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#libri mania
francescacammisa1 · 2 years
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Io non so neanche chi sono; o meglio, io so più o meno chi sono. Ma non sopporto le persone che si conoscono, che conoscono se stesse. E sanno dire «sono fatto così»; «sono diventato così»; «reagisco così per questo motivo»; «per quest’altro motivo io, pensa: mi comporto così». È una mania di quest’epoca sapersi descrivere alla perfezione? Non lo sappiamo, non lo possiamo sapere. In ogni caso in quest’epoca si ama sapersi descrivere: «io sono uno di quelli che», «io, se uno mi dice questo… allora io sono uno, per dirti, che non esita a rispondere che» oppure ancora «io da sempre a una tal cosa reagisco in tal modo», «chi mi conosce lo sa». Tutti si conoscono, tutti conoscono se stessi, tutti sanno come sono fatti. Io invece posso dirlo: non so niente. Né di me né delle persone e delle cose che mi circondano.
Mattia Torre - In mezzo al mare
Ph Peter Lindbergh 
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schizografia · 7 months
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C’è stato un tale che ha avuto una grande influenza su di me, quando ho cominciato a pubblicare i miei libri, Cercherò di darle un breve ritratto del personaggio. Posso anche dirle il suo nome, tanto non interessa a nessuno, si chiamava M. Lacombe, un tizio che bazzicava il Quartiere Latino, un signore con una specie di pizzo lungo così, e monco di un braccio (lo aveva perduto nella guerra del 14), grande conoscitore della lingua basca. Lui personalmente non aveva scritto nulla, a parte qualche cosetta in gioventù. Era molto ricco, non faceva assolutamente niente, e conosceva il francese alla perfezione. Era un maniaco. Tanto per farle un esempio, andava spesso ai corsi della Sorbona, e se un professore faceva un errore di “francese protestava in aula! Era proprio il tipo che faceva per me. E siccome eravamo entrambi degli sfaccendati, ci vedevamo spesso. Era un grande conoscitore della lingua francese. Ma, come le dicevo, a parte le note sulla lingua basca non aveva scritto niente. Possedeva una biblioteca ragguardevole. Per di più era un erotomane, e aveva un inferno stupendo da cui citava cose inaudite. Per strada abbordava tutte le donne o quasi. Gli piaceva molto parlare con le prostitute, e quello che mi divertiva da morire era che le riprendesse quando facevano errori di francese. Magari potrà sembrare stupido, potrà sembrare ridicolo, ma su di me quell'uomo ha avuto una influenza incredibile. Quando ho finito il Sommario di decomposizione, ho detto a Lacombe: «Devo mostrarle il mio libro». E lui: «Boh, se proprio vuole... ». Ci siamo dati appuntamento in un caffè, e io mi presento con il mio manoscritto. Gliene ho letto una pagina, e lui si è addormentato. Ho capito che non c’era niente da fare. Avrei voluto che lo esaminasse attentamente: si è rifiutato, Ma per certi versi gli ero e gli sono debitore per quel libro. Con la sua mania di riflettere sulle parole, di correggere tutti, perfino i professori, ha contribuito a quella che ho definito la consapevolezza dell’atto di scrivere.
Emil Cioran, Un apolide metafisico
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ourladyofmaplemurder · 9 months
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Cheryl in Ex-Libris
Ok, the time has come. I need to talk about this episode.
This episode makes me so insane for several reasons. (Cheryl's WILD almost figure-skater top that she wears is one of them, but not the important one. Girl, what are you wearing?)
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It also makes me crazy that she says THIS.
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Cheryl, no one in the cast has more scenes reading alone in her house than you. No one. The irony of this line is honestly hysterical. But again, this is not the important reason this episode makes me insane.
No, the important reason is the reference to Flowers in the Attic.
So, as a refresher, in this episode, Percival Pickens is going around collecting overdue library books from the gang. These books are thematically relevant to and hold significant meaning for each of them.
Cheryl's book is Flowers in the Attic, by V.C. Andrews.
This alone is enough to make me foam at the mouth. Of course her book is Flowers in the Attic. The themes of that book (the cruelty of mothers, incest, feeling trapped, the callous nature of affluent families, the impact of neglect, etc.) are incredibly relevant to Cheryl's character. (And I mean, this all but confirms the Blossomcest thing, but that's a whole other can of worms.)
In any case, it's a perfect book for her. A match made in the Sweet Hereafter, as it were. BUT HERE'S THE THING.
The way the show references the book makes absolutely no sense. Basically, Cheryl hears giggling, in her house somewhere. She goes to investigate. There's a child under a sheet in her bed. She asks if it's Heather and pulls the sheet away to reveal a bouquet of roses. She then says, "Flowers in the Attic, indeed."
Ok. Not trying to spoil the book for you, but uh nowhere in the book are there ghosts or flowers. The only flowers, really, are the ones the children make to remind them of the outside world or, perhaps, the children themselves.
I actually read the book to try understanding this reference (I wanted to read the book anyway) and when I finished it, I was just as confused, perhaps even more so.
And I guess the writers were just trying to bring Heather up as Cheryl's next big topic, but like, why they didn't make Cheryl's ghost Jason, I will never understand. They already brought up Flowers in the Attic AND the fact that she still has his bones in her house. The fact that the show is so casual about her keeping that boy in her house fills me with indescribable mania. Why does no one care that she keeps his bones in the house? No one ever says anything. I still can't believe the core four went to the viking funeral in season 4 and didn't say a word. NOT A WORD. Literally no one EVER comments on the fact that Cheryl has kept her brother's body in her house for YEARS. Why does no one ever say ANYTHING? -foaming at the mouth- She literally mentions the time she already burned Jason's body and the room is silent about it. No one has a question? A concern? Really? REALLY?
Anyway, it seems to me like the other characters have very clear relationships to their books. We do not get that kind of insight into Cheryl's relationship to hers. (The jury is out on Veronica. I really need to read Kiss of the Spider Woman!) Does she resent it? Does she romanticize it? Did she like the book or did it horrify her? Hello? HELLO?
Unless (and this just occurred to me as I was writing this) the writers are trying to suggest that Cheryl's relationship to Heather is "forbidden love"? I can maybe see that, but like, that's a farther stretch than the twincest, abuse, and other relevant topics the show has been waving around since episode 1.
And again, I know this is a CW teen drama. They can't really go full dark no stars with some of these topics. But like, it still makes me crazy that we dance around them so much.
Ok. That's my rant. Thanks. <3
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vintagebiker43 · 5 months
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Israele 2002
Mo' vi racconto come sono inciampata nella questione palestinese io, una trentina di anni fa. L'ho già raccontato in passato ma ogni tanto ci ripenso. Perché io non sono nata imparata, non ci sono arrivata attraverso la politica, non ne sapevo nulla più di ciò che si sa leggendo distrattamente i giornali, ci so' capitata per sbaglio. Perché la mia idea, quell'estate di una vita fa, era di andare in Israele.
Era l'epoca in cui ero intrippatissima con la psicoanalisi, divoravo Freud e compagnia, andai a un convegno su Cesare Musatti a Milano che mi piacque molto e mi lessi pure i suoi libri. Tra i quali uno, "Ebraismo e psicoanalisi", mi intrigò particolarmente. Era pure l'epoca in cui leggevo tutto di Philip Roth e, per farla breve, quando quell'estate andai al CTS per cercare di capire dove andare in vacanza, vidi il volo per Israele in offerta e lo presi.
I primissimi giorni a Tel Aviv, tutto bene o quasi. Atmosfera interessante, ostello fricchettone, cose da fare, ero a mio agio. Poi andai a Gerusalemme e cambiò tutto. Ed è che i palestinesi, a Tel Aviv, non li avevo proprio visti. A Gerusalemme li vedevo eccome, e non venivano trattati bene. Trasudava tensione quella città: coloni in giro con la pistola nella cintura e l'aria arrogantissima, soldati di leva da tutte le parti col fucile in spalla, gente con la mania di chiedermi, amichevole: "Sei ebrea?" per poi allontanarsi senza una parola alla mia risposta negativa, chissà perché. Di fronte a non so quale monumento della città vecchia vidi una bimba israeliana che si era persa e piangeva. Cercai di aiutarla, nei dintorni c'era solo un signore dall'aria ortodossa, gli portai la bimba spiegandogli la situazione e lui, senza mai guardarmi in faccia, mi disse secco di lasciargliela e andarmene, che ci avrebbe pensato lui. Me ne andai preoccupata, senza sapere se avevo fatto bene ma rassegnata a essere scacciata. Tante piccole scene che trasmettevano malessere. Una processione cristiana e un paio di israeliani che sputano nel vederla passare. E ovviamente i palestinesi, dicevo. Un mondo a parte, e decisi di cacciarmici dentro.
Andai nei Territori con due o tre compagni di ostello in un taxi palestinese il cui conducente mi raccontava che lui, nato a Gerusalemme da genitori, nonni e bisnonni di Gerusalemme, non poteva avere nessun passaporto se non quello giordano, e lui in Giordania non c'era mai stato. Seduto davanti, accanto a lui, un altro ragazzo palestinese. I soldati israeliani ci fermano al posto di blocco, questo ragazzo si impiccia con la giacca e tarda a tirare fuori i documenti, il soldato gli tira una tremenda botta in faccia col calcio del fucile. Così, per niente. Davanti a noi tre stranieri seduti dietro e agghiacciati. E il palestinese zitto, non una reazione, estrae infine i documenti e glieli dà. E quello fu il mio "benvenuta nella vita dei palestinesi" e il momento in cui mi resi conto che no, non me lo avevano spiegato così, ciò che succedeva là.
Sono passati trent'anni, ho mille ricordi sovrapposti di ciò che vidi nei Territori ma uno mi è rimasto stampato nel cervello per sempre, nitidissimo: una giovane mamma palestinese con in braccio una bimba di due o tre anni con una gonnellina bianca a balze. La bimba aveva, da un lato, 'sti riccioli neri stretti in un codino e, dall'altro lato della faccia, nulla. Metà faccia era completamente bruciata, non aveva neanche l'orecchio. I coloni avevano buttato bottiglie incendiarie nella loro casa mentre erano seduti a tavola e quello era il risultato.
Io ho una rara malattia genetica che si chiama porfiria: ci si convive, normalmente è del tutto asintomatica. Ci sono occasioni in cui si attiva, però, causando crampi addominali fortissimi che possono durare giorni. Può attivarsi se prendi farmaci controindicati, se non assumi abbastanza carboidrati o, anche, in situazioni di stress elevato. Io tornai dai Territori e mi misi a letto. I crampi mi durarono sei giorni, che il preoccupatissimo vecchietto palestinese dell'ostello trascorse curandomi con litri di tè.
Poi continuai il mio viaggio - lo racconto meglio in un vecchio post che metto qua sotto - e infine arrivai a Eilat, nel sud. Un cesso di posto con pretese di modernità, incongruente, la voglia di fuggire subito. Il mio ostello era gestito da un ragazzone ebreo di origine yemenita che voleva portarmi non so dove con la sua jeep per il weekend. Io gli dissi che avevo sentito parlare bene di un posto chiamato Dahab, oltre la frontiera egiziana. Lui, schifatissimo, mi disse che lì mi sarei presa il colera, che era un postaccio sozzo, di lasciare perdere e andare con lui. Al mio diniego, alzò le spalle e fece: "Well, there are winners and there are losers", nel senso che rifiutare il suo invito era da losers.
Passai la frontiera a piedi e con le mani alzate mentre una soldatessa mi abbaiava contro chiedendomi se ero armata. Qualche metro dopo vidi per la prima volta l'Egitto, nella forma di un grasso poliziotto egiziano che dormiva beato, nella sua uniforme bianca, all'ombra della guardiola. E, mentre mi guardavo attorno alla ricerca di qualcuno abbastanza sveglio da timbrarmi il passaporto, sentii che la tristezza mi scivolava via di dosso per la prima volta dopo un mese di angoscia.
L'Egitto mi accolse così, col paradosso buffo dei due diversi stili alla frontiera e il regalo di un'ondata di serenità che non se ne è mai più andata in tutto il tempo che, per i successivi trent'anni, ci ho trascorso.
Di Israele mi rimase la presa di coscienza di un'ingiustizia che non avevo mai nemmeno immaginato, non di quella portata. Di una violenza capillare, di una mostruosità quotidiana ai danni di gente innocente che viveva in un incubo. A pochi chilometri, persino a pochi metri da altra gente che, invece, viveva benone facendo finta di nulla.
Poi ci sono anche tornata, ci portai pure mia figlia ragazzina. Che ne uscì come ne ero uscita io, e infatti adesso è lì a distruggersi il fegato e a fare l'attivismo che può per i palestinesi.
Fa bene alla consapevolezza, andare in Israele. Si imparano un sacco di cose.
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Lia Haramlik De Feo
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paoloferrario · 1 year
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Georges Perec: "Ogni biblioteca risponde a una duplice esigenza ..." , in Pensare/Classificare, Rizzoli, 1989, pagina 27
“Ogni biblioteca risponde a una duplice esigenza che spesso è anche una duplice mania: quella di conservare alcune cose (dei libri) e quella di sistemarle in un certo modo” in
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telodogratis · 2 years
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Podcast mania, anche la CIA ha il suo
Podcast mania, anche la CIA ha il suo
Su Spotify, Apple, Google e Amazon. Gli utenti americani di Spotify potranno alternare gli audio-libri – funzione fresca di debutto – con l’ascolto di quel che si dice all’interno della CIA. Sì, avete capito bene, stiamo parlando proprio di lei, la Central Intelligence Agency che ora può vantare di avere un podcast tutto suo. E non solo su Spotify: tutte le puntate saranno disponibili anche su…
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karenlojelo · 2 years
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Una storia scritta per noi da uno dei donatori La Mecenate dei Sogni C’era una volta una ragazza che faceva la scrittrice, una romana bionda con i capelli lunghi fumava. Era qualche tempo che era irrequieta più del solito, vagava tra i suoi pensieri senza venire a capo di nulla. Un giorno camminando per la strada di una città della Toscana vide un locale abbandonato; fu una folgorazione, all’improvviso tutti i pensieri dentro ai quali vagava andarono a posto. Aprí una Galleria d’Arte. Lei era convinta che la libertà di espressione passasse per tante strade, lei è libera scrivendo libri, altri sono liberi cantando, altri dipingendo altri ancora facendo tutte queste cose assieme. Allora insieme ad una sua amica un po’ stramba, anche lei fumava, decisero di aprire uno spazio che potesse accogliere gratuitamente tutti quelli che volessero esprimere liberamente i propri sogni. Diventò così la Mecenate dei Sogni. La Galleria è sua ma la libertà di espressione attraverso le arti e la bellezza dovrebbero essere un diritto per tutti. Se le opere di pittori famosi del collage qui sopra non avessero avuto un mecenate non le avremmo mai viste. Non so se ci siamo capiti, MAI viste. Avremmo rinunciato a tanta bellezza per sempre. Dedicato a: @karenlojelo @sara.marucci @lagrandebellezzavolterra Grazie Mania Marini @mania1968bj ❤️🙏🏻 (presso Lojelo art gallery) https://www.instagram.com/p/ChCEgP-sQV1/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Mi è tornata in mente una sensazione.
Come fosse ieri.
Quando uscito da anni di insicurezza fortissima, quella che ti fa odiare la tua vita, ti fa odiare molto chi ti sta intorno e ti fa soffrire, tanto da sognare di ucciderli e sorprenderti di te stesso, quell'esasperazione mista a disperazione, perennemente annaffiate con tutta la cattiveria che un ragazzo non aggressivo può subire a causa della falsa credenza che un capro espiatorio possa unire tutti, sono arrivato al liceo.
E avevo paura, una paura terribile di trovare persone uguali a quelle che avevo dovuto affrontare tutti i giorni per tre anni. Ero così agitato che il primo giorno mi sono presentato come Ugo, magari per far ridere, un po' per rompere il ghiaccio, alla disperata ricerca di una boa a cui aggrapparmi per non affogare.
Gli stronzi c'erano ma non erano gli unici, sono entrato in una nuova fase della mia vita.
Per molto tempo ho ammirato alcuni compagni, quel rapporto di odio e amore in cui repelli ma sei comunque attirato, li vedevo spavaldi, più grandi, più liberi.
Una vita piena di cose proibite, le sigarette, l'alcol, il sesso, che all'epoca sembrava un miraggio eppure le compagne me lo ricordo benissimo, all'epoca hanno smesso di essere bambine e hanno cominciato ad essere donne e gli occhi, insieme agli ormoni, vedevano per la prima volta in modo diverso.
Quella fase in cui cominci a scoprire chi sei, cosa ti piace, chi ti piace, ma sei ancora così frenato dall'età, dalla paura di una professoressa di matematica di vecchio stampo, da coprifuoco così invadenti, dell'impossibilità di muoversi liberamente sottostando ai dannati orari degli autobus.
Quel senso di figaggine quando si fuma la prima sigaretta o quell'attrazione verso le serate alcoliche, fatte non tanto per divertirsi ma per sfumare tutto, sfuocare l'immagine per sentirsi un pelo più adulti, più beat generation, il fascino del dannato, la cicca in bocca la mattina cercando di non farsi sgamare dai prof che l'avrebbero detto ai genitori.
Quelle professoresse di lettere così sensuali, con una testa così attraente, la fantasia di essere il loro preferito, quella volta che si è arrabbiata perché ho saltato il giovedì tre settimane di fila, in realtà per via di chimica non per la letteratura, che sempre mi è riuscita più interessante della scienza, più giocosa ai miei occhi ma anche più pesante.
Strano come abbia scelto la seconda strada avendo sempre amato scrivere e leggere.
Gli amori delle medie e quella orribile sensazione di vedersi sfuggire la ragazza per la quale si ha una cotta. Sentirsi fuori luogo.
Ma poi anche sentirsi liberi ogni volta che si prende e si comincia ad uscire a non fare nulla ma con le stesse teste, alle stesse lunghezze d'onda, quelle serate con l'aria condizionata e l'xbox accesa, dopo una pizza insieme, o le birre dal kebabbaro.
La mania per il longboard e per Anna, chissà perché poi.
E poi la mano sul sedere della Silly, così sodo, e se lo faceva toccare solo da me quando l'abbracciavo, e l'aver capito che avrei sempre amato una ragazza con la vita stretta e il culo sodo.
Il primo bacio, i primi messaggi hot, scoprire di avere una certa capacità, poi persa una volta che l'esperienza effettiva ha preso il posto della fantasia e la voglia di scrivere è cominciata a svanire lentamente.
Per due anni ho preso l'autostrada e correndo veloce mi dicevo che se avessi fatto un incidente avevo già vissuto abbastanza e sarebbe stato un modo facile per uscire dalla morte emotiva che l'università mi causava.
Decine di libri, sia belli che brutti, quando poi come le serate con gli amici, solo poco rimane impresso, solo ciò che è piaciuto veramente o che ha lasciato un segno, come le sigarette con le spalle al muro fuori da giampi e gli occhi confusi dall'alcol, lì solo a pensare alla lei che mi tormentava il cuore, un secondo di respiro dalla caotica compagnia degli amici, o l'amore violento tra Viola e Cosimo nel Barone Rampante, che ho letto e riletto.
Così oggi vivo e domani ricorderò enfatizzando la bellezza della giovinezza, solo i dettagli migliori perché la merda chi se la vuole tenere sotto la scarpa per tutta la vita, se ci sta ci sta involontariamente, perché non ce ne si accorge.
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lectio-divina · 4 years
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Ciclo - Ristampa delle Storie Brevi
N.49 (Carburazione)
(immagine via Tumblr/livingthatwhiskeylife)
Julius gli consegna la moto già accesa e scoppiettante, -È ok?- Gli domanda lui, -Per quel che ne so.- Butta lì Julius, lui lo squadra sorridente, l'altro non raccoglie e se ne va scuro in viso. -Era fra quelli contrari.- Riepiloga lui, intanto ruota la manetta dell'acceleratore e ascolta il motore, macina i giri scoppiettante, pronto, senza incertezze: -Figlio di puttana.- Pensa, -Figlio di puttana!- Replica poi a Julius che lo sente, lui gli sorride sornione, Julius ancora scuro in volto alza un pollice incerto e sparisce oltre il palco. Un altro colpo all'acceleratore, ascolta, nessuna incertezza, sgassa ancora, stavolta in modo prolungato: -Carburazione impeccabile.- Obietta. Quindi monta in sella e infila casco e guanti, ingrana la marcia e si Lascia accompagnare sul palco dalla sua motocicletta, ovazione della folla, che lui sotterra sotto alcune sgassate, a loro volta subissate dalla eco del presentatore, che riassume la sua impresa attraverso un impianto di amplificazione macistico. Incitazioni sparse, lui spalanca il gas, il motore ruggisce, la ruota posteriore aggredisce la pedana con un fischio secco, seguito dallo sgranare delle marce, una via l'altra, alternate ai picchi di potenza del motore, un rumore che si allontana, fino a stemperarsi in un brusio indistinto, interrotto bruscamente da un qualcosa di simile allo sbacchettare di un trampolino, accompagnato dal boato di apprensione del pubblico, e dal conseguente scrosciare di applausi.
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Et voilà, l'arcano, il rovesciamento dell'orizzonte, il passaggio attraverso lo specchio:
Piaciuta la storia?
Compra il libro.
Cane Bianco, di Fester Abrams, un giallo, lo trovi su Amazon, gratis con Kindle Unlimited, da Giunti e da Feltrinelli.
Sinossi:
Manhattan, Battery Park, pomeriggio, una giovane donna porta il cane a passeggio, un incontro fortuito, un attimo di leggerezza e il cane scompare. Sera, lobby del Sagram Building, Upper East Side, “Il quartiere delle calze di seta”, il padre della giovane, persona avanti negli anni, ma determinato al limite del coriaceo, esce di casa deciso a ritrovare il cane. Farà l'alba sui marciapiedi, fra personaggi grotteschi e onirici, baristi dei bassifondi e derelitti da strada, ciascuno avrà in mano una traccia, una moneta da scambiare col ricco signore, chi per gioco o empatia, chi per invidia o disprezzo. Sono ore di febbrile ricerca, che condurranno il protagonista del libro verso un finale a sorpresa. Che ne è stato del cane bianco?
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Edito da: Lectio Divina edizioni -- LOVE AND READ BOOKS .-- lectio-divina.tumblr.com ©Tutti i diritti riservati
Un giallo imprevedibile, su cui abbiamo lavorato a lungo, tutti insieme, riversandoci le nostre cure, attente e appassionate, sia per la sostanza che per la forma. Il risultato è una gioia, per gli occhi e per la mente, un piacere che soltanto una piccola casa editrice è in grado di offrire.
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maddavvero · 2 years
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"La cosa più difficile nella vita è vivere senza mentire".
La gente mente per le ragioni più disperate. Certe bugie si dicono per presentarsi sotto una luce migliore, più interessante, oppure per ingannare gli altri. Le bugie possono far male, ma possono anche salvare la pelle. Qualunque sia il motivo, di solito alla fine ci si pente sempre di aver detto una bugia.
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antheis · 2 years
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Oggi potrete conoscere meglio Vasilisa, protagonista di “La Bella Vasilisa, Baba Yaga e La Bambola Benedetta”, la mia novella illustrata edita Dark Abyss Edizioni attraverso… una piccola intervista!
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catastrofeanotherme · 4 years
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Bianca come il latte rossa come il sangue, Alessandro D'Avenia
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onlylove-here · 5 years
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E che mania era mai quella di rovinarsi in questo modo l'esistenza in continui sacrifici?
“Madame Bovary” di Flaubert
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Kay Redfield Jamison con "Una mente inquieta". Grande penna autobiografica. Autrice senza paura di mostrarsi e di raccontare senza veli e fronzoli le difficoltà di una malattia psichiatrica. #kayredfieldjamison #libro #book #books #libri #autobiografia #saggio #psichiatria #disturbobipolare #disturbi #dolore #mania https://www.instagram.com/p/Bwr5JqXHLSi/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=p5gq7oyx1dve
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nostalgiadelpassato · 7 years
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Finché io e te abbiamo noi Il resto è solo rumore di fondo
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youare-mydaydream · 6 years
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Credi in te
Spegni tutto e siediti
Luce fuori dalla finestra
Che corre e gioca a illuminarti
Per quando hai voglia e quanto serva
C'è un'emozione che cresce piano
(In sottofondo)
Non importa se va lontano
(O nel profondo)
Ma basta un niente non pensare a nient'altro
Tu sei tutto se capisci chi sei
E adesso aspetta che
Se ne accorga il mondo
Se guardi bene c'è :
Una lacrima
Lí sul tuo volto
Intanto ridi e giuri: E'l'ultima
E ti rimetti apposto
Credi in te, credi in te
Credi in te, credi in te
Di allo specchio:
Stai a guardare
Sei sul letto e stai ballando
E di alla sveglia: Non mi svegliare
Quando ti accorgi che sto sognando...
@youare-mydaydream
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