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#età romana
storiearcheostorie · 9 months
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ARCHEOLOGIA / Straordinarie scoperte nel Mediterraneo: il relitto romano "Capo Corso 2" rivela il suo prezioso e imponente carico di vetro [FOTO / VIDEO]
ARCHEOLOGIA / Straordinarie scoperte nel Mediterraneo: il relitto romano "Capo Corso 2" rivela il suo prezioso e imponente carico di vetro (FOTO / VIDEO)
Testo da: Patrimonio Subacqueo Si è svolta dal 1 all’8 luglio 2023 la prima campagna della “Missione italo-francese per lo studio del relitto profondo Capo Corso 2”. Il relitto, datato in via preliminare tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., si trova a circa 350 metri di profondità nel tratto di mare fra Capo Corso (Corsica-Francia) e l’Isola di Capraia (Italia). Si tratta del secondo…
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fridagentileschi · 9 months
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RINO GAETANO: UCCISO DAI POTERI FORTI
Era amico della figlia del medico personale di Licio Gelli: era lei la fonte di tante rivelazioni che poi sarebbero finite nelle sue canzoni, in un gioco tanto pericoloso da costargli la vita?
Sono gli interrogativi che l’avvocato salernitano Bruno Mautone solleva, nel suo secondo libro sulla strana morte di Rino Gaetano, fino a chiedere alla magistratura romana di riaprire le indagini sulla scomparsa del cantante, morto nella capitale il 2 giugno 1981, a soli trent’anni di età, dopo esser stato investito da un camion. Impressionante l’elenco delle “stranezze” che Mautone riassume nel pamphlet, “Chi ha ucciso Rino Gaetano?”, edito da Revoluzione nel 2016. Davvero moltissimi i riferimenti, nelle canzoni di Gaetano, a episodi imbarazzanti della politica italiana. Desta scalpore, inoltre, l’infelice sorte di un grande amico del cantautore crotonese, altra possibile fonte di informazioni riservate: una morte-fotocopia (incidente stradale) altrettanto prematura. Il giovane, che lavorava presso consolati stranieri, fu sepolto al Verano accanto all’artista, ma poi disseppellito e trasferito in un altro cimitero. Curiosità: l’autore dello spostamento dei resti mortali, scrive il blog “Scomparsi”, ha una identità «che coincide con un personaggio storico dello spionaggio italiano, collegato addirittura al “Noto Servizio”». Si tratta di apparato riservato dello Stato «che compiva atti di intelligence in modo autonomo rispetto ai servizi istituzionali», prima il Sid e poi il Sismi e il Sisde, «spesso sfociando in atti illegali e gravissimi». Specialità inquietante del “Noto Servizio” «risultò essere, con atti sequestrati e acquisiti dalla magistratura, l’uccisione di persone ritenute “scomode” con incidenti stradali». Nel libro, Mautone ricostruisce le vistose anomalie dell’incidente che causò la morte di Gaetano, travolto da un camion e poi morto dissanguato, nella notte, a bordo di un’ambulanza militare, dopo che il ricovero fu rifiutato dal pronto soccorso di diversi ospedali. Una vicenda su cui inutilmente chiesero di fare luce, subito dopo, due senatori del Msi, Araldo di Crollalanza e Tommaso Mitrotti. Dal governo Forlani, un muro di silenzi e omissioni: il liberale Renato Altissimo, autore della risposta, non precisò l’ora dell’incidente sulla Nomentana, non disse chi allertò i soccorsi e come, né perché intervenne un’unica ambulanza nonostante fosse ferito anche il camionista coinvolto nell’incidente, esanime sull’asfalto, accanto all’artista intrappolato nella sua Volvo. Nella risposta di Altissimo, inoltre, «non si precisa perché l’unica ambulanza intervenuta fosse un mezzo poco attrezzato dei vigili del fuoco e perché Rino, una volta prelevato con una gravissima ferita cranica, venne condotto fatalmente in un ospedale privo del reparto di traumatologia cranica».
Non si fanno neppure i nomi dei medici che avrebbero curato o cercato di curare il ferito in quelle condizioni, né si fa cenno ai presunti motivi che spinsero altri ospedali, pur allertati, a non approntare nessuna forma di soccorso. Non si dice nemmeno chi convocò il medico traumatologo, fatto accorrere al Policlinico, né il nome dello specialista e degli altri sanitari coinvolti. Tanta evidente vaghezza finisce per moltiplicare i sospetti: «Sin dai primi momenti, la morte prematura dell’artista calabrese suscitò interrogativi e dubbi». Oltre alla storia dell’amico impegnato in uffici diplomatici, che di lì a poco avrebbe seguito Rino Gaetano nel cimitero maggiore della capitale (per poi esservi rimosso), Mautone rimarca una clamorosa dichiarazione rilasciata da Rino dopo i trionfi sanremesi al giornalista Manuel Insolera: il festival della canzone viene paragonato in modo esplicito ad «un ordine massonico». In un articolo della “Stampa” di Torino, pubblicato il 3 giugno 1981 all’indomani della morte del cantante, si rileva come i testi di diverse canzoni facessero riferimento alle scabrose cronache della P2. A Mautone non sfugge che Rino Gatano è statoesplicitamente citato da Stefano Bisi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia, nel suo discorso ufficiale di insediamento, il 6 aprile 2014, utilizzando un verso del cantante per sottolineare la necessità di concordia: «Vi ricordo che cosa cantava Rino Gaetano: “Chi nuota da solo affoga per tre”».
«Una notizia di grande interesse – aggiunge il blog “Scomparsi” – è rappresentata da una stretta frequentazione di Rino: nel cerchio delle sue più care amiche si annovera la giornalista Elisabetta Ponti, figlia di un medico, Lionello Ponti, che risultò inserito nella lista della P2 ed era il sanitario di fiducia di Licio Gelli». Il libro di Mautone, poi, mette a fuoco i costanti, fittissimi riferimenti (cifrati) con cui Rino Gaetano alludeva, nelle sue canzoni. Nella canzone “La zappa, il tridente, il rastrello” compare direttamente “una mansarda in via Condotti”, che – si scoprirà poi – ospitava il vertice della P2. Decisamente inquietante, poi, il brano “La ballata di Renzo”, inciso nel 1970 ma uscito soltanto nel 2009, postumo. Sembra l’anticipazione, profetica al millimetro, della fine che attendeva l’artista – una sorta di contrappasso dantesco. “Quando Renzo morì, io ero al bar”, cantava Rino. L’incidente, poi l’odissea in ambulanza: “S’andò al san Camillo, e lì non lo vollero per l’orario”. Altro ospedale: “S’andò al san Giovanni, e lì non lo accettarono per lo sciopero”. E quindi l’epilogo, con persino il sinistro riferimento cimiteriale: “Con l’alba, le prime luci, s’andò al Policlinico, ma lo respinsero perché mancava il vice capo. In alto c’era il sole, si disse che Renzo era morto. Ma neanche al cimitero c’era posto”
Rino Gaetano piaceva molto ai giovani. Li faceva riflettere sulla società che li circondava: era scomodo. La sua morte è stata utile al sistema per addormentare i giovani...poco dopo la sua morte infatti il sistema aiuterà l'affermarsi di un tossico ubriacone che insegnerà ai giovani a spegnersi come massimo della ribellione tra una dose di eroina e due litri di alcol come un non plus ultra della vita spericolata e a diffidare di chi cerca di andare oltre le cose...i giovani lo hanno eretto idolo in varie generazioni dagli anni 80 a oggi...alle droghe e all'alcol ha aggiunto il siero come massimo del servilismo edonista a un sistema che si può fregare solo annullandosi come esseri pensanti... embè eh già..
Guardate Maurizio Costanzo (membro della ex-loggia massonica P2) come e' irritato della presenza del cantante...
https://www.youtube.com/watch?v=0Y7eE3gNepI
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diceriadelluntore · 2 months
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Pagine Golose
In polipo: pipere, liquamine, lasere inferes - Apicio, De Re Coquinaria, 9.5.1
Traduzione: Per il polpo: pepe, liquamen, laser e servi
De Re Coquinaria di Apicio è il primo grande libro sul cibo della nostra cultura occidentale: è solo in parte riassumibile in un ricettario perchè assomiglia più ad un indiretto atlante del gusto dell'Impero Romano (il libro, su cui ci sono le consuete dispute filologiche, risale al I secolo D.C., al culmine della potenza Imperiale romana). Nella ricetta del polpo, Apicio consiglia quindi di condirlo con il pepe (spezia le cui quantità di commerci nel corso della Storia fanno venire le vertigini), il liquamen, che è una variante del famoso garum, e il laser: non era una diavoleria di una primitiva cucina molecolare, ma un ingrediente ottenuto dalla resina estratta dalla radice del silfio, una pianta che cresceva esclusivamente sulle coste prossime alla città di Cirene in Libia. In età romana, tanto era richiesto il laser che la continua e non regolata raccolta del silfio ne provocò l’estinzione. Plinio ci dice che l’ultima pianta venne regalata all’imperatore Nerone e si dovette ripiegare su una sostanza analoga, anche se non identica all’originale, ricavabile da una pianta simile al silfio: l’asafoetida o assa fetida. Il nome, diremmo, non promette nulla di buono e infatti la presenza di zolfo rende il prodotto particolarmente maleodorante, almeno prima della cottura. Il laser originario, come il succedaneo da assa fetida, avevano notevoli proprietà medicinali riconosciute da sempre.
Piccola curiosità leggendaria: i semi hanno una forma particolare, che assomiglia al geroglifico egizio utilizzato per indicare il concetto del cuore (ỉb):
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da cui alcuni speculano si sia arrivato all'immagine del cuoricino.
Questa storia l'ho ritrovata in un foglietto in un altro libro stupendo che parla di cibo, Buono da Mangiare di Marvin Harris, dove il famoso antropologo si chiede e cerca di spiegare, per esempio, perchè in certe zone si mangia la carne di maiale e in altre no. E c'è una lista di libri legati al cibo (alcuni non li posseggo nemmeno, probabilmente era anche una lista di desideri) che lascio qui, divisi nelle sue sezioni con annessa piccola spiegazione:
Claude Levi-Strauss, Il Crudo e il Cotto; Marvin Harris Buono Da Mangiare e Cannibali e Re; Massimo Montanari, Il Cibo come Cultura
Il cibo dei giallisti: Manuel Vázquez Montalbán, Ricette Immorali. Camilleri scelse Montalbano come cognome del suo indimenticabile commissario proprio in onore del suo amico scrittore catalano, ed entrambi condividono la passione, critica e viscerale, per il cibo, tra le ricette della tradizione siciliana o quella catalana di Pepe Carvalho. Ma la passione del cibo è presenta in tutta la giallistica europea, dalle colazioni che la signora Hudson fa a Sherlock Holmes e al Dottor Watson, oppure ai pranzetti dei bistrot del Commissario Maigret annaffiati di Calvados. Al contrario, raramente i personaggi degli hard boiled americani hanno un buon rapporto con il cibo, se non con l'alcool con cui si accompagnano, spesso, sin dalle prime ore del mattino.
Antony Bourdain, Kitchen Confidential
José Manuel Fajardo, Il Sapore Perfetto
Redcliffe N. Salaman, Storia Sociale Della Patata
Nel 1903 Salaman fu nominato direttore dell'Istituto patologico del London Hospital, ma nel 1904 si ammalò di tubercolosi e dovette smettere di esercitare la professione medica e trascorrere sei mesi in un sanatorio svizzero. Gli ci vollero più di due anni per riprendersi completamente dalla malattia. Acquistò una casa a Barley, nell'Hertfordshire e, poiché non poteva tornare a praticare la medicina, iniziò a sperimentare una nuova scienza emergente, la genetica sotto la guida del suo amico William Bateson. Dopo diversi esperimenti falliti con una serie di animali e dopo aver chiesto consiglio al suo giardiniere, Salaman iniziò a sperimentare con le patate. Iniziando per caso, notò dapprima le caratteristiche recessive e dominanti delle varietà che incrociava (come aveva notato Mendel con i piselli), poi attraverso vari incroci fu il primo a creare ibridi di patate, che notò essere resistenti a numerose malattie, tra cui la peronospora della patata, che fu la causa principale della grande carestia che colpì l'Irlanda tra il 1845 e il 1849, decimandone la popolazione. Lo studio di Salaman, che spazia dall’antropologia all’archeologia alla storia agraria, incrocia molteplici campi dell’esperienza storica: ricostruisce i caratteri originari dei sistemi agrari dei vari paesi, riporta in luce la profonda commistione degli interessi agrari con quelli politici, restituisce scorci della vita materiale dei ceti più poveri; riconduce infine l’analisi dei comportamenti alimentari alle forme dell’immaginario collettivo."Un monumento insuperato di erudizione e di simpatia umana” (Eric Hobsbawm).
Se vi va, si potrebbe allungare la lista con tutti i contributi sul rapporto cibo\libri che vi vengono in mente, così da creare una piccola biblioteca al riguardo! Aspetto le segnalazioni!
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parmenida · 8 months
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L’#ALMANACCO DEL GIORNO
Il 10 Settembre, nel possibile anniversario della sua morte ad Evesham, in veneranda età, si ricorda Lady Godiva (990-1086?), — nome latinizzato dell'anglosassone Godgifu, cioè "dono del Signore" — vedova del conte Leofrico di Mercia (968-1057).
I. LA LEGGENDA
Secondo la tradizione popolare, in gioventù la bellissima Godiva aveva preso a cuore il destino della popolazione di Coventry, che pativa le tasse oppressive imposte dal conte suo marito. La contessa gli aveva chiesto più volte di ridurle, ma il marito aveva sempre rifiutato, finché — stanco delle sue suppliche — le aveva scherzosamente garantito che, se avesse cavalcato nuda nelle vie della città, avrebbe dato ascolto alla sua richiesta. La buona contessa, prese invece alla lettera le sue parole, aveva cavalcato nuda per le vie di Coventry.
II. ALTRE VERSIONI
Secondo una versione del XIII Secolo della storia, ella aveva attraversato la città durante il mercato, sotto gli occhi di tutti, scortata da due guardie.
Versioni successive della leggenda avrebbero invece riferito che il conte avrebbe emesso proclama dove si ordinava a tutti di chiudersi in casa, tenendo chiuse porte e finestre, mentre i lunghi capelli della contessa l'avrebbero coperta come un vestito. Soltanto una persona in città, un sarto detto Peeping Tom, avrebbe disobbedito, praticando un foro in una persiana per poter vedere il passaggio di Godiva, ma rimanendone cieco.
In ogni caso, alla fine, il conte aveva mantenuto la sua parola e abolito le tasse più onerose.
III. LA VECCHIAIA
Secondo quanto riportato nel "Domesday Book", una sorta di registro censorio voluto nel 1085 dal nuovo Re d'Inghilterra Guglielmo I il Conquistatore (1022-1087), sembrerebbe che Lady Godiva fosse tra i pochi anglosassoni e l'unica donna a rimanere un'importante proprietaria terriera anche dopo la conquista normanna del 1066.
IV. LE FONTI PRIMARIE
Oltre al citato "Domesday Book", le principali fonti primarie sulla vita di Lady Godiva sono il "Chronicon ex chronicis" di Fiorenzo di Worchester (†1118), i "Flores Historiarum" di Ruggero di Wendover (†1236) e le "Chronica majora" di Matteo di Parigi (1200-1259).
V. I TESTI CONSULTATI
Per la redazione di questo articolo sono state consultate varie fonti, tra cui si menzionano la voce "Lady Godiva" dell'Enciclopedia "Britannica", "Countess Godiva", di Cecilia Parsons, "The historical Godiva", di Octavia Randolph, e la voce "Lady Godiva" della "Encyclopædia Romana" di James Grout.
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[Nell'immagine: Lady Godiva in un dipinto del pittore inglese John Collier (1850-1934)]
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#storia #Medioevo #feudalesimo #almanacco1009
#LadyGodiva #LeofricoDiMercia #PeepingTom #Godiva #Leofrico #Mercia #Coventry
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Esce il 2 Dicembre "La mitologia spiegata ai truzzi" di Paola Guagliumi. 
"Se i truzzi hanno imparato ad apprezzare l’arte, perché non introdurli a un altro affascinante aspetto della cultura, ossia il mito?Gli amorazzi extraconiugali di Zeus, le gare musicali di Apollo e Marsia versione “X Factor”, le sfighe di Edipo, i viaggi di Ulisse turista controvoglia e quelli di Enea rifugiato, la rappresentazione maschilista delle donne e quella sorprendente della fluidità dei generi: il mito classico è storico e insieme eterno, sembra lontano ma ci è più vicino di quanto pensiamo. Con una buona dose di libertà e ironia, la mitologia greca e romana viene qui rivisitata, criticata, commentata, ma soprattutto raccontata in modo semplice e divertente. Il pubblico è quello dei non esperti di ogni età e provenienza; lo scopo farci sorridere ma anche sfiorare i grandi temi universali che ci rendono umani."
Sarà disponibile in libreria, sul sito di Mimesis Edizioni, e nei principali store online. Daje che v'ho risolto er Natale.
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CORO
Fuor di queste urne dolenti
Deh n'uscite alme onorate,
E sdegnose vendicate
La romana libertà.
GIUNIA
O del padre ombra diletta
Se d'intorno a me t'aggiri,
I miei pianti, i miei sospiri
Deh ti movano a pietà.
CORO
Il superbo, che di Roma
Stringe i lacci in Campidoglio,
Rovesciato oggi dal soglio
Sia d'esempio ad ogni età.
A very interesting chorus from Lucio Silla, calling for ghosts to come out of their funerary urns and overthrow Sulla.
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carmenvicinanza · 2 years
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Käthe Kollwitz. Arte e politica
https://www.unadonnalgiorno.it/larte-a-servizio-degli-ultimi/
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Non ho difficoltà a ammettere che la mia arte si pone degli obiettivi. Io voglio agire nella mia epoca. La mia formazione d’artista ha coinciso con la nascita del socialismo.
Certo, a quel tempo non svolgevo un’attività militante vera e propria, ma di sicuro capivo che l‘idea della bellezza per me era il proletariato, nelle sue tipiche espressioni di lotta e di sofferenza, che mi spronavano a dipingere.
Più tardi, quando ho conosciuto gli operai più da vicino, al primo sentimento che avevo provato per loro s’aggiunse quello di dover mettere la mia arte al loro servizio.
Käthe Kollwitz, pittrice, scultrice, stampatrice, litografa e xilografa espressionista, impegnata soprattutto nella rappresentazione degli ultimi e le ultime.
Socialista e pacifista, seppe dare espressione e dignità alle persone vittime di povertà, fame e guerra.
Nata a Königsberg, nella vecchia Prussia, l’8 luglio 1867, con il cognome Schmidts, i suoi primi disegni, risalgono a quando aveva 16 anni, ritraeva operai, marinai e contadini che vedeva nell’ufficio di suo padre. Studiò in una scuola femminile d’arte a Berlino e poi a Monaco. Nel 1891 sposò Karl Kollwitzs, da cui ebbe due figli.
Tra i suoi lavori più apprezzati c’è un ciclo di litografie (Povertà, Morte, Cospirazione) e dipinti (Marcia dei tessitori, Rivolta, La fine) esposti pubblicamente nel 1896.
Un’altra serie di litografie, create tra il 1902 e il 1908, raffigura la guerra dei contadini tedeschi. In quegli anni ebbe modo di frequentare l’Académie Julian di Parigi, dove imparò a scolpire e, una delle litografie del ciclo, dal titolo Scoppio, vinse il premio Villa Romana che le garantì per un anno, il 1907, la permanenza in uno studio di Firenze.
Nel 1914, durante la prima guerra mondiale perse il figlio Peter sul campo, avvenimento che le causò una lunga depressione. Successivamente progettò per lui e i suoi compagni morti un memoriale scultoreo, I genitori addolorati, distrutto e poi rifatto, venne terminato solo nel 1932.
Nel 1917, al suo cinquantesimo compleanno, la galleria di Paul Cassirer espose 150 suoi dipinti.
Nel 1924, Käthe Kollwitz, disegnò il manifesto dal titolo Mai più guerra! che esprime la sua protesta contro il militarismo.
Attiva nel partito socialista, fece parte del movimento artistico Secessione di Berlino.
Con l’ascesa del nazismo, nel 1933, a causa delle sue manifeste idee politiche, venne costretta a dimettersi dall’Accademia delle Arti e le fu vietata qualunque attività artistica.
Riuscì a sfuggire alla deportazione in un campo di concentramento, restando a Berlino, fino a quando fu sfollata dai bombardamenti, nel 1943.
Non si fece scoraggiare dalla dittatura e rimase fedele ai suoi ideali progressisti. Malgrado malattia, età e persecuzioni, continuò a lavorare e a portare avanti i propri ideali nelle sue opere.
È morta a Moritzburg, vicino Dresda, il 22 aprile 1945.
In Germania viene ricordata in tanti modi, le sono state dedicate strade, piazze, monumenti, un francobollo e un museo.
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chez-mimich · 1 year
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RECYCLING BEAUTY
Che questa mostra non si possa leggere indipendentemente dal luogo che la ospita, lo si evince già dalle parole di Rem Koolhaas nel catalogo. Non dimentichiamo che Koolhaas è l’architetto che ha curato il restauro dell’antica distilleria della periferia sud di Milano che, come d’incanto, si è trasformata nella meraviglia che conosciamo. Tutto questo è pertinente con la mostra? Lo è, visto che il curatore Salvatore Settis ha voluto intitolarla “Recycling Beauty”. Non si tratta della semplice esposizione di una serie di sculture di epoca classica, bensì di un progetto più sottile, così come di grande acume fu la prima mostra con cui fu inaugurata la Fondazione Prada nel 2015, quel “Serial Classic” che proponeva una lettura molto originale della statuaria greco-romana, come grande creazione “collettiva”. Questa volta, la tesi, brillantemente sostenuta dalla qualità dei pezzi esposti, è che nulla si crea e nulla si distrugge, per usare uno slogan di facile comprensione. Non è ovvio, come si può credere, che l’arte classica abbia avuto momenti di grande fortuna e di oblio. Dopo la fine dell’Impero Romano d’Oriente la circolazione di reperti classici prende vigore, prima ancora della grande rivalutazione concettuale che ne farà il Rinascimento. Monumenti, decori, arredi cominciano ad essere riutilizzati, qualche volta, addirittura, cambiandone l’iconografia, come nel caso, per fare un esempio, del magnifico tondo marmoreo di età romana (nella foto qui sotto), che da sepoltura di un soldato, diventa in epoca medievale, una deposizione di Cristo. Insomma non è proprio una novità dei nostri giorni quella di ritrovare antiche porte a capo del letto o tavolini da salotto il cui piano è un bassorilievo. Del resto è un luogo comune piuttosto radicato quello di considerare l’arte classica come un “unicum” intoccabile. Le sculture greche e romane (ma anche le decorazioni musive o ad affresco), vennero distrutte e disperse, ma anche disprezzate almeno fino al Cinquecento (a volte anche oltre), fino a quando le rovine di Roma non divennero fonte inesauribile di scoperta; ricordo solo “en passant” il rilievo di Roma antica, vecchio pallino di Raffaello e del suo incisore Marcantonio Raimondi. Anche nel Medioevo tuttavia, qualche “ricordino” veniva talvolta portato a casa, magari cambiandone il significato o addirittura la valenza simbolica, come nel caso del “Leone che azzanna un cavallo” , tuttotondo del IV secolo a.C. appartenuto ad un gruppo scultoreo con scene di caccia che ritraggono Alessandro Magno, scultura che Michelangelo definì “meravigliosissima” e trasportato, già dal Medioevo, in Campidoglio per celebrare la grandezza di Roma, quindi in tutt’altro contesto storico ed iconografico. Tante le decontestualizzazioni di oggetti, come il pavone in bronzo di che faceva bella mostra di sé presso il Mausoleo di Adriano (130-140 d.C.) e “ricollocato” nella basilica vaticana. Una mostra affascinante, con pezzi ricercati con cura ed esposti e valorizzati con grande rigore, in uno spazio come quello del “Podium” dal nitore delle superfici e dei volumi. Nella “Cisterna” poi una ricostruzione un po’ didattica del cosiddetto “Colosso di Costantino”, gigantesca scultura in marmo e bronzo dorato del 300 d.C. circa, di cui alcuni “frammenti” sono anch’essi conservati in Campidoglio a Roma. Forse, benché accurata è un po’ poco convincente per la sua collocazione in uno spazio, che certamente decontestualizza troppo l’immensa scultura. Mostra imperdibile per chi ama la classicità, non quella algida e da teca museale, ma quella che riesce a permeare di sé il Tempo e tutti i tempi.
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dovevonascerequadro · 2 years
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Catania sotterranea
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[ Scorcio di Piazza Stesicoro dall’Anfiteatro di Catania ]
Quante meraviglie sono celate sotto la città! L’Etna, con i suoi fiumi di lava, ha travolto più volte Catania, seppellendone i segni del suo passato che rimangono però nascosti sotto il piano di calpestio.
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[Città sotterranea]
Le Terme romane Achilliane, dell’Indirizzo, della Rotonda, e l’Anfiteatro Romano, uno dei più grandi anfiteatri di età romana in Italia, inferiore solo all’anfiteatro Flavio di Roma (il Colosseo) e a quello di Verona; la Chiesa di S. Gaetano alle Grotte, la cui datazione è ancora oggi un mistero, con i suoi cunicoli sotterranei, forse un tempo utilizzati come catacombe, dove si pensa fu sepolto il corpo di Sant’Agata; il Monastero dei Benedettini con il suo “ventre”, il Decumano Massimo, la Domus Romana e le cucine dei monaci; il sepolcro di S.Euplio, l’ingrottamento dell’Amenano, l’Ipogeo Romano detto anche “Ipogeo quadrato”, il Pozzo di Gammazita e la sua affascinante leggenda, la Cripta e i lavatoi di S. Agata la Vetere, la prima Cattedrale della città, in cui la martire subì l’asportazione del seno; i Bagni dei Gladiatori a S.Agata al Carcere e la Cappella Bonajuto, monumento bizantino immerso nel cuore del barocco catanese
Insomma sotto le “basule” di Catania si estendono ancora oggi stratificazioni di ceneri che ricordano la millenaria storia di questa città, con le sue strade, le chiese, le terme, i palazzi e persino le targhe stradali.
In numerosi punti è possibile scendere nel sottosuolo, che si dice fu testimone di intrighi amorosi fra suore e frati, nascondiglio di briganti e tesoro per i cultori di cose d’arte
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lamilanomagazine · 12 days
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Cosenza: i Carabinieri restituiscono 83 beni culturali sequestrati
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Cosenza: i Carabinieri restituiscono 83 beni culturali sequestrati Nella mattinata del 18 aprile, presso il Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna, il Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza ha consegnato al Soprintendente A.B.A.P. per le province di Catanzaro e Crotone 83 beni culturali, recuperati nell’ambito di attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Crotone. L’evento si è svolto alla presenza del Prefetto Vicario di Crotone, del Procuratore Capo della Repubblica di Crotone, del Comandante della Legione Carabinieri Calabria, del Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Capo Colonna e delle Autorità civili, militari e religiose cittadine. I beni culturali, consistenti in preziosi reperti archeologici, paleontologici e un antico cannone navale del XVII sec. d.C., sono stati recuperati nel corso di due distinte indagini, condotte dal Nucleo Carabinieri T.P.C. di Cosenza tra maggio 2017 e luglio 2018 e da dicembre 2021 ad agosto 2023. La prima attività d’indagine ha permesso di disarticolare un sodalizio criminale, operante su scala nazionale ed internazionale (con ramificazioni in Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia), dedito alla commissione dei reati di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita e nella fase conclusiva sono stati eseguiti un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 23 persone e 80 decreti di perquisizione a carico di altrettanti soggetti indagati in stato di libertà. La seconda, invece, originata da un controllo nelle aree immediatamente adiacenti al Parco archeologico di Capo Colonna, nel corso del quale è stata casualmente notata la presenza del cannone riutilizzato come ornamento all’interno della corte di un’abitazione privata, ha consentito il deferimento all’A.G. di una persona per il reato di ricettazione e il recupero di numerosi reperti archeologici e paleontologici, nonché dello stesso cannone, beni illecitamente sottratti nel corso degli anni al patrimonio nazionale. Entrambe le suddette attività investigative sono state svolte in stretta collaborazione con i funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per le province di Catanzaro e Crotone e i docenti del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria di Arcavacata di Rende (CS), grazie ai quali è stato possibile stabilire la natura e la provenienza di tutti i beni culturali recuperati. I materiali sequestrati sono complessivamente databili tra l’età del ferro e l’età romana e trovano stretti confronti con quelli rinvenuti a Torre del Mordillo (Spezzano Albanese, CS), oggi conservati al Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, o presenti nell’area archeologica di Capo Colonna e nei fondali marini antistanti. Sono presenti oggetti metallici, strumenti per la tessitura (fuseruole e pesi da telaio), reperti vascolari (anfore, contenitori d’uso comune per cibi e bevande) ed elementi architettonici. Tra questi ultimi si segnalano per importanza alcuni frammenti di tegole in marmo greco paragonabili a quelle conservate nel Museo di Capo Colonna che dal V secolo a.C. coprivano il santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna, oggetto di spoliazione in età romana. Databile al V secolo a.C. è anche un frammento di lastra di rivestimento in terracotta con decorazione a palmetta che trova un confronto diretto con quella superstite dell’Edificio B di Capo Colonna. Ancora all’area di Capo Colonna, e in particolare alla domus romana di I secolo a.C. è da attribuire una base in pietra. Anche i beni fossili provengono da successioni sedimentarie mio-plioceniche della medesima area geografica di Capo Colonna, mentre il cannone era stato asportato proprio dai fondali marini antistanti detta località. La restituzione al patrimonio dello Stato dei beni culturali recuperati è frutto di azioni complesse, compiute in stretta sinergia con gli organi centrali e periferici del MiC, nonché dell’impegno e la professionalità di donne e uomini, militari e civili, altamente specializzati nello specifico settore, che hanno consentito di salvare importanti testimonianze dell’identità collettività che ci raccontano la loro storia e, di riflesso, la nostra.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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storiearcheostorie · 5 months
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SCOPERTE / Colosseo, scoperta una nuova eccezionale domus tra il Foro Romano e il Palatino
SCOPERTE / Colosseo, scoperta una nuova eccezionale domus tra il Foro Romano e il Palatino I mosaici alludono forse alle imprese militari del proprietario, verosimilmente un patrizio di rango senatorio.
TUTTE LE FOTO: MiC / Parco archeologico del Colosseo Ennesima straordinaria scoperta a Roma. Il Parco archeologico del Colosseo, nell’ambito di un progetto di studio e ricerca,  ha riportato alla luce alcuni ambienti di una lussuosa domus di età tardo-repubblicana, di cui erano state scavate alcune strutture murarie nel 2018, e un tempo esistente esattamente nell’area in cui, in età augustea,…
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siciliatv · 12 days
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Trovati 60 frammenti di anfore greche e romane tra i rifiuti: la scoperta dei carabinieri al porticciolo di San Leone
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Trovati 60 frammenti di anfore greche e romane tra i rifiuti: la scoperta dei carabinieri al porticciolo di San Leone Sessanta frammenti di anfore da trasporto di età greco-romana e vasellame di età medievale,... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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Mistero su cani e cavalli nelle sepolture di età pre-romana
Misteriosi rituali funebri o semplice affetto per i propri animali da compagnia: potrebbero essere diverse le ragioni della presenza di resti di cani, cavalli e altri animali in 16 sepolture di età pre-romana rinvenute a Verona nello scavo archeologico di Seminario Vescovile, risalente al III-I secolo a.C.. E’ quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Plos One dai ricercatori del…
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agrpress-blog · 3 months
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Venerdì 19 gennaio 2024 alle ore 20.30 l’Accademia Filarmonica Romana, per il primo appuntamento con la danza nel 2024, porterà in scena al Teatro Olimpico - piazza Gentile da Fabriano, 17 - la Cenerentola del regista e coreografo Luciano Cannito, con Iana Salenko e Dinu Tamazlacaru.  Lo spettacolo è prodotto da Fabrizio di Fiore per Roma City Ballet Company, una fra le più recenti formazioni italiane, composta esclusivamente da artisti selezionati con audizioni internazionali, e che si è già conquistata un posto di rilievo nel panorama nazionale. In scena fino a domenica 21 gennaio, il balletto in due atti, su musica di Sergej Prokof’ev, vede protagoniste nei ruoli principali le due stelle internazionali Iana Salenko e Dinu Tamazlacaru, “principal dancers”del Teatro dell’Opera di Berlino, che si affiancano al Corpo di Ballo di Roma City Ballet e a Manuel Paruccini, primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma nel ruolo della matrigna “en travesti”. A firmare regia e coreografia Luciano Cannito (già direttore artistico del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, del Teatro Massimo di Palermo e del Balletto di Roma) , che si avvale dei costumi di Giusi Giustino (costumista e direttrice della sartoria del Teatro San Carlo di Napoli) e delle scene di Michele Della Cioppa (direttore degli allestimenti scenici del Teatro dell’Opera di Roma). «Ciò che più mi premeva di rendere con la musica di Cenerentola», raccontava Prokof’ev, «era l’amore poetico tra lei e il principe, la nascita e il fiorire del sentimento, gli ostacoli su questa via, la realizzazione di un sogno. Ho cercato di far sì che lo spettatore non rimanesse indifferente alla sventura e alla gioia. Ho composto Cenerentola nel solco della tradizione del balletto classico russo». La favola più amata, a quasi ottant’anni dalla sua prima rappresentazione (22 novembre 1945, al Teatro Bol’šoj di Mosca, con la coreografia di Rostislav Zakharov), continua ad appassionare il pubblico di ogni età, registrando sold out in ogni sua riedizione. La storia di Cenerentola narra di una fanciulla già orfana di madre, ridotta in povertà e, alla morte del padre, angustiata dalle sorellastre e dalla matrigna. Tuttavia, lei non smette di sognare, aspettando il suo principe azzurro che alla fine troverà e sposerà. Con l’aiuto della fata e di un pizzico di magia il sogno diventa realtà.  Nella versione di L. Cannito, coreografo particolarmente attento alla struttura narrativa del balletto, la storia si arricchisce di un pizzico di follia, comicità e divertimento senza tralasciare la spettacolarità, soprattutto nelle scene del secondo atto con il grande salone da ballo. «I grandi Balletti, anzi, i grandi titoli di balletto classico», racconta Cannito, «affascinano e stimolano l’immaginazione, ci riportano a mondi fatti di magia, di sogno, di fantasia. Il balletto della storia universale di Cenerentola aggiunge al fantastico del racconto attraverso le immagini e la grande danza, il fantastico del desiderato da tutti: realizzare i nostri sogni nei momenti più bui della nostra vita e soprattutto realizzarli quando non ce lo aspettavamo più». Cenerentola - regia e coreografia: Luciano Cannito; musica: Sergej Prokof’ev; interpreti: Iana Salenko, Dinu Tamazlacaru, Manuel Paruccini; costumi: Giusi Giustino; scene: Michele Della Cioppa; luci: Alessandro Caso; produzione: Fabrizio di Fiore per Roma City Ballet Company, in collaborazione con Accademia Filarmonica Romana - rimarrà in scena al Teatro Olimpico fino a domenica 21 gennaio 2024 (orario: venerdì 19, ore 20.30; sabato 20, doppio spettacolo ore 16.30 e 20.30; domenica 21, ore 16.30).
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daimonclub · 4 months
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Enogastronomia e turismo in Italia
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Tipici tortelli Italiani Enogastronomia e turismo in Italia, un articolo che ripercorre in sintesi tutta la tradizione culinaria italiana, con le sue caratteristiche regionali, i piatti ed i vini tipici ed il forte legame con il turismo. Un anonimo del '500 soleva sempre dire: ci sono tante cose importanti nella vita, la prima è mangiare, le altre non le conosco. Carl William Brown Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta l'ultimo a consolarci della loro perdita. Brullat-Savarin E' bene, nella vita come ad un banchetto, non alzarsi né assetati né ubriachi. Aristotele Siamo alla frutta. Per fortuna poi arriva il dolce. Andros Non c'è amore più sincero di quello per il cibo. George Bernard Shaw L'appetito rende saporite tutte le vivande. Paolo Mantegazza A proposito di politica... ci sarebbe qualcosa da mangiare? Totò La miglior salsa del mondo è la fame. Miguel de Cervantes L’ospitalità è la virtù che ci induce a nutrire e ospitare alcune persone che non hanno bisogno né di essere nutrite né di essere ospitate. Ambrose Bierce Troppo cibo rovina lo stomaco, troppa saggezza l'esistenza. Alessandro Morandotti Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece starnazzano come impazzite. Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina. Henry Ford
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Enogastronomia in Italia In questo periodo di feste natalizie sonbo in molti a frequentare i numerosi ristoranti della penisola. I costi sono chiaramente superiori ai pranzi e cenoni vari preparati in casa, tuttavia chi se lo può permettere può evitare soprattutto alle donne un gran lavoro di preparazione e di rimessa in ordine delle cucine e della casa. Per questi e altri motivi direi che almeno in queste occasioni si potrebbe proprio approfittare della ricchezza culinaria della nazione. Del resto molte festività e tradizioni in Italia sono legate al cibo, come il cenone di Natale, il pranzo pasquale o le sagre locali dedicate a specifici piatti o prodotti. Anche se la tradizione gioca un ruolo cruciale nella gastronomia italiana, c'è anche spazio per l'innovazione. Chef e ristoratori italiani stanno continuamente sperimentando e reinventando piatti classici, mescolando tecniche tradizionali con approcci moderni. Alcune tradizioni culinarie italiane sono state riconosciute come Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, come la dieta mediterranea e la pratica della produzione tradizionale della pizza napoletana. L'arte gastronomica italiana infatti è una delle più celebrati al mondo, riconosciuta per la sua ricchezza, varietà e tradizione. Questo grazie anche alla diversità regionale del bel paese. L'Italia è divisa in 20 regioni, e ciascuna di esse ha le proprie specialità culinarie, prodotti tipici e tecniche di preparazione. Ad esempio, il risotto è tipico del nord, mentre la pasta fresca è più comune nel centro-sud. Da aggiungere che ci sono oltre 300 forme diverse di pasta, ognuna adatta a specifiche salse e condimenti.
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Vini, cibo e turismo Un altro aspetto fondamentale della cucina italiana è l'uso di prodotti di qualità. Molte delle preparazioni sono basate su ingredienti semplici e freschi come pomodori, olio d'oliva, pasta fresca, mozzarella di bufala, e qui il riferimento alla pizza è obbligatorio. Poi vi è chiaramente la varietà eccezionale degli alimenti. Per quanto riguarda le salse e i condimenti non abbiamo solo il sugo di pomodoro, ma ci sono molte altre salse regionali come il pesto ligure, il ragù bolognese e la carbonara romana. L'arte gastronomica italiana è anche un mix affascinante di tradizione, qualità, diversità e passione, che riflette la ricca storia e la cultura del paese. Come non pensare ad esempio alla sua vasta gamma di famosi formaggi, tra cui parmigiano reggiano, il pecorino, la mozzarella, il gorgonzola e molti altri. E ancora ai dolci e dessert, dal tiramisù alla panna cotta, dai cannoli alla cassata siciliana, dal panettone al torrone a ad un'infinità di dolci tipici locali, rinomati per la loro ricchezza e varietà. Un aspetto fondamentale è poi legato al vino e alle bevande. L'Italia è notoriamente uno dei principali produttori di vino al mondo. Ogni regione produce vini unici, riflettendo il terroir locale e le tradizioni vinicole. Tanto per fare una rapida carrellata possimao citare il Barolo e il Barbera nel Piemonte, il Chianti e il Brunello in Toscana, il Prosecco in Veneto, il Franciacorta spumante in Lombardia, il Marsala in Sicilia, il Negroamaro in Puglia, il Cinque terre in Liguria e molti altri ancora, senza poi contare i liquori tipici e via dicendo.
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Franciacorta spumante italiano Prendiamo ad esempio la gastronomia lombarda che è una delle espressioni culinarie più raffinate e variegate dell'Italia settentrionale. La Lombardia, una delle regioni più industrializzate e ricche d'Italia, offre una cucina che combina tradizioni agricole con influenze urbane. Data la posizione geografica della Lombardia e la sua storia come crocevia di culture, la cucina lombarda ha assorbito alcune influenze da altre tradizioni culinarie, in particolare dalla cucina francese e austriaca. La Lombardia è famosa per i suoi risotti cremosi e ricchi. Il risotto alla milanese, fatto con zafferano, è uno dei piatti più emblematici della regione. Altro piatto tipico è la polenta. Originaria della zona prealpina, la polenta è una preparazione a base di farina di mais cotta lentamente in acqua. Viene spesso servita con salsicce, brasati o funghi. Come le altre regioni anche la Lombardia produce una varietà di formaggi, tra cui il Gorgonzola, uno dei formaggi erborinati più conosciuti al mondo, e il Grana Padano, un formaggio a pasta dura simile al parmigiano reggiano, e il famosissimo Bagoss, formaggio tipico di Bagolino, comune della Valle Sabbia. La regione è rinomata per la qualità delle sue carni. Piatti come l'ossobuco (vitello stufato con osso in mezzo) servito con risotto alla milanese, e la cassoeula (un guazzetto di maiale e verze) sono piatti tradizionali e saporiti. Oltre ai già citati, ci sono molte altre specialità locali, come il salame di Varzi, il mostarda di Cremona (un accompagnamento piccante per formaggi) e la pesca di Mantova (un piatto a base di anguilla).
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Tipica ricetta Lombarda La Lombardia offre inoltre una gamma di dolci deliziosi. La torta di cioccolato caprese, il panettone (anche se originariamente milanese, ora ampiamente diffuso in tutta Italia durante il periodo natalizio) e la sbrisolona (una torta friabile a base di mandorle e mais) sono solo alcuni esempi. E poi ci sono i vini, anche se non è la regione vinicola più celebre d'Italia. La Lombardia produce comunque alcuni vini di qualità. La Franciacorta, ad esempio, è nota per il suo spumante metodo classico, spesso paragonato allo champagne. La gastronomia bresciana è una sottocategoria della cucina lombarda e riflette le tradizioni e i prodotti specifici della provincia di Brescia. Brescia, situata tra il Lago di Garda e le Prealpi, ha un'identità culinaria unica, influenzata dal suo contesto geografico e storico. Come in altre parti della Lombardia, la polenta è un tipico ed antico alimento della tradizione bresciana. Viene spesso servita con cacciagione o funghi. La provincia di Brescia produce anche diversi tipi di salumi di alta qualità, tra cui il famoso Salame Bresciano e la Soppressata Bresciana. Brescia è nota per alcuni formaggi tipici come il Bagòss, un formaggio a pasta dura prodotto nelle montagne circostanti. Data la vicinanza al lago di Garda e al lago di Iseo, il pesce di lago gioca un ruolo importante nella cucina bresciana. La trota, in particolare, è spesso presente sui menu locali. Possiamo poi citare il manzo all'olio, un piatto tradizionale di Brescia, consiste in fette di manzo servite con una salsa di olio, acciughe e aglio. I Casoncelli alla Bresciana sono uno dei piatti più noti di Brescia. I casoncelli sono ravioli ripieni di carne, pangrattato, formaggio e erbe, tradizionalmente serviti con burro fuso, salvia e grana grattugiato.
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Pesce e cucina di lago Per quanto riguarda i vini, la zona vitivinicola di Franciacorta, situata nella parte meridionale della provincia di Brescia, è celebre per i suoi vini spumanti metodo classico, noti come Franciacorta. Questi vini sono prodotti con uve Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco e sono diventati sinonimo di qualità e raffinatezza. Passando ai dolci, abbiamo la tradizionale torta di rose, una creazione soffice a forma di rosa, spesso ripiena di marmellata di albicocche o crema. Oltre alla Torta di Rose, ci sono altri dolci tipici come il Panettone Bresciano, una variante del celebre panettone natalizio. Se pensate poi che il 53% dei viaggiatori nel mondo si dichiara “turista enogastronomico” e il 71% delle persone in viaggio vuole vivere esperienze enogastronomiche da ricordare, dobbiamo senza ombra di dubbio aggiungere il forte legame esistente tra l'arte gastronomica italiana e il turismo, realtà profondamente interconnesse. La ricchezza della cultura alimentare italiana ha giocato infatti un ruolo chiave nella promozione del turismo nel paese. Proprio perché la gastronomia italiana riflette le diverse culture e tradizioni regionali del paese e ogni regione ha i suoi piatti tradizionali, ingredienti locali e tecniche di cucina, che questo binomio attira turisti da tutto il mondo interessati a scoprire le autentiche esperienze culinarie. L'Italia è poi una delle principali regioni vinicole del mondo. Il vino italiano, con le sue numerose denominazioni (DOC e DOCG), attira ogni anno milioni di enoturisti che desiderano visitare le cantine, degustare vini e immergersi nella cultura vitivinicola italiana. Ci sono poi i vari eventi e i festival tipici del bel paese. Eventi gastronomici come sagre, fiere del vino, e festival dedicati a specifici prodotti (come il tartufo, l'olio d'oliva, o il formaggio) sono attrattive turistiche significative che celebrano la cultura culinaria italiana.
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Salumi tipici italiani L'Italia è conosciuta per la sua eccellente ristorazione e ospitalità. I ristoranti, trattorie, agriturismi e bed & breakfast offrono ai turisti l'opportunità di gustare piatti autentici in ambienti accoglienti e tradizionali. Le istituzioni turistiche italiane e le organizzazioni gastronomiche lavorano spesso insieme per promuovere il turismo culinario, creando campagne pubblicitarie, itinerari tematici e pacchetti vacanza che combinano cultura, cibo e vino. Molte scuole e aziende offrono inoltre corsi di cucina italiana per turisti interessati a imparare a preparare piatti tradizionali. Queste esperienze offrono non solo una lezione pratica sulla cucina italiana ma anche una profonda immersione nella cultura alimentare del paese. Per concludere non dobbiamo dimenticare che la gastronomia italiana è riconosciuta come patrimonio culturale immateriale dell'umanità dall'UNESCO. Questa distinzione ha ulteriormente rafforzato la reputazione dell'Italia come destinazione turistica di eccellenza per gli amanti del cibo. In sintesi, l'arte gastronomica italiana è un elemento chiave dell'identità culturale del paese e ha svolto un ruolo fondamentale nel posizionare l'Italia come una delle principali destinazioni turistiche al mondo. Un ricordo particolare è poi d'obbligo per il grande Pellegrino Artusi (1820-1911) che fu l'autore del famoso libro di cucina italiana "La scienza della cucina e l'arte di mangiar bene". Artusi nacque a Forlimpopoli, una cittadina vicino a Forlì, e fece fortuna come commerciante di seta, ma dopo essersi ritirato si dedicò alla cucina raffinata.
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Tipico ristorante italiano Nel 1891, all'età di 71 anni, completò il suo famoso libro di cucina, ma non riuscì a trovare un editore, così usò i propri soldi per autopubblicarsi, vendendo mille copie della prima edizione in quattro anni, però, il libro di cucina prese piede e prima che Artusi morisse a Firenze nel 1911 ne furono vendute più di 200.000 copie. Pieno di divertenti aneddoti e ricette, il libro è un perenne best seller in Italia, ed è stato tradotto in spagnolo, olandese, tedesco e inglese. Artusi fu il primo a racchiudere ricette di tutte le diverse regioni d'Italia in un unico ricettario. A lui viene spesso attribuito il merito di aver stabilito per la prima volta una cucina italiana veramente nazionale. Ancora oggi la sua principale opera letteraria conta un gran numero di edizioni e una capillare diffusione. Il testo raccoglie 790 ricette, dai brodi ai liquori, passando per zuppe, antipasti (o principianti), secondi piatti e dolci. L'approccio è didascalico, alle ricevute seguono riflessioni e aneddoti dell'autore, che scrive con uno stile spiritoso. La scienza della cucina e l'arte del mangiar bene costituivano una vera e propria linea di confine nella cultura gastronomica dell'epoca. Su queste tematiche potete anche leggere: Aforismi e citazioni sul cibo Famose Ricette Italiane Migliori ristoranti Italiani Cooking traditions in Brescia Tourism Resources Page Job Opportunities in Tourism Read the full article
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