Tumgik
#lui non si è ancora svegliato
omarfor-orchestra · 10 months
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Tuttə che repostano Netflix per annunciare che hanno caricato la S3 meanwhile nicmopà:
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kon-igi · 28 days
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QUA CI SAREBBE STATO UN TITOLO ALTISONANTE MA QUESTA VOLTA NO
Trovo difficile spiegare quello che sto per raccontarvi, non perché provi vergogna o esitazione ma perché ho impiegato 23 giorni a capire cosa stesse succedendo e tutte le volte che mi fermavo con l'intenzione di parlarne, sentivo che le parole scritte non avrebbero reso il senso di quello che stavo provando.
Questa volta lo butto giù e basta, ben consapevole che le parole immiseriscono ciò che una volta fuori dalla testa non sembra poi così universale o interessante.
L'errore più grande che ho fatto in questi cinque anni (conto un anno prima della pandemia ma forse sarebbero pure di più) è stato credere di avere un equilibrio emotivo tale da poter prendere in carico i problemi e le sofferenze delle persone della mia famiglia.
Non solo, mi sono fatto partecipe e a volte risolutore dei problemi dei miei amici e una volta che sono stato in gioco mi sono reso disponibile ad ascoltare chiunque su questa piattaforma avesse bisogno di supporto, aiuto o di una semplice parola di conforto.
Ho sempre detto che una mano tesa salva tanto chi la stringe che chi la allunga e di questo sono ancora fermamente convinto.
Ma per aiutare qualcuno devi stare bene tu per primo, altrimenti ci si sorregge e si condivide il dolore, salvo poi cadere assieme.
In questi anni ho parlato molto di EMPATIA e di sicuro questa non è una dote che mi manca ma c'è stato un momento - non saprei dire quando e forse è stato più uno sfilacciamento proteso nel tempo - in cui non ho potuto fare più la distinzione tra la mia empatia e la mia fragilità emotiva.
Sentivo il peso, letteralmente, della sofferenza di ogni essere vivente con cui mi rapportavo... uno sgangherato messia sovrappeso con la sindrome del salvatore, insomma.
Sovrastato e dolente.
Mi sentivo costantemente sovrastato e dolente e più provavo questa terribile sensazione, più sentivo l'impellente bisogno di aiutare più persone possibile, perché questo era l'unico modo per lenire la mia sofferenza.
Dormivo male, mi svegliavo stanco, mangiavo troppo o troppo poco, lasciavo i lavori a metà e mi veniva da piangere per qualsiasi cosa.
Naturalmente sempre bravo a dispensare consigli ed esortazioni a curare la propria salute mentale ma lo sapete che i figli del calzolaio hanno sempre le scarpe rotte, per cui se miagola, graffia e mangia crocchette, bisognerà per forza chiamarlo gatto.
E io l'ho chiamata col suo nome.
Depressione.
La mia difficoltà, ora, a parlarne in modo comprensibile deriva da un vecchio stigma familiare, unito al fatto che col lavoro che faccio sono abituato a riconoscere i segni fisici di una patologia ma per ciò che riguarda la psiche i miei pazienti sono pressoché tutti compromessi in partenza, per cui mi sto ancora dando del coglione per non avere capito.
All'inizio ho detto 23 giorni perché questo è il tempo che mi ci è voluto per capire cosa sto provando, anzi, per certi aspetti cosa sono diventato dopo che ho cominciato la terapia con la sertralina.
(per chi non lo sapesse, la sertralina è un antidepressivo appartenente alla categoria degli inibitori della ricaptazione della serotonina... in soldoni, a livello delle sinapsi cerebrali evita che la serotonina si disperda troppo velocemente).
Dopo i primi giorni di gelo allo stomaco e di intestino annodato (la serotonina influenza non solo l'umore ma anche l'apparato digestivo) una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di una cosa.
Non ero più addolorato per il mondo.
Era come se il nodo dolente che mi stringeva il cuore da anni si fosse dissolto e con lui anche quell'impressione costante che fosse sempre in arrivo qualche sorpresa spiacevole tra capo e collo.
Però ho avuto paura.
La domanda che mi sono subito fatto è stata 'Avrò perso anche la mia capacità di commuovermi?'
E sì, sentivo meno 'trasporto' verso gli altri, quasi come se il fatto che IO non provassi dolore, automaticamente rendesse gli altri meno... interessanti? Bisognosi? Visibili?
Non capivo ma per quanto mi sentissi meglio la cosa non mi piaceva.
Poi è capitato che una persona mi scrivesse, raccontandomi un fatto molto doloroso e chiedendomi aiuto per capire come comportarsi e per la prima volta in tanti anni ho potuto risponderle senza l'angoscia di cercare spasmodicamente per tutti un lieto fine.
L'ho aiutata senza che da questo dipendesse la salvezza del mondo.
Badate che non c'era nulla di eroico in quella mia sensazione emotiva... era pura angoscia esistenziale che resisteva a qualsiasi mio contenimento razionale.
E ora sono qua.
Non più 'intero' o più 'sano' ma senza dubbio meno stanco e più vigile, sempre disposto a tendere quella mano di cui sopra - perché finalmente ho avuto la prova che nessun farmaco acquieterà mai il mio amore verso gli altri - con la differenza che questa voltà si cammina davvero tutti assieme e io sentirò solo la giusta stanchezza di chi calpesta da anni questa bella terra.
Benritrovati e... ci si vede nella luce <3
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raccontiniper18 · 6 months
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Sesto racconto erotico
Abbiamo parlato di masturbazione, e di quanto fosse naturale farla, abbiamo parlato della nostra prima volta,perchè non parlarne dell'ultima? Non so se possa piacere,a noi ecciterebbe sapere quando e come vi siete toccati,con cosa, con che aiuto durata e tutto del vostro momento di intimità.
Allora premessa che conviviamo ma a causa del lavoro abbiamo bisogno di ''coccolarci'' anche da soli.
Partiamo da lui:
Mi sono svegliato come mio solito con il durello mattutino,come accade a tutti, e con un voglia infinita,mi giro e la mia lei dorme,è dolcissima e so che se la svegliassi mi mangerebbe vivo,quindi evito. L'ammiro per alcuni brevi minuti e vado in bagno, mi spoglio tutto pipi', e come sapete con il durello è un po' complicato farla,ma mi impegno anche perchè lei non vuole che pisci in doccia,sennò mi viene più facile li, mi lavo il viso, barba, lavo i denti.
Sempre con il cazzo all'aria, che cerca di placarsi sennò non vuole saperne di afflosciarsi.
Entro in doccia, il cazzo sbatte a destra e sinistra perchè quando si è duri da moscio o da duro, va per i fatti suoi. Mi shampo,mi insapono tutto e tralascio la zona inguinale appositamente,finita la doccia, mi dedico solo al mio cazzo ,lo insapono per bene e mi sego, penso ,si vado di fantasia e mi sego,si mi sego fortissimo perchè voglio venire. Tempo 3 o 4 minuti sento che già sto per venire, vorrei sbo*rare in doccia ma evito, esco mi asciugo e mi reco in cucina con l'accappatoio e il cazzo sempre sballolzolante.
Mi preparo il caffè, e prendo anche la sua tazzina, mi do gli ultimi due colpi in cucina e sbo*ro,un bel po' che riempio la tazzina del mio piacere per 1/4. Soddisfatto mi asciugo la testa del cazzo con l'asciugamano,mi bevo il caffè e lascio la sua tazzina di sb*rra già nella macchinetta.
Finito di bere il mio caffè mi asciugo,mi vesto e mi reco a lavoro.
Lei:
Mi sveglio, vado in bagno correndo per fare la pipi', ahwwwww la pipi' del mattino è una tappa che amo perchè è soddisfaccente all'infinito. Oggi non lavoro quindi ho tempo che impiegherò per farmi bella,creme cremine, estetista ,parrucchiera cosi' che oggi pomeriggio il mio lui si rinnamori di nuovo di me, perchè lui dice cosi' ogni volta che mi faccio bella.
Finito in bagno mi reco in cucina, sento già il suo odore,la cucina ne è colma. Penso mamma mia che buon odore di sbo*ra, come suo solito è nel bicchierino di caffè, in genere mi faccio uno shot di sb*rra e poi mi bevo il mio caffè,ma oggi voglio cambiare si,voglio un caffè corretto alla sb*rra. Metto la cialda del caffè, e il caffè si mescola con il suo piacere. A livello mentale mi eccita un bel po' sento già lo slip pieno e bagnato. Mamma mia
Assaggio 'sto caffè corretto e cazzo se mi piace, io adoro la sb*rra ma con il caffè è la morte sua.
Ingoio o bevo,non so come dire credo più ingoio ahahaha
TUTTO fino all'ultima goccia.
Mi reco nel nostro lettone apro il cassetto dei miei sex toy e ne scelgo uno, oggi scelgo il ciuccia clitoride e il vibro durex cosi facciamo la giusta combo. Apro il pc e lo collego alla tv cosi da vedere un bel pornazzo, perdo 10 minuti per trovare un bel porno, e ne trovo uno dei bei maschioni che si inchiappettano l'un latro dio mio muoio. Mi metto il cazzo in fica e mi martello e con l'altra mano mi metto l'altro sul clito, Dio lo amo e poco dopo sento già lo stimolo di venire, VENGO. Dio mio di già penso, e sorrido fra me e me. Pulisco i miei due toy con il clean e li rimetto a posto, mi accorgo che sono ancora vogliosa e il porno è ancora alla tv,beh perchè no penso e mi tocco da sola con la mia bella manina per altri minuti mi dedico totalmente al clito e a un capezzolino e dopo poco vengo sfinita sul letto.
Mi riaddormento sfinita e nuda.
Lui torna da lavoro e mi trova sul letto mezza dormiente e con il porno finito sulla tv e mi dice ''Mmmmh oggi niente pranzo,il mio pranzo sei tu!''
Fine
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klausbens · 5 months
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è nostro, no?
Manca poco a Natale e Simone decide di fare una sorpresa a Mimmo [G, 998 words] (AO3 link)
“Se avessi ‘appicciato’ casa ti pregherei di entrare a risolvere,” risponde Simone, il corpo parato davanti all’ingresso a coprire qualcosa di possibilmente terribile — o bellissimo, perché no.
Mimmo sorride, le sopracciglia ancora accartocciate. 
“Ma c’aggia fa’ ij, non sono mica pompiere. Se hai appicciato casa chiamiamo a pat’t, forse se glielo chiede lui il fuoco si spegne.”
Simone ride, e Mimmo si rintana dentro al suono come fosse un buco in un tronco e lui un piccolo animale di ritorno al nascondiglio. Fuori gela e si sta facendo rapidamente buio, ma lui ora è al sicuro, all’asciutto. Non lo sentiva ridere dalla mattina, quando Mimmo si è inciampato nei vestiti abbandonati a terra dalla sera prima e l’ha svegliato, guadagnandosi nel frattempo un brutto livido sul ginocchio. Vabbè. Alla fine, vedere gli occhi di Simone brillare divertiti già alle sette e venti era bastato a farlo sentire un po’ meno stupido e un po’ più amato.
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exterminate-ak · 11 months
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" - Frodo, ti sei svegliato!
- Gandalf, che è successo?
- Oh, ragazzo mio, ci sei riuscito. Hai gettato l’anello nel vulcano e con esso hai distrutto Sauron.
- Ce l’ho fatta…
- Hai salvato la Terra di Mezzo.
- Oh Gandalf, non vedo l’ora di rivedere tutti quanti.
- Li vedrai presto, Frodo. Ti stanno aspettando.
- Dove?
- Ai funerali di Sauron.
- Non ho inteso.
- I funerali di Sauron, è importante. È un evento. Lutto nazionale. Ci sono tutti i popoli della Terra di Mezzo.
- Perché?
- Come perché, per rendergli omaggio, per commemorarlo e celebrarne la vita straordinaria.
- Sauron.
- Sì.
- Ma Sauron è…
- Che?
- No, dico Sauron era un… un…
- Un?
- Un despota. Uno stregone malvagio. Ha devastato metà continente.
- Un po’ di rispetto, Frodo! Stai parlando di un morto, per la miseria!
- Ho capito, ma c’abbiamo combattuto per tre libri e tre film…
- Esatto. Non si può negare che abbia avuto un certo impatto.
- Un impatto di merda.
- Intanto ti devi sciacquare la bocca quando parli dell’Oscuro Signore. Lui non era malvagio.
- L’hai appena chiamato Oscuro Signore.
- Ma no, lui era… come dire… ecco, sì! Era un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia.
- Un desiderio di gioia?
- Sì. Come ti sembra? Sai, mi hanno chiesto di dire due parole alle esequie.
- Sauron, il Crudele. Sauron, l’Oscuro Signore di Mordor era un desiderio di amore?
- Guarda che le cose che ha fatto lui tu te le sogni.
- Gandalf, ma che cose? Cosa stai dicendo?
- Tirala su te Barad-dûr. Dai, prova. Tirala su te una torre di millequattrocento metri su suolo vulcanico!
- Ho capito, ma era una fortezza di pura malvagità!
- Che dava lavoro a migliaia di persone.
- Orchi Gandalf! Orchi! Mostri! Nazgul! Te li ricordi, sì? Ti ricordi il fuoco, la lava, gli eserciti incazzati, le battaglie, l’ombra cupa che scende.
- Ha segnato la Storia di questo paese.
- In peggio!
- Ha dato a tutti la possibilità di essere suoi servi, senza chiedere niente in cambio.
- Voleva conquistare il mondo.
- Ma amava i cani.
- Gandalf, ti sei rincoglionito? È per via della tinta? Questo era uno stregone oscuro, non ha mai nascosto la cosa e si è comportato di conseguenza per tutta la sua vita.
- Bella gratitudine.
- Eh?
- Guarda che te senza Sauron non eri nessuno. Senza sta cosa dell’anello tu te ne stavi ancora lì in Contea a farti i drummini. Altro che eroe. Tu la carriera la devi a Sauron.
- Ma a me m’ha rovinato la vita Sauron. E pure a tanti altri.
- Quanto odio, Frodo. Che persona piccola. Da te proprio non me l’aspettavo. Sauron era uno di noi.
- Uno di noi? Io sono un postadolescente coi piedi pelosi e lui era un cristo di dio re malvagio che ha forgiato un anello per dominare tutti gli altri. Scusami eh, ma com’è passata sta narrazione che era uno di noi? Noi chi?
- Ascolta, era una persona coi suoi pregi e i suoi difetti. E magari sì, ha dedicato la sua vita all’accumulo di potere per rendere questo Paese un posto peggiore e ci è pure riuscito, ma tu dimentichi una cosa importante.
- Cosa?
- Era un grandissimo comunicatore.
- Gandalf, porcoddue…
- Di Sauron si può dire tutto ma non che non sapesse comunicare.
- Ho capito, c’hai centocinquant'anni, hai cambiato colore e mo non capisci più un cazzo e hai paura di morire e questo è un pezzo della tua vita che se ne va e tu guardi tutto attraverso un vetro spesso così di nostalgia, ma sticazzi! Proviamo a essere un attimo obbiettivi, vuoi?
- E proviamo.
- Questo c’ha fatto passare l’inferno a tutti e ha lasciato il mondo peggio di come l’ha trovato.
- Diciamo che era una figura unica nel suo genere.
- Diciamo che era letteralmente un essere spregevole. L’incarnazione di almeno cinque dei sette vizi capitali.
- Che brutta bestia l’invidia.
- Perché a Boromir non gli abbiamo fatto i funerali così?
- Boromir era divisivo.
- Théoden.
- Comunista col Rolex.
- E Sauron invece?
- Sauron, nel bene e nel male rappresenta la Terra di Mezzo.
- Ma proprio per un cazzo io mi son sentito rappresentato da questo.
- Tu non capisci, Frodo.
- Cosa?
- La Terra di Mezzo è un Paese fondato sul condono. E dopo la morte condoniamo tutto a tutti. Però recitando frasi fondamentali come “nel bene e nel male” oppure “ha fatto anche cose buone” non neghiamo che sia stato un figlio di puttana, anzi lo rimarchiamo. Perché ne abbiamo bisogno.
- In che senso?
- Abbiamo bisogno di santificare le merde. E più uno è merda, più lo dobbiamo celebrare. Sauron va santificato, è per il bene di tutti. Così i nostri egoismi, i nostri piccoli squallori, le ipocrisie quotidiane, smettono di farci star male, di metterci in crisi. Se pure Sauron incontra Dio, se pure Sauron va in paradiso, se alla fin fine riusciamo a raccontarci che anche Sauron era una brava persona, allora lo siamo tutti. E nessuno deve pagare i propri conti con la vita e con la Storia.
- Va be’, ma con questo ragionamento non finiamo per circondarci ciclicamente solo di gente che “ha fatto anche cose buone”?
- Certo.
- E quindi altri Sauron?
- Siamo un fantasy, Frodo. Noi adoriamo le saghe. "
Dalla pagina Non è successo niente
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Nuovo giorno nuovo giro. Questa volta posto in italiano, because why not. Piccola storia, perché a volte se gli sceneggiatori non sono capaci di scrivere cose decenti allora ci devi provare tu. Tutti i commenti sono ben accetti. Enjoy 💜
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Simone avrebbe finito la giornata vomitando, prendendo a pugni qualcuno o semplicemente andandosi a schiantare veramente sulla tangenziale, altro che spazzatura sotto casa di Manuel.
Se da un lato è sollevato che il cretino di 5C si sia svegliato, dall'altro non può fare altro che odiare un po' la situazione, Ernesto, suo padre. E forse anche un po' sé stesso.
Dopo aver salutato il commissario e lasciato l'ospedale, non gli era rimasto altro su cui concentrarsi a parte quelle due parole: futili motivi. Gli risuonavano nelle orecchie, gli rimbalzavano nel cervello, gli pugnalavano il cuore.
Suo padre non sembra notare niente, ma quella non era una novità. Poteva essere così attento in alcune situazioni, tipo in classe con i suoi studenti, e allo stesso tempo l'opposto a casa. O forse era così distratto solo con Simone.
Forse, dopo Jacopo, aveva concluso che Simone non ne valeva la pena.
Forse era Simone il problema.
Chissà se le cose sarebbero state diverse, se a morire fosse stato lui. La vita dei suoi genitori sarebbe stata migliore? Jacopo sarebbe stato migliore? Avrebbe scoperto la cura per il cancro?
Tutte domande idiote, ma che a volte si palesavano nel suo cervello e non volevano uscirne.
C'era solo una persona che lo aiutava a zittire tutto il caos in testa, ma in questo momento non era lì, e lui doveva imparare a sopravvivere da solo.
Improvvisamente sente una pressione sulla spalla, e si accorge in ritardo che il padre stava parlando con lui.
"Come?" si limita a chiedere.
Il padre lo guarda per un attimo come se davanti a lui ci fosse un nuovo filosofo che ancora non capisce ma che è disposto a studiare, per poi distogliere lo sguardo.
"Niente, dicevo ci vediamo a casa?"
"Sì sì, a casa."
Simone riesce a stento a processare quello che gli ha detto Dante che già non lo vede più, scappato verso chissà dove.
Ora è solo, Simone, in un'area affollata. Troppe persone, troppi sguardi, troppi rumoriodorilacrimeviavai.
Non riesce a concentrarsi su niente, tutto troppo presente ma totalmente inafferrabile.
Vede di fronte a sé un parco, e decide di entrare, perché qualsiasi cosa è meglio della strada, e sa già che non riuscirebbe a tornare a casa in moto.
Si addentra nella piccola zona verde, piena di spazzatura e con una vecchia panca arrugginita.
Si siede, e aspetta che il tempo passi. Ogni tanto un soffio di brezza gli accarezza il viso, o il suono di un clacson gli infastidisce le orecchie, ma lì, su quella panca, si ritrova ad esistere, senza doversi sforzare di essere il figlio perfetto, lo studente modello o l'amico comprensivo. Lì è semplicemente Simone, un corpo senza una volontà.
È solo quando gli vibra il telefono in tasca che ritorna un po' in sé, notando il sole sempre più basso e la sua pelle d'oca, nonostante la giacca pesante.
Con mani malferme risponde alla chiamata.
"Pronto?" la voce rauca, chissà se per il freddo od il disuso.
"Ao, a Simò, ma dove cazzo stai? So' du' ore che t'aspetto pa'a cosa de fisica!" la voce di Manuel è come un balsamo per le sue ferite, ma le parole lo fanno sprofondare. Sì, si era completamente dimenticato di qualsiasi cosa che non fossero quelle parole. Aveva lasciato perdere tutto perché non riusciva neanche ad essere felice quando avrebbe dovuto.
Ma che cazzo c'è di sbagliato in me? si chiede, perché ormai è disposto a tutto pur di non sentirsi sempre nel torto, sempre sbagliato.
"Ao, Simò, ce stai?" chiede Manuel, voce leggermente più seria.
"Sì sì, sto qua." e non sa proprio cosa aggiungere.
Nonostante voglia disperatamente la presenza dell'altro al suo fianco, non può che risentire l'eco di vecchie parole e porte di un garage che sbattono.
"Simone, che c'è? 'Ndo stai?"
"Sto tornando, a dopo."
Simone non aveva la minima idea di come tornare a casa. Si sentiva distaccato dal proprio corpo, quindi il motorino era escluso. Ma non aveva la forza di pensare ad altre alternative.
Il telefono continua a squillare, ma lui lo ignora spegnendolo.
Si riposiziona sulla panchina, ma poi sente una voce familiare.
"Accidenti!"
Si alza e trova Viola all'entrata del parco.
"Ehi Viola, tutto bene?"
La testa della ragazza scatta nella sua direzione, e si rilassa leggermente quando lo vede.
"Ehi Simone. Sì, tutto bene. Solo queste stupide buche che non aiutano le ruote."
In effetti il danno era visibile a chiunque: la ruota destra era deformata e lo pneumatico sgonfio.
"Mi dispiace. Vuoi chiamare qualcuno?"
"Probabilmente."
Quando la ragazza non continua, Simone la squadra velocemente. Ha gli occhi lucidi e sembra anche lei un po' distante da tutto.
Anime in pena entrambe. Ma si sa, mal comune mezzo gaudio.
"Se vuoi possiamo sederci sulla panca ed aspettare."
"Aspettare cosa?"
"Che ad entrambi torni la voglia di tornare a casa."
Questa volta è Viola a guardarlo attentamente, ma Simone non ha niente da nascondere, quindi rimane fermo ad aspettare una qualsiasi risposta.
"E come ci arriviamo alla panchina, genio?" chiede la ragazza, uno strano misto di rabbia e divertimento a tingerle la voce.
"Le opzioni sono due. O ti sollevo, oppure spingo la sedia."
"Ma sei scemo? O sei solo cieco? La ruota è completamente andata, non ce la faresti mai a spingerla."
"E secondo te io perché faccio rugby?"
"Ah, quindi non è la prima volta che ti trovi in questa situazione?" cerca di rimanere seria, ma si vede che trattiene a stento la risata.
"Pfff, tutti i giorni. Non sei così speciale."
Finisce la frase e, appena si guardano, scoppiano entrambi a ridere.
Quando entrambi riprendono fiato, Viola gli lancia l'ultimo sguardo, e poi sembra convincersi su qualcosa.
"Va bene, ma non ti fare strane idee."
"Non mi permetterei mai, my lady." dice nel suo miglior peggior accento british. Poi lentamente si avvicina, le passa un braccio sotto le gambe ed uno dietro la schiena e la guarda, aspettando un cenno di assenso che arriva poco dopo.
Allora, la solleva il più delicatamente possibile e la porta fino alla panchina, depositandola e poi tornando indietro per la sedia a rotelle, non pesante quanto si aspettava ma sicuramente non leggera.
Una volta riseduto, lascia cadere la testa all'indietro, e fissa il suo sguardo sulle nuvole arancioni che lentamente percorrono il cielo.
Non ha idea di quanto tempo sia passato, quando sente Viola sospirare.
Allora si gira verso di lei, e la vede con il viso ancora rivolto verso il cielo.
Il silenzio che si crea non è imbarazzante, anzi.
"Perché stavi piangendo prima?" le chiede Simone sussurrando.
"Non sono cazzi tuoi, ti pare?" risponde lei stizzita, lanciandogli un'occhiata torva.
E tutto questo fa sorridere Simo, perché lui a persone che si comportano da porcospini è abituato.
"Non è per sapere gli affari tuoi. È solo per sapere se ti posso aiutare in qualche modo." risponde pacato.
Lei lo squadra di nuovo, e per qualche motivo quella diffidenza, quella poca fiducia nel prossimo gli è molto familiare.
Sospirando, la ragazza distoglie lo sguardo.
"Non credo proprio che il ragazzo perfetto della classe possa capirmi,no?"
E Simone lo sa che è la cosa più scortese che possa fare, ma a sentire quelle parole scoppia a ridere.
Viola lo guarda torvo, e lui ha bisogno di qualche secondo per ricomporsi.
"Viola, ma che cazzo stai a di'? Solo durante l'anno scorso ho scoperto di aver avuto un gemello che è morto quando avevamo tre anni, me lo sono scordato come se non fosse mai esistito, ho quasi perso l'anno perché mi sono immischiato in giri loschi ed ho scoperto di essere gay. Non posso lamentarmi di come vivo perché so che c'è chi sta peggio, ma non è sempre stata una passeggiata, ah."
Finisce il discorso e vede gli occhi di Viola sgranarsi. Ma in quel momento non sente vergogna, o rabbia, o alcun sentimento in particolare. Quasi non si sente più umano.
"Scusa, non lo sapevo." comincia lei, ma lui scuote la testa.
"Non te l'ho detto per farti sentire male o in colpa. Voglio semplicemente dirti che le persone non sono tutte così cattive come pensi."
"Soprattutto tu?" chiede lei.
"Oh no, io sono il peggiore. Ma qualcuno di veramente buono c'è. Tipo Ryan" continua lui, vedendo la ragazza arrossire. Ah, gli etero e i loro stupidi motivi per non stare insieme.
"Non voglio parlarne."
"Va bene." annuisce svelto, e ritorna quel silenzio, come una coperta spessa che li avvolge.
"Ma tu perché sei qui?" chiede la ragazza, senza però girarsi.
"Ernesto si è svegliato e la polizia mi ha contattato per farmi sapere che non continueranno le indagini." dice in un tono di voce neutro, quasi robotico.
Viola si gira verso di lui e corruccia le sopracciglia.
"È un bene, no? Significa che non sei più sotto accusa."
"Si, per carità. Ma significa anche che non proseguiranno le indagini per l'aggressione nei miei confronti. E sai perché? Perché la rissa è scoppiata per quelli che ritengono motivi futili." non si accorge di aver gli occhi lucidi fino a quando Viola non gli tocca il braccio.
Sposta velocemente le mani, stropicciandosi gli occhi fino a vedere dietro le palpebre le stelle.
"Scusa, non volevo scaricarti addosso la situazione." dice dopo aver abbassato le mani.
"Macché. Mi dispiace per quello che ti hanno detto. Se vuoi mio padre conosce degli avvocati, potrei provare a parlargliene."
Ed è in quel momento che Simone vede davanti a sé non la nuova arrivata in classe, ma una persona che sa cosa significa soffrire e che, come lui, non vuole che altri soffrano.
"No, grazie, tanto non porterebbe a nulla."
"Se non ci provi non lo puoi sapere. Però sappi che è una scelta tua."
Ed è una cosa stupida realizzare che sì, la scelta è solo sua. Nessun fattore esterno, non suo padre né la scuola possono decidere se Simone denuncerà o meno.
In un mare in tempesta, dove la sua vita non gli era sembrata altro che sopravvivi o muori, questa è una scelta solo ed esclusivamente sua.
"Io..." inizia, senza saper bene come continuare.
"Ehi, prenditi il tempo per rifletterci. Ma sappi anche che qualsiasi cosa vorrai fare non sarai solo."
Ed eccolo di nuovo qua, a piangere perché qualcuno ha capito il suo dolore, non lo ha minimizzato ed anzi gli sta dando l'opportunità di fare qualcosa a riguardo.
Ed allora non può non buttarsi sulla ragazza ed abbracciarla e, dopo un attimo di esitazione, sente le braccia di lei stringerlo.
Rimangono così finché non le vibra il cellulare. È il padre preoccupato, e Simone coglie benissimo l'ironia, grazie tante.
Dopo che Viola dà l'indirizzo al padre, ritornano a guardare le stelle che ormai fanno capolino nel cielo blu.
Non c'è bisogno di altre parole.
Quando arriva la macchina di Nicola, Simone non ci pensa due volte a prendere Viola in braccio e portarla fino alla vettura, e lei non protesta, anzi gli posa il capo sulla spalla.
Dopo aver recuperato anche la sedia, Simone fa per andarsene, quando sente la manica del cappotto venire tirata, e si gira verso la ragazza.
"Ma che fai? Sali va, che incomincia a fare freddo e voglio tornare a casa."
"Ed allora lasciami?" dice Simone, anche se sembra più una domanda.
"Ho il motorino parcheggiato di là." indica una direzione che ad essere onesto non sa neanche se sia quella giusta.
"Se pensi che ti permetta di metterti alla guida in queste condizioni ti sbagli. Ora sali, ti porto a casa e poi domani torni a riprendertelo"
Simone avrebbe voluto ribattere, ma un'altra voce lo interrompe ancor prima di iniziare.
"Tu sei Simone, no? L'amico di Manuel? So già dove abiti. Sali che ti diamo un passaggio"
Simone allora accetta, per non sembrare scortese eh, non perché non riuscirebbe a distinguere la luce verde del semaforo da quella rossa.
"Abiti a casa di Manuel?" chiede la ragazza dopo essersi allacciata la cintura.
"No, in realtà è lui che vive a casa mia" risponde lui divertito.
Il viaggio verso casa continua silenzioso, con entrambi i giovani che guardano fuori dal finestrino e Nicola che lancia rapide occhiate alla "specie di fratello" di suo figlio.
Arrivano velocemente alla villa e Simone scende dalla macchina, dopo aver ringraziato ancora un paio di volte.
"Buonanotte, Simo. E, pensaci, ok?"
Si salutano così, con Viola che lo guarda serie, lui che annuisce piano e Nicola confuso.
Non fa neanche in tempo a chiudere la porta di casa che è assalito da un'ondata di ricci ribelli e giacca verde.
"Ao, ma dove cazzo sei stato? Vedi che se nun t'è successo niente de grave, te meno io, ah!"
Non ha la forza di rispondere, perché è a casa, in una villa che non ha mai ospitato la sua famiglia, o almeno non che lui lo ricordi. È a casa perché Manuel è lì, preoccupato ed arrabbiato, ma sempre accanto a lui.
E Manuel lo conosce, lo capisce, e gli toglie le mani di dosso, ma non si allontana. Studia attentamente il suo volto, poi lo prende per la manica e lo porta sul bordo della piscina, dove si siedono in silenzio, le gambe penzoloni ed i cuori pesanti.
"Vuoi dirmi che cazzo è successo?" sbotta Manuel, dopo un lungo silenzio.
Simone sospira. Non sa che cosa dire. Come si spiega alla stessa persona che ti ha insultato perché gay neanche sei mesi prima che ora il suo orientamento sessuale non è considerato un'aggravante abbastanza importante per un'aggressione?
"Niente Manuel, sono andato in ospedale per vedere il cretino di 5C, e poi ho incontrato Viola e abbiamo passato il pomeriggio insieme, tutto qui"
"Simò, smettila de dì cazzate che lo sai che n'e sopporto. Ch'è successo?"
Simone sa che dovrebbe mentire, minimizzare, non mostrarsi debole né sofferente. Ma non è mai riuscito a mentire a Manuel. Forse un giorno imparerà, ma quel giorno non è oggi. Allora fa un ultimo disperato tentativo.
"Mi crederesti se ti dicessi che mi sono incantato a guardare il cielo?"
"No, primo perché è palesemente 'na cazzata, e secondo perché a te il cielo fa schifo, troppo grande senza movimento. Preferisci guardare il mare, con la schiuma e le onde ed i pesci."
Vorrebbe ribattere, ma riflettendoci bene Manuel ha ragione, Simone odia la monotonia piatta del cielo. Solo che questo non lo aveva mai detto a Manuel.
"Come fai a saperlo?"
"Cosa che è 'na cazzata? Perché..."
Ma Simone non gli dà il tempo di distrarsi con le sue chiacchiere.
"No, scemo. Come fai a sapere che odio il cielo?"
Manuel sembra studiarlo per un lungo minuto, per poi distogliere lo sguardo.
"Eh, non lo so Simò, me sembri più 'n tipo da mare."
Manuel sta evitando l'argomento, e per quanto Simone vorrebbe insistere, lascia perdere il discorso. Ma solo per il momento.
Allora sbuffa e torna a guardare un punto indefinito davanti a sé.
"È successa una cosa, niente di grave, ma stavo a rosicà, così sono rimasto fuori a sbollire. Poi ho incontrato veramente Viola."
E come poco prima, anche Manuel deve percepire che Simone non ha voglia di parlare in quel momento. Allora si limita ad abbracciarlo per dargli conforto e calore. Simone gli sembrava così pallido al chiaro di luna, come una statua triste e sola.
Simone sente piano piano la stanchezza distendergli i muscoli e rallentargli i pensieri, e si rilassa tra le braccia dell'altro ragazzo.
Si potrebbe addormentare qui, ma sa che sarebbe peggio, anche se il solo pensiero di muoversi sembra impossibile. Così, si scosta leggermente dal corpo dell'altro e cerca di trovare la forza per alzarsi.
Manuel deve aver pietà di lui e, dopo essersi alzato, lo aiuta sù e lo porta praticamente di peso fino alla loro camera.
Simone usa le ultime facoltà fisiche e mentali per togliersi i vestiti e mettersi il pigiama e poi crolla sul letto.
Quando Manuel torna dal bagno, anche lui già in pigiama, trova Simone steso con ancora i piedi su pavimento e sopra le coperte. Sbuffa divertito, ma poi realizza che, se la giornata lo ha sfiancato fino a questo punto, qualcosa di grave deve essere successo, anche se Simone cerca di minimizzare. Si ripromette di farsi dire tutto la mattina, e poi si mette a lavoro per spostare quel testone sotto le coperte ed in un posizione più comoda.
Dopo essere riuscito nell'impresa, resta un attimo a guardare quel volto, ora disteso, e quei ricci arruffati.
Senza neanche accorgersene, si china e sfiora la sua fronte con le sue labbra, prima di ritirarsi. Non è esattamente imbarazzato, e si ripromette di riflettere anche sull'istintiva tenerezza che sente nei confronti del più giovane.
Ma tutto questo domani. Per ora c'è la sua branda che lo aspetta, e magari qualche sogno pieno di mare, di risate e di ricci ribelli.
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yomersapiens · 2 years
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L'alito del giorno dopo
Oggi io ed Ernesto (il mio gatto) abbiamo litigato per la prima volta. In questi giorni di Covid stiamo passando molto tempo assieme. È bello avere qualcuno con cui giocare, fare gli scherzi, inseguirsi. Quando mi ammalai a gennaio ero completamente solo, ma ora non più. La notte si stende vicino a me, cosa che fa raramente in genere, e passa almeno 3 ore a dormire prima di tornare ad attaccarmi i piedi e le mani.
Mi sono svegliato con una botta di raffreddore assurda. Oramai sto buttando fuori tutto e il mio naso è un rubinetto di melma aperto. Ho gli occhi gonfi, la fronte che fa male ma niente di lontanamente paragonabile al Covid round 1. Se poi ci aggiungiamo pure le notizie dall'Italia, diciamo che è stato proprio un risveglio di merda.
Guardo Ernesto e glielo dico "Bello mio, qua butta male, oggi per favore fai il bravo che non sto bene" e lui sembra capire. Andiamo in cucina assieme, mentre preparo il caffè controllo la presenza degli odori. Ok, qualcosina la sento. Non tantissimo ma meglio di niente. Preparo la colazione anche per lui. Mi piace quando mangiamo insieme perché siamo ancora più coordinati dopo, quando bisognerà andare in bagno. Oggi poi non sentendo granché gli odori non mi darà neanche troppo fastidio pulire la sua sabbietta, che sicuro ha un odore migliore dell'alito della gente eletta sto giro.
Ma la pappa di oggi non gli piace. Inizia a lamentarsi. - Ernesto per favore, fai il bravo, ho mal di testa Sbatte le sue zampotte sulla ciotola facendo più rumore. - Ernesto ti prego, sforzati un poco, dai Si mette a graffiare il frigorifero. Miagola forte. Sempre di più. - Ernesto, dai... Gli scoppia la vena. Salta in giro e nel saltare incontrollato rovescia la ciotola del cibo e quella dell'acqua. Tutto sul pavimento. Scatto in piedi urlando. - Ernesto!!! Smettila!!! Corro verso di lui, lui scappa tra le mie gambe e fila a nascondersi in camera da letto. - Ah sì non ti piace? Ah fai così? Beh caro mio, fai pure il viziatello, io di certo non pulisco il casino che hai fatto. Ora ci pensi tu. Assumiti le tue responsabilità. Io oggi ho le palle girate. Non solo mi è tornato il Covid ma sono tornati pure i fasci e speravo di essermi tolto dalle palle per sempre tutti e due.
Torno a fare colazione. Stavolta da solo. Ernesto non si fa vedere. Io mi sono innamorato dell'Italia due volte in vita mia. La prima fu quando andai a studiare arte al liceo e compresi cosa diavolo avevamo fatto come popolo. La seconda quando la lasciai per vivere all'estero e lì ho potuto osservarla da lontano, parlando con tutte le altre culture del pianeta.
L'Italia per me è bella come una ex che non puoi dimenticare. Siamo stati bene assieme, per tanti anni, ma poi non ha più funzionato. Io stavo cambiando mentre lei non ci riusciva, sempre ferma a quelle cose buone fatte in passato. Cercando di non pensare a quelle cattive. Come se tutto debba essere sempre giustificato perché una volta eri "cool". Io alle superiori ero un gran figo. Ma proprio uno di quelli che trovava il suo nome scritto su i muri circondato da cuoricini. Quel momento di gloria mi è poi servito, anni dopo? Ma manco per il cazzo. Sono diventato un adulto che si è dovuto fare il mazzo per qualunque cosa. L'Italia è una ex che ho amato con tutto il cuore ma che per tutto il tempo in cui stavamo assieme non riusciva a dimenticare una sua vecchia fiamma del passato. Quel tipaccio brutto, ignorante, violento, che la menava e faceva la voce grossa ma non appena arrivava qualcuno pronto a restituirgliele ecco che da bravo codardo scappava e diceva che non era stato lui, la colpa era della compagnia che frequentava. Io non ho mai smesso di amare l'Italia e le mie origini, ma sono andato avanti, con una nostalgia costante che esce fuori prepotente quando faccio colazione da solo.
L'ora di pranzo arriva e mi metto a cucinare. Ernesto si degna di tornare in cucina, si siede sulla sedia di fianco al tavolo dove sto tagliando le verdure e mi guarda. Allunga una zampa verso la melanzana. Gli spiego che non è per lui. Miagola e mi fermo, lo prendo in braccio e lo accarezzo. - Lo so che non ti piace quella pappa lì. È la pappa bio, a nessuno piace il cibo bio. Lo mangiamo solo perché siamo convinti ci faccia bene ma che ce ne frega di farci del bene, tanto si muore lo stesso. Hai ragione. Tu vuoi crescere e diventare obeso come i gatti che guardiamo in internet. Quelli che ci fanno ridere tanto. Va bene, dopo ti vado a prendere le bustine che ti piacciono, quelle che dentro chissà cosa ci mettono. Ma delle volte è meglio non sapere. È come con le ex. Delle volte è meglio chiudere i rapporti. Ernesto mi guarda e non capisce ma chiude gli occhi e si mette a fare le fusa. - Un giorno ti porterò a vedere l'Italia e capirai. Ci riprenderemo tutto quello che hanno distrutto e ricostruiremo ogni cosa. Ma non oggi. Oggi facciamo pace, oggi abbiamo sbagliato tutti e due.
Mi immagino ripreso da una videocamera che si allontana a poco a poco, in stile serie tv da quattro soldi. Parte una musica un po' indie e che ti mette il buon umore e la voglia di fare. È questo quello che succede quando vivi per troppo tempo da solo? Che inizi a progettare rivoluzioni insieme al tuo gatto? E poi cosa? La scena del bacio? Vabbé che adesso con il Covid non mi darebbe troppo fastidio il suo alito da cibo bio. Però anche no. Sono contrario allo sfruttamento degli animali.
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gregor-samsung · 1 year
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“ È un referendum bislacco, quello del 1974: bisogna votare no per dire sí al divorzio, e sí per dire di no, chissà i vecchi, non ci capiranno niente. C’è molta preoccupazione, i sondaggi prevedono che vada male. Anche il famoso campione di sci Gustav Thoeni offre la sua immagine ai comitati promotori del referendum, per convincere gli italiani a votare sí. Invece votano no, gli italiani. A sorpresa, in percentuali che nessuno prevedeva, dicono che il divorzio vogliono tenerselo. I sociologi spiegheranno in seguito che il voto delle donne è stato decisivo. Ma lí per lí, a caldo, queste considerazioni non contano. Conta che si è vinto, si è vinta una battaglia difficile che in molti momenti era sembrata senza speranza. La sera del lunedí, quando finalmente i risultati sono definitivi, il Tigre e i suoi amici, sei o sette, vanno a festeggiare in una trattoria a San Pietro Mussolino, in val di Chiampo, nei posti dove il Tigre ha combattuto. La guerra sembra lontana, non ci si pensa quasi piú; nessuno può immaginarsi che, quando saranno seduti e avranno ordinato, riconosceranno nel padrone della trattoria il figlio di un fascista ucciso dai partigiani, un fascista che molti pensano sia stato ucciso personalmente dal Tigre. I piú giovani non sanno niente e non capiscono niente; forse avvertono come l’aria si è fatta tesa d’improvviso, ma probabilmente no, nell'entusiasmo contagioso della vittoria elettorale che fa sperare in vittorie ancora piú grandi, piú risolutive. I vecchi invece sono come corde di violino, stanno seduti sulla punta delle seggiole pronti a scattare in piedi, ma per tutta la durata della cena non succede niente. Solo alla fine, quando hanno pagato il conto, il padrone della trattoria affronta il Tigre. È uno scontro durissimo, solo per miracolo non vengono alle mani, ma se ne dicono di tutti i colori. Poi escono nel piazzale, rimontano in macchina. Tutti sono turbati, tranne lui. Anzi, mi dice a bassa voce il dirigente dell'ANPI, sembra, per la prima volta dopo il suo ritorno, che al Tigre sia passata la malinconia. Ride, scherza ad alta voce, come se non fosse successo niente. Arrivati alla periferia di Arzignano il Tigre propone: Dài ragazzi, adesso andiamo a svegliare tre o quattro dei nostri, torniamo su e gli bruciamo la trattoria. Lo dice come se fosse una cosa normale, routine, non c’è quasi neanche bisogno di spiegarla, è la logica conclusione della serata: ci si rimbocca le maniche e si entra in azione. È cosí contento il Tigre, cosí euforico, che non si rende conto che nessuno risponde, che la macchina non ha rallentato, che nessuno ha chiesto chi sarebbero questi qua di Arzignano che bisognerebbe tirar giú dal letto. Non se ne rende conto e continua: Eh? Allora, si va? Finalmente qualcuno apre bocca. Sono stato io, confessa il dirigente dell'ANPI. Sono stato io a dirglielo. Io ero uno di quelli giovani, ero un bambino durante la guerra, ma il Tigre conosceva bene mio padre e di me si fidava. Stavo sul sedile di dietro, vicino a lui. Gli ho preso il braccio, e gli ho detto, Angelo, perché tutti lo chiamavano Tigre, anche i suoi fratelli, ma era ora di smetterla; Angelo, gli dico, ma cosa ti viene in mente? Cos’hai bevuto? Meglio se ti portiamo a letto, va’ là. Lui si è guardato intorno e sembrava che si fosse appena svegliato. Mi aspettavo che protestasse, che insistesse, ma niente, da quel momento non ha piú aperto bocca. So che poi ha divorziato e allora sono venuti su la moglie nuova e i figli. Stavano poco fuori Vicenza, aveva qualche incarico in Comune o in Tribunale, adesso non mi ricordo bene: roba da poco, tipo usciere. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 81-83.
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telefonamitra20anni · 9 months
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Ombre cinesi, ma di cemento.
il ragazzo di Fontana Liri che giocava nel vicoletto, aveva già indossato mille scarpe, fatto mille passi, aveva maturato sogni e occasioni da sfruttare. Era riuscito a essere Mastroianni, nonostante sul suo passaporto la "j" originaria ci fosse ancora, non aveva mai dimenticato di portarsela un pò con se, per ricordarsi chi fosse. Era agosto, un'estate qualunque del '65, ma non così comune per lui. Quel giorno Marcello, sfidava la sua paura di volare, alla quale ormai era ironicamente abituato. A causa del suo mestiere di aerei ne aveva già presi molti, senza disdegnare di tenere i piedi ben saldi a terra, e perchè no, di prendere un tram in solitaria di tanto in tanto, mischiandosi con la gente. Ma il 2 agosto del 1965 per Marcello, aveva il sapore Hollywoodiano. Davanti al Chinese theatre, imprime le sue "ombre cinesi di cemento". Il "divo antieroico" lascia il suo segno. Negli occhi degli americani e di tutto il mondo, il "latin lover italiano" fissa una traccia di eternità del suo passaggio. Nei suoi gesti, nelle sue piccole espressioni, ci si legge un segno di timido riscatto, per tutte quelle scarpe che hanno fatto male, per quelle che sono state comode, e per quei tanti passi fatti, finalmente mani e piedi non erano più comuni, ma facilmente distinguibili anche da una sola "j", la stessa del suo passaporto. Nella sua testa il conscio pensiero ricorrente, che tutto questo fosse come un sogno, dal quale presto o tardi si sarebbe svegliato, ma intanto lui c'era e sognava, produceva bellezza, convinto di non lasciarci molta concretezza. Convinto, di lasciarci solo ombre cinesi sparse, perchè il cinema è volubile, complesso e delicatissimo, proprio come un sogno, un istinto. il suo.
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fatalquiiete · 11 months
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- Frodo, ti sei svegliato! - Gandalf, che è successo? - Oh, ragazzo mio, ci sei riuscito. Hai gettato l’anello nel vulcano e con esso hai distrutto Sauron. - Ce l’ho fatta… - Hai salvato la Terra di Mezzo. - Oh Gandalf, non vedo l’ora di rivedere tutti quanti. - Li vedrai presto, Frodo. Ti stanno aspettando. - Dove? - Ai funerali di Sauron. - Non ho inteso. - I funerali di Sauron, è importante. È un evento. Lutto nazionale. Ci sono tutti i popoli della Terra di Mezzo. - Perché? - Come perché, per rendergli omaggio, per commemorarlo e celebrarne la vita straordinaria. - Sauron. - Sì. - Ma Sauron è… - Che? - No, dico Sauron era un… un… - Un? - Un despota. Uno stregone malvagio. Ha devastato metà continente. - Un po’ di rispetto, Frodo! Stai parlando di un morto, per la miseria! - Ho capito, ma c’abbiamo combattuto per tre libri e tre film… - Esatto. Non si può negare che abbia avuto un certo impatto. - Un impatto di merda. - Intanto ti devi sciacquare la bocca quando parli dell’Oscuro Signore. Lui non era malvagio. - L’hai appena chiamato Oscuro Signore. - Ma no, lui era… come dire… ecco, sì! Era un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. - Un desiderio di gioia? - Sì. Come ti sembra? Sai, mi hanno chiesto di dire due parole alle esequie. - Sauron, il Crudele. Sauron, l’Oscuro Signore di Mordor era un desiderio di amore? - Guarda che le cose che ha fatto lui tu te le sogni. - Gandalf, ma che cose? Cosa stai dicendo? - Tirala su te Barad-dûr. Dai, prova. Tirala su te una torre di millequattrocento metri su suolo vulcanico! - Ho capito, ma era una fortezza di pura malvagità! - Che dava lavoro a migliaia di persone. - Orchi Gandalf! Orchi! Mostri! Nazgul! Te li ricordi, sì? Ti ricordi il fuoco, la lava, gli eserciti incazzati, le battaglie, l’ombra cupa che scende. - Ha segnato la Storia di questo paese. - In peggio! - Ha dato a tutti la possibilità di essere suoi servi, senza chiedere niente in cambio. - Voleva conquistare il mondo. - Ma amava i cani. - Gandalf, ti sei rincoglionito? È per via della tinta? Questo era uno stregone oscuro, non ha mai nascosto la cosa e si è comportato di conseguenza per tutta la sua vita. - Bella gratitudine. - Eh? - Guarda che te senza Sauron non eri nessuno. Senza sta cosa dell’anello tu te ne stavi ancora lì in Contea a farti i drummini. Altro che eroe. Tu la carriera la devi a Sauron. - Ma a me m’ha rovinato la vita Sauron. E pure a tanti altri. - Quanto odio, Frodo. Che persona piccola. Da te proprio non me l’aspettavo. Sauron era uno di noi. - Uno di noi? Io sono un postadolescente coi piedi pelosi e lui era un cristo di dio re malvagio che ha forgiato un anello per dominare tutti gli altri. Scusami eh, ma com’è passata sta narrazione che era uno di noi? Noi chi? - Ascolta, era una persona coi suoi pregi e i suoi difetti. E magari sì, ha dedicato la sua vita all’accumulo di potere per rendere questo Paese un posto peggiore e ci è pure riuscito, ma tu dimentichi una cosa importante. - Cosa? - Era un grandissimo comunicatore. - Gandalf, porcoddue… - Di Sauron si può dire tutto ma non che non sapesse comunicare. - Ho capito, c’hai centocinquant'anni, hai cambiato colore e mo non capisci più un cazzo e hai paura di morire e questo è un pezzo della tua vita che se ne va e tu guardi tutto attraverso un vetro spesso così di nostalgia, ma sticazzi! Proviamo a essere un attimo obbiettivi, vuoi? - E proviamo. - Questo c’ha fatto passare l’inferno a tutti e ha lasciato il mondo peggio di come l’ha trovato. - Diciamo che era una figura unica nel suo genere. - Diciamo che era letteralmente un essere spregevole. L’incarnazione di almeno cinque dei sette vizi capitali. - Che brutta bestia l’invidia. - Perché a Boromir non gli abbiamo fatto i funerali così? - Boromir era divisivo. - Théoden. - Comunista col Rolex. - E Sauron invece? - Sauron, nel bene e nel male rappresenta la Terra di Mezzo. - Ma proprio per un cazzo io mi son sentito rappresentato da questo. - Tu non capisci, Frodo. - Cosa? - La Terra di Mezzo è un Paese fondato sul condono. E dopo la morte condoniamo tutto a tutti. Però recitando frasi fondamentali come “nel bene e nel male” oppure “ha fatto anche cose buone” non neghiamo che sia stato un figlio di puttana, anzi lo rimarchiamo. Perché ne abbiamo bisogno. - In che senso? - Abbiamo bisogno di santificare le merde. E più uno è merda, più lo dobbiamo celebrare. Sauron va santificato, è per il bene di tutti. Così i nostri egoismi, i nostri piccoli squallori, le ipocrisie quotidiane, smettono di farci star male, di metterci in crisi. Se pure Sauron incontra Dio, se pure Sauron va in paradiso, se alla fin fine riusciamo a raccontarci che anche Sauron era una brava persona, allora lo siamo tutti. E nessuno deve pagare i propri conti con la vita e con la Storia. - Va be’, ma con questo ragionamento non finiamo per circondarci ciclicamente solo di gente che “ha fatto anche cose buone”? - Certo. - E quindi altri Sauron? - Siamo un fantasy, Frodo. Noi adoriamo le saghe.
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gcorvetti · 8 months
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Buongiorno.
Oggi mi sono svegliato prestissimo e oltre a leggere le notizie, che dire che fanno schifo è un complimento, ho dato uno sguardo alle email, siccome ieri dopo 4 giorni ho scritto alla tizia della ditta delle scatole, dicendole che l'offerta fatta da lei è alta (per non dire assurda) e che magari sceglierò un articolo dal catalogo se non trovo altro, lei oltre ad avermi risposto quasi alle 4 di notte, chissà in che stato, mi dice che "eh si è meglio scegliere dal catalogo che chiedere una scatola custom che costa di più". Adesso non per essere puntiglioso ma avevo solo chiesto un tipo di cartone diverso per una misura che hanno in catalogo, che ci vuole a cambiare materiale senza cambiare il registro della macchina? Boh, forse non ha capito, che faccio la delucido o passo oltre? Ci penso su, alla fine a me serve una scatola decente per il mio gioco e che non costi 3€. Poi ho fatto un salto su FB, anche se oramai lo tengo solo per sfizio e non posto quasi mai, posto più qua che la per dirne una, comunque, scrollando o come dice un tizio sgrullando in basso ho notato un annuncio, non di quelli sponsorizzati che poi ti arrivano pubblicità a non finire, ma l'annuncio di una scuola di musica la Rokikooli di Roll, un tizio che suona la batteria in una band punk storica estone e che grazie a questa cosa si è aperto 2 locali e sta scuola di musica, cercano un insegnante di chitarra, non ricordo se avevo già scritto un paio di anni fa, insegnare non è proprio il mio obbiettivo come musicista, ma potrebbe darmi una mano economica e resterei nella musica, ho insegnato 3 anni in un istituto privato a Catania, Muzio Clementi si chiamava mi pare che andò in fallimento nel 99 o giù di li, dovrei chiedere a Martines visto che insegnava anche lui la, ma poco importa (ho controllato sembra che esista ancora e ha cambiato sede, ma come detto poco importa). L'unico problema sarebbe la lingua, non ho proprio le capacità linguistiche per impostare un corso di chitarra in estone se si può fare in inglese bene se no pazienza, finito qua scrivo magari mi chiamano per un colloquio chi lo può mai dire, dovrei anche rispolverare gli esercizi didattici di una volta e renderli moderni, ho studiato chitarra 40 anni fa, molte delle cose che ho studiato sono ancora validissime ma secondo me hanno bisogno di una rinfrescata per evitare che i giovani di oggi si annoino e abbandonino lo strumento, eh si all'inizio è una rottura per molti, alcuni, ricordo, che non tolleravano gli esercizi quelli semplici perché li trovavano tediosi, ma figlio mio (all'allievo) se non sai camminare come puoi metterti a correre?
Per il resto quasi tutto normale, le temperature stanno scendendo e la sera fa già fresco, purtroppo la mia lei è ancora in fase estiva e vuole dormire con la finestra aperta, io direi che è anche arrivata l'ora di chiuderla, vediamo come finisce sta diatriba.
Poi ci sarebbe il lavoro che ho appena finito, che nonostante sia finito il proprietario non chiude il contratto, non si è fatto sentire più, beh mi deve dei soldi, mi aveva chiamato per fare 5gg filati la scorsa settimana, quando lui stesso mi aveva cancellato i giorni per mobbizzarmi, allora sei coglione, comunque sta cosa è facilmente risolvibile, gli porto i vestiti (maglietta e grembiule) e gli dico di darmi i soldi, possibili scenari : 1. Mi dice che i soldi me li da il mese prossimo dritti nel conto bancario, e qua c'è solo da aspettare; 2. Che i soldi non me li da perché secondo lui (e anche Spock) mi sono comportato male, adesso levando lo schifo che fa quel posto e restando sul contratto ho fatto il mio, non sono mai arrivato in ritardo, mai ho gettato la spugna, anche quando stavo collassando per la mancanza di aria in una cucina che sta al di sotto del manto stradale e quando mi sono sentito male per via della contaminazione del pesce, ma sono riuscito a restare vigile e non collassare del tutto anche se ci sono andato vicino. Se fa il furbo scrivo a quelli dell'ispettorato del lavoro e fargli fare una visitina, io il lavoro l'ho fatto tu mi dai i soldi e ci siamo visti, non mi dai i soldi ti inculo senza vasella, non ho mezzi termini.
Buona giornata.
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nospiderpls · 1 year
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Title: "Svegliati"
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La notte era calata da un bel pezzo, come anche il suo sonno. Ma un rumore irregolare si infila nei suoi sogni, fino a svegliarla lentamente. Fatica a svegliarsi, e quando riesce ad aprire gli occhi infatti è ancora buio inoltrato. Volta lo sguardo verso la finestra dietro di lei da cui entra la poca luce presente, cercando di capire se la fonte del rumore fosse qualche pericolo da fuori.
Ma è tutto tranquillo, l'unica cosa che vede nella penombra è il braccio di Greengrass. Non è un tipo affettuoso, affatto. Non fa grandi gesti né esprime ciò che prova se non forzato. Ma lei si addormentava sempre di lato rivolta verso di lui, e ultimamente quando si svegliava prima di lui, trovava sempre il suo braccio ad avvolgerla.
Come ora, eccolo lì quel braccio protettivo attorno al suo fianco ad avvolgerla nel sonno. Con la mano sempre ben aperta sul suo sedere a stringerlo, molto da Greengrass in ogni caso.
Capisce man mano che si sveglia, che il rumore non viene da fuori, ma proprio a fianco a lei, per cui inizia ad accarezzarlo quel braccio cercando di capire se è sveglio.
<<Greengrass? Sei sveglio?>>
Il respiro sembra strozzato, spaventato. Per qualcuno che non esprime i suoi sentimenti, è un respiro preoccupante. Lo chiama ancora toccandogli il braccio, ma sembra anzi farsi più spaventato. Sembra il respiro di un attacco di panico.
Si appoggia al braccio spostandosi appena verso di lui individuando una candela nel buio e mormora un "Lumos" che la fa accendere. E appena la luce fievole li illumina, vede la fronte lucida di Alan, aggrottata con espressione sofferente che non le lascia alcun dubbio su cosa stia provando.
Si tira su portandosi sopra di lui, il braccio che la segue in quel movimento continuando a tenerle il sedere. Porta una mano sul suo viso, accarezzandolo più volte e chiamandolo ora a voce alta per svegliarlo: <<Greengrass, svegliati. Greengrass>>.
Il respiro si abbassa diventando più regolare, e gli occhi lentamente si aprono trovandosi subito sui suoi. La mette a fuoco lentamente, un'espressione sognante che non smette di guardarla, un sorriso inebetito tutto beato: <<La mia Suzy>>.
Ok, questo era ancora più preoccupante del terrore di prima. Perché diavolo la stava guardando con aria tanto dolce ora? Porta anche l'altra mano sul suo viso, accarezzandogli la pelle con la punta delle dita guardandolo in quegli occhi persi. <<Greengrass ti senti bene?>>.
Lui la guarda un istante. Poi aggrotta la fronte e sbatte più volte gli occhi, evidentemente rendendosi conto solo ora di essere sveglio. Si schiarisce la voce tirandosi un po' su sul cuscino e annuisce: <<Certo certo, mi hai solo svegliato>>
Lo guarda capendo, e gli sorride: <<Stavi sognando?>>.
Lui la guarda sbigottito, borbottando confuso: <<Cosa? Che...io non...>>.
È divertente vederlo balbettare. Decide di fingere di non capire che pensava di sognarla, per cui posa solo il mento sul suo petto guardandolo, preoccupandosi se stesse davvero bene: <<Sembrava avessi un incubo>>.
<<Mh>> lui annuisce vagamente, tornando di molte parole come sempre. Nei suoi occhi rivede però i suoi demoni, come se rivivesse proprio i pensieri di quell'incubo. Non le piace vederlo così cupo, per cui piega appena il viso guardandolo e dedicandogli un sorriso: <<Me lo racconti?>>
Lui la guarda. Sembra studiarla, la mano che dal sedere alla schiena la accarezza come se lo rilassasse.
<<Vuoi saperlo?>>. Con lui è sempre una scommessa, potrebbe non raccontarle niente come volerne parlare. E quella domanda è fondamentale. Annuisce solamente guardandolo, lasciandogli il silenzio che gli serve per trovare le parole.
<<A volte ci sono dei sensi di colpa che tornano a perseguitarmi>> lo ascolta, accarezzandogli il petto con la punta delle dita. Lui continua <<Per mia moglie morta, e so che io l'ho spinta a tanto. E quando arrivano mi riporta a tutto quello che è accaduto, ogni cosa. Il mio carattere, i miei atteggiamenti, non sono una bella persona dovresti saperlo>>.
Le carezze sul suo petto diventano leggere, come a provare a togliergli quel peso <<Una cattiva persona non ha questi sensi di colpa, Greengrass. E tu non lo sei, e te lo dice una persona che ti odia fin dalla scuola>>.
Lui scuote appena il viso più convinto, e annuisce parlando grave <<Erano così insopportabili che mi sono buttato da una finestra una volta, non ne potevo davvero più di sentirli>>.
Susan si schiarisce la voce a quelle parole, posando la mano sul suo petto portandosi sopra di lui in modo che possa guardarla bene negli occhi: <<Ascolta, ti conosco fin dalla scuola Greengrass, eppure sono qui. Ti ho scelto ancora, e voglio te. Quindi io sono arrivata prima di quei sensi di colpa, e non gli permetterò di tormentarti. Quello posso farlo solo io>>.
Non dice nulla, porta solo una mano a sfiorare il viso portandole indietro i capelli <<Sono avvisati, farò qualsiasi cosa per scacciarli dai tuoi pensieri>>.
Il suo sguardo si fa interessato, e annuisce: <<Ripeti, per favore?>>
Susan sorride, vedendo il suo sguardo tornare scanzonato come sempre. E si fa più vicino al suo viso parlando sulle sue labbra scandendo ogni parola <<Qualsiasi cosa>>.
Lui annuisce, stringe appena le labbra cercando di restare serio. Susan sfiora il naso sul suo godendosi quello sguardo, capendo ogni pensiero senza incubi.
<<Beh, se intendi qualsiasi cosa...>> scoppia a ridere avvicinandosi al suo viso che svela ora quel sorriso furbo, prima di premere le labbra alle sue stringendosi a lui.
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@alanmgreengrass
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danilacobain · 1 year
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Selvatica - 45. Piacevole oblio
Corinna fissò lo schermo del telefono fermo sulla chat con Ante. L'ultimo messaggio non era stato letto, così come tutti quelli che gli aveva mandato durante il giorno. La mattina le aveva lasciato un bigliettino in cucina in cui le diceva che sarebbe andato a fare allenamento, dopodiché era sparito. Non aveva risposto alle sue telefonate né ai messaggi. Solo poche parole verso ora di pranzo: 'stasera esco con Rade e Mario.'
Ante non si era mai comportato in quel modo, era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava. Forse il fatto che lo avesse svegliato nel cuore della notte con un incubo era stato troppo per lui. Forse cominciava a vedere la sua fragilità e cominciava ad averne paura.
Mandò giù un altro sorso abbondante del cocktail che aveva davanti, mentre l'alcool le bruciava la gola e la trascinava piano piano verso un piacevole oblio. La musica alta la stordiva, sovrastava i pensieri e la confondeva.
«Va tutto bene?»
Corinna voltò la testa verso Isotta che si era appena seduta sul divanetto accanto a lei. Annuì e mise via il cellulare.
«Per caso Rade ti ha detto dove andavano stasera?»
«No. Ma non preoccuparti, staranno parlando di calcio in qualche posto noioso.»
Accennò un sorriso. Probabilmente era così, però c'era qualcosa che non andava se non rispondeva ai suoi messaggi. Dentro di lei le sensazioni erano ben altre.
«Andiamo a ballare, ti va?»
Corinna fissò le persone che si muovevano intorno a lei. Era uscita proprio per questo, per distrarsi, lasciarsi andare e ignorare quella sottile ansia provocata dalla vocina nella sua testa che le diceva che con Ante era successo qualcosa, qualcosa che lei ancora non sapeva. Si alzò, ingollando l'ultimo sorso del liquido alcolico rimasto nel bicchiere.
Isotta l'aveva telefonata dopo cena e le aveva proposto di uscire con lei, visto che i ragazzi si erano organizzati tra loro. Aveva accettato anche perché non ne poteva più di pensare ad Antonio e a come spiegare tutta la situazione al suo ragazzo, che era sparito per tutto il giorno e con molta probabilità la stava evitando di proposito. Si era preparata, aveva indossato un abito carino e aveva deciso che quella serata sarebbe stata solo per lei.
Si alzò, spostandosi verso la parte libera dai tavolini del privé nel quale si trovavano. Si lasciò avvolgere dalla musica, sentendo tutti i muscoli sciogliersi a mano a mano che l'alcool entrava in circolo e la mente si distendeva. Stava così bene in quel momento. Sarebbe stata meglio se ci fosse stato anche Ante, ma lui non c'era e Corinna non voleva pensarci. Voleva dissetare la gola secca, intorpidire la testa e lasciare libero il corpo di muoversi, di scrollarsi di dosso la tensione.
Appoggiò le mani alla balaustra del privé per riprendere fiato. Il cuore le martellava nel petto, tutto intorno a lei era confuso e le piaceva. Il locale era molto affollato, poco distante da lei i ragazzi ballavano assiepati in un angolo, altri circondavano il bancone. Si sentì sfiorare i capelli e subito dopo avvertì una presenza al suo fianco.
«Hai dei bellissimi capelli.»
Accanto a lei c'era un ragazzo con una camicia bianca infilata in un paio di pantaloni blu. La carnagione scura faceva risaltare il bianco dei suoi denti e degli occhi, dalle iridi nere come i capelli.
Gli sorrise. «Grazie.»
Questi si accostò, sfiorandole la guancia con la propria, avvicinando la bocca al suo orecchio. «È la prima volta che vieni? Non ti ho mai vista.»
«Tu invece sei sempre qui?»
Sorrise mentre annuiva. «Quasi sempre, sono il proprietario.»
«Ah, il proprietario. Io sono un'amica di Isotta.»
«Posso offrirti qualcosa da bere? Ti faccio fare un giro del locale, andiamo nel mio privé» indicò dall'altro lato della sala, verso uno spazio racchiuso dietro una vetrata. Qualcuno stava ballando anche lì.
Corinna guardò il bicchiere che il ragazzo aveva in mano. «Cos'è quello?»
«Un gin tonic.»
Glielo tolse dalle mani e fece un sorso. «Grazie.»
Lui sorrise. «Ok.» Fece scivolare lo sguardo sul corpo della ragazza. «Almeno posso sapere come ti chiami?»
«Corinna.»
«Io Luca.»
Corinna distolse lo sguardo da quello di Luca, fissandolo su un punto del pavimento. «Oh... mi gira la testa.»
«Questo è meglio se lo ridai a me» Luca le tolse il bicchiere dalle mani e le prese un braccio. «Vuoi sederti?»
Mani forti e possessive le circondarono la vita. Il ragazzo la lasciò e lei cercò di divincolarsi, ruotando il busto per capire chi la stesse trattenendo. I suoi occhi ne incontrarono un paio azzurri, belli come il mare della Croazia.
«Ante!» Cercò di baciarlo ma lui la lasciò andare e fece un passo indietro. Non era molto contento di averla vista. Corinna lo osservò per cercare di capire cosa c'era che non andava.
«Ciao, Ante» Luca gli diede una pacca sulla spalla. «Come va?»
«Lui è il proprietario» disse lei a Ante, circondandogli il busto.
Ante le sorrise un istante. «Lo so» spostò lo sguardo sul ragazzo. «Lo conosco.»
Arrabbiato e triste, questo traspariva dai suoi occhi. Non si soffermavano mai più di qualche secondo su di lei e le mani non la stringevano come al solito.
«Non sapevo fosse la tua ragazza, scusami.»
«Tranquillo.»
Corinna gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarla. «Che hai?»
Lui sospirò, passando le dita tra i suoi ricci. «Quanto hai bevuto?»
«Un po'»
Di nuovo distolse lo sguardo. «Non pensavo di trovarti qui.»
«Ti ho mandato dei messaggi, non mi hai risposto.»
«Ho lasciato il telefono a casa.»
Corinna gli afferrò la maglietta. «Va tutto bene?»
«Andiamo, dai. Ti accompagno a casa.»
«Non voglio tornare a casa, voglio stare qui. Balliamo?»
Ante la fissò con uno sguardo glaciale. «Corinna, non ti reggi in piedi.»
«È solo un attimo, tra poco mi passa» minimizzò.
In realtà si sentiva parecchio stordita e anche il malessere che provava ogni volta che lui allontanava lo sguardo da lei spariva in fretta, cancellato via dall'effetto lenitivo dell'alcool.
Ante intrecciò le dita alle sue. «Per stasera è meglio tornare a casa.»
Corinna si mordicchiò il labbro. «Sei arrabbiato con me?»
«No.»
Sapeva che non era così. Era troppo evidente persino a lei che aveva la mente annebbiata dai fumi dell'alcool. Ma in mezzo a tutta quella confusione cercare di capire cosa avesse Ante era difficile. Cominciava a sentirsi a disagio, la testa le girava forte e lo stomaco minacciava di rigettare tutto fuori.
«Va bene, andiamo a casa.»
Lo seguì cercando di non pensare alla testa che ruotava come un tornado a ogni piccolo passo. Rade lanciò le chiavi della macchina a Ante, che le afferrò al volo.
«Torno subito.»
«Fai con calma» rispose l'amico.
Isotta era seduta in braccio a lui e mandò un bacio a Corinna con la mano. C'era anche Mario; Corinna lo vide scambiarsi un'occhiata con Ante e annuire, per poi alzare una mano nella sua direzione e salutarla.
Chissà se i suoi amici sapevano perché Ante era così arrabbiato con lei. Perché l'aveva evitata tutto il giorno. Si accostò a lui.
«Dopo torni qui? Non resti?»
«Devo riportare la macchina a Rade» rispose senza neanche guardarla.
Le teneva la mano, le era accanto, ma era come se fosse distante chilometri. Strinse più forte le dita alle sue, appoggiandosi al suo fianco. Stava succedendo davvero, Ante si stava allontanando da lei.
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deadlyneko-chan · 1 year
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Non preoccuparti, ci sono io qui per te
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PARTE 8
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~ INIZIO SOGNO ~
Leo: Casey, chiudi il portale adesso!
Leader Krang: Cosa?!
Ho guardato Casey afferrare la chiave con riluttanza e guardarla con le lacrime agli occhi, potevo vedere tutte le emozioni e il desiderio di non voler vedere altri suoi amici svanire, l’ho guardato anche io con le lacrime agli occhi. Subito dopo guardai la scena del Leader Krang, che cerca di uscire dal portale, con Leo che lo tratteneva. Anche se vedevo il Krang lo prendeva a pugni nel vano tentativo di liberarsi dalla presa di Leo, ho provato a muovermi verso di lui per aiutarlo ma, la sensazione di essere trattenuta mi impedì di fare il minimo movimento.
Leader Krang: Lasciami immediatamente!
Alla fine mi ritrovai di nuovo vicino a Casey e lo guardai stringere la pressa sulla chiave, ho provato ad avvicinarmi, per impedirgli di chiudere il portale. Ma per quanto ci provassi non riuscivo nemmeno a muovere un dito.
Tsukiko: LEO! Casey ti prego! Non farlo!
Le parole furono in ascoltate come se non fossi lì, le lacrime continuavano a scivolarmi lungo le guance, con la disperazione.
Leo: Casey, per favore!
 Ho visto Casey togliere la chiave e il portale chiudersi con il Leader Krang e Leo all’interno della prigione, le lacrime continuarono a scivolarmi lungo le mie guance come cascate con le gambe che cedettero al mio stesso peso, gridai.
Tsukiko: NOOOO!!! 
Leo: Tsu! Gattina! Svegliati!
~ FINE SOGNO ~
Leo: Tsu! Gattina! Svegliati!
Mi sveglia di soprassalto al suono della voce di Leo e delle sue mani sul mio viso, tremante e con le lacrime che scendevano ancora lungo le guance, con un singhiozzo ho avvolto le braccia intorno al suo collo sprofondandovi il viso.
Tsukiko: LEO!
Leo: Ehi, Shh~ Sono qui Gattina. Sono qui. Va tutto bene è stato solo un brutto sogno.
Tsukiko: * Non era un semplice sogno! * S. Scusa se ti ho svegliato.
Leo: Pff~ Non preoccuparti gattina. Sono stato svegliato poco fa dal delizioso profumino. Ho una fame!
Tsukiko: Ahaha… Allora andiamo a mangiare prima che arrivi Raph e divori tutto.
Leo: Sì! Sì... ma stai bene?
Tsukiko: Sto bene Leo. E grazie per avermi svegliato.
Leo: Beh! Almeno sono un coinquilino utile.
Ho riso alle sue parole, lasciando andare il suo collo e appoggiando una mano sulla sua guancia, l’ho guardato negli occhi sorridendogli dolcemente prima di dargli un bacio veloce in mezzo alla sua fronte. Ho appoggiato la fronte sulla sua prima di allontanarmi, gli accarezzai la guancia con il pollice al quale mi sorrise, chiuse gli occhi mentre si appoggiava godendosi il mio tocco. Rimisi in silenzio, continuando ad accarezzargli la guancia, studiando ogni minimo dettaglio del suo volto per alcuni minuti.
Tsukiko: Sei sempre utile Leo. Non solo per me, ma anche per la nostra famiglia.
Leo: Mhmm... 
Ridacchiai al suo mormorio come risposta, ho lentamente staccato la mano dal suo viso, riportandolo così nel mondo reale.
Tsukiko: E adesso andiamo a fare colazione Baby Blue.
Leo: Ti seguo gattina.
Ci sorridemmo prima di alzarci dal letto, l’ho guardato prendere la sua spada e creare un portale al suo secondo tentativo, dopo che uscì dalla mia stanza per andare nella sua per eseguire la sua routine. Subito dopo che il portale si chiuse scesi dal letto spolverando, risistemando le lenzuola e sistemando il cuscino.
Tsukiko: *Forse dovrei prendere altri cuscini o cambiare la formazione del letto, così Leo strabe molto più comodo, confortevole e di sostegno per il suo collo e per il suo guscio. . . Se mai glielo chiedo dopo colazione. Per ora sarà meglio farmi la doccia e cambiarmi. *
Pressi un cambio di abiti uscendo subito dopo dalla mia stanza e dirigendomi verso il bagno, chiusi la porta non appena entrai e mi spogliai, ho guardato gli abiti sporchi indecisa se lavarli o bruciarli. Su questo ero molto indecisa, da una parte non volevo ricordare quel maledetto viticcio viola ma, dall’altra parte adoravo la maglietta bianca a maniche lunghe con la sciarpina, la giacca o poncio verde scuro con il cappuccio a mezze maniche, con la pelliccia finta all’interno del cappuccio bianca, con i pantaloni neri lungi fino ad arrivami alla caviglia. Dopo uno sbuffo buttai tutto a lavare e mi insinuai nella doccia, dopo una bella doccia rilassante e sicura di non sentire più l’orribile odore o sensazioni di quei maledetti viticci, appena finì di lavarmi, asciugarmi, in cremarmi, vestirmi, spazzolarmi la coda e i capelli uscì dal bagno subito dopo averlo ripulito dal mio disordine. Arrivai in cucina e non appena varcai la soglia della cucina mi ritrovai tra le braccia di Mike e Raph, rimasi sorpresa per alcuni secondi prima che ricambiassi il loro abbraccio con un sorriso, ho guardato verso il tavolo trovando solo Leo che ci guardavano con un sorriso divertito e ho anche notato che il posto di Donnie non era apparecchiato.
Tsukiko: Buongiorno ragazzi. Avete dormito bene? State tutti bene?
Mike: Tutto bene sorellona non preoccuparti. Tra tutti noi eri tu quella messa peggio. Ma invece tu? Come ti senti? Sei stanca? Hai mal di testa o dolori da qualche altra parte? Nausea? Hai dormito bene?
Tsukiko: Sto bene cucciolotto. Mi sono ripresa dopo una bella dormita. * O almeno l’ho fatto fino a quando… * E niente nausea, alcun tipo di dolore da nessuna parte e niente mal di testa.
Raph: Anche io ho dormito benissimo. Anche se… mi sento ancora in colpa per come ti ho trattato in tutti questi giorni.
Tsukiko: E ti ho detto che è tutto perdonato. Ma non provate a farlo di nuovo. Sennò la prossima volta non sarà così semplice avere il mio perdono.
Raph: Sembra giusto…
Il primo a lasciarmi fu Raph che tornò a sedersi al suo posto, mentre Mikey rimasse attaccato con mio divertimento, sorridendo lo strascinai verso il tavolo e mi misi seduta nel mio posto. Con mio piacere trovai veramente i miei pancake preferiti già messi nel mio patto, con l’acquolina in bocca velocemente pressi la forchetta e inizia a spalarmeli in bocca, ad ogni boccone potevo sentire solo adesso la fame a quanto pare quel poco di cibo di ieri sera non era bastato.
Tsukiko: Ehi, ragazzi. Dov’è D?
Mike: Sta preparando i nostri cellulari e il suo tablet per guardare in diretta l'evento Live di Extreme Skateboarding Finals! Ah! Sì! Ha anche detto che non appena hai finito di mangiare e di pulirti devi andare da lui per fare un controllo approfondito. Ordini di Pops!
Tsukiko: Gli avete detto tutto quello che è successo?
Spostai lo sguardo verso Raph e Leo, sperando che si ricordassero quello che gli avevo detto sul tetto, a quanto pare hanno visto il mio sguardo e hanno subito negato con la testa. Il mio piccolo uso della mia abilità non è stato rilevato, mi lasciai scappare un sospiro, almeno non dovevo a vere a che fare con una punizione da parte di Pops per avergli disubbidito.
Tsukiko: Comunque l’evento è oggi?
Mike: Sì~!!! È oggi e non vedo l'ora!
Tsukiko: . . . * Posso unirmi a voi? Non voglio stare da sola. * Divertitevi… Io mi allenerò subito dopo essermi fatta controllare da D.
Mi alzai dal mio posto dirigendomi subito di nuovo in bagno a lavarmi i denti, nel mentre i ragazzi mi guardarono sparire dalla cucina in silenzio, mi lavai i denti velocemente prima di andare dritta nel laboratorio di Donnie. Ed ovviamente ho trovato il genio, seduto alla sua scrivania a digitare numeri su numeri, mi schiarii la gola attirando la sua attenzione. Dopo una ramanzina alla Donnie e un controllo completo, con esami su esami, in giro di un'ora Donnie e con i risultai degli esami. Tutti positivi mi ha dato il via libera, ma prima di lasciarmi andare mi ha fatto un altro dei suoi discorseti, divertita e felice per la sua preoccupazione lo abbracciai e subito dopo lo lasciai tornare in camera a cambiarmi in qualcosa di comodo per allenarmi. Alla fine mi trovai da sola a tirare pugni e calci ben mirati contro il manichino, ma subito dopo un calcio contro la zona addominale del manichino mi riportò i ricordi dell’incubo di stamattina, con un sibilo mi scappò e lentamente le mani e le gambe iniziarono a farmi male. Così presi la Naginata, lasciandola intera, ed iniziai a colpire il manichino, ma con ogni colpo le scene del film mi tornarono in mente. La scena di Leo e Mike del futuro che si sacrificano in modo da fermare i Krang, strinsi i denti con forza e colpì con forza il manichino lasciando un’ammaccatura, ma subito la scena di Raph tenuto imprigionato in quelle orribili "viti" organiche e interrogato dal Leader Krang che mi portò a colpire di nuovo con forza da lasciare un’altra ammaccatura. La scena di Leo, Mike, Donnie e Casey che venivano sbattuti per tutto il tunnel della metropolitana, un altro colpo con un’altra ammaccatura, la scena di Raph "migliorato" e che combatteva contro la sua stessa famiglia. Questo portò a vedere rosso e di conseguenza mutilai un braccio al manichino, ma in questo momento vedo solo un nemico e quello era il Leader Krang, lasciai andare un sibilo e colpì con un calcio ben mirato nella zona dove si trova e vede il volto del Krang. Subito dopo la parte dei ragazzi che venivano picchiati dal Leader Krang, mi portò a colpire con una raffica di colpi ben mirati nella zona dell'addome, alla fine la scena di Leo mi raggiunse e mi bloccai. Lo vedevo svolgersi così chiaramente, anche con gli occhi lucidi riuscivo a vedere la chiusura del portale, la distruzione della nave schiantarsi nei due mondi. Vedevo lo schianto contro i resti di un edificio con Leo privo di forze, immobile, accasciato a terra con aria sconfitta, ho visto il Leader Krang che lo guardava con rabbia e iniziava a picchiarlo a sangue. Nella sua rabbia e i colpi ripetuti il Krang ha fatto schiantare Leo contro un altro edificio, ma la scena di Leo sdraiato con sopra il Krang che teneva la foto della nostra famiglia stretta nella sua mano e la guardava con la prima lacrima che gli scendeva lungo la guancia, con un sorriso che non fece altro che far arrabbiare il Leader Krang e sentì la voce di quest’ultimo risuonarmi nelle orecchie.
Leader Krang: Cancella quel sorrisetto dalla tua faccia!
Subito dopo l’urlo furioso del Krang ho visto l'esplosione dell'intero edificio, che mandando Leo alla deriva da solo nella dimensione oscura, con la foto stretta contro il suo petto con le lacrime che continuavano a scendergli lungo le guance. Lì in quell'oscurità, solo, spaventato ha pianto in conflitto sul fatto che fosse pronto o meno a morire. Il Leo che ho conosciuto, alla famiglia che ho subito amato con tutto il cuore, tutte le scene che si svolgevano davanti ai miei occhi mi lasciarono bloccata e disperata. Lasciai cadere la mia arma a terra con me subito dopo. Rimasi seduta per terra, stringendo le gambe contro il petto nascondendovi il viso, con le lacrime agli angoli degli occhi. In quel momento non provavo altro che rabbia, tristezza e impotenza per non poter salvare Mike e Leo del futuro, sapere cosa gli aspetta e che forse in questo esatto momento stavano combattendo e che forse Raph o Donnie stavano morendo... Era una tortura, non poter fare nulla per loro se non aspettare e aiutare Casey a vivere una vita non apocalittica, ma vorrei poter aiutarli e aiutare la resistenza. Non so per quanto tempo sono rimasta seduta per terra con le lacrime che continuavano a bagnarmi le guance e i pantaloni, so solo che ad un certo punto ho sentito la porta aprirsi seguito dal rumore dei passi che si dirigono verso di me e subito dopo ho sentito una mano appoggiarsi sulla mia spalla, presi un respiro profondo allontanando il viso dal suo nascondiglio e guardai la persona che mi stava tenendo la spalla.
Tsukiko: Fratellone... C-cosa ci fai qui?
Mi portai le mani velocemente al viso asciugando le lacrime, ma le mani sempre così gentili di Raph allontanarono le mie e quando lo guardai lo vidi inginocchiato accanto a me, lentamente mi girai verso di lui e come sempre con attenzione e gentilezza iniziò ad asciugarmi le lacrime con i suoi pollici mentre mi sorrideva dolcemente.
Raph: Ti stavo cercando. Volevo chiederti se volevi unirti a noi nel guardare l'Extreme Skateboarding Finals... Stai bene sorellina?
Tsukiko: No, non sto bene...
Alle mie parole mi ritrovai stretta tra le braccia muscolose di Raph e senza sé e senza ma, le lacrime ricominciarono a cadere e sprofondai contro il suo piastrone seppellendovi anche il viso, ed ovviamente il buon e vecchio Raph iniziò a far passare dolcemente una mano lungo i miei capelli per confortarmi. Rimanemmo così fino a quando le lacrime smisero di scendere e lentamente mi allontanai dal suo abbraccio, anche se con riluttanza adoravo il senso di conforto e protezione fraterno che mi dava non era uguale a quello che sentivo ogni volta che Leo mi abbracciava, Raph tenne le mani appoggiate sulle mie spalle e mi guardò preoccupato.
Raph: Cos'è successo sorellina? Tutto questo non può essere stato causato da prima. Quindi cosa ti ha fatto andare fuori di testa?
Tsukiko: In verità oggi sono stata svegliata da un incubo. . . Mi ha sconvolto. . .
Raph: Su cos'era questo sogno per renderti così?
Tsukiko: . . . Ho visto tutti voi essere picchiati. E ho visto Leo essere picchiato... picchiato a sangue. . . E per quanto provassi a muovermi non riuscivo a spostare nemmeno un muscolo. . . Mi sono sentita così impotente! Odio sentirmi così. Odio non poter essere di aiuto.
Raph: . . .
Mi strinsi contro il suo piastrone, mentre il tremore colpiva non solo la mia voce ma anche il mio corpo, tremante nascosi il viso nel suo piastrone tenendo gli occhi chiusi in modo da impedirmi di vedere la scena di Leo o ad immaginare chi dei ragazzi nel futuro è ferito gravemente o morto.
Tsukiko: La scena solo mi si è ripetuta più volte davanti agli occhi fino a quando non ho visto Leo essere così... così.... non Leo. Sono crollata! Quando l'ho visto in quello stato. Mi sono rotta. Non... non sarei mai in grado di vivere senza di voi al mio fianco. Non posso vivere senza di Leo al mio fianco.
Raph: Allora prima di tutto non succederà mai! Quindi dimentica quel sogno e combatti! Combatti per noi, combatti al nostro fianco, infondo insieme siamo una squadra inarrestabile. E! Inoltre quando pensi di dire a Leo quello che provi per lui?
Mi irrigidì alle ultime parole di Raph, infatti mi allontanai da lui tenendo le mani appoggiate sulle sue braccia, con un rossore su tutto il viso alla pari con la sua maschera e lo guardai dritto negli occhi.
Tsukiko: C-c-cosa?! No! Ti sbagli! Io...Io... Come ti può venire in mente...una cosa del genere...
Fui interrotta da una mano che mi veniva piazzata sulla bocca interrompendo con successo il mio balbettare, con uno sguardo ancora sorpreso, guardai dritto negli occhi di Raph. In quel momento mi stava guardando, con uno sguardo divertito e malizioso, cosa che mi face agitare e arrossire ancora di più.
Raph: Ti prego sorellina. Senza offesa, ma è palese. Inoltre sei parte della famiglia da molto tempo, quindi ti conosciamo e siamo ninja! E poi Mike è un genio nel vedere quello che provano le persone e come sai non sa stare zitto. 
Tsukiko: L-Leo lo sa?
Raph: Pff... Leo non sa nulla. E ho chiesto a Mike di non dire o fare nulla! Inoltre le tue parole di poco fa mi hanno tolto ogni dubbio.
Mi lasciai scappare un sospiro sollevato, mentre chiudevo gli occhi cercando di riprendermi da tutte le montagne russe emotive che stavo provando in questa giornata, quando riuscì a riprendermi aprì gli occhi e mi guardai intorno nella sala di allenamento lasciandomi scappare un altro sospiro frustato nel vedere come fosse ridotto il manichino.
Raph: Ti aiuto a sistemare tutto. E ti aiuterò a dire a Donnie che abbiamo bisogno di un altro manichino di allenamento.
Tsukiko: Grazie fratellone... Puoi rimanere con me? Fino a quando non ho finito gli esercizi? Non voglio ricadere in un sogno ad occhi aperti come prima...
Raph: Ho un’idea migliore! Sarò il tuo partner di allenamento. Infondo non c'è più il manichino.
Tsukiko: Sarebbe fantastico!
E così iniziamo ad allenarci, prima abbiamo iniziato con un po' di riscaldamento e poi abbiamo fatto in perfetta sincronia alcune manovre base di postura per un combattimento, abbiamo continuato così per un po' fino a quando Raph non la rupe con una delle sue domande.
Raph: Senti sorellina puoi dirmi cosa ti ha fatto innamorare di Leo?
Tsukiko: Tutto.
Raph: . . . Sì. . . Non è molto d’aiuto sorellina…
Tsukiko: Raph è difficile da spiegare. . . Amo tutto di Leo. È allegro, incline a fare battute su battute anche nei momenti meno adatti e questa sua natura spensierata lo fa sembrare arioso, gli piace anche essere spontaneo. E non so se lo hai mai notato Raph, ma l’umorismo è il suo modo di far fronte a tutte le situazioni in cui finisce o finite. È sicuro di sé che lo porta ad essere arrogante, forse un po’ troppo e so che vi infastidisce, ma anche questo anche un suo modo per dire a sé stesso e a tutti che è all’altezza di essere un membro importante nella nostra famiglia. Questo lo porta a mentire, ma solo perché odia l’idea di deludere qualcuno di noi e sì ovviamente odia mettersi nei guai, come tutti quanti noi. Però questo suo lato via ha portati a non prenderlo mai seriamente, cosa che lo ferisce sempre, ma questa sua particolarità lo aiuta in molte situazioni e anche noi. È razionale e scettico, soprattutto sull’esistenza dei fantasmi, quindi è sempre alla ricerca di risposte logiche a modo suo. Ma ama la magia e tutto quello che ha che fare con i poteri mistici. Non è ingenuo, come voi che vi siete fidati subito di Big Mama, ma ha il vizio di lasciarsi impressionare fin troppo facilmente. Vuole sempre essere al centro dell’attenzione e questo porta ad ostacolare la sua prudenza. Sì, ha il vizio di dare sempre priorità al suo divertimento che alla missione. È il meno altruista in famiglia, riluttante ad aiutare gli estranei soprattutto se non ci guadagna nulla di utile per sé o per la famiglia. È pigro e adora giocare come i tempi morti, ma è molto intelligente e trova sempre il modo più rapido o non convenzionale per risolvere i problemi. Che ogni tanto può portare al disastro, ma trova sempre il modo di risolvere la situazione…
Raph: E tu ai notato tutto questo?
Tsukiko: Quando sei innamorato fratellone noti tutto della persona che ami. Dalla cosa più piccola e insignificante a quella più profonda e nascosta.
Raph: Sarà molto fortunato quando ti dichiarerai…
Mi alzai dall’ultima posizione base di combattimento stiracchiando le braccia, la schiena e le gambe, fino a quando il silenzio irrequieto di Raph non mi ha portata a guardarlo e l’ho visto un po’ vacillante… come se volesse dire qualcosa, ma non sa come dirlo. L’osservai meglio per alcuni secondi prima di avvicinarmi e posargli una mano sulla spalla, mentre gli sorridevo, non appena i suoi occhi si posarono sui miei vidi la sua domanda e le sue preoccupazioni.
Tsukiko: Fratellone ti assicuro, anzi ti prometto sulla mia vita che non ferirò mai i sentimenti di Leo. Inoltre non voglio ancora dirgli nulla, sappiamo entrambi che non è ancora pronto per questo. Forse, se non ha trovato qualcun'altra nel frattempo, gli dirò quello che provo per lui. Ma per adesso... Sono felice per come siamo. Sì, è difficile avvolte ma, per ora mi basta essere al suo fianco e che sia felice. Il resto poi arriverà con il tempo non ho fretta.
Raph: . . . Sei molto matura sorelline. . . Avrai anche la stessa età di Leo e Donnie ma, tra i due sei la più matura. Anzi sei anche più matura di me, per questo ti stimo. E non preoccuparti non dirò nulla a Leo e mi assicurerò di ricordarlo anche a Mike.
Tsukiko: Grazie fratellone, sei il migliore! Se vuoi possiamo fermarci per oggi, così abbiamo il tempo di rilassarci un poi prima che inizi la Live.
Raph: Va bene! Così ho il tempo di avvertire Donnie del manichino ma, prima dovremo pulire.
Pochi minuti dopo raccogliere e spazzare, mettendo tutti i pezzi in vari sacchetti e ammucchiati in un angolo in modo da riciclare o buttare i pezzi non più utili, alla fine ci siamo separati ognuno per la propria strada. Raph verso la cucina, dalla quale proveniva un buon profumo di cibo, mentre andavo verso la mia stanza. Ma proprio quando stavo per salire le scale la voce di Leo che mi chiamava mi fermò, mi girai subito verso di lui, sorridendogli mentre si avvicinava a me.
Leo: Ehi, gattina vuoi fare un giro sullo skateboard prima di guardare insieme a me le Finals?
Tsukiko: Mm. . . Intrigante. . . Va bene, ma ti guarderò solo! Non voglio scivolare di nuovo sul il mio povero sedere lungo tutta la rampa.
Leo: Allora farai il tifo per me?
Tsukiko: Io faccio sempre il tifo per te. Però se non ti dispiace volevo darmi una sciacquata veloce e cambiarmi con qualcos’altro.
Leo: Ti aspetto alle rampe. Non metterci troppo.
Tsukiko: 10 minuti e sono da te.
Leo: Tengo il tempo gattina. Si veloce.
Con un sorriso divertito e un occhiolino mi allontanai con uno Shunpo, presi velocemente un paio di lenghis neri, una maglia bianca e una felpa con cappuccio ampio. Con un altro scatto mi fermai nel bagno e chiusi la porta a chiave, velocemente mi sono tolta i vestiti gettandoli nella mia cesta dei panni sporchi e mi infilai in doccia lavandomi il più rapidamente possibile. In cinque minuti mi sono fatta la doccia, in due mi sono asciugata e subito dopo data la crema, mi vesti e con un altro Shunpo mi fermai vicino all’ingresso della stanza principale. Dove Leo mi aspettava, con in mano il suo cellullare per tenere ovviamente il tempo, mi avvicinai a lui appoggiandomi contro la sua spalla per guardare il tempo e mancava praticamente un minuto allo scadere del tempo.
Tsukiko: Cosa ho vinto?
Leo: Mm… Anche se non avevamo detto nulla su una scommessa. Ma! Chi sono i per negare qualcosa ad una meravigliosa gattina. Cosa vorresti?
Tsukiko: Mmm… Che ne dici se non appena i miei capelli sono asciutti mi pettini e intrecci i capelli. Che da quello che ho sentito, ovviamente da April, tu sei il secondo migliore nel fare le trecce.
Leo: Solo perché Donnie è più preciso nel non lasciare nemmeno un ciuffo o un capello e perché sa farne più varianti. . . Ma va bene posso farlo e in più ti spazzolerò la coda.
Tsukiko: Non capisco perché tu, Pops e gli altri adoriate spazzolarmi la coda.
Leo: Beh! Perché è soffice e calda, oltra al fatto che è un dato di fatto che è rilassante come accarezzare un gatto e anche le tue fusa aiutano a farci rilassare.
Tsukiko: A senso… Non ci avevo mai pensato.
Leo: Forza gattina, andiamo prima che inizi la Live.
Tsukiko: Subito dietro di te.
Con questo ci siamo incamminati, fianco a fianco, verso le rampe e notai subito il buffet preparato da Mike. Con un sorriso malizioso mi allontanai dal fianco di Leo e mi avvicinai al tavolo prendendo alcune cose dai vari vassoi, cosa che non piacque molto al cuoco, con le mani piene mi allontanai dal tavolo tronando nel mentre al fianco di Leo. Ed ovviamente rise come me dell’adorabile broncio di Mike, così camminammo di nuovo fianco a fianco, che rubava qualche assaggio dalla mia refurtiva.
Tsukiko: * Non vedo l'ora di fare un po' a botte con Foot Lieutenant o con Foot Brute. Se riesco a farlo da sola forse i ragazzi riusciranno a guardare il loro idolo. Inoltre ho bisogno di distrarmi e sfogarmi ancora un po’. Mi spiace dover far distruggere il modem Wi-Fi in modo da non scombussolare ulteriormente la trama. *
E così abbiamo passato il nostro con me che facevo il tifo a Leo per ogni mossa, Mike finiva di allestire la tavola e Raph prendeva il suo posto a osservare Leo, non molto tempo dopo ci raggiunse anche Donnie con il tablet già sintonizzato sul programma. Raph e io ci avvicinammo a Donnie, con Raph che si sedeva al fianco di Donnie, mentre io rimanevo in piedi e continuavo a guardare Leo e a fargli il tifo. Ogni tanto mi facevo aggiornare da Donnie sul tempo rimanente prima che iniziasse lo spettacolo, ma prima ancora che potesse annunciare l’inizio della Live lo sentì solo dalla voce dell'annunciatore delle Live di Tokyo, cosa che sentì persino Leo.
Raph: Sta per cominciare!
Mi girai verso Donnie e Raph, con Mike che si fiondava per guadare il Tablet, con Leo che continuava ad andare sullo skateboard. Noi quattro ci ammucchiamo con me e Mike aggrappati sul guscio di Raph per guardare.
Annunciatore: Tre ore di tric incredibili. E le voci sono vere. Sydney Allen tenterà un 14-40 sulla Mega Rampa.
Donnie: Ma non è impossibile?
Tsukiko: Wow! Non vedo l'ora!
Mikey: Non esiste.
Raph: Deve essere una mutante.
Leo: Ehi, Scommetto che io potrei farlo.
Donnie: Ehm! Per una volta rinuncerò al mio solito: "No, non puoi sono quattro rotazioni. Non dire sciocchezze Leo." E arrivo direttamente al "Coprite il cibo".
Ho guardato per alcuni secondi Leo sulla rampa lasciando uscire un sospiro divertito e esasperato allo stesso tempo, mi girai verso il tavolo dove si trovavano già Raph e Mike fermandoli dall'usarsi come scudi viventi, ho circondato il tavolo con una delle mie barriere. Anche se portò Donnie e Raph a brontolare un po' sul fatto che usassi già una delle mie abilità, ma dopo uno sguardo di avvertimento da parte mia si zittirono, al suono della voce di Leo ci riportò tutti a guardarlo.
Leo: Per Sydney! Fate largo!
Tsukiko: * Ahia! *
Distolsi per alcuni secondi lo sguardo da Leo massaggiandomi il petto o meglio il punto dove si trovava il mio povero cuore, mi lasciai scappare un altro piccolo sospiro cercando di attutire la leggera fitta alla dichiarazione di Leo, riportai lo sguardo giusto in tempo per vederlo fallire miseramente la mossa e… distruggendo nel processo il Wi-Fi. Ovviamente i ragazzi iniziarono a impazzire per tutta la stanza, meno male che avevo lasciato ancora la barriera eretta per via dei loro movimenti sconsiderati, alla fine dopo alcuni minuti di disperazione e l'idea di Raph. Usandomi, senza ritegno, contro Pops in modo che ci lasciasse la TV che fallì. Alla fine ci ritrovammo al grande magazzino di Gilbert's dopo l'orario di chiusura, la seconda idea di Raph, dopo essersi beccato i giusti elogi dai ragazzi e un abbraccio con alcuni grattini sulla nuca da parte mia. Ci siamo messi tutti comodi, ognuno ad un tavolo, con me e Leo seduti nello stesso uno vicino l’altro. Con una delle sue braccia che mi circondava la vita e con la sua testa appoggiata sulla mia spalla, la mia appoggiata a sua volta contro la sua. Così abbiamo guardato per un po' lo spettacolo in un silenzio confortevole, io godendomi la vicinanza e la gioia di Leo per la live, ma alla fine il silenzio confortevole fu spezzato da un rumore sospetto che proveniva da qualche parte. Lasciai andare Raph a indagare su chi o cosa avesse fatto quel rumore, con i ragazzi che continuavano a guardare lo spettacolo come se niente fosse, io aspettai il ritorno del nostro Leader che tornò non molto tempo dopo informandoci della situazione del Foot clan.
Raph: Ragazzi! Gli starni tipi con le fiamme in testa stanno rubando un gioiello. Facciamoli vedere cosa ne pensiamo.
Leo: Sì, va bene. Dopo essermi goduto la finale ci sto.
Raph: Ma che dici Leo! Il crimine non si ferma mai e perciò né anche noi.
Donnie: Non è che guardi un po' troppa pubblicità? 
Raph: Oh cavoli, non potete essere così pigri. Allora la faccenda è seria lo volete capire?
Altri: Certo. Sì. Okay.
Quando ho visto l'espressione esasperata di Raph, velocemente mi liberai dalla presa di Leo che ovviamente iniziò a protestare e continuò per tutto il tempo sperando che tornassi al suo fianco, ma invece mi avvicinai subito a Raph appoggiando una mano sulla sua spalla che lo portò a guardarmi.
Tsukiko: Ci penso io Raph. Voi godetevi la Live.
Raph: Assolutamente no! Ti sei dimenticata come eri conciata ieri?
Tsukiko: Non ti preoccupare fratellone, questa volta starò più attenta. Inoltre se avrò qualche problema mi sentirete urlare.
Con un sorrisetto e un occhiolino mi allontanai con uno Shunpo e mi portai verso il rumore di scasso e di vetro rotto, con le proteste di Raph che mi richiamavano, ma fu interrotto dall'annunciatore dell’evento Live. Mi fermai esattamente davanti al negozio in questione e vidi subito il clan del piede con il pezzo dell'armatura nelle loro mani, senza remore ho subito afferrato il mio ventaglio e ho mandato una raffica di vento verso i due, lanciandoli così verso un gruppo di manichini e con il Lieutenant che lasciò andare il guanto nel frattempo. Che cade esattamente ai miei piedi lo pressi rapidamente, tenendo lo sguardo sui due che mi stavano osservando con odio.
Tsukiko: Non solo ladri di carta ma, adesso siete anche ladri di gioielli o dovrei dire di armature.
Foot Lieutenant: Come conosci l'armatura?
Tsukiko: Ho studiato! Non vi permetterò di liberare il vostro padrone.
Ed è così che è iniziato il combattimento. Sono riuscita a tenere testa a Brute e infatti con un calcio ben piazzato nell’addome si è piegato in due, cosa che sfruttai dandogli un altro calcio sul fianco e l'ho mandato in volo dritto in un altro gruppo di manichini. Nemmeno il tempo di riprendere posizione fu subito sotto attacco da parte di Lieutenant, che mi caricò, ma con uno Shunpo riuscì ad evitarlo saltando sul corrimano della ringhiera in vetro. Con un sibilo e con uno sguardo pieno di rabbia, i ricordi dell’incubo ritornarono e l’odio mi invase al solo pensiero che erano loro la causa dell’apocalisse, stringendo la pressa sul ventaglio la tentazione di eliminare lui e il suo secondo mi inondò la mente. Però la paura di togliere una vita e la consapevolezza che i ragazzi, Pops e April mi avrebbero considerata un mostro. Quindi gli lanciai semplicemente un’altra raffica di vento, mandandolo dritto sul suo secondo in comando ancora privo di sensi, distolsi lo sguardo per un momento dai miei nemici e sul guanto con l'anello ancora al dito. Riportai lo sguardo sul duo ancora privi di sensi, sicura missi via la mia arma mentre mi giravo verso la scala mobile per scendere e tornare dai ragazzi, ma nemmeno a pochi passi dalle scale fui placcata a terra da tre ninja di carta. Ed ovviamente il Tenete si mise davanti a me prendendomi dalle mani il guanto e affermandomi subito dopo per i capelli tirandomi indietro la testa, con mio immenso dispiacere, gli mostrai le piccole zanne e tutto l’odio che provavo per lui.
Foot Lieutenant: Questo lo prendo io. 
Tsukiko: Non sai che non si dovrebbe mai togliere qualcosa dalle mani di una donna? Soprattutto se questa donna è un mutante!
Detto questo ho tirato indietro il braccio libero e lo colpì, con un bel cazzotto dritto in faccia, recuperando così il guanto che ha lasciato cadere nel processo. Liberai velocemente l’altra mano prendendo solo la lama della mia Naginata e tagliando i tre guerrieri di carta nel processo. Appena fui libera mi spostai di nuovo con uno Shunpo, allontanandomi così dai due membri del clan del piede, ma così facendo mi allontanai anche dalle scale mobili. Strinsi la pressa sulla mia arma e sul guanto tendo gli occhi fissi sul duo, rimanemmo tutti fermi e in silenzio per alcuni secondi o almeno fino a quando Brute non mi carico come un treno merci, con tre guerrieri ninja di carta creati non pochi secondi dopo che il suo collega iniziasse il suo attacco, ho subito tagliato il più rapidamente possibile i tre guerrieri di carta e parando subito dopo nel miglior modo possibile il colpo di Foot Brute. Anche se la forza del colpo mi lanciò verso il muro, in volo mi rigirai in modo da colpire il muro con i piedi e velocemente conficcai gli artigli nel muro in modo che non cadessi sul pavimento, ho subito sibilato contro il secondo in comando.
Tsukiko: Non vi hanno detto che non si dovrebbe mai toccare una donna nemmeno con un fiore?
Foot Brute: Io vedevo solo un gatto troppo cresciuto!
Tsukiko: Non sono un gatto stupido membro del clan del piede! Sono un Leopardo delle nevi! 
Gli rughi in faccia ad entrambi, stordendoli nel processo, liberai gli artigli dal muro e con un altro Shunpo mi lancia verso le scale mobili. Fui fermata di nuovo da altri ninja di carta che si misero come un muro davanti alla scala, mi fermai subito dallo schiantarmi contro di loro in modo da non perdere di nuovo il guanto, ma prima ancora che potessi anche fare un’altra mossa mi ritrovai stritolata tra le braccia del secondo in comando, che riuscì a intrappolare anche le mie braccia nella sua morsa. Mi dimenai nella sua presa, già pronta ad usare i miei artigli sulle sue gambe, ma vidi il Tenente che si avvicinava e non appena fu apportata lo calcai dritto nell’addome, cosa che lo piegò in due. Senza perdere l’occasione per dargli un altro calcio e liberarmi di lui, in modo da liberarmi dalla pressa del suo collega, lo colpì sul lato del viso e mettendolo così k.o. Però non ho tenuto conto della mia situazione e che il secondo in comando non è stato molto felice del trattamento che ho riservato al suo compagno, infatti strinse la sua pressa su di me sempre di più togliendomi il fiato, con un gemito di dolore mi preparai a colpire entrambe le sue gambe con i mei artigli e a chiamare i ragazzi.
Raph: Ehi! Clan del piede lascia andare la mia sorellina!
Tsukiko: F-Fratellone?! 
In pochi secondi mi trovai libera dalla morsa di Brute e al suo posto mi ritrovai tra le braccia con strisce gialle, con un sorriso ho guardato verso il proprietario che mi stava sorridendo a sua volta.
Leo: Non preoccuparti principessa il tuo cavaliere o meglio cavalieri sono qui a salvarti. 
Tsukiko: I miei eroi, stavo per chiamarvi. . . Non sono ancora abbastanza brava per resistere contro di loro a quanto pare. . .
Leo: Ehi! Sei stata grandiosa a resistere per quasi tutto l'evento!
Tsukiko: Grazie Leo e ho ancora l'oggetto rubato.
Leo: Questa è la mia gattina delle nevi!
Ho riso di gusto mostrandogli il guanto con ancora l'anello, dopo poco due ninja di carta ci saltarono addosso facendo cadere Leo e me, facendomi perdere la pressa sul guanto che scivolò sul pavimento e verso il Foot Lieutenant. Mi scappò l’ennesimo sibilo e rapidamente afferrai la spada di Leo, tagliai i ninja di carta che stavano ancora sopra di noi liberandoci, mi alzai aiutando subito dopo Leo restituendogli la spada prima che corressi verso il Tenente. Ci scambiamo alcuni colpi, ma alla fine riuscii a prenderlo per un polso mi girai dandogli la schiena prima di lanciarlo da sopra la mia spalla, scaraventandolo contro uno scaffale di felpe in saldo e recuperando così il guanto. Non appena recuperai il guanto ho visto Brute caricarmi ho gridato il nome di Mike, che non appena si girò verso di me gli lanciai il guanto, riuscii a schivare per un pelo. Però si schianto contro Raph e iniziarono a combattersi di nuovo, ma ovviamente questa è la parte in cui uno ad uno i ragazzi iniziarono a perdere i loro cellulari, tanto che come nell’episodio erano ancora impegnati a guardare la Live e a combattere. E ad ogni lamento che li lascia uno ad uno e poi tutti insieme accasciati per terra depressi, con un sospiro esasperato mi avvicinai al gruppetto fermandomi davanti a loro, tirai velocemente fuori dalla tasca il mio cellulare mettendo subito la Live e lo passai subito ai ragazzi. Che presero rapidamente riprendendo così la visione del loro idolo. Con un sorriso e uno sbuffo divertito mi girai e mi guardai intorno alla ricerca dei due malfattori, che ovviamente erano già arrivati al piano superiore con un gemito esasperato afferrai il mio ventaglio e lo lanciai verso il duo, ma proprio in quel momento sentì leggero dolore alla testa aumentare sempre di più ogni volta che il mio Tessen. Mi piegai leggermente in avanti, portandomi le mani alla testa nel vano tentativo di alleviare il dolore, ma aumentava solo.
Tsukiko: * Sta iniziando a farsi sentire... Non mi sono ancora ripresa completamente da quella maledetta abilità * Mi spiace ragazzi… ma dovete pensarci voi adesso... La testa mi sta uccidendo. . .
Raph: Va bene sorellina, riposati entriamo in gioco noi.
Con un leggero gemito di dolore riportai la mia attenzione sulla mia arma che ritorno subito indietro, lo presi e mi lasciai scivolare sul pavimento con la schiena appoggiata contro la ringhiera di vetro, nel mentre i ragazzi risolvevano la situazione.
Raph: Ah! Basta! Ci hanno rovinato la serata e hanno fatto male alla nostra sorellina. E noi la roviniamo a loro. Ehi Leo, non provi a fare un 14-40?
Ho subito visto comparire un sorriso sul viso di Leo, cosa che mi fece sbuffare divertita mentre continuavo a guardare la scena svolgersi davanti a me, i ragazzi alla fine come nell’episodio sono riusciti a recuperare l'anello, ma il guanto è stato presso dal clan del piede. 
Tsukiko: * E adesso inizia la corsa ai pezzi dell'armatura. Ragazzi spero che sarete pronti per quello che verrà. *
Donnie: Non era un 14-40, ma ai fatto tre rotazioni e recuperato un anello.
Mikey: Peccato, mi spiace. Andrà meglio un'altra volta.
Tsukiko: Sei stato mitico Leo.
Leo: Grazie! Grazie! Adesso riprendiamo a guardare la Live! Infondo Tsu ci ha salvati tenendo al sicuro il suo cellulare. Inoltre se ci fossero problemi guardate un po' cosa ho trovato? Un televisore alimentato a batterie.
Altri: Sì!
I ragazzi mi circondarono subito, mentre sistemavo il cellulare in modo che fosse visibile per tutti quanti, ma per un momento fui pressa e sollevata da Raph che mi mise tra le sulle gambe incrociate. Mike appollaiato sul suo guscio, con Leo e Donnie seduti su entrambi i lati di Raph, con le teste appoggiate sulle mie spalle.
Annunciatore: Ci è andata molto vicina! Scommetto che adesso lo farà il 14-40.
Tutti: Credo in te Sydney/Andiamo Sydney!
Mikey: Devo dirvelo ancora, io vi adoro ragazzi e anche te Tsu.
Tsukiko: E io voi ragazzi.
Annunciatore: Ultima tentativo. C'è la farà? 1! 2! 3!
Carly: Interrompiamo il programma per darvi la notizia di un furto appena avvenuto da Gilbert.
Tutti: NO!
Mike: Nooooo~!!!
Nel frattempo in un vicolo lontano i due scagnozzi del clan del piede, si fermarono con il pezzo dell'armatura in mano.
Foot Lieutenant: Ahaha! Sciocchi! Erano convinti che ci interessasse uno stupido anello. Ma dovremo tenere d'occhio quel felino troppo cresciuto, potrebbe rovina i nostri piani. 
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MAG191 - ########-31 - Ciò che perdiamo
[Episodio precedente]
[Nota: tutte le voci in questo episodio quando si trovano nelle gallerie hanno una eco più o meno intensa.]
[CLICK]
[Un respirare leggero nel sonno]
[Dei movimenti agitati, e Martin si sveglia di soprassalto]
MARTIN
Jon?
[Si gira per controllare]
[Sorpreso] Ah! Argh! Smettila! Jon!
[L’Archivista si sveglia]
ARCHIVISTA
[Confuso] Mm, cosa? Cosa? Che c’è? Che…?
MARTIN
Scusa. Scusa, io - va tutto bene. Sono… sono solo stato colto di sorpresa. Non siamo stati in molti posti dove puoi dormire, quindi io…
ARCHIVISTA
Quindi, che?
MARTIN
Stavi dormendo di nuovo con gli occhi aperti.
ARCHIVISTA
Ah. Già.
MARTIN
M-Mi ha solo sorpreso.
ARCHIVISTA
Scusa. Non è qualcosa che posso controllare, temo.
MARTIN
No, lo, lo so. Lo so. Mi dispiace. È tutto okay.
[Martin sospira]
[Fruscio di tessuto]
ARCHIVISTA
Brutto sogno?
MARTIN
Ce ne sono di altro tipo?
ARCHIVISTA
Giusto.
MARTIN
A tal proposito, come sono i tuoi sogni? So che prima erano… sai, complicati.
ARCHIVISTA
Non lo so. Non me li ricordo più a dire il vero. Onestamente, non è nemmeno dormire questi giorni. Posso solo farlo quando sono sconnesso da… beh, tutto, ed è più tipo… sai quella sensazione quando sei sul punto di addormentarti? Non stai sognando, ma non sei nemmeno consapevole delle cose?
MARTIN
Huh. Quindi, tipo, in modalità standby?
ARCHIVISTA
[Una risata leggera] Suppongo.
Come ero da Salesa?
MARTIN
Oh, andavi completamente k.o. Occhi spalancati, ovviamente, perché dio non voglia che la cosa inquietante degli occhi finisca, heh, ma -
ARCHIVISTA
Grazie.
MARTIN
– eri praticamente morto. Mi sono preoccupato un po’ a dire il vero, una o due volte, ma ti sei sempre svegliato senza problemi. Dicevi che non sognavi. Ne sembravi piuttosto felice.
ARCHIVISTA
Immagino che lo ero.
MARTIN
Hey, volevo chiederti. Riconosci quella donna, Celia?
ARCHIVISTA
Um… no, non, non penso. Perché?
MARTIN
Giurerei che ha rilasciato una dichiarazione una volta.
ARCHIVISTA
Che dichiarazione? Non… ricordo niente. Qu- Non quà sotto per lo meno.
MARTIN
Era… [borbotta qualcosa a bassa voce]
Pensavo si stesse inventando tutto! Heh. Le ho dato dei soldi.
ARCHIVISTA
Perché?
MARTIN
Li -Li aveva chiesti.
ARCHIVISTA
Ah. Pensi che se lo ricordi?
MARTIN
Cioè, non si ricorda il suo stesso nome, quindi direi… No?
ARCHIVISTA
Potresti chiedere?
MARTIN
Beh, no, sarebbe strano. Voglio dire -
[Qualcuno bussa]
Ciao?
[Porta che si apre]
ANONIMA
Scusate. Non vi ho svegliati, vero? Mi è stato chiesto di controllarvi.
ARCHIVISTA
No, tutto bene, eravamo svegli.
MARTIN
Non penso che ci siamo ancora incontrati. Sono Martin, lui è Jon.
[Movimenti e rumore di una borsa che viene aperta]
ARCHIVISTA
Ciao.
ANONIMA
[Con sospetto] Okay.
MARTIN
E tu sei…?
ANONIMA
[Con finalità] No.
MARTIN
“No”? Nel senso il tuo nome è No?
ANONIMA
No, nel senso ‘non riuscirete a sapere il mio nome’. Non sono stupida.
ARCHIVISTA
È così?
ANONIMA
Ti vedono con i nomi; è così che riescono a trovarti nei fascicoli. Puoi nasconderti quanto vuoi, ma se sanno il tuo nome, possono vederti. E portarti via.
ARCHIVISTA
Capisco.
ANONIMA
Se dico il mio nome alla gente, allora forse loro lo sapranno. Poi vengono per tutti noi. Non avreste dovuto dirmi i vostri. Continuo a ripeterlo agli altri! Solo i nomi delle profetesse sono sicuri.
ARCHIVISTA
Non è così che funziona!
MARTIN
[Avvertimento] Jon…
ARCHIVISTA
Che? Sta dicendo delle stupidaggini!
ANONIMA
Sei stato là, allora? Sei scappato attraverso gli schedari senza fine, le, le etichette che ti tagliavano? Le cose che ‘ti mettevano al tuo posto’?
ARCHIVISTA
No…
ANONIMA
Allora non lo sai!
ARCHIVISTA
Ma l’ho visto!
Lo so.
ANONIMA
Oh, lo sai, allora? Ti ha fatto sanguinare?
ARCHIVISTA
No, ma non è cos’ che -
ANONIMA
Allora non lo sai. E non avrai il mio nome.
ARCHIVISTA
Va bene. Scusa. Non volevo farti arrabbiare.
Dunque… Georgie e Melanie, loro sono…?
ANONIMA
Sono andate.
Fuori.
Loro, loro vanno spesso fuori. A volte riportano delle persone, ma di solito se ne vanno, per un po’.
MARTIN
O-kay. Sai quando torneranno?
ANONIMA
No. Loro percorrono il loro sentiero.
ARCHIVISTA
Ma certo.
[Pausa, poi l’Anonima sospira]
ANONIMA
Vi andrebbe un po’ di cibo? Abbiamo… delle scatolette. E dei biscotti. Anche se i biscotti sono davvero vecchi.
MARTIN
Cosa c’è nelle scatolette?
ANONIMA
Cibo.
MARTIN
[Irritato] Che genere di cibo?
ANONIMA
Dipende. La maggior parte delle etichette non ci sono più. Ieri, ho trovato dei fagioli neri.
MARTIN
Oh okay. Ed è… una cosa positiva?
ANONIMA
Mmhmm.
[Martin sospira lentamente]
MARTIN
Okay. Beh, mi va una… scatoletta. Jon?
ARCHIVISTA
Per caso puoi portarmi qualcosa? Mi sento un po’ teso.
MARTIN
Devi fare una dichiarazione?
ARCHIVISTA
A dire il vero no. Non ne ho sentito il bisogno da quando siamo scesi qui. Suppongo siano le gallerie. Bello avere un po’ più di controllo, anche se è una sensazione un po… strana.
MARTIN
Beh, buono a sentirsi. Vedo quel che riesco a trovare.
ANONIMA
Vieni?
MARTIN
Sì, sì. Fammi strada, … tu.
ANONIMA
Certo.
[La porta si chiude mentre se ne vanno]
[CLICK]
[CLICK]
[Passi]
ARUN
Uh… Martin?
MARTIN
Sì? Oh, s-scusa, no-non so il tuo nome.
ARUN
Arun.
MARTIN
Ciao Arun, che c’è?
ARUN
Scusa, è so… um, solo, um, hai perso un registratore di cassette? Ho trovato questo - oh… huh.
MARTIN
Sì, non era acceso quando l’hai trovato, vero?
[Una mezza risatina]
ARUN
No. È tuo? Non l’ho mai visto prima, pensavo potesse esserlo.
MARTIN
In un certo senso, credo? Ci seguono.
ARUN
Davvero?
MARTIN
Oh,n-non devi preoccuparti. Succede da secoli. Prima che il mondo cambiasse, addirittura. Poi ignorarli e basta.
ARUN
Da prima che il mondo finisse?
MARTIN
Sì, è… è una lunga storia. Chiedi alle profetesse, se vuoi, ti spiegheranno.
[Si gira e fa per andare via]
ARUN
Tu non credi in loro, vero? Nel loro potere?
MARTIN
Io… Le conoscevo ai vecchi tempi.
ARUN
Anche Laverne.
MARTIN
Sì, io, me ne rendo conto. Solo -
Guarda, è complicato, va bene? È solo una montagna di roba che nessuno capisce.
ARUN
[Con enfasi] Io capisco che loro sono capaci di vagare per questo mondo senza paura o pericolo. Capisco che ci hanno salvato.
[Martin espira irrato]
MARTIN
Bello.
Guarda, dovresti proprio parlarne con loro, okay, io non vorrei dire la cosa sbagliata.
ARUN
Loro hanno detto… che anche voi avete attraversato gli incubi. Che voi ‘condividete il loro potere’.
MARTIN
Ooh, non ne sono certo…
È diverso, okay? N-Noi siamo diversi.
ARUN
Sì. Lo siete.
Quando guardo loro, vedo un futuro. Vedo la speranza. Non so cosa vedo quando guardo te.
[Suoni increduli da Martin]
MARTIN
Okay, be… sei scortese.
ARUN
Sono un poeta. Dico la verità
MARTIN
Sì? Beh… la tua verità è scortese! Non sai niente di noi. Chi siamo, cosa stiamo facendo.
ARUN
So che ci guardate come se fossimo idioti. [Martin sbuffa] Vi facciamo pena.
MARTIN
Non è vero.
ARUN
Bugiardo!
[Alzando la voce] Chi siete? Apparite dal niente con… registratori fantasma che compaiono nella vostra scia? Perché siete qui?
MARTIN
[Agitato] Siamo qui per salvare il mondo, okay? Chiaro? Se vuoi saperne di più, vai a chiedere alle tue profetesse, okay? Adesso… Dammi quello!
[Afferra il registratore]
[CLICK]
[CLICK]
[Una porta si apre e Martin ritorna; appoggia delle scatolette]
ARCHIVISTA
Qualche segno di loro?
MARTIN
No, ma gli altri dicono che è abbastanza normale che se ne vadano per così tanto tempo.
ARCHIVISTA
Okay.
[Suoni di posate]
MARTIN
Hanno detto che, i, uh, ‘locali’ si stanno agitando.
ARCHIVISTA
Mmm.
MARTIN
Ho l’impressione che il nostro benvenuto non sia esattamente senza condizioni.
Come va la, uh, confusione?
ARCHIVISTA
Va bene. Va e viene.
MARTIN
Sì, non sembri stare male come quando eravamo da Salesa. Spero che non ti dimenticherai tutto appena esci dalle gallerie.
ARCHIVISTA
Non credo succederà. Là era peggio, anche se, ovviamente…
MARTIN
Non ricordi.
ARCHIVISTA
Non ricordo.
Allora, che te ne pare? Credi che aiuteranno?
MARTIN
Voglio dire, devono, no? Tu- Tu praticamente sei l’unica speranza dell’umanità.
ARCHIVISTA
Huh, voglio dire… okay, um… [risatina nervosa] non è che io -
MARTIN
Oh s-scusa! Un po’ troppa pressione, sì?
ARCHIVISTA
U-Un po’?
MARTIN
V-Volevo solo dire che, guarda, o ci aiutano o se ne restano seduti qui e sperano che tutto si sistemi magicamente. E non possono credere davvero che sia un’opzione.
Vero?
ARCHIVISTA
Non lo so. So come si comporta Georgie con le persone che le se sono affidate. Se crede che aiutarci le metta in pericolo…
MARTIN
Sì. Anche Melanie.
ARCHIVISTA
Mmm.
MARTIN
E sei sicuro che non possiamo trovare una strada per arrivare su da soli?
ARCHIVISTA
Probabilmente no. Sono disconnesso quà sotto, e il layout sembra… diverso da prima.
MARTIN
L’Occhio non ti sta, tipo, chiamando, o qualcosa del genere?
ARCHIVISTA
Oh, no mi sta chiamando. Ma non riesco a sentirlo chiaramente qui sotto. È abbastanza irritante, a dire il vero. Come essere in una strada che riesci quasi a ricordare ma non riesci a trovare su una mappa.
MARTIN
Potremmo comunque dover provare.
ARCHIVISTA
Sì, ma senza una guida potremmo vagare a lungo. E apparentemente ci sono anche altre cose che vagano qua sotto che… potrebbero opporre resistenza.
MARTIN
Sì, Laverne ha accennato qualcosa. Sai cosa sono?
ARCHIVISTA
Sì. Sono, um… Sono Archivisti.
MARTIN
Prego?
ARCHIVISTA
Hai mai sentito all’interrogatorio di Gertrude con, uh, il Sergente Heller?
MARTIN
Oh… questo mi riporta indietro. Uhhh, credo di sì? Uh, la Seconda Guerra Mondiale, vero? Sotto Alessandria? Aveva visto un mostro con una stano -
ARCHIVISTA
Mmhmm.
MARTIN
…Occhio. Già
ARCHIVISTA
Non sono il primo Archivista. Nemmeno lontanamente. La maggior parte degli altri è morta come Gertrude, ma alcuni… sono rimasti, e, beh, diciamo solo che non sono l’unico a sentire il richiamo del Panopticon.
MARTIN
Okay.
Jon. Se… Quando sconfiggiamo L’Occhio, le paure. Che ti succederà?
ARCHIVISTA
Niente di buono.
Credo che dipenda da quel che succederà alla fine. Se troviamo un modo per sconfiggerle, bandirle in qualche modo, buttarle fuori dalla nostra realtà, e da dove sono venute, io potrei… sopravvivere. Credo che rimarrei più o meno così. P-Più debole, ma fondamentalmente un avatar in un mondo dove le paure sono al confine.
MARTIN
Ma presumo che questo sia il migliore dei casi?
ARCHIVISTA
Dipende dal tuo punto di vista, suppongo. A lungo termine ci saremo limitati a prendere un po’ più di tempo.
Se, però, riuscissimo a trovare un modo per distruggere o, uh, eliminare i poteri… io non me la caverò. Una parte di me troppo grande appartiene all’Occhio ormai. Io non… so cosa ne rimarrebbe di me senza. Forse morirò. Forse sopravviverò, ma perderò… qualcosa. L’identità. La ragione. La… memoria. Non so.
[Fruscio di tessuto mentre si abbracciano]
Martin, quando arriverà il momento, ho bisogno che tu mi prometta che non proverai a fermarmi.
MARTIN
Te lo prometto.
Ti amo, Jon.
ARCHIVISTA
Ti amo anche io.
MARTIN
Ma non lascerò che il modo perisca per questo.
ARCHIVISTA
Grazie.
MARTIN
E tu devi promettermi che farai qualsiasi cosa in tuo potere per vivere. Che non ti sacrificherai alla prima opportunità, solo perché ti senti colpevole di quel che è successo.
ARCHIVISTA
Lo prometto.
MARTIN
Bene.
Dio, odio queste conversazioni.
ARCHIVISTA
Già.
Roba pesante.
MARTIN
Mi mancano le chiacchere leggere.
ARCHIVISTA
Potremmo parlare del meteo per un po’ se ti va?
MARTIN
Un po’ difficile da sotto terra.
ARCHIVISTA
Vero. In tal caso provo a vedere se riesco a dormire un altro po’. Riposarmi un po’ prima di… sai.
MARTIN
Certo.
ARCHIVISTA
Svegliami se ritornano?
MARTIN
Okay.
[CLICK]
[CLICK]
[Passi e colpi di bastone mentre Melanie e Georgie sono sopra; i rumori di droni abbondano]
MELANIE
Mi chiedo quanto sia sano, andare a vederlo così.
GEORGIE
Lo so. Ma… mi aiuta. Credo.
MELANIE
Di sicuro sembrava abbastanza cruento.
GEORGIE
Beh, non la scena non era meglio.
Uh, c’è una panchina qui, alla tua sinistra. Ti dispiace?
MELANIE
Libera?
GEORGIE
Per adesso. Andiamo.
MELANIE
Certo.
[Colpi di bastone mentre Melanie trova la panchina e si siedono]
GEORGIE
Mi da’ sempre fastidio. Venire qua sopra per un po’ di privacy.
MELANIE
Di sicuro non so cosa intendi. Personalmente, credo che una città piena di telecamere curiose e occhi che ti fissano crei l’atmosfera giusta.
GEORGIE
Ma certo che lo pensi.
[Fruscio di tessuto]
MELANIE
Tutto è un po'… una merda. Vero?
GEORGIE
Non tutto.
MELANIE
Che aspetto aveva?
GEORGIE
È felice, credo. Questo… Questo lo rende cattivo?
MELANIE
Lo rende un gatto.
GEORGIE
E, cioè, certo, non è un bel look per Battersea, ma guardare… sono solo le parti più cruente di un documentario sulla natura in loop.
MELANIE
Non c’è niente di naturale in tutto questo però.
GEORGIE
No.
MELANIE
Potremmo sempre tirarlo fuori, sai, come, come gli altri.
GEORGIE
No. No. Fa… Fa male vederlo così, ma è più al sicuro qui. Se lo prendessimo, lo metteremo in pericolo. Potremmo anche mettere gli altri in pericolo di lui.
MELANIE
Continui a parlare di quel sogno del gatto gigante assassino del tunnel?
[Georgie ridacchia]
Sai di non essere davvero una profetessa, cara?
GEORGIE
Certo… Ma a questo punto, non sarebbe la cosa più improbabile che ci sia mai successa.
E non è che le gallerie siano più sicure con loro in giro.
MELANIE
È una sensazione di merda, sai, non fare niente.
GEORGIE
Stiamo sopravvivendo. E stiamo cercando di aiutare altri a fare lo stesso. Non è niente.
MELANIE
Vero.
Anche se a volte sembra così.
GEORGIE
Mi preoccupo ancora per lui, sai. Ma rimanere coinvolte non farà che rendere tutto peggiore.
MELANIE
Faremo meglio a continuare a parlare dell’Ammiraglio.
GEORGIE
Jon… sta facendo del suo meglio.
MELANIE
Sì. Beh, il suo ‘meglio’ è noi che ci nascondiamo in un tunnel umido.
GEORGIE
Non è colpa sua. Non ha mica voluto che succedesse.
MELANIE
Lo so, sai! Lo so. Lo so. Ma le verità è, lui non mi piace e basta. Non mi è mai piaciuto… e sono stufa delle persone che fanno come se dovessero sentirmi super empatica nei suoi confronti, solo perché se l’è passata male. Anche io me la sono passata male da quando l’ho incontrato! Tutti noi! E lui non -
GEORGIE
Oh, tesoro. –
MELANIE
Okay. Posso odiarlo comunque, anche se non, sai, lo incolpo ma…
[Melanie fa un sospiro frustrato]
GEORGIE
Sai, siete abbastanza simili.
MELANIE
Beh allora odio con coerenza.
GEORGIE
Dovresti proprio parlarne con Laverne.
MELANIE
Oh fidati, è saltato fuori. Dal primo giorno credo.
[Suoni di triste comprensione da Georgie]
Ma nonostante tutto, dovremmo comunque aiutarli.
GEORGIE
Comunque cosa potremmo fare per loro quando Jon è una specie di… semi-dio che sa ogni cosa?
MELANIE
Non qua sotto. Martin dice che non riesce a trovare un modo per entrare nell’Istituto.
GEORGIE
Troppo rischioso. Ti ho detto delle cose là sotto vicino alle scale, vero?
MELANIE
Oh, ah, già.
GEORGIE
Non possiamo permetterci di attirare la loro attenzione.
MELANIE
Lo stai facendo di nuovo.
GEORGIE
[Frustrata] Argh.
MELANIE
Guarda, stai-stai meglio ultimamente. So, so che è molto difficile giudicare un rischio senza un, un senso della paura -
GEORGIE
Ma sto ancora esagerando.
MELANIE
Beh, voglio dire, no, non necessariamente. È pericoloso. Ma… io, io non vedo nessun altro modo per uscirne. E-e io non intendo passare il resto dell’eternità a dormire in un galleria a giocare a ‘lattina sorpresa’.
GEORGIE
Nemmeno se fossimo soltanto noi due?
MELANIE
Oh, okay. Sì, beh…. Forse potrei, potrei sopportarlo per un po’. Ma se anche ci fosse una piccola possibilità che possiamo riportare tutto alla normalità…
GEORGIE
Hai ragione. So che hai ragione. È solo che odio esserci coinvolta.
MELANIE
Sei sempre stata coinvolta, no?
GEORGIE
Già.
MELANIE
P-P-Per lo meno adesso è secondo i nostri termini. In questo modo possiamo tornare a fare podcast sui mostri, piuttosto che nasconderci da loro.
GEORGIE
[Sospita] Urgh, smettila. Non voglio ripensare a quel passato. Quanto onestamente mi mancano quelle cose schifose letture di pubblicità. Sai, è successo tutto proprio mentre ne stavo registrando una?
MELANIE
Oh dio, sì! Um, che era, uh -
GEORGIE
[Voce da podcast] “Slaughterville: La Città dei Mille Cadaveri.”
MELANIE
[Felicemente] Già! [ridacchia]
GEORGIE
Una cosa basata su dell’orribile true crime in una città del Colorado  dove ci sarebbero dovuti essere, tipo, tre serial killer o qualcosa del genere.
MELANIE
Gesù.
GEORGIE
Ero anche così fiera del testo che avevo preparato. Pensavo di aver proprio azzeccato quello stile da pulp scioccante senza rendere troppo palese che li stavo prendendo in giro.
MELANIE
Forse dovresti fare un interpretazione per gli altri?
GEORGIE
Non sono certa di quanto starebbe bene accanto all’ultimo inno di Arun.
[Un suono esageratamente disperato da Melanie]
MELANIE
Andiamo, faremo meglio a tornare. Probabilmente non è una buona idea lasciarli con Jon e Martin senza supervisione.
[Si alzano per andarsene]
GEORGIE
Già.
MELANIE
Quindi… li aiutiamo?
GEORGIE
Beh, noi non saliremo sulla torre, ma… sì. Rivoglio il mio gatto.
[Colpi di bastone mentre se ne vanno]
[CLICK]
[Traduzione di: Victoria]
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ethanacquarius · 24 days
Text
· · ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀         ⤹         𝐞𝐭𝐡𝐚𝐧 𝐡𝐮𝐠𝐡𝐞𝐬 ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀ ⠀ ‧‧‧‧  ʜᴇᴀᴅᴄᴀɴᴏɴ ›               ─── ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤㅤ    ❪ un ricordo di una perdita o di morte. ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ     Rannicchiato, piccolo, appariva il corpo di Ethan che a quel tempo non poteva avere più di sette anni. Quei grandi occhi blu che sembravano saettare da un particolare all'altro, erano velati di lacrime silenziose, offuscati da un dolore che sarebbe giaciuto in lui per tutta la vita. Lo sapeva lui, e lo sapevano anche gli adulti che lì accanto non riuscivano a tenere lo sguardo per più di qualche secondo. Così legato a quella donna che pareva dormisse in quel letto d'ospedale, Ethan era un bambino fin troppo intelligente per non comprendere ciò che l'uomo dai capelli ramati sembrava dire. Parole confuse sembravano assemblarsi dentro di lui, parole che avrebbe ricordato o forse avrebbe dimenticato per il proprio bene, ma che non cambiavano la realtà dei fatti. La persona più importante della sua vita, colei che l'aveva cresciuto dopo averlo messo al mondo, che gli aveva spiegato il significato di voler bene a qualcuno, e tanto avrebbe dovuto ancora insegnargli, non c'era più. Voci apparentemente lontane sembravano ripercuotersi nella di lui mente, mentre il dottor Stevens continuava a parlare all'unica figura che Ethan non avrebbe mai potuto prendere come riferimento. Troppe volte erano rimasti solamente Ethan e la madre, a giocare, a sentire la voce soave della donna raccontargli la favola della buonanotte, e troppe volte Gregory Hughes era assente in quella dinamica famigliare. Ora tutto sarebbe cambiato. Con gli occhi chiusi, talmente stretti da vedere quei minuscoli puntini bianchi che costellavano il buio della cecità, Ethan non ascoltava realmente quelle parole appena sussurrate tra i due adulti. Le udiva lontane, come un sottofondo che non riusciva, e non voleva comprendere. ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ   ʜɪs ғᴀᴛʜᴇʀ  « Dottore… »   ᴅᴏᴄᴛᴏʀ sᴛᴇᴠᴇɴs  « Sapevamo che la malattia sarebbe stata fatale sul lungo periodo, dobbiamo solamente ringraziare questi anni in più che ha avuto. Eravamo pronti, signor Hughes… Ethan però ha bisogno di lei, ha bisogno di suo padre. »   ʜɪs ғᴀᴛʜᴇʀ  « Non riesco… Guardare lui è come guardare lei, e il legame che condividevano è qualcosa che… »   ᴅᴏᴄᴛᴏʀ sᴛᴇᴠᴇɴs  « E' suo figlio. » ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ Erano parole confuse quelle che stava ascoltando Ethan, rannicchiato sul quel corpo che a poco a poco stava diventando sempre più freddo. Grande era il nodo alla gola che provava il bambino dai corvini crini, il quale non avrebbe mai voluto lasciare andare l'unica persona che gli aveva fatto del bene. Come sarebbe stata ora la sua vita? Chi l'avrebbe difeso da tutto e tutti? Chi l'avrebbe calmato la notte quando si sarebbe svegliato in preda agli incubi? ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ       ❛❛ 𝐿𝑎 𝑚𝑎𝑚𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑐'𝑒̀ 𝑝𝑖𝑢̀, 𝑒̀ 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑡𝑎 𝑖𝑛 𝑐𝑖𝑒𝑙𝑜. ❜❜ ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ Un ambiente asettico lo circondava, l'odore di disinfettante diventava sempre più forte, sempre più acre ma fu la carezza di quell'uomo che spesso lo chiamava a fargli alzare la testa dalle braccia conserte e fargli aprire gli occhi. D'indifferenza fu lo sguardo che gli rivolse, mentre gli occhi non facevano altro che lasciar andare quelle lacrime rigando quel volto angelico. Non erano mai piaciuti gli ospedali al piccolo Hughes, sentiva freddo ogni volta che entrava, e quell'odore stantio, quell'odore era intriso dei suoi stessi incubi, eppure quello sarebbe stato per sempre il suo punto di rottura. Sarebbe stato solo da quel momento in poi, solo ad affrontare ogni giorno della sua vita, mentre gli occhi di quel padre assente lo osservavano tristi, incapaci di provare affetto. Tante erano state le situazioni affrontate dalla madre e dal figlio, tante ne avrebbero dovute ancora fronteggiare eppure non sempre le cose vanno come devono andare. Quattro parole, nessun conforto, nulla di quell'affetto di cui aveva disperatamente bisogno. Quattro parole che sancivano il suo tragitto verso una strada che sarebbe stata un salto nel buio. ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ   ʜɪs ғᴀᴛʜᴇʀ  « Andiamo a casa, Ethan. »
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