati sotto il suo tetto, che hanno vissuto quella dimensione irreale, disumana? Qual è stata la loro sorte? Molti vi arrivarono già morti, assassinati durante le operazioni di sequestro perché avevano opposto resistenza, oppure vi morivano in conseguenza delle ferite riportate in quella occasione. Altri, a causa della tortura, entravano in un processo irreversibile che poneva fine alle loro vite, in mezzo a lamenti e deliri. Molti furono portati via di là durante la notte, per essere trovati cadaveri in qualche angolo della città o della provincia, o in prossimità di una fabbrica in cui erano in corso delle agitazioni, come se fossero rimaste vittime di supposti scontri armati. A queste operazioni avevano affibbiato il nome di "ventilatori" ed avevano lo scopo di incutere il terrore più nero, di spaventare la popolazione, i sindacati in lotta, di paralizzare l'azione delle organizzazioni armate. Mentre alcuni furono trasferiti ad altri campi, in carcere, o rimessi in libertà, la maggioranza — e periodicamente — venivano portati via con destino ignoto. “
Piero Di Monte, Desaparecidos. Testimonianza di un superstite, a cura di Giulio Battistella, edizioni EMI, Bologna, ottobre 1983¹; pp. 73-74.
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marcel-lo-zingaro · 8 months
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Nei primi anni del 900 in Serbia si pubblicava il giornale che vedete nelle foto, per chi non conoscesse l'alfabeto cirillico, sappiate che c'è scritto pijemont ovverosia Piemonte.
cosa c'entra il Piemonte con la Serbia?
nel 1901 il generale Dragutin Dimitrijevic fondò l'associazione segreta ispirata alla carboneria "unificazione o morte" conosciuta anche come la mano nera, il cui scopo ufficialmente era riunire i popoli slavi sotto un unica bandiera, un progetto conosciuto come la grande Serbia.
progettò e mise in atto l'assassino del Re
Aleksandr Obrenovic e la Regina Draga ( 28/29 maggio 1903) in quanto filo occidentale per sostituirlo col il panserbo Aleksandr karadordevic.
nacquero in quegli anni in Bosnia le società segrete "difesa nazionale" ( narodna obrana) e "giovane Bosnia" ( mlada bosna).
nel maggio 1911 gli Asburgo annetterono all'impero austroungarico la Bosnia.
contemporaneamente in Serbia tre persone ( Ljuba Copa - Bogdan Redenkovic - Vojislav Tankosic) fondarono un altra associazione segreta che si chiamava anche essa unificazione o morte ( ujedinijenje ili smrt)
in tale associazione si imbuco' anche il generale Dragutin Dimitrijevic ( detto anche linea diretta o numero 6) che abbiamo già visto all'opera nel 1903.
il principe Alessandro lo vedeva in simpatia ovviamente e diede dei finanziamenti.
in breve grazie al giornale pijemont
riuscirono a reclutare diversi guerriglieri e sovversivi da inquadrare per svolgere attentati nell'impero asburgico, tra questi venne reclutato anche un certo Gavrilo Princip.
Ora, se vi chiedete chi avesse interesse illo tempore e abbia tratto beneficio dalla caduta dell'impero asburgico, chiedetevi chi finanziava il giornale pijemont: i Savoia, quindi la massoneria inglese.
NB Gavrilo Princip il 26 giugno 1914 uccise l'arciduca Ferdinando dando il via alla WWI
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fashionbooksmilano · 1 year
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Enzo Cucchi e Ettore Sottsass
Salvatore Lacagnina 
testi di Roberto Giustini, Barbara Radice, Enzo Cucchi
Charta, Milano 2001, 64 pagine, 21 x 30 cm, 60 ill.di cui 52 a colori, Italiano/English, ISBN  978-8881583638
euro 15,00
email if you want to buy :[email protected]
Siracusa, Galleria Civica d'Arte Contemporanea Montevergini, 15 settembre - 10 dicembre 2001.
Two subversive creators propose a dialogue inspired by a land they both love: Sicily. The artist Cucchi and the architect Sottsass met for the first time in 1999; this book documents the drawings, projects and sketches they have realized together since then.
Enzo Cucchi (Morro d'Alba, 1949) e Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917) , due sovversivi, due ribelli naturali, ci propongono un dialogo nel segno di una terra amata da entrambi: la Sicilia. Se l'immaginario di Cucchi è vicino al sentimento mitologico e alla sacralità di cui è tradizionalmente ricca la cultura siciliana, il lavoro di Sottsass ha sempre tratto linfa e suggestioni dai colori, dal paesaggio e dall'architettura mediterranei. Si incontrano per la prima volta nel 1999 su un terreno comune di riflessioni e di visioni, ma nel dialogo intrapreso, le loro voci hanno sempre conservato un carattere chiaro e sempre nettamente distinto. Il volume documenta le opere a quattro mani in due anni di collaborazione: i disegni, i progetti, gli schizzi, fino all'allestimento nella Galleria Civica d'Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa, dove Sottsass ha realizzato una struttura per ospitare due sculture greche del V secolo a.C., e Cucchi ha dipinto due grandi stuoie di canne fluviali che pendono leggere dal soffitto.
12/11/22
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thewasteland2 · 1 year
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Venice (Veneto). Farewell to Pellestrina. The vaporetto sails through the waters of the Venetian lagoon towards Chioggia and goodbye to Pellestrina. Photos from the motor ship: a) the vessel, probably pirate, flanks the vaporetto with clearly aggressive intentions... All hidden...; b) fortunately we are in sight of Chioggia; c) view of Sottomarina from the steamer. #view #sight #photos #intentions #vessel #water #sailing #farewell #venezia #venice #pellestrina #veneto #chioggia #lagoon #ship #pirate #intentions #hidden #travel #traveling #visiting #instatravel #travelling #tourism #instatraveling #travelgram #travelingram #massimopistis #sovVERSIvi #estremisti Information for the purchase of my new book "Extremists!": The book at a cost of 12.00 euros (120 pages), can be ordered in the bookstore (ISBN 978-88-591-5719-9 - Editore Aletti). https://www.instagram.com/p/Cp3KTMqNfG8/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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yngsuk · 2 years
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If Narcissus, in reaching to the water and to the world, poetically breaches the walls between I and not-I that are at the roots of the Western neuroses of the opposition between matter and mind, today it is impossible to have a totalising revolutionary reconciliation between human beings without that which we recognise in each other, in nature, in our bodies and the communal communist project. Narcissus, today, may well be taken up as a revolutionary symbol. NARCISO: Nuclei ‘armati’ rivoluzionari comunisti internazionalisti sovversivi omosessuali [Cells of ‘armed’ revolutionary communist internationalist subversive homosexuals].
Mario Mieli, Towards a Gay Communism
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b0ringasfuck · 2 years
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Beh i fasci non hanno mai smesso di essere atlantisti, mafiosi, piduisti, sovversivi... e patrioti. Nemmeno quando organizzavano le stragi in Italia.
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lu2211 · 2 years
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C'era una volta un principe dagli occhi blu come il mare ed i capelli gialli come l'oro.
Era bello come il sole e buono come il pane.
Tutti, a palazzo, si contendevano il baldo giovane. Entravano nelle sue stanze e, dopo essersi prese una dose d'amore, andavano alla ricerca di nuove avventure.
Erano tutte attratte da questo ideale di perfezione fisico ed emozionale tanto agognato da loro quando erano bambine.
Ma la perfezione è un punto d'arrivo, talvolta, tortuoso e non privo di spine, e il principe si mostrava perfetto ma come tutte le più belle rose, a proteggerlo, c'erano una miriade di spine.
E quella più grossa non l'aveva, forse, neppure lui fabbricata e come un fuso pungeva tutte le dame che provavano ad avvicinarglisi.
Perché se è pur vero che le bambine sognano il principe azzurro, una volta adulte, credono di volerlo ancora, ma quando lo hanno si rendono conto che sono bramose di rischio e pericolo e che per arrivare al cielo si deve prima peccare.
Da sovversivi a redentori, da redentori ad angeli.
È così che il cammino degli uomini è segnato.
Il principe ogniqualvolta realizzava di non amare o di non essere amato veniva preso dallo sconforto, e temeva che al suo capezzale non sarebbe giunto nessuno a dargli, un giorno, un bacio d'addio.
Non sapeva con chi spartire tutte le sue ricchezze.
Che erano tante ed innumerevoli, seppur lui non fosse capace di vederlo.
Anzi, credeva d'esser povero e non possedere beni da condividere, se non la cura e l'attenzione per gli infanti del palazzo e per i deboli animi dei bambini invecchiati.
Non molti secoli addietro conobbe una damigella dalla chioma riccioluta e dalle labbra di rosa.
Non proveniva da una nobile famiglia ma aveva acquisito il titolo ad honorem. Lei si era fatta da sola.
Cosicché quando il principe la invitava a salire a cavallo e la innalzava per farla sedere sul suo dorso, guidandola pazientemente verso terre sconosciute lei si adirava e scalciando come una bimba ribadiva d'essere adulta e di non aver bisogno di nessun aiuto.
Al principe gli adulti non piacevano. E vedeva in loro dei bambini desiderosi di cure.
Se li avesse visti così sarebbe stato più semplice per lui perdonarli per le loro malefatte.
Un bambino non ha colpe. Il bambino che è nell'adulto non ha colpe.
Il principe aveva bisogno di perdonare.
Ciononostante tra il principe e la damigella c'era un legame speciale.
C'era un puro amore. Che non aveva a che vedere con ciò che è meramente terreno. Non aveva sapore di effimera ebbrezza. Ma di duratura affezione.
Lui la baciava sulla fronte ad ogni addio e lei alzava gli occhi e, sfrontatamente, lo sfidava con lo sguardo a provare le sue labbra.
Lei non si sentiva amata se non riceveva giornalmente la sua dose di zucchero. Lui non si sentiva amato se non riceveva giornalmente la sua dose di miele.
Entrambi erano desiderosi di dolcezza. Ma anelavano dolcezze distinte.
Eppure erano riusciti ad incastrarsi ed in un legame fraterno erano riusciti a raccontarsi i più nascosti segreti.
Lui era fedele credente che i demoni andavano mostrati agli altri. Lei non voleva spaventare nessuno e li combatteva in bassa voce.
Qualche notte giacevano nello stesso letto ma mai la passione si era impossessata dei loro corpi.
Sulla nuvola 9 riposavano gentili e garbati e al mattino o alla sera si scambiavano le rispettive dolcezze. E se le facevano bastare. Perché non sapevano quando avrebbero nuovamente ingoiato un pugno di sale o se mai qualcuno potesse far loro inghiottire veleno sottoforma di magiche pozioni.
Si scambiavano dolcezza per paura che il sole calasse sui suoi capi.
Un giorno la damigella andò via con il suo fare brusco e al contempo amabile.
Salutò il principe che oramai era cambiato nei suoi confronti ma che possedeva ancora il suo nobile sangue blu.
Ed era proprio per i suoi modi da signore che la principessa lo amava e che era per tutti un punto di riferimento e un uomo fidato.
Non sappiamo come la storia andò a finire.
C'è solo stato riferito che la damigella aspettava spesso lettere dal principe.
Non c'è dato sapere il contenuto di quelle note né che cosa il principe pensasse.
Ogni tanto la damigella cercava il suo profumo e la dolcezza delle sue labbra.
Ed il principe seppur bello e conteso, talvolta, sentiva la mancanza di quel cuore di marzapane della damigella che un tempo non molto lontano aveva pregustato in terre lontane.
A volte lei si sentiva avvolta da un abbraccio di lui e a bassa voce sussurrava il suo nome.
A volte lui si sentiva travolto dall'assenza di lei.
A lei mancava il suo sorriso. A lui mancava il suo sostegno.
Ma, entrambi, coraggiosamente stavano lottando per riprendersi ciò che gli era stato rubato e forse un giorno rispettivamente avrebbero trovato l'amore.
Il nostro narratore non sa dove. Non sa quando.
Ma sa che la nostra damigella non viveva per altro e che il nostro principe era la materializzazione dell'eros.
Nelle fredde notti d'autunno lei cercava ancora il calore del suo corpo ma trovava solo un freddo guanciale su cui riposare le sue labbra.
Lui era accogliente e caldo sole. Lei era rivoluzionario vento.
Lui era caos. Lei era fato.
Il principe era affabile e cortese. La damigella era affabile e cortese.
Lui era io. Lei era ego.
Lui sosteneva la libertà e lasciava liberi coloro che amava.
Lei era per il controllo e non lasciava la presa di coloro che amava.
Non sappiamo se mai si fossero nuovamente incontrati, ma siamo sicuri che se nessuno dei due avesse avuto consorte né amanti come la prima volta si sarebbero stretti in un abbraccio e si sarebbero stampati 4 baci sul volto come firma di un affetto ineluttabile.
Disconosciamo anche se i due avessero trovato mai l'amore. Ma la damigella sperava per il suo principe che potesse trovare la sua principessa, perché ciò che di lui la aveva più ammaliata era il suo sorriso. E voleva potesse sempre splendere su quel bel volto.
E lui desiderava lo stesso per lei.
Non sappiamo se una volta lontani il mare avrebbe portato mancanze.
Se il principe ripensasse a quella tenerezza. E se la damigella tornasse a chiudere le finestre del suo cuore.
Ciò di cui siamo certi è che i due sarebbero sempre stati legati da un invisibile filo e che quell'unione non aveva nome, ma che aveva base.
Il principe aveva mostrato alla sua damigella che la sua dolcezza illuminava il suo volto e la faceva bella.
La damigella aveva mostrato al principe le sue ricchezze e come amministrarle.
Perché non c'è povertà, se non mal amministrazione e non c'è bruttezza se non oscurità.
Non sappiamo se vissero sempre felice e contenti. Non sappiamo quanto altro tempo poteva loro rimanere.
Ma sappiamo che vissero. Sentirono. Amarono. Risero e piansero a crepapelle.
E che quel loro incontro segnava la fine di qualcosa e un'alba di un nuovo inizio.
Al principe più bello del palazzo.
Tua, Luisa.
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pietroleopoldo · 2 years
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Il saggio cita, tra gli stereotipi degli italiani all'estero, quello di sovversivi. Quanto puntiamo sul fatto che parleranno di Sacco e Vanzetti?
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elettrisonanti · 2 months
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🎥#ELETTRITV💻📲 Sono Sandro Mancini un abitante di Poggio Mirteto, siamo qui per parlare del Carnevale Liberato, questa storia del carnevale a Poggio Mirteto viene da molto lontano, e noi come Arci abbiamo deciso di riscoprire la tradizione, che vuole il Carnevalone festeggiato la prima domenica di quaresima. Questa cosa e’ nata anche per l’esigenza di riscattare la tradizione tipica del carnevale che e’ una tradizione ironica folkloristica e anche politica satirica, che era diventata banale. Noi nel 1972/73 facemmo un carro politico, un Colosseo, con un aereo precipitato al centro, era un C-130 della Lockheed con vari personaggi politici coinvolti nello scandalo delle tangenti, partecipammo al carnevale ufficiale e fummo radiati dall’elenco dei carri vincitori al che noi per rivendicare la cosa facemmo una festa la domenica successiva da allora ragionammo sulla possibilita’ di riprendere la tradizione del Carnevalone Liberato. Adesso darei la parola a Walter Consumati ex presidente dell’Arci; Noi insieme ad altri compagni siamo i rifondatori di questa tradizione, qual’e la nascita del Carnevalone di quaresima, la cosa importante e’ che la prima volta e’ stato svolto nel 1861 dopo l’autoliberazione di Poggio Mirteto dalla provincia apostolica di Sabina dello Stato Pontificio, fu concesso questo privilegio, quando era in costruzione la ferrovia Roma-Firenze nella Valle del Tevere, l’allora governatore dell’Umbria offri’ ai cittadini di Poggio Mirteto come riconoscimento del fatto che avevano lottato contro i tiranni dell’impero, la possibilita’ di spostare il tracciato della ferrovia vicino al paese, che adesso passa a 8 Km dove all’epoca fu edificata la stazione di Montorso, oggi Poggio Mirteto scalo, sembra che i cittadini di Poggio Mirteto abbiano rifiutato questa offerta, chiedendo in cambio di festeggiare il carnevale la prima domenica di quaresima, tanto per prendersela con il potere temporale che fino a poco tempo prima li aveva oppressi. Uno dei primi carri che fecero, era una botte da cui usciva il papa e un operaio con una mazza lo rimandava giu’, questa manifestazione si e’ svolta fino al 1930 quando con i Patti Lateranensi il regime fascista ha ristabilito la data del carnevalone con quella del carnevale, dove era severamente vietata la maschera in viso. Negli anni 1976/77 il Carnevale poggiano – racconta Pino – si svolgeva con la gente dietro le corde, non c’era niente di satira e alle 16:30 finiva tutto, noi che avevamo circa vent’anni, volemmo riscoprire il carnevale, come momento di divertimento. Nel 1977 abbiamo deciso di fare il Carnevalone e l’abbiamo chiamato Liberato, perche’ veniva liberato non solo dai vincoli ecclesiastici, per noi era una liberazione nello spirito con cui si doveva fare un carnevale. Il problema organizzativo lo abbiamo sempre superato - dice Walter - i problemi oltre a quelli burocratici, li abbiamo avuti dall’esterno, quando abbiamo superato le 10.000 persone, la parte “bigotta” dal punto di vista politico ha cercato di ostacolarci, non e’ un caso che siamo stati attenzionati dall’attuale presidenta del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni nel 2008 quando era presidente di Azione Giovani e vice presidente della Camera, presento’ un’interrogazione alla Camera sul Carnevalone che era un ritrovo di drogati, ubriaconi, sovversivi. Il circolo Arci di cui ero io il presidente – continua Walter – rispose indirizzando una lettera a Meloni che non ha mai risposto, dove era contenuta una frase molto semplice; “Se lei fa la parlamentare e si occupa di queste cose probabilmente non c’ha un cazzo da fare”. I militanti di Azione Giovani tappezzarono Poggio Mirteto in maniera abusiva con manifesti con scritto “arrivano i nuovi barbari” erano capeggiati dal’attuale sindaco di Casperia Marco Cossu, il quale probabilmente aveva sollecitato Giorgia Meloni a fare l’interrogazione dissolta nel nulla. Noi ci divertiamo a fare questa festa e a smuovere le coscienze collettive.
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lunamagicablu · 1 year
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“Gli animali hanno propri diritti e dignità come te. È un ammonimento che suona quasi sovversivo. Facciamoci allora sovversivi: contro ignoranza, indifferenza, crudeltà.” MARGUERITE YOURCENAR ******************************** “Animals have their own rights and dignity like you. It's an admonition that sounds almost subversive. So let's be subversive: against ignorance, indifference, cruelty." MARGUERITE YOURCENAR
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campaniateatro · 5 months
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Il Teatro Nuovo di Napoli presenta "Classici Sovversivi", un viaggio in sei tappe per addentrarsi nel sentiero perennemente attuale del mito tragico. A cura di Valeria Parrella, drammaturga, scrittrice e giornalista, gli incontri avranno inizio martedì 21 novembre 2023 alle ore 19:00 presso il Teatro Nuovo di Napoli.
Il format dei Classici Sovversivi è stato ideato e condotto da Valeria Parrella al Salone del Libro di Torino per sette anni, e ora arriva a Napoli per sei appuntamenti che si svolgeranno ogni martedì fino ad aprile 2024.Il titolo “Classici Sovversivi” rappresenta il concetto secondo cui ciò che è classico, archetipico, che proviene dall’epica, dal mito o dalla tragedia, è universale e risorge…
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gregor-samsung · 2 years
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“ «Il Paese non comprende le distinzioni politiche? Chiama bizantine le loro lotte? Ma tutt’al contrario! Chi è il Paese? Il Paese è un nome collettivo, un’astrazione. Non esiste il Paese, ente definito, il cui nome corre sulle bocche di tutti; esistono moltitudini di cittadini in mezzo ai quali, se cercherete bene, non troverete forse due soli che siano interamente, sinceramente d’accordo e che chiedano le stesse precisissime cose! Però, le diversità fra tante opinioni non sono tutte radicali e inconciliabili; vi sono divergenze leggiere, secondarie, che permettono la formazione di gruppi di opinioni, di famiglie di idee; questi gruppi, queste famiglie si danno anch’essi la mano, hanno anch’essi dei punti di contatto, si risolvono gli uni negli altri. Così, se noi cominciamo dall’estremo reazionario...» E lanciato a tutto vapore, pieno di vanità per l’attenzione che gli prestavano, egli non s’arrestava più: enumerava, definiva, paragonava i mille partiti in cui si divideva il Paese: i reazionarii, i nemici dell’unità, i clericali, i fautori del ritorno al regime assoluto; poi i conservatori rigidi, e gli aristocratici liberali che, rispettando la costituzione, avevano l’ideale d’un governo forte e severo; poi i liberali progressisti, poi i democratici radicali; poi i repubblicani di governo... Col bisogno di giustificare la sua tesi, egli frazionava sempre più questi partiti, ne inventava di nuovi coniandone lì per lì i nomi; accozzando e riaccozzando a suo modo gli aggettivi: “radicali moderati”, “repubblicani conservatori”, “socialisti aristocratici...”. Tutte queste frazioni, dovevano essere rappresentate in Parlamento: non ne sarebbe nato il caos, perché essi avrebbero stretto alleanza secondo i loro interessi generali o del momento: i conservatori liberali avrebbero dato la mano ai progressisti temperati; i clericali agli assolutisti; e non era anche naturale un’intesa tra sovversivi e reazionarii? Gli accordi, stretti in un’occasione si sarebbero rotti in un’altra, e da queste continue combinazioni e scombinazioni, sarebbe nato l’equilibrio, la “media delle opinioni” necessaria a segnare la rotta alla nave governativa... “
Federico De Roberto, L'Imperio, Mondadori (collana Oscar n° 1368; a cura di Carlo A. Madrignani), 1981; pp. 53-54.
[Opera incompiuta; 1ª edizione originale (postuma): Mondadori, 1929]
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