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#conoscere prima di giudicare
lospalatoredinuvole · 2 years
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Ti danno dell'insensibile senza nemmeno conoscerti.
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thor82 · 2 months
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Ciao Marco come stai?
Sono ormai 6 anni che non ci sei più e stasera sono qui in palestra e tra una serie e un’altra ho voluto scriverti questa lettera qui su questo social perché tanto non mi leggerà nessuno che mi conosce e almeno qui so che posso sfogarmi un po’ con me stesso.
Da quando non ci sei più sono accadute cose bellissime nella mia vita: i miei progetti di vita e di lavoro sono cambiati in poco tempo ed inaspettatamente e alcune cose belle sono capitate così per caso a migliorare la mia vita. Sono riuscito a comprare casa, una macchina nuova e a viaggiare a conoscere nuove persone che mi vogliono bene e mi stimano anche oltre il lavoro. Ma ho sempre pensato che ci fossi tu dietro a guidarmi e a proteggermi come un angelo in ogni mio passo, in ogni mia scelta, in ogni mio viaggio. Non mi sono mai sentito solo.
Mi sono sempre chiesto perché tu avessi scelto me. Ma non avevo bisogno di risposte perché avevamo forse capito tutti e due quando ci siamo visti la prima volta e ci siamo dati il nostro primo bacio che conserverò nel cuore per tutta la vita. Il nostro era un amore a distanza ma di distanze non c’erano mai state. Era forse tutto troppo perfetto. Così perfetto che forse non meritavi di stare in questo mondo di merda!!! Ma io sicuramente non meritavo di perderti così presto e all’improvviso.
Mi hai insegnato ad essere generoso e ad agire sempre con il cuore perché sono i gesti che rimangono sempre e lasciano un segno indelebile nelle persone. Perché la cosa più bella è essere ricordati e ricambiati da chi ti vuole veramente bene e ti stima. Mi hai insegnato a non giudicare nessuno senza conoscere perché non puoi mai sapere dall’altra parte quale battaglia interiore può vivere l’altro. “Ama sempre” mi ripetevi.
Dovrei forse dire oggi che non mi manca nulla. Invece oggi mi manca ancora qualcuno che mi abbracciava come te, che mi faceva ridere come te, che mi coccolava come te e che mi teneva per mano e che mi baciava all’improvviso come facevi tu. Ma tu lo sai meglio di me che il tesoro più grande che puoi trovare qui è l’amore sincero di qualcuno che ti ama così come sei: semplicemente te stesso!!!
Questa è la foto della nostra prima serata insieme. Mi manchi tantissimo e Anche a Vittoria. Mi manca il tuo amore forte e folle.
Non smetterò mai di cercare e di ritrovare chi mi guarderà con gli stessi occhi tuoi.
Con amore per sempre. ❤️
P.S. Allenamento andato a puttane. Rifarò le gambe!!!
M.
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imperfect-girl17 · 5 months
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Spesso tendiamo a giudicare troppo in fretta una persona. Al primo incontro già ci siamo fatti un'idea che resterà quella, granitica ed irremovibile. Perché? Come mai non abbiamo più la pazienza e la curiosità di conoscere un po' meglio qualcuno, prima di silurarlo dalla nostra vita? Non abbiamo idea del suo background, di nulla, solo delle poche e frammentarie informazioni che ci ha dato. Perché non ci interessa dedicare più tempo a capire un altro essere umano? Siamo troppo presi da noi stessi per perdere tempo con qualcuno che non sembra brillare eccezionalmente la prima volta che lo conosciamo? Esistono anche la timidezza, la riservatezza... Non tutti sappiamo venderci bene per piacere a chiunque in 5 minuti.
Basterebbe metterci nei panni dell'altro: ci piacerebbe essere giudicati così in fretta e scartati? Sembra quasi di essere sottoposti ad un esame. Se sbagli qualche risposta o atteggiamento: sei fuori.
Ma cosa ne è stato della vera comunicazione e di un pizzico di empatia? Una comunicazione attenta e compassionevole, rafforza i legami, migliora la comprensione reciproca e in questo modo si costruiscono relazioni più solide e appaganti. È così spaventoso da provare?
Il problema è che le persone son talmente prese da loro stesse che investire tempo su qualcun altro è impossibile. O fai una bella impressione nei 5 minuti che ti concedono del loro preziosissimo tempo o sei out. NEXT PLZ.
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io-pentesilea · 2 years
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Livello di tollerabilità dei 'destrorsi' - per essere buoni e non chiamarli fascisti.
La signora - e pure qui... signora! - che dichiara nella bio 'A sinistra solo per sorpassare', posta su twitter 'Gli anziani si tengono a casa. Punto', polemizzando ovviamente su chi si rivolge a case di cura e strutture.
Molto educatamente rispondo che prima di giudicare bisognerebbe conoscere le situazioni e pensare.
Risposta della 'signora':
'Se ti senti colpita è perché ti rimorde la coscienza per quello che hai fatto. E poi che vuoi, fuori dalla mia tl!'
Segue un 'Chi tesenc...' e blocco.
Questo è il concetto di democrazia, confronto, rispetto.
Poi fate voi.
Barbara
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umi-no-onnanoko · 2 years
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Solo per il fatto che richiedi la chat privata denota che sei una ragazza ,suppongo ragazza, molto leggera.
Suppongo anon che se primo avessi letto la descrizione del blog o banalmente uno o due dei miei post sapresti la risposta alla tua domanda, ovvero che sì sono una ragazza, secondo nessuno mi obbliga a rispondere in modo più dettagliato se non mi va o non lo ritengo necessario, terzo mi sono anche scusata se avessi potuto risultare arrogante o comunque scontrosa, cosa che non mi pare di stare facendo ad ora dato che ti sto rispondendo in modo educato e pacato forse anche più del necessario, quarto riprendendo e ribadendo quanto detto prima è facilmente deducibile, già solo per l'avatar scelto per il blog che io sia una ragazza e in domande precendenti, se non forse addirittura in un post avevo già affermato sia di dove sono sia che non avrei detto di più a proposito perché non tengo così tanto ad esporre troppi dettagli della mia vita al di fuori di Tumblr e meno che meno se non ho idea di con chi io stia parlando.
Infine, chiudo rispondendo alla carineria che mi hai detto in fondo al tuo messaggio non so cosa tu intenda per ragazza molto leggera, ma a prescindere da questo ti dico che non mi conosci e non hai proprio idea di come io sia, quindi sei un/una ragazzo/a molto leggero/a e superficiale se ti permetti di giudicare una persona senza conoscerla.
Sembri il/la classico/a ragazzo/a che se non ottiene ciò che vuole va a piangere dalla mamma oppure passa alle maniere "forti" per ottenere ciò che cerca altrimenti giù insulti. Forse prima di sparare sentenze dovresti farti un esamino di coscienza e conoscere davvero una persona prima di appiccicarci addosso etichette di cui nemmeno conosci il significato.
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notizieoggi2023 · 1 month
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La Ferrari e l'appartamento a Milano: la nuova vita di Fedez senza Chiara Ferragni Fedez sembra avere voltato pagina definitivamente. Dopo avere lasciato il tetto coniugale in seguito alla separazione dalla moglie Chiara Ferragni, il rapper ha iniziato una nuova vita da padre single e, a giudicare dalle foto e dai video condiviso sui suoi canali social, sembra volere recuperare il tempo perso. Da padre tutto casa e lavoro, Federico Lucia si è trasformato in un trentenne pronto a godersi la vita tra feste, sfilate, serate con gli amici e spese folli. E in questo senso, le ultime settimane sono state cruciali per la nuova vita del rapper. La nuova casa a piazza Castello Dopo avere vissuto per alcuni giorni a casa dei suoi genitori a Rozzano, nell'appartamento nel quale aveva vissuto prima di conoscere Chiara Ferragni, Fedez ha trovato una nuova casa. Un ampio appartamento in centro a Milano, dove vivere da solo e ospitare i figli secondo gli accordi con l'ex moglie. Secondo il settimanale Chi si tratterebbe di un appartamento di ben 400 metri quadrati in piazza Castello poco distante da City Life. Nelle scorse ore il rapper ha mostrato il salone della nuova abitazione e il bagno attraverso alcune foto pubblicate nelle storie del suo profilo Instagram; documento tangibile della nuova vita di Fedez. Dopo l'acquisto della nuova casa, il rapper si è però tolto un altro sfizio decisamente costoso, acquistando un'auto sportiva del Cavallino Rampante. La Ferrari Roma di Fedez L'acquisto è di quelli che fanno rumore. La prima Ferrari Roma consegnata in Italia, infatti, è di proprietà di Fedez. Il rapper l'ha sfoggiata, letteralmente, sulla sua pagina Instagram, mostrando il modello azzurro con cappotta in tela nelle storie del suo profilo Instagram, il cui valore supera i 200mila euro. Federico Lucia ha mostrato il gioiellino di casa Ferrari, fresco di consegna, sul web immortalando il padre Franco mentre scopriva la vettura dal telo protettivo e la provava nel cortile di casa. "In realtà è sua", ha scherzato il cantante sui social, riprendendo il padre felice accanto alla nuovissima Ferrari Roma. "La faccia di chi sa che la guiderà più di me", ha concluso Federico Lucia. Tante, forse troppe, novità e sorrisi che stridono con il clima gelido che c'è con l'ex moglie e la sua famiglia, malumori evidenziati nel corso della festa di compleanno di Leone. Gli ultimi gossip sui Ferragnez Secondo Fabrizio Corona i Ferragnez sarebbero scoppia non solo a causa dei problemi giudiziari dell'influencer. "Secondo me Fedez ha accettato di fare una vita che non gli piaceva", ha dichiarato Corona al settimanale Chi, "ha sopportato la "corte" della Ferragni, le persone che le stavano intorno, le foto e lo stare a casa. Quando era ragazzo era uno che si divertiva, ma la fama e Chiara lo hanno portato ad accettare tutto. Ma fino a un certo punto". Quel punto, secondo l'ex re dei paparazzi, sarebbe stato superato. Quando? Forse la sera di San Valentino, quando la coppia ha avuto l'ennesima e definitiva lite, che li ha portati all'addio.
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laragazzafortesworld2 · 4 months
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Non so se è più triste l’avermi bloccato dopo avermi inviato un ask o la patetica risposta al reblog. Peccato che tu non abbia visto la mia contro risposta, magari avresti imparato qualcosa. Buona notte.
Tesoro mio, io l'italiano lo so benissimo, nonostante la mia dislessia, cosa che tu non potresti mai conoscere, visto che tu non mi conosci.
Le basi le so, come so che non ci vanno i puntini di sospensione su alcune frasi dei post che metti.
Tra l'altro io ti consiglio di giudicare di meno e di ritornare su fb, Tumblr non fa per te, tanto meno non sei un professore ed è da maleducati scrivere le cose che hai scritto tu negli # e nelle "domande" che mi hai mandato.
Tu la cosa che non sai è l'educazione, mi dispiace per i tuoi genitori, sicuramente si staranno rivoltando nella tomba a vedere come il figlio, si faccia il saputello, sentendosi in diritto di commentare cose che punto primo non sa e prendendosi confidenze che non ha.
Ti consiglio anche di rivedere il tuo profilo, anche esso è pieno di errori, come il reblog che hai fatto prima, anche tu hai sbagliato e sai come si chiama questo? Errore di distrazione, come il mio :).
Quindi muto, visto che tra l'altro potrei anche essere tua figlia, schifoso e maleducato che non sei altro.
Una cattiva serata
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tempi-dispari · 5 months
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IMO: la musica 'colta' esiste ancora?
C’era una volta la musica colta.
Un tempo la differenza tra musica colta e quella popolare, era decisamente più sentita. Se vogliamo vedere, fin dagli albori. La musica classica era per i ricchi e gli stornelli per i popolani. Ma oggi, quasi alla fine del 2023, ha ancora un senso questa categorizzazione? Non possiamo negare che in taluni ambiti sia ancora molto sentita. Parliamo, fuori da equivoci, del jazz. La musica colta per eccellenza. Anche se va notato un aspetto. Non sono i musicisti a metterla in evidenza.
Piuttosto sono gli ascoltatori. ‘Io ascolto jazz’ lo si dice con un po’ di supponenza a volte. Come se il resto della musica fossa robetta, canzonette. Per non parlare della reazione quando si parla di rock o metal. Orrore! Ma davvero è così? Se andassimo ad analizzare il motivo per cui la musica colta si chiama così, noteremmo che ciò che la caratterizza sono le strutture e la parte teorica.
Oltre ad un ascolto, di conseguenza, non immediato. E nel resto del mondo musicale? È lo stesso. Prendiamo una manciata di brani smaccatamente pop e analizziamoli. A livello armonico e melodico, senza scendere in tecnicismi, non sono poi né semplici né banali. Sono costruiti per piacere, per essere orecchiabili. Ma chi ha detto che questo vuol dire che debbano essere banali e semplici? L’orecchiabilità non è banale. Stiamo poi tralasciando un altro aspetto non secondario.
In ogni caso, che sia complessa o immediata, la musica ha una funzione predominante: emozionare. Senza questa, non ha senso di esistere. Ergo, quello che conta è ciò che trasmette più che il come. Ovvio, esistono le dovute eccezioni, i distinguo e i sacrosanti gusti personali. Resta il fatto che prima di ‘giudicare’ un brano o un artista etichettandolo come banale e buono solo per chi non capisce nulla di musica, conosciamolo.
Poi potrà non piacerci quello che fa, ma almeno saremo oggettivi e criticheremo a ragione veduta e non per partito preso. Questo apre un altro dilemma: abbiamo abbastanza apertura mentale anche solo per ascoltare ciò che non ci piace? Allo stato attuale e, soprattutto, da una certa età in poi, la riposta è no. Non siamo così elastici. Se una volta il ‘dimmi che ascolti e ti dirò chi sei’ era quasi legge, oggi non le è più. Lo stesso teorizzatore della musica pop (inteso come popular), il buon Bob Dylan, era tutto tranne che banale.
Ad iniziare dai testi, alla musica. Certo, il periodo acustico, da menestrello, non permetteva grandi costruzioni armoniche. Tuttavia, anche allora, la banalità era evitata. Quanti brani di Dylan sono orecchiabili ma poco ‘cantabili’ perché hanno delle metriche non lineari? Moltissimi. E come lui mille altri. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensano gli estimatori della musica colta. Se anche Dylan è da scartare o qualcosa può essere tenuto.
Soprattutto, mi piacerebbe conoscere i criteri secondo i quali oggi vengono decisigli artisti che appartengono alla categoria. Nel rock e nel metal sono moltissimi gli esempi di band che hanno scritto dischi intricatissimi o tecnicamente complessi. Eppure non mi pare siano stati inseriti nello spazio colto. No, il rock, inteso in senso ampio, è ancora una musica di semplice intrattenimento. Non parliamo poi del nostro mondo. Se già il mainstream è puro business, l’underground è il regno dell’inutilità.
Quello che maggiormente preoccupa di chi fa di questa chiusura un vanto, è la regressione. SI chiudono talmente tanto da non accettare nulla che sia diverso da quello che ascoltano. Ed è una strada che, purtroppo, spesso, hanno preso molti ascoltatori di rock. Quanti proggers definiscono la loro musica quella migliore mentre il resto sono solo bazzecole? O anche chi ascolta grindcore. I gruppi grind si che sanno suonare. Mica come le band glam o classic metal… e cia discorrendo.
La conclusione qual è? Come sempre, la chiusura, il voler etichettare a tutti i costi, il ritenere un genere di musica inutile, insulso o superfluo fa male a noi e al nostro ambiente. Certo, essere di mentalità aperta non è facile. Tuttavia è necessario. Se non per restare al passo con in tempi, almeno per sopravvivere. Diversamente, la strada è già tracciata.
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cinquecolonnemagazine · 5 months
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Intelligenza artificiale: le immagini che spopolano sui social
Quanto ci piacciono le immagini create con l'intelligenza artificiale? A giudicare dal successo che hanno riscosso sui social direi molto, anzi moltissimo. Negli ultimi giorni, su Facebook, Instagram e TikTok, sono apparse le immagini di alcune città realizzate grazie a software di intelligenza artificiale. Ispiratori di questa impresa sono stati la casa di produzione Disney e un'opera di Italo Calvino. Napoli come un cartoon della Disney Conosciamo bene la Napoli da cartolina, con il suo bel Vesuvio (il pino per i più agée) ammirato dalla collina di Posillipo. Grazie a un rinnovato interesse turistico in molti hanno imparato a conoscere anche gli altri simboli della città, da Piazza del Plebiscito al Maschio Angioino, da Spaccanapoli alla Sanità. Diversi i film e i cartoni animati ambientati tra le sue strade. L'avete mai immaginata, però, come ambientazione di un cartone Disney? Qualcuno lo ha fatto. Il suo nome è Daniele Vergone, studente universitario e Tiktoker, e con l'aiuto dell'Intelligenza artificiale ha creato immagini non solo di diversi quartieri di Napoli ma anche di paesi dell'hinterland napoletano come li vedremmo in un cartone della Disney-Pixar. Ecco che appaiono Spaccanapoli, illuminata a metà con gli striscioni da un alto all'altro, i Quartieri spagnoli con i classici balconi. Ancora le colline del Vomero e di Posillipo sovrastata, la prima, dalla Certosa di San Martino e attraversata, la seconda, dalle 13 "scese" (cioè rampe) di Sant'Antonio. Il quartiere Sanità è rappresentato con i teschi tipici del cimitero delle Fontanelle, Forcella è dominata dall'immagine (in versione bambino) di San Gennaro. A Capodichino gli aerei camminano insieme alle auto sul lungo vialone mentre a San Giovanni, non poteva mancare un murales sul fianco di un palazzo (simile a quelli realizzati da Jorit) che ritrae un giovane. Non mancano i simboli del capoluogo partenopeo, a partire dalla Sirena, per arrivare a Piazza del Plebiscito, al Castel dell'Ovo, solo per citarne alcuni. Uscendo dalla città possiamo ammirare, in versione Disney, Positano, Ischia, Torre del Greco, Ottaviano. Le città invisibili di Italo Calvino Girando su Instagram si può scoprire il profilo lecitta.invisibili. La breve bio dice "Provo a ricreare le città invisibili di Italo Calvino con l'intelligenza artificiale". In ciascun post troviamo la foto di una città, con la sua indicazione, e in calce l'estratto dal libro di Calvino che la descrive. A differenza di Napoli riproposta in chiave cartoon, le città ricreate su ispirazione calviniana hanno un aspetto a volte futuristico, a volte vagamente fantasy. Come sono state realizzate? In un'intervista l'amministratore della pagina ha dichiarato di aver usato Midjourney, il software di intelligenza artificiale che crea immagini partendo da descrizioni testuali. Lo stesso software utilizzato, per intenderci, dal giornale britannico "Daily Star" per riprodurre il volto di Cristo partendo dalla Sindone. Dunque, basta inserire la descrizione di un qualunque oggetto perché se ne appaia l'immagine. Con il romanzo di Calvino, però, la questione non è così semplice. La scrittura calviniana in questo testo, che risente fortemente degli studi condotti dall'autore sulla semiotica, è un gioco simile a un puzzle dove ogni pezzo può avere significato in sé o assumerne di diversi in combinazione con altri. L'amministratore del profilo non ha nascosto, infatti, le difficoltà incontrate durante le operazioni di "conversione" testo-immagine. Le immagini che vediamo sul profilo sono frutto di un impegno profuso da mesi e non è escluso che nelle prossime settimane ne vedremo di nuove. Intelligenza artificiale: immagini e tanto di più Chi ha affermato che il 2023 sarebbe stato l'anno dell'intelligenza artificiale non si sbagliava. Da gennaio a oggi, i vari strumenti basati sulla tecnologia avanzata si sono moltiplicati ma soprattutto diffusi diventando un po' alla portata di tutti. Pensiamo, per esempio, a ChatGPT in grado di creare qualunque tipo di testo da semplici indicazioni. Gli aspetti ludici e creativi, però, sono solo un piccolo esempio delle infinite applicazioni dell'intelligenza artificiale. Si pensi al settore medico con tutte le sue declinazioni. Come tutte le novità, però, c'è ancora chi ne ha paura e chi si mobilita contro. Vedremo quali sviluppi ci saranno il prossimo anno perché le sperimentazioni sull'intelligenza artificiale, lo sappiamo, non si fermeranno qui. In copertina foto di Stefania Buzatu da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 6 months
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Believe Film Festival: dal 26 ottobre Verona Capitale del cinema under 24
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Believe Film Festival: dal 26 ottobre Verona Capitale del cinema under 24 Verona. Divertimento, opportunità e formazione. Queste sono solo alcune delle parole chiave che da sempre contraddistinguono il Believe Film Festival, il concorso di cortometraggi che, dal 26 al 29 ottobre, da sei anni anima Verona in una grande festa del cinema under 24. Nel corso dei quattro giorni 18 film delegation selezionate su tutto il territorio nazionale avranno l’opportunità di portare il loro cortometraggio sul palcoscenico del Teatro Ristori, non più per una, ma per ben due serate di spettacolo aperte alla città. “Un evento cresciuto negli anni – dichiara l’assessore alle Politiche giovanili Jacopo Buffolo –, che quest’anno ha raggiunto numeri davvero straordinari in termini di partecipazione di giovani, sia per quanto riguarda l’organizzazione, completamente strutturata su ragazzi e ragazze volontari, che per i protagonisti, creativi fra i 14 e i 24 anni che avranno l’opportunità di presentare al pubblico le proprie produzioni cinematografiche. Tanti i temi toccati e gli spunti di riflessione offerti attraverso i cortometraggi scelti per questa edizione del Festival, che invito a conoscere e seguire”. Il Festival è stato presentato questa mattina dall’assessore alle Politiche giovanili Jacopo Buffolo insieme al direttore del Believe Film Festival Francesco Da Re. Presenti anche i rappresentati della direzione artistica del Festival, Davide Mogna e Livia Ferraguzzi. Programma. La prima serata di proiezioni, che si terrà venerdì 27 ottobre, coinvolgerà otto cortometraggi scelti per partecipare alla sezione “Believe Extra”: la prima novità di quest’anno, che prevede la possibilità di proiezione per quei cortometraggi che, pur non rientrando nei requisiti per partecipare al concorso ordinario, si sono distinti per la particolare qualità tecnica o per l’originalità della riflessione sviluppata. Nelcorso della serata sarà proiettato anche il corto “Dive” di Aldo Iuliano, prodotto da Newgen Entertainment e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia80. Nella serata di sabato 28 ottobre, invece, si terrà a partire dalle 17 l’ormai tradizionale serata di gala, durante la quale saranno proiettati i dieci film selezionati per il concorso ordinario: cinque appartenenti alla “SezioneEsordienti” e cinque appartenenti alla “Selezione Ufficiale”. A giudicare la bontà dei cortometraggi sarà la giuria composta da quattro giudici: Lorenzo Ciofani, giornalista per la rivista del Cinematografo; Francesca Amitrano, direttrice della fotografia per la serie tv “Mare Fuori”; Aaron Ariotti, insegnante di sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino e Valerio Ferrara, regista de “Il Barbiere complottista”, vincitore del premio La Cinef 2022 al Festival di Cannes. “Circa 75 ragazzi concorrenti vivranno l’esperienza Believe grazie al lavoro di più di 70 giovani volontari – evidenzia il direttore del festival, Francesco DaRe –, che da mesi stanno progettando e lavorando per offrire il massimo a loro coetanei che condividono la passione per il cinema all’interno di questa grande festa”. Il Believe, dopo il successo riscosso l’anno scorso, torna anche a coinvolgere le scuole della città: più di 600 studenti degli istituti secondari di secondo grado parteciperanno alla “mattinata delle scuole”, durante la quale saranno proiettati alcuni dei corti selezionati per il Believe Film Festival 2023 in contemporanea al teatro Ristori e al cinema Rivoli nella mattina di venerdì 27 ottobre. A conferma della volontà di creare rete e valorizzare giovani talenti nel mondo del cinema, tra le novità di quest’anno rientra anche la “Believe Cinema Expo”. Una vera e propria esposizione alla Gran Guardia che, nella mattinata di sabato 28 ottobre, coinvolgerà accademie, riviste, aziende e professionisti del cinema veronese e non solo. Tra gli invitati anche Cinelà - festival del Cinema Africano e il Bridge Film Festival. Il festival gode del patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Veneto, del Comune di Verona, della Fondazione Ente dello Spettacolo e della Veneto Film Commission.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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titosfriends4life · 10 months
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COME GUARDARE IL CONFLITTO DA UN’ALTRA PROSPETTIVA
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Nell’immaginario collettivo di noi tutti il conflitto viene quasi sempre visto in modo negativo e spiacevole.
Alla parola conflitto associamo quella di battaglia, armi, grida e brutte parole. Pensieri comuni che ci invitano quasi ad evitare qualsiasi forma di confronto, per poter godere serenamente delle nostre relazioni.
Occorre però trasformare la propria visione negativa del conflitto in una visione più positiva, fatta di opportunità. L’opportunità di comprendersi meglio, ad esempio.
Per fare ciò è utile partire dal presupposto che i conflitti non fanno male, nonostante possano toccare in noi tasti dolenti. Nonostante quelle vicende che ci hanno portato spesso a confondere l’esperienza del conflitto con quella della violenza.
Ed è proprio questo il primo step, il primo passo da fare, ovvero rompere l’equazione mentale “conflitto=violenza.”
Mentre la violenza, infatti, è un’azione, violenta e pericolosa, il conflitto invece indica uno scontro, che avviene quando si incontrano due pensieri o due emozioni differenti. In tutto questo la violenza può essere la trasformazione distruttiva di un conflitto. 
Se avete paura del conflitto sappiate che queste situazioni possono essere molto positive, quasi liberatorie. Possono rappresentare un buon punto di partenza per ascoltarsi e conoscere le reciproche differenze.
Risolvere gli scontri può davvero essere terapeutico poiché influisce in modo efficace sull’identità, l’autostima, sulle relazioni e i contesti sociali in cui ci si muove quotidianamente.
Il litigio “buono”
Una volta acquisita questa nuova e “alternativa” visione del conflitto, non resta che viverlo appieno. Ciò darà la possibilità di imparare che i conflitti hanno un inizio, ma anche una fine e fanno parte della vita delle relazioni.
Al contrario, se li eviterete, sempre e comunque, non farete altro che alimentare un’idea spaventosa di esso, come accade con tutte le cose che non conosciamo ed evitiamo.
Un suggerimento molto utile a tal proposito è quello di non rifiutare il conflitto e non tenere dentro i pensieri o dubbi. Non abbiate paura ad entrare nel conflitto. Anzi abbiatene quando il conflitto non c’è. Quando è tutto piatto.
Imparate a litigare, dunque, ma a litigare “bene”, perché non solo è possibile, ma è necessario.
Spunti per un sano conflitto
Esplicitate il conflitto
Ogni volta che in una relazione, che sia di amicizia, familiare o sentimentale, si manifesta un disagio, fermatevi e manifestate il vostro dissenso.
Confrontatevi con l’altro ed esponete le vostre idee, quello che vi tormenta. Iniziate spiegando il vostro punto di vista, senza però accusare l’altro. Senza giudicare, con frasi del tipo: “Ciò che mi risulta difficile accettare/comprendere è…”.  Poi però chiedete anche all’altro di fare lo stesso.
Ascoltate l’altro
Il secondo passo è proprio quello di ascoltare con attenzione, profondamente, le ragioni e i valori dell’altro.
È proibito interrompere, poiché chi interrompe sta ascoltando solo se stesso. Meglio parlare da soli, a questo punto.
Individuate strategie sulla base di interessi comuni
Una volta esplicitato il malessere da entrambi le parti, provate a cercare insieme delle soluzioni creative, che possano permettervi di proseguire la vostra relazione, in maniera soddisfacente. Magari attraverso un compromesso o con un regalo all’altro.
L’importante è che entrambi siano soddisfatti.
Perché che ci crediate o no, il conflitto così affrontato, alla fine vi lascia sempre un senso di pienezza impagabile.
Diversamente, uno dei due rischia di rimanere sconfitto e si finisce per preparare il terreno per la vendetta successiva.
E se le soluzioni non si trovano, perché magari i punti di vista sono troppo incompatibili❓
Prendetene atto e fate le vostre scelte consapevoli, tenendo bene in mente che tale incompatibilità c’era anche prima di esplicitare il conflitto e che non dicendo nulla avreste solo represso i vostri bisogni, i quali prima o poi avrebbero innescato inevitabilmente desideri di violenza.
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amicidomenicani · 1 year
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Buonasera padre Angelo, mi chiamo Federico… 2) La seconda domanda verte sul rapporto fra Dio e il fedele. Più specificamente sul ruolo delle emozioni e dei sentimenti nel rapporto con Dio. Lei stesso, padre, in alcune risposte mette in guardia dall'associazione automatica fra i sentimenti positivi del fedele e la reale bendisposizione di Dio nei suoi confronti. In sostanza, provare emozioni positive durante la preghiera, la lettura della Parola, ecc. non è per forza sintomo di una condizione di amicizia con Dio (che poi sarebbe la grazia).  Ma questo significa che i due piani sono completamente distinti? Che la presenza di Dio è qualcosa di troppo grande per essere sperimentata, almeno in parte, dall'uomo?  Oppure, in caso contrario, in che percentuale i due piani si sovrappongono? In presenza di emozioni positive, come si può cercare di distinguere quelle provenienti dal rapporto con Dio da tutte le altre?  Le faccio un esempio: qualche anno fa (la notte dell'Epifania, per inciso) stavo pregando prima di andare a dormire. Ad un certo punto ebbi una forte sensazione di benessere e appagamento che mi apparve diversa, almeno nella qualità, da altre connesse ad altri momenti della mia vita. Questo solo per dire che non è un argomento astratto ma che mi riguarda personalmente. Per adesso mi taccio e la ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità e la sua risposta. Risposta del sacerdote Caro Federico, 1. il Concilio di Trento ha affermato che “nessuno sa con certezza di fede, incompatibile con ogni errore, se sia in stato di grazia” (DS 1534). 2. San Tommaso, trecento anni prima del concilio di Trento, ponendosi il medesimo problema, aveva premesso che una cosa può essere conosciuta in tre modi: per rivelazione divina, da se stesso, oppure da determinati segni. Ecco le sue testuali parole: “Una cosa può essere conosciuta in tre modi. Primo, per rivelazione. E per questa via uno può sapere di essere in grazia. Infatti Dio talora lo rivela ad alcuni per uno speciale privilegio, per iniziare in essi già in questa vita la gioia della sicurezza, e perché essi con maggiore fortezza e confidenza proseguano le loro grandi opere, e affrontino le contrarietà della vita presente. A San Paolo, per esempio, fu detto: "Ti basta la mia grazia" (2 Cor 12,9). Secondo, l'uomo può conoscere una cosa da se stesso, e con certezza. E in tal modo nessuno può sapere di essere in grazia.  Infatti non si può avere la certezza di una cosa se non possiamo giudicarne in base alle sue cause o princìpi propri.  È così infatti che si ha la certezza delle conclusioni dimostrative mediante i principii universali indiscutibili; mentre nessuno potrebbe avere la scienza di una conclusione, se non conoscesse i princìpi. Ora, il principio e l'oggetto della grazia è Dio, il quale per la sua trascendenza è a noi sconosciuto, secondo le parole della Scrittura: "Ecco, Dio è così grande che non possiamo conoscerlo appieno” (Gb 36,26). Perciò la sua presenza o la sua assenza in noi non la possiamo conoscere con certezza; poiché sta scritto: "Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non me ne accorgo" (Gb 9,11). Ecco perché l'uomo non può giudicare con certezza di essere in grazia; come dice appunto San Paolo: "Neppure io giudico me stesso: chi mi giudica è il Signore" (1 Cor 4,3). Terzo, si può conoscere una cosa in maniera indiziale, attraverso certi segni. E in tal modo uno può sapere di essere in grazia: e cioè perché trova in Dio la sua gioia, disprezza le cose del mondo e non ha coscienza di nessun peccato mortale. In tal senso si possono intendere le parole dell'Apocalisse: "Al vincitore darò la manna nascosta, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve" (Ap 2,17): in quanto cioè che la riceve sperimenta una dolcezza, che è ignota a chi non la riceve.  Tuttavia questa conoscenza è imperfetta. Per cui l'Apostolo diceva: "anche se non sono colpevole di colpa alcuna, non per quest
o sono giustificato” (1 Cor 4,4). E il Salmista scrive: "le inavvertenze chi le discerne? Assolvi dalle colpe che non vedo" (Sal, 18,13)” (Somma teologica, I-II, 112, 5). 3. San Tommaso dice che possiamo conoscere se siamo in grazia di Dio “mediante l’effetto dell’amore filiale che egli produce in noi” (Commento alla lettera ai Romani, 8,16). Infatti “lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm8,16) 4. Questo lo si può congetturare da tre segni. Il primo risulta dalla testimonianza della propria coscienza, per cui si è consapevoli di amare il Signore e di essere pronti a qualsiasi cosa pur di non offenderlo. Il secondo è costituito dall’ascolto della parola di Dio e soprattutto dal metterla in pratica. Il terzo è dato dall’interno assaporamento della divina sapienza, che avviene come una certa prelibazione della beatitudine futura, per cui insieme col salmista possiamo dire: "Gustate e vedete come è buono il Signore" (Sal 38,9) e cioè attraverso la sua grazia in noi (cfr. San Tommaso, Opusc. LX, De Humanitate Christi, 24). 5. In questo senso San Bernardo poteva scrivere che questa presenza può essere percepita ex motu cordis, dal movimento del cuore: “Tu mi domandi come io posso conoscere la presenza di Colui le cui vie sono impenetrabili. Appena è presente, egli ridesta l’anima mia addormentata: egli muove, intenerisce, ferisce il mio cuore duro come una pietra e malato; si adopera a strappare e a distruggere, a edificare e a piantare, ad irrigare ciò che è arido e secco, ad illuminare quello che è nelle tenebre, ad aprire quello che è chiuso, a riscaldare quello che è freddo, a raddrizzare quello che è tortuoso, ad appianare quello che è accidentato. E così, quando lo sposo entra nell’anima mia, io riconosco la sua presenza, come ho detto, dal moto di dolcezza del cuore” (Sermone 74 in Cant.). 6. Tuttavia questo ultimo indizio da solo potrebbe essere frutto di una grazia attuale, che può godere anche chi è in peccato mortale. In questo caso si tratta di un dono particolare col quale Dio dispone a ricevere la grazia santificante. 7. Inoltre potrebbe trattarsi semplicemente di una gioia di ordine spirituale come è quella che si prova quando si ottiene un bel voto, ma non è ancora una gioia di ordine soprannaturale. La gioia di ordine spirituale può essere ancora nell'ordine della natura. Mentre quella di ordine soprannaturale è un dono particolare di Dio. Le due emozioni si possono compenetrare a vicenda, sicché non è facile distinguere in maniera netta ciò che appartiene all'ordine naturale e ciò che appartiene all'ordine soprannaturale. 8. Se questa gioia è accompagnata dagli altri due segni, allora si può avere la certezza morale di essere in grazia di Dio. Per certezza morale si intende che vi è un'alta probabilità di essere in grazia di Dio. Non è la certezza assoluta. 9. La gioia che tu hai provato la notte dell'Epifania di qualche anno fa, proprio perché legata alla festa che stavi in qualche modo assaporando, può essere di tale tipo. A questo punto anch'io "mi taccio", non senza però augurarti un continuo progresso della vita cristiana. Per questo ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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coccobellos-blog · 1 year
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Sempre bello questo post ..
"Un'anziana signora si siede in un caffè…
La cameriera porta il menu al tavolo e chiede l’ordine.
La vecchia signora risponde:
“Quanto costa un pezzo di torta?”
La cameriera risponde:
“3 euro”
La donna anziana prende alcune monete dalla tasca, inizia a contare lentamente e poi chiede di nuovo:
“… e quanto costa quella più piccolina?”
La cameriera si innervosisce un po’, dato che aveva molti tavoli da servire. Le rispose:
“2 euro”
“Va bene, allora prendo volentieri quella più piccola”, rispose la vecchia signora.
La cameriera portò scocciata la torta e mise subito il conto sul tavolo pensando tra se, “che tirchia, che vada via subito…”
La vecchia signora, mangiando molto lentamente e con piacere la torta, si alzò lentamente, mise i soldi sul tavolo e se ne andò.
Quando la cameriera andò per pulire il tavolo, si accorse che la vecchia signora le aveva lasciato 1 euro di mancia. L’emozione e la sorpresa le fecero scendere una lacrima.
Si voltò velocemente alla ricerca dell’anziana donna per ringraziarla. Era troppo tardi, se ne era andata e non era più visibile al suo sguardo.
Lei si sentì in colpa per aver giudicato tirchia quella vecchietta. La vecchietta aveva solo 3 euro e si era limitata a prendere una fettina di torta da 2 euro per lasciarle una mancia.
MORALE: Questa storia commovente dimostra chiaramente che non si possono trarre conclusioni affrettate. Perché prima di giudicare qualcuno si dovrebbe guardare dentro alle sue mura, conoscere le sue paure e le preoccupazioni. Allora vedrai quanto sia fragile l’uomo dietro la maschera dell’apparenza."
Autore sconosciuto
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<<[...] sfogliando vecchi articoli di giornali e quotidiani dei primi del '900, l'occhio si è posato quasi per caso su certe righe che riportavano un bellissimo aneddoto. Esso ci mostra Leopardi nella sua quotidianità ma pure un aspetto della sua personalità da sempre intuito.
"A Recanati, sulla via di Montemorello, di fronte al paesaggio che poté inspirare il lirismo solenne e possente dell’Infinito, v’è un masso che fu caro a Giacomo Leopardi, il quale vi si sedeva per attendere alla lettura o alla meditazione. Un vecchio negoziante che si prestava come guida al forestiero racconta, a tal proposito: “Mia nonna veniva qui sotto a far erba. Allora, al tempo del Poeta, non c’era la strada. Mia nonna si doleva che quel giovinetto se ne stesse lassù sulla balza, zitto e malinconico. E gli diceva talvolta: - Lei, signor conte, pensa troppo, a me pare. Non le fa male alla salute studiar tanto? Giacomo Leopardi rispondeva: “Avete ragione, Maria Domenica. Non si dovrebbe studiare mai, non si dovrebbe pensare mai. Voi beata che cogliete erba e cantate!” La mia nonna lo invitata a scendere allora nel campo; e lui scendeva, tutto buono e gentile. Aveva sempre una buona parola per i poveri e la mia nonna diceva che non poche volte egli la interrogava su questo e quel tal malato o moribondo del paese: “Che male ha?”, chiedeva. S’informava di tutto: e se qualcuno aveva malattia grave, voleva conoscere i sintomi, le fasi, le sofferenze. Qualche volta sparava il ferraiolo e diceva alla mia nonna: “Io non ho soldi, Maria Domenica, ma ne troverò e ve ne porterò”. Così riferisce Mario Puccini, che in una sua Passeggiata Leopardiana, pubblicata nel fascicolo di luglio della "Lettura", è guida commossa ed eloquente attraverso la città e i luoghi in cui si maturò la vita e la musa di Giacomo Leopardi. (CORRIERE DELLA SERA 19 LUGLIO 1914 MILANO “Giacomo Leopardi nei ricordi di Recanati”)>>
(da un articolo di Loretta Marcon)
Mi piacerebbe sapere quanti anni aveva Leopardi ai tempi di quest'aneddoto e se davvero qualcuno si preoccupasse del suo studiare e pensare troppo, o se questa non sia un'invenzione postuma del narratore.
Se Leopardi l'avessi incontrato io, gli avrei detto che i suoi studi erano appena sufficienti, che con un'intelligenza e una memoria come le sue, applicandosi, avrebbe potuto imparare ancora più lingue e ben più che i rudimenti di tutte le discipline in cui non era molto ferrato, e che avrebbe dovuto pensare molto di più, per apportare correzioni al suo abbozzo di sistema filosofico che difetta dal punto di vista ontologico, con quella parziale identità tra essere e nulla, e pensare molto di più a Gesù Cristo, ai suoi segni (miracoli), alla Risurrezione, e di provare, durante le sue meditazioni, a fare dei viaggi astrali per connettersi con la dimensione spirituale, perché credo che fosse medianicamente dotato (i nati di venerdì come lui, potenzialmente, lo sono). Inoltre, gli avrei chiesto di ridimensionare la sua venerazione per il passato, da lui visto sotto la lente idealizzata delle opere letterarie che vi erano state prodotte, altrimenti a causa delle opere ch'egli stesso avrebbe prodotto, saremmo stati costretti a giudicare con lo stesso metro e parimenti grandioso quel secolo che disprezzava; inoltre di non idealizzare il cosiddetto stato di natura dell'essere umano prima del sopravvento della ragione, e di non additare quest'ultima come causa dell'infelicità, ché forse è solo la scarsa applicazione di essa a rendere taluni infelici. Gli avrei detto inoltre che la realtà supera sempre il sogno, che tutti abbiamo fame di realtà, che il sogno è un falso cibo che ci rende maggiormente deboli e insoddisfatti vieppiù che ne abusiamo. Quindi gli avrei detto che in sostanza pensava troppo poco, e di continuare a farlo sempre di più, per il bene dell'umanità e di coloro che al suo pensiero si sarebbero appoggiati, che da alcune sue righe avrebbero tratto intere carriere filosofiche e letterarie; per tutti gli amanti e i vampiri del suo pensiero, per i suoi confutatori che mai sarebbero esistiti senza di lui, per tutti coloro che avrebbero creduto di aver pensato come lui prima di conoscerlo, giacché ogni essere umano che apre gli occhi a questo mondo non può che pensare come lui, anche senza scriverlo né dirlo, e quindi il grazie di alcuni di noi, che lo avrebbe raggiunto, non sarebbe stato per debito intellettuale, ma di pura amicizia, e avrei sperato che anche per lui, come per noi, sarebbe stato, perciò, ancora più prezioso: che avrebbe perdonato la nostra superbia di considerarlo compagno anziché maestro qual era.
Gli avrei detto anche di non considerare i miei appunti se non come una semplice scusa per parlargli, che io ero solo un'ignorante e la mia felicità in quel momento non derivava certo dall'esercizio della ragione, ma dal trovarmi con lui. E che non avrei cambiato con cento secoli dei più bei sogni quel frammento di realtà.
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sophiaepsiche · 1 year
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Il mio inconscio non riconosce lo stato di abbondanza economica e mi ritrovo nella situazione altalenante "dalle stelle alle stalle" e viceversa. Come rimediare? Grazie.
‘O anime create per queste grandezze e ad esse chiamate, che cosa fate? In che cosa vi intrattenete? Le vostre aspirazioni sono bassezze e i vostri beni miserie.’ (San Giovanni della Croce)
In questa domanda emerge un condizionamento che, son certa, non hai preso da me. Dunque perché chiedere a me? Forse sei pronto per qualcosa di più di ciò che chiedi.
L’inconscio non è una ‘cosa’ che deve capire o riconoscere qualcosa, è la nostra ignoranza su di noi e siamo noi a doverla capire, non il contrario. Quando l’ignoranza presenta ciclicamente i suoi effetti esternamente, vuol dire che siamo restii a capire qualcosa e negligenti nel conoscere noi stessi. La funzione dell’inconscio è solo quella di riportarti dentro! Lui tenta senza tregua di riportarti dentro di te, così che tu possa renderlo conscio e liberarti dalla tua ignoranza.
In questo particolare caso, sembra ti stia richiamando sbattendoti in faccia il fatto che fuori non c’è la stabilità che cerchi, non c’è sempre abbondanza ma spesso anche carenza. Lo dici tu stesso che fuori tutto è ‘altalenante’, non opporti alla verità, sfruttala. Impara la lezione, non cercare fuori ciò che non c’è, ma entra dentro di te! Sposta l’attenzione dentro e rendi consci i contenuti che, di solito, non osservi pienamente (pensieri, condizionamenti, emozioni, sentimenti ecc.). Questo lo si fa osservandoli, senza giudicare né indulgere, più spesso possibile. Evita di fare innesti e di sostituire i contenuti, rivelali e basta. Se entri in te ed osservi con perseveranza si scioglierà il condizionamento sull’abbondanza, quello che lega la felicità al benessere economico, l’ansia legata alla situazione finanziaria, le speranze effimere e questo ti darà la forza, la saggezza e la pace di affrontare la vita, così com’è. Sebbene molti lo pensino, non siamo qui per domare la vita ma per imparare a viverla. La sfida è sempre interiore, all’esterno c’è solo lo stimolo che ti ripropone ciò che, dentro te, non hai capito. Se entri in te e togli la causa, allora il sintomo tende a placarsi da solo, ma questo non equivale per forza all’abbondanza economica.
Lo scopo ultimo è divenire pienamente consci, portando così a compimento l’evoluzione interiore dell’uomo. Quando adempiamo il nostro scopo è più facile vivere, non perché la vita va come diciamo noi ma perché scopriamo che ciò che cerchiamo, in realtà, è già dentro. Scopriamo la stabilità e la sicurezza solo se ci posizioniamo bene in noi ed osserviamo la vita dalla giusta distanza. Ho sentito una bella similitudine del Buddha pochi giorni fa (qui). Se metti un cucchiaio di sale in un bicchiere d’acqua sarà salatissima da bere ma se metti la stessa identica quantità in un lago d’acqua dolce, potrai berla senza problemi. Ecco, è questo che accade.
Ora vediamo il picco della pratica, te lo esprimo in termini di ‘resa’ perché, dal poco che ne so, mi sembra che quella attuata nella dottrina dell’abbondanza sia più simile a ciò che qui chiamiamo resa. Se hai un problema e la mente comincia ad assillarti, tu devi cercare di lasciare quel problema nelle mani del ‘potere superiore’, non importa come lo chiami. La cosa importante è che non ci pensi proprio più. È un atto di fede oppure di fiducia, nel caso tu abbia già sperimentato che funziona. Se ti riesce, solitamente la situazione prende una piega diversa e tu, a prescindere da come va, ti senti leggero, libero e grato. Per chi è abituato al linguaggio della via della conoscenza, questo è un piccolo samadhi, raggiunto con lo sforzo, non dura molto ed avviene, all’inizio, in momenti particolarmente intensi in cui ‘tiriamo il freno a mano’ e tutto si ferma. Il risultato è il medesimo. L’osservazione interiore senza partecipazione di cui abbiamo parlato prima, e che è l’essenza della meditazione, è invece la pratica da condurre sempre, ed è più simile ad un’esame di coscienza ben fatto.
Tutte queste sono pratiche spirituali e non hanno alcun fine materiale.
Se l’intento che abbiamo, all’inizio, è materiale, possiamo correggerlo da soli proprio osservando la nostra interiorità e rendendola conscia. Se invece ci attacchiamo a qualche dottrina senza rendere consce le nostre intenzioni, rimarremo ignoranti e ne saremo delusi. Ora cerco di spiegare il perché. La resa funziona molto bene all’inizio perché cerca di attirarti a fare il tuo dovere, che è spirituale, ti accontenta per nutrire la tua fede. L’oggetto è solo il tramite con cui lo spirito, o la coscienza, ti attira a sé. Se lo capisci e prendi la via giusta sarai felice e sereno arrendendoti sempre più al volere superiore (‘sia fatta la tua volontà’, insegnava Gesù). Se, al contrario, continui a puntare solo all’oggetto, l’inconscio ti proietterà esternamente la lezione che non stai capendo. Non c’è da stupirsi che, anche in questo caso, è una lezione spirituale: tutto è impermanente (‘anicca’, nell’insegnamento del Buddha).
Molti dei libri che leggete e delle vie che seguite servono solo ad attirarvi dal basso all’alto, sono vie relative e funzionano solo relativamente. Sono dei mezzi che vengono a prendervi proprio dove vi siete andati ad incastrare voi. La verità vuole tutti e sfrutta anche le debolezze per attirarvi. Ora però sei giunto alla stazione, se sali sul treno della pratica seria e segui i consigli dei grandi saggi, ti assicuro, non tornerai mai più indietro. Pensaci, vuoi la pace e la serenità che ‘credi’ arrivi attraverso l’abbondanza economica o vuoi l’abbondanza economica per poi scoprire che la tua ansia e il tuo dolore sono sempre lì? L’idea che abbiamo della felicità non è felicità. Se non rendiamo prima conscia la nostra ignoranza, agirà lei al posto nostro e ci farà apparire come ‘felicità’ qualcosa che non gli somiglia neanche. Capiremo troppo tardi che le nostre aspirazioni erano bassezze e i nostri beni miserie.
Per approfondimenti: premi sul tag inconscio, puoi anche scaricare ‘la comprensione della mente’ e soprattutto, mi raccomando, leggi i grandi saggi, questo è l’unico ‘innesto’ che consiglio.
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Ci vuole coraggio per mettersi nei panni degli altri, perché fa male, perché porta la consapevolezza che spesso siamo ingiusti verso coloro che hanno bisongo di sostegno. Guardare gli eventi da lontano, come un semplice spettatore, non dà a nessuno il diritto di giudicare ciò che vedono e che riguarda il vissuto degli altri. Spesso le persone vengono giudicate in base agli atteggiamenti che assumono, subiscono la morale e i commenti di coloro che non sanno cosa sia realmente accaduto e cosa ha portato ad assumerli. Uno dei più grandi favori che possiamo fare agli altri è quello di conoscere, sapere, informarci sul loro vissuto prima di giudicare. Eventualmente. Chi interrompe una relazione, chi lascia un lavoro, chi ama come vuole, chi parla nella sua mente, per conto suo... Sono innumerevoli gli esempi di comportamenti che finiscono col diventare il bersaglio della critica e del veleno altrui. Senza nessun diritto. Senza aver fatto conoscenza dei fatti. Senza tatto e senza nessuna forma di intelligenza mentale ed emotiva. Come si possono emettere giudizi di valore basati sulla conoscenza superficiale, senza aver vissuto da vicino nessuna delle storie giudicate? Ogni persona vive il mondo, gli eventi, la vita, a modo suo, sistemando ogni cosa secondo ciò che ha dentro di sé, in base a ciò che sta vivendo, sperimentando e subendo. Nessuno vive la stessa identica esperienza, sente le stesse sensazioni, lo stesso dolore, lo stesso piacere, gli stessi timori. Non si può ergersi giudici quasi pretendendo che gli altri si comportino in un modo piuttosto che in un altro. "Io al suo posto...." quante volte abbiamo sentito questa frase? Nessuno è al posto di nessuno. Ognuno di noi, alla fine, vive nei propri panni e chi ci assicura che al posto degli altri agiremmo meglio o ci comporteremmo meglio? Questa è presunzione. Bisognerebbe essere empatici per immedesimarsi negli altri e comprendere le emozioni, i sentimenti e le paure che li portano ad agire in un modo piuttosto che in un altro. E ci vuole coraggio per mettersi nei panni degli altri, perché fa male, porta alla consapevolezza che spesso siamo ingiusti verso coloro che hanno solo bisongo di sostegno. Si. Le scelte più estreme non vengono quasi mai prese da coloro che stanno bene, ma da persone intrappolate nel dolore e nella disperazione. Riflettiamoci. Non permettere mai a nessuno di giudicarti senza aver vissuto la tua storia, senza aver condiviso nulla con te, senza che ti abbiano mai proposto aiuto. Ignora chi attacca senza capire, chi giudica senza sapere, chi comanda senza potere, perché la maggior parte delle persone quando giudica è sciocca e superficiale. Non preoccuparti se gli altri pensano che tu stai sbagliando. Chi è immune dall'errore? Sbagliano anche i giudici più accreditati. Sbagliano tutti perché è nella natura umana. Tutti sbagliamo soprattutto coloro che cercano di nascondersi, puntando il dito contro gli altri. Dopotutto nessuno può essere spietato quanto la nostra coscienza. Ed è ad essa che siamo tenuti a rispondere.
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