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#gli umani miserabili SI
sofysta · 4 months
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È accaduto un fatto bruttissimo qualche giorno fa qui a Palermo. Un uomo ha legato il suo cane ad un palo vicino una villa comunale per poi dargli fuoco, si bruciandolo vivo. Dopo ore e qualche giorno di agonia e nonostante le cure tempestive dei veterinai, il povero canuzzo è morto. È morto dolorante e triste sapendo che quel padrone che lui tanto amava non lo desiderava più. Non c'è fine più atroce per un cane. Davvero la peggiore.
Aron non c'è l'ha fatta anche se ha tanto lottato come un guerriero
Non gli auguro di venire arrestato, multato o meno peggio preso per pazzo ( come molti stanno pensando), ti auguro solo la stessa fine tra le fiamme. Il Karma sta lavorando.
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mucillo · 2 months
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Vittorio Arrigoni detto Vik è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. Sostenitore della soluzione binazionale come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, si era trasferito nella Striscia di Gaza per agire contro quella che definiva pulizia etnica dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese.
Sembra oggi ma parliamo di 25 anni fà
Una lettera di Vittorio del 02 marzo 2009 due anni dopo fu assassinato.
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Vittorio tornato a Gaza
«E alla fine sono tornato.
Non sazio del silenzio d’assenzio di una felicità incolta
accollata come un cerotto mal riposto su di una bocca che urla.
Non potevo fare altrimenti.
Essere ferito, venir rapito, derubato della propria missione, incatenato e imprigionato in un lurido carcere israeliano,
quindi deportato a forza su di un aereo verso Milano
senza neanche la pietà di mettere ai miei piedi nudi e martoriati dalle catene un paio di scarpe,
non è certo la conclusione auspicabile per il compito solenne e di riscatto umano che ha impegnato gli ultimi mesi della mia barocca vita.
Il leone accumula stagioni e cicatrici,
non ha certo il passo slanciato di una volta,
ma non abbassa di un pelo la criniera.
Poggiando il primo piede sulla terra di Gaza, per la seconda volta, sbarcando, come un Armstrong esiliato,
ho ruggito, eccome,
devono esser tremati i vetri delle finestre pure a Tel Aviv.
Fiero del mio passato, non curante del mio presente.
Perché è questo il tempo di spendersi, piuttosto che accaparrarsi un futuro agiato e comodamente distorto,
a quelle vittime innocenti a cui non abbiamo concesso neanche l’ascolto, per un attimo,
delle loro grida di dolore.
Spendersi affinché ogni diritto umano sia rispettato.
Tutto il resto non ha più importanza, semmai ne abbia mai avuta una.
Bisogna saper riconoscere la matrice della propria anima,
anche se ciò è spaventevole e significa solitudine, ostracismo, utopia, Don Chisciotte,
ingratitudine anche da chi verso cui si è dato tanto, si è speso tutto.
Ad aspettare nel fuoco si rischia di bruciarsi.
Ecco allora il perché della scelta dei miserabili, dei reietti, dei condannati,
essi sono ancora capaci di lealtà, di gesta aggraziate e di generosità audace, alle soglie della fine del mondo.
Reietto e miserabile la vita mi ci ha costretto,
sono tornato a casa.
Natale a Gaza pare un funerale.
E non esclusivamente perchè oggi ad un funerale effettivamente ci sono stato,
il vicino di casa di Fida, nostra coordinatrice ISM,
è stato ridotto in brandelli, in tanti piccoli pezzettini di carne lacera da un colpo di carroarmato israeliano.
Piove lacrime amare il cielo di Gaza in questi giorni di lutto e terrorismo da oltreconfine.
Si ascoltano i rutti delle minacce di imminente strage da Lvni e si trema dal freddo
(senza + gas, senza + gasolio, senza + energia elettrica).
Si odono i cingoli di Netanyahu sulle ossa dei palestinesi ammazzati ieri e di quelli a venire.
Lvni e Netanyahu in marcia funebre verso le prossime elezioni israeliane,
il teorema è semplicistico, ma purtroppo realistico,
vincerà chi porterà in dote ai propri elettori più teste palestinesi mozzate.
One head one vote.
A Gaza è come se si fosse in autunno,
e io sono nato sotto il segno dell’autunno.
Per cui se fuori piove,
perdonatemi,
a volte piove anche dentro.
Restiamo umani.
Vostro Vik dalle tenebre dell’assedio.»
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ambrenoir · 1 year
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Come si diventa miserabili?
Il miserabile usa sotterfugi per sminuire gli altri.
Il miserabile prova invidia, critica, giudica, spettegola,cerca di usare gli amici per ottenere benefici.
Il miserabile non conosce la gratitudine, non sa dire grazie con il cuore.
Il miserabile tradisce, non conosce la lealtà, puoi confidarti , amarlo rispettarlo,aiutarlo, ribalterà sempre la situazione, sputando nel piatto in cui ha mangiato.
Il miserabile apporta disonore nelle persone che lo aiutano...Il miserabile è un accattone,finge nei rapporti umani.
Il miserabile ama sparlare delle persone creando danni enormi e sa come nascondere la sua faccia di c…o di finto santo.
Il miserabile vive nella miseria della sua anima, fingendo di essere generoso, buono, il migliore. Il miserabile mangia nel tuo stesso piatto e ti tradisce, entrando nella tua fiducia...
È un lecchino che cerca di entrare in un gruppo o una società che non gli appartiene, fingendosi brava persona. Vantando amicizie e conoscenze che non ha, sfruttando e degradando, accumulando cattiverie.
Approfitta di tutto e tutti, fingendo anche amore che non prova, perché quella persona gli occorre.
Il miserabile fa schifo, si traveste da buonista e ti tradisce alle spalle.
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londranotizie24 · 1 month
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frabooks · 3 months
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I miserabili
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Contesto
Il romanzo viene pubblicato per la prima volta in Belgio, dove Hugo si trova in esilio.
Il libro ha luogo nell’arco dei 17 anni tra il 1815 e il 1832. Giugno del 1815 vede sconfitto Napoleone nella battaglia di Waterloo,
Nel giugno del 1815 era anche appena concluso il Congresso di Vienna, iniziato nell’autunno precedente. La conferenza, a cui parteciparono le principali potenze europee, aveva come obiettivo quello di ripristinare in Europa il governo dei sovrani assoluti dopo gli eventi della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche.
Nel giugno del 1832 ci fu la fallita rivolta anti-monarchica per rovesciare il governo di Luigi Filippo di Orléans. Il suo regno viene chiamato Monarchia di Luglio in quanto lui era salito al trono dopo la Rivoluzione di Luglio, soprannominata anche “Seconda Rivoluzione Francese”, avvenuta tra il 27 e il 29 luglio e che aveva rovesciato il regno dell’ultimo sovrano Borbone di Francia, Carlo X. Il 1832 è anche l’anno in cui, finalmente, la pandemia di colera che era scoppiata in India nel 1815 raggiunse Parigi e tra i mesi di marzo e settembre uccise 18.000 persone.
Il romanticismo nella letteratura
Movimento letterario, artistico, culturale nato in Germania alla fine del 1700 che ha dominato l’Europa fino alla prima metà dell’Ottocento. Alcuni dei suoi temi sono eredità del movimento preromantico dello Sturm und Drang. Il termine “romantico” proviene dall’inglese “romantic” ovvero non reale, fittizio, immaginario. Questa parola nella metà del XVIII secolo indicava quei generi letterari, come i romanzi cavallereschi, che rappresentavano vicende fantastiche all'interno di un'ambientazione storica più o meno accurata. Questo movimento di contrappone all’Illuminismo del secolo precedente, alle sue idee di intelletto, di relazione con il mondo, e di concezione della natura. Rispetto ai philosophes illuministi, che ammettevano e accettavano l’impossibilità di raggiungere l’infinito e Dio a causa dei limiti della Ragione, e si interrogavano invece sul fine della natura, il Romanticismo rinnega una visuale teleologica del mondo. Per gli Illuministi la natura era osservata e catalogata, per i Romantici la natura è profonda e segreta. La ragione per i romantici è guidata dal sentimento. Senza il sentimento la ragione non potrebbe superare i limiti umani. Nel Romanticismo un elemento essenziale è l’INFINITO e l’anelito verso l’ASSOLUTO, la costante ricerca. Questa ricerca si traduce sia in termini spaziali che temporali. Spazialmente, i luoghi esotici e lontani offrono una fuga dalla realtà e temporalmente lo sguardo si rivolge verso epoche diverse passate, come il Medioevo e l’epoca classica antica. In questo sguardo verso il passato la STORIA non è mai intesa come storia del singolo individuo e nemmeno come della singola civiltà ma 1) come sguardo verso il passato e ricerca di un’ARMONIA perduta in tempi antichi e tutti quei valori che ora sono importanti come la fedeltà, la lealtà, il coraggio e 2) come storia universale, storia come manifestazione del progetto/disegno di una Provvidenza. La storia secondo i Romantici non è un susseguirsi di eventi concatenati e di cause e effetti, ma è una "macro manifestazione universale e sovraindividuale di una soggettività astratta”. Importante è anche l’AMORE, in quanto slancio verso l’assoluto che porta alla globalità. Dal punto di vista politico il Romanticismo è duale. Al contempo esistono i Romantici che esaltano la patria e la amano, che sono legati al concetto di popolo e di giustizia e libertà, e sognano un’autonomia nazionale mentre prendono parte ai vari moti rivoluzionari del diciannovesimo secolo e quei Romantici che, invece, vogliono conservare i legami storici con la patria del passato e la tradizione. Il Romanticismo politico stimola una coscienza nazionale che si incastona perfettamente tra le idee di Restaurazione e di Risorgimento.
Personaggi
Jean Valjean protagonista del romanzo, tanto che all’inizio il libro si sarebbe dovuto chiamare “Il miserabile”. In giovane età viene arrestato e incarcerato perché ha rubato del pane da dare alla famiglia di sua sorella. Tenta qualche evasione, la pena arriva a 19 anni. Esce ma è marchiato a vita; torna a delinquere. Conosce Monsieur Bienvenu che gli cambia la vita e si redime. E’ dotato di forza fisica quasi sovrumana, come Quasimodo de Notre Dame de Paris. E’ il centro del romanzo, sicuramente il personaggio più importante attorno a cui gira l’intero libro. Vive più vite lungo tutto il romanzo in modo da riflettere i cambiamenti dell’animo umano tormentato da ciò che gli accade, da ciò che sente di essere, dalle cose che scopre vivendo.
Fantine La incontriamo abbastanza presto nel libro. Si innamora di un ragazzo di un altro ceto sociale, rimane incinta e da lì iniziano i suoi problemi. La sua parabola dura poco ma rimane sempre impressa nel lettore anche perché sua figlia è Euphrasie “Cosette”, altra protagonista del romanzo. È bellissima, ingenua. La sua storia è una delle più struggenti. Perde la sua purezza e la sua morte riflette la sua “discesa” morale (titolo del quinto libro della prima parte).
Cosette Figlia di Fantine. La vediamo letteralmente nascere, crescere, maturare e diventare adulta. Anche lei vive sostanzialmente tre vite: dai Thénardier, con Jean e con Marius. Non ha un carattere definito e per tutto il libro Hugo la descrive invece di farla “vivere”, se non alla fine, dove prende vita davvero. È un personaggio “ideale” e angelicato.
Marius Giovanotto cresciuto dal nonno monarchico. Si ribella, conosce gli amici dell’ABC e vive per conto suo. Diventato “rivoluzionario”, conosce Cosette e se ne innamora. Anche lui è un personaggio abbastanza strano; sembra che Hugo non ce l’abbia bene in mente. Lo descrive molto ed è evidente che ci tiene a farne un personaggio di peso, eppure non gli riesce del tutto. Anche lui prende vita, peso e spessore soprattutto alla fine.
Javert Figlio di delinquenti, è un ispettore della polizia incredibilmente fedele all’idea di giustizia intesa in senso legislativo. È retto, probo, severo. È un personaggio “cinematografico”, di grande spessore e con un filo narrativo interessantissimo. Uno dei personaggi meglio scritti. La sua intera filosofia ed esistenza giusta vengono messe alla prova da Jean Valjean (il culmine di uno scontro lungo praticamente l’intero libro) e questo non lo porta ad una “conversione” ma alla sua fine.
Thénardier padre Ex locandiere caduto in miseria a causa dei debiti. Prima cresce Cosette mandando in rovina Fantine, poi si barcamena sfruttando i figli per le truffe. È un uomo scaltro ma infido, pronto a fregare il prossimo per sopravvivere. È in effetti “il cattivo” del romanzo. Personaggio molto riuscito.
Éponine Primogenita dei Thénardier, uno dei migliori personaggi del libro. È una ragazza vispa, estroversa, carismatica, intraprendente. Hugo la fa parlare e agire moltissimo, è da subito un personaggio molto vivo, credibile, che fa appassionare e empatizzare. Condannata a non poter scappare dalla sua situazione, muore per amore. Ha una gran storia e i pezzi dove c’è lei sono sempre appassionanti.
Gavroche Terzogenito e primo maschio dei Thénardier, è un “monello” che vive per strada. Anche lui è un personaggio vivissimo, sagace, ironico, intraprendente, anche coraggioso e buono (salva due bambini di strada condividendo il suo riparo e del cibo). Parla moltissimo, ha una voce chiara e precisa. Personaggio estremamente intrigante. Anche lui è un personaggio giusto, segue i rivoluzionari perché è la cosa da fare.
Gli amici dell’ABC 8-9 ragazzi che incontriamo a metà libro e che parteciperanno ai moti di Parigi del 1832. I più significativi, secondo me, sono: Enjolras, leader del gruppo e della barricata; è un simbolo dei moti della rivoluzione, è anche lui “angelicato”, ideale, perfetto esemplare di uomo di principio. Courfeyrac, amico di Marius sagace e con la battuta pronta, fin da subito ha un’ottima caratterizzazione. Grantaire, ubriacone senza particolari ambizioni, credenze o ideali, che idolatra Enjolras, ha un buon arco narrativo.
Monsieur Bienvenu Il primo personaggio in assoluto che incontriamo. Scompare presto dalla trama ma rimane fino all’ultima pagina come simbolo portatore di ideali cristiani e guida morale di Jean Valjean.
Spunti
Personaggi-simbolo e personaggi veri Simboli: Fantine, Cosette, Marius, Enjolras Veri: Jean Valjean, Eponine, Javert, Gavroche, Thénardier Hugo ritrae i personaggi in due modi distinti: i personaggi veri e i personaggi simbolo. I personaggi simbolo sono utilizzati da Hugo per rappresentare un ideale.L’esempio più immediato è Enjolras che incarna la giustizia e la rivoluzione: il suo personaggio non fa né è nient’altro che ciò che rappresenta. Un altro esempio riguarda Cosette che per tutto il libro non ha una sua propria voce, non viene mostrata fare qualcosa di specifico, non prende decisioni, insomma non è davvero nel mondo; Cosette rappresenta la donna vergine e angelicata. Altri due personaggi che, secondo me, sono più ideali che personaggi vivi, sono Fantine e Marius. Riguardo Marius addirittura Hugo si dilunga in almeno 3 parti diverse del libro nel descriverlo astrattamente, da fuori, con un diluvio di aggettivi. Ecco un esempio:” Del resto, era un ragazzo ardente e freddo, nobile, generoso, fiero, religioso, esaltato; dignitoso fino alla durezza, puro fino alla selvatichezza”. Una sfilza di aggettivi che dicono e non mostrano. Questi personaggi sono meno veri e umani, ci si può rispecchiare molto poco, anzi non hanno vere caratteristiche umane, proprio perché, essendo “ideali”, sono un connubio precisissimo e irrealistico di caratteristiche generali: “la rivoluzione, “la verginità angelicata”, i due esempi migliori sono proprio questi. Gli altri personaggi, quelli veri, hanno una loro voce, fanno cose, Hugo li mostra; al contrario degli altri, loro sono vividi, possiamo capirli molto di più. Alcuni di questi personaggi veri e vivi sono: Jean Valjean, Eponine, Javert, Gavroche, Thénardier. Spiccano in particolare Eponine e Gavroche che non vengono praticamente mai presentati né descritti, eppure sono vividi, personaggi tridimensionali e realistici. Un esempio riguardo Gavroche. La prima cosa in assoluto che dice è: p 763 “Toh, è la vecchia, -disse il bambino.- Salve, Sguscialumache. Sono venuto a trovare i miei antenati”
Religione classica Idea del raggiungimento del Paradiso solo dopo grandi sofferenze e dopo una vita intera di moralità I miserabili non hanno un biglietto gratis per il paradiso solo perché soffrono.
Tipo di scrittura di Hugo - Fluviale Hugo è stato uno scrittore molto prolisso, fluviale, esagerato: ha portato all’estremo una tendenza del romanticismo dell’800. Ne I miserabili c’è tutto l’Hugo ossessionato dall’esprimersi, anche ripetendosi più volte. Un esempio chiarissimo lo si ha nel primo libro della parte quinta, l’ultima. E’ il famoso pezzo in cui sono le barricate. Queste barricate vengono descritte più volte di fila in una pagina e mezza densa di ripetizioni. Un altro esempio di “fluvialità” sta nelle digressioni: le digressioni in quanto tali sono parte dei grandi romanzi classici, non sono un difetto. Hugo porta all’estremo il concetto della digressione con interi capitoli laterali: uno sulla battaglia di Waterloo, uno sul sistema dei conventi, uno sulle fogne, ad esempio. Sono concettualmente “giusti”, secondo me; però sono molto lunghi, prolissi, ripetitivi. Si perde in moltissimi minuscoli dettagli. Hugo aveva la chiara scelta di dire le stesse cose in metà delle pagine o dire tutto ciò che voleva senza contenersi né rinunciare a qualcosa, ha scelto la seconda. Questo stile è anche, in parte, una non-scelta di Hugo perché lui di suo è uno scrittore portato all’esagerazione, alla prolissità.
Tipo di scrittura di Hugo - Ha dei pattern (il “doppio”, il “si chiama”). Ho notato un modo molto peculiare di articolare alcune frasi, soprattutto quando Hugo non sta raccontando un’azione ma sta riflettendo oppure sta presentando delle situazioni o dei personaggi. Non so come definirlo quindi lo chiamo “il doppio”. Non so bene neanche come descriverlo: è un modo per associare le cose sempre a coppie, presentarne una vuol dire portarne sempre una d’accompagnamento. Alcuni esempi: “Aveva un pungolo? sì, certo, la sua miseria; aveva le ali sì, certo, la sua gioia.” “La cucina degenerò e diventò pessima, il vino, che era sempre stato cattivo, diventò orribile” “la guerra contro la frazione è insurrezione, l’attacco della frazione contro la totalità è sommossa” “c’è una sete sola, la pace, un’ambizione sola, essere piccoli” “Wellington era il Barème della guerra, Napoleone ne era il Michelangelo” “Esiste uno spettacolo più grande del mare, è il cielo; esiste uno spettacolo più grande del cielo, è l’interno dell’anima” “Il progresso è lo scopo; l’ideale è il tipo.”
Tipo di scrittura di Hugo - Si chiama. Hugo pur di usare qualche parola in più ha il vizio, l’ossessione, di usare il “si chiama” invece di dire quel che deve dire. Esempi: “il bambino che si chiamava Marius, sapeva di avere un padre, ma nulla di più” “Abbiamo domato l’idea, e si chiama steamer; abbiamo domato il drago, e si chiama locomotiva; stiamo per domare il grifone, già lo teniamo, e si chiama pallone” “Questa sovranità dell’io sull’io si chiama libertà” “Questa identità di concessione fatta da ciascuno a tutti si chiama Uguaglianza” “Questa protezione di tutti su ciascuno si chiama Fratellanza” “Nell'uscire da quella cosa deforme e nera chiamata galera…” Fa parte dello stile di Hugo, non credo si possa definire errore vero e proprio, è solo un modo banale e impreciso per allungare il brodo. Se nei primi capitoli non si notava neanche, alla lunga mi ha stancato.
Tipo di scrittura di Hugo - Hugo ha uno stile di scrittura che riflette, in parte, il suo tempo e il suo carattere. In alcune parti di romanzo, la sua scrittura diventa molto paternalista e forse anche didascalica e retorica. L’esempio perfetto è la domanda retorica, vuota per definizione, eppure usatissima da Hugo. “Ma di che parlavano allora, quegli amanti?” “Dove siamo in questo momento? Nel gergo. Che cos’è il gergo?” “Che cosa accadeva in quella mente tanto giovane e già tanto impenetrabile? Che cosa vi stava compiendo? Che cosa succedeva all’anima di Cosette?” “Il monello è una grazia per la nazione, e nello stesso tempo è una malattia; malattia che deve guarire; come? con la luce.” “Il progresso è lo scopo; l’ideale è il tipo. Che cos’è l’ideale? è dio.” “Che era mai? Era un luogo abitato dove non c’era nessuno.” “Era possibile che Napoleone vincesse quella battaglia? Rispondiamo di no. Perché? […] A causa di Dio.” ““Che cos’è questa storia di Fantine? È la società che compra una schiava.” E’ uno stile che ho trovato, con l’andare della lettura, sempre più pesante e posticcio. Rallenta la lettura, la rende arzigogolata e inutilmente autoriferita.
Tipo di scrittura di Hugo - Cambia stile e portata a seconda dei momenti fino a diventare frenetica e potentissima. Come i grandi autori, Hugo ha un’ottima padronanza del ritmo. Ci sono alcuni momenti in cui questa gestione è magistrale. Ad esempio, nella prima parte, c’è una scena di profonda introspezione da parte di Valjean che deve decidersi a consegnarsi alle autorità; la scrittura è lenta, filosofica, psicologica, immaginifica. Poco dopo parte l’azione, la corsa disperata di Valjean e il suo ritorno e il devastante momento di Fantine; la scrittura si fa più secca, precisa, legata agli eventi, frenetica.
Tipo di scrittura di Hugo - Cinematografica. Hugo ha uno stile tale per cui alcune scene sembrano perfette per il cinema, per un adrenalinico film d’azione tipo 007. Javert è, in questo senso, il personaggio più cinematrografico. Ha battute ed entrate in scena ad effetto. “Volete il mio cappello? - gridò una voce dalla soglia della porta. Si voltarono tutti. Era Javert. Teneva il cappello in mano e lo porgeva sorridendo”
Tipo di scrittura di Hugo - Digressioni Niente di nuovo: Hugo fa tante digressioni lungo tutto il libro. Alcune digressioni sono utili per presentare nuovi personaggi, come quella adatta a farci conoscere Fantine. Altre sono storiche, come quella che racconta la battaglia di Waterloo. Altre specifiche per il tempo e il luogo in cui è stato scritto il libro, come una piccola digressione sui “personaggi famosi” della Parigi dell’800. Poi ci sono digressioni più estreme, come quella in cui spiega nel dettaglio il sistema fognario di Parigi.
Finale Come per Notre Dame de Paris, il finale è costruito fin dai capitoli precedenti con molta cura. Hugo si prende oltre 100 pagine e moltissimi capitoli per costruire un finale emozionante in cui riesce a fare il punto e a concludere le storie dei personaggi principali alla perfezione.
Voce di Hugo Ci sono libri in cui l’autore è onnisciente ma invisibile, non lo si percepisce mai, né platealmente (non si tira mai in causa direttamente) né implicitamente. Invece ne I miserabili la voce dell’autore è molto forte, soprattutto quando Hugo si prende del tempo per analizzare dei concetti - ad esempio nelle digressioni. A un certo punto Hugo addirittura sente l’esigenza di spiegare cos’è I miserabili e cosa il lettore dovrebbe vederci dentro: “Il libro che il lettore ha sotto gli occhi in questo momento è, da un capo all’altro, nell’insieme e nei particolari, quali che siano le intermittenze, le eccezioni e le mancanze, il cammino dal male al bene, dall’ingiusto al giusto, dal falso al vero, dal buio alla luce, dall’appetito alla coscienza, dalla putredine alla vita, dalla bestialità al dovere, dall’inferno al cielo, dal nulla a Dio. Punto di partenza: la materia, punto d’arrivo: l’anima. Idra da principio, angelo della fine”. E’ una posizione molto forte e discutibile: d’altronde si potrebbe dire che l’autore non è responsabile di ciò che il lettore ne fa del romanzo. Eppure Hugo, esagerato com’è, vuol mettere mano anche su questo. Parte della voce di Hugo è anche sgradevole e maschilista, in parte perché Hugo è “figlio del suo tempo”, in parte, probabilmente, per la sua persona. Un esempio che mi ha lasciato interdetto: “Abbiamo accennato una volta per tutte al balbettio della Toussaint. Ci si consenta di non accentuarlo più. La notazione musicale di un’infermità ci ripugna”
Amici dell’ABC All’inizio presentati con mere descrizioni che rimangono sospese e poco chiare. Prendono vita nella barricata. Avrebbe potuto usarli molto di più, comunque ottimo impatto di Enjolras, Courfeyrac e Grantaire. Gli amici dell’ABC sono 8-9 ragazzi che parteciperanno alle barricate. Li conosciamo di sfuggita contemporaneamente alla storia di Marius. Hugo fa una scelta precisa che io reputo discutibile: li descrive. Tutti. Di fila. Circa 5-6 pagine di mere descrizioni. Se per un Enjolras potrebbe bastare, dato che è un personaggio simbolo (vedasi sopra), per tutti gli altri è semplicemente un muro di testo che non lascia nulla. Non li conosciamo davvero. Iniziamo a conoscerli quando prendono parola. Courtfeyrac è amico di Marius e ha qualche battuta: poche frasi bastano per caratterizzarlo molto di più di mezza pagina di descrizione. Prendono tutti vita parecchie pagine dopo con l’evento della barricata. E’ un’occasione sprecata, secondo me, perché sarebbero stati interessantissimi.
Lunghezza libro Sarebbe potuto durare 1000 pagine in più, c’era ancora sugo, potenzialmente. Non è un peso, anzi, ci permette letteralmente di accompagnare alcuni personaggi dalla nascita. Credo sia tipica dei romanzi d’appendice: hanno tanta trama, tanti personaggi, tanti ambienti. Potenzialmente non hanno una fine specifica. La storia sarebbe potuta continuare con Marius e Cosette che diventano adulti, magari fanno un figlio. Thénardier fa cose. Azelma, la figlia di Thénardier e sorella di Eponine, ha tutto lo spazio del mondo.
Questione carceraria "Scarcerazione non è liberazione. (Si esce dalla galera, ma non dalla condanna)." “la galera è “la più schifosa delle vergogne” “Jean Valjean era entrato in galera singhiozzante e fremente; ne uscì impassibile. Vi era entrato disperato, ne uscì cupo. Che era accaduto in quell'anima?” “Nell'uscire da quella cosa deforme e nera chiamata galera, il vescovo gli aveva fatto male all'anima come una luce troppo viva gli avrebbe fatto male agli occhi nell'uscire dalle tenebre.” “La galera fa il galeotto” Il tema della giustizia delle carceri, delle pena e della riabilitazione è molto cara a Hugo scrittore e poi a Hugo politico. Dentro i Miserabili c’è la storia di Jean Valjean, IL miserabile, che dopo 19 anni di galera esce trasfigurato, corrotto e deviato dalla pena. Poi poi c’è anche una scena a cui assistono Valjean e Cosette adolesce del trasporto dei carcerati: sono animali senza dignità.
Cosette Personaggio con potenzialità enormi “grazie” all’infanzia difficile, alla rinascita con Jean Valjean e al possibile triangolo (che non si realizza) con Marius ed Eponine. Eppure rimane sempre senza voce, impalpabile. Prende voce, ed è una piacevolissima sorpresa, solo alla fine, con un carattere spontaneo, fresco.
Marius Hugo lo descrive con enorme sforzo molte volte, come se temesse non sia chiaro. Infatti rimane non chiaro fino alla fine. E’ interessante il cambiamento adolescenziale da monarchico a napoleonico fino a diluirsi con la maggiore età, ma il resto del carattere è più descritto che mostrato e infatti rimane fosco. Si riprende grazie allo splendido finale. “Era realista, fanatico e austero” “Non era più Marius il sognatore entusiasta, l’uomo deciso, ardente e risoluto, l’audace provocatore del destino, il cervello che costruiva avvenire su avvenire, la giovane mente…” A pagina 654 ho fatto questa nota: Quante descrizioni di Marius! Sono capitoli che ci torna su. Ha paura di non ritrarlo bene?
Javert Uno dei personaggi migliori. Cinematografico (ha tante frasi ad effetto), devoto alla giustizia legislativa, carismatico, alla caccia di Jean Valjean per tutto il romanzo. Sembra monodimensionale e invece non lo diventa mai, tanto da mostrarsi in tutta la sua complessità nella parte finale.
Note su Hugo dal saggio Hugo era un borghese conservatore non particolarmente originale, cosa sorprendente se si pensa all’enorme impegno nel raccontare “I miserabili”; questa nota non pregiudica nulla della lettura o del romanzo in sé, ovviamente. La vita degli autori di per sé non dice nulla sulle opere (inteso come causa effetto oppure come “grande uomo-grande opera”), né c’è bisogno di vicinanza col soggetto: Tolkien non era un elfo e Capote non un assassino.
Ananke e il buio che lo accompagnerà per tutta la vita (e che gli dà tridimensionalità); come ci si aspetta, i grandi autori sono persone “rotte”. Hugo aveva una parte di sé oscura, tenebrosa che è ritornata lungo tutto la vita e ha sempre fatto da contrappeso ai suoi ideali.
Hugo era ossessivo, esuberante, strabordante. L’uso esagerato delle parole è servito anche per supporto emotivo contro l’ignoto: finché scrivo posso non ascoltare l’ignoto.
Aveva un’immaginazione visiva, vedeva i sentimenti, le emozioni, i dettagli, tutto è visivo. L’ho notato soprattutto nella difficile riflessione di Jean Valjean riguardo il consegnarsi alle autorità. In realtà tutto il libro ha bellissimi riferimenti visivi, immagini, appunto quasi cinematografiche, potenti, vaste.
Era una persona estremamente contraddittoria e ipocrita, come ci si aspetta giustamente da qualcuno di largo e grande (tutti siamo contraddittori ma i grandi artisti di più).
Un esempio della non originalità o profondità di pensiero di Hugo: p 487 “Sappiamo che esistono atei illustri e possenti. In fondo costoro, ricondotti al vero della loro stessa potenza, non sono tanto certi d’essere atei, con loro in fondo è soltanto questione di definizione e comunque, se non credono in Dio, essendo grandi spiriti dimostrano Dio”
Sono cambiato nella lettura 1300 e rotte pagine sono tante da cambiare addirittura il mio stesso approccio al romanzo. Alcune cose del romanzo, dei personaggi, della scrittura e della trama, sono passate sotto traccia per le prime centinaia di pagine. Dalle 8-900esima pagina, invece, ho iniziato a non sopportarle più. Un po’ ne ho già parlato, riassumo brevemente. La scrittura ripetitiva di Hugo; l’uso del “doppio”; le domande retoriche; le digressioni fluviali; la caratterizzazione vaga di alcuni personaggi; la voce troppo presente. Sono tutti aspetti che hanno reso la lettura, nella seconda parte, pesante. È palese che sia la descrizione plastica del rapporto libro-lettore, del fatto che un libro non è un oggetto inanimato ma vive del nostro riflesso.
E noi cambiamo con lui.
Pezzi
“Non è forse tutto? e che si può desiderare di più? Un giardinetto per passeggiare e l’immensità per fantasticare. Ai piedi quello che si può coltivare e cogliere; sulla testa quello che si può studiare e meditare; alcuni fiori sulla terra e tutte le stelle nel cielo” P.57
“Nel mondo morale non c’è più grande spettacolo di questo: una coscienza torbida e inquieta, giunta sul limitare d’una cattiva azione, che contempla il sonno di un giusto.” p. 100
p 129. “Dahlia, vedi, sono triste. E’ tutta l’estate che piove. Il vento mi fa venire il nervoso, il vento non si calma, Blachevelle è un gran tirchio, è grazia se riesci a trovare i pisellini al mercato, non si sa che cosa mangiare, ho lo spleen, come dicono gli inglese, il burro è tanto caro! e poi, vedi, è un vero orrore, stiamo mangiando in una stanza dove c’è un letto, e questo mi fa venire il disgusto della vita”.
p 145 “Una persona seduta invece di essere in piedi: i destini dipendono da questo”.
p 148 “Esistono anime gamberi che indietreggiano continuamente verso le tenebre, che retrocedono nella vita, invece di avanzare, usando l’esperienza per aumentare la loro deformità, peggiorando di continuo e impregnandosi sempre più d’una crescente nefandezza.”
p 151 “L’ingiustizia l’aveva fatta astiosa e la miseria l’aveva resa brutta. Le restavano soltanto i suoi begli occhi che facevano pena perché, grandi com’erano, sembrava di vederci una maggiore quantità di tristezza”.
p 179. “Un’anima per un tozzo di pane. La miseria offre, la società accetta”.
“Che cosa oscura l’infinito che ogni uomo porta dentro di sé e col quale misura disperatamente le volontà del suo cervello e le azioni della sua vita!”
p 235 “Tutte le cose della vita sono continuamente in fuga davanti a noi. Gli ottenebramenti e le luci ci frammischiano; dopo un abbagliamento, un’eclisse; si guarda, ci si affretta, si tendono le mani per afferrare ciò che passa; ogni evento è una svolta della strada; e d’un tratto si è vecchi.”
P 283 circa “Il parroco credette di far bene, e forse fece bene, riservando ai poveri più denaro che fosse possibile, di quanto aveva lasciato Jean Valjean. In fondo di chi si trattava? di un galeotto e una prostituta. Per questo egli semplificò la sepoltura di Fantine, e la ridusse a quello stretto necessario chiamato fossa comune. Fantine fu quindi sepolta in quella parte gratuita del cimitero che appartiene a tutti e a nessuno, e dove di sperdono i poveri. Per fortuna Dio sa dove ritrovare l’anima. Fantine fu stesa nelle tenebre, fra ossa sconosciute; ella subì la promiscuità delle ceneri. Fu gettata nella foss
pag 378 “la paura […] le faceva occupare meno posto che fosse possibile, lasciandole appena il respiro necessario”
p 449 “I grossi spropositi sono fatti spesso, come le corde grosse, di una moltitudine di fili. Prendete il cavo, filo per filo, prendete separatamente tutti i piccoli motivi determinanti, rompeteli uno dopo l’altro e dire: è tutto qui? Intrecciateli e torceteli insieme ed è un’enormità”
pag 577 “non potendo avere suo figlio, si era messo ad amare i fiori”
p 612 “Errare è umano, andare a spasso è parigino”
p 646 “ da quella specie di concentrazione risulta una passività che, se fosse ragionata, somiglierebbe alla filosofia. Si declina, si scende, si defluisce, si crolla perfino, senza quasi accorgersene. Tutto questo finisce sempre, è vero, in un risveglio tardivo. Nel frattempo pare di essere neutrali nella partita in gioco tra la nostra felicità e la nostra sventura. Noi siamo la posta, e assistiamo alla partita con indifferenza.”
p 881 “-questa poi,- esclamò Gavroche,- che roba è questa? Ripiove! Santo Iddio, se va avanti così, disdico l’abbonamento!”
p 918 “Siete voi uno di quelli che son detti felici? Ebbene, ogni giorno siete triste. Ogni giorno ha il suo gran dolore o il suo piccolo affanno. Ieri, tremavate per una salute che vi è cara, oggi temete per la vostra; domani sarà una preoccupazione di denaro, dopodomani la diatriba di un calunniatore, dopodomani ancora la disgrazia di un amico; poi che tempo fa, poi qualcosa di rotto o perduto, poi un piacere per la coscienza e la spina dorsale vi rimproverano; un’altra volta, l’andamento degli affari pubblici. Senza contare le pene d’amore. E così di seguito”
p 941 “Ma di che parlavano allora, quegli amanti? L’abbiamo visto, dei fiori, delle rondini, del tramonto, dello spuntar della luna, di tutte le cose importanti.”
p 1015 Grantaire “”Puah! ho mandato giù un’ostrica cattiva. Ecco che mi torna l’ipocondria. Le ostriche sono guaste, le serve brutte. Odio la specie umana��� “c’è una sola realtà: bere” “Questa povertà di mezzi mi stupisce da parte del buon DIo. Ogni momento si deve rimettere a ingrassare la scanalatura degli avvenimenti. Si incaglia, non va. Presto, una rivoluzione” “tra gli uomini ci vogliono i geni, e tra gli eventi le rivoluzioni” “Sì, è tutto mal combinato, nulla si adatta a nulla, questo vecchio mondo è tutto sbilenco, io mi metto all’opposizione. Va tutto di traverso; l’universo da stizzire. è come coi figlioli, quelli che li vogliono non li hanno, quelli che non li vogliono li hanno. Conclusione: mi indispettisco.”
p 1133 “I bimbi poveri non entrano nei giardini pubblici; eppure bisognerebbe pensare che, come bambini, hanno diritto ai fiori.”
p 1222 “Sono troppo vecchio, ho cent’anni, ho centomila anni, da tanto tempo ho il diritto di essere morto. […] Su, è morto, proprio morto. Io me ne intendo, che sono morto anch’io”
p 1229 “Ma come fare per dare le dimissioni a Dio?”
p 1293 “Non sono di nessuna famiglia, io. Non sono della vostra. Non sono di quella degli uomini. […] Io sono il disgraziato; io sono fuori.”
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cinquecolonnemagazine · 7 months
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Video da Gaza: la testimonianza di Bisan, attivista di Actionaid
22 ospedali nella Striscia di Gaza hanno ricevuto l’ordine di evacuazione dalle forze militari israeliane, ma per molte persone rimangono l'unico luogo sicuro dove rifugiarsi. Attualmente, 35.000 persone si stanno rifugiando nell'ospedale più grande di Gaza, Al-Shifa.  Il video da Gaza di Bisan Bisan Odehis, 24 anni, giovane attivista di ActionAid Palestina, racconta in una video testimonianza dall’esterno dell’ospedale Al-Shifa "Sorprendentemente siamo ancora vivi. Prima di diventare un rifugio, questo era uno degli ospedali più importanti e più grandi della Striscia di Gaza. Le condizioni qui sono miserabili. Siamo senza acqua, senza cibo, senza igiene. Le persone dormono e giacciono per terra, nei corridoi e ovunque all'interno dell'ospedale".  https://youtu.be/lH12zmLQZgY L'evacuazione forzata degli ospedali non è solo una violazione del diritto internazionale, ma rappresenta anche una grave offesa all'umanità, con così tante persone ferite e già sofferenti, che necessitano di trattamenti e cure urgenti. Queste azioni aggravano ulteriormente la già disperata situazione umanitaria e mettono a grave rischio la vita dei pazienti e dei professionisti medici impegnati a curarli.  La comunità internazionale deve unirsi per richiedere la revoca degli ordini di evacuazione e garantire la protezione delle strutture sanitarie e dei lavoratori della sanità in questo momento senza precedenti.  ActionAid continua a chiedere un cessate il fuoco e la fine di questo ciclo di ripetuto di escalation di violenze. Chiediamo anche la creazione di un corridoio umanitario sicuro per fornire assistenza e medicinali e per la protezione delle infrastrutture civili e dei civili.  Gli ospedali, le scuole, le strutture umanitarie e i rifugi devono essere protetti dai combattimenti e non dovrebbero essere né occupati dai combattenti né deliberatamente presi di mira.  ActionAid in Palestina ActionAid opera nei Territori Palestinesi Occupati da molti anni, sostenendo la popolazione che vive senza accesso ai servizi di base e ai più fondamentali diritti umani e libertà. A Gaza, gran parte dei civili sono bambini e adolescenti che non hanno mai conosciuto una vita senza il blocco o vissuto un'infanzia normale e che necessitano di un costante supporto psicologico. Le molteplici escalation e guerre a Gaza hanno causato a migliaia di bambini un disturbo da stress post-traumatico e soffrono di depressione, dolore e paura. Il nostro sostegno alle donne e ai bambini include l'assistenza psicosociale e attività ricreative promosse in un ambiente sicuro in cui le persone possano trovare conforto e sollievo emotivo, favorendo così il loro recupero e il loro benessere generale. ActionAid ha anche all’attivo molteplici interventi di emergenza con fornitura di assistenza umanitaria essenziale, tra cui cibo, rifugi, medicine e kit igienici.  Foto di hosny salah da Pixabay Read the full article
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rassegnastampacoupon · 9 months
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Nuovi bellissimi messaggi dal blog di Mario D’Ignazio
Riceviamo e pubblichiamo alcuni degli ultimi messaggi del blog di Mario D’Ignazio, attivo anche su Facebook e presso le principali società editrici italiane. Il primo post riguarda i romanzi ispirati alla Bibbia, che sono davvero tantissimi, alcuni raccontano gli episodi interi e reali, altri invece li romanzano. I personaggi biblici a cui si sono ispirati tanti scrittori e romanzieri sono: Adamo ed Eva, Caino e Abele, Mosè, Davide, Salomone e Gesù. Vediamo allora quali sono i romanzi ispirati alla Bibbia insieme ai ragazzi del blog di Mario D’Ignazio.
L’influsso che ha esercitato la Bibbia sulla letteratura mondiale
Nelle opere classiche della letteratura occidentale che risalgono alla metà del XX secolo l’influenza della Bibbia è molto evidente, infatti poeti e scrittori si sono ispirati ai contenuti narrativi, temi, motivi e personaggi tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento. La letteratura, infatti, non ha mai trascurato la Bibbia, anzi è stato realizzato un nuovo genere letterario, quello del thriller religioso di cui fanno parte romanzi come Qumran e Il tesoro del tempio di Eliette Abécassis, Il codice da Vinci di Dan Brown, Il corpo di Richard Ben Sapir ecc.
Romanzi ispirati alla Bibbia
Dante nella sua Divina Commedia tenta di portare l’uomo verso la giusta via e con la Bibbia è possibile spiegare la Divina Commedia, che ha all’interno tematiche di tipo allegorico perché il viaggio di Dante nell’aldilà è ricco si significato morale e religioso. Dante si sofferma sul suo tempo, il Medioevo dove i poteri del Papato e dell’Impero lottano tra loro, e lo considera corrotto, con pochi valori civili e religiosi e ritiene che è un momento in cui l’uomo può perdere la via e l’unica salvezza la ripone in Beatrice che diventa il mezzo di elevazione spirituale che lo condurrà in Paradiso. Anche Manzoni come Dante rappresenta l’umanesimo cristiano e con i Promessi Sposi ci da il messaggio che aver fiducia in Dio può convertire il male che facciamo o subiamo. 
La Provvidenza nei Promessi Sposi è un qualcosa di interiore da accettare o no, e gli sposi alla fine arrivano a pensare che è importante confidare in Dio con la speranza che le sofferenze servano a migliorare la vita. Victor Hugo, l’autore de I miserabili e di Notre-Dame de Paris, sosteneva che il Dio della Bibbia può dare le spiegazioni sul fatto che il Bene e il Male sono stati creati per necessità. I suoi personaggi sono profondi, umani e autentici. Il drammaturgo sostiene: “Dio non ha creato che l’essere imponderabile. Lo creò imperfetto; se così non fosse stato, tanta perfezione, persa nell’infinito, si sarebbe mescolata e confusa con Dio; e la creazione, ebbra di tanto splendore, si sarebbe lasciata assorbire in lui e non sarebbe mai esistita”.
Cenacoli d'Orazione
In uno dei suoi ultimi messaggi pubblicati su Facebook, Mario D’Ignazio ha condiviso un post del blog riguardante i Cenacoli d'Orazione, che sono dei momenti di preghiera, organizzati a periodi alterni, durante i quali i fedeli si riuniscono in una casa a scelta e pregano alla presenza dell'Icona dell'Apparizione.
Dal 2011 Mario D'Ignazio ha organizzato, dietro richiesta del Cielo, diversi Cenacoli d'Orazione in numerosi paesi del Sud Italia, tra i quali troviamo anche Galatina, Squinzano (in provincia di Lecce), Turi, Rutigliano, Crispiano e altri comuni della Puglia.
Durante questi momenti di raccoglimento, il veggente, dopo aver recitato la preghiera della Divina Misericordia e del Rosario e aver invocato lo Spirito Santo, unge tutti i presenti con l'Olio Santo e rivela gli ultimi messaggi che gli sono arrivati dalla Madonna.
L'ultimo messaggio straordinario: 22 settembre 2019, Turi (in provincia di Bari)
In occasione del Cenacolo d'Orazione di Turi, in provincia di Bari, la Vergine Maria è apparsa a Mario D'Ignazio e a tutti i fedeli presenti all'incontro.
Era vestita di bianco ed era tutta raggiante. Dopo aver dato la Comunione a D'Ignazio e ai presenti e averli benedetti, ha rivelato di essere la Vergine Immacolata e Pura e di aver portato la pace del suo Divin Figlio, Gesù, Eterno Amore.
Il Cenacolo è proseguito poi con l'esortazione della Madonna a pregare ogni giorno in onore del suo Cuore di Madre e ad adorare la Croce.
L'incontro, in quell'occasione, si è chiuso con una dichiarazione d'amore materno della Vergine Maria a D'Ignazio e ai fedeli e un ringraziamento per essere stati presenti a quel momento di preghiera e di riparazione.
Mario D'Ignazio, durante il Cenacolo D'Orazione di Turi, ha parlato anche della sua esperienza mistica e delle persecuzioni subite negli ultimi otto anni.
L'apparizione mariana del 5 luglio 2022 a Brindisi
Tre anni dopo l'ultima apparizione pubblica a Turi, la Vergine Maria si è mostrata di nuovo a Mario D'Ignazio e ai fedeli in occasione di un Cenacolo d'Orazione tenutosi a Brindisi il 5 luglio 2022.
La Madonna, durante quell'apparizione, si è mostrata vestita di bianco, con una cintura azzurra ai fianchi e dodici stelle scintillanti intorno al suo capo.
Alla sua destra c'era Giovanna D'Arco, la vergine combattente e patrona della Francia, mentre a sinistra l'Arcangelo Michele.
Durante questo momento di preghiera, la Vergine Maria, dopo aver invitato i fedeli a recitare la preghiera del Rosario, che ha un potere redentivo, guaritore, liberatore e intercessore, li ha esortati a non condannare chi commette peccato, ma piuttosto a correggerlo con amore fraterno affinché possa ravvedersi e salvarsi.
Quali sono le apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa
Fonti storiche certe affermano che la prima apparizione risale a Gregorio di Nizza (335 392) e consiste nella visione della Vergine da parte del vescovo greco Gregorio Taumaturgo nel 231 e, poi, nel Santuario del Pilar a Saragozza, invece, si dice che l’apostolo Giacomo, evangelizzatore della Spagna nell’anno 40. La Chiesa ha riconosciuto ufficialmente quindici apparizioni:
·  Laus (Francia) 1664-1718, Benôite Rencurel;
·  Roma 1842, Alfonso Ratisbonne;
·  La Salette (Francia) 1846, Massimino Giraud e Melania Calvat;
·  Lourdes (Francia) 1858, Bernadette Soubirous;
·  Champion (Usa) 1859, Adele Brise;
·  Pontmain (Francia) 1871, Eugène e Joseph Barbedette, François Richer e Jeanne Lebossé; Gietrzwald (Polonia) 1877, Justine Szafrynska e Barbara Samulowska;
·  Knock (Irlanda) 1879, Margaret Beirne e diverse persone;
·  Fatima (Portogallo) 1917, Lucia Dos Santos, Francesco e Giacinta Marto;
·  Beauraing (Belgio) 1932, Fernande, Gilberte e Albert Voisin, Andrée e Gilberte Degeimbre; Banneux (Belgio) 1933, Mariette Béco;
·  Amsterdam (Olanda) 1945-1959, Ida Peerdemann;
·  Akita (Giappone) 1973-1981, Agnes Sasagawa;
·  Betania (Venezuela) 1976-1988, Maria Esperanza Medano;
·  Kibeho (Ruanda) 1981-1986, Alphonsine Mumereke, Nathalie Ukamazimpaka e Marie-Claire Mukangango.
Cosa significa riconoscimento ufficiale della Chiesa
Il mariologo Antonino Grasso, docente all’Istituto superiore di Scienze religiose di Catania, autore nel 2012 di Perché appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane (Editrice Ancilla) sostiene che “Significa che la Chiesa si è espressa favorevolmente attraverso dei decreti” e che “Secondo le norme emanate dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 1978 la Chiesa demanda al vescovo l’esame dei fatti, con un’analisi accurata affidata a una commissione di esperti, dopo la quale sempre l’ordinario diocesano esprime un pronunciamento. A seconda della particolarità dell’apparizione e delle sue 'ricadute' può occuparsene anche una Conferenza episcopale o direttamente la Santa Sede”. 
A questo proposito i giudizi sono tre: negativo (constat de non supernaturalitate), attendista (non constat de supernaturalitate, anche se questa opzione non è contemplata nella normativa del 1978), positivo (constat de supernaturalitate). Grasso aggiunge che “Un caso di pronunciamento negativo – dice Grasso – è quello che si è avuto lo scorso marzo, quando l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni ha misconosciuto le apparizioni di cui si diceva protagonista un giovane del luogo” e che c’è anche una tipologia “intermedia” dove il vescovo non si espone in modo ufficiale sulle apparizioni mariane ma vede la “bontà” della devozione che comportano tali apparizioni e approva il culto. A Belpasso, arcidiocesi di Catania, sembra che la Vergine sia apparsa dal 1981 al 1986 e nel 2000 l’arcivescovo ha creato un Santuario diocesano in quel posto e ogni anno si celebra l’anniversario delle apparizioni mariane. Quelle riconosciute con certezza sono quella di Guadalupe in Messico e quella di santa Caterina Labouré a Parigi.
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pastrufazio · 1 year
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A volte prendo la tastiera e penso: ecco un nuovo spunto per dire qualcosa sulla guerra. E mi trovo a pestare acqua nel mortaio. Mi immagino di aderire ad appelli per la pace, ma in giro non ne vedo. Più o meno da un anno diciamo più o meno le stesse cose. Siamo animati dalle stesse convinzioni. Come quelli dall’altra parte… sembra di stare in una compagnia di sordastri che si danno la voce l’un l’altro. Gridano ma sanno che verranno ascoltati, e rifiutati, da altri che gridano più o meno come loro. Sì, siamo nel più o meno. Sfumature. Non mette conto parlare dei professionisti dell’informazione. Sono pagati. E basta. Altro non si può dire. Non c’è modo di uscirne e questa è la nostra unica e vera guerra. Che quindi è falsa, perché non moriamo.
Ma con le ultime dichiarazioni del ministro inglese che armerà i carri armati donati all’Ukraina di bombe all’uranio impoverito e la “donazione” di vecchi Mig russi che i cattolicissimi polacchi daranno agli ukraini come all’offertorio di una messa diabolica, ecco con queste due sole notizie la nausea e il disgusto dell’osceno prende il sopravvento.
Perché non dichiarano guerra alla Russia una buona volta per tutte? Perché non la smettono di far morire gli ukraini al loro posto? Perché l’Europa non si suicida una volta per tutte mettendo fine a questo schifo morale? Perché non chiama alla leva di guerra quei pochi ragazzi che ormai ha messo al mondo? Perché non si assume finalmente l’onore della guerra dichiarata? Ha paura della ritorsione nucleare di Putin? Eppure lo stuzzica come si stuzzicano i cani da caccia per aizzarli contro la preda ferita. Sono miserabili, siamo, dei miserabili cialtroni a cui non frega nulla di nulla, una banda di viziati segaioli, gente che ama il presente solo perché riesce a usufruire della giusta dose di porno giornaliero pagandola meno di quando la pagava quarant’anni fa. Perché sente musicaccia infame, vive in case schifose, loculi in cui non si farà più neppure da mangiare, circondati da schermi da cui escono latrati, squittii di vecchie e nuove baldracche, di uomini compunti che blaterano di cose di cui neppure immaginano il valore… vale a dire la vita degli altri, di altri esseri umani.
Ecco l’appello che cercavo e non trovavo e che ora trovo dentro di me, mostruoso e indicibile: desidero il conflitto nucleare, desidero, come unica pulsione salvifica l’olocausto nucleare. Davvero ci spero, sopravvivere a uno scempio morale di questa dimensione è peggio che morire.
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lamilanomagazine · 1 year
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Bologna: “Brevi interviste con uomini schifosi” di Daniel Veronese al Teatro Arena del Sole
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Bologna: “Brevi interviste con uomini schifosi” di Daniel Veronese al Teatro Arena del Sole. Al Teatro Arena del Sole di Bologna da giovedì 16 a domenica 19 marzo andrà in scena "Brevi interviste con uomini schifosi", dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense David Foster Wallace, del regista e drammaturgo Daniel Veronese, maestro del teatro argentino. Sul palco, due noti e apprezzati interpreti del teatro e cinema italiano, Lino Musella e Paolo Mazzarelli. Una produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Marche Teatro, TPE Teatro Piemonte Europa, FOG Triennale Milano Performing Arts, Carnezzeria, con il sostegno di Timbre 4, Buenos Aires e Teatro di Roma – Teatro Nazionale. Dall’opera di Wallace, scritta nel 1999 e composta da 23 racconti, Veronese seleziona una rosa di otto storie e traccia la propria linea drammaturgica, che va a delineare il maschio contemporaneo come un essere debole, incapace di relazionarsi con le donne, se non ricorrendo al cinismo e alla violenza. Il pubblico è così portato a osservare da vicino le perversioni e le meschinità di uomini-mostri: dal marito che disprezza, deride e insulta la moglie perché lo sta lasciando, al ragazzo che vanta la propria infallibilità con le ragazze, fino a colui che usa la propria deformazione per portarsi a letto quante più donne possibili. Una perturbante galleria di diversi tipi umani e delle loro deviate relazioni, narrati attraverso quello humor intriso di drammaticità e ferocia tipico di Wallace. Gli otto racconti vengono trasposti in scena nella forma del monologo, del soliloquio e del dialogo. I due attori Lino Musella e Paolo Mazzarelli - dal 2009 già al lavoro insieme in compagnia - si alternano con abilità nei ruoli del maschile e del femminile, costruendo un’alta tensione dialettica che fa emergere tutte le fragilità, le gelosie, i desideri ossessivi di possesso, la manipolazione e le violenze insiti nell’affettività maschile. Ne escono ritratti di uomini miserabili e sterili, incapaci di amare davvero, raccontati con disturbanti risvolti tragicomici che consegnano al pubblico momenti di ilarità e di turbamento al tempo stesso. Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna Prezzi dei biglietti: da 7 € a 25 € esclusa prevendita Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00 Tel. 051 2910910 - [email protected] | bologna.emiliaromagnateatro.com... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 4 years
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Stazione di Vernazza, Cinque Terre. Una coppia di trentenni di Bologna è in attesa del treno. È un pomeriggio di mare e relax. Si baciano, come milioni di altre coppie felici. Solo che hanno una “colpa” non emendabile in questa disgraziata società: sono due uomini. Allora cominciano le risatine di scherno, i commenti, gli insulti del branco. Pesantissimi. “Froci di m****”. Parole che in breve diventano schiaffi. Poi un pugno, violentissimo, tra orecchio e zigomo destro. Infine la fuga, come miserabili vigliacchi. L’ennesimo caso isolato di spaventosa omofobia: è il 40esimo caso dall’inizio dell’anno, nonostante tre mesi in cui l’Italia si è praticamente fermata. Eppure oggi, ancora oggi, di fronte a tutto questo, c’è un senatore e un ex ministro che ha il coraggio di parlare di legge contro l’eterofobia. Eterofobia. Siamo diventati un Paese in cui due ragazzi, due persone, due esseri umani che si amano, devono avere paura di scambiarsi un bacio in una stazione in pieno giorno. E pretendiamo di chiamarla civiltà. Un abbraccio e una solidarietà totale a questi due ragazzi. L’Italia ha bisogno come ossigeno di una legge storica contro l’omofobia. Ma da questo schifo ne usciremo definitivamente solo con cultura ed educazione. Cultura ed educazione. E poi, alla fine, ancora cultura. Lorenzo Tosa
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ill-will-editions · 4 years
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MONOLOGO DEL VIRUS
Lundimatin, 3.16.2020
"Sono venuto a fermare la macchina della quale non trovavate più il freno di emergenza"
Cari umani, cessate le vostre ridicole chiamate alla guerra. Abbassate quegli sguardi vendicativi che mi riservate. Diradate l'alone di terrore del quale circondate il mio nome. Noialtri, virus, dal fondo batterico del mondo, siamo il vero continuum della vita sulla Terra. Senza di noi non avreste mai visto il giorno, proprio come la cellula primordiale.
Noi siamo i vostri antenati, allo stesso titolo delle pietre e delle alghe, e molto più delle scimmie. Siamo dovunque siete e anche dove non siete. Peggio per voi se non vedete nell'universo altro che quanto è a vostra immagine e somiglianza! Ma soprattutto, smettete di dire che sono io a uccidervi. Voi non morite della mia azione sui vostri tessuti, ma della mancanza di cura dei vostri simili. Se non foste stati tanto rapaci tra voi quanto lo siete stati con tutto quello che vive su questo pianeta, avreste ancora abbastanza letti, infermieri e respiratori per sopravvivere ai danni che infliggo ai vostri polmoni. Se non aveste ammassato i vostri vecchi in topaie e i vostri validi in conigliere di cemento armato, non sareste a questo punto. Se l'intera estensione fino a ieri ancora lussureggiante, caotica, infinitamente popolata, del mondo o meglio dei mondi non l'aveste mutata in un immenso deserto per la monocoltura del Medesimo e dell'In-Più, non avrei potuto lanciarmi alla conquista planetaria delle vostre gole. Se dall'inizio alla fine dell'ultimo secolo non foste diventati praticamente tutti copie ridondanti di una sola e insostenibile forma di vita, non vi preparereste a morire come mosche abbandonate nell'acqua della vostra zuccherata civiltà. Se non aveste reso i vostri luoghi così vuoti, così trasparenti, così astratti, siate certi che non mi diffonderei alla velocità di un'astronave. Io non vengo che a eseguire la condanna che voi stessi avete da tempo pronunciato contro voi stessi. Scusate ma siete voi, che io sappia, ad aver inventato il nome di "Antropocene". Vi siete intestati tutti l'onore del disastro: adesso che si compie è troppo tardi per rinunciarvi. I più onesti tra voi lo sanno bene: io non ho altro complice che la vostra organizzazione sociale, la vostra follia della "grande scala" e la sua economia, il vostro fanatismo per il sistema. Solo i sistemi sono "vulnerabili". Il resto vive e muore. Non vi è "vulnerabilità" che per quello che tende al controllo, alla sua estensione e al suo perfezionamento. Guardatemi bene: io sono solo il rovescio della Morte regnante.
Smettetela dunque d'incolparmi, di accusarmi, d'inseguirmi. Di fare blocco contro di me. Tutto questo è puerile. Vi propongo un cambio di sguardo: vi è un'intelligenza immanente alla vita. Nessun bisogno di essere un soggetto per disporre di una memoria o di una strategia. Nessun bisogno di essere sovrano per decidere. Anche batteri e virus possono fare il bello e il cattivo tempo. Vedete perciò in me un salvatore invece che il vostro becchino. Liberi di non credermi, ma sono venuto a fermare la macchina della quale non trovavate più il freno di emergenza. Sono venuto a sospendere il funzionamento del quale eravate ostaggi. Sono venuto a rendere manifesta l'aberrazione della "normalità". «Delegare la nostra alimentazione, la nostra protezione, la nostra capacità di prenderci cura del nostro regime di vita ad altri è una follia"... «Non c'è tetto del deficit, la salute non ha prezzo»: vedete come faccio sciogliere la lingua e lo spirito dei vostri governanti! Vedete come ne svelo il ruolo reale di miserabili truffatori, per di più arroganti! Vedete come d'un tratto si appalesano non solo superflui ma dannosi! Voi non siete per essi che supporti alla riproduzione del loro sistema, ossia ancora meno che schiavi. Persino il plancton è trattato meglio di voi.
Guardatevi però dal caricarli di rimproveri, dall'incriminare le loro insufficienze. Accusarli d'incuria è ancora considerarli più di quanto meritano. Domandatevi piuttosto come avete potuto trovare tanto confortevole farvi governare. Vantare i meriti dell'opzione cinese contro quella britannica, della soluzione imperial-legalitarista contro il metodo liberal-darwinista, significa non capire nulla dell'una e dell'altro, dell'orrore di entrambi. Fin da Quesnay i "liberali" hanno sempre guardato con invidia all'impero cinese; e continuano. Quelli sono fratelli siamesi. Che l'uno vi confini nel vostro interesse e l'altro in quello della "società", essi pervengono comunque a vanificare la sola condotta non nichilista: prendersi cura di sé, di chi si ama e di quel che si ama in chi non si conosce. Non lasciate che quanti vi hanno precipitato nel baratro pretendano di farvene uscire: non faranno che prepararvi un inferno più perfezionato, una tomba ancora più profonda. Il giorno che potranno, faranno pattugliare ai militari anche l'aldilà.
Ringraziatemi piuttosto. Senza di me, per quanto tempo ancora avrebbero fatto passare per necessarie tutte queste cose non questionabili e che sono ad un tratto sospese per decreto? La globalizzazione, i concorsi, il traffico aereo, i vincoli di bilancio, le elezioni, lo spettacolo delle competizioni sportive, Disneyland, le sale fitness, la maggior parte dei commerci, il parlamento, l'accasermamento scolastico, i raduni di massa, l'essenziale degli impieghi di ufficio, tutta questa socialità ebbra che non è altro che il rovescio della solitudine angosciata delle monadi metropolitane: tutto ciò è quindi senza necessità, una volta che si manifesta lo stato di necessità. Ringraziatemi della prova di verità delle prossime settimane: andrete infine ad abitare la vostra vita, senza le mille scappatoie che, bene o male, reggono in piedi ciò che in piedi non ci sta. Senza rendervene conto non avete mai traslocato nella vostra esistenza. Siete tra gli scatoloni e non lo sapete. Andrete ormai a vivere con i vostri cari. Andrete ad abitare a casa vostra. Cesserete di essere in transito verso la morte. Forse odierete vostro marito. Forse vomiterete i vostri figli. Forse vi prenderà la voglia di far saltare il decoro della vita quotidiana. A dire il vero, voi non siete più al mondo, in queste metropoli della separazione. Il vostro mondo non è più vivibile in alcuni suoi punti se non a patto di dover fuggire senza tregua. Bisognava stordirsi di movimento e di distrazioni tanto la bruttezza aveva guadagnato in presenza. E il fantomatico regnava tra gli esseri. Tutto era diventato talmente efficace che niente aveva più senso. Ringraziatemi per tutto ciò, e benvenuti sulla Terra!
Grazie a me, per un tempo indefinito, voi non lavorerete più, i vostri figli non andranno a scuola, e tuttavia sarà il contrario delle vacanze. Le vacanze sono lo spazio che bisogna arredare ad ogni costo aspettando il previsto ritorno a lavoro. Ma qui, ciò che si apre davanti a voi, grazie a me, non è uno spazio delimitato, è un'immensa assenza. Io vi disopero. Niente vi dice che il non-mondo di prima ritornerà. Tutta questa assurdità redditizia forse finirà. A forza di non essere pagati, cosa c'è di più naturale se non smettere di pagare il padrone di casa? Per quale motivo dovrebbe ancora versare le rate alla banca chi non può di fatto più lavorare? Non è da suicidio, in fin dei conti,vivere lì dove non si può neanche coltivare un orto? Chi non ha denaro non smetterà di certo di mangiare, e chi ha del ferro ha del pane. Ringraziatemi: vi pongo davanti al bivio che struttura tacitamente le vostre esistenze: l'economia o la vita. Tocca a voi giocare. La sfida è storica. O i governanti vi impongono il loro stato d'eccezione, o voi inventate il vostro. O voi vi aggrappate alle verità che vengono a galla, o mettete la testa sotto il patibolo. O impiegate il tempo che vi do ora per figurarvi il mondo di dopo a partire dalle lezioni del collasso in corso, o quest'ultimo finirà di radicalizzarsi. Il disastro cessa quando cessa l'economia. L'economia è il devasto. Era una tesi prima del mese scorso. Ora è un fatto. Nessuno può ignorare di quanta polizia, sorveglianza, propaganda, logistica e telelavoro avranno bisogno per respingerlo.
Di fronte a me, non cedete né al panico né alla negazione. Non cedete alle isterie biopolitiche. Le settimane a venire saranno terribili, opprimenti, crudeli. Le porte della Morte saranno spalancate. Sono il più devastante prodotto del devasto della produzione. Vengo a portare il niente ai nichilisti. L'ingiustizia di questo mondo non sarà più urlante. È una civiltà e non voi che vengo a sotterrare. Quelli che vogliono vivere si devono fare delle abitudini nuove, e che saranno loro proprie. Evitarmi sarà l'occasione di questo reinventarsi, di questa nuova arte della distanza. L'arte di salutarsi, nella quale alcuni erano abbastanza strabici per vederci la forma stessa dell'istituzione, presto non obbedirà più ad alcuna etichetta. Segnerà gli esseri. Non fate questo per “gli altri”, per “la popolazione”, o per “la società”, fatelo per i vostri. Prendetevi cura dei vostri amici e dei vostri amori. Ripensate con loro, sovranamente, una forma giusta della vita. Fate dei cluster di vita buona, estendeteli, io non potrò niente contro di voi. Questo non è un appello al ritorno massiccio della disciplina ma a quello dell'attenzione. Non alla fine di ogni spensieratezza ma a quella di ogni negligenza. Che altro modo mi resta per ricordarvi che il saluto è in ogni gesto? Che tutto è nel minuscolo.
Mi sono dovuto arrendere all'evidenza: l'umanità si pone solo le domande che non può più non porsi.
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paoloxl · 4 years
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No alla barbarie, ai razzismi, all’odio, alle politiche di morte
Torture, abusi, violenze di ogni tipo contro i migranti detenuti nei veri e propri lager libici chiamati ipocritamente campi. Luoghi dell’orrore in cui le donne vengono sistematicamente stuprate. Di questa barbarie tutti i nostri recenti governi sono stati oggettivamente complici, siglando patti e fornendo assistenza e mezzi alle bande di schiavisti che in Libia spadroneggiano e gestiscono il potere dietro una finta ufficialità.
Il rinnovo automatico di questi patti scellerati che scatterà il 2 novembre è una vergogna per l’umanità e per questo Paese che sembra non conoscere più la differenza fra il bene e il male, fra il giusto e l’ingiusto, fra l’umano e il disumano. Non vogliamo consolarci aspettando che la storia un giorno giudichi come meritano queste barbare politiche perché nel frattempo muoiono donne, uomini e bambini, annegando sotto i nostri occhi nell’indifferenza ormai generale. Non crediamo ai cosiddetti “miglioramenti” che sarebbero soltanto un’ipocrita copertura.
Vogliamo che questo orrore finisca subito. Da anni come donne e femministe lo stiamo denunciando. Chiediamo un’Europa dei diritti umani, dell’accoglienza, della solidarietà, della giustizia sociale, della convivenza. Chiediamo che si consentano ingressi con voli regolari, permessi umanitari, dignitosa accoglienza, speciale protezione per le donne migranti costrette a subire ogni sorta di violenza.
Ribadiamo che non esistono clandestini ma solo persone in cerca d’asilo, per qualsiasi ragione. Condanniamo le politiche di morte contro le persone migranti, politiche che colpiscono al cuore il senso stesso della democrazia anche per noi cittadine e cittadini dei paesi occidentali, colonialisti evidentemente non pentiti. Già lo si sta vedendo nel drammatico rinascere di ideologie razziste e autoritarie in tutta Europa, un tempo considerata la patria dei diritti umani.
Questa tragica deriva sta ridando vita al peggior patriarcato e al peggior neoliberismo, due forze non solo contrarie a un mondo che sia giusto per tutte e tutti, ma soprattutto nemiche delle donne, e questo lo sappiamo molto bene.
Un governo che ignori anche questo appello, l’ultimo di tanti che da anni abbiamo lanciato, avrà la gravissima responsabilità di aver chiuso gli occhi di fronte all’orrore per miserabili ragioni di realpolitik, quella realpolitik che da sempre le istituzioni invocano come alibi per coprire ogni sorta di ingiustizia e di violenza.
Chiediamo la rottura immediata dei patti con chi tortura, stupra e uccide le persone, chiediamo la fine dell’orrore. Invitiamo tutte le donne a farlo. Un gesto di giustizia, di speranza, di fiducia in un altro mondo possibile.
Le Donne in Nero italiane condividono quest'appello della rete femminista No muri No recinti
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pangeanews · 5 years
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“Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini”: sul libro fondamentale di Rilke, per ridiventare umani
Siamo sin troppo abituati, assuefatti, intossicati e impoveriti nell’animo dal virtuale, dalla facilità e infelicità di messaggi di poche sillabe, poche sillabe stuprate da crasi, crasi che poi diventano la regola. Regola che poi ci incatena in un mondo dove nessuno, sa più cosa voglia dire scrivere. Scriversi.  Poi ti capita tra le mani un libricino Lettere a un giovane poeta, che ci racconta delle lettere di Rainer Maria Rilke ad un giovane che poeta non lo è mai stato. Ma aspira ad esserlo e si rivolge a lui quale nume tutelare. Franz Kappus, è questo il giovane. Franz Kappus non ancora ventenne, combattuto tra l’aspirazione poetica e la prospettiva di una carriera militare. Ma Franz Kappus, è in realtà solo un comprimario, prescindibile comprimario. La bellezza la troviamo nelle risposte di Rilke. Lettere di una beltà indicibile. Lettere sicuramente sprecate traboccanti di esiziali (in)certezze sulla vita. Lettere scritte in bilico tra la sofficità delle nuvole e le sferzate di mannaia, che rivelano quale sia il destino miserabile dell’uomo,quale salvifica meraviglia si celi nella solitudine, quale rifugio disseminato di fiori e trappole sia l’amore:
“Anche amare è bene: ché l’amore è difficile. Voler bene da uomo a uomo; questo è forse il più difficile compito che ci sia imposto, l’estremo, l’ultima prova e testimonianza, il lavoro, per cui ogni altro lavoro è solo preparazione. Perciò i giovani, che sono principianti in tutto, non sanno ancora amare: devono imparare. Con tutto l’essere, con tutte le forza, raccolte intorno al loro cuore solitario, angosciato, che batte verso l’alto, devono imparare ad amare. Ma il tempo dell’apprendere è sempre un tempo lungo, di clausura, e così amare è, per lungo spazio e ampio fino dentro il cuore della vita, solitudine, più intensa e approfondita solitudine per colui che ama. Amore anzitutto non vuol dire chiudersi, donare e unirsi con un altro (che sarebbe infatti l’unione di un elemento indistinto, immaturo, non ancora libero?), amare è un’angusta occasione per il singolo di maturare, di diventare in sé qualche cosa, diventare mondo, un mondo per sé in grazia d’un altro, è una grande immodesta istanza che gli vien posta, qualcosa che lo elegge, e lo chiama a un’ampia distesa. Solo in questo senso, quale comandamento di lavorare a sé (di origliare e martellare tutto il giorno e notte) giovani creature potrebbero usare l’amore, che vien loro dato. Espandersi e offrire ogni sorta di comunione non è per esse (che ancora a lungo, a lungo devono risparmiare e accumulare); è il coronamento, è forse quello, per cui vite di uomini oggi non bastano ancora”.
Non si può che farsi inabissare, da questo stralcio, in un turbinio di pensieri. E questi pensieri non possono non che rimandare e infine posarsi sulla figura di Marina Cvetaeva, cui amore sì estemporaneo, sì dirompente, sì devastate proprio con Rilke era scritto nel destino. Nel destino di entrambi. Nel destino dell’amore quale entità suprema, illusoria e suicida. Amore vissuto proprio attraverso le lettere. Lettere di essenziale meraviglia (quelle di Marina a Rilke le troviamo in Deserti luoghi, edito da Adelphi). Rilke non sa ancora che la leucemia è dietro l’angolo pronta a tendergli il mortale agguato. Attraverso (l’immenso) Boris Pasternak arriva a Marina e cominciano a scriversi. La vita di Rilke terminerà di lì a poco. Marina vent’anni più tardi, nell’inevitabile epilogo.
Ma la trama principale tessuta in Lettere a un giovane poeta è la solitudine. Scritta e spiegata senza la necessità, a Rilke sconosciuta, di essere compiacente verso l’interlocutore:
“C’è solo una solitudine e quella è grande e non è facile a portare e a quasi tutti giungono le ore in cui la permuterebbero volentieri con qualche comunione per quanto triviale e a buon mercato, con l’apparenza di un minimo accordo col primo capitato, col più indegno… Ma sono forse quelle le ore in cui la solitudine cresce; ché la sua crescita è dolorosa come la crescita dei fanciulli e triste come l’inizio delle primavere. Ma questo non vi deve sviare. Questo solo è che abbisogna: solitudine, grande intima solitudine. Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini, quando gli adulti andavano attorno impigliati in cose che sembravano importanti e grandi, perché i grandi apparivano così affaccendati e nulla si comprendeva del loro agire. E quando un giorno si scopre che le loro occupazioni sono miserabili, le loro professioni irrigidite e non più legate alla vita, perché non continuare come bambini a osservarle come cosa estranea, dalla profondità del proprio mondo, dalla vastità della propria solitudine, che è anche lavoro e grado e professione? Perché voler mutare la sapiente incomprensione del bambino con la difesa e il disprezzo, poi che l’incomprensione è solitudine, ma la difesa e il disprezzo partecipazione a quello di cui ci si vuole separare con questi mezzi”.
E ci si inabissa ancora e poi ancora, in turbinii di pensieri sempre più pericolosi, tesi a toglierti le rimaste certezze. S’odono assordanti echi dal sottosuolo di Dostoevskij e di quel che sarà uno dei tanti fili d’Arianna disseminati e spezzati a dovere nel labirinto di Thomas Bernhard (nato proprio in quegli anni a  Salisburgo). Perdersi nelle lettere, nei labirinti, nella poesia. E forse tutto quel che ci rimane per restare umani. Per ridiventare umani. E se ci troviamo nel posto sbagliato al momento sbagliato, basta quel libro sullo scaffale, bastano matita e carta bianca. E dimenticare, per un attimo, per ore, per giorni, quel led luminoso che ci affoga nel nulla.
Cosimo Mongelli
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nelmiotempolibero · 6 years
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“Caro Vittorio Sgarbi, voglio insegnarti una cosa, e riguarda la sfera della cultura.
Sai...credo che tu non abbia capito una sola virgola della storia dell'arte.
Conosci le date, i luoghi, le minuzie, gli avvenimenti; sai incrociare amabilmente i periodi, sei un essere erudito, con ottima dialettica, ma e' superficie.
Quando ero giovane pensavo fossi avanti, poi ho capito che non sei un uomo veramente colto, ma un contenitore meccanico di dati, un controllore ortografico, formale. Incapace di un pensiero laico.
Il tuo taglio "cristiano", interpretato male, ti porta a creare gerarchie.
Puoi spogliarti quanto vuoi, ma la tua visione gerarchica classista è lo specchio di un bigottismo travestito di "peccato" e provocazione.
Non mi freghi con le Pasoliniane decadenze.
Soprattutto, non sei Pasolini.
Rinascimento?
Non esiste un popolo di eletti nel nome dell'arte, perche' a periodi floridi artisticamente sono corrisposte puntualmente dittature, devastazioni, guerre, trionfi di diseguaglianza.
Dietro ai fasti dorati del rinascimento la societa' italiana era uno specchio ben poco lucente.
L'Italia del barocco era un inferno sociale infinito, la Russia della grande letteratura un incubo per il popolo.
La relazione automatica tra livello artistico monumentale e benessere della societa' non esiste, come purtroppo non esiste legame tra la creazione della bellezza e la moralita'; gli esseri umani sono capaci di collezionare quadri e infornare persone.
La traslazione di un sistema estetico in sistema sociale è una cazzata che non mi aspetto da un intellettuale compiuto.
Artisti
Questi erano uomini normali, spesso miserabili, e per questo meravigliosi...non gli eletti che dipingi, uomini con alcuna qualita' speciale; uomini banalissimi a livello umano e spesso anche di grande ignoranza. Leonardo, nella sua enorme genialita', era un uomo privo di istruzione, sanza lettere si definiva; e forse proprio l'assenza di dati sterili lo alimento' a voler conoscere veramente.
Caravaggio era un violento, ed era un bifolco. Rodin era un analfabeta, Bukowski sguazzava nel letame delle citta', Salieri era infinitamente piu' colto di Mozart. Michelangelo un misogino inaccettabile.
Erano uomini superiori?
No. Erano persone con speciali qualita' specifiche nell'arte, ma nulla fa di essi un modello da imitare.
L'Italia che favoleggi, quella dell'arte, e' meravigliosa, ma sei il primo a condannare l'assenza di istruzione nei tuoi avversari, come parametro di valutazione della qualita' umana.
L'Italia non e' solo Michelangelo o Correggio; l'Italia e' un caleidoscopio di cultura accademica, cultura popolare, cultura immateriale, e cio' che non capisci e' che nel bilancio complessivo del sistema il contributo della Signora Pina conta quanto quello di Quasimodo: una nazione non e' un museo.
Un paese evoluto non e' un paese imperniato sull'arte, ma sul rispetto delle persone. Se si creerà un sistema di rispetto delle persone, il rispetto delle opere d'arte sarà automatico.
Conta solo l'istruzione?
Fortunatamente il titolo di studio non inquadra un essere umano, perche' siamo molto piu' complessi di una pila di libri. Siamo piu' complessi della Divina Commedia, del Decamerone, della Treccani, e nessun libro potra' colmare il divario che una mente aperta puo' generare, e in determinati casi l'assenza di pappe nozionistiche ha generato la liberta' mentale necessaria alla creazione.
Dovresti sapere che la coscienza anatomica di Leonardo deriva dall'assoluta mancata conoscenza del latino, che gli impedi' di contaminarsi con i trattati medievali di anatomia, intrisi di superstizione e ideologie prive di scientificita' e questa "ignoranza" apri' la sua mente alle piu' alte vette del sapere.
L'istruzione, i libri, l'universita', sono vitali come il sale, ma non potranno essere mai una chiave di lettura univoca del genere umano.
Se non hai capito questo passaggio, le centinaia di libri che hai letto sono vane, le tue pubblicazioni inutili, il tuo successo effimero, il tuo contributo evanescente; hai buttato il tuo tempo.
Lascia stare dunque i grandi maestri del Rinascimento, con il tuo asfittico approccio elitario, perche' erano delle capre che a stento sapevano firmare, e certuni vivevano nei pollai o dormivano con gli stivali.
Cultura
il rispetto verso gli altri, verso la diversa provenienza sociale, culturale, verso gli orientamenti sessuali, il rispetto verso l'eterogeneita', il rispetto nei riguardi di chi non ha potuto studiare.
Cultura e' abbandono della propria convinzione di essere speciali, unici, eletti. Educazione e' cultura.
Educazione al relativismo, educazione alla diversita'.
Soprattutto, la cultura è il rispetto, rispetto di una persona, di un luogo, di un silenzio, di un culto, di una opera d'arte.
Vai al Ballaro', siediti di fronte alla Signora Pina, che non conosce la Cappella degli Scrovegni; sedia di fronte sedia...e parla con lei, se ci riesci, perche' ti deframmenta e inizializza, con la sua pragmatica cinica concretezza.
E se non avrai il coraggio di affrontare la Signora Pina, prendi la macchina, senza autista...attraversa la Sicilia...piano, e visita la Venere di Morgantina, godendo come un turista normale il silenzio, l'assenza delle masse, la sacralita' di quei luoghi dove il genius loci devi sentirlo a pelle.
Ma quello, se non senti, non potrai sentirlo nemmeno nudo, al centro della campagna.
Perche' tu, cosa vogliono dire una campagna deserta ed una statua, non l'hai mai sfiorato.
Se proprio non vuoi dimetterti da Assessore alla Cultura della Regione Sicilia, ascolta un consiglio, parla con le persone, immergiti nei mercati, abbandona per un po' i monumenti, quelli li conosci, entra nel territorio non come un colonizzatore, ma come un siciliano.
Ascolta in silenzio, guarda le persone, e scoprirai che la bellezza ha infinite forme.
La cultura e' fatta di opere epiche, affreschi, ma anche di linguaggi, cenni, proverbi, racconti, usanze, rituali, scaramanzie, canti, abbanniate, voci, ricordi, miti, mani che gesticolano, e tutto questo e' bellezza e non ha legame con i libri.
Devi avere rispetto.”
Francesco Ferla
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svediroma · 4 years
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La crisi della nostra società
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Siamo nell’anno 2020. E stiamo a casa. Stiamo a casa perché il governo ci prega di non uscire. Ed alcuni di noi sono in ansia. L’ansia di non sapere come continuerà questa pandemia. L’ansia di non poter uscire per tanto tempo fuori e l’ansia di contagiarsi con questo maledetto virus.
Siamo forse anche un po’ arrabbiati, perché non capiamo la situazione, i pericoli, le paure delle altre persone e pure la disperazione dei politici che si ritrovano in un periodo come mai prima.
Ma i social network ci costringono a confrontarci con ogni aggiornamento, ogni nuovo caso, ogni morto.
Quindi stiamo tutti a casa. E suoniamo dai balconi, facciamo musica per lanciare un segnale: “non siamo soli!”.
Avete mai pensato al fatto che ci sono persone che non hanno una casa e che sono da sole?
Queste 50 mila persone in Italia, di cui circa 8 mila solo a Roma, che ora sono chiusi fuori anche dagli ultimi posti innocui, ossia dai parchi?
Secondo un’Indagine trovata sul Web il 40% della gente che abita per strada ha la cittadinanza italiana (https://www.internazionale.it/reportage/giuseppe-rizzo/2019/09/09/roma-senzatetto). E inoltre il 56% si trova al nord Italia.
La zona più colpita di tutta come sappiamo è L’Europa.
Questa non è solo una crisi di salute, ma pure sociale! Per esempio la Chiesa e le attività di assistenza sociale ad essa legate hanno deciso di allungare la distribuzione di cibo di un’ora al giorno, così le persone non devono aspettare troppo col rischio che poi se ne vadano. Un buon inizio.
Però dove vanno poi queste persone? Il Governo ha il ruolo di gestire tante cose in un momento come questo che ci mette tutti sotto pressione, ma una soluzione si deve trovare. Non può essere che anche in una situazione di emergenza come questa nessuno può dare una mano ai poveri.
Così come il fatto che tanti volontari hanno rinunciato al loro ruolo perché preferiscono stare a casa. È comprensibile, o no?
Già… non possiamo fare nulla, dobbiamo restare a casa. Il nostro sistema sociale sta crollando.
Siamo isolati, forse ci riuniamo con gli altri, ritrovandoci sul balcone e cantando canzoni contro la paura, ma siamo sempre isolati, perché non ci rendiamo conto di quello che succede fuori questa cupola.
Da settimane il News Feed è pieno di titoli sul COVID-19 (Sars-CoV-2) e siamo informati al massimo, ma alla fine non si sa niente di questo agente patogeno nuovo ed estraneo.
Nessuna novità sul calcio, sul tennis, sulla Formula 1 e sulle celebrità. E abbiamo cancellato dalla nostra memoria anche la crisi dei rifugiati.
Non dobbiamo distogliere lo sguardo! Lesbo è in fiamme, in mezzo ad un incendio. Ci sono persone morte, anche bambini.
Sono queste le persone che vivono davvero un incubo, mentre noi siamo a casa sul divano, costretti a non muoverci dalla nostra proprietà.
Mentre più di 100.000 persone combattono, per sé stessi, per le proprie famiglie. Abitando in pochissimo spazio, in container e tende, ogni giorno è una lotta nuova per la Pace e una vita lontana dalla guerra. Questi umani – la maggioranza dei quali siriani – sono bloccati, tra il confine della Turchia e la Grecia, per arrivare nell’Unione Europea.
La causa scatenante risale al 27 febbraio, quando il governo turco prende una decisione che cambia l’accordo della Turchia con la UE: il confine non viene più bloccato, come concordato.
500.000 vittime, uccise in questa guerra civile sotto il presidente Siriano Baschar Al-Assad. Il territorio è disintegrato o viene controllato del regime di Assad, gruppi d’opposizione, l’unità della difesa del popolo curdo o Islamisti. Nove anni di guerra e non si vede la fine.
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976.249 contagiati, 50.489 decessi, 207 Paesi, aree o territori con casi (Fonte: World Health Organization). Questo sono i dati attuali, alle ore 21:00 del 3 aprile 2020, che abbiamo del Coronavirus.
State a casa per favore, che ci sono persone che lo desiderano dal cuore ma non possono.
Ma voi pensate che ci sia qualcuno che fugge dal proprio Paese senza motivo? Abbandona la sua casa, forse la sua famiglia, i suoi amici, i ricordi d’infanzia (tra l’altro, con la prosecuzione senza fine della guerra, forse neanche ci sono dei bei ricordi)?
Sono persone che affrontano tanti ostacoli pericolosi per avere una vita che noi abbiamo scordato di apprezzare.
Sono distribuiti sul territorio della Grecia, pure sulle isole dove arrivano con le barche. Sulla terraferma, tutti in preda al panico e all’ansia, cercando di distruggere la recinzione. I gas lacrimogeni sono stati la risposta.
Adesso tutti sono bloccati lì, a nessuno è permesso di entrare nel nostro territorio! Ma perché?
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Dopo la morte di 34 soldati turchi nella provincia siriana di Idlib, Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, ha aperto le porte per andare in Grecia, per provocare l’Unione Europea a integrarsi nel conflitto-siriano. La carica governante di Edirne ha reso pubblico che da fine febbraio sono stati contati 147.000 rifugati, ma i numeri esatti non si trovano. Condizioni miserabili, e tanti stanno tornando nel loro paese senza successo.
E vi ricordo che pure lì c’è il Coronavirus.
Dai #andràtuttobene e #noirestiamoacasa
In una emergenza come la viviamo oggi è importante avere coesione e collaborazione, solidarietà. Dobbiamo stare calmi e non perdere la testa.
Non dobbiamo credere in ogni informazione che circola sul “world wide web”. Sono molte le “fake news” a cui dobbiamo fare attenzione.
Non dobbiamo abbandonare i nostri cari animali. Loro non si contagiano, né trasmettono il virus. Questa sarebbe solo l’Inizio di un’altra emergenza (abbandoni, centri di accoglienza per animali dove il personale non è al momento operativo, ecc.).
Ma dobbiamo vedere questa cosa anche da una prospettiva diversa…
L’essere umano in questo momento è rinchiuso, sotto controllo. Il mondo può respirare.
Avete visto quanto velocemente si rigenera la natura? Uno stop di aerei, guardo il cielo e non ne vedo neanche uno. Sento gli uccellini cantare a pieno ritmo.
“Già. Per esempio. Che grida di vittoria perché l’uomo, come quel vostro cappellaccio, s’è messo a volar, a far l’uccellino! Ecco intanto qua un vero uccellino come vola. L’avete visto? La facilità più schietta e lieve che s’accompagna spontanea a un trillo di gioia. Pensare adesso al goffo apparecchio rombante e allo sgomento, all’ansia, all’angoscia mortale dell’uomo che vuol fare l’uccellino! Qua un frullo e un trillo; là un motore strepitoso e puzzolente, e la morte davanti. Il motore si guasta; il motore s’arresta; addio uccellino!” Luigi Pirandello – Uno, nessuno e centomila
Noi inquiniamo e causiamo danni alla Madre Terra. Forse noi siamo il virus più pericoloso per questo mondo e i suoi abitanti. Ora che siamo fermi la natura si sta rigenerando. E i risultati sono stati dimostrati in poco tempo.
Delfini, pesci, cigni sono stati avvistati a Venezia, in molte zone l’acqua è tornata ad essere limpida e pulita.
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In Cina l’inquinamento da polveri sottili è diminuito del 30%, la NASA ha pubblicato foto satellitari che ci hanno sconvolti ed emozionati.
Un segnale questo virus? Sicuramente un’opportunità. Un’opportunità di cambiare il nostro stile di vita. Per renderlo più sostenibile, stare in armonia con la natura, proteggerci l’un l’altro.
Dobbiamo togliere queste navi e aerei giganti, che inquinano e rubano spazio a tutte le specie solo per i nostri benefici. Perché l’uomo è così avaro ed egoista?
Il tempo passerà, dobbiamo fare quello che si ritiene giusto, la gente uscirà di nuovo, le macchine verranno riaccese, l’economia mondiale verrà sbloccata.
E torneremo dove stavamo prima.
Gli effetti stanno già diminuendo, dal momento in cui non c’erano più nuovi contagi la Cina sta annullando le restrizioni e il livello NOx sta aumentando di nuovo.
Dobbiamo prenderci cura della nostra casa, per prenderci cura di noi.
Ognuno di noi può fare la sua parte in questo periodo, per essere solidale e di aiuto in un momento di emergenza.
- Elisabeth Bianchi
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Monologo del virus
da lundi.am #234
Cari umani, fate tacere tutti i vostri ridicoli appelli di guerra. Abbassate quegli sguardi vendicativi che mi riservate. Dissolvete l’alone di terrore con il quale circondate il mio nome. Noi, i virus, dal fondo batterico del mondo, siamo il vero continuum della vita sulla Terra. Senza di noi non avreste mai visto la luce, così come la cellula primordiale.
Noi siamo i vostri antenati, allo stesso titolo delle pietre e delle alghe, e molto più delle scimmie. Siamo dovunque siete e anche dove non siete. Peggio per voi se nell’universo vedete solo quello che è a vostra immagine e somiglianza ! Ma soprattutto, smettete di dire che sono io a uccidervi. Voi non state morendo a causa della mia azione sui vostri tessuti, ma della mancanza di cura dei vostri simili. Se non foste stati tanto rapaci tra voi così come lo siete stati con tutto quello che vive su questo pianeta, avreste ancora abbastanza letti, infermieri e respiratori per sopravvivere ai danni che infliggo ai vostri polmoni. Se non aveste ammassato i vostri vecchi in delle topaie e i vostri elementi validi in conigliere di cemento armato, non sareste a questo punto. Se non aveste mutato l’intera estensione, fino a ieri ancora lussureggiante, caotica, infinitamente popolata, del mondo o meglio dei mondi, in un immenso deserto per la monocoltura dello Stesso e del Più, non avrei potuto lanciarmi alla conquista planetaria delle vostre gole. Se dall’inizio alla fine dell’ultimo secolo non foste diventati tutti copie ridondanti di una sola e insostenibile forma di vita, non vi preparereste a morire come mosche abbandonate nell’acqua della vostra zuccherata civiltà. Se non aveste reso i vostri luoghi così vuoti, così trasparenti, così astratti, siate certi che non mi diffonderei alla velocità di un’astronave. Io vengo a eseguire la condanna che voi stessi avete da tempo pronunciato contro voi stessi. Scusate ma siete voi, che io sappia, ad aver inventato il nome di "Antropocene". Vi siete intestati l’intero onore del disastro ; adesso che si compie è troppo tardi per rinunciarvi. I più onesti tra voi lo sanno bene : io non ho altro complice che la vostra organizzazione sociale, la vostra follia della "grande scala" e la sua economia, il vostro fanatismo per il sistema. Solo i sistemi sono "vulnerabili". Il resto vive e muore. Le sola cosa  "vulnerabile" è quella che tende al controllo, alla sua estensione e al suo perfezionamento. Guardatemi bene : io sono il risvolto della Morte regnante.
Smettetela dunque d’incolparmi, di accusarmi, d’inseguirmi. Di essere paralizzati da me. Tutto questo è infantile. Vi propongo un cambio di sguardo : vi è un’intelligenza immanente alla vita. Non vi è alcun bisogno di essere un soggetto per disporre di una memoria o di una strategia. Nessun bisogno di essere sovrano per decidere. Anche i batteri e virus possono fare il bello e il cattivo tempo. Dovreste vedere perciò in me un salvatore invece che il vostro becchino. Liberi di non credermi, ma io sono venuto a fermare la macchina della quale non trovavate più il freno di emergenza. Sono venuto a sospendere il funzionamento del quale eravate ostaggi. Sono venuto a rendere manifesta l’aberrazione della "normalità". « Delegare la nostra alimentazione, la nostra protezione, la nostra capacità di prenderci cura del nostro regime di vita ad altri è una follia »... « Non c’è tetto del deficit, la salute non ha prezzo » : vedete come faccio sciogliere la lingua e lo spirito dei vostri governanti ! Guardate come ne svelo il vero ruolo di miserabili truffatori, per di più arroganti ! Vedete come d’un tratto si dichiarano non solo superflui ma nocivi ! Per loro voi non siete altro che supporti alla riproduzione del sistema, cioè ancora meno che schiavi. Persino il plancton è trattato meglio di voi.
Guardatevi però dal riempirli di rimproveri, d’incriminare le loro insufficienze. Accusarli d’incuria è ancora considerarli più di quanto meritano. Domandatevi piuttosto come voi avete potuto trovare così comodo farvi governare. Vantare i meriti dell’opzione cinese contro quella britannica, della soluzione imperial-legalitarista contro il metodo liberal-darwinista, significa non capire nulla dell’una e dell’altro, dell’orrore di entrambi. Fin da Quesnay i "liberali" hanno sempre guardato con invidia all’impero cinese ; e continuano a farlo. In realtà, sono fratelli siamesi. Che l’uno vi metta al confino nel vostro interesse e l’altro per quello della "società", vuol dire in ogni caso vanificare la sola condotta non nichilista : prendersi cura di sé, di chi si ama e di quel che si ama in chi non si conosce. Non lasciate che quanti vi hanno gettato nel baratro pretendano ora di farvene uscire : non faranno che prepararvi un inferno ancora più perfezionato, una tomba sempre più profonda. Il giorno che lo potranno, faranno pattugliare ai militari anche l’aldilà.
Ringraziatemi piuttosto. Senza di me, per quanto tempo ancora avrebbero fatto passare per necessarie tutte queste cose indiscutibili delle quali si decreta improvvisamente la sospensione ? La globalizzazione, i concorsi, il traffico aereo, i limiti al budget, le elezioni, lo spettacolo delle competizioni sportive, Disneyland, le palestre di fitness, la maggior parte dei negozi, il parlamento, l’accasermamento scolastico, i raduni di massa, l’essenziale dei lavori d’ufficio, tutta questa socialità ubriaca che non è altro che il rovescio della solitudine angosciata delle monadi metropolitane : tutto questo appare dunque privo di necessità, una volta che si manifesta lo stato di necessità. Ringraziatemi per la prova di verità delle prossime settimane : andrete infine ad abitare la vostra vita senza le mille scappatoie che, bene o male, tengono in piedi l’insostenibile. Senza rendervene conto, non avete mai traslocato nella vostra esistenza. Siete tra gli scatoloni e non lo sapete. Andrete quindi a vivere con i vostri cari. Andrete ad abitare a casa vostra. Porrete fine all’essere in transito verso la morte. Forse odierete vostro marito. Forse troverete insopportabili i vostri figli. Magari vi verrà la voglia di far saltare in aria la scenografia della vostra vita quotidiana. A dire il vero, voi non eravate più al mondo, in queste metropoli della separazione. Il vostro mondo non era più vivibile in nessuno dei suoi punti, se non a patto di doverlo fuggire senza sosta. Bisognava stordirsi di movimento e di distrazioni per quanto l’orrore aveva guadagnato in presenza. E il fantomatico regnava tra gli esseri. Tutto era diventato talmente efficace che niente aveva più senso. Ringraziatemi per tutto questo e benvenuti sulla Terra !
Grazie a me, per un tempo indefinito, voi non lavorerete più, i vostri figli non andranno a scuola, e tuttavia sarà il contrario delle vacanze. Le vacanze sono lo spazio che bisogna arredare ad ogni costo aspettando il solito ritorno al lavoro. Ma qui, quello che si apre davanti a voi, grazie a me, non è uno spazio delimitato, è un’immensa apertura. Io vi rendo inoperosi. Niente vi dice che il non-mondo di prima tornerà. Tutta questa assurdità redditizia forse finirà. A forza di non essere pagati, cosa c’è di più naturale se non lo smettere di pagare l’affitto ? Per quale motivo coloro che non possono più lavorare dovrebbero ancora versare le rate del mutuo ? Non è suicidario, in fin dei conti, vivere dove non si può neanche coltivare un orto ? Chi non ha più soldi non smetterà certo di mangiare, chi ha del ferro ha del pane. Ringraziatemi, vi pongo davanti al bivio che struttura tacitamente le vostre esistenze : l’economia o la vita. Tocca a voi adesso muovere. La sfida è storica. O i governanti vi impongono il loro stato d’eccezione, o voi inventate il vostro. O vi aggrappate alle verità che vengono a galla, o mettete la testa sotto il patibolo. O impiegate il tempo che vi sto dando adesso per immaginare il mondo che verrà, a partire dalle lezioni del collasso in corso, o quest’ultimo si radicalizzerà sempre più. Il disastro finisce quando finisce l’economia. L’economia è il disastro. Era una tesi fino allo scorso mese. Ora è un fatto. Nessuno può ignorare di quanta polizia, sorveglianza, propaganda, logistica e telelavoro avranno bisogno per rimuoverlo.
Di fronte a me, non cedete al panico né alla negazione. Non arrendetevi alle isterie biopolitiche. Le prossime settimane saranno terribili, opprimenti, crudeli. Le porte della Morte verranno spalancate. Io sono il più catastrofico prodotto della catastrofe che è la produzione. Io vengo per ridurre al niente i nichilisti. L’ingiustizia di questo mondo urlerà come non mai. E’ una civiltà, e non voi, che vengo a seppellire. Quelli che vogliono vivere dovranno costruirsi delle nuovi abitudini, che gli saranno proprie. Evitarmi sarà l’occasione di questo reinventarsi, di questa nuova arte delle distanze. L’arte di salutarsi, nella quale alcuni erano così miopi da vederci la forma stessa dell’istituzione, presto non obbedirà più ad alcuna etichetta. Segnerà gli esseri. Non fate questo per “gli altri”, per “la popolazione”, o per “la società”, fatelo per i vostri. Prendetevi cura dei vostri amici e dei vostri amori. Ripensate con loro, sovranamente, una giusta forma della vita. Fate dei cluster di vita buona, estendeteli e io non potrò niente contro di voi. Questo non è un appello al ritorno in massa alla disciplina ma all’attenzione. Non alla fine di ogni spensieratezza ma di ogni negligenza. Che altro modo mi resta per ricordarvi che la salute è in ogni gesto ? Che tutto è nell’infinitesimale.
Mi sono dovuto arrendere all’evidenza : l’umanità si pone solo quelle domande che non può non porsi.
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