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L'approccio a sciame alla guerra: un'introduzione per chi si trova in prima linea
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Introduzione
Quanto segue è inteso come un'introduzione al concetto di “swarming” quale approccio alla guerra, come teorizzato da John Arquilla e David Ronfeldt in “Swarming and the Future of Conflict”, pubblicato nel 2000 per conto del National Defense Research Institute della RAND Corporation. Si spera che le tendenze emergenti dalla prima linea che sono migrate dal Movimento per la democrazia di Hong Kong del 2019 alla Ribellione di George Floyd del 2020 possano utilizzare la teoria dello sciame per elaborare la massima spesso citata, “essere acqua”.
La tecnica di guerra a sciame [swarm warfare] consiste nell'utilizzare la comunicazione orizzontale in modo che le unità possano agire in maniera autonoma e congiunta senza strutture di comando gerarchiche e centralizzate. Se questo suona familiare, non è una coincidenza: Arquilla e Ronfeldt citano la strategia degli anarchici e degli attivisti dell'alter-globalizzazione nella preparazione della battaglia di Seattle del 1999 come esempio contemporaneo di sciame nel momento in cui scrivevano. Prendendo insegnamento dalle tendenze della guerra alla fine del XX secolo, il loro lavoro propone il “Battle Swarm” come dottrina militare, cioè come approccio normativo alla conduzione di una guerra. Il Battle Swarm è quindi una istanza dei nostri nemici che imparano da come combattiamo per applicare le nostre esperienze contro di noi.
Eppure, le lezioni vanno in entrambi i sensi: nel formulare il concetto di guerra a sciame, i nostri nemici ci hanno aiutato a individuare gli aspetti tattici, strategici e logistici chiave che possiamo migliorare nelle nostre lotte. Pertanto, la seguente introduzione allo sciame come approccio al conflitto dovrebbe essere usata per valutare in modo critico e creativo le nostre tattiche nelle strade e quali tipi di infrastrutture e pratiche di comunicazione sono adatte a coordinare i nostri sforzi [1].
Il contesto storico dell'ascesa dello sciame in guerra.
Arquilla e Ronfeldt collocano la guerra a sciame all'interno della crescita delle tecnologie di comunicazione digitale che permettono di collegare le forze in una rete dove possono condividere le informazioni orizzontalmente in tempo reale. Tuttavia, per contestualizzare pienamente la guerra a sciame, vale la pena collocarla nel contesto dello spostamento storico mondiale che ha comportato l'ascesa della guerra “non lineare”, o “senza restrizioni”, nella seconda metà del XX secolo.
Durante gli anni Settanta e Ottanta, la guerra ha iniziato ad assumere una forma non lineare, o illimitata, a seguito delle guerre di decolonizzazione e delle guerre per procura [proxy wars] tra le potenze capitaliste e comuniste. Non lineare si riferisce alla mancanza di “linee del fronte” nelle guerre contemporanee, o al modo in cui la guerra oggi non si svolge tra due nemici definiti territorialmente, ma viene combattuta su popolazioni che a volte si estendono oltre i confini nazionali. Questo tipo di guerra è anche detto senza restrizioni perché elimina ogni distinzione tra mezzi di conflitto militari e non militari, tra obiettivi militari e civili, e persino tra la guerra e la pace stessa.
Il fine ultimo della guerra senza restrizioni non è quello di ottenere uno stato di pace tra belligeranti. Al contrario, tale guerra mira alla pacificazione indefinita delle popolazioni-bersaglio, generalmente considerate come focolai di potenziali insurrezioni che minacciano la stabilità minima necessaria al capitalismo. La guerra senza restrizioni prende il suo nome non solo dal fatto che riduce la politica a un'operazione permanente di polizia militare, ma anche perché estende i mezzi di guerra al di là dell'uso della forza militare. La guerra ha sempre più spesso comportato l'uso del capitale finanziario per far leva sui programmi di “aggiustamento strutturale” delle nazioni indebitate, l'uso delle guerre commerciali per manipolare le monete nazionali e il valore delle riserve monetarie rivali, e la manipolazione delle informazioni per influenzare le percezioni e il comportamento degli avversari politici come delle popolazioni bersaglio [2].
In questo contesto, le tattiche di sciame sono state usate non solo dai combattenti cineticamente orientati (cioè quelli che usano la forza materiale e la potenza di fuoco, siano essi militari statali, società di sicurezza private o forze di guerriglia partigiane), ma anche da attori non statali in tutto il campo sociale. Per esempio, lo sciame può caratterizzare gli attivisti e le ONG che cercano di aumentare la loro influenza sui responsabili politici attraverso zaps telefonici in congiunzione con le campagne dei media pubblici, gli hacker che interrompono i sistemi di comunicazione attraverso attacchi DDOS guidati da botnet, e i social network di parte come il movimento Boogaloo che si è formato attraverso la creazione e la circolazione di meme che elaborano una sensibilità strategica per lo sciame sulle crisi politiche [3]. Infine, lo sciame caratterizza a volte anche il blocco nero, coloro che si trovano in prima linea, e i saccheggiatori che utilizzano metodi non letali per combattere o eludere le forze di polizia più pesantemente armate.
Guerra a sciame
Che cos'è, allora, la guerra a sciame? Arquilla e Ronfeldt affermano: “Prevediamo lo sviluppo di nuovi tipi di piccole unità militari chiamate ‘pods’ che possono operare in ‘cluster’. Queste unità dovrebbero essere disperse per mitigare il rischio rappresentato dal fuoco ostile. Tuttavia, esse sarebbero caratterizzate da grande mobilità, modesti requisiti logistici e ‘topsight’ [...] Possedendo sia la mobilità che la conoscenza della situazione, saranno in grado di colpire, brulicando da tutte le direzioni, tanto con il fuoco quanto con la forza”. Scomponiamo tutto questo in tre distinte caratteristiche della guerra a sciame.
(i) Piccole unità da combattimento, o “pods” e “pod clusters". La guerra a sciame comporta l'azione congiunta di piccole unità relativamente autonome. In contrasto con gli eserciti che operano sulla premessa che i grandi numeri sono sempre migliori, Arquilla e Ronfeldt chiedono la “devoluzione del potere alle piccole unità”. Per esempio, un’unità di base di uno sciame può essere un individuo o un “groviglio” di individui (per esempio, un gruppo di affinità). Questi moduli possono, nel corso del loro ingaggio, decidere di coordinarsi come un “grappolo di grovigli” per un periodo di tempo, e poi andare per la loro strada una volta raggiunto il loro obiettivo o quando costretti a sciogliersi dall'avversario. Ciò che è fondamentale in questo caso è che un gran numero di piccole unità possono formare uno sciame mobile in cui l'iniziativa di attacco può provenire praticamente da qualsiasi punto. Esistono qui possibili varianti che possono essere adattate ai piccoli numeri disponibili, come ad esempio i “packs”. I “packs” sono “formazioni semi-disperse” che convergono opportunisticamente per attaccare bersagli deboli o vaganti. Qui loro citano l'opposizione serba a Slobodan Milosevic, che ha reclutato “teppisti da stadio” le cui formazioni a nugoli hanno contribuito a proteggere i manifestanti dalla polizia e a volte anzi spesso l'hanno attaccata [3].
(ii) “Topsight” [vista dall'alto], o conoscenza orizzontalmente accessibile della lotta. Ciò è particolarmente importante per le situazioni di combattimento nella vita reale (IRL). Lo swarming dà priorità alla comunicazione orizzontale tra le unità di combattimento per massimizzare il loro potere decisionale indipendente. A differenza di una struttura di comando militare centralizzata in cui l'autorità e la conoscenza del terreno aumentano man mano che si sale nella gerarchia, lo swarming utilizza il topsight ad accesso aperto per consentire alle piccole unità autonome di agire come una forza comune verso obiettivi condivisi. La vista dall’alto [topsight] si riferisce alla conoscenza strategicamente rilevante del terreno di battaglia; è la visione a volo d’uccello che viene creata e utilizzata da coloro che si trovano sul terreno mentre condividono le informazioni nel corso delle operazioni. Tuttavia, la vista dall'alto include anche le segnalazioni dello sciame, o i segnali emessi dai membri autonomi dello sciame per convergere con velocità su un bersaglio.
Forse i primi black blocs totalmente collegati in rete sono stati quelli del Movimento per la democrazia di Hong Kong, che ha usato non solo walkie-talkie, ma anche canali Telegram che collegavano una vasta rete di telefoni usa e getta anonimi [4]. Gli abitanti di Hong Kong usavano Telegram sia per coinvolgere i partecipanti nei ruoli necessari, sia per prendere decisioni con la sua funzione di sondaggio.
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Poiché il tempo impiegato per elaborare le informazioni è un costo per lo sciame nel suo complesso, le unità dello sciame devono fare attenzione a condividere solo le informazioni rilevanti in modo da evitare un sovraccarico di informazioni. Questo è un problema che è stato rilevato per quanto riguarda il canale Telegram di Minneapolis dedicato alla trasmissione degli scanner della polizia durante i primi giorni della Ribellione di George Floyd. Gli utenti hanno dovuto setacciare le notizie sugli eventi che si svolgevano in altre città per trovare informazioni che potessero essere utilizzate per il coordinamento locale. Non c'era inoltre alcuna indicazione sulla qualità delle informazioni trasmesse, e il canale ha finito per diffondere voci sulla Guardia Nazionale e sulle milizie che si sono rivelate false. Il recente sviluppo dei canali Telegram che operano come Remote Uprising Support Teams (“RUST”) specifici per la città, dedicati alla trasmissione di informazioni infografiche e di intelligence aggiornate, sembra avere risposto alla necessità di comunicazioni esclusivamente orientate all’intelligence. Mentre l’uso di Telegram per scopi informativi è migrato da Hong Kong agli Stati Uniti, per ora le sue funzioni di coordinamento non lo hanno fatto. La nostra speranza è che l’uso di telefoni usa e getta e di canali orientati a specifiche funzioni continui a diffondersi, in modo da poter sperimentare le possibilità di connettere le folle in occasione delle manifestazioni.
(iii) Attacco onnidirezionale. Come un alveare che attacca un intruso, il movimento caratteristico di uno sciame è quello di attaccare da tutte le direzioni in “impulsi”, o brevi raffiche che coprono il bersaglio, seguite da dispersione e disimpegno. L'onnidirezionalità richiede sia un numero sufficiente di persone sia un’ottima visibilità, in modo che i grovigli possano momentaneamente ammassarsi intorno ad un bersaglio condiviso per sopraffarlo.
Per esempio, i canali Telegram sono stati utili ai dimostranti di Hong Kong per mappare collettivamente gli obiettivi della polizia, che hanno permesso a più “maghi della luce” e “maghi del fuoco” di disattivare otticamente e attaccare cineticamente gli obiettivi in modo coordinato da tutti i lati. Gli impulsi di convergenza e le successive dispersioni dovevano essere rapidi per evitare di essere rintracciati da altre unità di polizia.
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Qui può essere utile introdurre la terza variazione di Arquilla e Ronfeldt sullo sciame oltre agli alveari e a nugoli, ovvero le “folle” composte da individui o piccoli gruppi che agiscono convenientemente in numero sufficientemente grande da creare un effetto di massa complessivo. Il saccheggio emerge spesso in questo modo, poiché il potenziale che risiede nella dimensione numerica e nella velocità della folla permette ai suoi membri di prendere iniziative individuali. Questi primi atti di furto con scasso oltrepassano una soglia che apre nuove possibilità, ma è solo la diffusione o la ripetizione di questa prima azione in tutta la folla che la trasforma in una folla di “saccheggiatori”. Anche se alcuni membri rimangono cauti e si fanno da parte, continuano a preservare efficacemente il potere della folla, fungendo da barriera protettiva contro coloro che vorrebbero intervenire.
Distinguere la guerra degli sciami da altri tipi di guerra
Per aiutare a illustrare la guerra degli sciami, Arquilla e Ronfeldt la distinguono da altri tre tipi di combattimento visti nel corso della storia umana. Li riportiamo qui di seguito non solo per chiarire ulteriormente lo sciame, ma anche per suggerire che gli insorti non dovrebbero essere ortodossi riguardo ai loro metodi di combattimento e dovrebbero trovare il giusto mix che si adatti alla loro situazione.
Il primo di questi è la “mischia caotica”, “uno scontro di armi caotico e non diretto a distanza ravvicinata”. Questo si vede spesso in scontri disorganizzati con la polizia, soprattutto quando quest'ultima si affida a manganelli e bastoni. Le mischie tendono a favorire quelli con un numero e un armamento superiori, ed è per questo che Arquilla e Ronfeldt sostengono che il “massing” (o guerra di massa) molto probabilmente si è sviluppato come una evoluzione della mischia. La guerra di massa privilegia il numero di combattenti e istituisce gerarchie di comando. Anche se questa comporta un piccolo numero di passi avanti - l’articolazione di un esercito in sezioni e linee, così come lo sviluppo di “semafori” [dal greco, portatore di segni, ndt] come i segnali a mano, le bandiere e gli inviti a comunicare direttive su tutta la distanza del campo di battaglia, tutte tecniche sviluppate esplicitamente a Hong Kong nel 2019 - sia la mischia caotica che la guerra di massa si basano principalmente sulla "forza bruta” dei numeri per vincere. Con alcuni progressi tecnici e comunicativi, tuttavia, la guerra “di manovra agile” è nata per consentire agli eserciti più piccoli di superare i loro svantaggi quantitativi.
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Le manovre agili implicano primariamente la lotta nel creare una disorganizzazione nei ranghi del nemico. A volte questo comporterà la messa a nudo di punti deboli o di bersagli isolati che possono essere attaccati in dettaglio, o l'uso di simulazioni per attirare il nemico in una posizione che ne prolungherà eccessivamente la capacità di coordinamento. Un esempio recente di ciò viene dalla battaglia per la statua di Colombo a Chicago il 17 luglio 2020. Lì, la polizia antisommossa ha tentato di riprendere la collina della statua usando dapprima immense quantità di spray al peperoncino e manganellate per respingere i dimostranti. La folla sparpagliata e indebolita si è parzialmente ritirata in alcuni punti, il che ha spinto una parte della linea della polizia a passare all'offensiva. La polizia che avanzava ha dovuto spezzare la linea in unità più piccole di una mezza dozzina o giù di lì. Tuttavia, almeno in un caso, una di queste unità si è allontanata troppo ed è stata attirata da un piccolo numero di manifestanti che si sono schierati contro di loro. Questi ultimi hanno unito le braccia per formare una piccola linea contro la polizia. L’unità di polizia ha risposto violentemente con il manganello, fino a quando non si sono rapidamente uniti altri manifestanti, alcuni unendo le braccia, altri semplicemente correndo per attaccare gli agenti con proiettili e calci. Ben presto, la piccola unità della polizia antisommossa si è trovata non solo troppo lontana dalla loro linea per ricevere sostegno, ma anche circondata da una fila serpeggiante di manifestanti, che hanno molestato e assalito questa unità fino a imporre la fuga. In quello che si è rivelato essere qualcosa di simile a un'inversione di marcia dello sciamare, questa unità si era sopravvalutata nel rompere la linea, attratta da quello che all’inizio sembrava essere un “bersaglio facile”.
Il limite della guerra a sciame nelle forze armate degli stati avanzati
È fondamentale sottolineare che, come sostengono Arquilla e Ronfeldt, le forze armate statali che usano tattiche a sciame incontrano gli stessi limiti di quelle che usano la guerra di massa o le manovre agili, cioè la guerriglia partigiana. Una forza di guerriglia che combatte sul proprio territorio in mezzo ad una popolazione che la appoggia avrà sempre un vantaggio contro le forze armate statali. Una tale forza conosce il terreno e può scomparire nella popolazione generale, che fornirà ai guerriglieri anche soluzioni a molte delle sue esigenze logistiche. Negli ultimi quarant'anni, gli Stati nazionali sono stati in gran parte contrari alle tecniche genocide di distruzione totale, come le campagne di bombardamento a tappeto e la guerra nucleare, e hanno impiegato questi mezzi solo ad alti prezzi per la loro legittimità tra i propri cittadini.
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Inoltre, poiché lo sviluppo della guerra ha favorito forme non lineari incentrate sulla pacificazione indefinita piuttosto che sulla distruzione totale, è improbabile che gli Stati-nazione contemporanei superino il limite posto dalla guerriglia in tempi brevi. I rivoluzionari dovrebbero tenerlo a mente nel momento in cui i nostri conflitti con lo Stato e le forze di estrema destra si intensificano. Nelle città e nelle periferie, avremo bisogno di quartieri in cui poter scomparire, e di residenti partigiani disposti a fornire aiuto reciproco ai combattenti. A Hong Kong, per esempio, alcune persone hanno nascosto dei cambi d'abito per i frontliners e organizzato delle carovane per raccogliere i manifestanti dalle zone “calde” della città. In un caso, un canale Telegram di utenti anonimi ha addirittura procurato sia una via di fuga che una squadra di recupero per un frontliner attraverso i sistemi di tunnel sotterranei sotto l'Università Politecnica. Come ha detto un giornalista, “è stata un'operazione di alcuni”. Durante i primi giorni della ribellione di George Floyd a Minneapolis, i residenti hanno messo pacchi di bottiglie di acqua e panini ai bordi dei loro prati, una pratica che da allora si è diffusa in decine di altre città. Questi piccoli gesti di cura e sostegno dovranno crescere di numero e diventare sempre più di parte man mano che la lotta avanza.
Note
[1] Per coloro che sono interessati ad una discussione dettagliata sulla guerra a sciame, si raccomanda di leggere “Swarming and the Future of Conflict” nel suo complesso o di esaminare i titoli delle sezioni per identificare le parti chiave che sono rilevanti per le proprie esigenze (molte sono di interesse solo per gli ufficiali militari statali). Il libro consiste di meno di 100 pagine ed è organizzato in modo ordinato, il che rende facile trovare selezioni su misura per le esigenze del vostro gruppo. Si può scaricare l'e-book direttamente da RAND gratuitamente: https://www.rand.org/pubs/documented_briefings/DB311.html
[2] Due esempi che coinvolgono quello che Arquilla e Ronfeldt chiamano “cyber sciame” sono lo scandalo dell'ingerenza russa nelle elezioni americane del 2016 e le false voci “circolate” o amplificate a seguito di disordini e saccheggi durante la ribellione di George Floyd.
[3] Lo “sciame cyber”, ovvero l'attività di sciame degli utenti di Internet sui social media, è un argomento troppo ampio per essere trattato in questa sede. Arquilla e Ronfeldt sono stati anche i primi teorici di questo fenomeno con il loro libro, “Networks e Netwars: Il futuro del terrore, del crimine e della militanza”. Alex Goldenberg e Joel Finkelstein sono stati recentemente autori di un rapporto sullo sciame cyber del movimento Boogaloo nel corso della ribellione di George Floyd dal titolo “Cyber Swarming, Memetic Warfare e Viral Insurgency. How Domestic Militants Organize on Memes to Incite Violent Insurrection and Terror Against Government and Law Enforcement”. In esso, sostengono che il movimento Boogaloo è cresciuto e si è diffuso come un virus semantico, utilizzando strategie virali per nascondere la loro esistenza, compromettere le strutture immunitarie della società civile, e fomentare le condizioni per attacchi di sciame in relazione alle crisi politiche.
[4] In “Hinterland: America's New Landscape of Class and Conflict”, Phil Neel descrive il ruolo degli “hooligan" e degli “ultras” nell'aiutare la rivoluzione egiziana del 2011. Vedi pp. 153-156. Una copia stampabile di due capitoli chiave è qui.
[5] Vedi "Summer in Smoke" di The Vitalist International. http://chuangcn.org/2019/12/summer-in-smoke/
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Il terreno sta cambiando: una conversazione sulla ribellione di George Floyd
di Jarrod Shanahan E Zhandarka Kurti, a cura di Ill Will Editions
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L'assassinio di George Floyd ha catalizzato disordini sociali esplosivi come non se ne vedevano in questo paese da generazioni. Sebbene le cose sembrassero ridimensionarsi a livello nazionale alla fine di giugno, il mese di agosto ha visto una rapida ripresa del conflitto, con espropri di massa a Chicago, feroci scontri in diverse città tra cui Portland e Richmond, e una grande rivolta nella città di Kenosha (Wisconsin) durata tre giorni, culminata in scontri e sparatorie con i gruppi di estrema destra e la milizia locale. All'inizio di settembre, Ill Will si è riunito con Jarrod Shanahan e Zhandarka Kurti, autori del pezzo su Brooklyn Rail, "Prelude to a Hot American Summer (Preludio a una calda estate americana)", per discutere della seconda ondata di disordini sociali di quest'estate.
Ill Will: Nel tentativo di riflettere sugli eventi di quest'estate, alcuni di noi hanno iniziato a distinguere tra due facce apparentemente distinte del movimento: il "movimento sociale", e qualcosa che, in mancanza di un termine migliore, abbiamo appena iniziato a chiamare il "movimento reale". Da un lato, c'è il lato "di protesta", con tutte le sue organizzazioni politiche di sinistra costituite, le marce ritualizzate, i leader coi megafoni, la polizia autoproclamata (o "marshalls"), ecc. Quello che chiamiamo "movimento sociale" è la tendenza spontanea a tradurre l'antagonismo o il conflitto sociale in rivendicazioni, dialogo, disobbedienza pacifica, presa di coscienza, ecc. Anche quando questo porta, in alcuni casi particolari, a forme di azione più radicali, come l'autodifesa della folla o gli occasionali atti vandalici contro proprietà dello Stato, lo fa nella modalità della "politica di pressione" volta a influenzare i cambiamenti politici come il "definanziamento" [della polizia n.d.t.], ecc. Al contrario, usiamo il termine "movimento reale" come abbreviazione per indicare tutte quelle caratteristiche di ribellione che bypassano la rappresentazione, il discorso e il dialogo, e che invece perseguono l'antagonismo con lo stato e il capitale direttamente, anche fisicamente, se si vuole. Nell'ultimo mese, abbiamo visto persone bruciare parcheggi e uffici per la libertà vigilata, attaccare e svuotare catene di grandi magazzini, e combattere la polizia... e ovunque ciò avvenga troviamo sempre una marcata assenza di organi di mediazione come partiti politici e gruppi di sinistra. Vediamo anche poca o nessuna preoccupazione nel modellare il messaggio o nel fare appelli alla classe politica. Non è inteso come un momento di "dialogo", non è "politica con altri mezzi", né come un appello per una partnership giovanile. E non vediamo nulla che assomigli ad alcun tipo di processo decisionale democratico. In altre parole, con il "movimento reale" abbiamo a che fare con una forma non egemonica di antagonismo che non aspetta il permesso di nessuno, non dà credito a nessuna autorità al di là della propria percezione di cosa fare e di cosa ha senso, e generalmente non si considera impegnata in un appello alla società civile o come un nascente potere sovrano.  
Per i primi due mesi, sembrava che queste due facce del conflitto, questi due poli coesistenti del movimento fossero più o meno totalmente non comunicanti. Questo fatto sembrava essere riconosciuto dalle autorità, perché quando le forze dell'ordine parlavano di "manifestanti" in contrapposizione a "saccheggiatori" e rivoltosi, hanno chiarito che si trattava di gruppi distinti di persone che facevano cose ben diverse, legate da poco più del momento in cui partecipavano e dell'occasionale slogan condiviso. Per la maggior parte, sembra che non abbiano (avuto) torto. Come possiamo dare un senso a questo doppio fronte?
Zhandarka: Tanto per cominciare, questa importante distinzione deve essere collocata all'interno della traiettoria più lunga dell'ascesa della Black Lives Matter dal 2014 al nostro momento attuale. Durante la prima ondata di proteste BLM nel 2014, abbiamo visto giovani neri e di varie etnie scontrarsi con la polizia, ribaltare le volanti, tentare un'azione diretta, prendere il controllo di ponti e tunnel, tutte cose che normalmente associamo alle tattiche militanti e al "movimento reale". Questa militanza è stata interrotta da richieste di proteste pacifiche da parte dei cosiddetti rispettabili leader della comunità, che alla fine sono riusciti a recuperare l'energia delle proteste di strada in riforme liberali frammentarie come le (disposizioni ai poliziotti in servizio di indossare, ndt) body camera. Nell'arco di sei anni, sono successe molte cose che hanno aumentato la tensione sociale in questo Paese. Abbiamo visto proteste contro la violenza razzista della polizia, la resistenza alla Dakota Access Pipeline, una ribellione anti-austerità a Porto Rico, un'ondata di scioperi degli insegnanti in Virginia, Oklahoma e Arizona, un movimento militante antifascista, ecc. E questo senza parlare dell'impatto dei movimenti globali, come quelli di Hong Kong, della Francia, ecc. Il repertorio dell'azione diretta diventa ogni anno più combattivo, man mano che i manifestanti nelle strade diventano più intelligenti e più sicuri di sé. Tutto ciò è stato accompagnato da una crescente avversione per le riforme liberali, di cui Minneapolis è un esempio lampante. Tutto questo per dire che i giovani di oggi stanno vivendo una profonda politicizzazione in un arco di tempo molto breve.
Jarrod: Esattamente. Qualunque mito civico sia sopravvissuto alla presidenza Obama viene ora rapidamente spazzato via, compresa l'idea che la polizia possa essere messa al lavoro nell'interesse della classe operaia nera. Nel 2014, se qualcuno avesse cercato di cantare "fuck the police" a una manifestazione BLM, probabilmente sarebbe stato rimproverato da quei compagni di protesta che erano per il "non tutti i poliziotti", oppure sarebbe stato accusato di "mettere la gente in pericolo" e così via. "Il ragazzo ha fatto sparire quella merda dalla finestra." E in questa rapida politicizzazione, ho assistito a una maggiore permeabilità tra l'auto-identificato lato rispettabile del movimento, e la gente che correva dei rischi, adottando tattiche militanti, non rispettando la sacralità della proprietà privata. Mi sembra che questa nuova generazione si stia muovendo in modi che suggeriscono un offuscamento del binario da voi tracciato tra il movimento reale e il movimento sociale.
Per esempio, ci sono prove che le due cose si siano sovrapposte notevolmente nelle strade di luoghi come New York e Chicago, e sono sicuro anche in altri luoghi. Ero nel Loop il 30 maggio, il primo grande giorno della ribellione a Chicago e non potevo davvero credere ai miei occhi. C'era naturalmente una tradizionale confluenza di persone di sinistra, con gli infiniti canti che minacciano "nessuna pace", da parte di folle che rimangono pacifiche. Ma accanto a questo, c'era la distruzione aperta e in gran parte incontestata delle proprietà, gli attacchi ai veicoli della polizia, gli scontri tra la polizia e la folla - tutto questo in pieno giorno! Ho visto adolescenti che allegramente riempivano di graffiti "BLM", "ACAB", "ACAB" e "Fuck 12" quasi tutte le superfici possibili. Avendo passato così tanti anni a New York, temevo per la loro sicurezza! Ma la polizia era completamente sopraffatta, e ho anche notato che nessuno dei tradizionali poliziotti della pace - il tipo di manifestanti che chiamano "violento" ribaltare un cassonetto dei rifiuti e che potrebbero semplicemente denunciarti - si trovava da alcuna parte. Con l'avanzare della giornata, divenne chiaro che questi atti di distruzione di proprietà erano diventati pratiche generalizzate - così chiunque sarebbe stato per le strade a cantare "di chi le strade, le nostre strade" come abbiamo fatto tutti un milione di volte, e poi un minuto dopo lo avresti visto dipingere con lo spray "Fuck 12" sulla facciata di una Wells Fargo, e poi sarebbe tornato subito in marcia.
Mentre i giorni immediatamente successivi al 30 maggio hanno visto i due poli allontanarsi ulteriormente, con i saccheggiatori e i manifestanti che raramente condividono lo spazio, la ricomparsa del conflitto nella seconda metà dell'estate li ha avvicinati di nuovo. Penso in particolare a quello che considero uno sviluppo importante nella politica locale qui a Chicago, che ha ruotato intorno ai diffusi saccheggi del 9 e 10 agosto che tu hai già menzionato, sulla scia di una sparatoria della polizia a Englewood. Ora, un primo fatto interessante è che la vittima non è morta, e questo sconvolge notevolmente quelle che tradizionalmente abbiamo considerato essere le regole del gioco. Questa volta avete avuto qualcuno che è stato semplicemente ferito e che, secondo la polizia (e potete prenderlo con le pinze), aveva sparato. Eppure a nessuno importava della versione dei poliziotti, né di quello che asserivano avesse fatto, e il fatto che fosse ancora vivo non ha fermato quelle che sono diventate 36 ore di saccheggi e scontri in alcuni dei quartieri più ricchi di questa città.
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Ora, questo sarebbe un classico esempio di come noi tradizionalmente intendiamo il movimento reale, nei termini che state usando. Allora, cos'è successo la notte successiva? Chicago Black Lives Matter, i portabandiera del movimento sociale in una città in cui si profila ancora la figura del modello di "organizzazione della comunità" di Saul Alinsky, sono uscite per sostenere in carcere le persone che erano state arrestate per saccheggio. La città cercava da mesi di dividere i "buoni manifestanti" - pacifici, non conflittuali, disponibili a lavorare per le riforme, dai "cattivi manifestanti" - dai saccheggiatori, dagli incendiari, dai rivoluzionari. Questa distinzione si inscrive abbastanza chiaramente nella dualità movimento reale/sociale che avete indicato. Eppure quello che abbiamo visto dopo una grande notte di saccheggi, sono stati i "buoni manifestanti" che si sono schierati a sostegno dei cattivi manifestanti! Avevano persino uno striscione che rinnovava uno slogan dell'ultra-sinistra di qualche anno prima, "Il nostro futuro è stato saccheggiato, riprendiamocelo con il saccheggio!". Uno dei loro portavoce ha pronunciato una perorazione molto emozionante del saccheggio, che ha caratterizzato come una forma di riparazione! È stato un capolavoro. Questo non è il tipo di comportamento che ci si aspetta dal lato del movimento sociale, che si suppone sia il rivale del "cattivo contestatore" e che alla fine agisce per disinnescare la militanza e guidare i movimenti verso la non violenza e la riforma.
Ill Will: Il fatto che abbiamo visto gruppi organizzati di sinistra che difendono apertamente la distruzione e il saccheggio dei quartieri commerciali di lusso avvenuti la sera prima sembra certamente importante e nuovo. Si è verificata una sorta di "comunicazione" unilaterale, un gesto di riconoscimento da parte del movimento sociale del fatto che il movimento vero e proprio ha avuto luogo - come se i manifestanti dicessero: "ti vediamo", "lo sosteniamo", "questo ci risuona".
Tuttavia, mi sembra che la separazione che abbiamo osservato rimanga ancora. Abbiamo ancora i saccheggi da un lato, e i manifestanti dall'altro. Vale la pena ricordare che, nello stesso periodo in cui si svolgeva la manifestazione di sostegno al carcere da te descritta, i saccheggi si svolgevano ancora in altre parti della città. Inoltre, nella forma stessa con cui hanno mostrato il loro sostegno, riconosciamo facilmente il repertorio tattico del manifestante: presentarsi davanti a una stazione di polizia con uno striscione, organizzare un comizio, tenere un discorso, fare richieste, distribuire bottiglie d'acqua, ecc. Quindi c'è una separazione nel tempo e nello spazio, una differenza tattica, una separazione demografica - eppure, attraverso queste differenze, ha avuto luogo comunque una sorta di comunicazione o di incontro a distanza.
Zhandarka: Penso che anche qui sia importante il contesto del saccheggio. La pandemia e la crescente miseria in termini di disoccupazione e di sfratti, insieme alle tattiche militanti delle proteste del BLM, hanno portato anche questa volta a una maggiore tolleranza dei saccheggi tra la gente comune. Voglio dire, chi non vorrebbe dei bei vestiti da indossare o da vendere in seguito, se il suo lavoro o il reddito familiare non è più garantito? Recentemente sono stato nel Bronx a trovare mia madre e ho preso del cibo da asporto dal ristorante cinese di zona e ho ascoltato un diciannovenne che parlava della pandemia con il suo amico. "E pensavano che il saccheggio fosse un male, aspetta fino a Natale". E perché? Beh, perché tutti sono mascherati e i poliziotti non riescono a identificare le persone così facilmente. Credo che la gente comune, senza alcuna intenzione di partecipare alle proteste organizzate, ma che sicuramente sopporta il peso quotidiano dello sfruttamento della miseria e delle molestie della polizia, abbia approfittato di questo momento, e giustamente.
Jarrod: Il terreno sta certamente cambiando, e sta costringendo gli attori a prendere decisioni difficili. Così, mentre gli oratori di BLM Chicago esprimono soggettivamente l'affinità con i cattivi manifestanti, una maggiore vicinanza tra i due poli viene imposta oggettivamente al movimento dalla risposta dello Stato. Per esempio, sulla scia della polemica che BLM Chicago ha generato sostenendo "Ri-saccheggia" come forma legittima di protesta, il lato del movimento sociale ha avuto un assaggio del prezzo del rifiuto del dualismo tra buoni e cattivi. Il fine settimana successivo nel Loop, alcuni gruppi di attivisti locali hanno guidato una marcia a metà giornata dal Millenium Park, alla quale hanno partecipato alcune centinaia di persone. Tuttavia, nonostante seguisse il copione familiare che tutti conosciamo a memoria, è stata accolta con brutali ritorsioni da parte della polizia, che ha ampiamente superato in numero i dimostranti. La repressione è stata feroce, con la polizia che ha picchiato i bambini, spruzzando indiscriminatamente spray al pepe, urlando e ringhiando insulti, indossando un equipaggiamento antisommossa completo per attaccare una folla di giovanissimi. Alla fine la polizia ha intrappolato il corteo e ha costretto tutti a svuotare gli zaini dagli effetti personali sul marciapiede - e a farseli confiscare - se volevano evitare l'arresto. È stato sadico e deliberatamente umiliante - in altre parole, il modo in cui la polizia tratta i ragazzi del quartiere. Quello che ho pensato è stato che il Chicago Police Department volesse dire: "Se non volete rispettare il binario dei buoni e dei cattivi contestatori, allora fanculo, non lo faremo nemmeno noi, e vi tratteremo tutti come i cattivi".
Zhandarka: Sì, e voglio solo aggiungere che è anche una questione di rimanere in gioco. Dal 2014 ci sono state crescenti tensioni all'interno di BLM tra l'ala liberale, che ha chiesto più timide riforme, e i raggruppamenti più radicali e di sinistra che sostengono il defunding e l'abolizione della polizia. E data tutta la retorica radicale sul definanziamento della polizia, BLM deve anche darne prova nelle strade, manifestando per le persone quando sono accusate o arrestate per saccheggio e in genere devono confrontarsi con i ragazzi del quartiere.
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Ill Will: Dopo che la ribellione a Ferguson si è incanalata nel paradigma della protesta sociale più facilmente gestibile, la più ampia lotta Black Lives Matter è diventata ritualizzata, prevedibile e abbastanza sterile per molti anni. Negli ultimi due mesi, invece, è come se stessimo assistendo a qualcosa di simile a un doppio divenire. Da un lato, c'è il processo e il divenire di cui parlava poc'anzi Zhana: cosa significa quando gruppi di protesta come BLM si sentono obbligati a rispondere al movimento reale? Le azioni dei gruppi di movimento sociale sono rapidamente superate dall'esplosione di rivolte e saccheggi. D'altra parte, abbiamo visto l'ascesa globale di un nuovo tipo di cultura di avanguardia che ricorda il blocco nero durante il movimento no-global, con la differenza che ora sono per lo più spogliati di ogni riferimento esplicito all'ideologia anarchica. Questa cultura si è andata consolidando al di fuori degli Stati Uniti, prima a Hong Kong, in Libano, in Cile e in Iraq, per poi approdare a Portland, Atlanta, Rochester e in altre città americane quest'estate. Di conseguenza, abbiamo assistito a una costante escalation del tipo di tattiche di protesta che i giovani hanno voluto intraprendere. Non è più raro vedere ragazzi che si presentano con scudi, laser, respiratori, caschi, occhiali, guanti rinforzati e così via, anche quando non è davvero necessario, non si sa mai. Raramente si può andare a una dimostrazione oggi, almeno a Chicago, dove non si veda qualcuno che indossi almeno un respiratore a mezza faccia. La circolazione di queste pratiche in tutto il pianeta sta iniziando a contaminare e a trasformare i tipici rituali di protesta che ci aspettiamo. Di conseguenza, è importante non continuare a comportarsi come se le cose andassero male come sono andate per molti anni. Dobbiamo stare attenti a non aggrapparci troppo alle distinzioni e alle aspettative fisse nel momento in cui le vediamo eclissate nella pratica. Dobbiamo stare attenti a non schiaccia tutto ciò che sta accadendo su vecchie categorie, se ciò che stiamo vedendo è più interessante e complicato.
Jarrod: Conosciamo tutti il pericolo delle organizzazioni formali prodotte da queste rivolte, e gli spettri di cooptazione e di inerzia che suscitano. "L'auto-organizzazione - come diceva Théorie Communiste - è il primo atto della rivoluzione; diventa poi un ostacolo che la rivoluzione deve superare". Allo stesso tempo, ci sono aspetti del "movimento sociale" formalmente organizzato che mi piacerebbe credere possano avvantaggiare le persone impegnate in metodi di antagonismo più diretti. È difficile sostenere attività come l'esproprio e la lotta alla polizia per un lungo periodo di tempo. I vari settori del BLM, che dispongono di risorse, di mezzi di comunicazione sociale e di una presenza duratura nelle strade, possono portare continuità e coerenza nel tempo. Idealmente, la loro funzione dovrebbe essere quella di collegare una nuova generazione di giovani disaffezionati a un quadro pratico per la crisi sociale e le lotte che essa produce. I gruppi costituiti possono naturalmente diventare un ostacolo allo svolgimento di una lotta, ma al momento è importante che ci siano forme di identità collettiva che abbiano un qualche tipo di corpo coerente (per quanto liberamente configurato) e i mezzi e la capacità di fare continuare a ribollire le cose. Se la repressione del movimento da parte di Trump e Barr continua ad intensificarsi, ovvero se il movimento cresce alle proprie condizioni, è possibile che si vedano singoli individui o interi segmenti di movimento costretti alla clandestinità. Un qualche tipo di collegamento con le più rispettabili organizzazioni in superficie sarebbe una parte essenziale per non essere schiacciati in un momento come questo. E per essere chiari, questa dinamica si sta già sviluppando, con una notevole militanza di strada che si muove dietro il paravento di un movimento sociale più ortodosso. Finché il secondo non denuncia apertamente il primo, le possibilità di simbiosi sono di buon auspicio per far avanzare una lotta prolungata.
Zhandarka: Sono d'accordo. È ancora abbastanza facile per la destra e i liberali isolare politicamente i saccheggiatori e dividere il movimento. Non so quanto di questa divisione possa essere onestamente evitato, perché sappiamo che anche laddove l'identità del movimento è stata più coerente, le narrazioni ideologiche su contestatore buono / contestatore cattivo sono state un aspetto integrante di come si è sviluppata la controinsurrezione. Ma un certo grado di organizzazione potrebbe almeno anticipare e rispondere a queste divisioni.
Penso che sia importante anche il fatto che i bianchi stiano saccheggiando e compiendo sommosse. La loro partecipazione indica un cambiamento nel campo della "bianchezza" oggi. In passato, quando i bianchi si sono ribellati, è spesso stato contro i neri. Per esempio, quando i neri si trasferivano in quartieri esclusivamente bianchi, erano terrorizzati e molestati da mafie e rivoltosi bianchi. Durante la rivolta di Chicago del 1919, le folle di bianchi, molti dei quali giovani, hanno brutalizzato i residenti neri, provocando pesanti scontri che hanno causato oltre tre dozzine di morti (23 neri e 15 bianchi) e più di 500 feriti (due terzi dei quali neri). A causa dei loro legami con la macchina della politica e con la polizia, i bianchi non sono mai stati arrestati o perseguiti. Nel dopoguerra, le mafie bianche lanciarono bombe incendiarie sulle case dei neri che si trasferivano nei quartieri bianchi. Negli anni Sessanta, su scala nazionale, i bianchi che sostenevano i diritti civili o anche il potere nero e le lotte liberali nazionali non hanno partecipato alle rivolte. Quindi, la partecipazione dei bianchi alle rivolte è uno sviluppo interessante che complica la narrazione dei manifestanti buoni e cattivi.
Ill Will: Mi chiedo se possiamo mettere in relazione questi due punti in qualche modo. Nei termini di questa distinzione tra "buoni" e "cattivi" manifestanti, non solo c'è stato un divenire o uno spostamento all'interno dei gruppi di sinistra (come abbiamo già notato), ma sembra anche che stiamo assistendo all'inizio di una forma di attività poliziesca che non riconosce questa differenza. Tu hai parlato della sanguinosa repressione della manifestazione al Millenium Park, ma questo è sembrato altrettanto vero a Portland e Kenosha. Da parte sua, la polizia di Chicago ha avuto buoni motivi per mettere in dubbio la cosiddetta innocenza e la buona volontà della sinistra durante la manifestazione alla statua di Colombo a Chicago nel mese di luglio, che li ha portati a essere bersagliati da centinaia di lattine di LaCroix (un’acqua frizzante aromatizzata n.d.t) che sono apparse senza preavviso dal nulla. Da allora, quando arrivano gli scudi o gli ombrelli vengono tirati fuori durante le manifestazioni, la polizia di Chicago ha ora un ricordo di questo inganno. Mi viene in mente un aneddoto che usciva spesso sul giornale Race Traitor negli anni '90: quando un bianco veniva fermato da un poliziotto, cera una presunta lealtà basata sul colore della pelle, una sorta di tacita supposizione psicologica da parte dell'agente di polizia che "sto incontrando un alleato bianco". Lo scopo dell'aneddoto, naturalmente, era quello di incoraggiare i bianchi ad abusare di questa presunzione di innocenza, combattendo la polizia al fianco dei loro fratelli e sorelle neri. Eppure questa sorta di presunzione di innocenza ha circondato l'attivista di sinistra a Chicago per anni: per la maggior parte, la polizia sapeva di non doversi preoccupare che le cose sfuggissero di mano, perché gli organizzatori avrebbero governato internamente ogni elemento indisciplinato della folla. Dopo l'azione alla Statua di Colombo del 17 luglio, però, la polizia è ora costretta ad avvicinarsi alla sinistra come un'amante abbandonata: "Una volta ci fidavamo di te... ora non sei meglio dei ragazzi del quartiere". Questo fatto, unito alla seconda ondata di saccheggi, ha fatto sì che essi agiscano sempre più spesso in modi che sopprimono nella pratica qualsiasi distinzione tra il movimento sociale e il movimento reale. Da un lato, questo dovrebbe preoccuparci, in quanto implica una forma di controinsurrezione orientata alla violenza aperta, compreso l'uso delle armi e così via; allo stesso tempo, ha anche il potenziale di frantumare le illusioni che la sinistra ha custodito e riprodotto con cura per anni. Si può parlare qui di "tradimento della sinistra"?
Jarrod: La mia linea in questo momento è che la maggior parte di noi che ha gravitato intorno ai movimenti conosce tutte le stronzate che ci si può aspettare dai liberali radicali, dagli imbroglioni, dai finti rivoluzionari senza scopo di lucro, e tutto il resto. Bene. Invece di fermarci a quell'analisi, però, dico di fare attenzione a dove questo non stia accadendo. La maggior parte di questi attori non sono entità statiche, e stiamo vivendo un momento che lascerà immutari solo i partigiani più inveterari.
Zhandarka: Non dimentichiamo che la controinsurrezione morbida è un'invenzione liberale. In tutti questi baluardi liberali come Chicago, Philadelphia e New York sono stati i sindaci democratici a scatenare la polizia sui manifestanti. Chicago è un caso interessante perché è stata la mecca della politica nera fin dall'inizio del XX secolo.
Jarrod: Beh, loro sono i controinsurrezionalisti che hanno colpito più duramente nella storia. Voglio dire, è da lì che viene la controinsurrezione morbida di oggi, che risale agli anni Sessanta. Le grandi città democratiche come New York, che hanno visto un grande afflusso di lavoratori neri durante la Grande Migrazione, hanno imparato negli anni Sessanta che la forza da sola non poteva contenere la ribellione urbana, e grazie ai loro fondi, e a molti dei finanziamenti della Great Society di Lyndon Johnson, sono state in grado di costruire dei baluardi contro l'insurrezione all'interno della sinistra. Molti degli apparati della macchina politica non profit e iperlocalizzata che conosciamo oggi risalgono a quel periodo. E molti di questi giovani che vediamo in queste organizzazioni no profit di sinistra potrebbero diventare il prossimo Obama; molti gruppi locali sono legati alla stessa struttura finanziata dalla Ford Foundation che ha prodotto il primo Obama. Per il momento, alcuni di questi giovani sembrano voler abbandonare questo ruolo in un modo molto pubblico.  
Zhandarka:  La giovane generazione di oggi ha molte meno illusioni da scrollarsi di dosso. Mentre prima c'era più speranza di riformare la polizia, soprattutto quando Obama era comandante in capo, oggi quella speranza è svanita. Oggi i giovani capiscono che la polizia fa abitualmente violenza ai neri e questo fa parte del loro lavoro. Eppure, c'è ancora un segmento significativo della classe liberale nera che pensa che abbiamo solo bisogno di riformare la polizia. Ma voglio dire, cosa faranno Biden e Kamala? I giovani stanno assistendo allo sviluppo di BLM e vedono che nel 2020 la risposta dei Democratici alla violenza della polizia è di eleggere due persone che hanno sostenuto l'aumento della polizia e l'incarcerazione di massa. È uno schiaffo totale. Credo che, come è successo con il Black Power negli anni Sessanta e Settanta, questa nuova generazione stia vedendo che la rappresentazione non significa forza.
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Ill Will: Assolutamente. La lotta per l'emancipazione in America si sta rapidamente disfando del peso del suo bagaglio democratico. Sta abbandonando gli ostacoli che ancora la legavano durante Occupy. Le pratiche discorsive stanno cadendo in disuso, o si stanno fondendo con i meme e gli shitposts e stanno diventando molto più fluide. Questo ha aperto il campo a un molto più combattivo repertorio di ciò che la gente considera interessante e produttivo. Le giovani generazioni - in particolare i ragazzi delle classi subalterne - preferirebbero ribellarsi e lanciare cose contro la polizia piuttosto che stare seduti in un'assemblea generale in attesa del loro turno per parlare. Questa è in gran parte una buona cosa. Uno degli aspetti negativi, tuttavia, è che ci manca un quadro simbolico attraverso il quale parlare oltre le linee della razza di che cosa significa che dei bianchi si presentano in questa lotta al fianco dei neri e stanno dimostrando il loro rifiuto pratico della supremazia bianca con la volontà di fare fronte alla violenza della polizia per fare avanzare l'antagonismo. Ci mancano i mezzi per parlare in termini positivi di cosa significherebbe vivere insieme in un mondo condiviso e che si rafforzi reciprocamente, senza doversi controllare a vicenda. Così sembra che, anche se in modo gestuale (cioè in termini di pratiche) ci sono innovazioni che accadono ogni singola settimana, la situazione rimanga simbolicamente congelata.
Jarrod: Non è un fatto insignificante che i due compagni uccisi a Kenosha fossero bianchi. Sembra particolarmente offensivo per molti di questi tipi di miliziani di destra vedere bianchi per le strade mettere a rischio la propria vita in nome della vita dei neri. E molti di loro si sono uniti a questo movimento. Forse sono un pessimista, ma non credo che la gente sia disposta a mettere a rischio la propria vita per una causa che non vede come propria. Questo significa che questi bianchi non si presentano come "alleati", sono partigiani che partecipano a una ribellione generalizzata contro la vita negli Stati Uniti. Certamente, il trattamento dei neri da parte della polizia è una delle caratteristiche più repellenti della vita americana, e dobbiamo intenderlo come il livello più basso con cui la maggior parte delle vite viene svalutata. Di conseguenza, questo è un momento in cui i muri tra le cosiddette razze vengono abbattuti per le strade. Purtroppo, in un momento come questo, vediamo che proprio questi confini razziali sono pesantemente sorvegliati, e non solo a destra.
Zhandarka: Gli americani vivono un'esistenza molto segregata e atomizzata. Per questo motivo, è stato sorprendente vedere questa esplosione multirazziale nelle strade. È uno sviluppo importante che tanti giovani bianchi sono attratti dall'antirazzismo e marciano per le strade. Allo stesso tempo, molti bianchi vedono ancora la violenza della polizia come un problema che riguarda solo i neri. Naturalmente, i neri vengono uccisi. Ma la polizia è anche una questione sociale, una questione che tocca il cuore della nostra umanità. Finché i giovani bianchi non vedranno che anche la loro vita è stata resa problematica da questo sistema più grande, le lotte non avranno soluzione. Penso agli innumerevoli luoghi rurali economicamente devastati dove i giovani bianchi affrontano la povertà e tutti i problemi che ne derivano, ma non hanno il linguaggio per dare un senso alla propria miseria e a come essa sia collegata - nonostante le importanti differenze - a quella dei neri, e a come il sistema funzioni nel suo complesso. Ma una parte di me è ottimista. Se c'è un momento per collegare le cose, è questo di adesso. Stiamo vedendo che il Covid continua ad imperversare, abbiamo visto notizie di stati che stanno esaurendo i soldi della disoccupazione, sempre più giovani sono stati cacciati dai posti di lavoro di merda a basso salario, tra cui l'industria della ristorazione, il commercio al dettaglio.
Ill Will: In mezzo a questo dilagare della "diserzione dei cittadini" dalla politica progressista, e al propagarsi di una cultura di avanguardia che si sta distaccando dal feticcio del proceduralismo democratico, della leadership identitaria, del dialogo cittadino o delle "richieste" - allo stesso tempo, stiamo vedendo Trump e l'estrema destra tentare di provocare questi movimenti sociali verso scontri militari. Il loro presupposto è presumibilmente che la sinistra non sarà pronta né in grado di sopportare un tale confronto, il che è quasi certamente vero. Come si intensifica la defezione all'interno della sinistra e allo stesso tempo si tiene aperta la finestra per le persone che non ne fanno parte classicamente? Come possiamo fare in modo che la lotta rimanga aperta alle persone che non hanno una conoscenza avanzata delle armi o una capacità di lotta armata?
Jarrod: Penso che questa sia la sfida che dobbiamo raccogliere in risposta all'aumento della violenza armata di destra e della repressione dello Stato. Naturalmente la gente dovrebbe difendersi, e potrebbe arrivare un momento in cui abbiamo bisogno di autodifesa armata nelle nostre manifestazioni in luoghi come Chicago, come già esiste nel Pacific Northwest. Ma questo non significa dire che abbiamo bisogno di eguagliare la destra, in un accumulo di armi da fuoco e nella preparazione di qualche tipo di guerra, che come molte persone intelligenti hanno fatto notare più o meno nell'ultima settimana sarebbe in realtà tra due gruppi molto piccoli di persone relativamente giovani e avventurose. Non credo che questo sia l'orizzonte a cui dovremmo puntare, e per evitarlo, il compito sarebbe quello di chiarire non solo ciò contro cui lottiamo, ma anche ciò che vogliamo - il mondo che vogliamo costruire e come ci immaginiamo il nostro percorso a partire da questo attuale disastro.
Zhandarka: Riportare il discorso a questo momento. Anche se si sviluppa un vaccino, questo non significa che le cose torneranno alla normalità. Quindi, dobbiamo approfittare dell'apertura che questo momento ha fornito per collegare le lotte e chiarire la nostra posizione. Come faremo a collegare la lotta contro la violenza della polizia con la crisi che il COVID ha messo a nudo?  La  ribellione che fermenta è un grande inizio! Ma milioni di americani stanno silenziosamente soffrendo per questa pandemia globale. E non abbiamo ancora visto una grande resistenza nei luoghi di lavoro o nelle scuole. La maggior parte degli americani ha generalmente accettato la pandemia e ha riorganizzato le proprie vite per accoglierla. La maggior parte delle persone andrà al lavoro e a scuola indossando maschere e si chiederà: "Oggi morirò?". Ma questa soluzione potrebbe non durare. La gente potrebbe stufarsi, può accadere di tutto. Quindi, dobbiamo creare dei collegamenti tra le diverse crisi che si stanno manifestando nella vita americana, ma dobbiamo anche difendere qualcosa. E credo che ci sia una certa esitazione a dire cosa vogliamo "noi", e credo che questo sia un grave errore. La destra e i liberali sono tutti a favore di qualcosa, e questo qualcosa è un ritorno a più morti e più miseria. Nell'ultimo decennio, il "noi" si è trovato per strada, nelle proteste, nelle organizzazioni che sono cadute a pezzi per vari motivi. Tutto questo va bene e dovremmo stringere questi legami, risolvere la questione tra questi piccoli milieux che esistevano in passato. Ma dobbiamo anche avere il linguaggio, il linguaggio politico per aiutare i giovani che partecipano a queste proteste a dare un senso al mondo e alla visione del futuro. Dobbiamo sviluppare un modo di parlare dell'idea di vita che vogliamo abbracciare.
Settembre 2020
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Armi ed Etica
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di Adrian Wohlleben. La questione etica non riguarda le armi, ma quali di esse.
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Non esiste una insurrezione pacifica. Questa è l’America; non c’è scenario immaginabile in cui i conflitti sociali continuino e la gente non si armi, su tutti i fronti. Se le armi siano necessarie è un problema aperto, ma in ogni caso sono inevitabili. Tuttavia, come degli amici annotarono tempo fa, c’è da fare una distinzione importante tra “essere armati e l’uso delle armi”. Se le armi sono un elemento inevitabile di qualsiasi insurrezione americana, è questione di fare tutto il possibile per rendere il loro uso non necessario.
Per chi ha partecipato e per chi ha osservato la sollevazione di quest’estate, gli scontri a Kenosha in seguito alla sparatoria di Jacob Blake hanno portato con forza la questione della violenza armata in primo piano nel dibattito. La presenza di armi dal “nostro lato” offre un qualche senso di sollievo dal pericolo? Rendono possibile qualcosa che non lo sia altrimenti? Riusciamo ad immaginarle usate in un modo che apra la situazione e faccia sentire le persone più forti?
Nella sua “Critica della Violenza” (1921), scritta nel periodo immediatamente successivo alla sconfitta dell’insurrezione comunista in Germania, Walter Benjamin cerca di aggirare le opposizioni sterili tra violenza e “nonviolenza”, tra forza legittima ed illegittima, spostando piuttosto la nostra attenzione sulla differenza, più decisiva, tra le modalità della violenza. Sospendendo la questione degli “obiettivi” o degli scopi della violenza—che, nella visione di Benjamin, ricade subito nel mito e nella metafisica—e differenziando piuttosto tra i suoi mezzi e i suoi usi, spostiamo il problema da un registro strumentale o tecnico ad uno etico. Invece di chiederci, “per quale fine si verifica questo atto?” dovremmo chiederci Com’è questo atto dall’interno? Cosa fa a noi e a quelli intorno a noi? Come attiva, o disattiva, la nostra capacità di partecipare a pieno dell’esistenza? In questo modo Benjamin è in grado di riformulare la questione della violenza rivoluzionaria: la sua differenza dalla violenza di stato non risiede nei “compiti” o nell’agenda che pretende di servire, ma innanzitutto e più di ogni altra cosa nella relazione con i mondo, con sé stessi e con gli altri che comporta.
Si tratta di applicare oggi lo stesso sguardo alla presenza di violenza e armi nei movimenti di ribellione. La violenza non è “buona” o “cattiva”, nemmeno se inquadrata nei termini dei “fini” o propositi che serve (la tradizione ci offre in ogni caso pochi spunti quanto a un programma, un modello o una vocazione). Sarebbe meglio chiedersi quali tipi di armi, e le modalità del loro uso: In che modo il nostro uso delle armi lavora alle nostre spalle per definire il significato e i limiti della nostra forza? In che modo questa scelta influenza e predispone chi vuole unirsi a noi, e persino cosa concepiamo come “vincente”? Come possiamo rendere questa scelta esplicita a noi stessi? Per essere chiari la questione non può essere ridotta alle sole armi da fuoco (il mio focus qui), ma riguarda tutto lo spettro delle tattiche— cortei, blocchi, occupazioni, scontri, espropri, muto appoggio, e così via. Si tratta di ragionare sulla lunga distanza, sul nostro modo di guardare le cose, sul significato stesso della rivoluzione come processo immanente e vissuto. Tutti i metodi messi in campo dagli insorti devono essere soggetti a dubbi etici di tale sorta. Abbiamo bisogno oggi di un dibattito sincero sulle tattiche: Quali pratiche hanno avuto successo nel rendere più profonde e larghe le rotture sociali, aprendo così una possibilità reale di comunismo? Quali hanno finito per confinare le insorgenze in un campo chiuso di problemi specialistici, più facili da governare e gestire?
*
C’è un’etica sottesa alla selezione delle armi da fuoco, e alla visibilità che comporta. Forse, quando pensiamo alla presenza di armi tra i manifestanti dobbiamo distinguere tra quelle in bella vista e quelle nascoste. La gente stile milizia ma di sinistra, che porta apertamente fucili lunghi, spesso dice di essere lì per “proteggere” la manifestazione o la folla fuori dal tribunale. Per questa ragione li consideriamo formalmente o ideologicamente allineati con i manifestanti, o “dalla nostra parte”. In realtà la folla a Kenosha era già armata, solo con pistole alla cintura. Tra questi due gruppi bisogna fare delle distinzioni qualitative riguardo le modalità (di uso) delle armi, e su come ciascuna di esse influenzi chi le porta nel relazionarsi con la folla intorno.
A differenza di quanti equipaggiati con fucili di grosso calibro e giubbotti antiproiettile, chi aveva pistole nascoste alla cintura è (stato) in grado di continuare ad essere coinvolto nelle forme più “sociali” della ribellione. Con ciò intendo quelle forme d’azione non specializzate accessibili da chiunque si presenti semplicemente ad un corteo, come per esempio i graffiti, infrangere i vetri del tribunale, lanciare sassi alla polizia, incendiare camion della spazzatura, partecipare agli scontri ed espropriare, ecc. Per lo più, dal momento che chi le porta non in vista nella folla spesso non fa mistero nella folla di essere armato, spesso dicendo a chi gli sta vicino di aver intenzione di rispondere al fuoco se la folla venisse attaccata, non fanno del loro possesso di armi una vocazione esclusiva. Avere un’arma non è trattato come un’identità o una “funzione sociale” che distingue dagli altri. In molti casi, chi si muoveva con loro nella folla non vedeva le armi fino al momento del loro utilizzo, per esempio per aprire un bancomat, o come quando Kyle Rittenhouse ha aperto il fuoco ed almeno una dozzina di pistole, prima nascoste, sono uscite fuori dai loro foderi.
Al contrario—ed è in questo senso che la scelta di uno strumento come un fucile di grosso calibro diventa etica e non semplicemente tecnica—l’uso delle armi da parte delle milizie afroamericane o di quelle vicine ad esse, tende a specializzarsi, finendo in una sorta di circuito chiuso. Con rare eccezioni—come ad esempio nel caso del confronto armato con un Bearcat (un veicolo militare simile al Lince italiano, n.d.t) che si era scagliato sulla folla davanti al tribunale di Kenosha la prima notte—le milizie di sinistra che portano le armi in bella vista rimangono ai margini della manifestazione, ed in genere si rifiutano di partecipare in altro modo. Da una parte si potrebbe leggere questa scelta come messa in pratica di una funzione ugualmente “sociale”, se non altro se si crede che la folla abbia bisogno di “protezione” o sorveglianza. Tuttavia suona comunque come un equivoco visto che i manifestanti erano già armati e non hanno esitato a tirare fuori le pistole quando dei colpi sono loro arrivati addosso. Allo stesso tempo, chi aveva le pistole alla cintura ha continuato ad unirsi e andare avanti insieme con altri ruoli, pratiche e forme di partecipazione. Si sono messi in gioco nei generi di gesti di attacco, di difesa e hanno fatto in modo che ogni altro potesse, rompendo le panchine di cemento per ricavarne sassi, puntando laser sulla polizia, lanciando vernice sui parabrezza e sui vetri dei Bearcat per immobilizzarli, scortando al sicuro i manifestanti feriti o accecati dalla polizia, lanciando fuochi d’artificio, e tutto il resto.
La scelta delle armi non è meramente tecnica ma è allo stesso tempo etica. Dato il clima di ostilità sociale montante, la necessità di una autodifesa collettiva è un fatto innegabile delle rotture sociali in corso. Il modo in cui cercheremo di risolvere la questione avrà un impatto sulle possibilità di composizione sociale sul campo. Più la violenza armata si distacca dalle altre forme di lotta, più diventa qualcosa che trattiamo come un problema tecnico specialistico che richiede una conoscenza esoterica, più tenderà a divergere dall’intelligenza e la fiducia della folla. Il risultato, in ultima analisi, è una de-escalation, visto che quella modalità ancorerebbe chi è inesperto nei suoi metodi ad un continuo sentirsi indesiderato o impreparato a mettersi in gioco in prima persona.
Al contrario, mentre potrei sapere che c’è una pistola alla cintura di una persona che lancia sassi accanto a me, questo fatto non comporta la cancellazione di altre forme di impegno, partecipazione e collaborazione. È decisivo mantenere un piano di consistenza comune di pratiche trasversali a chi è armato e a chi non lo è. Di contro, la pratica stile milizia di portare apertamente armi lunghe rischia di produrre una sorta di solipsismo tattico. Più la gente crede che la sua unica funzione nella manifestazione sia di essere una “arma vivente”, meno sarà incline a partecipare all’intelligenza collettiva della folla, che di solito è in grado di trovare altre soluzioni ai problemi che le si pongono, piuttosto che l’aprire il fuoco. Ciò per rendere conto della strana sensazione che si prova passando in corteo accanto a gente del genere, o facendo scontri con le guardie in loro presenza: invece di rimanere in contatto fluido con lo folla, o sentirsi parte di ciò che sta accadendo, la loro sconnessione dà l’impressione che siano una terza o addirittura quarta forza sul campo. Sembrano, in aggiunta alla polizia, ai manifestanti e alle milizie di destra, come un altro problema da affrontare, un altro elemento non prevedibile con la sua logica interna, inaccessibile a chi lo circonda.
Le armi dal nostro lato ci offrono un qualche senso di sollievo dal pericolo? Rendono possibile qualcosa che altrimenti non lo è?
Qualsiasi senso di “sollievo” che possiamo provare in presenza sia delle pistole che dei fucili di grosso calibro, riguarda esclusivamente uno scenario in sé stesso già terrificante—che sia la polizia o la destra ad aprire il fuoco su di noi—e che in ogni caso finirebbe in un disastro caotico che distruggerebbe la potenza collettiva della folla. In che misura la consapevolezza che “il nostro schieramento” è armato ci aiuta a relazionarci con questa possibilità? In uno scenario del genere, sarebbe buono non siano solamente i fascisti a sparare—a patto che il rispondere al fuoco non provochi fuoco amico ed ulteriori vittime tra i nostri. Ad essere onesti l’intensità di queste situazioni eccede così abbondantemente ciò a cui la maggior parte di noi è abituato, che il tipo di gesti e tattiche che conosciamo e capiamo non trova facilmente supporto in essa. Ne risulta che ha poco senso associarle a qualsiasi cosa di “positivo”, o affermare che la presenza di armi da fuoco generi una sorta di “apertura” nella situazione al di fuori di questa eventualità.
In ultima analisi, l’unica cosa a cui le armi dal nostro lato possono “contribuire” è la possibilità di rallentare un massacro, visto che introducono la possibilità di rispondere al fuoco. Tuttavia, lo spargimento di sangue è solo spargimento di sangue, e non c’è niente da celebrare in esso, eticamente, socialmente, alle sue condizioni.
Settembre 2020.
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Come sarebbe da fare
Idris Robinson. Trascrizione dell’intervento del 20/7/20 a Seattle.
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Vorrei incominciare con un applauso per quello che è successo qui ieri notte (Seattle, 19/7), alla classe lavoratrice e ai ribelli di Seattle: mi è veramente piaciuto ciò che ho visto, per questo sono qui, per sentire quella energia. Vorrei anche esprimere la mia solidarietà ai compagni in Grecia. Sono stati loro a permettermi di fare esperienza dell’insurrezione per la prima volta nel 2008. Le lezioni che ho imparato e le esperienze che ho vissuto si sono rivelate oggi molto utili, anche se siamo in un contesto sociale molto diverso. Inoltre li un compagno è stato ucciso dalla polizia recentemente. Al compagno caduto, Vassilis Maggos, voglio dire: rest in power.
Il titolo che ho scelto merita un po’ di spiegazioni. Si tratta di un riferimento a Chernyshevsky [1], e al romanzo che scrisse da dentro una prigione zarista. Lenin prese in prestito il titolo per il suo pamphlet del 1902, Che fare? [2], che fornisce risposte a quelli che definisce come “problemi scottanti del nostro movimento”: cosa vuol dire costituire un partito avanguardia?  Come diffondiamo coscienza da questo partito avanguardia alla classe lavoratrice? Come passiamo dagli scioperi ad una lotta politica rivoluzionaria complessiva? Più tardi, nel 2011, un testo intitolato “Come fare” appare nella rivista del collettivo francese Tiqqun [3]. Invece di pronunciarsi sugli scopi e sugli obbiettivi che si dovrebbero perseguire, Tiqqun cerca di spostare il focus sui mezzi e sulle tecniche di lotta. Invece di pensare ai fini, hanno riflettuto sui mezzi che dovremmo impiegare.
Il mio obbiettivo qui è molto meno ambizioso. Quanto alla costruzione grammaticale “might should”, dal dialetto del Sud, ho cercato di afroamericanizzare un po' il titolo. Un discorso serio perché si tratta di tentativi di tesi e proposte: sono d’accordo col fatto che mi venga detto che sbaglio su una qualunque delle cose che dico, se ciò produca una più profonda ed ulteriore discussione sulla strategia. Vorrei veramente aprire un dibattito, e lasciarlo aperto alle persone che vogliano affrontarlo come preferiscono e portarlo avanti. Allo stesso tempo, vorrei che il dialogo fosse onesto. C’è una sorta di postura di cinismo, nichilismo e moralismo democratico che trattiene l’insurrezione. E penso che sia giunta l’ora: stiamo sperimentando una rivolta di una portata che molti di noi non hanno mai vissuto. Anche se dovessimo comparare gli eventi di oggi alla Grecia, questa roba è andata molto oltre. Ci sono molti più martiri in questa lotta di quanti ce ne siano mai stati nella sollevazione greca. È giunta l’ora per un pensiero e una riflessione strategica.
Certamente è strano trovarmi a dire queste cose in America, il posto più controrivoluzionario del mondo. Ma dobbiamo riorientarci e prendere sul serio queste domande. La posta in gioco si è alzata e ora è veramente alta. È tempo che ci riflettiamo seriamente.
1. Una sollevazione militante nazionale è di fatto avvenuta. L’ala progressista della controinsurrezione cerca di negare e disarticolare questo evento.
L’ovvio non è sempre così ovvio.
Lo abbiamo visto tutti. Tutti abbiamo visto cosa è avvenuto dopo l’assassinio di George Floyd. Quanto accaduto è stato una ribellione estremamente violenta e distruttiva. Si è trattato di un fenomeno come non ne abbiamo visti di simili in America negli ultimi 40 o 50 anni. Davvero pochi tra noi hanno fatto esperienza di qualcosa di questa magnitudine: un commissariato è stato immediatamente dato alle fiamme a Minneapolis, dopodiché intere città sono andate a fuoco - New York, Atlanta, Oakland, Seattle. Sono state rapidamente fatte comparazioni con le rivolte dopo l’assassinio di Martin Luther King. Tuttavia, penso che stavolta siamo andati oltre, penso che il 2020 sia più duro del 1968, e che non abbiamo ancora finito.
A dispetto di tutto ciò, i riformisti hanno avuto l’audacia di affermare che tutto ciò non è mai effettivamente avvenuto. Tentano di fare sparire le macchine della polizia bruciate, di cancellare dalla memoria i commissariati in fiamme, come se non fosse successo. Sento lo stesso canovaccio, ancora e ancora: qualcuno appare nei telegiornali, un attivista politico pronuncia un discorso, e li ascoltiamo dire qualcosa del tipo “le proteste sono state pacifiche e non violente, sono state nei limiti della legge e dell’ordine”. No: gli spari agli sbirri a St. Louis non sono stati un fatto nei limiti della legge e dell’ordine. Hanno fatto del loro meglio per fare scomparire questo evento. Uno si chiede su quale pianeta vivano per collocare dentro confini civili un commissariato bruciato.
Questa delusione è qualcosa sulla quale dobbiamo riflettere. In ultima analisi, è qualcosa di più di una delusione. Ciò accomuna in verità tutti i liberal progressisti che chiacchierano su cosa è accaduto quest’estate. Dai democratici di Biden a virtualmente tutti i media mainstream non affiliati con Fox News, alla gente di Black Lives Matter TM, l’ordine del giorno promosso da tutti questi gruppi è l’affermazione che l’insurrezione non abbia avuto luogo. Ho letto anche un recente studio di una certa agenzia di consulting che vorrebbe dimostrare con dati quantitativi che le proteste hanno avuto una natura veramente civile. [4]
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Il punto è che, qualsiasi statistica o grafico disegnino, nulla potrà cancellare il fatto che le auto della polizia sono state incendiate a dozzine nelle città americane. Allora perché i liberal finiscono per avere bisogno di fare salti mortali come questi per cancellare quest’insurrezione o questa sollevazione? Perché le braccia più violente della legge e dell’ordine - p.e. il Procuratore Generale William Barr - sono le sole voci ascoltabili oggi disposte a riconoscere che la sollevazione è avvenuta? Occorre riflettervi in profondità.
Quel che è in questione è più di una momentanea perdita di lucidità. Questa è una strategia di negazione, una strategia controinsurrezionale di riforma per eccellenza.
Inconsciamente, i liberal riconoscono che una insurrezione è avvenuta. Non possono ignorare le vetrine spaccate ieri nelle strade di Seattle. Ma quel che vogliono è degradare il significato di questi eventi che significano tanto per noi, e che cerchiamo continuamente di moltiplicare. Loro vogliono ristabilire e riaffermare sé stessi, ma in una direzione diversa. In ultima analisi, quello che vogliono è bloccare le possibilità che la rivolta ha aperto, dissuaderci dall’andare avanti in questa sollevazione. Ossia come tutti i riformisti liberal democratici, quello che stanno tentando di fare è di sfruttare la fiammata per far sì che qualche cosa cambi, ma solo un po’ - che è come come dire per nulla.
C'è oltre a questo anche un elemento morale, un profondo problema etico. Quest’ala della controinsurrezione è precisamente una via ulteriore rispetto a quelle che il sistema ha trovato per gestire e sfruttare la morte dei Neri. Qui devo ricordare ( e ci ritornerò) che ci sono decine di giovani neri che hanno perso le loro vite nella rivolta, e che attivisti, giornalisti “impegnati”, politici progressisti di tutte le sfumature, e anche i cosiddetti attivisti BLM traggono profitto dalla loro morte. Questa è una narrativa ininterrotta nella società americana, e non finirà adesso senza che noi facciamo qualcosa.
Negando l’avvenimento cercano di oscurare la verità rivoluzionaria che si è inaugurata nelle strade. Vogliono estinguere il presente che abbiamo provocato. Vogliono fiaccare le nostre energie mentre propongono aggiustamenti superficiali e palliativi per preservare il sistema. La storia americana è la storia dei tentativi di riforma delle relazioni razziali. Se non lo hanno capito bene a questo giro, non lo capiranno mai.
Qualsiasi cosa facciano, qualsiasi lieve cambiamento realizzino, rimarrà sempre una pulsione insaziabile a brutalizzare e uccidere le persone Nere. Chiunque approfitti di quel tipo di cambiamento è complice di questo assassinio. Se blocchi la traiettoria rivoluzionaria della ribellione, hai il sangue sulle mani. Chiunque rimane complice del sistema è il nemico, tout court.
Di contro, la Destra ha adottato l’approccio opposto all’evento. A parte noi rivoluzionari, sono le sole voci oggi che riconoscono che la ribellione è avvenuta. Vi è un’onestà illuminante in quel che dice William Barr. Mettiamola così: prima di potere schiacciare con la forza ed eventualmente sopprimere un’insurrezione, deve anzitutto riconoscere che ne è avvenuta effettivamente una. In questo senso, vi è dell’onestà nelle parole di Trump. Trump e il suo intero codazzo della Fox, tutti coloro che rivendicano legge e ordine, non hanno altra scelta se non di riconoscere l’esistenza della sollevazione, precisamente perché vogliono debellarla. Proprio oggi, Trump ha dichiarato in tv che intende inviare truppe d’assalto federali non solo a Portland ma a New York; Philadelphia e Chicago. [5] Per giustificare questa scelta, deve riconoscere che la sollevazione sia effettivamente avvenuta. Questi sono i due campi nei quali i nostri avversari possono essere divisi, il volto di Giano bifronte dello Stato che oggi affrontiamo.
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Inoltre, la ribellione mostra ai liberali cosa significa definanziare la polizia a metà, invece di abolirla e superarla distruggendola. Se qualcuno crede che basti prendere una serie di piccole misure e soluzioni veloci, o che possano ri-formare e preservare la polizia in quanto forza semplicemente rimpicciolendola - bene, il risultato è quello che sta accadendo adesso a Portland. Prendetelo come esempio per i liberali. Dall’altra parte, coloro che riconoscono che un cambiamento è effettivamente occorso, e che ora cercano di schiacciarlo, sono tipicamente più allineati con le traiettorie e le politiche fasciste, in quanto sono tipicamente le stesse persone che sentono il bisogno di sognare e difendere una sorta di immutabile, eterna e trascendentale idea di legge, ordine, e supremazia bianca. Qualsiasi cosa devii dall’ideale, questo lato fascista dell’ordine cercherà di annichilirla. Per tale ragione, devono rifiutare quelle stesse riforme che i liberali tentano di portare avanti. Per esempio, è per questo che Trump è così irritato sul cambiamento dei nomi delle basi militari. La questione in sé non conta nulla, ma la forma di potere che egli rappresenta non può sostenere questo tipo di cambiamenti, e cerca invece di spezzare e piegare l’evento stesso (dell’insurrezione) dentro i suoi binari.
Vi è una sola strada per affrontare quest’ala fascista dello stato: loro operano con la violenza, e noi rispondiamo con una violenza che è più potente. Tuttavia, per quanto riguarda l’altro lato più riformista, che aspira a negare l’evento per incorporarlo ai suoi obiettivi, dobbiamo essere più sottili nell’affrontarlo. Dobbiamo essere più ingannevoli, come la volpe di Machiavelli. L’onestà non è il loro modo di operare. Hanno sempre cercato di negare ciò che è proprio sotto i nostri occhi. Dobbiamo agire nei loro confronti con inganno e sovversione: dobbiamo doppiamente raggirarli.
Quanto a questi due lati dello stato, non voglio dire che uno sia in qualche modo più nefasto dell’altro, ma semplicemente che questi sono i due lati che dobbiamo affrontare, e infine sconfiggere.
2. Per quanto aperta da un’avanguardia Nera, questa ribellione largamente multietnica ha fatto in modo di travalicare spontaneamente le divisioni razziali codificate. Il contenimento della rivolta aspira a ristabilire queste linee di separazione rigide e a vigilare i loro confini.
Per iniziare, va detto che gli ex schiavi africani e i loro antenati sono stati l’avanguardia di qualsiasi cosa in questo paese. Non vi è cultura in America, in questa landa desolata americana, senza di noi. Non c’è musica classica: c’è il jazz, e lo abbiamo inventato noi. E a parte ciò, l’America non ha nulla da offrire al mondo e non ne ha mai avuto.
Tuttavia, ho usato il termine avanguardia in un senso più specifico. Non ci sono leader. Non siamo stati leader della rivolta. Siamo stati l’avanguardia che l’ha aperta, l’abbiamo innescata, l’abbiamo iniziata. Ciò che è seguito è stata una sollevazione estremamente multietnica, e i riformisti faranno qualsiasi cosa in loro potere per fare sì che questa verità sia cancellata. Se siete stati nelle strade, sapete che trovavate gente di ogni tipo. Differenti corpi, differenti fattezze, differenti generi, hanno manifestato sé stessi insieme nelle strade.
Vi sono molti discorsi su come farla finita con il razzismo, specialmente nei circoli ufficiali e accademici. Noi come farla finita con il razzismo lo abbiamo imparato nelle strade le prime settimane dopo l’assassinio di George Floyd.
Solo dopo che la sollevazione ha cominciato a rallentare ed esaurirsi i becchini e i vampiri della rivoluzione hanno iniziato a ristabilire le linee della razza e ad imporre un nuovo ordine sulla rivolta. La versione più sottile è venuta dagli stessi attivisti. I nostri peggiori nemici sono sempre i più vicini a noi. Siete stati tutti a quei cortei, quei ridicoli cortei, dove “i bianchi davanti, i neri al centro” - questa è appunto un’altra maniera di reimporre quelle linee in una forma più sofisticata. Ciò a cui dobbiamo aspirare è quanto abbiamo visto nei primi giorni, quando questi veri e propri confini hanno iniziato ad essere dissolti.
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Il più devastante esempio di come le linee e i confini della razza vengono reimposti viene dal caso della compagna storica di Rayshard Brook, Natalie White, che offre la più clamorosa dimostrazione di questa gestione razziale in molti anni. White è stata additata da attivisti cosiddetti “impegnati” di Twitter per il suo coinvolgimento nelle proteste ad Atlanta sull’assassinio del suo compagno. Alla fine l’hanno implicata nell’incendio del fast food Wendy’s dove Rayshard era stato ucciso. Spetta a noi non dare mai spazio a questo tipo di costrutti borghesi sulla colpevolezza o l’innocenza. Che abbia avuto una parte in quella distruzione o meno, non la giudico in nessun modo. Non spetta a noi, noi siamo solidali in ogni caso. Ma io accuso, io incolpo questi aspiranti benefattori, questi attivisti “impegnati” di Twitter che l’hanno implicata in quanto accaduto. Io incolpo esclusivamente questi attivisti, e Rayshard Brooks li incolpa dalla tomba.
L’ordine definisce nettamente le categorie di persone - queste sono le prerogative dei secondini, della polizia. Noi dovremmo ricordare l’esempio di John Brown, che fu spesso criticato dai suoi cosiddetti alleati e amici per essersi relazionato ai Neri in un modo che ritenevano inaccettabile. Se conoscete il modo in cui John Brown si è relazionato ai Neri ai suoi tempi, capirete che fu criticato per essersi relazionato ai Neri come esseri umani. Ogni volta che varchiamo questi confini razziali e ci incontriamo come esseri umani, è allora che veniamo criticati, specialmente dalle parti più avanzate della controinsurrezione. John Brown fu pesantemente criticato per la sua promozione di tattiche militanti, e Frederick Douglass fu tra i suoi più aperti critici per il suo appoggio all’insurrezione. Douglass avrebbe in seguito cambiato idea, ma la storia avrebbe provato che Brown era nel giusto: la sola via per abolire la schiavitù è attraverso l’insurrezione violenta. La storia lo ha ora in buona parte riabilitato. Ma quello su cui vorrei riflettere insieme è questo: se John Brown fosse vivo oggi, come sarebbe? Come si comporterebbe? John Brown sarebbe in galera accanto a Natalie White per avere varcato quei confini.
3. Eludendo il nucleo libidinale morboso della supremazia bianca, la politica dell’identità, l’intersezionalità, e il discorso del privilegio sociale costituiscono il settore più sofisticato di questo apparato di polizia.
Ci siamo tutti venuti a contatto ad un certo punto, in particolare se siamo stati coinvolti per un po’ nella politica. Sappiamo che la identity politics, questo discorso sul “privilegio bianco” e ciò che la gente chiama “intersezionalità” - rafforzano le linee razziali che cerchiamo di sormontare. Se mai ciò ha avuto un’utilità o uno scopo, la sollevazione, a questo punto, l’ha soppiantato. Lasciatemi approfondire queste idee una per una.
Privilegio: penso che tutti sappiamo, o tutti possiamo ammettere, o tutti dovremmo ammettere, che il privilegio è diventato un concetto puramente psicologico. Vi è una lunga storia della nozione di privilegio bianco. Essa risale a W.E.B. Du Bois, a Theodore Allen, a Noel Ignatiev, a Harry Haywood. Per ognuno di questi autori, si trattava di una costruzione teoretica il cui fine era incitare i lavoratori bianchi a scioperare al fianco dei Neri. In qualche modo in questo meandro che è la politica americana, la nozione è diventata psicologica, un modo per fare stare bene i bianchi riguardo la loro colpa. Se guardate, per esempio, al testo essenziale di Peggy McIntosh sul privilegio bianco, parla del privilegio di masticare con la bocca chiusa. Non me ne frega un cazzo di masticare con la bocca chiusa. [6]
Sull’intersezionalità: ne ho parlato al Red May quindi non voglio entrarci troppo qui, ma come John Clegg e io cerchiamo di mostrare, le presupposizioni implicate dall’intersezionalità stanno diventando empiricamente false. [7] Quello che i dati stanno iniziando a indicare è che, per esempio, ci sono più donne nere a fare le guardie carcerarie di quante ne finiscano in prigione. Ciò non discredita la lotta e la condizione della donne nere, ma in quanto costrutto, l’intersezionalità mostra i suoi limiti. Di fatto, vi sono più donne bianche incarcerate che nere, per strano che possa sembrare. Mentre per gli uomini neri, sappiamo tutti che in galera ci vanno e ci restano.
Qualsiasi cosa l’intersezionalità abbia voluto ottenere un tempo essa non è più percorribile o praticabile come una guida per noi. Nel mio intervento al Red May, ho proposto di ritornare alle basi del femminismo Nero. Abbiamo bisogno di categorie che comprendano la lotta delle femministe Nere oltre l’oppressione che il sistema infligge loro. Ho citato il libro di Toni Cade Bambara intitolato La Donna Nera (1970), nella cui eccellente prefazione rifiuta di definire cos’è una “donna Nera”. Non dice che una donna Nera è l’intersezione di due oppressioni: non dice che le donne Nere sono ai margini di due sistemi differenti di gerarchia. Ciò che argomenta, invece, è che le donne Nere sono una possibilità aperta da comprendere ulteriormente attraverso la loro attività rivoluzionaria. Al posto dell’intersezionalità come un discorso di oppressione sistemica, quello che abbiamo bisogno di fare è di recuperare l’idea del femminismo nero come un discorso di lotta.
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Infine, per aprire questa definizione di cosa e chi siano le donne Nere, Toni Cade Bambara diceva che le donne Nere non possono essere costrette in alcuna identità statica imposta. Di sicuro sono qualcosa di più. Se guardiamo alla storia delle persone Nere in questo paese, siamo sempre stati qualcosa di più di ciò che è stato sbandierato su di noi.
Identity politics, internsezionalità, e discorso del privilegio sociale: sono tutte modalità della polizia.
Di più, e soprattutto, c’è che ognuno di questi discorsi ignora la politica libidinale, morbosa e terrificante, che sottende la razza in questo paese. Ci è voluto qualcuno coraggioso come James Baldwin per dirlo, e ognuno ha tuttora paura di ripeterlo. Se leggete il suo fenomenale racconto, “Stamattina stasera troppo presto (Going to Meet the Man)”, [8] potete cogliere acutamente le dinamiche del razzismo in questo paese. Per sintetizzare brevemente la storia: comincia nella camera da letto di una coppia bianca eterosessuale. L’uomo bianco sta lottando con l’impotenza. Come supera la sua impotenza? Torna con la memoria alla volta in cui da bambino era stato portato a un linciaggio. In questo linciaggio il cadavere era stato non soltanto mutilato, era stato mutilato sessualmente, ed erano stati dati a lui i genitali. Solo dopo aver ricordato di avere maneggiato quei genitali, è in grado di avere un’erezione.
Si tratta di una faccenda profonda. A nessuno piace parlarne. Ma questo è il nucleo del razzismo che dobbiamo toccare. Soprattutto, penso che nessuno voglia toccare questa parte del problema della razza perché vi siamo tutti implicati. È ovvio che i liberali bianchi si eccitino sui video di assassinii di Neri. È addirittura più ovvio che ci siano liberali Neri che sono più che felici di postare questi video per i loro obiettivi di carriera. Finché non terremo in conto queste pulsioni libidinali nel razzismo, non saremo in grado di spiegare come e perché Ahmaud Arbery è stato ucciso. Non ha nulla a che fare con la polizia. Ha a che fare con che cosa fa andare avanti la società americana come tale.
4. L’insorgenza non può essere confinata dentro alcuna categoria sociologica ben circoscritta. Eccedendo necessariamente ogni classificazione, è un residuo escluso che si distacca da tutto ciò che tiene insieme la desolazione americana. Di conseguenza, questa formazione combattente può essere definita solo nei termini del suo movimento e del suo sviluppo, come quello che è emerso nelle prime settimane della rivolta e che si dissolverà al momento del pieno compimento del progetto rivoluzionario.
Come detto in precedenza, ogni tipo di persona concepibile ha partecipato alla rivolta. Ciò può essere confermato da chiunque abbia partecipato alla rivolta stessa. Non c'è una categoria che possa riassumere tutti quelli che c’erano. Il meglio che possiamo dire è che quello che abbiamo visto era l'inclusivamente-escluso, o la parte dell’America che non vi ha parte, e che non vuole avere nulla a che fare con questo posto. Dal momento che una formazione può solo essere compresa da come si muove, fuori e dentro lo stato di cose presente, essa può essere tracciata solo dalla sua traiettoria: contro lo stato e il capitale, contro la società americana. Sta a noi, adesso, approfondire e rafforzare questa organizzazione spontanea, così da arrivare insieme a qualcosa di ancora più terribile, ancora più forte, di quello che abbiamo visto la scorsa notte. Qualcosa che spacchi in due la società americana.
5. La cosiddetta leadership Nera, pertanto, non può esistere e non esiste. Essa è una chimera che alberga esclusivamente nell’immaginazione liberale bianca.
Lo sentite dappertutto. L’ho sentito da ogni città, da ogni amico che mi ha scritto. Se chiamavo un amico e gli chiedevo, “Ehi, cosa è successo a New Orleans?”, o “Cos’è successo a Chicago?”. Se vi erano stati scontri, se la gente si era data da fare, non c'era menzione di alcuna leadership Nera. Se le cose si erano fermate, se erano state banalizzate, non si parlava d'altro che di una leadership Nera.
Il fatto è che io non ho mai conosciuto nella mia vita un leader Nero. Perché? Perché non esistono. Se ci sono leader Neri, sono morti come Martin e Malcolm. Se vali qualcosa, sarai ucciso. Se ci sono leader Neri, sono in galera con Mumia e con Sundiata. Se ci sono leader Neri, sono in fuga con Assata.
C'è una sola categoria di persone che parlano di leader Neri, e li conosciamo come liberali bianchi. La leadership Nera non è altro che un'invenzione e un'allucinazione che esiste esclusivamente nell'immaginazione della mente del liberale bianco. La cosa strana è che in qualche maniera i liberali bianchi hanno più contatti con leader Neri di quanti io ne abbia avuti in tutta la mia vita. E’ come se un canale collegasse direttamente la leadership Nera alla loro testa.
Sono state proposte delle ragioni sul perché la formazione classica della leadership Nera non esista più. Un argomento, che può essere tratto da molti dei nuovi studi sociologici (un lungo articolo in proposito anche sul New York Times), assume che sviluppare una leadership egemonica del tipo che abbiamo conosciuto nel passato richiede ddi solito una classe media consistente. Ma se guardate alle statistiche degli ultimi 40 anni, la classe media Nera è sempre stata costantemente a rischio. E meno male che rimanga così, francamente. Ma è davvero difficile definire cosa sia esattamente la classe media Nera. Se dite che è quel gruppo ben definito, e siete in grado di circoscrivere quel gruppo ben definito, esiste specificamente dentro la comunità bianca. Per parlare un po’ più personalmente a partire dalla mia esperienza a New York, faccio fatica a credere di poter incontrare un membro affermato della classe media Nera in tutta la mia vita, meno che mai di ascoltare la loro retorica e il loro nonsense. Ma non è più un problema reale.
Perché il liberal bianco o la liberal bianca hanno bisogno di allucinarsi e inventare una leadership Nera per sé stessi? In ultima analisi, perché il bianco ama la proprietà. La proprietà gode in un prestigio speciale nella vita americana, ha una speciale aura di santità. Troviamo sempre questi appelli a una leadership Nera dai liberali bianchi ogni volta che le vetrine cominciano a rompersi. C'è una ragione molto importante per questa particolare aura di santità di cui la proprietà gode in America, come molti storici stanno cominciando a confermare ed argomentare. [9] Per gran parte della sua storia, in America la proprietà più importante è stata quella di esseri umani, legati ed incatenati. Dobbiamo trasformare in arma questo argomento, e dire che ogni volta che la proprietà viene protetta, viene protetta per scopi suprematisti bianchi. Se la proprietà è davvero il perseguimento della felicità, in quel terzetto di vita, libertà e perseguimento della felicità, l’esistenza di tale felicità e proprietà è fondata sulla negazione della vita dei Neri e sulla negazione della libertà dei Neri. Quindi la protezione della proprietà è qualcosa che dobbiamo esplicitamente attaccare.
6. La crisi in corso deriva da una contraddizione che procede dall’aspetto da Giano bifronte della governance americana post guerra fredda: una inconsistenza tra le esigenze dello stato imperiale sovrano e la sicurezza biopolitica globalizzata. Come risultato, il centro metropolitano ha iniziato a sperimentare il tipo di caos e instabilità classicamente intessuto nella periferia coloniale.
Questa dinamica cattura la situazione nella quale stiamo vivendo oggi, e che abbiamo sperimentato acutamente nei mesi scorsi.
Da un lato, abbiamo la sovranità dello stato, la nozione classica dello stato. Seguendo Schmitt, ma soprattutto seguendo Agamben, la fondazione paradossale dello stato prova la sua importanza per il modo in cui opera. Per definire lo stato, lo stato deve impiegare misure extralegali ed extragiudiziali per fondarsi. Ogni volta che lo stato si fonda, deve andare al di fuori dalla legge che cerca di creare. Quello che è accaduto classicamente, e ne abbiamo molti esempi storici in America, è che ogni qualvolta vi è una crisi, lo stato impone una sorta di stato di eccezione per creare l’ordine del quale ha bisogno per riaffermarsi.
Come abbiamo visto, ad esempio, nella Guerra Civile Americana, nelle due Febbri Rosse, e più recentemente nella Guerra al Terrore, la branca esecutiva del governo si è continuamente mobilitata oltre i suoi parametri e confini formali.
Lo vediamo oggi specialmente con Trump. Trump sta usando e abusando dei suoi poteri esecutivi, ma è meglio dire che li sta usando nel modo in cui erano stati destinati a essere usati. Quello che era originariamente il territorio della branca legislativa è stato ora requisito da Trump stesso.
Questa componente degli Stati Uniti che si affermano si è mostrata anche nelle guerre esterne. Dobbiamo tenere a mente, e ci tornerò sopra in seguito, che - e per varie ragioni questo fatto è stato minimizzato negli scorsi 20 o 30 anni - l’America è il solo potere imperiale nel globo, e si sostiene aggressivamente in giro per il mondo. Dopo il collasso della Unione Sovietica e la Guerra Fredda, abbiamo visto che gli Stati Uniti sono diventati il poliziotto, o il soldato d’assalto, del mondo intero. Questo è un lato della governance.
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È importante confrontare questa con l’altra forma della governance, che è tipicamente chiamata disciplina biopolitica, o sicurezza biopolitica. Quest’ultima differisce dall’ordine pubblico praticato dallo stato classico. Piuttosto, indica la gestione delle vite. Se lo stato uccide, la biopolitica si preoccupa della protezione di quelle vite - per i propri scopi, naturalmente.
Il più recente regime di controllo biopolitico è conosciuto come “sicurezza”. Quello che la “sicurezza” fa è di lasciare che un evento accada, così da gestire poi tale evento. Eventi che variano. Possono essere qualcosa come le pandemie, come la pandemia del COVID-19 che stiamo attraversando adesso; possono essere carestie, o disastri come Katrina; e possono essere anche insurrezioni come quella che stiamo auspicabilmente fomentando ora. Lo stato in queste circostanze compie un calcolo statistico e cerca di trovare i termini accettabili nei quali può lasciar accadere eventi come le pandemie, trattenendoli dentro confini nettamente circoscritti.
In aggiunta al paradosso dello stato che vediamo nello stato di eccezione, vi è anche uno strano paradosso biopolitico della prevenzione che stiamo sperimentando proprio adesso. Il paradosso opera tipicamente in questo modo: dopo i disastri - ossia, una pandemia o una carestia - vi è una pulsione nel dispositivo di sicurezza a iniziare a prepararsi per il prossimo disastro a venire. Dopo la SARS negli anni 2000, vi fu un grande sforzo per essere preparati alla pandemia successiva. Questa iper-prevenzione è quindi finita nel cassetto quando è apparso chiaro che l’epidemia seguente non si sarebbe presentata quando ci si aspettava si presentasse. Il famoso antropologo medico Andrew Lakoff ha portato l’attenzione su tale paradosso, che abbiamo conosciuto di nuovo di recente. Ci sono stati preparativi per affrontare le pandemie, ma i piani sono stati derubricati, così quando il COVID-19 è arrivato non eravamo ancora pronti. Stiamo affrontando due differenti tipi di paradosso: uno che deve avventurarsi fuori da sé per trovarsi, e l’altro un ciclo di prevenzione che costantemente genera impreparazione.
C'è il lato legale e quello statistico dello stato, lo stato nazione nella sua forma classica e questa operazione di sicurezza più globale. Si potrebbe argomentare che queste due direttrici stiano collidendo tra loro e formando una crisi di qualche sorta.
Da una parte i mezzi legali sono stati in una situazione di crisi costante: Trump non può proprio fare bene niente. Qualsiasi cosa faccia sembra che gli si ritorca contro, e non sembra mai essere la cosa peggiore. Trump e la sua mente delusa è diventato un agente dell’anarchia. [10] Adesso naturalmente non pensa di esserlo - sta a noi, quando regna questo caos, di utilizzarlo per i nostri scopi. Quello che sto dicendo è che dobbiamo abitare questo caos che lo stato si sta infliggendo.
Diversamente da liberali e riformisti, noi non siamo qui per riaffermare e ristabilire legge e ordine. Non siamo qui per trasformare l’America in una grande safe space. Siamo qui per rendere il caos e il disordine più terribili di quanto siano mai stati.
Dobbiamo fare quello che i rivoluzionari hanno sempre fatto: dobbiamo rendere insostenibile la contraddizione.
7. Come gli schiavi ribelli fecero nelle ondate periodiche di febbre gialla ad Haiti, c’è un sapere partigiano nascosto da scoprire attorno alla nuova pandemia del coronavirus che può essere sfruttato e trasformato in arma contro il potere stabilito.
Nel migliore libro del Partito Immaginario, titolato Ai nostri amici [11], gli autori menzionano un pamphlet pubblicato dal CDC (Center for Disease Control and Prevention, NdT) nel 2012 sulla prevenzione dei disastri. [12] È una parte che i Tiqqunisti americani tendono a non menzionare. Per rendere la prevenzione dei disastri opportuna e appetibile per i giovani, il CDC invoca l’esempio della preparazione a un’apocalisse zombie. Il loro argomento di base era che se la gente può prepararsi a un’apocalisse zombie, sarà capace di prepararsi per un disastro naturale come un’alluvione, un uragano, una pandemia, o anche un’insurrezione.
Il Comitato Invisibile argomenta nel suo libro che questa paura degli zombie ha una storia lunga e razzializzata, legata in termini precisi alla paura del proletariato Nero. E l’altro lato di questa paura che non vuole essere menzionato, che rifiuta di essere menzionato o che è represso, risiede nella paranoia della classe media bianca rispetto alla sua stessa inutilità.
Se guardiamo indietro nella storia degli zombi, la figura dello zombie era apparsa con il voodoo utilizzato durante la Rivoluzione Haitiana. Vi fu una persona chiamata Jean Zombi che finì per prenderne il nome perché aveva partecipato al massacro degli schiavisti. Quello che penso sia particolarmente istruttivo per i nostri propositi oggi è che gli insorti haitiani erano perfettamente coscienti di poter usare la pandemia della febbre gialla contro i loro ex padroni e contro l’esercito, che fosse l’esercito di Napoleone o più generalmente il partito dell’ordine. Gli insorti aspettavano finché non fosse arrivata l’ondata di febbre gialla. Sapevano che l’esercito dei loro ex schiavisti sarebbe stato divorato dalla pandemia, e sapevano anche di aver acquisito un’immunità da questa pandemia. Perciò aspettavano finché l’esercito era stato decimato dalla febbre gialla, e allora lanciavano i loro attacchi guerriglieri.
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Quel che sto sostenendo per il caso nostro è qualcosa di molto simile. Sappiamo tutti che la persone Nere ed ispaniche sono state affette in misura sproporzionata alla pandemia del COVID. Questo è un problema medico. Ma è molto più che un mero problema medico-scientifico, è un problema politico. Dobbiamo rigettare il tipo di politica liberale sanitarizzata di sicurezza che è impaurita dalla pandemia che è in larga parte un discorso sanitario su maschere, distanziamento, ecc. So che ora è una questione politica. Non sto difendendo le teorie cospirazioniste secondo le quali la pandemia non esiste, o è solo un’influenza, ecc. Quello che sto proponendo qui è lo sviluppo di una forma di sapere partigiano - o il nostro sapere sulla pandemia - che sfrutti la pandemia per il nostro bene, e usi la conoscenza della pandemia come un’arma contro i nostri nemici.
8. L’insurrezione comporterà la precisa coordinazione dentro la costellazione delle rivolte: l’organizzazione paradossale del disordine oltre ogni misura di controllo. Coerentemente, il problema dell’insurrezione ha in parti uguali dimensioni sociali e tecniche.
Quello che sostengo è un ordinamento paradossale del disordine, una Organized Konfusion (per quelli che ricordano il gruppo rap). Per fare questo, dobbiamo studiare le tattiche: dobbiamo guardare esattamente a cosa è stato distrutto; cosa è stato saccheggiato; e come e perché le occupazioni sono state efficaci o inefficaci. Abbiamo bisogno di pensare strategicamente il caos che infliggiamo nelle strade.
Di più, abbiamo anche bisogno di anticipare nuove forme di tattiche, lotte e strategie che emergeranno, per intensificare queste lotte e tattiche. Possiamo anticipare che occupazioni e scioperi degli affitti stanno per accadere nel prossimo futuro a causa della minaccia incombente di sgomberi che si sta presentando in tutte le nostre città gentrificate. Ma penso che abbiamo bisogno di andare oltre queste lotte difensive e di essere più creativi e iniziare tattiche che vadano all’offensiva. Di fatto, quel che sto sostenendo è di impiegare l’intero arsenale delle strategie e delle tattiche proletarie - dalle rivolte, agli scioperi, ai blocchi.
Ma abbiamo bisogno di essere creativi nelle nostre tattiche e strategie. Come abbiamo visto nei recenti attacchi hacker su Twitter, essi sono altrettanto importanti. E' importante essere creativi nel modo in cui dispieghiamo queste strategie e tattiche.
Qual è l’equivalente moderno della centrale telefonica a Barcellona che fu così selvaggiamente contesa durante i Giorni di Maggio nel 1937? Qual è l’equivalente moderno della ferrovia di San Pietroburgo che gli operai insorti contesero così duramente nella Russia rivoluzionaria? Abbiamo un problema unico, il fatto che viviamo in un paese enorme. Abbiamo bisogno di elaborare maniere creative di spezzare questa distanza e utilizzarla per i nostri scopi, cioè come puro mezzo.
9. Materializzare lo spettro sempre presente di una seconda guerra civile, più balcanizzata, frammentando i frammenti dell’impero in rovina.
Almeno da quando Trump è stato eletto e si è installato alla presidenza, l’archetipo della guerra civile è diventato incombente su questo paese. Ci sono ragioni storiche per questo. Da quando la Guerra Civile Americana è stata per alcuni la più traumatica esperienza che questo paese abbia collettivamente conosciuto, e per altri la più liberatoria, essa resta una figura continuamente richiamata nell’immaginario collettivo. Ma penso vi siano anche ragioni strutturali. L’operazione fondamentale dello stato opera allontanando lo spettro ubiquo della guerra civile. Lo Stato in quanto tale può essere inteso come ciò che blocca e inibisce la guerra civile. Quel che è unico quanto a questo paese è la nostra singolare tradizione di emancipazione, che è essa stessa legata alla nostra comprensione della guerra civile.
Potrei qui altrimenti citare l’eccellente autobiografia di Kenneth Rexroth, dove spiega che gli abolizionisti radicali che presero parte alla Guerra Civile diedero i natali a figli che diventarono la prima generazione del movimento operaio americano socialista, anarchico e comunista. [13] Ma penso che il miglior esempio venga dal classico di Du Bois, Black Reconstruction. [14] Fu lo sciopero generale proletario degli ex schiavi che piantò il chiodo finale nella bara della schiavitù. È precisamente questo lignaggio di una guerra civile emancipatoria, liberatoria, ma nondimeno violenta, che ha bisogno di essere aggiornato per il suo secondo avvento. Un altro precedente importante è la tesi  della “Cintura Nera” di Harry Haywood. Come membro del comitato centrale del Partito Comunista USA, Haywood argomentò che la rivoluzione negli Stati Uniti d’America avrebbe comportato uno stato Nero indipendente nel Sud. Penso che ciò non sia più praticabile, ma ritengo ciò con cui era alle prese, e che cercava di risolvere, fosse il problema della rivoluzione in un paese che è semplicemente smisurato.
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La rivoluzione qui ci presenta un problema di scala. È perciò, io credo, che Haywood argomentava la divisione dell’America. Non abbiamo un precedente storico di una rivoluzione in uno stato così vasto, industrializzato e moderno, dunque abbiamo un problema unico con cui cimentarci.
Non so come ciò si presenti esattamente. Quel che è certo è che questo paese sta ormai iniziando a rompersi e frantumarsi, e sta a noi romperlo e frantumarlo ulteriormente, in così tanti pezzi che non possa mai essere rimesso insieme.
La rivoluzione, qui più che in qualsiasi altro posto, implicherà l’opera disordinata della divisione. Anche qui, abbiamo un problema unico, perché dobbiamo evitare il nazionalismo piuttosto aggressivo, ripugnante e pericoloso che ha avuto corso in altri casi di guerra civile cui abbiamo assistito negli scorsi quarant’anni. Non auspico altre serie di guerre yugoslave, né auspico quanto è accaduto in Siria. Nondimeno, dobbiamo sfruttare la guerra civile come una forza emancipativa liberatrice. L’obiettivo fondamentale è scomporre l’America in una costellazione di comuni federate.
10. La realizzazione del progetto rivoluzionario è in un ultima analisi un ineludibile obbligo etico che ognuno di noi ha con i morti e gli sfruttati.
A rischio di apparire ingenuo, credo sinceramente che le rivolte cui tutti abbiamo assistito, e si spera partecipato, quest’estate hanno aperto la finestra sull’insurrezione e persino a una rivoluzione vera e propria. È possibile che io abbia travisato le potenzialità che sono emerse. Tuttavia, è assolutamente impossibile per chiunque avere partecipato alla sollevazione in corso senza aver inalterabilmente cambiato il proprio animo. Perché per quanto mi concerne, e so che è così per molti di voi, sentiamo la rivoluzione nel nostro profondo, e questo cambia il nostro stesso sguardo, l’approccio a come viviamo le nostre vite. Tutto il cinismo pervasivo, tutto l’egoismo razionale, tutto il nichilismo, tutto quanto è costitutivo del tipico cittadino americano viene gradualmente logorato dall’insurrezione e dalla sollevazione.
Ciò ci mostra che la rivoluzione è davvero oltre noi, davvero oltre ciascuno e tutti noi qui. Sorpassa tutti i confini disposti dall’individualismo americano. Ci forza a guardare infine oltre noi stessi e riconoscere che l’America ha seminato distruzione come un potere imperiale sul globo per un secolo.
E la lotta non è solo per i vivi, ma anche per i morti. Noi dobbiamo la rivoluzione ai milioni di schiavi che non hanno mai conosciuto un secondo di libertà. Quello che la lunga lista di martiri caduti durante questa sollevazione merita da noi è nient’altro che il compimento della rivoluzione.
Pasolini scrisse un saggio su un suo viaggio in America. Quel che lo colpì veramente fu una delle frasi che nessuno pronuncia più ma che furono tanta parte del movimento dei Diritti Civili: “bisogna gettare il proprio corpo nella lotta ”. [15]
I caduti nella lotta gridano vendetta, e dobbiamo vendicare le loro morti. Come Benjamin annota in un passo celebre, “nemmeno i morti saranno al sicuro dal nemico se vince”. [16] Stanotte è la notte per iniziare a fare i conti una volta per tutte, per farla finita con il loro regno vittorioso sul globo, e per lasciare finalmente riposare i morti.
[1] https://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/cernysevskij/che_fare/pdf/cernysevskij_che_fare.pdf
[2] https://www.marxists.org/italiano/lenin/1902/3-chefare/cf-index.htm
[3] https://maldoror.noblogs.org/files/2011/07/Tiqqun.pdf
[4] https://www.usatoday.com/story/news/politics/2020/06/10/george-floyd-black-lives-matter-police-protests-widespread-peaceful/5325737002/ & https://www.ipsos.com/en-us/knowledge/society/Protests-in-the-wake-of-George-Floyd-killing-touch-all-50-states
[5] https://en.wikipedia.org/wiki/2020_deployment_of_federal_forces_in_the_United_States
[6] https://www.racialequitytools.org/resourcefiles/mcintosh.pdf
[7] https://youtu.be/MHMeYtYHiKM
[8] https://www.cristorey.net/uploaded/Academics/2019-2020/Summer_Reading/James_Baldwin_Going_To_Meet_the_Man.pdf
[9] https://jacobinmag.com/2019/08/how-slavery-shaped-american-capitalism & https://www.cambridge.org/core/journals/enterprise-and-society/article/slavery/EAF172288A7718B082A074603D149A48
[10] See, Marten Bjork, “Phase two – the reproduction of this life.”  https://www.tillfallighet.org/tillfallighetsskrivande/phase-two-the-reproduction-of-this-life
[11] https://theanarchistlibrary.org/library/the-invisible-committe-to-our-friends
[12] https://www.cdc.gov/cpr/zombie/index.htm
[13] http://www.bopsecrets.org/rexroth/autobio/index.htm
[14] http://www.webdubois.org/wdb-BlackReconst.html
[15] In un articolo apparso su Paese Sera 16 Novembre 1966 come risposta a un lettore, sotto il titolo "Guerra civile", leggibile qui: https://videotecapasolini.blogspot.com/2014/05/guerra-civile-pier-paolo-pasolini.html
Successivamente nel 1968 riprenderà questo slogan nel discorso ad un gruppo di allievi di don Milani:
[…] voi sapete che c’è un motto meraviglioso, della nuova sinistra americana, in cui si dice che bisogna gettare il proprio corpo nella lotta: ebbene fate conto che, invece che a parlare, io sia venuto qui a portare il mio corpo. P. P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. SITI e S. DE LAUDE, Milano, Arnoldo Mondadori (“I Meridiani”), 1999, pp. 830-837.
[16] VIII tesi Sul concettio di storia http://www.sciacchitano.it/Tempo/Sul%20concetto%20di%20storia.pdf
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Venerdì 24, ma poi anche Sabato 25, reparti antiterrorismo della Polizia di Stato, la digos di Roma, Latina e Torino, si preparano all'azione alle prime luci del mattino. Per questa importante operazione sono pronti a tutto: passamontagna e pistole spianate, entrano nelle case di pericolosi sovversivi. Obiettivo? Trovare prove che facciano luce sugli autori di un gravissimo, terrorizzante reato: un lancio di vernice rossa all'ambasciata cilena, datato 30 ottobre 2019.
Ma cosa succedeva in Cile in quei giorni?
Il 7 ottobre 2019 era un lunedì: quel giorno alcune centinaia di studenti delle secondarie di Santiago del Chile, scavalcando al grido di ¡Evade! i tornelli delle stazioni della metropolitana contro il rincaro delle tariffe, diedero avvio a una delle più vaste e significative tra le rivolte sociali che in tutto il pianeta stanno segnando questo tempo. In un paese reso sotto la sanguinosa dittatura di Pinochet un laboratorio delle ricette liberiste, che attualmente vede l'1 per cento più ricco della popolazione concentrare oltre un quarto del reddito nazionale mentre ad oltre metà della popolazione resta il 2 per cento della ricchezza, con sanità e istruzione privatizzate, affitti e prezzi liberalizzati e metà dei salari appena sopra il reddito minimo, quella protesta divenne una ribellione. Il lunedì successivo, 14 ottobre 2019, le stazioni della metro di Santiago cominciarono a chiudere per l'intensità degli scontri, nei giorni successivi iniziarono a essere distrutte dai manifestanti e venerdì 18 ottobre l'intero centro di Santiago divenne teatro di barricate e battaglie di strada con la polizia militarizzata dei Carabineros. La sera del 18 il presidente fascioliberista Sebastián Piñera, dopo essere stato sorpreso sorridente e rilassato a una cena in un ristorante di lusso, proclamava lo stato di emergenza per 15 giorni e il dispiegamento dell'esercito nelle strade. Il 19 veniva imposto il coprifuoco nella capitale, esteso rapidamente a tutti maggiori centri urbani del Cile in misura della costante estensione delle proteste e degli scontri. Il 25 ottobre 2019, malgrado la chiusura delle scuole decretata dal 22 e una scia di morti sotto il fuoco dei militari a partire dal 20, oltre un milione di persone scendevano in piazza a Santiago. Il 26 ottobre il bilancio della repressione dall'inizio della rivolta contava 19 morti, circa 2500 feriti dei quali molti resi orbi dalle pallottole di gomma sparate dai reparti antisommossa e 2840 persone arrestate. Il 27 Piñera era costretto a richiedere le dimissioni del governo, cambiato il 28 con la rimozione di 8 ministri, in primo luogo quello dell'Interno, Chadwick. Il tentativo a novembre di sedare la ribellione sociale con l'indizione di un referendum costituzionale per aprile, poi con il COVID rinviato al prossimo autunno, è fallito: al 28 dicembre 2019 le vittime della repressione erano cresciute a 29 e a febbraio di quest'anno, dopo un picco delle proteste a gennaio, erano 36. Mentre le persone che hanno perso un occhio per i colpi sparati dalle forze repressive sono centinaia. Fin dall'ultima settimana di ottobre 2019 si è manifestata una forte solidarietà internazionale con la lotta della popolazione cilena e contro la sua feroce repressione, con cortei, presidi e azioni in tutto il mondo.
Si potrebbe ironizzare sul grottesco agire delle forze dell'ordine e della magistratura italiana che a fronte di quello che succedeva in Cile apre un inchiesta scomodando l'antiterrorismo per l imbrattamento della sede diplomatica del paese sud americano. Ma comprendiamo l'obiettivo di queste perquisizioni: intimidire e allo stesso tempo accumulare materiali per futuri castelli di carta. Come da sempre usano fare.
Non a caso il PM è lo stesso Dall'Olio che ha firmato l'arresto di 7 tra compagne e compagni nell'operazione Białystock, in cui le accuse di associazione con finalità di terrorismo ruotano con insistenza attorno ad iniziative comunicative, relazioni, scritte, pubblicazioni, giornali etc...Tutte cose la cui gravità è chiaramente quella di esprimere idee, considerate pericolose e perseguibili dalla magistratura.
In un paese sull'orlo di una crisi che potrebbe mettere seriamente in discussione l'egemonia capitalista sul vivente, non c'è da stupirsi che gli apparati dello stato tentino di emarginare e rimuovere preventivamente tutte quelle realtà che potrebbero essere un catalizzatore di rabbia e desiderio di trasformazione. Per questo motivo non riteniamo sia da sottovalutare o da ridicolizzare questo episodio, proprio perché si inserisce in un tempo in cui operai, braccianti, persone detenute in lotta e realtà militanti vengono attaccati sempre più ferocemente dai guardiani dell'ordine costituito. Chiunque abbia imbrattato quei muri ha la nostra solidarietà e complicità.
Come tutto il nostro amore va ai ribelli e alle ribelli cilene.
Luglio 2020
compagni e compagne
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Cinque domande al cuore della tempesta. Parte 2: Black Anarchy in the USA. Intervista ad @AfroVitalist
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1. Negli Stati Uniti è stato calcolato che la polizia uccide una persona nera ogni 28 ore, un dato drammatico. Come mai ora, come mai questa volta, l'assassinio di George Floyd ha innescato un processo insurrezionale?
La sollevazione di massa in relazione all'assassinio di George Floyd ha determinato un processo insurrezionale. Ma ad essere onesti penso che il Covid abbia fornito un contesto nel quale le motivazioni per agire erano già presenti.
Negli Stati Uniti fino ad aprile, anzi direi prima del Covid, eravamo in una specie di periodo buio. Gentrificazione di massa, la classe lavoratrice nera cacciata via dalle città, spinta fuori, verso le periferie o come le chiamiamo qui le hinterland. Credo che il contesto dell'insurrezione di George Floyd e tutto il processo abbiano devastato certe legittimazioni,  come quella del Partito Democratico, o come quella del mito della Black leadership in America. Siamo su un terreno libero. Ma è veramente il Covid che ha fornito il contesto per la ribellione di George Floyd, per la sua diffusione in tutti gli Stati Uniti. Ma se torniamo indietro e la osserviamo come una continuità con Ferguson, vediamo che la risposta dei fratelli e delle sorelle fu piuttosto simile: i modi in cui si sollevarono, diedero vita  spazi comuni, come la gente si coordinava, come venivano usate le auto... Sono le stesse cose che vediamo oggi ad Atlanta e a Chicago, fino agli espropri di massa.
Non credo che ciò sia venuto dal nulla, credo che la ribellione era già qui: questa società bianca negli USA è veramente repressiva.
C'è una sofferenza generalizzata causata dal Covid, non solo nella comunità nera ma per tutti, in tutto il mondo, e per quanto riguarda gli USA ha colpito davvero tutti: neri, bianchi, ricchi e poveri. Una spoliazione generale, un divenire nera (blackening) dell'America.
2. Parliamo delle manovre repressive. Sembra che la controinsurrezione abbia lavorato sulla narrazione degli “anarchici bianchi” e dei “provocatori venuti da fuori” e messo in atto teatrini quali i poliziotti che si inginocchiavano, attori pagati vestiti da Black Panther, ecc. Quale di queste tecniche ha funzionato maggiormente e quale ha fallito?
Per quanto riguarda la controinsurrezione credo che la tecnica più forte usata, a parte fisicamente il dispiegamento delle truppe, sia stata quella di agitare il fantoccio dei “provocatori venuti da fuori”. Si tratta della narrazione più efficace per lo stato, motherfuckers che vengono da chissà dove per fare casino, senza il “permesso della comunità”, ossia di quelli che si sono autoproclamati leader della piazza. Ma stiamo vivendo una nuova era, un tempo nuovo, questo è il tempo della black anarchy. Nessuno può controllare questa cosa, non c'è alcuna leadership nera. La leadership nera è un mito controinsurrezionale, sta solo nell'immaginazione dei liberal bianchi.
In alcune città ha funzionato in altre no, in alcune il livello della controinsurrezione coincideva essenzialmente con una ipermilitarizzazione del territorio e basta.
Se qualcuno prova a mettersi nella posizione di portavoce o leader del movimento, in quell'esatto momento viene delegittimato nella pratica, nel contesto della rivolta. Perché la rivolta non vede leader, non patrocina personalismi o individualità di sorta. Si tratta letteralmente di un'onda, un'onda nera, di rabbia e amore. I motherfuckers espropriano e cercano di capire come organizzare un mondo diverso. Perché hanno molto più tempo a disposizione adesso. Il sussidio di disoccupazione dovrebbe terminare il mese prossimo ma la gente ha ricevuto più di quello che avrebbe guadagnato con un lavoro. Queste contraddizioni sono difficili da sanare: puoi stare a casa e prendere 600 dollari a settimana, a fronte dei 400 che guadagneresti con un lavoro di merda che odi ed è sottopagato. Gli standard sono cambiati. Questa cosa va contestualizzata perché pare che Trump stia cercando di comprarsele queste elezioni.
3. Decolonizzare gli Stati Uniti. Le statue cadono. Un Paese fondato sulla guerra civile, sul genocidio e sulla schiavitù sta tremando. Nelle strade riecheggia il coro: “five hundread years” [cinquecento anni]. Questo discorso è diffuso ampiamente nella comunità nera e fuori di essa?
A un qualche livello, forse non allo stesso per tutti... Bisogna considerare che sul campo, nei primi giorni e nelle prime notti, diciamo dal 30 maggio al 5 giugno, i motherfuckers a migliaia espropriavano e non c'erano attivisti.
Da un punto di vista storico è chiaro che l'America è stata fondata sulla schiavitù e la polizia è direttamente connessa alle pattuglie schiaviste e alla colonizzazione da parte dei capitalisti europei, ai conquistadores. Tutto ciò è nella coscienza e nella memoria degli afrodiscendenti nelle strade. L'America non è una nazione, è un impero. Ed è giusto che i motherfuckers buttino tutto giù, simbolicamente il gesto di buttare giù una statua, un monumento razzista, è un modo con cui dicono: “L'America è la prossima”. Il sistema carcerario è un monumento: Mount Rushmore, o Stone Mountain ad Atlanta, Georgia [un monadnock, un rilievo montagnoso isolato, di adamellite di quarzo con il bassorilievo più grande del mondo situato sulla facciata nord, completato nel 1972, che rappresenta alcuni dei personaggi di spicco dei Confederati: Stonewall Jackson, Robert E. Lee e Jefferson Davis]. L'idolatria dell'America è il suprematismo bianco. La decolonizzazione dell'America sarà l'abolizione dei “bianchi”, delle relazioni sociali capitaliste. Penso che ad un certo livello questi discorsi, l'America come colonia, come impero, buttare giù le statue razziste, siano diffusi nella comunità nera.
4. Definanziare la polizia. Vedi in atto una nuova ondata di abolizionismo? Possiamo dire: “non si può abolire la polizia senza abolire il capitalismo” non solo come slogan ma anche come indicazione?
Abolizionismo come desiderio, un tentativo di desiderare di abolire lo stato di cose presente negli Stati Uniti. Alcuni vedono il de-finanziamento della polizia come un processo molto pacifico nei confronti delle guardie, togliere loro i soldi per le operazioni di controinsurrezione nella comunità nera volte a reprimere la rivolta. Un convergenza di vari gruppi, in cui i discendenti razzializzati si uniscano ad altri gruppi di persone per creare un mondo nuovo, per stabilire un nuovo tipo di ordine, ritmo e forma di vita.
Credo però che il definanziamento della polizia non possa accadere senza la demolizione del mantenimento dell'ordine pubblico (policing) in generale: ma credo che per cominciare il definianziamento sia una buona cosa, perché buca lo schermo immediatamente. L'abolizione cambia le carte in tavola, alcune amministrazioni cittadine hanno effettivamente tagliato i fondi. Cosa succederà dopo ciò? Questo è tutto da vedere, non credo che potrà andare peggio, per esempio sul terreno della sorveglianza... ma la polizia è in rivolta, stanno protestando, alcuni di loro hanno fatto delle dichiarazioni. La polizia in America è una forza politica a sé, con i suoi sindacati. Sarà una sfida togliere i soldi ai dipartimenti di polizia, non sarà abbastanza, non senza un movimento che la circondi.
L'abolizione del mantenimento dell'ordine pubblico, la sua demolizione, le relazioni sociali senza la mediazione degli sbirri, come succede altrove fuori dagli Stati Uniti...  Penso che ci sia effettivamente un terreno fertile per l'abolizione, per il desiderio di un nuovo mondo. Questo non ha niente a che fare con la sinistra istituzionale o con l'attivismo: è un “tiriamo giù tutto” (let's tear the shit down) generale.
5. Prospettive. Un'insurrezione può durare settimane o mesi, può finire a causa della repressione, della stanchezza, della mancanza di obiettivi pratici o con delle elezioni. Cosa vedi all'orizzonte? Cos'è irreversibile?
L'economia continua a vacillare. Nel contesto del Covid e del cambiamento climatico, l'America è finita. Quella che chiamiamo America da un punto di vista territoriale subirà un processo di balcanizzazione. All'orizzonte vedo queste milizie bianche attive nella West Coast che cercano di guadagnare terreno e di prendere possesso di riserve o territori sotto tutela dello stato... Speriamo non proprio una guerra civile – ciò dipenderà anche da come andranno le elezioni e da cosa farà Donald Trump – ma senz'altro questo è solo l'inizio di una tempesta. Ciò che verrà dopo sarà addirittura più folle di quello che abbiamo visto. Perché non c'è modo in cui queste contraddizioni possano sostenersi tutte insieme. La ricerca di profitto, di ordine e di “benessere” è a discapito della vita umana, del benessere umano, della pienezza umana.
La gente ha provato con mano la propria potenza, il fatto che il denaro è un mito e che “i bianchi” sono dei demoni; e la delegittimazione del processo elettorale. Che Trump vinca o meno il Partito Democratico non ha alcuna risposta alla crisi. I giovani non cercano leadership in nessuno se non in loro stessi. Non la cercano nella Black Left o in chiunque arrivi in piazza con un cazzo di megafono.
Questo è quello che riesco a vedere all'orizzonte: la balcanizzazione dell'America, diversi gruppi e fazioni che controlleranno diversi territori. E probabilmente una sorta di secessione.
https://twitter.com/AfroVitalist?s=20
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Sulla leadership nera ed altri miti bianchi
traduzione e sottotitoli del video/comunicato del We Still Outside Collective, New York, 4 Giugno 2020.
https://illwilleditions.com/on-the-black-leadership-and-other-white-myths/
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Geografie del capitalismo razziale con Ruth Wilson Gilmore
Ruth Wilson Gilmore è una afrodiscendente nata a New Haven in Connecticut settanta anni fa, geografa, pioniera della geografia carceraria e teorica abolizionista. Dirige il Center for Place, Culture and Politics e insegna geografia della Terra e scienze ambientali alla City University di New York. Entrata nel 1960 in una scuola privata di New Haven come la prima studente nera, nel 1968 allo Swarthmore College divenne militante attiva con Fania Davis, la sorella di Angela. Nel 1969 suo cugino John Huggins, fondatore del Black Panthers’ Party in California meridionale, venne ucciso a Swarthmore. Trasferitasi a Yale a studiare teatro, ha conseguito poi nel 1998 il dottorato in geografia economica alla Rutgers University con una tesi su “Capitale finanziario, terra, lavoro e opposizione nell’ascesa dello stato carcerario in California: dal keynesismo militare al militarismo post-keynesiano”, sulle tracce dei lavori di Neil Smith, geografo critico e studioso della produzione capitalistica dello spazio urbano e della gentrificazione. Cofondatrice con Angela Davis sempre nel 1998 di Critical Resistance, ha poi insegnato a Berkeley cominciando a definire la geografia carceraria. E ha partecipato attivamente alle lotte abolizioniste contro il complesso carcerario industriale e contribuito alla loro organizzazione in California e a livello federale. Sua opera principale è “Golden Gulag: Prigioni, Surplus, Crisi e Opposizione nella California globalizzata”, 2007. Ha ricevuto quest’anno il Premio alla Carriera dall’American Association of Geographers.
Traduzione italiana dei sottotitoli a cura del Comitato Corrispondenza e Traduzione
Video originale:
Geographies of Racial Capitalism with Ruth Wilson Gilmore An Antipode Foundation film directed by Kenton Card
Executive Producers: Kenton Card and Tony Castle
Director: Kenton Card
In association with BFD Productions (https://www.bfdnyc.com/)
Supervising Producer: Benjamin Garst
Cinematographer: Alice Plati Editor: Benjamin Garst Assistant
Editors: Cyrus Stowe and Alice Plati
Creative Consultant: Carrie Drapac
Music provided by Audio Network
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License (CC BY-NC-ND 4.0 – http://creativecommons.org/licenses/b...)
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Cinque domande al cuore della tempesta. Parte 1: Le luci dell’alba. Intervista ad un compagno di CrimethInc
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1. Negli Stati Uniti è stato calcolato che la polizia uccide una persona nera ogni 28 ore, un dato drammatico. Come mai ora, come mai questa volta, l'assassinio di George Floyd ha innescato un processo insurrezionale?
Nel 2016, quando Donald Trump vinse le elezioni presidenziali, le rivolte contro la violenza poliziesca che si erano successe regolarmente (da Oakland nel 2009 alla più famosa Ferguson nel 2014) cessarono all’improvviso. L’abbiamo notato all’inizio del 2018; è un enigma storico a cui si deve ancora trovare risposta. Di sicuro, la Polizia non ha smesso di assassinare o di opprimere neri e latini. Forse quello che faceva la differenza era che anarchici e altri attivisti erano così impegnati a reagire alla violenza fascista da non riuscire a fornire la solidarietà necessaria alle comunità più colpite dalla violenza dei poliziotti.
L’avvento dell’era Trump ha provocato un’ondata di azioni dirette partecipative che hanno coinvolto decine di migliaia di persone – dai tentativi, andati in porto, per disturbare l’insediamento di Trump e per bloccare gli aeroporti alle occupazioni dell’ICE del 2018. Tuttavia, a metà del 2018, gli anarchici e le comunità interessate erano sempre più isolati in queste lotte, mentre altri manifestanti avevano ricominciato a cercare soluzioni istituzionali.
I centristi che speravano che la disfatta di Nixon si ripetesse, hanno perseguito una strategia fallimentare cercando di mettere Trump sotto impeachment e di rimuoverlo dal suo incarico, dimostrando un’ingenuità di fondo per quanto riguarda il funzionamento del potere . La sinistra ha ripreso la sua campagna per far eleggere Bernie Sanders come presidente, attirando probabilmente alcuni centristi delusi ma scoprendo, alla fine, che la sua ambizione di volere sistemare l’America ricorrendo a un approccio verticistico era ugualmente ingenua. La mummia centrista Joe Biden ha guidato i voti neri verso la vittoria nelle primarie Democratiche, creando temporaneamente tra alcuni esperti l’errata convinzione che la maggior parte degli afroamericani statunitensi fosse più interessata a una replica di serie B degli anni di Obama anziché a un cambiamento radicale. Col senno di poi, è chiaro che il vero problema consisteva nel fatto che in gioco non ci fossero riforme significative.
Quando la pandemia di Covid 19 ha travolto gli Stati Uniti, tutti i mezzi statalisti per cercare il cambiamento sociale erano stati esauriti. Trump ha esacerbato la situazione, cogliendo l’opportunità per organizzare un massiccio passaggio di ricchezza, per l’equivalente di miliardi di dollari, alla classe sociale più abbiente nel mezzo della peggiore recessione economica a memoria d’uomo. In questo contesto, milioni di persone negli Stati Uniti, insieme a miliardi in tutto il mondo, hanno vissuto in isolamento da metà marzo a fine maggio, riflettendo sulla propria mortalità. Mai prima di allora era stato così chiaro che le istituzioni del potere fossero fondamentalmente ostili e distruttive per la vita della gente comune.
Questo è il motivo per cui, quando si è diffusa la notizia della risposta dei ribelli neri all’omicidio di George Floyd, anche i liberali bianchi della classe media hanno sentito la tragedia in modo profondo. Con la pandemia, alcuni dei meccanismi che di solito fanno sì che i privilegiati non s’identifichino con i più emarginati sono stati sospesi.
Negli ultimi giorni di Maggio del 2020, coloro che sono sempre stati presi di mira dalla polizia, che soffrono maggiormente per razzismo e povertà, hanno capito che sarebbe stato allora o mai più. Eroicamente, in tutti gli Stati Uniti, hanno messo le proprie vite in gioco attaccando su larga scala i loro oppressori - e milioni di persone di tutte le classi e dai background differenti esaurite dal lockdown si sono unite a loro nelle strade.
Trump e altri politici sono rimasti senza parole a causa delle rivolte scaturite dall’omicidio di George Floyd, sostenendo che erano state coordinate dagli anarchici; in effetti, hanno fatto più loro per provocare le rivolte di quanto non avrebbero potuto gli anarchici. Sono state le politiche dello Stato stesso a permettere la diffusione dell’intelligenza collettiva a capo dell’insurrezione – inquadrando come obiettivi legittimi polizia, banche e aziende, e facendo capire praticamente a chiunque i motivi per cui la gente li avrebbe attaccati. Il supporto esplicito di Trump ai suprematisti bianchi, le sue politiche xenofobe relative ai confini, i suoi tentativi di abolire l’accesso all’assistenza sanitaria, il suo contributo all’accelerazione del riscaldamento globale e il suo rifiuto di fornire qualsiasi tipo di sostegno a chi è minacciato dalla disoccupazione o dal COVID-19, hanno mostrato a chiunque che tutti stiamo affrontando una lotta per la vita, non solo per quelli che vengono regolarmente uccisi dalla polizia.
Forse, dopotutto, l’ora più buia annuncia l’alba.
2. Parliamo delle manovre repressive. Sembra che la controinsurrezione abbia lavorato sulla narrazione degli "anarchici bianchi" e dei "provocatori venuti da fuori" e messo in atto teatrini quali i poliziotti che si inginocchiavano, attori pagati vestiti da Black Panther, ecc. Quale di queste tecniche ha funzionato maggiormente e quale ha fallito?
La forza di gran lunga più pericolosa sono state le voci. La polizia che fingeva di sostenere i manifestanti ha potuto creare un'illusione che è durata solamente poche ore— prima o poi costretti ad attaccare i manifestanti per cercare di mantenere il controllo, qualsiasi incomprensione rispetto al loro ruolo sociale è stata fugata.  Ma le voci sul fatto che la distruzione delle proprietà, gli espropri o gli attacchi alla polizia fossero opera degli “anarchici bianchi” o “infiltrati della polizia” hanno generato sospetto e paura. Queste narrazioni repressive sono utili tanto ai liberali e ad altri aspiranti leader che vogliono mantenere il controllo della piazza, quanto alle autorità che la vogliono reprimere.
Capitalisti e suprematisti bianchi usano da sempre la narrazione dei “provocatori venuti da fuori” per delegittimare le proteste negli Usa, nello specifico riguardo alle proteste che implicano la solidarietà tra bianchi e neri. Cent'anni fa i bianchi che agivano in solidarietà dei neri venivano chiamati “traditori della razza”; Trump non può usare questo linguaggio oggi senza che il suo razzismo appaia ovvio, quindi li chiama “antifa”, ma intende esattamente la stessa cosa con questo nuovo termine, sta cercando di portare avanti la stessa operazione politica.  
Per fortuna le forze che agitano la rivolta sono troppo forti per essere fermate dalle sole narrazioni delegittimanti—e l'amministrazione Trump è così impopolare che ogni narrazione che impiega è subito vista con sospetto.
Quando altri diffondevano nelle strade voci ridicole riguardo al fatto che “gli anarchici” erano responsabili di tutti gli scontri, ciò costituiva un problema, ma quando Trump ha incominciato a farlo, in molti hanno messo in dubbio queste voci e riconosciuto di quali interessi fossero al servizio.
3. Decolonizzare gli Stati Uniti. Le statue cadono. Un Paese fondato sulla guerra civile, sul genocidio e sulla schiavitù sta tremando. Nelle strade riecheggia il coro: "five hundread years" [cinquecento anni]. Questo discorso è diffuso ampiamente nella comunità nera e fuori di essa?
Sì - a lungo questa narrazione anti-coloniale è stata centrale per chi si trova a subire il suprematismo bianco e la violenza coloniale.  Si è diffusa, in qualche modo, anche nell’Accademia. Il fatto che la gente stia buttando giù le statue di Colombo e quelle che celebrano i confederati è promettente - ci mostra che chi partecipa a questo movimento si focalizza su tutte le diverse forme dell'oppressione che si sovrappongono, non su un solo aspetto del sistema. Possiamo sperare che questi eventi diano un nuovo esempio e un nuovo approccio alla storia ai giovani che stanno crescendo, mostrando loro che la storia non è un monolite che sta alle nostre spalle nel tempo, ma piuttosto una lotta dinamica che ha luogo adesso tra forze centenarie.
4. Definanziare la polizia. Vedi in atto una nuova ondata di abolizionismo? Possiamo dire: "non si può abolire la polizia senza abolire il capitalismo" non solo come slogan ma anche come indicazione?
L'abolizione della polizia era vista come una proposta estrema ed oscura fino al momento in cui i ribelli hanno incendiato il commissariato del terzo distretto di Minneapolis. Tutto ad un tratto è diventato plausibile che i rivoltosi possano sopraffare la polizia come forza principale. In seguito, e solo a questo punto, l'abolizione della polizia è diventata argomento di discussione largamente diffuso, con i liberali a tentare di depotenziare il movimento contro la polizia, annacquandolo dall'interno o opponendovisi apertamente.  
Quando diventerà chiaro che è impossibile isolare e distruggere i nostri movimenti, il prossimo pericolo che potremmo correre sarà che questi vengano gentrificati e cooptati.  La repressione della polizia si è rivelata inutile perché è intrappolata in un ciclo in cui tutti i suoi strumenti per controllare il disordine non fanno altro che diffonderlo sempre più.  L’affluenza di aspiranti politici, dirigenti e altri presunti leader nelle strade ha fatto di più per smorzare la rivolta di quanto non avrebbe fatto qualsiasi quantità di violenza statale.  In risposta a chi dice che i “saccheggiatori” avrebbero provato ad approfittare del movimento di protesta rispettabile, è più preciso dal punto di vista fattuale - considerando la timeline degli eventi -  dire che i manifestanti “rispettabili”  hanno provato ad approfittare di un movimento basato sul combattere la polizia e sull'esproprio dal giorno in cui è iniziato.
Ciò costituirebbe comunque una piccola minaccia per lo slancio del movimento se tutti i partecipanti avessero interiorizzato l’importanza dell’orizzontalità e dell’autonomia, come dimostrato dalla vittoria a Minneapolis; ma ci vorrà del tempo per imparare quelle lezioni e ci sono molti potenti attori istituzionali che hanno tutte le ragioni per interferire.
I centristi stanno diffondendo la versione più superficiale delle nostre argomentazioni, parlando di tagli dei fondi alla polizia senza prendere in considerazione nessuna delle profonde disparità di ricchezza e potere per mantenere le quali la polizia esiste. Dovremo continuare a spiegare perché ci opponiamo al controllo della Polizia e ad altri aspetti del capitalismo e dello Stato - e questo, anziché diventare meno complicato, potrebbe diventare più difficile mentre i liberali si appropriano dei nostri punti di vista e della nostra retorica.
In futuro, mentre probabilmente potremo vedere alcune modifiche ai protocolli polizieschi o persino all’istituzione stessa della polizia, le autorità mireranno a farlo a spese delle nostre comunità, cercando di guidare l’attività antisociale negli spazi che abbandonano. Altrove, la polizia ha già utilizzato questa strategia per punire quartieri ribelli, come a Exarchia ad Atene, in Grecia. Ciò rende particolarmente urgente impegnarci sugli aspetti positivi dell’abolizione della polizia, affrontando le cause profonde del comportamento distruttivo e antisociale. Dato che la maggior parte delle nostre comunità possiede un accesso limitato alle risorse, questo non sarà facile, ma, poiché lo Stato non interverrà per salvarci, sarà necessario a prescindere.
5. Prospettive. Un'insurrezione può durare settimane o mesi, può finire a causa della repressione,  della stanchezza, della mancanza di obiettivi pratici o con delle elezioni. Cosa  vedi all'orizzonte? Cos'è irreversibile?
L'apice delle sollevazioni si è raggiunto nella prima settimana, quando eravamo poco consci che si stesse veramente sviluppando un movimento, colti come eravamo da un misto di rabbia e timore che la repressione poliziesca avrebbe colpito tutti noi.
Un fenomeno comune negli sconvolgimenti improvvisi: non li vediamo arrivare, e quando riconosciamo che stanno prendendo piede hanno già superato il loro apice. Abbiamo scritto di questo fenomeno dopo il movimento Occupy, nella nostra analisi “Dopo lo Zenit”:
https://crimethinc.com/2013/09/09/dopo-lo-zenit-parte-i-cosa-fare-quando-si-sono-calmate-le-acque
Nei primi giorni avevamo buone ragioni per temere che la sollevazione potesse causare una repressione estremamente distruttiva. Probabilmente questa è una minaccia tuttora, ma non ha prodotto ancora i suoi effetti. Ci sono stati 14000 arresti e più di 70 persone rischiano l'ergastolo, ma il governo non è stato ancora capace di sfruttare questa situazione per rafforzare il suo controllo a livello sistemico.
Finora, Trump ha cercato di trarre benefici dalla polarizzazione sociale. Durante la prima settimana della rivolta, sembrava possibile che potesse approfittare dell’insurrezione come una sorta d’incendio del Reichstag per mettere le mani su un potere ancora maggiore, forse instaurando la legge marziale. Esistono prove a conferma del fatto che i suoi sostenitori abbiano perseguito apertamente questa strategia. Il 29 maggio, un sergente dell’Aeronautica Militare e un altro membro del movimento suprematista bianco “Boogaloo” hanno ucciso un ufficiale della sicurezza federale a Oakland, apparentemente durante un’operazione sotto falsa bandiera intesa ad accelerare l’avvento della guerra civile.
In breve, i generali preferirebbero preservare la loro legittimità abbastanza a lungo per attaccarci sotto Biden, quando saranno percepiti come rappresentanti di un governo più popolare, piuttosto che delegittimarsi ora essendo associati a Trump. Allo stesso tempo, visto che una parte dell'esercito è composta da neri provenienti da famiglie povere, usare i militari contro questo movimento creerebbe tensioni o addirittura rotture tra le forze statali. In un momento sempre più instabile come questo che stiamo vivendo, non vale la pena per loro correre il rischio.
Il movimento, dunque, è sopravvissuto alle prime minacce che ha incontrato, sebbene le tattiche che sono state impiegate si siano spostate dai riot e dagli espropri a cortei più pacifici.
Poniamo l'accento ancora una volta sull'enorme vittoria delle tattiche anarchiche di azione diretta senza compromessi. Laddove le campagne riformiste sono fallite una dietro l’altra, il coraggio di chi ha bruciato il Terzo Distretto di Minneapolis ha permesso l’insorgere di un movimento per il cambiamento sociale senza precedenti. Le vittorie conseguite solo durante la prima settimana superano ciò che altre iniziative erano riuscite a realizzare in anni. Non dovremmo sottovalutare il contributo degli abolizionisti che, lavorando per decenni, hanno consentito alle persone di immaginare di poter fare a meno di polizia e carceri; tuttavia, molti di quelli che hanno dato vita a questo movimento non si considerano affatto attivisti. La forza di questo movimento non è venuta dall’avanzare richieste ma dal rifiuto di porle: https://crimethinc.com/2015/05/05/feature-why-we-dont-make-demands
Ora, tutti lo sanno: l’azione diretta fa ottenere dei risultati. Sarà molto difficile chiudere il vaso di Pandora. Dai centristi che stanno improvvisamente lottando per ridurre la questione dell’abolizione della polizia al “taglio dei fondi”, allo stesso Donald Trump che ieri è stato costretto a imbastire una scenetta per chiedere riforme della Polizia, è innegabile che i disordini abbiano cambiato le priorità di tutti. Anziché alienare le persone, come hanno sempre sostenuto i detrattori, l’azione diretta conflittuale ne ha conquistate milioni a idee e valori che, altrimenti, non sarebbero mai stati presi in considerazione.
Poiché i movimenti di tutto il mondo interiorizzano queste lezioni, ciò avrà effetti a lungo termine su scala globale. Le azioni di solidarietà internazionale hanno già avuto luogo in oltre 50 altri Paesi e in alcuni di questi si è potuto assistere a rivolte imponenti .
Quanto a qui, crediamo che continueranno ad esserci piccoli scontri per settimane o mesi, come quelli della settimana scorsa a Portland, Richmond e a Washington DC - tutti risultanti dall'impegno nel creare occupazioni permanenti che possano funzionare da zone autonome. Con il passaggio del momento più alto del movimento, la combinazione di fattori che lo ha reso incontrollabile è trascorsa (in breve, la mistura di manifestanti ingovernabili e “rispettabili” uniti in una massa indistinguibile - ma anche l'eruzione non pianificata di azioni dirette in più punti piuttosto che in posti fissi).
Ma visto che ci sono così poche prospettive di lavoro per i giovani che hanno partecipato a questi movimenti, a causa della pandemia, un grande settore della popolazione che ha costituito la prima ondata di questa sollevazione non avrà nient'altro da fare nell'immediato futuro che partecipare a cortei, occupazioni e scontri.
A questo proposito, per la prima volta in generazioni, gli Stati Uniti hanno qualcosa in comune con i paesi dell'Europa mediterranea come la Spagna, la Grecia o l'Italia, che sono noti per un forte movimento anarchico. A cosa resta alla gente di dedicarsi se non alla lotta per un mondo completamente diverso? Ci mancano le tradizioni consolidate che possono dare a questo movimento una longevità reale, ma, se non altro, crediamo che nuove formazioni di lotta si creeranno dagli eventi di quest'estate e che questi avranno un ruolo importante nei futuri movimenti.
La lotta continua!
Postilla: in fase di pubblicazione il compagno ci segnala l’uscita di una nuova collettanea di contributi riguardo le zone autonome. La riportiamo con piacere in vista di una futura traduzione:
https://it.crimethinc.com/2020/07/02/the-cop-free-zone-reflections-from-experiments-in-autonomy-around-the-us
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Tesi sulla ribellione di George Floyd
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Di Shemon e Arturo da https://illwilleditions.com/theses-on-the-george-floyd-rebellion/
1. La rivolta di George Floyd è stata una ribellione multirazziale guidata dai neri. Essa non può essere categorizzata sociologicamente come una ribellione esclusivamente nera. Ribelli provenienti da gruppi di tutte le discendenze hanno combattuto la polizia, espropriato e bruciato proprietà. Inclusi nativi, ispanici, asiatici, e bianchi.
2. Questa sollevazione non è stata fatta da provocatori venuti da fuori. I dati dei primi arresti mostrano che si trattava di gente proveniente dalle zone limitrofe alla ribellione. Se c'era chi si era messo in viaggio dalle periferie, ciò non fa altro che rivelare la geografia scomposta della metropoli americana.
3. Sebbene vi abbiano partecipato molti attivisti ed organizzatori, questa ribellione non è stata organizzata dalla sinistra rivoluzionaria minoritaria e neanche dalle cosiddette ONG progressiste. È stata una ribellione informale ed organica, originata direttamente dall'esasperazione della classe lavoratrice nera nei confronti della società borghese e in particolare della polizia.
4. Lo stato di polizia non solo è stato colto alla sprovvista dalla portata e dall'intensità della ribellione, ma la società civile ha anche esitato e vacillato di fronte a questa rivolta popolare che si è diffusa in ogni angolo del paese e ha creato paura e scompiglio nella polizia.
5. La polizia ha mostrato molte debolezze durante la ribellione. Di fronte ad appena qualche centinaio di manifestanti, i dipartimenti sono stati facilmente sopraffatti e costretti a concentrare le loro forze in alcune zone nevralgiche. Appena la polizia arrivava in una zona di conflitto la gente si ritirava e si muoveva verso un altro posto per fare più danno. L'assetto di guerra tradizionale, con enfasi sulla superiorità di equipaggiamento e di tecnologie, ha fallito nel contrastare una serie di manovre flessibili, decentralizzate e rapide, focalizzate sulla distruzione di proprietà.
6. Dal 26 maggio al primo giugno c'è stata la fase militante della ribellione. Dopo il primo giugno la ribellione è stata non solo repressa militarmente, ma anche politicamente. Oltre alla repressione di polizia, militari e vigilantes, la sollevazione è stata attaccata da elementi della sinistra che hanno reagito ai riot condannandoli a causa dei provocatori venuti da fuori. In alcuni posti, i “buoni manifestanti” sono arrivati a bloccare i “cattivi manifestanti” e a consegnarli alla polizia.
7. Le ONG nere, compresa la fondazione Black Lives Matter, non hanno avuto alcuna relazione con la fase militante della ribellione. Queste organizzazioni, infatti, tendono a recitare un ruolo reazionario, spesso impedendo che riot, espropri ed attacchi alla polizia si diffondano. Le ONG nere sono state la punta di diamante delle forze che dividevano il movimento in buoni e cattivi manifestanti. La base sociale delle ONG nere non è il proletariato nero ma la classe media nera e, soprattutto segmenti della classe media bianca in via di radicalizzazione.
8. Questa ribellione ha riguardato la violenza razzista della polizia e l'ineguaglianza razziale, ma anche l'ineguaglianza di classe, il capitalismo, il COVID-19, Trump e altro ancora.
9. Questa ribellione apre una nuova fase nella storia dell'Isola Tartaruga [termine che designa Il Nord America nella cosmogonìa geografica dei nativi e in particolare dei Lenape, NdT] . Una nuova generazione ha fatto esperienza di un movimento potente e di fronte al perpetuarsi delle ineguaglianze e della crisi ha trovato improbabile starsene
seduti e accettare tutto ciò. La ribellione ha prodotto una nuova soggettività politica - il ribelle George Floyd - dando inizio a una serie di processi dagli esiti molteplici che saranno determinati dalla lotta di classe nel presente. Il proletariato americano è finalmente emerso ed è entrato nella storia.
10. Questa ribellione è la punta dell'iceberg della lotta alla pandemia. La ribellione mostra al mondo che la lotta rivoluzionaria può avvenire anche durante una pandemia. La pandemia peggiorerà solamente le condizioni di vita in tutto il mondo; come risultato possiamo aspettarci altre ribellioni in giro per il globo.
11. Ad oggi la ribellione di George Floyd è stata soppressa. In molti delle ONG e della classe media racimoleranno le briciole degli sforzi coraggiosi dei ribelli che hanno combattuto in quella settimana. Ma queste ribellioni torneranno. Sono parte della lotta di classe in corso negli Stati Uniti e a livello globale dall'ultima recessione mondiale (2008-2013). Ora l'economia mondiale è di nuovo in recessione.
12. Le attuali proteste diurne sono un prodotto contraddittorio della ribellione, caratterizzate da grandi folle, più classe media e più bianca. Questa composizione sicuramente aiuta a creare una atmosfera di tipo non violento e del “manifestante buono”, ma ciò è imprescindibile dai leader neri che sostengono questo tipo di politica. Allo stesso tempo, l'espansione delle proteste diurne consente una partecipazione più ampia, che è importante.
13. Gli scontri notturni hanno un limite nel senso che non trascinano larghi settori della società. Scontri, saccheggi, e attacchi alla polizia sono forme di azione di giovani e poveri. Molti lavoratori provano simpatia, ma stanno a casa. Questo mostra che gli scontri da soli non bastano.
14. Molte lotti importanti si sono mescolate con questo movimento, compresi i lavoratori dei trasporti che si sono rifiutati di collaborare con la polizia. Tuttavia, non è chiaro come questa ribellione si connette con le lotte che ribollono nei posti di lavori, con le lotte nelle carceri, e con le lotte per la casa che sono emerse nel contesto della pandemia. Qui sembra ci siano storiche e future connessioni da stabilire. In quale misura sono stati coinvolti negli scontri coloro che erano stati coinvolti nelle precedenti lotte nei posti di lavoro? E in quale misura i ruoterà torneranno al lavoro e sul lavoro continueranno la lotta?
15. I sindacati spesso considerano la polizia e le guardie penitenziarie come lavoratori bisognosi di protezione, invece di vederli come i mazzieri armati della borghesia che sono. A dispetto di una lunga storia di poliziotti repressori di scioperi, resta ancora molto da fare sul fronte del lavoro quando approccia alla questione dell’abolizione della polizia e del carcere. Senza lavoratori dei trasporti, lavoratori della logistica, lavoratori delle pulizia, lavoratori della sanità e altri, la lotta abolizionista è bloccata.
16. Considerando i bassi tassi di sindacalizzazione, molte lotte nei posti di lavoro saranno caotiche, esplosive, e senza mediazione dei sindacati o di qualsiasi altra organizzazione ufficiale. I sindacati cercheranno di stabilire un controllo su di esse e di cooptarle. Possono le lotte nei posti di lavoro corrispondere alle lotte nelle strade? Se sì, entreremo in una nuova fase di conflitto.
17. Nel tentativo di riconsolidare il suo potere e prevenire la rivoluzione, la borghesia corre a garantire riforme e concessioni. Alcuni poliziotti vengono licenziati e incriminati; i fondi di qualche dipartimento di polizia vengono tagliati; varie scuole e università cancellano i loro contratti con la polizia; diverse statute di razzisti sono rimosse; Trump firma un ordine esecutivo che stanzia maggiori risorse per la responsabilità penale della polizia; il Consiglio comunale di Minneapolis vota lo smantellamento del suo dipartimento di polizia. Questa sequenza segue un canovaccio comune nella storia capitalista - la classe dominante risponde alle crisi rivoluzionarie riorganizzandosi e ristrutturandosi in una forma che le garantisca di restare al potere.
18. Ciò che deve essere conseguito attraverso l’azione autonoma del proletariato, altri elementi della società cercano di agirlo con petizioni, leggi e cambiamenti nella polizia. Le riforme sono un obiettivo lodevole in un sistema capitalista razziale che dà in modo chiaro priorità alla polizia piuttosto che alla vita. Tuttavia, dobbiamo tenere a mente che la società borghese vuole mantenere questa ribellione più circoscritta possibile: perimetrandola solo su George Floyd, sulla diminuzione dei fondi della polizia e sulla redistribuzione delle risorse su altri settori sociali. Ma questa ribellione ha a che fare con molto di più. Ha a che fare con la profonda ingiustizia che un popolo percepisce e che nessun grado di riforma può estinguere.
19. L’abolizione comporta la distruzione materiale della gamma di infrastrutture costruite nell’era del capitalismo razziale. L’abolizione è avvenuta dal 26 maggio al primo giugno. Come conseguenza della rivolta dilagante, in una settimane è avvenuto molto di più in termini di discredito e limitazione della polizia che in tanti decenni di attivismo. Qui vediamo il potenziale dell’abolizione nel suo senso pieno, nell’apertura di un veloce momento di solidarietà tra differenti settori razzializzati del proletariato, nella genesi di una crisi nazionale, e nello spalancare la porta a un nuovo mondo, in un istante.
20. Non tutto quello che ha avuto luogo durante l’insurrezione ha rafforzato e liberato. Gli stessi problemi che esistevano prima hanno continuato ad esistere durante la ribellione - razzismo, transfobia, omofobia, competizione per procacciarsi risorse. Tutto questo non scompare improvvisamente in una ribellione. Il cruciale lavoro di costruzione di un mondo nuovo resta da fare.
21. Dobbiamo chiederci quale sia il significato ultimo di questa rivolta. Il tema è Black Lives Matter solo riguardo a coloro che sono razzializzati come neri o la lotta dei neri assume un contenuto più esteso?
22. I paragoni tra questa rivolta e il 1968 sono errati. Questa rivolta è differente su molti piani. Ci sono sindaci neri e dirigenti neri della polizia che governano in molte città. A ribellarsi è stato un proletariato multirazziale.
23. Può il proletariato nero guidare gli altri settori razzializzati del proletariato negli anni a venire’ Questa è una domanda vecchia di un secolo, con Du Bois, Haywood, James, Jones e Hampton che hanno tutti cercato di individuare differenti coalizioni con gli altri settori in questo paese e fuori nel tentativo di battere il capitalismo razziale e l’impero. Tutti loro sapevano che il proletariato nero può far esplodere una vasta ribellione, ma non può battere i suoi nemici da solo.
24. L’unificazione del proletariato in una lotta comune per eliminare il capitalismo è la sola speranza che ha l’umanità di salvare sé stessa e il pianeta. Il suo contropotere è fondato su tutte le persone che concorrono a combattere contro il razzismo, il patriarcato e tutto ciò che il capitalismo porta con sé.
25. Il desiderio di una solidarietà multirazziale è sempre pregno, come le storie del razzismo hanno mostrato. Lo sviluppo della solidarietà sarà teso difficile e dipenderà dalle circostanze oggettive e dalle scelte strategiche. Tra le maggiori preoccupazioni ci deve essere che di questa solidarietà non finisca per fare le spese la liberazione dei neri. Per prevenire ciò, ogni sforzo deve essere fatto per rispettare e sostenere l’autonomia della lotta rivoluzionaria dei neri.
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L’assedio al commissariato del Terzo Distretto di Minneapolis
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Traduzione da https://it.crimethinc.com/2020/06/10/the-siege-of-the-third-precinct-in-minneapolis-an-account-and-analysis
Un resoconto e un’analisi
L’analisi che segue è stata sviluppata a partire da una discussione che ha avuto luogo davanti al commissariato del Terzo Distretto quando le fiamme guizzavano dalle sue finestre, nel Giorno 3 dell’Insurrezione per George Floyd a Minneapolis. Avevamo raggiunto un gruppo di persone i cui visi, illuminati dal fuoco, irraggiavano gioia e meraviglia per la strada. Persone di varie etnie sedevano fianco a fianco parlando del valore tattico dei laser, dell’etica della condivisione, dell’unità interrazziale nella lotta contro la polizia, e della trappola dell’innocenza. Non vi erano disaccordi: tutt* avevamo individuato le stesse cose come quelle che ci avevano aiutato a vincere. Migliaia di persone stanno condividendo l’esperienza di simili battaglie. Noi speriamo che preserveranno la memoria di come combattere. Ma l’istante del combattimento e la celebrazione della vittoria non sono commisurabili alle abitudini, agli spazi e ai legami della vita quotidiana e della sua riproduzione. È sconvolgente quanto sentiamo l’evento già distante da noi. Il nostro proposito è di preservare la strategia che si è dimostrata vincente contro il commissariato del Terzo Distretto di Minneapolis.
La nostra analisi si focalizza sulle tattiche e la composizione della folla che ha assediato il commissariato del Terzo Distretto nel Giorno 2 dell’insurrezione. L’assedio si è prolungato all’incirca dalle quattro del pomeriggio fino alle prime ore della mattina del 28 maggio. Noi riteniamo che la ritirata strategica della polizia dal commissariato del Terzo Distretto nel Giorno 3 sia stata una vittoria dell’assedio del Giorno 2, che ha sfiancato il personale e le riserve del Distretto. Siamo stati presenti al combattimento che ha preceduto l’evacuazione il Giorno 3, siamo arrivati proprio quando la polizia stava andandosene. Eravamo in giro per la città in un’area dove la gioventù si batteva corpo a corpo con la polizia mentre cercava di razziare un centro commerciale - di qui la nostra focalizzazione sul Giorno 2.
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Contesto
L’ultima rivolta popolare contro il Dipartimento di Polizia di Minneapolis aveva avuto luogo in risposta all’assassinio di polizia di James Clark il 15 novembre 2015. Erano state due settimane di tumulti, fino al 2 dicembre. Gli assembramenti avevano ripetutamente affrontato la polizia a colpi di scambi di proiettili; tuttavia, la risposta alla sparatoria si era coagulata in una compunzione del vicino commissariato del Quarto Distretto. Organizzazioni come il NAACP e la neonata Black Lives Matter avevano affermato il loro controllo sulla folla che si riuniva; e spesso erano venute in attrito con i giovani ribelli non affiliati che preferivano lo scontro diretto con la polizia. Gran parte della nostra analisi si appunta su come i giovani ribelli afrodiscendenti e ispanici dei quartieri poveri e operai hanno colto l’occasione di ribaltare questo rapporto. Pensiamo che questa sia stata una condizione determinante dell’insurrezione.
George Floyd è stato assassinato dalla polizia all’incrocio tra la 38esima Strada e la Chicago Avenue fra le 20.20 e le 20.32 di domenica 25 maggio. Le manifestazione contro l’assassinio sono cominciate il giorno dopo sul luogo stesso del delitto, dove era stata convocata una veglia. Vari convenuti si sono avviati in corteo verso il commissariato del Terzo Distretto a Lake Street all’incrocio della 26esima, dove i ribelli hanno attaccato i veicoli della polizia nel parcheggio.
Questi due siti sono diventati punti di riferimento significativi. Diversi gruppi comunitari, organizzazioni, liberal, progressisti, e gente di sinistra si sono concentrati sul luogo di veglia, mentre chi voleva configgere si è ritrovato generalmente intorno al commissariato. Questo ha significato una distanza di due miglia tra due folle davvero diverse, una divisione spaziale riprodottasi anche in altre aree della città. Chi è andato a fare gli espropri si è scontrato con la polizia in zone commerciali sparse fuori dalla sfera d’influenza delle organizzazioni, mentre molti dei cortei della sinistra hanno escluso gli elementi combattivi con la sperimentata tattica della “polizia di pace” in nome di un’avversione identitaria al rischio.
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Il “Soggetto” dell’Insurrezione per George Floyd
Nella nostra analisi, il soggetto non è una razza, né una classe, né un’organizzazione, e neanche un movimento, ma è una folla. Ci concentriamo sulla folla per tre ragioni. Anzitutto, ad eccezione degli street medics, nessun partecipante era precedentemente organizzato. La vittoria è stata ottenuta grazie a individui e gruppi indipendenti che hanno coraggiosamente interpretato ruoli complementari e che hanno saputo cogliere le opportunità che si presentavano loro.
I primi assembramenti sono stati per certo chiamati da un’organizzazione afroamericana, ma tutte le azioni che hanno sconfitto materialmente il commissariato sono stati intraprese dopo la fine di questa dimostrazione e da gruppi di persone fuori da qualsiasi affiliazione o sigla. In quel momento, non si è vista praticamente alcuna delle familiari facce di autoproclamati leader comunitari e spirituali. La folla ha potuto trasformare la situazione liberamente. Le organizzazioni fanno sempre affidamento sulla stabilità e la prevedibilità al fine di potere mettere in opera strategie che richiedono molto tempo per essere elaborate. Di conseguenza, i leader delle organizzazioni possono essere minacciati da cambiamenti bruschi nelle condizioni sociali, che possono rendere irrilevanti le loro organizzazioni medesime. Le organizzazioni - anche quelle autoproclamate “rivoluzionarie” - hanno interesse a sopprimere la rivolta spontanea per reclutare invece chi è scontento e infuriato. Non importa se si tratti di un eletto, di un leader religioso, di un “organizzatore comunitario”, o di un rappresentante della sinistra, il messaggio alla folla indisciplinata è sempre lo stesso: aspettate.
La forza che ha trionfato sul Terzo Distretto è stata una folla e non un’organizzazione giacché i suoi obiettivi, i suoi mezzi e la sua composizione interna non erano regolati da un’autorità centralizzata. Questo si è rivelato benefico, dal momento che la folla è ricorsa di conseguenza a opzioni già pratiche ed è stata libera di creare inedite relazioni interne per adattarsi al conflitto in atto. Espandiamo questo aspetto nella sottostante sezione titolata “Lo schema della battaglia e la Composizione”.
La forza nelle strade del 27 maggio era situata in una folla perché i suoi componenti avevano poche aderenze all’ordine esistente che è amministrato dalla polizia. Fatto cruciale, una tregua tra bande è stata chiamata dopo il primo giorno di sollevazione, neutralizzando le barriere territoriali alla partecipazione. La folla proveniva in gran parte dai quartieri afro e ispanici operai e poveri. Questo è stato particolarmente vero per coloro che hanno bersagliato la polizia e vandalizzato ed espropriato negozi. Coloro che non si identificano come “titolari” del mondo che li opprime sono molto più portati a combatterlo e farne sacco quando se ne presenta l’opportunità. La folla non aveva interesse a giustificarsi con gli spettatori ed era scarsamente interessata a “significare” alcunché ad alcuno all’infuori di sé stessa. Non c’erano segni o discorsi solo slogan al servizio dei compiti tattici di “gasarsi” (“Fuck 12!”) e d’interrompere la violenza della polizia esibendo una “innocenza" strategica (“Hands up! Don’t shoot!”).
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Ruoli
Abbiamo visto le persone interpretare i seguenti ruoli:
Supporto medico
Esso include gli street medics e i medici che hanno garantito triage e prime cure in centri comunitari riconvertiti a due isolati di distanza dal commissariato. In altre circostanze potrebbe accadere nei locali di una qualche ONG, in magazzini o in luoghi di culto alleati del movimento. Un gruppo di medici potrebbe anche invadere ed occupare un luogo per la sola durata degli scontri. Gli street medics non hanno interferito con le scelte tattiche della folla e hanno curato tutti coloro che ne avevano bisogno.
Controllori dei canali radio (della polizia) e operatori di canali Telegram
Adesso è una pratica comune in molte città degli Stati Uniti, ma le persone che monitoravano i canali radio della polizia prestando orecchio alle notizie importanti hanno giocato un ruolo cruciale nel creare un flusso d’informazioni dalla polizia alla folla. È quasi certo che nel complesso la maggior parte della folla non ha praticato in sicurezza l’uso dei canali Telegram. Consigliamo i ribelli di installare l’app Telegram su telefoni usa e getta per rimanere informati evitando che gli StingRay della polizia (false antenne di telefonia cellulare) traccino i loro dati personali.
Manifestanti pacifici
Le tattiche non-violente dei manifestanti pacifici hanno supportato due scopi tradizionali ed uno inedito:
Hanno creato uno spettacolo di legittimità, intensificato man mano che diminuiva la violenza della polizia.
Hanno creato una prima linea che bloccava i tentativi della polizia di avanzare quando si schierava davanti al commissariato.
In aggiunta, in una piega imprevista degli eventi, i manifestanti pacifici hanno fatto scudo a chi lanciava oggetti contundenti.
Ogni qualvolta la polizia minacciava l’uso dei lacrimogeni o dei proiettili di gomma, i manifestanti pacifici si allineavano davanti a loro con le mani in alto, scandendo “Hands up, don’t shoot!”. Qualche volta piegavano il ginocchio a team, ma tipicamente solo durante relative pause negli scontri. Quando gli sbirri si schieravano fuori dal commissariato, le loro file si ritrovavano spesso a fronteggiare una linea di manifestanti “non-violenti”. Questo ha avuto l’effetto di stabilizzare temporaneamente lo spazio del conflitto e di offrire agli altri elementi della folla un bersaglio stazionario. Per quanto ci siano stati alcuni manifestanti pacifici che hanno intimato rabbiosamente alla gente di non lanciare cose, sono stati pochi e si sono andati calmando nel corso della giornata. Ciò è stato probabilmente dovuto al fatto che la polizia ha cominciato da subito a sparare proiettili di gomma contro chi lanciava oggetti, il che ha infuriato la folla. Da notare che spesso si è dato il caso inverso - siamo abituati a osservare le tattiche più conflittuali usate per proteggere chi pratica la non-violenza (es., a Standing Rock e a Charlottesville). L’inversione di questo rapporto a Minneapolis ha garantito una maggiore autonomia a coloro che adottano tattiche di scontro.
Squadre di lancio
Le squadre di lancio hanno usato bottiglie di vetro, pietre e rare Molotov contro la polizia, e sparato fuochi d’artificio. I lanciatori non agivano sempre in gruppo, ma farlo li ha protetti dal diventare bersagli dei manifestanti non-violenti che volevano dettare le tattiche alla folla. Le squadre di lancio hanno perseguito tre scopi:
Hanno stornato la violenza della polizia dagli elementi pacifici della folla durante i momenti di escalation.
Hanno pazientemente indotto l’esaurimento delle riserve di munizioni antisommossa della polizia.
Hanno costituto una minaccia all’integrità fisica della polizia, rendendole più costoso avanzare.
Il primo giorno dell’insurrezione, ci sono stati attacchi su diversi Suv della polizia parcheggiati nel commissariato del Terzo Distretto. Questa attitudine si è confermata subito il Giorno 2, iniziando con il lancio di bottiglie di vetro sui poliziotti posizionati sul tetto del commissariato del Terzo Distretto e lungo l’edificio. Dopo che la polizia ha risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma, le squadre di lancio a loro volta hanno iniziato a usare sassi. Elementi della folla hanno smantellato la piattaforma in pietra di una fermata d’autobus e l’hanno spaccata per rifornire di ulteriori proiettili. Il calar della notte ha visto l’uso di fuochi d’artificio da parte di qualcuno, che si è generalizzato nei Giorni 3 e 4. Alcuni “Boogaloos” (accelerazionisti del Secondo Emendamento) avevano a loro volta brevemente usato fuochi d’artificio il Giorno 1, ma da quanto abbiamo visto in seguito si sono per lo più ridotti a guardare seduti dai margini. Infine, va notato che la polizia di Minneapolis usava “marcatori verdi”, pallottole di gomma che esplodevano inchiostro verde per contrassegnare i violatori della legge ai fini di successivi arresti. Una volta che è diventato chiaro che il dipartimento di polizia aveva limitate capacità di fare fronte alla sua minaccia e, di più, che la folla poteva vincere, coloro che erano stati inchiostrati hanno avuto ogni incentivo a battersi come diavoli per sconfiggere la polizia.
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Puntatori laser
Nella grammatica del movimento di Hong Kong, coloro che adoperano i puntatori laser sono chiamati “maghi della luce”. Come nel caso di Hong Kong, del Cile e di altri luoghi nel 2019, alcuni sono arrivati pronti con puntatori laser per attaccare le capacità ottiche della polizia. I puntatori laser implicano uno specifico rapporto rischi/rendimenti, dal momento che è molto facile tracciare le persone che li usano, anche quando operano di notte in una folla densa e attiva. Coloro che usano i puntatori laser sono particolarmente vulnerabili se mentre operano in piccoli assembramenti cercano di colpire singoli poliziotti o (soprattutto) elicotteri della polizia: ed è lo stesso anche se l’intero quartiere sta conducendo un esproprio in massa (l’uso diurno di laser ad alta frequenza dotati di mirini resta non verificato, almeno per quanto ne sappiamo). Ma il vantaggio dei puntatori laser è immenso: essi compromettono momentaneamente la visione della polizia sul terreno e possono disabilitare i droni di sorveglianza interferendo con i loro sensori a infrarossi e con le videocamere di orientamento. In quest’ultimo caso, un drone fatto continuativamente oggetto di un puntamento laser può finire per atterrare ed essere distrutto dalla folla. Ciò è accaduto più volte nei Giorni 2 e 3. Se una folla è particolarmente densa e difficile da discernere visivamente, i laser possono essere usati per allontanare gli elicotteri della polizia. Questo è stato dimostrato con successo il Giorno 3 subito dopo l’evacuazione del Terzo Distretto da parte della polizia, come pure nel Giorno 4 nei pressi della battaglia del Quinto Distretto.
Barricatori
I barricatori hanno costruito barricate con i materiali a portata di mano, inclusa una impressionante barricata che ha bloccato la polizia sulla 26sima strada poco a nord della Lake Street. In questa occasione la barricata era stata assemblata con un treno di carrelli da supermercato e di una postazione di raccolta dei carrelli stessi da un vicino parcheggio, e con cassonetti e barriere della polizia, infine con pannelli di compensato e materiali per muratura da un cantiere edile. Al Terzo Distretto, la barricata ha fornito una utile copertura per gli attacchi con puntatori laser e i lanci di pietre, servendo anche come naturale punto di riferimento della folla per raggrupparsi. Al Quinto Distretto quando la polizia è avanzata a piedi contro la folla, decine di persone hanno riempito la strada di più barricate consecutive. Per un verso, questo ha dato il vantaggio di fermare l’ulteriore avanzata della polizia, consentendo intanto alla folla di raggrupparsi fuori dalla portata delle pallottole di gomma. Tuttavia, è diventato rapidamente chiaro che le barricate scoraggiavano la folla dal riprendersi la strada, e sono state parzialmente smantellate in modo da facilitare una seconda pressione sulle linee della polizia. Può essere difficile coordinare difesa e attacco in una sola mossa.
Sound Systems
Casse e motori delle auto hanno fornito una colonna sonora che ha vivacizzato la folla. L’inno del Giorni 2 e 3 era “Fuck The Police” di Lil’ Boosie. Ma una novità che non avevamo mai visto prima è stata quella di usare i motori per potenziare il frastuono e “svegliare” la folla. Ciò è iniziato con un pick-up con una marmitta modificata, parcheggiato dietro la folla e di coda. Quando le tensioni con la polizia sono salite ulteriormente ed è stato evidente che gli scontri stavano per ricominciare, il conducente ha spinto i giro del motore al massimo e l’ha fatto ruggire fragorosamente sulla folla. Altre auto modificate simili si sono poi aggiunte, come pure alcune moto.
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Espropriatori
Espropriare funziona in tre direzioni. Primo, libera risorse per curare e nutrire la folla. Il primo giorno, i ribelli hanno cercato di prendere il negozio di liquori proprio accanto al commissariato del Terzo Distretto. Il loro successo è stato di breve durata, gli sbirri sono riusciti a riprenderne possesso. All’inizio della fase di stallo del Giorno 2, un gruppo di persone ha dato segno della propria determinazione scalando fino al tetto l’edificio del negozio per schernire la polizia dal tetto. La folla ha salutato quest’umiliazione, che implicitamente segnava l’obiettivo per il resto della giornata: dimostrare l’impotenza della polizia, demoralizzarla, e spossarne le capacità.
Circa un’ora dopo, è iniziato l’esproprio del negozio di liquori e di un Aldi un isolato oltre. Se la maggioranza dei presenti partecipava all’esproprio, era pur chiaro che alcuni si incaricavano di renderlo strategico. Gli espropriati all’Aldi hanno recuperato un’immensa quantità di bottiglie di acqua, bevande sportive, latte, barrette proteiche e altre merende e assemblato grosse quantità di queste risorse agli incroci stradali delle vicinanze. Oltre al negozio di liquori e all’Aldi, il Terzo Distretto era vantaggiosamente vicino a un Target, un Cub Foods, un negozio di scarpe, un discount, un Autozone, un Wendy’s, e vari altri esercizi. Una volta che la pratica dell’esproprio è iniziata, tutto questo è divenuto immediatamente parte della logistica dell’assedio della folla al Distretto.
Il secondo luogo, l’esproprio ha sollevato il morale della folla creando solidarietà e gioia in un atto condiviso di trasgressione collettiva. L’atto del dono e lo spirito di generosità sono diventati accessibili a tutti, in un positivo contrappunto agli scontri corpo a corpo con la polizia.
Terzo e più importante, l’esproprio ha contribuito a mantenere ingovernabile la situazione. Nel momento in cui l’esproprio si diffondeva per tutta la città, le forze di polizia si ritrovavano sparpagliate. Il loro tentativo di mettere in sicurezza obiettivi strategici non faceva che rendere liberi gli espropriatori di dilagare in altre aree della città. Come un pugno scagliato contro l’acqua la polizia si è ritrovata frustrata da un avversario che si espandeva esponenzialmente.
Fuochi
La decisione di dare fuoco agli esercizi espropriati può essere apprezzata come tatticamente intelligente. Ha contribuito a deperire le risorse della polizia, dal momento che i vigili del fuoco forzati a estinguere continuamente incendi di strutture in tutta la città richiedevano ingenti scorte di polizia. Questo ha impattato duramente sulla loro abilità di intervenire in situazioni di esproprio in svolgimento, rispetto alle quali nella maggioranza dei casi non sono mai intervenuti (ad eccezione dei centri commerciali e del magazzino Super Target sulla University Avenue). Ciò ha funzionato diversamente in altre città, dove la polizia ha optato per non scortare i pompieri. E forse spiega perché i manifestanti sparavano in aria davanti ai veicoli antincendio durante i riot di Watts.
Nel caso del Terzo Distretto, l’incendio di Autozone ha avuto due conseguenze immediate: prima, ha forzato la polizia a scendere in strada e stabilire un perimetro attorno all’edificio per i vigili del fuoco. Se ciò ha diminuito l’attrito sul fronte del commissariato, ha però sospinto la folla su Lake Street, inducendo subito dopo un esproprio diffuso e una moltiplicazione degli scontri in tutto il quartiere. Sospendendo la forza magnetica del commissariato, la risposta della polizia all’incendio ha indirettamente contributo a fare dilagare la rivolta nella città.
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Lo schema della battaglia e la “composizione”
Chiamiamo assedio le battaglie del secondo e del terzo giorno intorno al commissariato perché la polizia è stata battuta per logoramento. Lo schema della battaglia era considerato da una intensificazione costante puntellata di salti di qualità dovuti alla violenza della polizia e dall’espansione del conflitto nell’esproprio e negli attacchi ad edifici aziendali. La combinazione dei ruoli sopra elencati ha aiutato a creare una situazione che era ingovernabile dalla polizia, per quanto la polizia fosse tenacemente determinata a contenerla. La repressione richiesta da ogni sforzo di contenimento intensificava la rivolta e la sospingeva ulteriormente nell’area circostante. Dal Giorno 3, ogni struttura privata nel dintorni del commissariato del Terzo Distretto era stata distrutta e la polizia non aveva che un “regno di ceneri” da esibire come trofeo dei suoi sforzi. Restava solo il loro commissariato, un obiettivo solitario con risorse erose. I ribelli giunti sul posto il Giorno 3 hanno trovano un nemico ridotto allo stremo. Restava da dare solo un’ultima spinta.
Il giorno 2 dell’insurrezione era iniziato con un corteo: i manifestanti erano nelle strade, mentre la polizia si attestava in cima al suo edificio con un arsenale di armi antisommossa. Lo schema dello scontro ha iniziato a prendere forma durante il corteo, quando la folla ha tentato di scalare i muri di recinzione del Distretto per vandalizzarlo. La polizia sparava pallottole di gomma e i portavoce del corteo invitavano alla calma. Dopo un può e dopo altri discorsi, la gente ha tentato ancora. Quando la salva di pallottole di gomma è arrivata, la folla ha risposto con pietre e bottiglie. Questo ha dato il via ad una dinamica di escalation rapidamente accelerata una volta sciolto il corteo. Qualcuno faceva appello alla non-violenza e cercava di interferire con chi tirava cose, ma la maggior parte delle persone non si è nemmeno sognata di discutere. Erano per lo più ignorati o qualcuno in risposta diceva sempre la stessa cosa: “Questa storia della non-violenza non funziona!”. In effetti, nessun lato di questo dissidio aveva del tutto ragione: come il corso della battaglia ha dimostrato, entrambe le parti avevano bisogno l’una dell’altra per realizzare il fatto storico di ridurre il Terzo Distretto in cenere.
Importante qui è notare che la dinamica cui abbiamo assistito il Giorno 2 non implicava l’uso della non-violenza e dell’attesa della repressione per fare degenerare la situazione. Al contrario, un certo numero di persone si sono esposte moltissimo per sfidare la violenza della polizia e provocare l’escalation. Una volta che la folla e la polizia si erano inserite in uno schema di intensificazione del conflitto, l’obiettivo della polizia era di espandere il suo controllo territoriale a raggiera intorno al commissariato. Quando la polizia decideva di avanzare, iniziava con il lancio di granate assordanti sulla folla e sparando pallottole di gomma contro chi tirava oggetti, innalzando barriere, e lanciando gas lacrimogeno.
L’intelligenza della folla si è mostrata quando i partecipanti hanno velocemente appreso cinque lezioni nel corso della lotta.
Primo, è importante restare calmi davanti alle granate stordenti, visto che non provocano danni fisici se si è ad una distanza di più di cinque piedi. Questa lezione si estende ad un principio più generale rispetto alla crisi governamentale: non entrare in panico, perché la polizia userà sempre il panico contro di te. Si può reagire rapidamente restando più calmi possibile.
Secondo, la pratica di sciacquare gli occhi infiammati dal gas lacrimogeno si è diffusa rapidamente dagli street medics al resto della folla. Usando bottiglie d’acqua prese dai negozi espropriati, molte persone nella folla erano in grado di imparare e rapidamente eseguire il lavaggio degli occhi. Persone che lanciavano pietre un minuto dopo potevano essere osservate mettersi a curare gli occhi di altre nelle vicinanze. La conoscenza medica di base ha aiutato a costruire la fiducia della folla, portandola a resistere alla tentazione del panico e della calca, e così poter tornare sul campo di battaglia.
Terzo, forse la più importante scoperta tattica della folla è stata che quando si è forzati dal gas lacrimogeno a ritirarsi, si deve riempire il prima possibile lo spazio abbandonato. Ogni volta che la folla ritornava al Terzo Distretto, tornava più arrabbiata e più determinata a fermare la polizia o a farle pagare il maggior prezzo possibile per ogni passo che facesse.
Quarto, per usare il linguaggio di Hong Kong, abbiamo visto la folla praticare la massima “Sii acqua”. Non solo la folla era in grado di tornare rapidamente a riempire spazi dai quali era stata costretta a ritirarsi, ma quando era forzata ad allontanarsi, a differenza della polizia non cercava di fissare un controllo territoriale. Quando poteva, la folla tornava negli spazi dai quali era stata forzata a ritirarsi dal gas lacrimogeno, ma quando necessario, scorreva lontano dall’avanzata della polizia come una forza distruttiva torrenziale. Ogni avanzata della polizia sfociava nel risultato di un maggior numero di negozi sfasciati, saccheggiati e dati alle fiamme. Questo ha significato che la polizia era perdente sia che scegliesse di restare assediata sia che respingesse la folla.
Infine, la caduta del Terzo Distretto ha mostrato tanto il potere dell’ingovernabilità come obiettivo strategico quanto gli strumenti di azione della folla. Le squadre di lancio possono distrarre il fuoco della polizia da coloro che praticano non-violenza. Gli espropriatori possono aiutare e sostenere la folla e insieme disorientare la polizia. Di converso, coloro che combattono corpo a corpo con la polizia possono generare opportunità per gli espropri. I maghi della luce possono fornire alle squadre di lancio una temporanea opacità accecando la polizia e disabilitando droni e videocamere di sorveglianza. Chi pratica non-violenza prende tempo per chi barrica, il cui lavoro allevia poi il bisogno di non-violenza per assicurare la linea del fronte.
Vediamo qui che un folla internamente diversa e complessa è più potente di una folla omogenea. Usiamo il termine composizione per nominare questo fenomeno di massimizzazione della diversità di pratiche complementari. Essa è distinta dall’organizzazione perché i ruoli sono volontari, gli individui possono passare dall’uno all’altro di essi, e non vi sono leader ad assegnarli o coordinarli. Le folle che si formano e combattono attraverso la composizione sono più efficaci contro la polizia non solo perché tendono ad essere più difficili da controllare, ma anche perché l’intelligenza che le anima risponde e si adegua alla situazione reale sul campo, anziché in accordo a concezioni precostituite di ciò cui una battaglia “dovrebbe” assomigliare. Non sono le folle “composizionali” sono maggiormente in grado di affrontare la polizia in battaglie di logoramento, ma sono maggiormente in grado di avere la fluidità necessaria a vincere.
Come osservazione conclusiva su questo, possiamo contrapporre la composizione all’idea di “diversità di tattiche” usata dal movimento alter-globalista. “Diversità di tattiche” era l’idea che gruppi differenti, nel corso di un’azione, dovessero usare mezzi differenti in tempi o spazi differenti con un obiettivo condiviso. In altre parole “tu fai te e io faccio me”, ma senza alcuna attenzione a come io possa agire in maniera complementare alla tua e viceversa. Diversità di tattiche è il nome in codice attivistico di “tolleranza”. La folla che si è formata il 27 maggio davanti al Terzo Distretto non ha “praticato la diversità di tattiche”, ma si è messa insieme connettendo tra loro differenti tattiche e ruoli in uno spazio-tempo condiviso che ha messo ogni partecipante in grado di dispiegare ciascuna tattica richiesta dalla situazione.
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L’ambiguità di violenza e non-violenza nelle prime linee
Siamo stati abituati a vedere le tattiche più conflittuali usate come scudo a coloro che praticavano non-violenza, come a Standing Rock e a Charlottesville o nella figura del front-liner ad Hong Kong. Tuttavia, il rovesciamento di questa relazione divide le funzioni del “front-liner militante” (à la Hong Kong) in due ruoli separati: fare scudo alla folla e agire controffensiva. Ciò non è mai giunto al livello di una strategia esplicita nelle strade; non c’erano appelli a “proteggere i lanciatori”. Nel contesto USA, dove la non-violenza e le collegate narrative sull’innocenza sono profondamente radicate nelle lotte contro il razzismo di stato, non è chiaro se tale strategia potrebbe funzionare esplicitamente senza squadre di lancio che prendano sulla propria testa per prima il rischio materiale. In altre parole, sembra quasi che unire tattiche balistiche e non-violenza a Minneapolis sia stato reso possibile da una percezione tacitamente condivisa dell’importanza del sacrificio nello scontro con lo stato, che ha forzato entrambe le posizioni a spingersi oltre le proprie paure.
Ma questo percezione condivisa del rischio non va così lontano. Mentre i manifestanti pacifici probabilmente hanno guardato ai loro gesti come simboli morali contro la violenza della polizia, le squadre di lancio hanno visto questi stessi gesti in modo indubbiamente differente, anzitutto come protezioni, o come opportunità materiali strategiche. Qui di nuovo, possiamo vedere la forza che la strada della composizione gioca nelle situazioni reali, facendo rilevare come renda possibile che comprensioni completamente differenti della stessa tattica possono coesistere l’una accanto all’altra. Ci combiniamo senza diventare la stessa cosa, ci muoviamo insieme senza comprenderci l’un l’altro, e tuttavia questo funziona.
Vi sono limiti potenziali nel dividere le funzioni di prima linea in questi ruoli. Anzitutto, non si mette in discussione la valorizzazione del sacrificio nelle politiche della non-violenza. In secondo luogo, si lascia nell’ambiguità il valore dello scontro a distanza prevenendo la sua condensazione in un ruolo stabile davanti alla folla. Resta indubbio che il Terzo Distretto non sarebbe caduto senza tattiche balistiche. Tuttavia, siccome la prima linea era identificata con la non-violenza, l’importanza spaziale e simbolica dei lanci era implicitamente secondaria. Questo ci porta a chiederci se non sia sia reso più facile alla contro-insurrezione di farsi strada nel movimento attraverso la “polizia comunitaria” e i suoi corollari: l’auto-sorveglianza delle manifestazioni e dei movimenti affinché si mantengano nei limiti della non-violenza.
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Verifica dei fatti: un necessità cruciale per il movimento
Noi crediamo che il maggiore pericolo posto davanti al movimento attuale fosse già presente alla Battaglia del Terzo Distretto - nello specifico, il pericolo delle voci incontrollate e della paranoia. Riteniamo che la pratica del “fact checking” sia cruciale per il movimento attuale al fine di ridurre al minimo la confusione sul campo e la sfiducia interna sulla sua stessa composizione.
Abbiamo ascoltato una litania di voci impazzite durante il Giorno 2. Ci veniva detto ripetutamente che rinforzi di polizia erano sulla via di chiuderci in trappola. Venivamo avvertiti da fuggitivi della folla che unità della Guardia Nazionale erano “a venti minuti di marcia”. Una donna bianca accostava con la sua auto vicino a noi e gridava “LE CONDUTTURE DEL GAS NELL’AUTOZONE INCENDIATO STANNO PER ESPLODEREEE!!!”. Tutte queste voci si sono rivelate false. In quanto espressioni di un’ansia allo stadio del panico, esse hanno sempre prodotto lo stesso effetto: spingere la folla a dubitare della sua forza. Era come se alcuni componenti della folla stessero facendo esperienza di una forma di vertigine al cospetto della forza che stavano comunque contribuendo a forgiare.
È necessario interrompere le voci ponendo domande a chi le ripete. Vi sono domande semplici che possiamo porre per fermare l’espandersi della paura e delle voci che hanno l’effetto di indebolire la folla. “Come lo sai?”, “Chi te lo ha detto?”, “Qual è la tua fonte d’informazione?”, “Si tratta di un fatto verificato?”. “Questa conclusione sembra infondata; quali elementi hai per formulare un giudizio?”.
Accanto alle voci, vi è anche il problema di attribuire un’importanza sproporzionata a certe forme del conflitto. Giunti al Giorno 2, una delle storie dominanti era la minaccia dei “Boogaloo boys” che erano apparsi nella giornata precedente. Ciò ci aveva sorpreso poiché non li avevamo incontrati il Giorno 1. Ne abbiamo visti una mezza dozzina il Giorno 2, ma si erano relegati ai bordi di un evento che li sormontava. A dispetto della loro proclamata simpatia per George Floyd, una coppia di loro più tardi è rimasta a guardia di un esercizio per difenderlo dagli espropri. Ciò ha mostrato i limiti non solo della loro asserita solidarietà, ma anche del loro intuito strategico.
Infine, ci siamo svegliati il Giorno 3 con cosiddetti report sul fatto che provocatori della polizia o agitatori esterni si fossero resi responsabili della distruzione del giorno prima. Target, Cub Foods, Autozone, Wendy’s, e un condominio costruito già per metà erano andati tutti in fiamme entro il termine della notte. Non possiamo escludere la possibilità che un certo numero di forze ostili abbiano cercato di screditare la folla accrescendo la distruzione di proprietà. Se fosse vero, tuttavia, sarebbe innegabile che il loro piano ha fallito spettacolarmente.
In generale, la folla guardava a questi fuochi supremi con ammirazione e consenso. Anche la seconda notte, quando il condominio in costruzione era completamente collassato, la folla si era seduta davanti ad esso sulla 26esima e vi era rimasta come se fosse riunita intorno a un falò. Ogni incendio di edificio contribuiva all’abolizione materiale dello stato presente delle cose e la riduzione in cenere era diventata il suggello della vittoria della folla. Anziché prestare ascolto alle voci su provocatori e agitatori, troviamo plausibile che gente oppressa per secoli, che è povera, e che raschia il fondo di una Seconda Grande Depressione, preferirebbe dare fuoco al mondo piuttosto che sopportare la vista del suo ordine. Noi interpretiamo gli incendi degli edifici come significanti il fatto che la folla sa che le strutture della polizia, della supremazia bianca, e di classe, si basano su forze ed edifici materiali.
Per tale ragione, riteniamo che dovremmo valutare la minaccia posta da possibili provocatori, infiltrati e agitatori sulla base di come le loro azioni aumentino o sminuiscano la forza della folla. Abbiamo imparato che dozzine di edifici in fiamme non sono abbastanza per sminuire il “sostegno pubblico” al movimento - pur se prima nessuno lo avrebbe immaginato. Tuttavia, coloro che filmano componenti di una folla attaccare proprietà o infrangere la legge - non importa se volendo intenzionalmente informare le autorità giudiziarie - costituiscono una minaccia materiale alla folla, dal momento che oltre a diffondere confusione e paura, rafforzano lo stato mettendogli a disposizione informazioni.
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Post Scriptum: visioni del(la) Comune
Sin dal testo di Guy Debord del 1965, “Il declino e la caduta dell’economia spettacolare-mercantile”, vi è stata una ricca tradizione memorialista dell’emergenza di vita sociale comunalista durante i riot. I riot aboliscono i rapporti sociali capitalisti, rendendo possibili nuove relazioni tra le persone e le cose che danno forma al loro mondo. Qui le nostre prove.
Quando il negozio di liquori è stato aperto, a dozzine ne sono usciti con casse di birra, che swaggando hanno messo in terra per chiunque ne volesse. La birra prescelta dalla folla è stata la Corona.
Abbiamo visto un uomo venire con calma fuori dal negozio con le braccia cariche di bottiglie di whiskey. Ne dava una a ciascuna persona che incrociava sul cammino per raggiungere gli scontri. Alcune bottiglie lasciate vuote sulla strada sono state in seguito lanciate contro la polizia.
Mentre edifici andavano in fiamme tutt’intorno a noi, un uomo camminava e diceva, senza rivolgersi a nessuno in particolare, “Quella tabaccheria non era male per le sigarette sciolte… oh beh. Che si fottano”.
Abbiamo visto una donna spingere un carrello carico di Pampers e di bistecche verso casa. Un gruppo in pausa a fare merenda e bere acqua all’incrocio è scoppiato in applauso quando è passata lei.
Dopo che un gruppo aveva aperto l’Autozone, la gente si è accomodata dentro fumando una sigaretta mentre osservava dalla finestra sulla strada la battaglia tra la polizia e i ribelli. La si poteva osservare indicare a dito qualcuno di volta in volta tra le polizia e nella folla, parlando e gesticolando col capo. Vedevano le stesse cose che vedevamo noi?
Abbiamo fatto shopping di scarpe nel magazzino di un Foot Locker espropriato. Il pavimento era coperto da muro a muro di scatole di scarpe distrutte, fodere e calzature. La gente gridava il numero di piede di ogni paio di scarpe che trovava. Ci abbiamo messo un quarto d’ora per trovarne giusto uno adatto, poi ci ha raggiunto il rumore della battaglia e siamo filati.
Il Giorno 3, i pavimenti di un supermercato parzialmente incendiato erano coperti da dita di acqua e un nauseabondo miscuglio di cibi tirati via dagli scaffali. Nondimeno, si poteva vedere gente in calosce rimestare tra i rimasugli come se stessero scegliendo tra le offerte. I raccoglitori si aiutavano l’un l’altro a scavalcare gli ostacoli pericolosi e dividevano i loro bottini una volta fuori.
Quando la polizia si è ritirata, una giovane donna somala vestita in abiti tradizionali ha festeggiato svellendo un mattone dal giardino e tirandolo senza cerimonie nel vetro di una fermata del bus. I suoi amici - anche loro vestiti tradizionalmente - hanno levato i pugni e danzato.
Un uomo incappucciato a torso nudo correva accanto al commissariato in fiamme e agitava i pugni, gridando “COVID IS OVER!” mentre a venti piedi di distanza alcune ragazze si facevano un selfie insieme. Invece di dire “Cheese!” Dicevano “Death to the pigs!”. I laser fendevano il cielo oscurato dal fumo puntando un elicottero della polizia sopra di noi.
Stavamo passando davanti a un negozio di liquori in corso di esproprio, allontanandoci dalla migliore festa del pianeta. Una madre e due adolescenti sono scesi dall’auto chiedendo se fosse rimasto qualche buon cicchetto. “A iosa! Prendete qualcosa!”. La figlia ha sorriso a trentadue denti e ha detto “Si va! Ti aiuto io mamma!”. Si sono infilate le mascherine da COVID e sono entrate.
Un giorno più tardi, prima dell’assalto al Quinto Distretto, c’è stato un saccheggio di massa nel quartiere di Midtown. Ci è venuto incontro un ragazzino di non più di sette od otto anni incontro con in mano una bottiglia di whiskey dalla cui collo usciva uno straccio: “Avete da accendere?”. Abbiamo riso e risposto, “A cosa vuoi dare fuoco?”. Ha indicato una pizzicheria amica e gli abbiamo chiesto se non potesse trovare “un obiettivo nemico”. Si è voltato immediatamente verso la US Bank dall’altra parte della strada.
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Nella Zona - un report dalla Zona Autonoma di Capitol Hill a Seattle
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traduzione da https://itsgoingdown.org/get-in-the-zone/
Quella che segue è un'intervista ad un abitante di Seattle che è sceso in strada nella recente rivolta e ha assistito all'attacco dei vigilantes, della polizia e della Guardia Nazionale nei confronti dei manifestanti nel quartiere di Capitol Hill. Ora dopo più di una settimana di riot intensi e di scontri con le autorità, la polizia di Seattle ha evacuato il suo commissariato est e una zona autonoma è fiorita intorno al palazzo abbandonato. Volendo saperne di più rispetto a cosa stia venendo giù abbiamo discusso di cosa è successo in strada in questa settimana e mezza.
IGD: in breve, cos'è successo a Seattle da quando gli intensi riot sono scoppiati alla fine di maggio?
A Seattle tutto è cominciato venerdì 29 maggio con sabato 30 come giorno degli scontri e dei saccheggi più intensi. I giorni seguenti hanno avuto andamenti simili ma erano più che altri concentrati sul distretto est nel quartiere di Capitol Hill. Dove è avvenuta la maggior parte degli scontri con la polizia. Ogni giorno ci sono state manifestazioni di massa in tutta la città mentre le infrastrutture della protesta intorno alle principali attività di Capitol Hill crescevano. Nel corso della settimana sono apparsi cibo, musica, medici, tavoli tematici sulla letteratura e veglie per i caduti.
IGD: L'altro giorno la polizia ha annunciato che stavano impacchettando la loro roba e stavano per abbandonare il distretto. Che ne pensate?
Ad essere onesti è tutto da vedere. Ci sono molte teorie sul perché abbiano abbandonato il distretto. Alcuni pensano che abbiano terminato le risorse, altri che si trattava di un espediente politico per mettersi dalla parte del sindaco. Dalla mia prospettiva è stata una “buona” mossa da parte dell'amministrazione cittadina. Erano sotto pressione della stampa per i lacrimogeni sulle barricate di notte e per gli scontri, mentre la folla non accennava a diminuire. Quando un uomo armato si è presentato sulla scena, la gente si è precipitata nel quartiere per dare una mano. I rischi che la gente correva stando di fronte agli sbirri notte dopo notte non sono stati un deterrente come il comune si aspettava. Una volta abbandonato il distretto, un duro colpo per il loro potere, il focus si è spostato sulla polizia militarizzata con equipaggiamento pesante che è ancora in agguato nella zona.
Inoltre hanno montato una dura campagna di “controincendio” alimentando la paura con post sui social riguardo “la minaccia di un incendio del distretto” e tenendo il dipartimento dei vigili del fuoco di Seattle “in allerta”. Dalla mia prospettiva, si è trattato di una scommessa strategica da parte del comune una volta realizzato che ciò che stavano difendendo era tutt'al più simbolico. Il fattore che non avevano messo in conto è che la simbologia è molto importante nella rivolta – le statue tirate giù in tutto il mondo ne sono un buon esempio.
IGD: L'area del quartiere Capitol Hill in cui la gente si è radunata è stata descritta come una zona autonoma. Ci puoi parlare un po’ di questo?
Autonomia significherà molte cose per molta gente. Questo spazio non è certamente sotto controllo del comune a questo punto. Ma è importante ricordare che a causa della pandemia questo quartiere è stato quasi abbandonato per gli ultimi due mesi, il che ha reso felice la scelta di occupare e allo stesso tempo ha offerto uno spazio più facile da ribaltare in qualcosa che sentiamo nostro. Capitol Hill è lo storico quartiere queer e anni fa era abitato da punk, musicisti e freak. Le battaglie campali intorno a Ferguson (2014/2015), a Occupy (2011/2012) e al movimento contro la polizia (2010/2011) hanno visto la maggior parte dei conflitti sulla Hill. È sempre stato il “nostro” quartiere – ma come letteralmente ogni altra città degli Stati Uniti, una rapida gentrificazione e un cambiamento demografico hanno cacciato via tutti, mercificato il mese del Pride, e riconvertito il quartiere in un corridoio tecnologico. Ora le strade sono di nuovo nostre, e con ciò si apre la nuova battaglia e il quesito su cosa voglia dire essere autonomi.
IGD: Com'è la folla che viene fuori da questi eventi? I gruppi della sinistra burocratica e la “peace police" [gli attivisti che si fanno sbirri della pacificazione n.d.T.], come si sono mossi in questo contesto e come sono stati accolti?
Con nove giorni di riot, saccheggi, cortei, sit-in, scontri e quant'altro è dura categorizzare la folla in qualsiasi modo. Ma su tutta la linea, specialmente per il Nord-Ovest Pacifico, si tratta della rivolta più variegata, intergenerazionale e generalizzata che io abbia mai visto.Le strade si sono riempite di Zoomer pieni di energia e anarchici temprati dalla strada, “manifestanti pacifici”, e quelli che volevano scontrarsi direttamente con la polizia e il capitale. Ciò che è emerso tatticamente è l'idea che la difesa militante sia accettabile, e che azioni più aggressive nei confronti della polizia siano più controverse, producendo un elemento profondamente pacificatore che ha preso una certa consistenza. A parte questo, gente di ogni tipo ha continuato a caricare i cordoni delle guardie, tirandogliene di ogni e cercando di creare tensioni con la polizia che faceva letteralmente piovere lacrimogeni sulle teste della gente. La natura complessa di razza e leadership è venuta in primo piano durante questi scontri, con dei bianchi che impedivano alla gioventù nera di compiere certe azioni conflittuali come se agissero su mandato di una presunta “black leadership.” Queste dinamiche hanno reso difficile la coesione della folla, ma non impossibile. Fanculo, nonostante la “peace police” sia riuscita a tenere a bada la Guardia Nazionale e a far sì che abbiano abbandonato il loro amato distretto, non sono comunque riusciti ad essere così influenti, alla fine.
In generale, c'è stata molta emozione viscerale tra questi isolati. Tanta gioia e tanta rabbia allo stesso tempo perché la gente è scesa in piazza insieme fisicamente per la prima volta da mesi di pandemia da Covid-19. Un gruppo musicale chiamato Marshall Law Band ha suonato musica dal vivo ogni sera, a neanche un isolato di distanza da dove la polizia poteva sparare lacrimogeni e granate esplosive ai manifestanti. Un'esperienza a dir poco surreale.
IGD: Ora la Guardia Nazionale si è ritirata. Questo fatto cambia qualcosa?
La Guardia Nazionale da ieri notte (8/6/2020), è ancora molto presente a Seattle. È stata avvistata in vari parcheggi pubblici di scuole e parchi nelle aree intorno al quartiere. Non si vede più come rinforzo dei cordoni di polizia ed è anche sparita dall'isolato, permettendo chiaramente il diffondersi di un'atmosfera più tranquilla. Molta rabbia e collera è stata urlata alla Guardia Nazionale quando avrebbe dovuto marciare fisicamente con la polizia per respingere i manifestanti, la gente sembra essere ancora molto legata a questa idea che la Guardia Nazionale dovrebbe servire il “popolo americano” e sono stati chiamati traditori per aver avuto un ruolo nella repressione della rivolta. La scuola pubblica del distretto di Seattle ha twittato che stavano cercando un modo per impedire alla Guardia Nazionale di usare i loro parcheggi come aree di stazionamento, e indirizzato parole di sostegno a tutti noi che abbiamo dovuto sfidarli nell'ultima settimana.
IGD: Le forze dell'ordine a Seattle e a Portland sembrano aver provato a sfiancare la gente in strada, continuando a gasarla. Puoi dirci qualcosa sulla loro strategia in strada in generale? Come si è risposto?
Lo polizia a Seattle ha cercato molto chiaramente di ripulire la propria immagine sul piano delle relazioni pubbliche nell'ultimo paio di giorni che hanno portato all'abbandono del distretto. La polizia di Seattle ha mandato una serie di avvisi tramite casse amplificate, citando nello specifico l'importanza della protesta pacifica, dicendo cose del tipo: “Siete voi manifestanti che avete avanzato verso di noi, noi non abbiamo fatto alcun passo verso di voi”. Alla fine questi avvisi sono diventati una miriade di tattiche per la dispersione della folla, inclusi lacrimogeni, spray urticanti, pepper-balls sparate da fucili da paintball, proiettili di gomma e granate abbaglianti lanciate direttamente sui manifestanti. Ho notato un'impreparazione alla capacità mostrata dalla folla di rimanere calma di fronte a queste manovre poliziesche aggressive. Moltissimi video mostrano la folla retrocedere lentamente all'avanzata degli sbirri, formando dei cordoni difensivi con scudi ed ombrelli, e a volte anche rilanciare al mittente lacrimogeni e spray urticanti. Anche se è in questi momenti che qualcuno ha colto l'opportunità di lanciare oggetti agli sbirri, cosa ancora incredibilmente impopolare, nonostante la polizia stesse attivamente attaccando la gente.
IGD: L'altra sera a Seattle, un vigilante ha guidato la macchina sulla folla e ha aperto il fuoco colpendo una persona. La violenza dell'estrema destra e/o dei vigilanti è stata un problema ricorrente?
Per ora l'identità dell'uomo che ha sparato è molto confusa. Da quello che in molti hanno potuto capire, è un cane sciolto, un tizio non-bianco qualsiasi dal South End di Seattle. Invece che focalizzarsi su di lui, credo sia importante pensare alla risposta al suo attacco che è inconfutabile.Quando ha guidato la sua macchina ad una velocità significativa sulla folla, la gente non ha esitato a cercare di fermarlo. Si sono messi in mezzo, cercando di tirarlo fuori dalla macchina, per la salvezza di tutti, e di fermare fisicamente l'auto riutilizzando le barricate anti sbirri. Qualcuno è stato colpito dal suo sparo. Si è trattato di un momento orribile e incredibile e di un chiaro esempio di come il processo di liberazione sosterrà attacchi da ogni lato e dovrà difendersi in una serie di modi diversi. Chi era coinvolto ha scoperto chiaramente che alla polizia non importa del nostro benessere, e che possiamo proteggerci dalla violenza reazionaria senza il suo aiuto.La minaccia della violenza reazionaria è reale, e ho paura che vedremo questo boomerang tornarci indietro presto. Ma al momento una delle minacce più grandi sembra essere la paura intorno a queste forze. Mentre scriviamo, in centinaia se non di più stanno messaggiando, twittando, e in generale facendo girare rumori non verificati secondo i quali forze reazionarie sarebbero sulla strada per Capitol Hill ad ogni ora. Questo allarme costante che amplifica gli scanner dei canali della polizia ha intralciato pesantemente la capacità di organizzare una risposta reale e concreta nel momento in cui la destra dovesse effettivamente scegliere di attaccarci.
IGD: Riot shaming, disinformazione liberal, teorie del complotto - la sinistra in senso più ampio ha realmente mostrato a sé stessa la mancanza di un’analisi complessiva e di una comprensione della fase. Sono curioso di come la gente si stia relazionando con la marea di informazioni devianti e con gli attori in cattiva fede.
C'è tanta di quella gente in questo movimento che è difficile analizzare un modo preciso nel quale queste idee sono state affrontate. Dipende inoltre per la maggior parte da quale prospettiva si viene. Vediamo che la gente che si posiziona in modo da “guidare” questo movimento sono ipocriti imbroglioni, mentre altri la pensano come gli anarchici. La nostra risposta in generale è stata esserci, essere presenti con materiali controinformativi ed informazioni disponibili, starci notte dopo notte e affrontare la “peace police”, aiutare i medici a trasportare i feriti, tirare fuori la gente dalle carceri, prendere parte alle discussioni che andavano criptate - e fare quelle alleanze e creare quei gruppi che serviranno per continuare questo conflitto con il distretto est.
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Starlink, LSD e Sillicon Valley
Elon Musk in the Sky with Diamonds
di Jonathan Bourguignon
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Internet non è semplicemente una rete. Possiede una filosofia politica, ancorata a standard e protocolli (“code is law”). Tale filosofia vuole che un messaggio veicolato dalla rete non possa essere discriminato per il suo contenuto, la sua fonte o la sua provenienza.
Si può quindi quasi intravedere una forma di trascendenza, quando un messaggio twitter giunge a commentare la maniera nella quale esso stesso è stato veicolato dalla rete. Questo messaggio, datato 22 ottobre 2019, è laconico: “Sending this tweet throug space via Starlink satellite 🛰”. E’ firmato Elon Musk, fondatore di SpaceX, i cui razzi Falcon sono in meno di due decenni diventati un mortale nemico per Ariane l’Europea e Soyuz la Russa.
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I satelliti Tintin A e Tintin B, messi in orbita quel giorno, sono i minori di una figliolata che contava già il 17 febbraio 2020 trecento rampolli, portati nello spazio in sette lanci di razzi vettori. I suoi ranghi dovranno ingrossare fino a dodicimila satelliti nell’arco di cinque anni. A ottobre 2019, SpaceX ha prenotato la concessione di frequenze per ulteriori trentamila satelliti. Il nome di questa nuova costellazione: Starlink. La sua missione: portare la connessione a banda larga nelle regioni più arretrate del mondo. La controversia che agita: Starlink potrebbe sfigurare il cielo delle nostre notti estive.
Ma Starlink ha come visione un mondo senza frontiere, dove le ineguaglianze tra ambienti rurali e iper-metropoli, tra paesi ricchi e paesi emergenti, tra democrazie e regimi totalitari, verrebbero annullate dall’accesso alla rete. Perché la rete, l’accesso all’informazione, fanno cadere le barriere e possono restituire a coloro che connettono il controllo sulle proprie vite. Secondo un altro tweet di Elon (e se qualcuno non fosse ancora sicuro di avere compreso il riferimento, al di là del ricorso alla parola “star”), Starlink trae il suo nome da un romanzo per adolescenti che cita il Giulio Cesare di Shakespeare:
The fault, dear Brutus, is not in our stars,
But in ourselves, that we are underlings.
(La colpa, Bruto, non è nelle nostre stelle,
Ma in noi, se siamo dei servi.)
Tra l’ottobre 2019 e noi, ci sono diversi mesi di pandemia. I tweet di Elon Musk sono lungi dall’avere perso viralità nel frattempo, ma hanno alimentato piuttosto il dibattito sulla clorochina, la produzione di maschere o di respiratori. L’astronomia, attività non essenziale alla vita della nazione, è in confinamento, come il controverso Starlink. Tuttavia, dal momento che in Europa e negli Stati Uniti si discute di applicazioni per ricostruire le catene di trasmissione del virus (un eufemismo per parlare di tracciamento), e che la Cina e i dragoni asiatici traggono il bilancio lusinghiero dei loro sistemi di sorveglianza di massa nella lotta contro l’epidemia, Internet è al cuore della battaglia. E, al ritmo di circa un lancio al mese - il nuovo il 23 aprile - Starlink continua a piazzare i suoi satelliti nella ionosfera.
Ma prima di parlare di virus e sorveglianza, occorre comprendere il conflitto iniziale tra partigiani delle stelle e partigiani della rete, e risalire alle origine della visione dei nuovi coloni del cielo.
Le costellazioni compulsive
Starlink è stata annunciata nel gennaio 2015, quattro anni prima che i satelliti Tintin A e B scoprissero lo spazio. Quattro anni per pianificare lanci a grappoli di sessanta, concepire satelliti capaci di rettificare la loro posizione dopo la messa in orbita, definire protocolli di comunicazione tra satelliti e con la Terra, definire i terminali-recettori sul suolo terrestre, ottenere le licenze e le autorizzazioni degli organismi regolatori delle telecomunicazioni e dei lanci spaziali. Quattro anni, una prodezza inverosimile. Una prodezza che ha preso alla sprovvista la comunità civile e scientifica.
Perché quattro anni non sono bastati alla comunità internazionale per realizzare quanto si stava preparando: una costellazione di decine di migliaia di oggetti, sfreccianti ad alta velocità nel cielo. La loro intensità luminosa in una notte d’estate sarà comparabile a quella della stella polare, uno dei corpi più luminosi della volta celeste, in ragione della loro orbita bassa a circa cinquecento chilometri dalla superficie terrestre. Come paragone, fate conto che i satelliti geostazionari, dall’alto delle loro orbite dieci volte più lontane, sono quasi invisibili. E sono solo cinquemila. Considerate anche che tra gli otto e i diecimila aerei solcano i cieli a ogni istante - salvo che in tempo di pandemia - lasciando nel cielo di giorno quelle lunghe scie che hanno alimentato le teorie cospirazioniste più folli. Questi aerei, di notte, non riflettono il sole, dalla loro ridicola altitudine di dieci chilometri. Secondo le previsioni dell’Associazione Internazionale del Traffico Aereo, il loro numero dovrebbe raddoppiare entro i prossimi vent’anni. Se il cielo diurno fosse stato sfigurato in questo modo da un giorno all’altro, forse un dibattito avrebbe agitato la società civile, ma, come la proverbiale goccia sulla pietra, questa evoluzione noi l’abbiamo assimilata senza protestare, e abbiamo continuato a preferire l’aereo ai treni e ad altri hyperloop (un ulteriore progetto futurista dello stesso Elon Musk, nel quale la ferrovia è rimpiazzata da un tubo magnetico sotto vuoto).
Per figurarvi l’impatto di un tale mutamento della volta celeste sulla psiche umana, ricordatevi della scena del Re Leone dove un padre azzarda una metafora della vita e della morte mostrando le stelle a suo figlio. Ora, immaginate nella stessa scena delle stelle che corrono in tutte le direzioni in un balletto frenetico e disordinato (se non siete cresciuti con Disney, rimpiazzate pure il leoncino con il/la vostro/a primo/a amichetto/a, e traslate la savana in un drive-in o dove vi pare).
Nel conflitto che tradizionalmente oppone tecnica e poesia, non crediate con Heidegger che la scienza si schieri sempre a fianco della tecnica. La comunità scientifica è stata la prima a lanciare l’allarme. E si capisce, guardate le tracce che i duecento satelliti di Starlink in orbita all’epoca già lasciavano sulle istantanee di un telescopio puntato su Deneb nella costellazione del Cigno.
Non vi resta ora che immaginare l’impatto sulla volta celeste di quarantamila satelliti in orbita ravvicinata attorno alla Terra per capire l’inquietudine degli astronomi e astrofisici. All’inizio di febbraio 2020, già millesettecento scienziati avevano firmato un appello a “salvaguardare il cielo astronomico”. Il “cielo astronomico” è la possibilità di ascoltare i più flebili segnali provenienti dal cosmo, su frequenze che coprono il visibile, ma anche le onde radio sulle quali la flotta di satelliti ha ottenuto le autorizzazioni ad emettere. Come provare ad ascoltare una lettura di Rimbaud al Berghain. In nome della connessione a banda larga l’umanità potrebbe perdere la sua capacità di comprendere le origini dell’universo, di scoprire particelle sconosciute e pianeti lontani, di scovare messaggi extraterrestri, o di predire le traiettorie di asteroidi-killer, lasciandoci tanto vulnerabili quanto lo furono i dinosauri.
In una parola: in nome della rete e della connessione, l’umanità potrebbe perdere il suo legame con il cosmo, il legame originario che l’ha spinta a trascendersi per sviluppare le matematiche e la scienza. In nome della rete, o in nome di un business molto remunerativo? Come possono i meccanismi democratici e le istituzioni internazionali essere deperiti al punto che non è mai emerso un dibattito pubblico? Questo progetto che minaccia di storpiare la scienza e probabilmente di dirottare milioni di uccelli migratori, è l’opera di un cinico che pretende di privatizzare lo spazio, o di un apprendista stregone che ha ignorato le conseguenze dei suoi atti?
Silicon Messiah
Se vi è sulla Terra un uomo al quale non si può rimproverare il suo cinismo, o di non guardare le stelle, è proprio Elon Musk. Un indizio, il secondo tweet veicolato dai fratelli Tintin in orbita: “Whoa, it worked!”. Una prosa quanto meno sommaria che tradisce la gioia infantile e gli occhi pieni di stelle del Messia della Silicon Valley.
La sua traiettoria ventennale rivela un idealista, un visionario con una capacità pressoché incredibile di realizzare questa visione. Il cinismo, l’appetito del guadagno non giocano alcun ruolo in lui. Tutt’al più gli si potrà rimproverare un uso un po’ abusivo del twitter, e di aver ispirato il personaggio interpretato da Robert Downey Jr nell’adattamento cinematografico di Iron Man, il cui successo è responsabile della sequenza di sbancamenti del box-office da parte dell’etichetta Avengers, che solo il COVID-19 avrà saputo interrompere per qualche mese.
Per la cronaca. Elon sbarca nella valle a venticinque anni, e mette su con il fratello una prima startup. Nel 1999, vuole usare Internet per minare il monopolio delle banche. Incontra Peter Thiel, che ambisce a creare una moneta digitale indipendente dalle banche e dai governi, dieci anni prima di Bitcoin. Il loro matrimonio dà vita a Paypal. Paypal viene comprata, e Musk reinveste tutti i suoi guadagni nei due progetti che, all’epoca, gli valgono solo ironie: Tesla, che pretende di riuscire a imporre l’automobile elettrica, laddove tutti i giganti del settore avevano fallito nei vent’anni prima di lui. E SpaceX, che rilancia nientemeno che la conquista di Marte. Vent’anni dopo, Tesla si pensa come un sistema olistico destinato alle città per ottimizzare l’utilizzazione delle energie rinnovabili. SpaceX è un successo industriale, al punto che i suoi razzi non servono più solo a lanciare i satelliti dei suoi clienti: largo a Starlink. Nel frattempo, Musk ha fondato una mezza dozzina di altre imprese od organizzazioni, tra cui Hyperloop, della quale dicevamo prima, OpenAI, che promette l’intelligenza artificiale, e Neuralink, che cerca di interfacciare il cervello umano e le AI.
Starlink: l’interconnessione tra le macchine, ovunque. Neuralink: la connessione della macchina all’umano. Starlink e Neuralink: il compimento dell’umano in quanto essere connesso, amplificato, rivelato. La grande visione della Silicon Valley.
Perché la rete, la connessione, il controllo, nell’inconscio collettivo della valle, è il progetto dei progetti. Google rende l’informazione disponibile. Facebook connette le persone. Burning Man (il festival annuale a Black Rock, nato nel 1986 sulla Baker Beach di San Francisco e appuntamento topico per la tech community della Silicon Valley, NdT) si definisce anzitutto come una rete d’individui risvegliati. Il temine “hive mind”, letteralmente “spirito d’alveare”, era a suo tempo utilizzato dagli hippies per descrivere le connessioni trascendentali percepite nelle loro trances collettive. Riappare oggi per descrivere la coscienza collettiva che emerge da comunità online come Twitter. Allora, Elon: cinico o apprendista stregone?
Nessuno dei due. Elon Musk è il messia della grande attesa del risveglio. La rete, ciò che deve aprire le porte della percezione. La rete, è il mito che trova le sue radici nella contro-cultura degli Anni Sessanta, e che ha ormai trovato il suo Messia.
Acidi, comuni e internet
Alcuni potrebbero pensare che la Silicon Valley e la contro-cultura non condividano altro che una geografia, quella della baia di San Francisco. E questa geografia d’altra parte non sarebbe che approssimativa, considerato che la valle ha cominciato all’estremo sud della baia, a San José, mettendoci decenni per arrampicarsi fino a San Francisco, culla degli hippies. Al principio degli anni 2000, spazza via i resti di movimenti free love / free food / free speech che potevano ancora restare a Haight Ashbury, facendo esplodere il costo della vita. E tuttavia, hippies e hackers sono molto più vicini di quanto sembri.
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Per cominciare, Internet e contro-cultura sono figli di una stessa madre: the Army, l’esercito americano. Nel primo caso, non è difficile risalire la Storia: nel 1969, la rete ARPANET, antenata d’Internet, è operativa. I suoi due primi nodi saranno le università della UCLA e di Stanford, situate nella Silicon Valley (e il primo messaggio trasmesso, ben più austero che un tweet di Elon Musk, sarà il “lo” di login). Nel secondo caso, occorre esplorare un ospedale per veterani dell’esercito americano, a Menlo Park, all’inizio degli Anni Sessanta. E’ in quest’ospedale che lo scrittore Ken Kesey scopre l’LSD (e altri psicotropi) partecipando a un programma di ricerca finanziato dalla CIA. Questo episodio gli ispirerà Qualcuno volò sul nido del cuculo, e la retorica del controllo. Quella retorica lungamente descritta da Tom Wolfe in Acid Test: le porte della percezione sono chiuse all’Uomo moderno. L’Uomo moderno deve imparare a riaprirle per liberarsi e riprendere il controllo su sé stesso e il suo ambiente. L’LSD permette di aprire le porte della percezione.
Da allora, l’LSD assume un ruolo fondante nella mistica hippie, e Kesey ne sarà uno dei grandi apostoli. Kesey s’imbarca su uno scuola-bus fluorescente con la sua banda dei Merry Pranksters per promuovere l’LSD in giro per gli Stati Uniti, poi nella baia di San Francisco. L’avanguardia del rock psichedelico, The Grateful Dead, emergerà da questa scena. Le gigantesche feste che organizzeranno nella regione, gli acid tests raccontati da Wolfe (“acid” era la contrazione di dietilamide dell’acido lisergico, o LSD), dilagheranno in tutta la baia. Per il resto, la coscrizione per la guerra del Vietnam finirà di cementare i movimenti di contestazione della fine degli Anni Sessanta.
Negli anni seguenti, questi movimenti fioriscono sotto forma di comuni. Se le comuni propongono un ritorno alla terra e un rifiuto del capitalismo, esse vedono la tecnologia come una delle chiavi della riuscita della loro impresa. L’interconnessione, la condivisione di saperi e l’aiuto reciproco - ossia la rete delle comuni - giocano un ruolo chiave nella propagazione di quelle tecnologie. Uno degli strumenti faro di questa rete: il Whole Earth Catalog, la cui versione del 1971 fu stampata in più di un milione di esemplari. Il catalogo collezionava tanto dei modelli di rocchetti per filo di lana che schemi di balestre, accanto a libri di architettura e di teoria delle organizzazioni. Sulla copertina dell’edizione del 1969 appariva il bus psichedelico dei Merry Pranksters.
E sulla prima copertina del catalogo, che gli diede il titolo (Whole Earth), una fotografia della terra. Questo clic era il risultato di una campagna condotta nel 1966 da Stewart Brand, il futuro fondatore del Catalogo, perché la NASA pubblicasse per la prima volta una foto del globo terrestre visto dallo spazio nella sua interezza. L’ambizione di questa immagine era di veicolare l’idea di una Terra condivisa da società umane interdipendenti, in rete, e di risvegliare le loro coscienze ai problemi sociali e ambientali (ci si può chiedere se la stessa sfera circondata da una nube di satelliti avrebbe la stessa potenza evocatrice).
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A quel tempo, nel sud della baia di San Francisco, Internet si andava sviluppando all’interno dei centri di ricerca militare e universitari. La rete si organizza sotto il prisma del pensiero cibernetico. Questa rappresentazione del mondo modellizza umani e macchine come sistemi le cui interazioni sono definite da scambi d’informazioni. Tali sistemi funzionano in maniera ottimale quando l’informazione circola liberamente. Questa libertà non accetta gerarchie, né centralizzazione. In altre parole: la struttura d’internet è profondamente anarchica.
Nella baia, mentre Internet prende il suo slancio, le comuni declinano. Gli hippies non muoiono: si reintegrano nella società capitalista e nel nuovo paradigma informatico. Fred Turner, professore di storia a Stanford, ricostruisce le loro peregrinazioni nella sua opera From Counterculture to Cyberculture: come nel caso di Stewart Brand, l’autore del catalogo e della Terra rotonda, che fonda il WELL, una sorte di comune (o forse si comincia allora a dire “comunità”) online che diventerà uno dei primi fornitori di accesso a Internet. Altro membro fondatore del WELL: Larry Brilliant, poi diventato epidemiologo di fama, e perciò alla ribalta dall’inizio della della crisi del coronavirus. I creatori di applicazioni di backtracking della valle non esitano a invocare il suo nome per giustificarsi.
Ma restiamo negli Anni Ottanta con Fred Turner. Brand e Brilliant saranno raggiunti al WELL da altri hippies di primo piano, come il vecchio paroliere di The Grateful Dead, proprio quelli che fornivano la colonna sonora agli acid tests un decennio prima. Tutti partecipano a Wired, la rivista cult dei tecnologi degli anni 90 e seguenti. Su questa transizione, Stewart Brand sentenzierà: “gli psichedelici, le comuni, i templi di Buckminster Fuller si sono rivelati un’impasse. Ma i computer, ecco un viale verso reami al di là dei nostri sogni più folli”.
Perché gli hippies si reintegrano, ma non dimenticano il loro passato. Un indice dell’importanza per la valle del While Earth Catalog, quella bibbia della contro-cultura? Il più famoso discorso di Steve Jobs, quello tenuto nel 2005 agli studenti di Stanford, si sofferma sul messaggio: “Stay hungry. Stay foolish.” Il messaggio d’addio impresso sul dorso dell’ultima edizione del catalogo, nel 1974. Ogni comunicazione di Apple ai suoi inizi era infusa di contro-cultura, nutrita di anti-establishment, una diatriba contro il conformismo e la burocrazia. Il primo spot pubblicitario televisivo del brand, nel 1984, intitolato 1984, è affidato al da poco regista di Blade Runner, a sua volta ispirato a un racconto del più eminente scrittore di science-fiction della contro-cultura, Philp K. Dick.
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Tutta l’industria del silicone segue l’esempio e cerca di ascriversi alla lotta contro l’asservimento dell’individuo. Fino ad arrivare a IBM, più un’icona della burocrazia industriale che della contro-cultura, che promuove il suo primo personal computer accanto all’’immagine dell’anti-eroe di Tempi Moderni di Chaplin.
Tim Leary - l’altro apostolo della cultura LSD negli Anni Sessanta, quello della East Coast, il polo opposto a Ken Kesey - arriva a dichiarare che “il PC è l’LSD degli anni 90”. Perché anche l’uso del LSD non è sparito nella valle: è stato anch’esso reintegrato nel nuovo paradigma startup. Dall’inizio degli anni 2010, non è più consumato sotto forma di francobolli durante grandi feste orgiastiche, ma nel quotidiano, in forma di microdosi, versione omeopatica del francobollo. Con tali dosi, niente più allucinazioni e trascendenza: persiste solo la moltiplicazione delle sinapsi che, secondo la credenza locale, si ritiene favoriscano la creatività.
La cyber-cultura doveva essere il compimento della contro-cultura. Al consumismo offerto dall’età d’oro del capitalismo (quella che dal nostro lato dell’Atlantico si chiamava l’età de “I Trenta Gloriosi”), doveva rispondere realizzando l’ideale di una società i cui membri sono infine nel controllo di sé stessi e del loro ambiente. Una società i cui membri hanno aperto le porte della percezione, sono finalmente risvegliati, connessi al loro essere interiore, connessi al loro prossimo, connessi al mondo e all’universo. Quello che Fred Turner sintetizza nell’opera già citata: la rete doveva permettere di rimpiazzare i governi e le corporations con scambi continui, collaborativi, decentralizzati, di energia e d’informazione.
Lo scisma
Ma la rete, oggi, è minacciata. Dall’interno e dall’esterno. Al di sopra del suo protocollo, per essenza decentralizzato, sono stati creati mostri ultra-centralizzati, dietro il velo di termini di marketing come il “cloud”. I soprassalti tecnologici decentralizzati, reti peer-to-peer, protocolli di archiviazione distribuita o blockchains, non godono di buona stampa. Facebook ha approfittato dei suoi oceani di dati per creare bolle, all’interno delle quali i suoi utenti si compiacciono. Bolle disseminate di fake news, popolate di persone con opinioni simili, delle quali si applaudono virtualmente i post. L’intelligenza artificiale, che si nutre di questi applausi, può allora creare un soddisfacimento dell’utente, mettendogli sotto gli occhi unicamente quegli articoli che ne lusingano l’opinione, finché il dibattito scompare, finché scompare la diversità, finché Donald Trump sia eletto Presidente degli Stati Uniti d’America. Tuttavia, Donald Trump rappresenta l’antitesi dei valori della valle. Si ha un bel dire che la valle concentra gli individui più iconici del sogno americano, del successo del capitalismo, quegli orgogli della nazione che Trump ama additare ad esempio (quasi) come fa di sé stesso. Ma non c’è niente da fare, la valle ha le sue credenze, e Donald Trump non vi troverà un solo sostenitore.
Nemmeno uno? Uno sì. Uno, precisamente, ma non uno qualsiasi: Peter Thiel. Peter Thiel, il cofondatore di Paypal, al fianco di Elon Musk. E padrino della mafia Paypal, dal nome dato ai vecchi dipendenti della startup. Una mafia la cui diaspora genererà Youtube, Linkedin, Palantir, Yelp, Zynga, Yammer, per non citare che i nomi più conosciuti, come pure fondi d’investimento tra i più potenti della regione. Se Elon Musk è il messia della valle, Peter Thiel ne è l’anticristo. I due si sono separati quando Musk fu estromesso da Paypal per incompatibilità culturale. Anche Thiel ha usato il suo denaro per modellare il mondo che sognava. E il suo mondo è un incubo da cibernetico: primo investitore in Facebook, appunto, e tuttora membro del consiglio d’amministrazione. Cofondatore di Palantir, l’impresa che organizza i flussi di dati per la CIA, la NSA, gli eserciti e le polizie americani. Fervente zelota del transumanesimo, pensa che il denaro gli guadagnerà la tecnologia per vivere mille anni. Liberariano convinto, non crede nello Stato, ha finanziato promettenti studenti di Stanford, i Thiel kids, perché lascino l’università (realizzando in un modo alambiccato l’ingiunzione di Tim Leary, la versione East Coast tantrica di Ken Kesey: “Turn on, tune in, drop out”). Navigato investitore, fondatore di un hedge fund e di un fondo di venture capital, ha recentemente investito in Clearview AI, un sistema di riconoscimento facciale che usa i dati dei social per identificare i sospetti che appaiono nelle immagini di videosorveglianza. Clearview AI ha provocato indignazione oltre Atlantico… fino a quando non si è realizzato che questo sistema potrebbe contribuire allo sforzo di “distanziamento sociale” per battere l’epidemia e ciò gli ha fornito una nuova credibilità.
Ma restiamo a Peter Thiel. Dunque Thiel, indefettibile sostenitore di Trump. Il milione di dollari investito da Thiel nella campagna presidenziale è servito in parte a pagare la fattura di Cambridge Analitica, l’agenzia che si è appoggiata su Facebook per identificare e influenzare gli swing voters (i famosi elettori indecisi distribuiti in alcuni Stati chiave) nell’elezione del 2016. La Storia non dirà mai il ruolo reale che avrà giocato quel milione di dollari nel risultato dell’elezione.
Dal canto suo, l’amministrazione Trump ha attaccato la neutralità della rete, quel principio fondamentale che vieta ai fornitori di accesso a Internet di discriminare l’informazione trasmessa sulla rete, per la fonte, la destinazione o il contenuto che sia. Ciò che, per inciso, è un indicatore interessante del fatto che il GAFA (Google - Apple - Facebook - Amazon, NdT) non sanno ancora giocare al gioco delle lobbies a Washington. Al contrario dei big delle telecomunicazioni, che non sono affatto venuti su dalla cultura della valle. Anzi sono l’incarnazione stessa delle Corporation avide e cieche che la contro-cultura combatteva. Senza neutralità della rete, sono loro che detengono tutto il potere sull’accessibilità delle informazioni su Internet.
Una minaccia più grave pesa sulla rete. Meno strutturale, più radicale: il grande scisma. Nessuno dei regimi che si potrebbe con un eufemismo definire “forti” si farà vittima del ruolo giocato da Twitter o Wikileaks in quella che è stata definita la Primavera Araba. Si sono visti germogliare, nel corso degli anni, sistemi sempre più radicali per premunirsene. Il Grande Firewall Cinese, è anzitutto un posto di frontiera tra comunicazioni in entrata e in uscita dal paese. Il firewall può escludere facilmente servizi stranieri “eretici”. Da maggio 2019 Wikileaks non è più disponibile in Cina, in nessuna lingua.
La soluzione del firewall è una soluzione moderata, che ispira altre grandi nazioni in giro per il pianeta, a cominciare dalla Russia di Putin o la Turchia di Erdogan, dove pure Wikipedia è finita sotto i colpi della censura. Esistono soluzioni più radicali. Da novembre 2019, l’Iran è isolato spesso da quello che chiama con una forma un po’ antiquata “l’Internet”, ossia internet come lo usiamo tutti. Un internet locale, isolato, contenente tutti i nodi della rete iraniana, è sempre accessibile. Questi black out intervengono alla vigilia di avvenimenti geopolitici sensibili, e sono potuti durare fino a una decina di giorni. Possono essere visti come esperimenti in vista di una soluzione più duratura. Più che un firewall, tale soluzione sarebbe uno scisma.
Uno scisma può essere realizzato quando un organo di controllo ha tutto il potere sui punti di entrata e di uscita della rete Internet. E non bisogna dimenticare che la rete Internet non è altro che una rete fisica di cavi che collegano computer che accettano di scambiare informazioni tra loro usando lo stesso protocollo. Certo, si può utilizzare Internet senza filo, tramite antenne che parlano al vostro dispositivo in WiFi o in 5G. Tali antenne non mai comunque molto distanti, e comunque sono sempre uno o due grossi (venticinque millimetri di diametro) cavi ottici quelli che connettono un paese al resto d’Internet. Niente di più facile che controllare le entrate e le uscite di un tale cavo ottico. Un altro paio di maniche è se i vostri cittadini comunicano direttamente con una flotta di satelliti che voi non controllate.
In questo potenziale mondo futuro, Starlink dovrebbe giocare il ruolo del radio-ricevitore nella Seconda Guerra Mondiale: quello che porta la voce delle forze ancora libere fino ai più cupi territori occupati. Quello che porta le notizie del mondo libero contro la censura e la propaganda totalitaria. Quello che permette ai popoli sotto il giogo di un regime ingiusto di preservare intatte la loro cultura e la loro capacità di sollevarsi.
Le Guerre Stellari
Questa favola è credibile fino a un certo punto. Dato che è portata avanti dalla figura messianica di Elon, e conoscendo la posizione centrale della rete nella cosmogonia californiana, non è neanche vietato pensare che sia guidata da una certa ingenuità.
Sta di fatto che Starlink non è sola. Ai dodicimila (o forse quarantaduemila) satelliti in orbita bassa che SpaceX finirà per lanciare, si aggiungeranno i 3200 satellliti del progetto Kuiper, lanciato da Amazon. Risulta difficile appellarsi alla stessa mitologia hippie nel parlare di Jeff Bezos invece che di Elon Musk. Amazon non viene dalla Silicon Valley. Il progetto di Amazon non è mai stato il frutto di una visione altra da quella della ricerca di profitto. Per chi avesse dubbi, ecco come Bezos, nel 1994, raccontava l'origine di Amazon: “Ho scoperto che l'uso del web aumentava del 2300% all'anno. Non avevo mai visto né sentito parlare di qualcosa con un tasso di crescita così veloce.” Bisoganava buttarcisi. Difficile una maggiore chiarezza.
Continuiamo con le cifre. Dopo i 3200 satelliti di Amazon vengono i 5200 del progetto OneWeb, finanziato da Qualcomm e il Vision Fund. A titolo di precisazione, il Vision Fund è un gigantesco fondo d'investimento nella tecnologia, di cui la metà dei finanziamenti proviene dai petroldollari sauditi. Creato nel 2016, due anni prima dello scoppio del caso Khashoggi. In questi due anni il fondo ha investito generosamente nelle startup della Silicon Valley. Quando la comunità internazionale si è rivoltata contro l'assassinio dell'oppositore del principe erede saudita, la valle ha abbassato lo sguardo: si può veramente pretendere di cambiare il mondo e farsi finanziare come se il denaro non avesse odore allo stesso tempo? Ma il Vision Fund non ha nutrito solo la valle. Ha riversato miliardi di dollari tanto su Uber, che sulle rivali Didi Chuxing e Grab, rispettivamente in Cina e a Singapore. Il savoir-faire in termini dell'intelligenza artificiale è stato esportato. Kai-Fu Lee, uno dei più influenti esperti di tecnologia ed inventore cinese, racconta questa trasformazione nel suo ultimo libro. Il suo agente letterario è nientemeno che il potente John Brockman, altra figura della grande migrazione della controcultura verso la cybercultura.
Visto che siamo in Cina: il conto non è finito. Le autorità regolatrici hanno rivelato che anche il CASIC (China Aerospace Science and Industry Corporation) è segretamente scesa in campo. Oltre alla britannica Lynk, la canadese Telesat, Roscosmos, l'agenzia incaricata del programma spaziale della Russia, e della Corea del Sud. E Facebook. Appare illusorio che una lista così lunga possa essere esaustiva. E illusorio pensare che tanti coloni dello spazio si mettano in gioco senza un'esca di guadagno conseguente.
L'investimento per SpaceX è mostruosamente rischioso: la prima costellazione di dodicimila satelliti di Starlink costerà dieci miliardi di dollari, se tutti i lanci non incontreranno imprevisti. Dieci miliardi da mettere in vista dei tre miliardi di entrate annuali che comportano i lanci commerciali con SpaceX. Queste proiezioni non includono i costi di funzionamento, il rinnovo dei satelliti in orbita bassa le cui vite operative sono di cinque anni, o la manutenzione dei terminali sul suolo terrestre.
In cambio, Starlink potrà guadagnare trenta miliardi di dollari annuali da qui al 2025, il tempo che le occorre per conquistare quaranta milioni di utenti. Le Nazioni Unite a dicembre hanno stimato che la metà della popolazione mondiale è ancora disconnessa, il che significa che i trenta miliardi potrebbero essere solo una piccola fetta della torta. Sembra che Elon abbia finalmente trovato il progetto che finanzierà la sua conquista di Marte...e che le guerre stellari tra SpaceX e i suoi competitori siano solo all'inizio.
Hackers
Cosa ne pensano i discendenti degli hippies di queste guerre stellari? Da una dozzina di anni c'è un modo sicuro di sentire il polso della valle (e della scena startup in generale): Hackernews. Hackernews è una sorta di forum di elite sul quale un algoritmo decide degli articoli che saranno portati avanti dalla comunità degli hackers. “Hacker” è una parola dalle diverse accezioni, e qui bisogna intenderla, come in tutto il resto del testo, nel senso che indica chi è impiegato nella Silicon Valley (se questa definizione sembra troppo tautologica, ci si può riferire all'articolo originale dell'influente fondatore di Hackernews). L'algoritmo di Hackernews valuta la reputazione degli iscritti , chiamata “karma”. Da quando il milieu dell'astronomia è entrato in collisione con i piani di Musk, il dibattito pare essersi cristallizzato su tre punti.
Punto primo: perché ancora insistono a nuocere alla libertà d'impresa? Gli anarchici della controcultura, raggiungendo il girone del liberismo americano, sono diventati libertariani. Lo Stato è illegittimo per il fatto che interferisce con i diritti di proprietà e d'impresa (ci si ricollega così alla Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, prima opera a definire “sacro” il diritto di proprietà). Tutte le piste sono buone per sfuggire allo Stato: Peter Thiel, il padrino della Paypal mafia, finanzia il Seastanding Institute, il cui obiettivo è di sottrarsi alla tassazione e alle leggi creando delle isole galleggianti al largo della California, nelle acque internazionali.
La crescita in potenza di questa corrente di pensiero negli Stati Uniti, almeno da Reagan, può spiegare l'inazione degli organismi incaricati di regolare l'accesso allo spazio e l'assegnazione delle frequenze radio dei satelliti (International Telecommunication Union e Federal Communications Commission), che distribuiscono licenze a SpaceX e ai suoi concorrenti? Non del tutto. Questi organismi applicano solo i regolamenti dettati da un ritmo legislativo ormai troppo lento per stare dietro alla creatività di aziende abbeverate con miliardi di dollari (sauditi o meno) prima di dovere produrre redditività.
Punto secondo: negare l'impatto di Starlink sull'astronomia e l'astrofisica, adducendo come motivo che gli scienziati siano incompetenti, e che ne sia riprova il fatto che abbiano affrontato solo in ritardo la questione: come hanno potuto non vedere niente in cinque anni? (Nota: alcune voci si sono levate in seno alla comunità scientifica sin dall'annuncio di Starlink. Si è tuttavia dovuto attendere che le prime scie luminose di satelliti fossero in orbita perché il problema divenisse sufficientemente visibile per ottenere ub interesse dei media).
Questa opposizione può sorprendere, per chi pensa che l'ecosistema dell'innovazione, altamente tecnico e concettuale è un ecosistema razionale, e dunque vicino alla scienza. Sarebbe ignorare profondamente i meccanismi dell'innovazione. La dove la scienza cerca di comprendere dei fenomeni, l'innovazione cerca solo di sfruttarli. Ciò che l'industria oggi chiama intelligenza artificiale è tutt'al più un processo digitale per trovare una soluzione digitale a un problema concreto (per esempio, insegnare ad una macchina a condursi da sola). Tale soluzione non provenendo da una iniziativa razionale ma da una soluzione statistica, nella quale i processi di decisione diventano delle ottimizzazioni piuttosto che delle scelte. L'essenza del machine learning è tale che diventa arduo comprendere, in un linguaggio intelligibile all'uomo, il processo di decisione che ha portato un algoritmo a valutare male il rischio e ad abbattere il primo pedone vittima della macchina con pilota automatico. Better ask for forgiveness than permission, scandisce un adagio delle startup usato e riusato. Nel caso di Starlink, la domanda di perdono prende la forma di una proposta di pitturare i satelliti di nero (si, il nero opaco che ricopriva la Batmobile versione 2005 e un certo numero di vetture sportive modificate da allora). Un primo dark satellite è stato lanciato nella infornata di marzo, con un risultato non tanto impressionante.
Oggi l'obiettivo di una startup è la ricerca della crescita, e la mitologia locale vuole che questa ricerca sia equivalente a cambiare il mondo. E poco importa che il credo consista nel vendere più pubblicità online, creare più incontri sulle app di dating, generare più contratti bancari smaterializzati, o moltiplicare esponenzialmente il numero di satelliti nel cielo.
Ultimo punto del dibattito, e il più interessante: una razionalizzazione delle perdite e dei profitti in gioco per ogni individuo. Ossia, come l'individualismo impone, per ogni iscritto al forum. Perdite: il cielo e la scienza, e comunque tutto è da dimostrare. Profitto: la possibilità di lavorare freelance da un'amaca su un'isola deserta, venendo comunque pagati profumatamente ai tassi giornalieri della California.
Per coloro a cui l'equazione si presenta così, sembra che il bilancio sia presto fatto: un tale controllo sul proprio ritmo di vita e sul proprio ambiente non ha prezzo. Gli altri, tutti coloro che non sono sviluppatori di tech, non hanno comunque affatto perso: finalmente Internet permetterà loro di formarsi online, di entrare nel giro, e infine porterà loro la possibilità di avere a proprio volta, un giorno, un simile dilemma davanti a sé. Purché gli hackers conservino la rete. Purché gli hackers mantengano il controllo...
Rete e controllo
Perché qui si tratta nuovamente di controllo: controllare il proprio destino personale, essere liberi di scegliere dove si lavora, dove si vive, senza dovere modificare la propria opera. Quando prendendo un aereo connesso a Internet non interrompete il flusso del vostro lavoro, avete il controllo. Quando siete su una isola deserta e restate comunque connessi, avete il controllo. Quando un braccialetto connesso rileva continuamente i vostri segnali biometrici e la vostra posizione, avete il controllo. Padroneggiate tutte le incognite del vostro destino. E siete quindi responsabili, imputabili, di ogni imprevisto che possa impattare sulla vostra produttività…
Vorrebbe dire che il freelance connesso, dalla sua amaca su un'isola deserta, finisce per essere pagato a cottimo come il Chaplin di Tempi Moderni alla sua catena di montaggio? Il controllo sarebbe forse nel frattempo pericolosamente passato di mano? Avete voi il controllo del vostro tempo, o è il vostro datore di lavoro, il vostro cliente, il vostro committente a possedere voi?
Forse che tutti gli attori implicati in queste costellazioni - imprese superpotenti, investitori, governi - non sono allineati quanto ai loro obiettivi: assicurare un controllo sempre più stringente sull'individuo, tramite la rete? Accettando di reintegrarsi, di reinventarsi, di fondersi con il capitalismo per cambiarlo dall'interno, la contro-cultura ha forse creato essa stessa il mondo orwelliano che pretendeva di distruggere?
Le risposte recate un po' in tutto il mondo dalla pandemia del coronavirus dovrebbero essere in grado di chiarircelo (ne ho fatto uno studio dettagliato altrove). Mentre i cittadini occidentali rimproverano a gran voce ai loro dirigenti di non avere ancora "appiattito la curva", tutti gli occhi si volgono verso la Cina e i dragoni dell'Asia. I successi proclamati (e messi in dubbio da un certo numero di whistleblowers) fanno leva su un dispiegamento di tecnologia che copre tutto lo spettro dei mezzi di sorveglianza e controllo, dal riconoscimento facciale alla geolocalizzazione. Nella Silicon Valley e in Francia, emergono app di mappatura dei contatti (piuttosto che di depistaggio dei pazienti positivi) che si appoggiano sul consenso e su protocolli anonimi e decentralizzati. Il loro design rispetta le normative di protezione della privacy, il GDPR (regolamento generale per la protezione dei dati, nella UE, NdT) come il CCPA (California Consumer Privacy Act). I sondaggi si rivelano piuttosto favorevoli. Primo problema: un design, anche se open source, non garantisce mai una implementazione. Né che qualche governo, un giorno, non piazzi dei backdoors nel software. Nell'attesa, i cittadini si saranno abituati ad accettare un poco più di sorveglianza, in nome della loro sicurezza (sanitaria, per una volta). Secondo problema: queste applicazioni di tracciamento saranno in ogni caso inefficaci, a meno che non le si adotti in massa. Forse è qui che Starlink entra in gioco: assicurando la nostra connessione con tutti, dappertutto, tutto il tempo.
Sempre nell'attesa, quella costellazione artificiale va poco a poco costruendosi nel nostro cielo. Se nei prossimi anni le nostre notti stellate cambieranno volto, potremo sempre consolarci pensando tutto ciò non è invano: presto avremo alla nostra portata il cielo di Marte.
Medium : https://medium.com/@jonbou
apparso nel numero 239 di lundi.am il 20 aprile 2020
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Audiolettura del testo di Nil Mata Reyes “La Comunità Pandemica”.
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Popoli del mondo, ancora uno sforzo!
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di Raoul Vaneigem
Il mondo cambia la sua base
Lo choc del coronavirus non ha fatto che eseguire la sentenza pronunciata contro sé stessa da una economia totalitaria fondata sullo sfruttamento dell’uomo e della natura.
Il vecchio mondo si sfalda e affonda. Il nuovo, nella costernazione delle rovine che si ammassano, non osa sbarazzarsene; più impaurito che risoluto, pena a ritrovare l’audacia di un bambino che impara a camminare. Come se aver a lungo gridato al disastro lasciasse il popolo senza voce.
Tuttavia, quelle e quelli che sono scampati ai mortali tentacoli della merce sono in piedi tra le macerie. Si risvegliano alla realtà di un’esistenza che non sarà più la stessa. Desiderano affrancarsi dall’incubo assestato loro dalla denaturazione della terra e dei suoi abitanti.
Non è forse questa la prova che la vita è indistruttibile? Non è su questa evidenza che si infrangono nella stessa risacca le menzogne dall’alto e le denunce dal basso?
La lotta per il vivente non deve dare giustificazioni. Rivendicare la sovranità della vita è in grado di annientare l’impero della merce, le cui istituzioni sono mondialmente ridotte a brandelli.
Fino ad oggi, non ci siamo battuti che per sopravvivere. Siamo rimasti confinati in una giungla sociale dove regnava la legge del più forte e del più furbo. Lasceremo l’isolamento al quale ci costringe l’epidemia del coronavirus per replicare la danza macabra della preda e del predatore? Non è evidente a tutte e tutti che l’insurrezione della vita quotidiana, della quale i gilets jaunes sono stati in Francia il segno premonitore, non è altro che il superamento di questa sopravvivenza che una società di predazione non ha smesso di imporci quotidianamente e militarmente?
Quello che non vogliamo più è il fermento di quello che vogliamo
La vita è un fenomeno naturale in ebollizione sperimentale permanente. Non è buona né cattiva. La sua manna ci fa dono della spugnola come dell’amanita falloide. Essa è in noi e nell’universo una forza cieca. Ma ha dotato la specie umana della capacità di distinguere la spugnola dall’amanita, e di qualcosa di più! Ci ha armati di una coscienza, ci ha dato la capacità di crearci ricreando il mondo.
Per farci dimenticare questa straordinaria facoltà, ci è voluto che gravasse su di noi il peso di una storia che comincia con le prime città-stato e termina - tanto più rapidamente quanto più vi porremo mano - con lo sfaldamento della mondializzazione del mercato.
La vita e il suo senso umano sono la poesia fatta per uno e per tutte e tutti. Questa poesia ha sempre brillato della sua esplosione nelle grandi sollevazioni della libertà. Non vogliamo più che essa sia, come nel passato, un chiarore effimero. Vogliamo mettere in opera una insurrezione permanente, all’immagine del fuoco passionale della vita, che si acquieta ma non si estingue mai.
È dal mondo intero che s’improvvisa una via dei canti. È là che la nostra volontà di vivere si forgia spezzando le catene del potere e della predazione. Catene che noi, donne e uomini, abbiamo forgiato per la nostra infelicità.
Eccoci al cuore della mutazione sociale, economica, politica ed esistenziale. È il momento del “Hic Rhodus, hic salta”. Non è un’ingiunzione a riconquistare il mondo dal quale siamo stati scacciati. È il soffio di una vita che lo slancio irresistibile dei popoli ristabilirà nei suoi diritti assoluti.
L’alleanza con la natura esige la fine del suo lucrativo sfruttamento
Non abbiamo preso abbastanza coscienza della relazione concomitante tra la violenza esercitata dall’economia contro la natura della quale fa razzia, e la violenza con la quale il patriarcato colpisce le donne dalla sua instaurazione, tre o quattromila anni prima dell’era detta cristiana.
Con il capitalismo verde-dollaro, il brutale saccheggio delle risorse terrestri tende a cedere il posto alle grandi manovre della subornazione. In nome della protezione della natura è di nuovo la natura che viene venduta. Cosi va nei simulacri dell’amore quando lo stupratore si atteggia a seduttore per meglio ghermire la sua preda. La predazione ricorre da gran tempo alla pratica del guanto di velluto.
Siamo al punto in cui una nuova alleanza con la natura riveste un’importanza prioritaria. Non si tratta evidentemente di ritrovare - come potremmo? - la simbiosi con l’ambiente naturale nel quale evolvevano le civiltà della raccolta prima che giungesse a soppiantarle una civiltà fondata sul commercio, l’agricoltura intensiva, la società patriarcale e il potere gerarchizzato.
Ma, si sarà capito, si tratta ormai di restaurare un ambiente naturale dove la vita sia possibile, l’aria respirabile, l’acqua potabile, l’agricoltura sbarazzata dai suoi veleni, le libertà del commercio revocate per la libertà del vivente, il patriarcato smembrato, le gerarchie abolite.
Gli effetti della disumanizzazione e degli attacchi sistematicamente portati contro l’habitat non hanno avuto bisogno del coronavirus per dimostrare la tossicità dell’oppressione del mercato. Di contro, la gestione catastrofica della calamità ha mostrato l’incapacità dello Stato di dare prova della menoma efficacia all’infuori della sola funzione che sia in grado di esercitare: la repressione, la militarizzazione degli individui e delle società.
La lotta contro la denaturazione non ha da fare promesse e lodevoli dichiarazioni retoriche d’intenti, corrotte o meno che siano dal mercato delle energie rinnovabili. Essa riposa su un progetto pratico che verte sull’inventività degli individui e delle collettività. La permacultura rinaturalizzante delle terre avvelenate dal mercato dei pesticidi non è che una testimonianza della creatività di un popolo che ha tutto da guadagnare nell’annientare ciò che ha congiurato alla sua perdizione. È tempo di bandire quegli allevamenti concentrazionari dove il maltrattamento degli animali è stato notoriamente la causa della peste suina, dell’influenza aviaria, della mucca resa pazza da questa pazzia del denaro feticizzato che la ragione economica tenterà ancora una volta di farci ingurgitare se non digerire.
Hanno una sorte tanto diversa dalla nostra quelle bestie da batteria che escono dal confinamento per entrare nel mattatoio? Non siamo forse in una società che distribuisce dividendi al parassitismo d’impresa e lascia morire uomini, donne e bambini di carenze sanitarie? Una inarrestabile ragione economica alleggerisce così le voci di bilancio imputabili al numero crescente di anziane e di anziani. Essa preconizza una soluzione finale che impunemente li condanna a crepare nelle case di ripose spogliate di mezzi e di infermieri. A Nancy, in Francia, vi è stato il caso di un alto responsabile della sanità il quale ha dichiarato che l’epidemia non è una ragione sufficiente per non tagliare ulteriormente letti e personale ospedaliero. Nessuno l’ha cacciato a calci sul sedere. Gli assassini economici suscitano meno indignazione di un disturbato mentale che corre per le strade brandendo il coltello dell’illuminazione religiosa.
Non faccio appello alla giustizia popolare, non preconizzo Massacri di Settembre per gli zozzoni del fatturato. Chiedo solo che la generosità umana renda impossibile il ritorno della ragione del mercato.
Tutti i modi di governo che abbiamo conosciuto sono falliti, smontati dalla loro crudele assurdità. È al popolo che spetta di mettere in opera un progetto di società che restituisca all’umano, all’animale, al vegetale, al minerale una fondamentale unità.
La menzogna che qualifica come utopia un tale progetto non ha resistito allo choc della realtà. La storia ha rivelato la civiltà del mercato come obsolescente e insana. L’edificazione di una civiltà umana non è solo divenuta possibile, essa schiude la sola via che, appassionatamente e disperatamente sognata da generazioni innumerabili, si affaccia sulla fine dei nostri incubi.
Dal momento che la disperazione ha cambiato campo, essa appartiene al passato. Ci resta la passione di un presente da costruire. Ci prenderemo il tempo di abolire il “tempo è denaro” che è il tempo della morte programmata.
La rinaturalizzazione è un crogiolo di nuove culture dove dovremo gattonare tra confusione e innovazioni nei più diversi ambiti. Non abbiamo forse dato troppo credito a una medicina meccanicista che spesso tratta i corpi come un garagista la vettura affidatagli? Come fidarvi di un esperto che vi ripara per rispedirvi al lavoro?
Il dogma dell’anti-natura, tanto a lungo martellato dagli imperativi produttivisti, non ha forse contribuito a esasperare le nostre reazioni emotive, a propagare panico e isteria sicuritaria, esacerbando perciò il conflitto con un virus che l’immunità del nostro organismo avrebbe avuto qualche possibilità di ammansire o rendere meno aggressivo, se non fosse invece stata messa a mal partito da un totalitarismo del mercato al quale nulla di inumano è estraneo?
Ci hanno abbacinato a sazietà con il progresso della tecnologia. Per arrivare a cosa? Le navette spaziali verso Marte e l’assenza terrestre di letti e di respiratori negli ospedali.
Di sicuro, dovremmo meravigliarci più delle scoperte su una vita della quale ignoriamo tutto, o quasi. Chi ne dubiterebbe? Solo gli oligarchi e i loro lacché, che la diarrea mercantile svuota della loro sostanza, e che confineremo nelle loro latrine.
Farla finita con la militarizzazione dei corpi, dei costumi, delle mentalità
La repressione è la ragion d’essere ultima dello stato. A sua volta fattone oggetto sotto le pressioni delle multinazionali che impongono i propri diktat alla terra e alla vita. La prevedibile messa in discussione dei governi tornerà a porre la questione: il confinamento sarebbe stato pertinente se le infrastrutture sanitarie fossero rimaste all’altezza, invece di subire lo sbranamento che sappiamo, decretato dall’imperativo della redditività?
Nell’attesa - è una constatazione obbligata - la militarizzazione e la ferocia sicuritaria non hanno fatto che prendere la rincorsa della repressione in corso nel mondo intero. L’Ordine democratico nemmeno poteva immaginare un pretesto migliore per premunirsi contro la collera dei popoli. L’imprigionamento a casa propria, non era forse questo l’obiettivo dei dirigenti, inquieti per la stanchezza delle loro sezioni d’assalto di manganellatori, sguerciatori, sicari salariati? Bella replica generale di quella tattica del kettle usata contro manifestanti pacifici, che reclamavano tra le altre cose il rifinanziamento degli ospedali.
Almeno siamo avvertiti: i governanti tenteranno di tutto per farci transitare dal confinamento alla cuccia. Ma chi accetterà di passare docilmente dall’austerità carceraria al conforto della schiavitù rappezzata?
È probabile che la rabbia del confinato avrà trovato l’occasione di denunciare l’aberrante e tirannico sistema che tratta il coronavirus alla maniera di quel terrorismo multicolore che ingrassa il mercato della paura.
La riflessione non si fermi qui. Pensate a quegli studenti che, nel paese dei Diritti dell’Uomo, sono stati costretti a inginocchiarsi davanti alla sbirraglia dello stato. Pensate all’educazione stessa dove l’autoritarismo professorale inibisce da secoli la spontanea curiosità del bambino e trattiene la generosità del sapere dal propagarsi liberamente. Pensate fino a che punto l’accanimento concorrenziale, la competizione, l’arrivismo del “fatti in là ché mi piazzo io” ci hanno chiuso in una caserma.
La servitù volontaria è una soldatesca che marcia al passo. Un passo a sinistra, un passo a destra? Che importanza ha? L’uno e l’altro restano nell’Ordine delle cose.
Chiunque accetti che gli si sbraiti dall’alto, o dal basso, non ha fin d’ora che un avvenire di schiavo.
Uscire dal mondo molle e chiuso della civiltà del mercato
La vita è un mondo che si apre ed è apertura sul mondo. Certo, ha spesso subìto questo terribile fenomeno d’inversione per cui l’amore muta in odio, o la passione di vivere si trasforma in istinto di morte. Per secoli è stata ridotta in schiavitù, colonizzata dalla bruta necessità di lavorare e sopravvivere come bestie.
Tuttavia, non si conosceva un solo esempio di confinamento, in celle d’isolamento, di milioni di coppie, famiglie, singoli che la debolezza dei servizi sanitari ha convinto ad accettare la loro sorte se non docilmente almeno con una rabbia contenuta.
Ciascuno si ritrova solo, confrontato a un’esistenza dove è tentato di discernere la parte di lavoro servile e quella dei folli desideri, La noia dei piaceri consumabili è compatibile con l’esaltazione dei sogni che l’infanzia ha lasciato crudelmente incompiuti?
La dittatura del profitto ha deciso di eliminarci nel momento stesso in cui la sua impotenza si palesa mondialmente e la espone a un possibile annientamento.
L’inumanità assurda che ci ulcera da tanto tempo è scoppiata come un ascesso nel confinamento cui ha portato la politica di assassinio lucrativo, che le mafie finanziarie praticano cinicamente.
La morte è l’indegnità ultima che l’essere umano s’infligge. Non per una maledizione, ma in ragione della denaturazione che le è stata imposta.
Le catene che abbiamo forgiato nella paura e nella colpa, non le romperemo con la paura e la colpa. Bensì con la vita riscoperta e ripristinata. Non è forse questo che dimostra, in questi tempi di oppressione estrema, la potenza invincibile del mutuo soccorso e della solidarietà?
Un’educazione impressa per millenni ci ha insegnato a reprimere le nostre emozioni, a spezzare gli slanci di vita. Abbiamo voluto ad ogni costo che la bestia che dimora in noi facesse l’angelo.
Le nostre scuole sono rifugi d’ipocriti, repressi, raziocinanti torturatori. Le ultime passioni di sapere vi arrancano con il coraggio della disperazione. Impareremo infine, uscendo dalle nostre celle, a liberare la scienza dalla camicia di forza della sua utilità lucrativa? A ristabilire la nostra animalità e non a domarla, come domiamo i nostri fratelli presunti inferiori?
Non incito qui alla sempiterna buona volontà etica e psicologica, punto il dito contro il mercato della paura del quale il sicuritario annuncia il rumore degli stivali. Richiamo l’attenzione su questa manipolazione delle emozioni che abbrutisce e rincretinisce le folle, metto in guardia contro la colpevolizzazione che si aggira in cerca di capri espiatori.
Dagli ai vecchi, ai disoccupati, ai clandestini, ai senza tetto, agli stranieri, ai gilet jaunes, agli esclusi! Questo ringhiano quegli azionisti del nulla che fanno negozio del coronavirus per propagare la peste emozionale. I mercenari della morte non fanno che obbedire alle ingiunzioni della logica dominante.
Quello che dev'essere sradicato è il sistema di disumanizzazione messo in campo e ferocemente applicato da coloro che lo difendono per sete di potere e di denaro. Il capitalismo è stato giudicato e condannato da gran tempo. Stiamo crollando sotto la massa delle prove a carico. Ora basta.
L’immaginario capitalista identificava la sua agonia con l’agonia del mondo intero. Lo spettro del coronavirus è stato, se non il risultato premeditato, quanto meno l’esatta illustrazione del suo assurdo maleficio. La causa è nota. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, di cui il capitalismo è un avatar, è un esperimento finito male. Facciamo in modo che il suo sinistro fascino da apprendista stregone sia divorato dal passato dal quale non avrebbe mai dovuto uscire.
Vi è solo l’esuberanza della vita ritrovata che possa spezzare al tempo stesso le manette della barbarie del mercato e il carapace caratteriale che imprime sulla carne viva di ognuno il marchio dell’economicamente corretto.
La democrazia autogestionaria annulla la democrazia parlamentare
Non possiamo più tollerare che, asserragliati a tutti i piani delle loro commissioni nazionali, europee, atlantiche e mondiali, i responsabili giochino davanti a noi la parte del colpevole e dell’innocente. La bolla dell’economia, che hanno gonfiato di debiti virtuali e di denaro fittizio, implode e muore sotto i nostri occhi. L’economia è paralizzata.
Prima ancora che il coronavirus rivelasse l’estensione del disastro, gli “alti gradi” hanno ingrippato e fermato la macchina, di sicuro più degli scioperi e dei movimenti sociali che, per quanto contestatari fossero, si sono rivelati comunque poco efficaci.
Basta con queste farse elettorali e queste diatribe di ciarlatani. Di questi eletti, imboccati dalla finanza, ci si sbarazzi come dell’immondizia e spariscano dal nostro orizzonte com’è scomparsa in loro quella molecola di vita che ne manteneva l’apparenza umana.
Non vogliamo giudicare e condannare il sistema oppressivo che ci ha condannati a morte. Vogliamo annientarlo.
Come non ripiombare in questo mondo che si disfà, dentro di noi e davanti a noi, senza edificare una società con l’umano che resta a portata della nostra mano, con la solidarietà individuale e collettiva? La coscienza di una economia gestita dal popolo e per il popolo implica la liquidazione dei meccanismi dell’economia di mercato.
Nel suo ultimo colpo di coda, lo stato non si è contentato di prendere i cittadini in ostaggio e imprigionarli. La sua non-assistenza per ogni persona in pericolo li uccide a migliaia.
Lo stato e suoi mandanti hanno devastato i servizi pubblici. Non funziona più nulla. Lo sappiamo con certezza: la sola cosa che riesce a fare funzionare, è l’organizzazione criminale del profitto.
Hanno fatto i loro affari a danno del popolo, il risultato è deplorevole. Al popolo spetta ora di fare i suoi rovinando a sua volta i loro. A noi di fare ripartire tutto su binari nuovi.
Più il valore di scambio s’impone sul valore d’uso, più s’impone il regno della merce. Più noi accorderemo la priorità all’uso che desideriamo fare della nostra vita e del nostro ambiente, più la merce perderà il suo mordente. La gratuità le darà il colpo di grazia.
L’autogestione segna la fine dello stato di cui la pandemia ha messo in luce tanto il fallimento quanto la nocività. I protagonisti della democrazia parlamentare sono i beccamorti di una società disumanizzata a causa della sua redditività.
Abbiamo invece visto il popolo, posto davanti alle carenze dei governi, dare prova di una solidarietà infaticabile e mettere in opera una vera autodifesa sanitaria. Non è forse questa un’esperienza che consente di augurarsi un’estensione di pratiche autogestionarie?
Nulla è più importante di prepararci a prendere in carico i servizi pubblici, un tempo assolti dallo stato, prima che la dittatura del profitto li distruggesse.
Lo stato e la rapacità dei suoi mandanti hanno bloccato tutto, paralizzato tutto, salvo l’arricchimento dei ricchi. Ironia della storia, la pauperizzazione è ormai la base di una ricostruzione generale della società. Chi ha affrontato la morte, come potrà avere paura dello stato e della sua sbirraglia?
La nostra ricchezza è la nostra volontà di vivere
Rifiutare di pagare tasse e imposte ha smesso di appartenere al repertorio degli incitamenti sovversivi. Come potrebbero farvi fronte, quei milioni di persone che mancheranno dei mezzi di sussistenza, quando il denaro, calcolato in miliardi, continua a essere inghiottito nell’abisso delle malversazioni finanziarie e del debito da esse accumulato? Non dimentichiamolo, è dalla priorità riconosciuta al profitto che nascono sia le pandemie che l’incapacità di trattarle. Resteremo all’ombra della mucca pazza senza trarne lezione? Ammetteremo infine che il mercato e i suoi gestori sono il virus da sradicare?
Non è più il tempo dell’indignazione, dei lamenti, delle constatazioni dello smarrimento intellettuale. Insisto sull’importanza delle decisioni che le assemblee locali e federate prenderanno “con il popolo e per il popolo” in materia di alimentazione, di abitare, di mobilità, di sanità, d’insegnamento, di cooperazione monetaria, di miglioramento dell’ambiente umano, animale, vegetale.
Andiamo avanti, pur se a tentoni. Meglio sbagliare sperimentando che regredire e reiterare gli errori del passato. L’autogestione è in nuce nell’insurrezione della vita quotidiana. Ricordiamoci che ciò che ha distrutto e interrotto l’esperienza dei collettivi libertari della rivoluzione spagnola, è l’impostura (della burocrazia, NdT) comunista.
Non chiedo a nessuno di approvarmi, e meno ancora di seguirmi. Vado per la mia strada. Libera ciascuna e libero ciascuno di fare altrettanto. Il desiderio di vita è senza limite. La nostra vera patria è ovunque dove la libertà di vivere è minacciata. La nostra terra è una patria senza frontiere.
Raoul Vaneigem, 10 aprile 2020
[visualizzazione grafica del progetto di monumento ai contadini vinti di Albrecht Dürer (in Unterweisung der Messung, Trattato della misura, 1525)]
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