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#onore decade
scoups4lyfe · 1 year
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Ace is a combination of Tendou (Kabuto), Tsukasa (Decade), and Wizard (Haruto)
NOT TSUKASA!!!
I love how easily this gives me a glimpse of Ace’s personality.
Tendou — talented a$$hole (that cares <3)
Tsukasa — troll <3
Haruto — traumatized but means the best
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asknarashikari · 4 months
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Gotchardcast react to.. Tsukasa trying to Final Form Ride to Houtaro
(Onore Dikeido)
Stand back in horror as Hopper-1 leads the Chemmies in hot pursuit of the Magenta Menace and make him pay for what they did to their boy
Hopper hopper, motherfucker
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pleuvoire · 1 year
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if there's one thing we can all agree on re: kusaka it's that he truly is a hater
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can't even punch a mirror without going through the dimensions 😔
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cezbox · 11 months
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[Yes More Heroes I need a hero]
🎵I'm holding out for a hero 'til the end of the night
He's gotta be strong, and he's gotta be fast
And he's gotta be fresh from the fight🎵
I called my TravETS arts and universe that ETS met Travis in Travis's world as "yes more heroes"
"yes more heroes" is universe setting mix of nmh1,2,tsa (mostly based from nmh1) where Travis met ETS (from ETT1) everyone alive and live (not much) peacefully just because I want draw joke of them :v
don't think too much it's just like kmr Decade where Decade just appear in Kuuga world and every events happen for no reason maybe the earths get mix because the passing through Asassassin? Onore Torabisuuu!
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pretend-im-not-there · 3 months
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Rewatched 20 episodes of Shinkenger before rewatching Decade and I gotta say something now that it's Shinkenger world.
As much fun as Narutaki's "Onore Decade" is, he's 100% blaming the wrong rider for the ayakashi rider in Shinkenger's world. Like, this is entirely Diend's fault, not Decade's. I get hating Tsukasa, but blame him for his own shortcomings, not a complete different dimension hoppers.
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nopedontknow · 12 hours
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ensuu · 2 years
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onore decade
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mat2modblog · 4 months
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More out of context lines from FGO's 2024 Valentine's event PART TW-
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ONORE, DECADE!
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delugedecade · 1 year
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ONORE DECADE!?
youtube
@tokufan400 @submissiveking99
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flaim-ita · 2 years
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Flaim, how would Gentaro react if he is approached by some person with the same powers as Kadoya and spouts how Decade will destroy the world?
Essentially, how would Gentaro Kisaragi react if he meets Narutaki who then spouts about how Kadoya Tsukasa would destroy the world?
[you're my one source of characterization for decade characters because a lot of people do tend to oversimplify them as "onore dikeido" and whatnot XD]
Gentaro would probably ignore Narutaki if he knew Decade by then. Like if this is post-SHT he’d be like “okay but you tried to make the Big Machine, and Decade’s a cool guy, and a Kamen Rider! I’m sure he wouldn’t do that. I can try to help you if there’s a threat to the world, though.”
If it was before, he’d probably ask a few questions, agree to help Narutaki, and then end up helping Tsukasa instead, because no way is this guy gonna destroy the Worlds. He’s a Kamen Rider! And, more importantly, he only transformed after Gentaro attacked HIM, so it prooooobably isn’t his fault, whatever the problem is.
(He does fight it out with Tsukasa in the latter case, to get a proper feel for him. Tsukasa notices this and hold back enough for a fair and no-injury fight.)
I’m so glad you’re coming to me for this. Yeah a lot of people don’t seem to get that Tsukasa would much rather keep to himself but being Decade is kind of his job and his whole purpose for existing, so he’ll sigh and investigate the heroes and villains each time he gets involved. He’s not an agent of chaos by choice, it just tends to help him get his answers faster. Like the key to Tsukasa is he just wants to help people, but between memory loss, personality, and fate he’s really bad at being a traditional hero. So he just kinda plays bad guy or devil’s advocate until all the cards are down and he can help save the day.
(Not that there’s anything wrong with fannon Tsukasa. It’s just… such a simple way to use him, and usually based on JUST his crossover appearances. Also, fandom Tsukasa is just Daiki, so like… just use Daiki for your true chaos. Please. Onore Dikeido is only used once in Decade proper, and roughly five times including post-Decade material, for a REASON)
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federicodeleonardis · 4 months
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Bilbao: Anselmo vs Ghery
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Se nella terza decade del XXI secolo ha ancora senso usare l’aggettivo “figurativo”, è giusto applicarlo all’enorme ragno della Bourgeois che, ondeggiando sulle sottilissime zampe, percorre lo spiazzo antistante il fiume attorno al Guggenheim di Bilbao: chi durante una delle malattie infettive che perseguitano l’infanzia non ha sognato di essere imprigionato nella rete di Aracne e di finire nelle sue grinfie? Invece non ho remore a usare la parola “incubo” per connotare l’enorme edificio progettato da Frank Ghery.
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Mi dispiace per questo fantasioso architetto americano, rappresentante principe del postmodern internazionale, ma dal Ria, dal ponte che lo attraversa e da tutte le strade che lo circondano non si capisce proprio cosa sia destinato a contenere: un asilo per pazzi scatenati? anzi il principe degli asili per claustrofobici? il municipio di amministratori di una città uscita fuori dalla fantasia di uno Swift? Invece è il quarto e più famoso contenitore dell’immensa e prestigiosa collezione d’arte appartenente a una famiglia americana, raccolta soprattutto negli anni del surrealismo da Peggy, ricchissima erede di un magnate perito nel disastro del Titanic (e amante, se non vado errato -anche- di Max Ernst, l’unico di quel movimento di cui forse vale ancora la pena parlare; la collezione è poi stata arricchita successivamente di opere molto importanti un po’ di tutti gli artisti emergenti sulla scena). Il Guggenheim museum è emblema e baricentro di quella Svizzera marina che è la regione basca, di cui Bilbao è chiaramente la capitale (finanziaria e industriale).
La città, circondata da colline verdi e attraversata da un fiume, mostra chiaramente di essere una sede adatta agli agi di quella piccola borghesia che ormai trionfa su tutto il pianeta e in particolare in Europa. Qui si dimenticano volentieri le contraddizioni che ci propina quotidianamente internet, le guerre, le favelas, i mucchi di garbage in cui frugano “i dannati della terra”. A Bilbao, con un portafoglio tutto sommato medio, si vive bene: vino eccellente, alta cucina nei numerosissimi pubs sparsi un po’ dovunque (fortissima l’influenza dell’epoca vittoriana inglese coi suoi cottages e le sue ville revivals nel porto affacciato sul Golfo di Biscaglia), donne fresche di parrucchiere, marciapiedi immensi, non un graffito, parchi senza un filo d’erba fuori posto dove pullulano panchine e sculture rigorosamente del bronzo più retorico comune in tutto il mondo, ecc.  Sarà un caso che il quarto Guggenheim sia stato localizzato qui?
Basta con le maligne analisi urbanistiche, qui sista bene e tutte le strade conducono a Roma, pardon, al museo (non un angolo che non ne faccia pubblicità, anche nel centro storico (dove qualche graffito, è la prima volta vi confesso, mi tira un po’ su). Tutte, compresa quella che attraversa il Ria sul ponte frutto dell’’inventiva di un Calatrava, forse il più leggero che mi sia stato dato di attraversare. Ma che ci sta a fare questo tocco di eleganza nerviana (onore a te, Pierluigi, padre e mentore dello spagnolo) accanto al mostro gheryano, uno sputo nel mare ondeggiante dei suoi contorti e un po’ ridicoli volumi?
Per essere espliciti una volta per tutte e spero chiari: l’architettura è chiamata, sempre, a proteggere la vita nelle sue forme più varie e, nel caso di un museo, quella dell’arte e delle memorie dello spirito inventivo dell’animale più curioso sulla faccia della terra. L’architettura è decisamente un mestiere difficile, proprio a causa del suo diretto coinvolgimento con il sociale; insomma deve essere anche pratica, alla portata di ogni più elementare bisogno e non solo quello di proteggerci dalla pioggia o dai terremoti. Nel caso di un edificio museale è chiamata a conservare ed esporre la memoria della punta di diamante dello spirito, l’arte, di cui essa stessa fa parte. Ma per riuscirci deve fare non uno bensì più passi indietro. La sua funzione è quella di dare spazio ai colleghi, coloro che dovranno occuparlo, sia pure momentaneamente. L’ha avuto ben chiaro uno come Zumthorn a Bregenz, dove ha progettato un museo che rappresenta uno splendido esempio nel contempo di modestia, funzionalità e bellezza minimale. “Reduced” direbbe Wiener (un connazionale dell’architetto americano che campeggia in una sala a piano terra del G., a commentare le splendide e un po’ eccessive spirali di un altro americano, Richard Serra che, come tutti loro, pensa alla grande, alla rinascimentale. Il conflitto moderno-postmoderno, è un’invenzione recente di menti incolte: alla faccia di Ghery, Borromini muove lo spazio inventato da Brunelleschi e Piero, perché la vita, comunque precaria e difficile, non perde il suo rapporto con la religiosità. La tensione spirituale che dovrebbe impegnare l’arte contemporanea è il corrispettivo laico della fede dei secoli di Monteverdi e Bach: è un fatto innegabile. Ma se l’americano s’è agitato forsennatamente nello spazio è solo per esprimere la propria singolarità, la propria originalità, impedendo in qualche modo di parteciparla ai colleghi che espongono nelle viscere di quello da lui esibito. E’ proprio una questione di misura, la stessa che distingue i pesantissimi orpelli del S. Nicola di Bilbao dal S. Carlino o il S. Ivo di Roma. Una misura che manca del tutto all’edificio progettato da Ghery. Basta un’occhiata a denunciarlo: il museo mette a disposizione dell’esposizione forse nemmeno un terzo dello spazio occupato dai suoi contorti volumi: qualsiasi fotografia lo rende evidente senza bisogno di ricorrere a piante e prospetti.  
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E qui chiudo con il tanto osannato edificio. Ma ancora una domanda: che ci fa Giovanni Anselmo lì dentro? Come ha potuto confrontarsi con l’americano? Come ne è uscito?
2°  Oltre l’orizzonte
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Se ho tirato in ballo Piero, Filippo e il Francesco d’un secolo dopo è perché questo connazionale contemporaneo ne conserva la memoria. E che altro deve fare un artista se non ridire quanto già affermato dai colleghi che lo hanno preceduto e ridirlo con parole comprensibili nel secolo in cui è vissuto? Magari aggiungendo qualcosa per cui non si possa più tornare indietro? Sì, perché Giovanni Anselmo è stato il poeta che, col suo pallino dell’energia fisica, ha fatto tramontare definitivamente i “valori plastici”, faticosamente tenuti in vita dall’arte del secolo scorso, e lo ha fatto con la semplicità di un Piero della Francesca e la fantasia spaziale di un Borromini. Non ci sarebbe altro da aggiungere per commentare la sua retrospettiva ospitata al secondo piano dell’immenso edificio di cui ho parlato nel post precedente e mi auguro che questo sia sufficente a convincere tutti gli artisti che oggi intendono ancora lavorare a muovere le chiappe per constatare de visu la verità di quanto ho affermato: c’è trippa per gatti, per tutti, ad esclusione di quelli floreali di quel zuzzerellone di un Koons (davanti all’ingresso del monstrum).
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Ma la mia fiducia nella perspicacia dei visitatori non pigri può ingannarmi e mi rimane il compito certamente difficile di argomentarre un po’ queste affermazioni, senza tradire quanto deve prima essere constatato coi propri occhi. Sono venuto apposta da Milano nella lussuosa Bilbao perché il lungo sodalizio spirituale avuto con il torinese lanciato da Germano Celant lo esigeva: una retrospettiva completa è ben più complessa da organizzare di una sia pur impeccabile mostra come quella recente dalla Lia Rumma a Milano. Il compito dei suoi curatori è stato arduo, non solo perché si è trattato di mettere in piedi 70 anni di attività dell’artista, ma anche di farlo in un luogo che, l' ho cercato di dimostrare, fa a pugni con chi ospita in generale, ma in particolare con l’opera di quest’artista.
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Ho parlato di semplicità, ma devo specificare esclusivamente visiva e suffragarlo con qualche esempio: non basta dire energia della sofficità, bisogna vederla coi propri occhi in azione attraverso un cespo d’insalata piuttosto che una spugna; non basta sentire la stretta di un panno strizzato, occorre verificarlo attraverso la resistenza della sua massa compatta; non basta dire tramonto, ma dispiegare l’evento attraverso una sequenza di quanto più banale si possa inquadrare in cornicette modeste in fila indiana; e ancora, non basta parlare di paesaggio grigio  verso oltremare, ma occorre metterlo in scena nella sua drammaticità pesante (i tempi sono questi, ahimé) e a ciò è sufficiente la posizione audace e la dimensione ridottissima di un rettangolo spatolato di colore denso.
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Tutto è tensione nella retrospettiva, anche quella dolce della capillarità o di un panno tirato in orizzontale. Dico solo che vale la pena di un viaggio di cinque ore per immergersi in questo mondo poetico proprio per la sua semplicità, per la sua elementarietà, oserei dire per il suo ottimismo. L’orizzonte oltre il quale Anselmo ci invita ad andare (“Beyond the horizon” il titolo della mostra) è di una semplicità sconcertante, di un naturalismo calmierante (tutti oggi parlano di ecologia, ma chi lo fa senza tradirla?) L’architettura di riferimento per lui è l’universo attraversato dal lieve magnetismo indicato dall’ago di una bussola immerso nella pietra più dura della terra: il granito. I massi incombenti retti da un assembramento di tele intelaiate (lo strumento principe dell’arte del passato - sottolineo passato) sono dinamica pura, senza ambiguità, al limite del banale.
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Castello di Rivoli: sulla sinistra il sunset, sulla destra la mano che lo indica
Nella retrospettiva gli esempi si sprecano e io ora non ho nessuna voglia di proseguire nell’elenco. Ho parlato di ottimismo, un atteggiamento che, insieme alla convinzione che l’energia non sia solo fisica ma anche psichica, accomuna Anselmo a un altro grande artista, il tedesco Joseph Beuys. E poi, a girare attorno al concetto, ma questa volta senza alcun ottimismo, dobbiamo annoverare il lavoro di un altro italiano, Fabio Mauri che, in apparente contrapposizione, afferma essere l’energia anche politica, nel senso più nobile della parola. Essa cioè deve fare i conti con la storia, quindi l’ideologia, pena il precipitare inesorabilmente nei disastri planetari che nulla hanno a che vedere con quelli naturali; ne sono prova addirittura due guerre mondiali con un paio di olocausti di mezzo. Ma questo è un discorso che impegna uno spazio ben più ampio.
Devo proseguire?
Due parole ancora sul rapporto di Anselmo con l’architettura, quest’ancilla delegata a ospitare il suo grande teatro. Il penchant per il naturalismo lo porta oltre, appunto: beyond. L’architettura è l’universo del cielo stellato, delle forze elementari come la peso o la magnetica (mi stupisce che non abbia mai fatto niente con l’elettrica o la cristallizzante (l’energia intuita da Euclide 2500 anni fa): l’architettura è un incidente di percorso, che sia un Guggenheim, un Rivoli o un Maxi, non importa: il concetto di energia è puro, è quello offertoci da una mano disegnata a punta d’argento su un grande foglio di carta spolvero; la storia che coinvolge l’architettura, la memoria che si porta pesantemente appresso, sono fatti contingenti.
E le stelle stanno a guardare,
 le stelle che lo hanno accolto circa due mesi fa.
FDL
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asknarashikari · 4 months
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*ahem* Tsukasa would of love this.
Riders reactions?
Absolutely no one is surprised
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pleuvoire · 1 year
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i love calling the onore decade guy from decade a hater because that's all he does. he just shows up to say that tsukasa sucks and everything is his fault. his whole role in the plot is just to show up and be a hater
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cinquecolonnemagazine · 7 months
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Phobos e Deimos: Le Lune di Marte
Mentre gran parte dell'attenzione astronomica si concentra su Marte, il pianeta rosso, è importante ricordare che Marte ha anche due piccole lune: Phobos e Deimos. Queste lune rappresentano elementi intriganti nel nostro sistema solare e offrono opportunità uniche per esplorare il sistema marziano in modo più approfondito. Phobos e Deimos: I Satelliti di Marte Questi due "satelliti" sono le due lune di Marte, e sono nomi derivati dalla mitologia greca. Phobos, il maggiore dei due, prende il nome da Fobos, il dio greco della paura e dell'orrore. Deimos, la luna minore, è chiamata in onore di Deimos, il dio greco del terrore. Questi nomi evocano un'atmosfera di mistero e incertezza, adatta al nostro interesse per questi satelliti marziani. Caratteristiche di Phobos e Deimos Phobos e Deimos sono molto differenti da qualsiasi luna terrestre. Entrambe sono molto piccole, con Phobos che è la più grande delle due ma ancora molto più piccola della nostra Luna. Phobos ha un diametro di circa 22,2 chilometri, mentre Deimos misura solo circa 12,4 chilometri di diametro. La loro dimensione compatta è un motivo per cui sono spesso classificate come "lune marziane" anziché "satelliti". Phobos e Deimos sono anche notevoli per la loro forma. Phobos è leggermente ellittico, mentre Deimos è una luna molto più irregolare, apparendo come un oggetto allungato con una forma approssimativamente simile a una patata. Queste forme insolite suggeriscono che potrebbero essersi formati da impatti o catture gravitazionali nel passato di Marte. Origine e Storia Le origini sono ancora oggetto di studio e dibattito tra gli scienziati. Una delle teorie più accettate è che queste lune potrebbero essere asteroidi catturati da Marte a causa della sua gravità. Altre teorie suggeriscono che potrebbero essersi formate da detriti provenienti da impatti asteroidali su Marte stesso. Queste incertezze rendono Phobos e Deimos oggetti di grande interesse per la ricerca scientifica. L'Esplorazione L'esplorazione di Phobos e Deimos è stata finora limitata, ma ci sono piani per ulteriori missioni in futuro. Nel 1988, la missione sovietica Phobos 2 è stata lanciata con l'obiettivo di studiare Phobos, ma la missione è terminata prematuramente a causa di problemi tecnici. Negli anni a venire, l'interesse per l'esplorazione di queste lune marziane è cresciuto. L'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha sviluppato il programma "Martian Moons eXploration" (MMX) con l'obiettivo di esplorare Phobos. La missione MMX, pianificata per la prossima decade, prevede di atterrare su Phobos, raccogliere campioni e studiare la sua superficie e composizione. Il Futuro Phobos e Deimos rimangono oggetti intriganti e misteriosi nel sistema solare. L'esplorazione futura di queste lune potrebbe fornire informazioni preziose sulla formazione di Marte e sugli eventi che hanno modellato il sistema marziano. Con ulteriori missioni in programma, potremo presto scoprire più dettagli su queste affascinanti lune marziane e svelare i segreti che circondano la loro origine e la loro storia. Foto di GooKingSword da Pixabay Read the full article
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planetchii · 7 months
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I'mma just spitball here.
A Precure season where a group of cures have to go to each Cure's season/world/area/whatever and have to beat some sort of issue that has popped up and screwing with their season/world/area/whatever before they can leave. We'll call it PreCure Decades. The Pink Leader is just Tsukasa in a dress.
The Blue Secondary is just Daiki in a dress.
The Yellow is just Narutaki in a dress. His catchphrase is still Onore Decade.
The Purple is just Natsumi in pants.
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